Ergonomia e colonna.

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Ergonomia e colonna.
ERGONOMIA E COLONNA
FRANCHIGNONI FRANCO1, BAZZINI GIACOMO2
Fondazione Salvatore Maugeri, Clinica del Lavoro e della Riabilitazione,
Servizio di Fisiatria Occupazionale e Ergonomia di 1Veruno (NO), e
2
Montescano (PV)
Le alterazioni cronico-degenerative del rachide, in particolare a livello lombosacrale, costituiscono una delle principali cause per cui sono richieste indagini
diagnostiche e trattamenti fisioterapico-riabilitativi. In un discreto numero di casi
è possibile ipotizzare un’eziopatogenesi lavorativa. In Italia l’ISTAT segnala che
le patologie muscolo-scheletriche sono il principale motivo di richiesta di
giudizio di parziale non-idoneità al lavoro specifico, e si stima che possano essere
circa 10 milioni le persone che eseguono tra le mansioni di lavoro attività di
sollevamento, abbassamento, spinta e trazione di carichi. Secondo lo statunitense
NIOSH questo è il secondo problema di salute più importante sui posti di lavoro.
I principali fattori che possono risultare determinanti per la comparsa dei disturbi
muscolo-scheletrici sono: a) posture incongrue e/o prolungate, che implicano un
sovraccarico articolare e muscolare (ad es. la flessione del tronco durante azioni
di sollevamento, o di mantenimento di un peso); b) azioni di forza (sollevare,
spingere, tirare), che possono sovraccaricare legamenti, tendini, muscoli ed
articolazioni; c) gesti ripetitivi, soprattutto quelli ad elevata frequenza (oltre 30
ripetizioni/ minuto). Altri fattori sono la durata dell’esposizione ai fattori
sopraccitati e ulteriori aspetti dell’organizzazione del lavoro (carenza di controllo
sulla propria attività, monitoraggio della prestazione o performance, sistemi di
pagamento ad incentivo) che possono contribuire ad aumentare il livello di stress
fisico oltre che psicologico
L’attività manuale di sollevamento/abbassamento di carichi è regolamentata dalla
recente legge sulla Sicurezza sul Lavoro del 9 aprile 2008 (D.Lgs. 81/2008) che
ha aggiornato quella del 1994 (D. Lgs. 626) che a sua volta aveva recepito
sostanzialmente la direttiva comunitaria n. 269 del 1990. Uno degli articoli di
maggior interesse dal punto di vista rieducativo-ergonomico è il 168 e soprattutto
l’allegato XXXIII, che precisa come “la movimentazione manuale di un carico
può costituire un rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico in
particolare dorso-lombare nei seguenti casi: il carico è troppo pesante, è
ingombrante o difficile da afferrare, è in equilibrio instabile o il suo contenuto
rischia di spostarsi, deve essere tenuto o maneggiato ad una certa distanza dal
tronco o con una torsione o inclinazione del tronco, può comportare lesioni per il
lavoratore, in particolare in caso di urto.” L’allegato XXXIII definisce che lo
sforzo fisico può costituire un rischio (tra l’altro) per il rachide dorso-lombare,
quando: “è eccessivo, può essere effettuato soltanto con una torsione del tronco,
può comportare un movimento brusco del carico, è compiuto con il corpo in
posizione instabile.” Il suddetto allegato prosegue segnalando le principali
caratteristiche ambientali che possono influire negativamente e conclude
segnalando le esigenze connesse all’attività che potrebbero comportare
significativi rischi dorso-lombari: “sforzi fisici che sollecitano in particolare la
colonna vertebrale troppo frequenti o troppo prolungati, pause e periodi di
recupero fisiologico insufficienti, distanze troppo grandi di sollevamento, di
abbassamento o di trasporto, un ritmo imposto da un processo che non può
essere modulato dal lavoratore.”
Un testo del genere è fondamentale per tracciare la strada da percorrere, ma
necessita di una serie di valutazioni quantitative per poter essere compreso,
condiviso ed applicato proficuamente. Infatti, la valutazione del rischio connesso
alle attività di movimentazione manuale di carichi deve essere inserita nella più
generale valutazione complessiva dei rischi dei lavoratori ed in particolare si
dovranno esaminare dettagliatamente le varie mansioni lavorative previste per
evidenziare l’eventuale presenza (in durata, frequenza, ecc.) di attività di
movimentazione manuale. La legislazione prevede che si debba stilare un
documento di valutazione dei rischi tutte le volte che vi siano movimentazioni
manuali di pesi superiori ai 3 Kg, che non siano occasionali oppure che siano
occasionali ma con valori vicini ai massimi consigliati, specialmente se
comportano posture incongrue del rachide. Una valutazione a parte richiede
l’eventuale presenza di attività di trasporto con cammino, di spinta o traino.
Nella più recente letteratura esistono numerosi modelli di riferimento per
elaborare il documento di analisi dei rischi: il modello più conosciuto ed
utilizzato è quello messo a punto dal NIOSH, frutto di un accurato lavoro iniziato
negli USA già dagli anni ’80. Per quanto riguarda il sollevamento, il NIOSH fa
riferimento alle forze di compressione agenti sul rachide: se il carico arriva a
determinare fino a 350 kg a livello L5-S1 la movimentazione risulta accettabile;
se il carico è compreso tra i 350 kg ed i 650 kg, il rischio è presente ed occorre
intervenire con modifiche organizzative ed ergonomiche; se il carico eccede i 650
kg la movimentazione comporta un livello di rischio elevato e deve essere quindi
sostituita o eliminata al più presto. Per introdurre anche i fattori dinamici nella
misurazione del rischio, il NIOSH nel ’97 ha elaborato un aggiornamento del suo
modello secondo il quale nella valutazione pratica occorre partire da un carico
movimentabile ritenuto massimo di 23 Kg (attualmente la SIMLII consiglia per
la popolazione italiana adulta maschile di partire dal valore di 25 Kg) e lo si
demoltiplica per una serie di fattori che questo modello ritiene significativi:
l’altezza da terra delle mani all’inizio del sollevamento, la distanza verticale del
peso tra inizio e fine sollevamento, la distanza massima del peso dal corpo
durante il sollevamento, la frequenza del sollevamento in atti/minuto, l’angolo di
asimmetria del peso rispetto al piano sagittale del soggetto, un giudizio sulla
presa del carico. Si arriverà quindi alla determinazione del “peso massimo
raccomandabile” in quella specifica situazione lavorativa. In ogni caso, la tecnica
corretta di movimentazione manuale è quella mediante la quale: il carico viene
mantenuto il più possibile vicino al baricentro dell’operatore; il tronco viene
mantenuto il più possibile eretto (preferibilmente piegando anche e ginocchia) e
non viene ruotato; la presa risulta buona; l’altezza di sollevamento è compresa tra
i 40 ed i 160 cm da terra.
La prevenzione è un ausilio fondamentale contro i disturbi muscolo-scheletrici da
movimentazione. Il problema tuttavia è molto complesso poiché coinvolge
numerosi fattori, non solamente ergonomico-sanitari, e quindi va affrontato da
team di lavoro dotati di professionalità ed esperienza. La legge elenca la
successione di interventi necessari per la riduzione dei rischi muscolo-scheletrici:
1) meccanizzazione, 2) ausiliazione, 3) organizzazione del posto di lavoro, 4)
sorveglianza sanitaria, 5) informazione e formazione. Criteri generali di riduzione
del rischio sono pertanto di tipo organizzativo (aumento di personale,
riorganizzazione dei turni), ambientale (adozione di ausili, trasformazione di
sollevamenti in traslazioni, ecc..) e formativo (corsi di addestramento ed
aggiornamento sulle tecniche, ecc.). Le recenti raccomandazioni in materia di
sicurezza promuovono il crescente utilizzo dell’ausiliazione meccanica ed il
progressivo abbandono delle movimentazioni manuali, in vista di una più
completa protezione del lavoratore.
LETTURE CONSIGLIATE
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Riabilitativa. In: Valobra et al, eds. Trattato Medicina Fisica e Riabilitazione.
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