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Interest Rate Strategy
Global View
Brexit: What if?
13 aprile 2016
Il referendum britannico indetto per il prossimo 23 giugno apre una moltitudine di scenari per
l’Unione europea e l’Eurozona in particolare. Gli effetti di un voto favorevole all’uscita del Regno
Unito dall’Unione europea dipendono da quale strada deciderà di percorrere in termini di nuovi
accordi con i partner economici.
Intesa Sanpaolo
Analizziamo quelli che riteniamo gli effetti più probabili in caso di Brexit sia sul mercato
obbligazionario inglese sia su quello europeo.
Macroeconomic and
Fixed Income Research
Il referendum britannico indetto per il prossimo 23 giugno apre una moltitudine di scenari per
l’Unione europea e l’Eurozona in particolare. Gli effetti di un voto favorevole all’uscita del Regno
Unito dall’Unione europea dipendono da quale strada deciderà di percorrere in termini di nuovi
accordi con i partner economici. I più recenti studi sugli effetti macroeconomici di una eventuale
vittoria dei Leave danno risultati molto distanti tra loro. Secondo un’analisi del CEP1 la riduzione
dell’integrazione con i paesi UE potrebbe costare in termini economici molto più del guadagno
derivante dal risparmio dei contributi al bilancio comunitario (9 miliardi di sterline annuali): la
riduzione degli scambi commerciali potrebbe pesare per un 1,1% sul PIL nello scenario più
ottimistico fino al 3,3% del PIL nello scenario pessimistico, perdita a cui si dovrebbe aggiungere
l’effetto negativo del crollo degli investimenti diretti dall’estero. Una prospettiva opposta e
decisamente positiva per la Gran Bretagna è quella descritta da Tim Congdon2, economista del
partito indipendentista (UKIP), secondo cui l’uscita dall’UE permetterebbe un guadagno pari
all’11,5% del PIL, di cui 6% derivante dalla regolamentazione.
L’ampio range di queste previsioni ci dà la dimensione di quanto sia difficile quantificare ex ante
l’effetto finale di un’uscita del Regno Unito dall’UE e, se è difficile valutare gli effetti per
l’economia britannica, altrettanto lo è per gli effetti sull’economia dell’Eurozona. Tuttavia,
l’opinione di consenso è che l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea avrebbe conseguenze
economiche di lungo termine negative, e che gli effetti di mercato si svilupperebbero sulla base
di tale ipotesi, amplificati nel breve termine dagli effetti dell’incertezza. Ciò premesso,
concentriamo quindi la nostra attenzione sugli effetti di mercato con una probabilità di
realizzazione ex ante elevata in caso di vittoria dei Leave o nel caso in cui avvicinandoci alla data
del referendum i sondaggi evidenziassero una probabilità elevata dell’uscita.
In caso di vittoria dei Leave gli effetti sul mercato sarebbero:
1. La svalutazione della sterlina nei confronti del dollaro e delle altre principali
principali valute dell’area
dollaro. Il trend di indebolimento della sterlina è in atto da fine del 2015 e in termini di
cambio effettivo (grafico) la sterlina ha già perso circa un 10% dai massimi toccati alla fine
dello scorso novembre. Analogamente il mercato delle opzioni a 3 mesi sul cambio GBP/USD
prezza una volatilità implicita sui massimi storici dalla nascita dell’euro, superata soltanto nel
2008 in occasione del default di Lehman. Posto quindi che nei prezzi di mercato il rischio di
Brexit è in larga misura già prezzato, bisogna considerare che il Regno Unito è dipendente
dai flussi di investimenti netti dall’estero per finanziare un deficit di parte corrente pari al
5,2% del PIL a fine 2015. L’uscita dall’UE potrebbe indurre una riduzione dei FDI soprattutto
a breve scadenza alimentando un ulteriore deprezzamento del cambio. Da notare poi che la
sterlina ha un peso non trascurabile come valuta di riserva: secondo i dati del FMI, dopo
l’aumento consistente registrato tra il primo e il secondo trimestre del 2015, le riserve
1
Swati Dhingra, Gianmarco Ottaviano, Thomas Sampson, “Should we stay or should we go? The economic
consequences of leaving the EU“, The London School of Economics and Political Science, London, 2015.
2
Tim Congdon, How much does the European Union cost Britain?, 2012
I prezzi del presente documento sono aggiornati al 13.04.201
13.04.2016
.2016
Vedere l'Appendice per la certificazione degli analisti e per importanti comunicazioni
Direzione Studi e Ricerche
Sergio Capaldi
Fixed Income Strategist
Chiara Manenti
Fixed Income Strategist
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ufficiali in sterline hanno raggiunto il 4,9% delle riserve allocate (queste ultime pari al 62%
del totale di riserve) a fine 2015.
Volatilità implicita opzioni 3M ATM
25
20
GBP cambio effettivo BoE
110
GBP-USD OPT VOL 3M
105
EUR-GBP OPT VOL 3M
100
15
95
90
10
5
85
80
75
0
01/99 01/01 01/03 01/05 01/07 01/09 01/11 01/13 01/15
Fonte: Bloomberg, Intesa Sanpaolo
70
01/99 01/01 01/03 01/05 01/07 01/09 01/11 01/13 01/15
Fonte: Bloomberg, Intesa Sanpaolo
2. Indebolimento dell’Euro vs valute exex-GBP.
GBP Il cross EUR-GBP dovrebbe rafforzarsi in caso di
vittoria dei Leave, ma è altrettanto probabile che il mercato ritorni a prezzare un effetto
contagio ad altri paesi membri caratterizzati da una già elevata instabilità politica. L’ipotesi
che altri paesi possano emulare il Regno Unito potrebbe riportare il rischio
“ridenominazione” nel premio al rischio delle asset class dell’Area euro disincentivando il
flusso di investimenti dall’estero ed indebolendo il cambio.
3. Aumento della volatilità dovuta all’apertura di un lungo processo di negoziazione con l’UE e
con altri partner commerciali
commerciali che potrebbe durare anni,
anni, oltre ad una crisi politica interna.
interna. Il
processo di negoziazione dei termini di accesso al mercato UE si prefigura molto
problematico per la difficile ricerca dell’unanimità dei paesi membri dell’UE in un momento
in cui si tenderà a disincentivare l’emulazione del precedente britannico negli altri paesi alle
prese con un crescente euroscetticismo. In queste condizioni il potere negoziale del Regno
Unito sarebbe molto indebolito e comunque insufficiente a garantire condizioni più
favorevoli delle attuali. La fase negoziale sarebbe molto lunga, con tempistica e modalità
regolate in base all’articolo 50 del Trattato di Lisbona (2009). Secondo quest’ultimo un paese
che esercita il suo diritto di decidere unilateralmente l’uscita dell’UE, dopo averne data
comunicazione al Consiglio europeo, inizia le negoziazioni con l’UE per stabilire un accordo
di separazione che deve essere approvato dal Consiglio a maggioranza qualificata dopo aver
ottenuto voto favorevole dal Parlamento europeo. L’uscita del Regno Unito dall’UE si
compirebbe al termine della negoziazione di un nuovo accordo o in ogni caso dopo due anni
dalla notifica di uscita. Il trattato permette comunque un‘estensione del termine dei due anni
soggetta ad un voto all’unanimità da parte del Consiglio Europeo.
All’interno del paese, la vittoria del Leave potrebbe avere ripercussioni sul governo, in primis
la probabile apertura della successione a Cameron (l’ultimo sondaggio IPSOS MORI 3 rileva
che il 48% degli intervistati ritiene che il premier dovrebbe dimettersi) e forse un secondo
referendum di indipendenza della Scozia.
4. Ribasso del mercato azionario. L’effetto sul mercato azionario sarebbe negativo sia per UK
che per il resto dell’Unione ma certamente non simmetrico. Gli effetti macroeconomici
negativi dovuti alla Brexit inciderebbero sulle prospettive di crescita dei profitti mentre
3 “Half think David Cameron should resign as Prime Minister if Britain votes to leave the EU”, Ipsos MORI
Political Monitor, March 2016.
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l’aumento dell’incertezza porterebbe ad un aumento del premio al rischio. Più colpite
risulterebbero le imprese a media e bassa capitalizzazione maggiormente orientate al
mercato domestico e quindi più esposte negativamente alla svalutazione della sterlina e
all’aumento dei costi di produzione. Secondo un’analisi condotta da SMCI4, sotto uno
scenario di impatto “moderato” dell’uscita dall’UE (PIL UK -2,2% a 1 anno) l’azionario UK
potrebbe perdere il 10% mentre l’azionario europeo circa il 2%.
5. Aumento del rischio sovrano,
sovrano che guardando alla dinamica del CDS in USD a 5 anni sul
Regno Unito da inizio anno è più che raddoppiato, passando da 15pb agli attuali 44pb. Le
tensioni sul rischio sovrano che possono derivare in prima battuta dall’uscita dell’euro sono
legate al deterioramento della posizione fiscale del paese e conseguente downgrade da
parte delle agenzie di rating. Nella fase iniziale in cui dovrà essere attivata una nuova
struttura regolamentare, il peggioramento della posizione fiscale sarà legato principalmente
alla perdita di gettito sui servizi finanziari: secondo un recente rapporto della City of London
Corporation5, il gettito derivante dai servizi finanziari è stato nell’ordine di 66,5 miliardi di
sterline nel 2014, pari all’11% del gettito fiscale totale. I servizi finanziari rappresentano
inoltre una consistente parte dell’export netto della Gran Bretagna: nel 2015, le esportazioni
di servizi finanziari sono ammontate a 40,9 miliardi di sterline contro importazioni per 9,4
miliardi. In seconda battuta, un effetto negativo sul ciclo e sulla tenuta dell’economia
potrebbe esacerbare gli squilibri fiscali di un paese con un debito pubblico pari al 74% del
PIL a fine 2015.
Le dichiarazioni delle principali agenzie di rating sugli effetti di uno scenario di Brexit sono state
unanimi nel segnalare il rischio di downgrade:
•
S&P,
S&P unica agenzia che ha mantenuto durante la crisi il rating tripla A su UK, aveva
peggiorato l’outlook da stabile a negativo nel giugno 2015, per il rischio derivante dal
referendum. Oggi S&P sottolinea che il rating del Regno Unito potrebbe scendere di
almeno un notch in caso di uscita in quanto “Brexit would result in a protracted period
of uncertainty as the country debates the alternative and this ‘working out’ period will
likely have adverse credit consequences for the U.K.”6.
•
Moody’s7 ritiene che l’uscita del Regno Unito dall’UE indebolirebbe moderatamente
l’economia nel medio termine ed avrebbe implicazioni negative sui rating sia dello stato
(attualmente Aa1) sia degli emittenti privati. In particolare Moody’s segnala che per gli
emittenti corporate non finanziari l’impatto dell’uscita dall’EU sarebbe negativo sul
rating, mentre per il settore assicurativo e bancario l’uscita dall’UE potrebbe essere
gestibile.
Osservando la dinamica del CDS si nota che mentre ad inizio 2015 il CDS UK era perfettamente
allineato con quello dei suoi peer in termini di rating, Finlandia e Austria, ma negli ultimi mesi
del 2015 il CDS UK ha iniziato ad aumentare e ad avvicinarsi a quello di Belgio e Francia, paesi
con un notch in meno sulla media delle quattro maggiori agenzie.
4 http://www.ft.com/intl/cms/s/0/61ef049c-f1bc-11e5-aff5-19b4e253664a.html#axzz45VUO5CF4
5
PwC, “Total Tax Contribution of UK Financial Services”, Eighth Edition, City of London Corporation.
6
http://uk.businessinsider.com/sp-says-brexit-could-cost-uk-aaa-rating-2016-4.
Moody's, “Brexit poses manageable credit challenges for UK and EU”, Global Credit Research - 22 Mar
2016.
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Interest Rate Strategy
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CDS UK rispetto ai suoi peers
Calendar spread future tassi a 3M giu’16-giu’20 (pb)
UK CDS USD SR 5Y D14
FRANCE CDS USD SR 5Y D14
FINL CDS USD SR 5Y D14
AUST CDS USD SR 5Y D14
BELG CDS USD SR 5Y D14
70
250
ERM0 ERM6
EDM0 EDM6
L M0 L M6
200
60
150
50
40
100
30
50
20
10
0
01/14
04/14
07/14
10/14
01/15
04/15
07/15
10/15
01/16
Fonte: Bloomberg, Intesa Sanpaolo
6.
04/16
0
09/15
10/15
11/15
12/15
01/16
02/16
03/16
Fonte: Bloomberg, Intesa Sanpaolo
Le aspettative di rialzi
rialzi dei tassi da parte della BoE si riducono.
riducono All’ultima riunione del 17
marzo il MPC ha infatti segnalato che “there appears to be increased uncertainty
surrounding the forthcoming referendum on UK membership of the European Union. That
uncertainty is likely to have been a significant driver of the decline in sterling. It may also
delay some spending decisions and depress growth of aggregate demand in the near
term”. Un evento di rischio come l’uscita del paese dall’UE indurrebbe la BoE ad adottare
una stance espansiva, quanto meno in risposta alla volatilità immediata che il risultato del
referendum potrebbe generare sul mercato finanziario inglese. La probabilità di un rialzo
dei tassi nel medio termine si è già notevolmente ridotta e oggi la strip a 3 mesi sulla
sterlina prezza al 60% un tasso superiore a 0,5% entro dicembre 2016 rispetto all’82% di
fine 2015. Il calendar spread M16-M20 sull’Eurosterlina è quello che ha registrato la
chiusura più forte, pari a 85pb da inizio anno contro 71pb sui future Eurodollaro e 53pb sui
future Euribor.
La BoE ha inoltre annunciato che nelle settimane del referendum verranno condotte tre
operazioni di rifinanziamento straordinarie in aggiunta a quella standard mensile per fornire
liquidità precauzionale al mercato (7, 14, 21 e 28 giugno).
7.
I focolai anti europeisti nell’Eurozona possono trovare sostegno in uno scenario post
referendum in cui gli effetti sull’economia inglese restano contenuti.
contenuti. Come detto in
precedenza in relazione all’eventuale deprezzamento dell’euro a causa di una minore
credibilità indotta dalla spaccatura prodotta dall’uscita del Regno Unito, i partiti
antieuropeisti potrebbero trovare spazio per ottenere maggiore sostegno. La crisi del 2009
ha già prodotto un grande spostamento di consensi elettorali verso i partiti euroscettici, che
alle elezioni dell’Europarlamento del 2014 hanno conquistato 153 seggi contro i 56 del
2009. Tra i paesi più esposti citiamo:
•
la Danimarca,
Danimarca che appartiene all’Unione europea ma non all’eurozona. Il
referendum del 2015 ha rifiutato l’opzione di abolizione della clausola di opt-out
nel settore della giustizia. Alle elezioni politiche del giugno 2015 i nazionalisti di
destra del Danske Folkeparti sono risultati il secondo partito con il 21% dei voti, e
hanno consentito all’Alleanza Blu di centro-destra, guidata dai liberali di
Rasmussen, di formare il nuovo governo.
•
l’Irlanda dove le elezioni del 26 febbraio 2016 hanno visto il crollo del partito di
governo Fine Gael e un’ascesa del partito repubblicano indipendentista Sinn Fein
(14% voti e 23 seggi su 158) e dei partiti minori anti austerità. Dopo questa
spaccatura nel risultato elettorale, i partiti di maggioranza Fine Gael e Fianna Fail
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13 aprile 2016
stanno cercando di formare un governo di coalizione. L’Irlanda votò inizialmente
per il no ai due referendum sul Tratto di Nizza e di Lisbona. Bisogna inoltre
considerare che l’Irlanda è uno dei partner commerciali più esposti al risultato del
referendum inglese.
•
la Spagna dove l’incapacità di formare un nuovo governo entro inizio maggio
aprirà lo scenario di nuove elezioni il 26 giugno e renderà ancora più difficile la
gestione della questione indipendentista della Catalogna. Alle elezioni regionali
del dicembre scorso gli indipendentisti catalani hanno registrato una vittoria
schiacciante (Junts Pel Sì ha ottenuto il 39,7% dei seggi al parlamento locale e i
radicali separatisti di Cup l’8,2%). Il partito Podemos ha già promesso un futuro
referendum in Catalogna, per il quale sarebbe comunque necessaria
l’approvazione del 60% del parlamento, il che darà al PP e a Ciudadanos il potere
di bloccare l’iniziativa. In Spagna, tuttavia, non esiste un significativo movimento
anti-UE (l’opposizione radicale ha piuttosto come obiettivo le misure di austerità
fiscale) e il rischio politico è significativo a prescindere dagli effetti del referendum
inglese.
•
la Francia dove secondo un sondaggio a cura dell’Università di Edimburgo il 53%
degli intervistati ritiene di volere un referendum sull’appartenenza all’UE e in caso
di referendum il 33% si dichiara favorevole all’uscita. Alle votazioni per il
Parlamento europeo del 2014 il partito Front National ha vinto con il 24,8% di
preferenze. A marzo di quest’anno, nelle tre circoscrizioni dove si sono tenute
elezioni legislative suppletive a marzo scorso, la sconfitta dei socialisti e della
sinistra è stata netta e in due circoscrizioni si è registrata un’avanzata del Front
National di Marine Le Pen. Le elezioni presidenziali che si svolgeranno in Francia
nella primavera del 2017 potranno essere influenzate dagli sviluppi sul fronte UK.
Tuttavia, il sistema elettorale a doppio turno con ballottaggio della Francia, rende
molto arduo per i partiti estremisti accedere al governo.
•
Nello stesso Regno Unito, una vittoria del Leave aprirebbe per la Scozia un duplice
scenario, l’uscita dall’Unione Europea o un nuovo referendum sull’indipendenza
dal Regno Unito per chiedere poi l’accesso all’Unione Europea. I sondaggi più
recenti indicano che, sebbene la maggioranza degli scozzesi sia a favore di restare
nel Regno Unito, i consensi si spostano per la separazione in caso di Brexit. È
probabile che il governo inglese cercherà di opporsi ad un nuovo referendum e,
come già era stato analizzato in occasione del referendum scozzese del settembre
2014, il costo della separazione sarebbe molto pesante per entrambe le parti. Da
notare che la Scozia rappresenta circa l’8% del PIL del Regno Unito e che il 60%
delle esportazioni scozzesi sono rivolte al resto del Regno Unito. Il Regno Unito
perderebbe inoltre i giacimenti petroliferi del mare del Nord.
Per concludere, il
risultato del sondaggio a cura del Parlamento europeo8 del novembre 2015
evidenzia che sebbene il sostegno all’appartenenza all’Unione resti molto alto
(65%), la crisi ha ridotto la percentuale di coloro che hanno fiducia nelle maggiori
istituzioni europee dal 50% nel 2008 al 40% nel 2015. Con o senza Brexit, la
capacità decisionale delle istituzioni europee risulta già ridotta dalla debolezza di
molti governi in carica e dalle scadenze elettorali del 2017.
8 Parlamento Europeo, “Exploratory study - Major trends in European public opinion with regard to the
European union”, updated November 2015.
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Impatto sul mercato obbligazionario in GBP
a.
L’aumento del rischio sovrano su UK dovrebbe determinare un allargamento degli asset
swap spread sui Gilts. La curva degli swap spread è inclinata negativamente dallo
scoppio della crisi nel 2007 e quota oggi -37pb con lo swap spread a 10 anni vicino a
zero (grafico). Più significativa è la dinamica dello swap spread sul 30 anni che da
quando si è aperta la prospettiva del referendum si è mosso al ribasso ed ha sottoperformato lo swap spread a 10 anni: il differenziale 10/30 anni asset swap da 20pb
nel 2013 si è allargato fino a 73pb a fine febbraio (rispetto ad un massimo storico
assoluto di 82pb a marzo 2009). In caso di Brexit è molto probabile che lo swap spread
a 30 anni si allarghi ancora fino in area -90/-100pb e la curva degli spread 10/30 anni si
appiattisca a -50pb.
Asset swap spread sui Gilt (pb)
150
Inclinazione curva swap spread sui Gilts (pb)
GBP SWAP SPREAD
10YR
2/10Y GBP ASW
100
100
10/30Y GBP ASW
2/10Y GBP ASW
50
50
0
0
-50
-50
-100
-100
-150
01/99
01/01
01/03
01/05
01/07
01/09
01/11
Fonte: Bloomberg, Intesa Sanpaolo
01/13
01/15
-150
03/99
03/01
03/03
03/05
03/07
03/09
03/11
03/13
03/15
Fonte: Bloomberg, Intesa Sanpaolo
b.
La curva dei Gilts si muoverebbe in steepening dato che l’easing bias della BoE
manterrebbe ancorata la parte breve della curva scontando un sentiero di tassi fermi,
mentre il tratto a lunga includerebbe un premio al rischio crescente per l’incertezza dei
negoziati ed il peggioramento della posizione fiscale. L’effetto di sostituzione nei
portafogli obbligazionari dei titoli corporate e strutturati con titoli governativi dovrebbe
però calmierare il rialzo dei rendimenti a lungo. Lo stock di Gilt è detenuto per il 25%
dalla Bank of England così come il 36% è nei portafogli di banche assicurazioni e fondi
pensione che difficilmente liquidirebbero massicciamente le posizioni sul governativo
domestico. Il settore estero detiene 426 miliardi di sterline di Gilt, pari al 26% del
totale, una percentuale piuttosto bassa se confrontata con quelle dei paesi
dell’eurozona.
c.
L’attesa di un aumento dell’inflazione per effetto del deprezzamento del cambio
favorirebbe una sovra-performance dei Gilts indicizzati all’inflazione. La BEI a 10 anni
sul Gilt oggi a 238pb ha iniziato a correggere al rialzo da fine febbraio invertendo il
trend in discesa che l’aveva spinta dai 280pb di giugno 2015 ad un minimo assoluto
del periodo post crisi a 212pb. In caso di Brexit è probabile che la BEI a 10 anni salga
nell’area 280-300pb soprattutto se la fase iniziale post referendum vedesse anche,
come da attese un recupero del prezzo dell’energia.
Impatto sul mercato obbligazionario europeo
a.
La perdita di credibilità del progetto di maggiore integrazione europea avrebbe un
effetto negativo sui premi al rischio dei paesi periferici, mentre potrebbe favorirebbe i
governativi core. Lo scudo rappresentato dal programma di acquisto di titoli della BCE
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Interest Rate Strategy
13 aprile 2016
conterrà comunque la reazione degli spread intra euro ed è probabile che al di là della
reazione immediata, l’impatto sul rischio emittente possa rivelarsi limitato.
Un canale di trasmissione del rischio di Brexit è quello dell’esposizione da parte del
sistema bancario europeo ad attività emesse in UK. Secondo i dati della BCE a fine
febbraio 2016, l’esposizione delle banche europee al Regno Unito era pari a 162
miliardi di euro di titoli corporate finanziari e 104 miliardi di titoli governativi e
corporate non finanziari, oltre a circa 101 miliardi di euro di azioni e quote di fondi non
monetari.
I dati della BIS relativi al terzo trimestre 2015 mostrano un’esposizione complessiva dei
paesi dell’Eurozona ad attività emesse in UK pari a 1,322 miliardi di USD di cui la quota
maggiore è relativa all’esposizione verso il settore privato non bancario (64%). Tra le
esposizioni dei singoli paesi risulta rilevante quella della Germania in derivati (366
miliardi di USD o 33% del totale dell’esposizione in derivati di UK verso l’estero) e
quella della Spagna al settore privato non bancario (356 miliardi di USD o 13,8% del
totale).
Esposizione alle controparti residenti UK per nazionalità delle banche (dati a T3.15, mld usd)
Banks
Official
NonDerivatives
Guarantees
Credit
Non-bank
sector
private sector
contracts
extended
commitments
Austria
0.21
0.02
0.21
0.92
0.09
0.22
Belgium
0.39
0.03
0.32
Finland
0.07
0.00
0.58
France
4.72
2.00
3.06
3.34
2.21
10.62
Germany
5.19
0.79
9.79
32.94
4.40
8.80
Greece
0.24
0.01
0.14
0.06
0.00
0.00
Ireland
0.12
2.54
Italy
0.66
0.04
1.03
0.76
6.72
3.00
Spain
0.76
1.42
13.84
5.93
0.45
14.79
USA
Japan
Australia
2.06
1.36
0.74
4.05
1.81
1.15
12.42
3.91
2.94
9.92
0.96
2.13
42.64
1.37
0.63
34.49
7.89
4.26
Fonte: BIS, Intesa Sanpaolo
È molto difficile quantificare l’effetto sugli spread intra-euro di un eventuale uscita di
UK. L’evoluzione dello scenario dipende da quale percorso il governo inglese deciderà
di seguire e, soprattutto, ai fini della tenuta del mercato europeo, da quale grado di
cooperazione verrà mantenuto nelle trattative politiche con il Consiglio Europeo.
Analisi di sensitività degli spread 10Y vs Bund (pb)
Actual spread
Fitted spread
vs 10Y Bund
FV
Austria
Belgium
Finland
France
Greece
Ireland
Italy
Netherlands
Portugal
Spain
21
39
29
35
889
72
121
23
328
138
Fitted spread
with shock
Change
(a)
(b)
(a)(a)-(b)
24
43
14
25
847
129
102
15
193
102
56
90
34
50
895
260
180
32
370
173
32
47
20
25
48
131
78
17
177
71
Fonte: Bloomberg, Intesa Sanpaolo
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7
Interest Rate Strategy
13 aprile 2016
Come semplice esercizio statistico per avere qualche riferimento quantitativo sulla
sensibilità del mercato ad una generica situazione di significativo stress, assumiamo
uno shock sulla prima e sulla seconda componente principale degli spread governativi
contro Bund pari ad una deviazione standard su un campione dal 2009 ad oggi, che
include quindi anche il periodo di massima tensione sugli spread prodotto dalla crisi.
Nella tabella riportiamo per gli spread tra benchmark a 10 anni e Bund il valore
corrente, il valore stimato sulla base delle prime due componenti principali e il valore
sotto l’effetto di uno shock alle componenti principali ricordando che queste ultime
non vanno considerate come una previsione condizionale alla Brexit ma piuttosto come
un benchmark in caso di stress.
b.
L’uscita di UK dall’EU avrebbe un impatto su alcuni emittenti sovranazionali, quali l’UE
e soprattutto la BEI, mentre non si avrebbe nessun cambiamento sulla struttura delle
garanzie dei titoli ESM/EFSF. I titoli emessi dall’UE sono garantiti dal bilancio dell’UE a
cui contribuiscono 11 paesi tra cui il regno Unito. In caso di Brexit è probabile che i
titoli UE possano essere soggetti ad un downgrade, come annunciato dalle principali
agenzie di rating; attualmente il rating dei titoli UE è AA+ (neg.) per S&P e AAA per le
altre agenzie. La BEI è composta da 28 paesi dell’Unione europea con un capitale
sottoscritto di 243 miliardi di euro ( di cui 222 miliardi di callable capital) con le quote
maggiori a carico di Francia, Germania, Italia, UK e Spagna. L’uscita del Regno Unito, a
meno che venga negoziata la sua permanenza nella BEI, significherebbe una perdita in
termini di capitale pari al 16,1%, che dovrebbe essere o coperta dagli altri paesi o
richiedere un aumento del callable capital. Il benchmark corrente a 10 anni ha un
rendimento di 0,43% e uno spread pari a +26pb sul Bund, un downgrade di un notch
potrebbe pesare per 10/15bp sul rendimento portando le BEI ai livelli dei governativi
francesi e belgi.
Conlusioni
Sul rischio Brexit riteniamo che gli effetti potenziali di mercato siano tali da giustificare le cautele
della BoE ed il nervosismo dei mercati. Sebbene le probabilità siano marginalmente a favore
della permanenza nella UE le possibili ripercussioni di una uscita sono ampie e potenzialmente
dirompenti. Nel complesso riteniamo che la campagna a favore dello status quo si riveli alla fine
vincente e che l’esito del referendum contribuirà solo ad alimentare la volatilità nei prossimi
mesi. Detto ciò vista la vicinanza nei sondaggi dei due risultati evitiamo di suggerire strategie che
dipendano dall’esito del referendum.
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Interest Rate Strategy
13 aprile 2016
Intesa Sanpaolo Direzione Studi e Ricerche - Responsabile Gregorio De Felice
Tel. 02 879+(6) – 02 8021 + (3)
Macroeconomic Analysis
Macro & Fixed Income Research
Luca Mezzomo
Fixed Income
Sergio Capaldi
Chiara Manenti
Macroeconomia
Guido Valerio Ceoloni
Anna Maria Grimaldi
Paolo Mameli
Giovanna Mossetti
Alessio Tiberi
Mercati Valutari
Asmara Jamaleh
Materie Prime
Daniela Corsini
Research Assistant
Simonetta Melotto
62170
[email protected]
62036
62107
[email protected]
[email protected]
62055
62118
62128
62110
32834
[email protected]
[email protected]
[email protected]
[email protected]
[email protected]
62111
[email protected]
62149
[email protected]
62102
[email protected]
Appendice
Certificazione degli analisti
Gli analisti finanziari che hanno predisposto la presente ricerca, i cui nomi e ruoli sono riportati nella prima pagina del
documento dichiarano che:
(1) Le opinioni espresse sulle società citate nel documento riflettono accuratamente l’opinione personale, indipendente, equa
ed equilibrata degli analisti;
(2) Non è stato e non verrà ricevuto alcun compenso diretto o indiretto in cambio delle opinioni espresse.
Comunicazioni specifiche:
Gli analisti citati non ricevono, stipendi o qualsiasi altra forma di compensazione basata su specifiche operazioni di investment
banking.
Comunicazioni importanti
Il presente documento è stato preparato da Intesa Sanpaolo S.p.A. e distribuito da Banca IMI S.p.A. Milano, Banca IMI SpALondon Branch (membro del London Stock Exchange) e da Banca IMI Securities Corp (membro del NYSE e del FINRA). Intesa
Sanpaolo S.p.A. si assume la piena responsabilità dei contenuti del documento. Inoltre, Intesa Sanpaolo S.p.A. si riserva il diritto
di distribuire il presente documento ai propri clienti. Banca IMI S.p.A. e Intesa Sanpaolo S.p.A. sono entrambe società del Gruppo
Intesa Sanpaolo. Intesa Sanpaolo S.p.A. e Banca IMI S.p.A. sono entrambe banche autorizzate dalla Banca d’Italia ed entrambe
sono regolate dall’FSA per lo svolgimento dell’attività di investimento nel Regno Unito e dalla SEC per lo svolgimento dell’attività
di investimento negli Stati Uniti.
Le opinioni e stime contenute nel presente documento sono formulate con esclusivo riferimento alla data di redazione del
documento e potranno essere oggetto di qualsiasi modifica senza alcun obbligo di comunicare tali modifiche a coloro ai quali
tale documento sia stato in precedenza distribuito. Le informazioni e le opinioni si basano su fonti ritenute affidabili, tuttavia
nessuna dichiarazione o garanzia è fornita relativamente all’accuratezza o correttezza delle stesse.
Le performance passate non costituiscono garanzia di risultati futuri.
Gli investimenti e le strategie discusse nel presente documento potrebbero non essere adatte a tutti gli investitori. In caso di
dubbi, suggeriamo di consultare il proprio consulente d’investimento.
Lo scopo del presente documento è esclusivamente informativo. In particolare, il presente documento non è, né intende
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Interest Rate Strategy
13 aprile 2016
costituire, né potrà essere interpretato, come un documento d’offerta di vendita o sottoscrizione di alcun tipo di strumento
finanziario. Inoltre, non deve sostituire il giudizio proprio di chi lo riceve.
Né Intesa Sanpaolo S.p.A. né Banca IMI S.p.A. assume alcun tipo di responsabilità derivante da danni diretti, conseguenti o
indiretti determinati dall’utilizzo del materiale contenuto nel presente documento.
Il presente documento potrà essere riprodotto o pubblicato esclusivamente con il nome di Intesa Sanpaolo S.p.A. e Banca IMI
S.p.A.
Intesa Sanpaolo S.p.A. e Banca IMI S.p.A. hanno posto in essere una “Joint Conflicts Management Policy” per gestire con
efficacia i conflitti di interesse che potrebbero influenzare l’imparzialità di tutta la ricerca e garantire ai fruitori della loro ricerca
l’imparzialità della valutazione e delle previsioni contenute nella ricerca stessa. Una copia di tale Policy può essere richiesta per
iscritto da chi riceve la ricerca all’Ufficio Compliance, Intesa Sanpaolo S.p.A., 90 Queen Street, London EC4N 1SA.
Intesa Sanpaolo S.p.A. ha posto in essere una serie di principi e procedure al fine di prevenire ed evitare conflitti di interesse
(“Research Policy”). La Research Policy è chiaramente esposta nell’apposita sezione del sito web di Banca IMI
(www.bancaimi.com).
Le società del Gruppo Intesa Sanpaolo, i loro amministratori, rappresentanti o dipendenti e/o le rispettive famiglie possono
detenere posizioni lunghe o corte in qualsiasi strumento finanziario menzionato nel presente documento ed effettuare, in
qualsiasi momento, vendite o acquisti sul mercato aperto o di altro tipo.
Intesa Sanpaolo S.p.A. pubblica e distribuisce ricerca ad Investitori Istituzionali Qualificati negli Stati Uniti solo attraverso Banca
IMI Securities Corp., 1 William Street, New York, NY 10004, USA, Tel: (1) 212 326 1199.
Per i soggetti residenti in Italia: il presente documento è distribuito esclusivamente ad investitori istituzionali come definiti
nell’art. 31 del Regolamento Consob no. 11522 del 01.07.1998 in formato elettronico e/o cartaceo.
Per i soggetti residenti nel Regno Unito: il presente documento non potrà essere distribuito, consegnato o trasmesso nel Regno
Unito a nessuno dei soggetti rientranti nella definizione di “private customers” così come definiti dalla disciplina dell’FSA.
Per i soggetti di diritto statunitense: il presente documento può essere distribuito negli Stati Uniti solo ai soggetti definiti ‘Major
US Institutional Investors’ come definito dalla SEC Rule 15a-6. Per effettuare operazioni mobiliari relative a qualsiasi titolo
menzionato nel presente documento è necessario contattare Banca IMI Securities Corp. negli Stati Uniti (vedi il dettaglio dei
contatti sopra).
Metodologia di valutazione
Le Trading Ideas si basano sulle aspettative del mercato, il posizionamento degli investitori e gli aspetti tecnico-quantitativi o
qualitativi. Tengono conto degli eventi macro e di mercato chiave e di quanto tali eventi siano già scontati dai rendimenti e/o
dagli spread di mercato. Si basano inoltre su eventi che potrebbero influenzare l’andamento del mercato in termini di rendimenti
e/o spread nel breve-medio periodo. Le Trading Ideas vengono sviluppate su mercati cash o derivati di credito e indicano un
target preciso, un range di rendimento o uno spread di rendimento tra diverse curve di mercato o diverse scadenze sulla stessa
curva. Le valutazioni relative sono realizzate in termini di rendimento, asset swap spread o benchmark spread.
Coperture e frequenza dei documenti di ricerca
Le trading ideas di Intesa Sanpaolo S.p.A. sono sviluppate sia in un orizzonte temporale di breve periodo (il giorno corrente o i
giorni successivi) sia in un orizzonte temporale compreso tra una settimana e tre mesi, in relazione con qualsiasi evento
eccezionale che possa influenzare le operazioni dell’emittente.
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