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Web design
Capitolo 1 L’ambiente del’apprendimento del progetto HAMLET
All’interno di questo capitolo si parla di una scuola sperimentale di design che si attua totalmente
on line e che si basa sull’utilizzo di macchine intelligenti (tecnologie derivanti dagli studi
sull’intelligenze artificiale). La sperimentazione si propone di:
- Individuare nuove metodologie per realizzare in rete ambienti di apprendimento e percorsi
formativi personalizzati e legati alle caratteristiche cognitive dell’utente;
- Identificare le abilità e le competenze legate alla figura professionale del web designer;
- Sperimentare internet via satellite attraverso la piattaforma SkyPlexNet.
Il progetto di basa appunto sull’uso della tecnologia di internet satellitare ed è una vera è propria
scuola on line dove però lo studente vede articolare il suo percorso di studio in base a quelle che
sono le sue necessità specifiche che sono valutate dal computer stesso a seguito dell’inserimento di
dati specifici a alle risposte che è chiamato a dare in riferimento a domande relative al design. Allo
studente viene inoltre affiancato un tutor virtuale (che può essere un professore vero quanto un
computer) che lo segue e lo guida all’interno del suo percorso. Questa scuola ha dei laboratori una
biblioteca tutto con un interfacce estremamente semplici e che richiamano agli ambienti reali come
nel caso della biblioteca. Di particolare interesse all’interno del sito è la presenza di bookmakers
che sono dei segnali luminosi che guidano lo studente nel percorso formativo da compiere. È
possibile inoltre fruire di lezioni videoregistrate che però sono digitalizzate in funzione della
possibilità da parte dello studente di potere applicare praticamente gli elementi che ha appena
appreso e valutare il livello di apprendimento. La biblioteca ha un sistema di catalogazione e di
ricerca che va anche in base ai contenuti oltre che permettere una ricerca basata sulle parole chiavi
sul titolo e sull’autore.
I laboratori permettono attraverso l’uso della tastiera di fare dei reali esperimenti anche con
l’assistenza tecnica di un insegnante con cui si può interagire on line in modo diretto e in modo
indiretto.
A questi elementi educativi si somma poi la dimensione sociale e di condivisione tra gli studenti
proprio come all’interno di una scuola reale.
Capitolo 2 - le mappe dei saperi del design on line
Charles batteaux
Pubblico il trattato delle belle arti in cui ne fece una suddivisione in tre generi in funzione dei fini:
1. Quelle che hanno per oggetto i bisogni dell’uomo;
2. Quelle che hanno per oggetto il piacere
3. Quelle che hanno per oggetto l’utilità e la piacevolezza insieme.
A questa ultima categoria appartiene il web design.
In questo manuale il web design viene trattato attraverso argomenti quali la descrizione della figura
del web designer, e la mappa dei saperi del web design che si propone di riproporre il ricco
panorama teorico del web design.
Il web designer sta diventando una figura di sempre maggiore rilievo e soprattutto indispensabile
all’interno dell’impresa.
Il web invece, può essere considerato l’insieme di tutte le informazioni contenute dai documenti
multimediali ospitati dai calcolatori connessi ad internet, la sua peculiarità è quella di essere
“proteiforme” ossia ha la possibilità di acquisire un infinità di forme come mezzo di
comunicazione, consentendo inoltre una comunicazione bidirezionale.
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2.1 il web design come progettazione di artefatti
Artefatti= oggetti artificiali creati per circolare in rete, per lo più fanno tutti parte di sistemi
interattivi accessibili dalla rete. Possono essere anche associati al concetto di “apparizioni” che
hanno una funzione per lo più “rappresentativa” costituendo delle interfacce di diversa natura
(interfacce identitarie, interfacce per sapere, interfacce per fare).
Mappa del modello tridimensionale del web design
1° Livello
C’è il panorama degli artefatti risultato delle operazioni progettuali e produttive e che possono
essere suddivisi in due macrocategorie:
 Siti tool che consentono di realizzare attività concrete come gli acquisti
 Siti database che consento l’accesso ad una molteplicità di informazioni
2° livello
È il piano degli strumenti utili per la progettazione e degli approcci metodologici su cui si fonda il
web design stesso.
Strumenti:
- Percorsi procedurali ossia a successione di operazioni da attuare
- Gli attrezzi concettuali concetti e sistemi di rappresentazione sviluppati all’interno della
disciplina
- Insieme degli elementi costitutivi ingredienti del progetto come : testi, immagini…
Metodologie di progetto:
- Le istanze tappe indispensabili per la progettazione sono obiettivi parziali ma da cui non si
può prescindere: ricerca, analisi, sviluppo delle soluzioni, esecuzione.
- I sistemi di notazione metodi utili per rappresentare i nuovi elementi del web: partiture,
storyboard, standard, guideline
- Semilavorati ossia tutti gli elementi utili per la costituzione dell’artefatto, ma che derivano
da una elaborazione precedente: testo tipografico, immagini di ripresa.
3° livello Teorie
Ci sono tutte le riflessioni di natura teorica che possono essere interne o esterne alla disciplina
stessa.
L’ordine di realizzazione è inverso.
2.2 le discipline del web design
La parte centrale del web design è frutto di discipline estremamente diverse una tra tutte e la
Fenomenologia ( studi degli stili e delle tendenze “come si esprimono gli altri”). Poi c’è il design
che è la disciplina che da forma ad oggetti materiali e non( comunicati) e si divide in diverse forme,
design grafico, design della comunicazione, quello del prodotto e quello dei servizi.
Basic design branca della disciplina che si occupa dei fondamentali del design ossia
dell’individuazione e dell’insegnamento degli elementi che lo costituiscono.
Design multimodale si intende il modo di codificare e presentare le diverse informazioni attraverso
l’utilizzo di diversi codici linguistici e non creano forme di sinestesia artificiale.
2.3 il web design nel contesto delle scienze dell’uomo
Il web design coinvolge anche altre discipline che no sono ad esso legato.
la semiotica che è lo studio dei segni, semantica - relazione che il segno intrattiene con il suo
significante e sintassi – disposizione dei segni all’interno di una stringa o di un contesto.
L’informatica che è il substrato industriale e concettuale che ha prodotto il web
HCI elaborata all’interno del campo informatico per individuare le esigenze dell’uomo che nascono
dal suo contatto con la macchina.
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L’ergonomia che inizialmente si occupava dell’interveto della tecnologia all’interno della vità
dell’uomo e dell’universo lavorativo e che in un secondo momento si è trasformata in ergonomia
cognitiva che studia nello specifico i software e le interfacce e l’usabilità dei siti
Eideomatica studio connesso alla grafica del pc, come vengono rese manifeste le immagini
grafiche.
Registica che consiste nel saper attribuire una forma ad una scena virtuale e si dispone su più livelli:
messa in pagina, messa in scena, messa in sequenza, messa in ipersequenza, messa in evento.
Ognuna di queste teorie lascia avere una prospettiva diversa perche si pongono da punti di vista in
alcuni casi tra l’oro simmetrici come nel caso dell’ergonomia, prospettiva dell’utente, e
dell’informatico, prospettiva tecnica l’interfaccia e la pura manifestazione di un sistema di database.
Il web design si occupa in ogni caso di come strutturare l’artefatto in funzione del destinatario.in
funzione della sua struttura sensoriale percettiva e informativa.
III Massmediologia
Capitolo 3 Il web come medium
Descriviamo le quattro principali teorie sui mezzi di comunicazione o media
1° I media come risorse tecnologiche
In questo ambito possiamo trovare quattro teorie che si allineano con questa prospettiva:
- la prima è quella del determinismo tecnologico secondo la quale l’avvento di una tecnologia
comporta necessariamente una modificazione sociale:
- la seconda è quella del determinismo sociale che ribadisce che la tecnologia pesa sulle sorti
dell’umanità in quanto parte di un processo di trasformazione complesso che ingabbia l’individuo in
modello che non sceglie lui stesso;
- la terza è quella del costruttivismo che insieme alla quarta ha un tono sicuramente più probabilista
in quanto vede la nascita di una tecnologia come frutto di una espressione culturale in mutamento;
- la quarta ed ultima teoria è il social shaping of technology che sostiene che le conseguenze socili
non sono frutto della tecnologia quanto del suo utilizzo.
2° i media come agenzie sociali
Questa prospettiva vedi i media come agenzie sociali e come istituzioni, ossia come soggetti il cui
compito principale è quello di trasmettere messaggi e di fare comunicazione. le principali agenzie
sono quella politica e quella economica.
3° i media come strumenti comunicativi
In questa prospettiva i media divengono oggetti di studio delle scienze sociali e delle scienze del
linguaggio che ne analizzano i codici e il loro uso.
4° i media come socio sistemi
A questo approccio si applicano due modelli fondamentali, il primo è quello socio sistemico in cui i
media vengono studiati come un sistema complesso frutto della combinazione del sistema
produttivo degli oggetti e del consumo, e l’altro è quello dell’industria culturale che vede la cultura
come prodotto.
La nozione di industria culturale nasce con Adorno e Horkahaimer negli anni 40’.
McDonald autore statunitense ha poi sostenuto che attraverso il processo di industrializzazione della
cultura si sarebbe giunti ad un appiattimento tra cultura bassa e cultura alta conducendo ad un
livello che avrebbe avuto difficoltà nel leggere le grandi opere d’arte.
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Il nostro intento e indirizzato all’utilizzo dell’industria culturale come strumento di comprensione
attraverso l’utilizzo di modelli di analisi come il diamante di Griswold definito anche diamante
culturale.
Il diamante si compone di quattro elementi il mondo sociale, nel quale interagiscono gli altri tre
elementi del modello, l’oggetto culturale, il suo creatore, ed il suo consumatore.
Tra questi quattro elementi c’è un relazione costante che viene esplicitata dalle diagonali del
modello.
Questo modello viene poi modificato in funzione delle esigenze dell’argomento trattato
Ambiente socioculturale
Mondo
sociale
Ricevitore
Creatore
Universo
produttivo
Consum
o
Prodotto culturale
Oggetto culturale
La rivisitazione del diamante nasce da esigente di argomento e di conseguenza il contesto di
riferimento dal mondo sociale nella sua genericità diviene l’ambiente socioculturale ossia il sistema
di cultura all’interno del quale si situano i media. Abbiamo poi l’universo produttivo che si
sostituisce a il creatore rivelando la natura collettiva dlla creazione all’interno dell’universo
mediatico. Al semplice ricevitore si sostituisce tutto l’universo del consumo che cosi come la
sostituzione dell’oggetto culturale con il è prodotto culturale rivela la natura commercila
edell’universo mediatico dove a contare sono le vendite.
Ognuno di questi aspetti può essere studiato seguendo diverse prospettive:
1. Dimensione culturale del sociale, che rivela il modo in cui i prodotti si legano
all’immaginario (il fatto che vada di moda un prodotto piuttosto che un altro);
2. L’universo produttivo va studiato secondo una prospettiva sociologica dove il rapporto su
cui si focalizza l’attenzione è quello tra intermediari e i pubblici di riferimento ossia fa
riferimento alle modalità con cui gli intermediari riescono a catturare l’attenzione dei
pubblici;
3. Prodotti di cui si studia come essi riflettano l’ambito culturale all’interno del quale si
inseriscono;
4. Prospettiva dell’universo del consumo e dei processi di incorporazione, all’interno di questa
prospettiva si ritrae il contesto del consumo come istituzionale, ossia come è influenzato
dagli elementi di contesto come la tecnologia, situazionale, issia legato ad una situazione
storico sociale, infine è legato alla proposta del prodotto ossia dalle caratteristiche specifiche
che il prodotto presenta piuttosto che altre, tutti questi elementi sono determinati nel
processo di fruizione a cui segue un processo di sedimentazione che fa si di rendere tali
determinanti parte del soggetto stesso. E una relazione circolare quella che lega questi
elementi che parte dalla fruizione del prodotto.
3.5 Possibili letture del web
Ci sono 4 possibili letture del web:
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1. Dimensione culturale del web in che modo il web entra a far parte della cultura per poi
modificarsi nel tempo accompagnando i diversi cambiamenti culturali. Le diverse
prospettive culturali che caratterizzano il web sono:
o Anarchico individualista il web esprime una cultura che privilegia l’individuo e la
sua libertà
o Cooperative e socializzante internet vien usato come mezzo per socializzare
o Neoliberalista il web è anche da sempre permeato da una filosofia imprenditoriale
che lascia libertà di espressione e soprattutto dove anche i più piccoli possono
emergere.
2. Universo produttivo ossia le caratteristiche peculiari della produzione di senso del web
che però si differenzia tra la dimensione del software e quella dell’hardware. Per la
dimensione del software ha particolare importanza il fenomeno della decentralizzazione
che lascia intravedere la possibilità di produrre da qualsiasi luogo. Diviene, inoltre,
rilevante la filosofia del mainstream ossia il fenomeno della produzione caratterizzato
dalla volontà di dominare il web che però si pone in contraddizione con i fenomeni di
microproduzione e di autorialità (blog personali);
3. Terza lettura è quella riguarda i discorsi e gli stili, ossia i linguaggi utilizzati all’interno
del web. Si può sostenere che il web sia l’universo dell’inglese e che si propende sempre
più verso nuovi generi di testo (smile, animoticon, etc…) che cercano di andare oltre le
ristrettezze del linguaggio scritto dando degli elementi pratici per l’era della seconda
oralità.
4. L’ultima lettura riguarda le modalità di utilizzo del web che si distinguono per la
quantità e le modalità di utilizzo. Le modalità possono essere caratterizzate dal livello di
alfabetizzazione così come dall’obiettivo che si vuole perseguire nell’utilizzo di internet.
Il web è un meta medium che tende a sostituire gli altri media e che è da un lato rete e dall’altro
ipertesto.
Capitolo 4 Basic Design Fondamenta del design
Basic design è una disciplina che lega intrinsecamente propedeutica e fondazione disciplinare.
Il basic design nasce come disciplina con la Bauhaus dove vengono insegnate quel tipo di
competenze indicate con il concetto di Grundkurs tradotto solo in un secondo momento dagli
anglosassoni in Basic design.
I docenti fondatori del Grundkurs, promotori dell’azzeramento dei pregiudizi formativi precedenti,
furono Kandinskij e Klee con la sua teoria delle forma e della figurazione.
I concetti di forma e figurazione possono essere meglio espressi dal termine configurazione e
configurare che sta per plasmare, disporre, montare, modular, distinto nettamente dal termine
raffigurare e da quello rappresentare.
In inglese esiste solo il termine to design che fa riferimento alle procedure piuttosto che sui risultati.
Spostandosi dalla scuola della Bauhaus si giunge alla scuola Ulm che ospita la riforma propedeutica
ad opera di Maldonato. La prima sostanziale differenza consiste nel fatto che al singolo corso
indifferenziato della Bauhaus qui c’è una differenziazione in base alla disciplina.
Il discente all’interno della Ulm è visto come il frequentato re di una scuola superiore, punti chiave
di differenza:
- Divisione del basic design a seconda della disciplina in comunicazioni visive, design del
prodotto, architettura industrializzata,
- Si assuma una formula basata sulla formulazione di precisi elementi, regole e obiettivi.
- Innesto sistemico delle discipline scientifiche
L’insegnamento si basava su sperimentazioni e esercitazioni di diverso tipo:
- Creazione di strutture;
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- Trapasso di forme e trapasso di trame;
- Superfici non orientabili;
- Contrasti, differenziazioni minime;
- Tema del colore.
A Yale si hanno le ricerche e le elaborazioni di Josef Albers che svilupperà la sua impostazione
innovativa Interazione di colore. Albers vede il colore come una realtà instabile. Promuove una
nuova formula pedagogica che si basa sul principio dell’intersoggettività dove il “vero” è ciò che la
classe di studenti considera tale. Albers vede il colore come una realtà instabile. Promuove una
nuova formula pedagogica che si basa sul principio dell’intersoggettività dove il “vero” è ciò che la
classe di studenti considera tale. Albers sostiene inoltre che l’arte e il design sono qualcosa di
contiguo ma di diverso dove la sovrapposizione tra le due e determinata dalla questione formale.
Il problema che ci si pone sono le modalità di insegnamento del configurare, il modello aristoide
sostiene che queste sono cose che non si insegnano e che sono possibili solo per coloro che hanno
un talento innato. Un altro modello puo essere quello che fa affidamento sulla figura del maestro,
infine l’ultimo modello è quello del sapere universitario che si è strutturata sulla base di un modello
di sapere istituzionale e organizzato che si basa su un ragionamento di tipo deduttivo, strada che
però per il design non è realmente esaustiva ecco perche a tal proposito Alberts sceglie la via della
verità intersoggettiva che emerge attraverso un processo dialogico.
Nel Basic design la didattica veicola e allo stesso tempo genera la conoscenza.
Una delle tante esercitazioni è quella di Maldonado intitolata “antiprimadonna”.
La Situazione italiana del Basic design si propone come estremamente diversa, dove
l’insegnamento è assente in quanto si crede poco nella possibilità di una disciplina autonoma, di
conseguenza il basic design si è realizzato all’interno dell’arte. Bruno Munari incarna questa
posizione ed è realizzata nell’arte concreta e soprattutto nell’arte cinetica e programmata. Munari
realizza l’opera tetracono ma all’interno del suo libro il cerchio è pubblicata l’opera la cronosfera di
Zeischegg. Elementi caratteristici e anticipatori dell’arte cinetica:
- Attenzione per la relazione fruitore/utilizzatore con l’oggetto (interattività);
- Attenzione per l’inclusione dello spettatore nell’opera (immersività);
attualmente utilizzate nell’ideazione delle interfacce.
Capitolo 5 Storia del Basic design
Attraverso delle esercitazioni pratiche lo studente acquisisce le componenti della configurazione al
fine di sviluppare la teoria della creatività progettuale.
Le esercitazioni del Basic design si possono distinguere in tre gruppi fondamentali
1. Non applicate
2. Tecnico applicative
3. Introduttive alle specifiche tematiche progettuali.
5.2 anticipazioni del Basic Design
Le prime reali scuole di design si hanno nel 1850 in Inghilterra dove per la prima volta si sviluppa
un dibattito intorno all’educazione al gusto del design. Queste vicende anche se con accenti diversi
si sviluppano anche in francia Ecole de Beux Art da queste esperienze traggono origine le prime
ricerche sulla percezione visiva e la formulazione sul carattere strutturale dell’ornamento gli
elementi fondamentali che emergono da queste esperienze furono trasferiti in manuali specifici e
nelle principali scuole di arte applicata.
Crane propone delle esercitazioni dal vero il cui obiettivo è quello di rappresentare una figura.
Rappresentante principale della scuola francese è Eugene Grassert autore del manuale Methode de
Composition Ornamentale del 1905 figura 5 la forma ornamentale si sviluppa sull’arco di un
cerchio e dalla forma traggono poi origine dei giochi di sfondo.
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Prima decade del 900’avvento delle avanguardie artistiche e l’estetica della macchina, che si
caratterizza per l’utilizzo di tecniche miste come il collage, inoltre l’attenzione viene rivolta a
tecniche come il fotomontaggio, il montaggio cinematografico e meccanico.
5.3 Analisi Storica della esercitazioni di Basic design nelle principali scuole
a) Bauhaus (1919-1933)
Il mito della Bauhaus nasce a weimar per poi trasferirsi nel 1925 a Dessaue poi a Berlino per
quasi due anni fino al 1933.
Dirigenti della scuola:
1. Gropius;
2. Mayer fino al 30;
3. Mies van der Rohe fino al 1933.
la bauhause è la prima scuola di progettazione che affronta l’insegnamento di una grammatica
visiva formale sia pratica che teorica. Il corso di studi è organizzano in funzione di un corso di base
il cui superamento permette di accedere ai laboratori specializzati e alle varie officine. Vero e propri
iniziatore del corso preliminare è Itten (chiamato ad insegnare da Gropius) e che introduce per la
prima volta L’apprendimento sensoriale come elemento fondamentale all’interno della scuola,
accanto a queste esercitazioni iniziale Itten affianca il tema delle qualità tattilo visive dei materialie
la teoria generale del contrasto. Nel 1923 Itten lascia la Bauhaus e viene succeduto da MoholyNagy, a questo cambiamento si affianca anche un cambiamento dell’orientamento generale del
corso che inizia a privilegiare il connubio tra arte e tecnica.
Moholy- Nagy propone esercitazioni che pur ponendo l’accendo sull’addestramento sensoriale e
agli aspetti tecnico produttivi del progetto in modo simile a Itten, invitano gli allievi alla creazione
di vere e proprie tavole tattili il cui fine è la ricerca di effetti sensoriali (Itten proponeva
esercitazioni sulle texture il cui obiettivo era l’espressività visuale). Altri punti importanti del suo
insegnamento sono la luce, che gli porta ad esplorare le potenzialità del fotomontaggio e del
fotogramma, e le costruzioni tridimensionali.
1923 Albers affianca Moholy- Nagy diventando poi responsabile del corso dal 28’ al 33’. Per
Albers le esercitazioni servono a sviluppare il pensiero costruttivo dell’allievo attraverso un
percorso di apprendimento per prove ed errori. Il punto di partenza di Albers sono le esercitazioni
tridimensionali perche secondo lui l’individuo riesce a percepire con più facilità le forme
tridimensionali, fa inoltre uso di materiali semplici e non specifici con il fine di sviluppare negli
allievi un senso di economia dei mezzi. I sui insegnamenti si focalizzano inoltre sugli aspetti
percettivi strutturali della configurazione.
1921 alla Bauhaus giunge Klee chiama per occuparsi dell’insegnamento formale, tema
fondamentale del suo insegnamento è l’articolazione delle superfici in relazione ai mezzi primari
della configurazione come la linea, il colore. l’interesse si focalizza sul tema del movimento
cromatico partendo dai colori primari (questi movimenti rendono il ritmo).
1922 alla Bauhaus giunge anche Kandinsckij che affianca Klee nell’insegnamento formale e che è
interessato agli effetti psicofisiologici delle varie arti, inoltre ha rispetto a Klee una concezione
diversa del ritmo che è inteso come frutto della tensione che si crea tra gli elementi del piano di
fondo (esercitazione: accentuazione del centro).
| A New World – si pone particolare attenzione all’arte e alla tecnologia mettendo la scienza in
secondo piano|
b) Vhutemas (1920 – 1930)
Scuola di arte e progettazione nata a Mosca nel 1920 che si pone l’obiettivo di fondare le basi
oggettive e scientifiche per l’istruzione artistica per raggiungere un elevato livello professionale.
Questa scuola si articola in 4 sessione grafica, colore, volume e spazio. Il corso di basic design
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nasce per mezzo di Rodchenko sulla scia dello slogan l’arte è una branca della matematica. Scopo
del suo corso è quello di sviluppare capacità analitiche e l’intuito creativo dello studente.
Nella sezione colore c’è invece Popova che fa esercitazioni di basic design che pongono l’accento
sugli aspetti percettivi ed in particolare su quello cinetico.
Nella sezione spazio c’è Kriski che propone esercitazioni tridimensionali.
c) Black Mountain College (1933 – 1949), Yale University (1950 - 1960)
negli anni trenta il fulcro del basic design si sposta in America e Albers, uno tra i primi a spostarsi,
giunge al Black Mountain College in questi anni i suoi insegnamenti si perfezionano e pone sempre
più attenzione sugli aspetti percettivi del colore e strutturali della configurazione. Motto di Albers al
Black Mountain College è “open your ayes” motto che scandisce l’accezione che lui da al basic
design di training essenziale per sviluppare il pensiero costruttivo e la capacità di invenzione e
osservazione dello studente.
d) New Bauhaus School of design. Institute of design (1937 – 1946)
Nel 1937 Moholy- Nagy emigra negli stati uniti e fonda la New Bauhaus a Chicago, dove propone
la triade arte, tecnologia e scienza ed organizza il corso in sezioni, Basic design (che ingloba la
componente tecnologica, Visual Fundamental (che ingloba la componente artistica) e infine c’è
quella scientifica che si rafforza rispetto a quella dela Bauhaus anche grazie al sostegno di
personaggi importanti come il semiologo Morris. Le esercitazioni all’interno del laboratorio tecnico
sono di diverso tipo Bredendieck pone particola attenzione all’utilizzo di materiali nuovi come il
plexiglas e all’ottimizzazione dell’utilizzo delle nuove macchine messe a disposizione dell’uomo,
mentre Moholy- Nagy pone ancora l’accento sull’esperienza tattile (creazioni di lavori che siano
piacevoli da maneggiare). Il corso di Visual design invece riprende l’importanza della luce e di
lavori sui fotogrammi e sul fotomontaggio. La scuola che successivamente viene rinominata School
of Design vive una fase di ulteriore sviluppo con l’arrivo all’interno del corso di Visual Design di
Kepes che tenta di elaborare un vero e proprio linguaggio della visione prendendo come
fondamento teorico elementi di psicologia e della semantica visiva.
| A New Man si pone la stessa attenzione su arte e scienza lasciando che la tecnologia resti in
secondo piano|
e) ULM (1953 – 1968)
Primo direttore di questa scuola è Max Bill ex studente della Bauhaus ma è solo grazie all’apporto
di Maldonado che la scuola assume un indirizzo indipendente da quella che era la dottrina della
Bauhause.
Maldonado introduce la Visuelle Einfuhrung o Visuelle Grammatik (grammatica visiva) dove le
esercitazioni perdono il carattere sperimentale per avvicinarsi ad un modello ad un modello
pedagogico basato sul problem solving. Inoltre Maldonado introduce discipline scientifiche quali: la
teoria della simmetria, la topologia, la psicologia, la percezione e la semiotica finalizzate allo
sviluppo della creatività progettuale.
Allievo di Maldonado e Huff che riprende alcuni elementi di albers e che sostiene che il Basic
Design si articola su tre piani: geometrizzare, percentualizzare ed esercitare.
| A New Culture l’attenzione in questo caso è posta sulla scienza e sulla tecnologia mentre la tecnica
rimane secondaria|
5.4 Le prospettive future
Nuovo Basic Design definizione di Anceschi = Basic Design eidomatico
Una nuova forma del Basic Design espresso in tutta la sua forma da Fischinger (colui che suggerito
l’idea di Fantasia e che lavora in collaborazione con la Walt Disney) che tenta di costruire il
linguaggio visuale astratto in relazione agli elementi sonori.
|All’interno di questo nuovo modello arte scienza e tecnologia assumono lo stesso peso come
evidenziato dal modello pedagogico di Findeli|.
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Capitolo 6 Basic Motion – Analisi della progettazione cinetica
La progettazione cinetica si basa su aspetti teorici essenziali, che prevedono però delle distinzioni
preliminari.
La prima distinzione da trattare è quella tra oggetti e avvenimenti. Gli oggetti sono caratterizzati da
staticità mentre gli avvenimenti sono attività in relazione ad e dipendenti dagli oggetti e si
sviluppano all’interno di un asse temporale oppure nello spazio.
6.1. Struttura e Coscienza
Guardando o creando un filmato non lo si deve intendere come una successione di immagini ma è
necessario prendere coscienza del filmato nella sua interezza, ecco perche per comporre un filmato
bisogna stare attenti alla sua memoria in modo da porter mantenere un legame tra gli elementi.
6.2. Contemporaneità e successione
a) La successione è di solito determinata dall’opera stessa per esempio un immagine ha un
ordine spaziale mentre un film ha un ordine temporale;
b) L’ordine delle immagini esiste nello spazio e nella contemporaneità fa riferimento
all’esistenza di una dimensione spaziale ed una temporale;
c) LA successione ordinata di un filmata è fondamentale e interagisce con le forze dinamiche.
6.3. Spazio e Tensione
Le caratteristiche degli oggetti hanno un effetto psicologico, quindi per esempio un oggetto con
tanti elementi acuti sarà più aggressivo rispetto ad un oggetto dalle forme più morbide.
6.4. Percezione e Movimento
Esistono due tipi di movimenti, quelli reali/fisici che sono costituiti dai movimenti che sono dati
dagli spostamenti delle immagini sulla nostra retina, e quelli virtuali/ottici in particolare il
movimento stroboscopio che consiste nella successione di fotogrammi che danno la sensazione di
movimento (chiamato anche movimento cinematografico e di particolare importanza nel campo del
motion design), quello indotto come l’apparente spostamento di un oggetto in primo piano dato
dallo spostamento dello sfondo, quello auto cinetico e quello che segue l’effetto del movimento
osservato.
6.5. Fattori di movimento
Nel basic design è di fondamentale importanza il rapporto tra figura e sfondo, tendenzialmente la
figura è ciò che sta in primo piano e che si muove mentre lo sfondo è immobile, spesso però è
possibile giocare su questa ambiguità. Altro principio importante è che il la cornice se è ferma sta
fuori dal tempo, mentre una cornice mobile è attiva.
6.6. Percezione e Direzione
La percezione della direzione si può avere solo in relazione ad uno spostamento.
6.7. Rilevazione della velocità
La percezione della velocità e inversamente proporzionale alla velocità stessa.
6.8. Percezione e forze: forze nel campo visivo
Vi sono delle regole che regolano i rapporti e le forze nel campo visivo, la prima regola stabilisce
che configurazione e movimenti stanno in azione reciproca e che la forma di un oggetto ne
determina il movimento un secondo principio di base è quello in relazione al quale i cambiamenti
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sono dinamici e interagiscono con forze propulsive, e infine, che i movimenti complicati non sono
neutri.
Capitolo 7 Basic Design Sinestetico I – Fondamenti teorici
Basic design sinestetico è un’espressione sintetica che indica quei fondamenti teorico pratici
propedeutici al progetto di artefatti bidimensionali o tridimensionali che si esplicitano nella ricerca
e nella sperimentazione di rappresentazioni in relazione sin estetica.
7.1. Significati del termine sinestesia
Sinestesia è un termine che può essere riassumibile nell’espressione percezione simultanea,
apprendimento attraverso i sensi.
Sinestesia = percezione multipla in cui è sottesa una relazione coerente fra i dati sensoriali in
oggetto
Elemento determinante di questo termine è il prefisso sin- che significa connessione e che indica la
connessione tra diverse sensazioni.
Ci sono tre campi applicativi:
- Percezioni sin estetiche Il termine è stato coniato nel 1864 dal filologo francese Vulpian
mentre Pedrono parlò di audition colore e dove la percezione delle immagini è data
dall’ascolto di suoni. La percezione sin estetica può avere un origine spontanea o indotta
(droghe o alcol).
- Sinestesie linguistiche In un secondo momento tale concetto viene esteso anche ad
espressioni del linguaggio in uso nella poesia nella comunicazione mediatica, nel linguaggio
parlato (es. suono chiaro, suono scuro).
- Rappresentazioni sin estetiche , tali rappresentazioni possono esprimersi in forma di
traduzione estetica ossia un artefatto che nasce da un opera data (un quadro che nasce
dall’ascolto di musica) e fondato su un unico linguaggio o registro, o di sintesi estetica ossia
di una rappresentazione che include al suo interno eventi distribuiti su più registri sensoriali
e che quindi implica la presenza di più linguaggi e registri.
7.2. Importanza dell’applicazione di principi sin estetici al progetto di artefatti
Quale è la relazione tra design e sinestesia?
È importante parlare di sinestesia in primo luogo per smentire alcuni luoghi comuni propri di una
tradizione del progetto che pone attenzione ai soli fattori visivi. Una prima convinzione errata è
quella che l’uomo elabori informazioni secondo modalità separate, ma nella realtà tali aree pur
essendo tra loro separate sono tra loro connesse da una fitta rete di relazioni.
7.3. Teorie delle sinestesie : risultanti di alcune ricerche e sperimentazioni
Alcuni studi scientifici spiegano la nostra percezione sin estetica sulla base della presenza di
presunti neuroni multisensoriali, anche se gli effetti di questa estrema unione dei sensi non è sempre
positiva in quanto può condurre ad interferenze che comportano la perdita di informazioni.
Mrks rileva ricorrenze associative tra i colori e fenomeni vocalici “e” ed “i” immagini bianche “o”
rosse e nere “u” colori scuri. Due ricercatori giapponesi hanno invece associato le vocali ad
immagini geometriche e alle loro caratteristiche, rilevando inoltre alcuni elementi del fenomeno
della sinestesia che possono essere intersoggettivi e quindi generalizzabili come la forma delle
figure o la luminosità dei colori, mentre altri elementi rimangono prettamente soggettivi come la
tonalità del colore. Anche solo con Newton si da un accezione scientifica tra colori e suoni.
7.4 Pratiche sin estetiche: applicazioni ed esemplificazioni di principi sinestetici
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Luigi Veronesi nel 70’ inizia una ricerca per definire la relazione oggettiva tra suoni e colori, divise
lo spettro dei colori in dodici parti e poi partendo dall’arbitraria associazione del do al violetto e
seguendo i rapporti matematici all’interno della scale dei suoni attribuisce un colore ad ogni nota ed
alle pause, inoltre instaura anche un associazione tra i suoni e el forme dove il rettangolo
rappresenta la temporalità dell’evento musicale.
A tal proposito si possono vedere Oswald che interpreta il quadro come un piano cartesiano dove
sull’asse orizzontale si sviluppa la melodia e su quello verticale la sincronicità dei suoni. Scribble
dove è l’utente con il moise a produrre segni grafici dal quale poi si genera una composizione
musicale.
7.5 obiettivi del Design sin estetico
L’obiettivo principale di tale forma di design consiste nel fornire informazioni sensoriali tra loro
congruenti. Più ne particolare ci si pongono i seguenti obiettivi:
- Ricerca di informazioni sensoriali coerenti in quanto i dati sensoriali incoerenti rallentano
l’acquisizione di informazione come è testimoniato dall’effetto stroop;
- Riduzione del sovraccarico sensoriale su di un'unica modalità in quanto un sovraccarico
potrebbe condurre a degli errori (un abbondanza di stimoli visivi potrebbe portare ad una
confusione);
- Scelta dei registri sensoriali sui quali concentrare l’informazione3in funzione della finalità
comunicativa;
- Equilibrata distribuzione dei pesi informativi tra i vari registri.
Capitolo 8 Basic Design sin estetico II – esemplificazioni pratiche
8.1. Esercitazioni con le nuove tecnologie
Si parla delle esercitazioni sin estetiche con l’uso di interfacce di ambienti software come
Macromedia Flash (che per chi come me non lo sapesse sono programmi per la creazione di
animazioni personalizzate) che riducono lo scarto tra la definizione informatica delle operazioni da
compiere e l’intervento sugli elementi comunicativi di base. Gli elementi geometrici e la loro
definizione sono nettamente semplificati da questi programmi che includono inoltre anche una
facilità di modifica che permette la riduzione dello scarto tra la l’ideazione e la valutazione di un
effetto . ciò però spinge in alcuni casi a scelte meno ponderate e molto più dettate dall’istinto.
È importante rilevare che in questi programmi mancano ancora strumenti efficaci per una
definizione strutturale delle animazioni. In molti casi però i programmi permettono di fare delle
modifiche circostanziate che non compromettono tutte le altre impostazioni. È da sottolineare che
anche se questi programmi offrono delle soluzioni reimpostate non sempre queste sono efficaci
come quelle che derivano da un impostazione manuale, inoltre non permettono all’utente di
esplorare le potenzialità nascoste del software.
8.2. le nuove tecnologie per le sinestesie
Nell’integrazione tra audio e musica prevale ancora un approccio di tipo combinatorio, con l’idea
che una buona e immagine e una buona musica create separatamente possano automaticamente
integrarsi tra loro. Questo atteggiamento può essere condizionato da diversi fattori, come l’utilizzo
di immagini e suoni preconfezionati trovati nel web, ed inoltre l’uso continuo e oramai abitudinario
degli hardware porta a perdere la percezione delle sensazioni che si possono avere dal contatto con
queste componenti (artefatti). L’esperienza tattile è divenuta nel tempo il centro di diverse ricerche
che tentano di esplorare il campo della vista e dell’udito (sperimentazione sulla percezione aptica
della texture di una superficie attraverso il registro visivo e l’interazione).
8.3. L’esercitazione
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Per superare questi limiti dovuti all’utilizzo disattento dei fattori tecnologici e delle immagini e dei
suoni bisogna individuare degli elementi di base su cui lavorare e visualizzare degli obiettivi.
A tal proposito le esercitazioni che si sviluppano in questo campo si rifanno alla tecnica del problem
solving utilizzata da Maldonado attraverso la fissazione di un tema, di obiettivi e di regole a cui uno
studente deve attenersi.
Maldonado indica come ulteriore finalità quella dell’igiene visiva ossia la concentrazione, grazie
alla fissazione di vincoli ben precisi, sugli elementi determinanti ai fine dell’esercitazione lasciando
in secondo piano tutto ciò che potrebbe sembrare fuorviante.
8.4. Obiettivi didattici sottointesi
L’esercitazione, il cui reale obiettivo non è l’utilizzo del programma ma l’analisi delle potenzialità
sinestetiche, si compone di:
- creazione di un animazione coerente (le immagini devono restituire visivamente le
caratteristiche dell’audio) che ha lo scopo di rilevare il rafforzamento comunicativo che si
ottiene dalla congiunzione dei due registri sensoriali;
- creazione di un animazione interferente (ossia le immagini dovranno mutare la corretta
percezione dell’audio) che ha lo scopo di osservare le influenze che ci possono essere tra gli
elementi percepiti in funzione di due registi sensoriali diversi
8.5. le infinite possibilità aperte dai vincoli
In funzione dell’esercitazione data con i limiti precisi sopra delineati uno studente può avere la
sensazione di essere incatenato all’interno di scelte troppo rigide in realtà ciò lo induce solo a
vedere oltre attraverso un attenzione maggiore agli elementi a sua disposizione.
Lo studente può inoltre compiere scelte in funzione di diversi parametri, quello statico (si può
scegliere la figura il numero di figure presenti), cinetico (può scegliere la componente ritmica,
l’interferenza (può agire come intervenire per mutare la percezione della musica).
Capitolo 9 Fenomenologie
La locuzione “fenomenologie degli stili web” significa in primo luogo che il web design ha creato
nuovi stili ma soprattutto che in funzioni di essi è stato necessario sviluppare una capacità di
comunicare con pubblici specifici.
9.1. il concetto di stile
L’idea di stile va intesa come una fenomenologia, la fenomenologia è una disciplina filosofica che
parte dai dati concrete dell’esperienza per costruire strutture profonde e astratte (Husserl).
Fenomenologia degli stili è una materia che si preuccupa di analizzare le strutture comuni.
Lo stile è quella caratteristica determinante che caratterizza un autore piuttosto che un altro. In
funzione dell’analisi del rapporto tra gli stili artistici e la storia lo storico Wolfflin osservo come la
storia dell’arte non sia rappresentabile da un linea regolare ma da un grafo spiraliforme che come
una molla torna sempre su se stesso anche se manifestandosi con gradi d’intensità diversi. Secondo
Wolfflin ciò avviene perche ci sono 5 coppie di elementi formalistici che preordinano l’apparizione
di uno stile piuttosto che di un altro. Bisogna inoltre sottolineare che il concetto di stile si base
essenzialmente su una percezione dell’oggetto da parte dell’occhio umano ed in funzione di ciò che
Wolfflin individua le cinque coppie determinanti: chiaro-scuro, lineare-pittoresco, superficialeprofondo, forma chiusa-forma aperta, molteplice-unitario attraverso queste coppie costituisce il
grafo che ritrae l’andamento della storia dell’arte.
Renato Barilli è un altro autore che ha applicato questa logica formalistica allo studio degli stili e
che ha proposto un analogia formalista basata sulle forme della tecnologia con l’opera di Marchall
McLuhan.
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9.2. Il rapporto tra stile artistico e stile di vita
Il termine stile deriva dal latino stilus che indicava il modo personale di accostarsi alla scrittura, è lo
storico dell’arte Gombrich che pone il problema dell’estensione del concetto di stile agli oggetti e
agli accessori della vita quotidiana, da cui deriva l’accezione stili di vita.
Differenza tra stile artistico e stile di vita: nel primo caso non ci sono difficoltà a comprendere le
fonti dell’ispirazione, mentre nel secondo non si ha mai un reale prototipo a cui fare riferimento,
non sono copie di qualcosa ma simulacri (copie senza originali)
9.3 il rapporto tra stile e design
Il design nasce con l’obiettivo di dare voce ai bisogni latenti del pubblico, quindi si può dire fondato
su un qualcosa che nella realtà non esiste. Il graphic design ha un importanza rilevante nella
creazione degli stili in quanto perche puo nascere in ambiti ristretti con forti esigenze comunicative
e marcate connotazioni. Inoltre il design in generale permette di espletare la funzione comunicativa,
per esempio del prodotto, sulla quale si basa il rapporto di fiducia con il consumatore che cerca un
interfaccia che rispecchi comportamenti da lui condivisi.
9.4 il rapporto del concetto di stile nella grafica e nel web
Il web design è una disciplina dell’area del graphic design che assolve a due funzioni, da un lato
acquisisce degli stilemi dalla società per applicarli in modo peculiare, dall’altro si fa motore di
innovazioni stilistiche.
Elemento importante per la rete è il movimento ed un suo elemento peculiare è la navigazione che
permette un organizzazione gerarchica e strutturata delle informazioni.
9.5. analisi di alcuni stili attraverso siti fortemente caratterizzati da una logica di stile
- Launge: stile dominato dall’estetica della losanga e molto diffuso all’interno del mainstreaming
(strada maestra della comunicazione e del commercio), colori tenui e foto fredde, trova corrispettivo
musicale in musiche soprattutto legate all’ascolto piuttosto che al ballo.
- Neopop: evoluzione delle stile lounge e deriva dal pop colori squillanti e forme stondate, molto
legate alla sovrapposizione;
- Tecno: molto usato nel design di alcuni prodotti tecnologici e assimilabile all’uso di alcuni font
come “american typewriter” dai tratti angolosi;
- Grange: è un tipologia un po’ confusionaria ;
- Minimal 3D: stile generato all’interno della rete con l’uso di figure geometriche non sempre
regolari;
- Usability: totale semplificazione dell’interfaccia.
Capitolo 10 Esperimenti
Con il termine esperimenti in questo caso si indicano una serie di esempi legati a figure
professionali di vario tipo che sono intervenuti in chiave sperimentale alla realizzazione di alcuni
siti.
In taluni casi i siti stessi fungono da laboratori per la sperimentazione di diverse forme di
linguaggio.
10.1 LA funzione del web designer
La funzione del web designer è abbastanza complessa in quanto il web è stato luogo di diverse
sperimentazioni all’interno del quale diverse figure professionali attraverso l’uso di diversi
programmi hanno avuto modo di esprimersi.
Ecco perche il web designer ci porta a riflettere sul rapporto che sussiste tra sperimentazione e
progettazione.
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Figure professionali che si occupano di web designer:
- da un lato ci sono coloro che appartengono alla tradizione del progetto grafico;
- dall’altro invece troviamo figure professionali di varia estrazione che sviluppano nel web
cose che sono attinenti alla loro professione ma che nel web acquisiscono caratteri molto
differenti.
Nonostante ciò il web designer deve assolvere in ogni caso a delle funzioni di base, ossia deve o
può essere:
- un progettista
- un regista in quanto deve porsi il problema della messa in scena dei contenuti;
- uno scenografo perche deve organizzare lo spazio in modo da dargli un ordine che permetta
all’utente una buona interazione;
- coreografo deve giostrare l’insieme dei movimenti di scena;
- animatore anche se il web si propone come un progetto più complesso rispetto ad un filmato
di animazione in quanto comporta la gestione di singole applicazioni.
Vengono poi presentati degli esempi di siti che sono esempi di messa in rete di progetti di
comunicazione.
Il primo caso presentato è Tha Apollo Program (www.theapolloprogram.com) sito di ricerca di
Elliot Peter Earls che risente fortemente delle scuole underground e new wave americane, fa
utilizzo di un segno ritorto e di pratiche di deformazione dei segni. Elliot Peter Earls ha anche fatto
grafi design tradizionale ed il suo prodotto canonico sono i cd-rom all’interno dei quali è possibile
vedere lo svolgimento delle sue performance.
Il secondo caso è quello di Yugo Nakamura progettista giapponese che è stato influenzato
dall’incontro con John Maeda teorico e pragmatico della comunicazione via web, dalla cui
influenza è nato il sito Yugop (www.yugop.com)
Dove si gioca sulle possibilità interattive tra utente e progetto portando l’utente a prendere parte a
dei giochi che sono una disamina effettiva delle varie possibilità della stessa macchina.
Il terzo caso analizzato è quello di Jeans Schmidt il cui nome d’arte e Yenz (www.yenz.com) , il
suo sito si concentra molto sel grafic design ed è caratterizzato da uno spiccato risvolto narrativo
creato attraverso l’uso dell’immaginazione narrativa. All’interno del sito è possibile notare un
eccellente uso di flash ed inoltre vi è una galleria all’interno della quale è possibile incontrare
l’incredibile racconto aperto the secret garden di Mutabor che narrano le storie della principessina
Youmiko.
Il quarto caso analizzato è quello del sito di Joshua Davis all’interno del quale è possibile osservare
l’ottimizzazione dell’uso di flash all’interno del web design. La sua illustrazione proviene dalla
storia dell’arte e dalla illustrazione (www.praystation.com) . il suo è un sito con un grado di
interazione discreto.
Ultimo esempio è quello di Daniel Brown (www.noodlebox.com) che si spinge in frontiere
decisamente sperimentali intricate e ludiche al tempo stesso con una casistica di possibili soluzioni
e modi di gestire il dialogo.
Capitolo 11 Professionisti
Sin dal’inizio il web è stato visto come una spazio a cui porre attenzione per le sue caratteristiche
non del tutto note, questo atteggiamento timoroso nei confronti del web ha condotto ad assumere
visioni riduttive (come la usability) che hanno condotto ad una sua esemplificazione ed
omologazione senza permettere l’esplorazione di sue caratteristiche meno esplicite, ne tanto meno
dello stesso concetto di usability che pone in relatà l’attenzione sulla piacevolezza del dialogo.
A questa visione si sono poi affiancate delle distinzioni in campo lavorativo come quella tra studio e
agenzia, dove per studio si intendeva come un laboratorio all’interno del quale un maestro raccogli i
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propri adepti ed i propri collaboratori, e per agenzia una struttura sostanzialmente economica volta
allo svolgimento di servizi.
Attualmente questa distinzione si è attenuata e a queste due forme di attività se ne sono associate
altre tese alla risoluzione di problemi che nascono dall’uso del web.
Il web design è di supporto anche all’e-commerce, che però si propone come un caso paradigmatico
in quanto la sua struttura non dipende solo dal web design ma anche dalla pianificazione del
business e dalla programmazione che trovano però la loro forma visiva nel design.
La net economy è un termine generale che caratterizza tutte le forme di economia che nascono
intorno alla rete che hanno avuto una prima espansione spropositata all’inizio per poi regredire
verso dimensioni di sviluppo normali.
Risulta interessante segnalare il rapporto che si crea tra il graphic design e il web design da un
punto di vista sia progettuale che professionale, e segnalare le agenzie che per prime hanno saputo
cogliere le opportunità di rete inserendole in un discorso di servizio completo. Questi casi vengono
analizzati in funzione di una suddivisione in due macrocategorie 1. Le multinazionali del web e la
2.Le agenzie orientate al progetto.
11.1. Le multinazionali del web
A questa categoria fanno riferimento quelle agenzie che lavorano su un mercato globale e sulla
gestione coordinata di diversi servizi.
1. Razorfish (www.razorfish.com) agenzia con base a New York e con sedi in tutti gli USA ed
offre anche servizi di rete business oriented il sito espone in modo chiaro tutte le attività che
l’agenzia svolge. Si parla anche di industry expertise cioè di analisi del profilo aziendale di
un impresa inoltre cìè sempre la possibilità di stabilire un contatto diretto con l’emittente.
2. Deepend (www.deepend.com) questa agenzia si concentra di più sulle problematiche
progettualiè nata a New York ed ha sedi in diverse parti del mondo tra cui a Roma. Questa
agenzia ha un ottima capacità di gestione dell’apparato web sia in termini delle interazioni
che di dialogo con gli stili di consumo, ha inoltre una grande capacità di fare uso delle
metafore (immagini o termini traslati che servono a descrivere attività che non vengono fatte
fisicamente ma che richiamano allo svolgimento di azioni reali (copi e incolla, navigare,
tagliare) che permettono di rendere visibili anche sullo strumento virtuale i fatti concreti, ciò
permette di vedere in opera quello che viene definito look & feel ossia il complesso di
sensazioni che si cerca di generare nell’utente nel momento in cui utilizza un sito. Molto
importante è la presenza all’interno del sito delle vision ossia delle visioni che le aziende
stesse hanno del proprio lavoro.
3. IconMedialab (www.iconmedialab.com) è un agenzia nata a Stoccolma che si occupa dello
sviluppo economico e tecnologico della rete, il sito è business oriented, è ben organizzato ed
ha al suo interno un accentuato utilizzo dello scrall down.
11.3. Agenzie orientate al progetto
Queste sono agenzie che hanno avuto la loro origine nel settore del Graphic design ma che hanno
saputo cogliere le prospettive offerte dal web design. Nel loro caso si può parlare di “stile
progettuale” richiamandoci storicamente anche ad un analisi fatta da Bruno Molinari secondo il
quale il design è essenzialmente un problem solving ed in quanto tale non necessità di uno stile ma
deve piegarsi alle esigenze del cliente.
1. LCD Graphics agenzia fiorentina fondata nel 1988 da Gianni Sinni e che si occupa della
produzione di artefatti di Graphic design. Questa agenzia ha ideato emporio armani il primo
house organ che ha avuto poi una distribuzione all’esterno dell’impresa, ed è stato il
fondatore della prima rivista di design on line. Negli ultimi anni l’agenzia ha assunto il
definizione di intermedia agency. All’interno del sito oltre a dei link per la ricerca del lavoro
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troviamo una presentazione della loro attività ed una galleria dei diversi clienti divisi per
aree (advertising, web design, peep show, corporate);
2. Metadesign (www.metadesign.com) agenzia tedesca che produce design di ottimo livello.
Ha un’attenzione per le riflessioni sul design stesso. Il sito presenta un tagli razionalista ma
allo stesso tempo moderno con una strutturazione ortogonale della pagina molto raffinata
nelle sue linee;
3. Tomato (www.tomato.uk) agenzia Londinese nata nel 91’ dal lavoro di una decina di
progettisti organizzata in funzione di diversi dipartimenti, film, spot, video sigle,
documentari aziendali e tomato interactive dedicata alla creazione dei supporti multimediali.
4. Future Farmers agenzia con una decisa connotazione sperimentale, il sito ha un interfaccia
complessa e con uno stile tridimensionale, il problema più rilevante è il fatto che per tornare
al menu bisogna sempre tornare alla pagina iniziale.
Capitolo 12 Tribu’
Il termine tribù è utile per definire in termini generali una serie di modalità di aggregazione
all’interno del web tra cui anche piccole comunità di progettisti.
12.1. Una nuova subcultura?
Per trattare questo argomento è in primo luogo necessaria un analisi del termine subcultura o
sottocultura.
La community è uno spazio razionale che può nascere sia sotto la spinta di chi gestisce i flussi di
rete sia, ed è a queste modalità che volgiamo la nostra attenzione, da chi ha intenzione di generare
una libera circolazione di informazioni in uno spazio all’interno del quale le persone interagiscono,
all’interno di questo contesto si forma una subcultura che nasce intorno a caratteristiche specifiche
condivise come possono esserlo quelle di una professione.
Si tratta di reali spazi di aggregazione condivisione e confronto all’interno dei quali gli stessi web
designer mettono in discussione i propri lavori.
Il termine subcultura è stato indicato con precisione da un autore anglosassone Dick Hebdige che
sostiene che all’interno della società esistano frange per lo più di giovani che ne distaccarsi da
quello che è il mainstreaming tendono a fa emergere una propria cultura formando in questo modo
una cultura minoritaria come nel caso dei punk. Tale definizione di subcultura prevede inoltre una
progressiva inclusione degli elementi di queste piccole comunità all’interno del mainstreaming
generale.
La differenza tra le subculture attuali e quelle precedenti sta nel supporto che le attuali micro
comunità hanno da parte della tecnologia in modo particolare delle rete che si caratterizza per le
possibilità di democratizzazione della comunicazione e a costi più bassi rispetto ad media, una
comunicazione più complessa in quanto interpersonale (uno a uno, uno a molti, molti a molti),
inoltre la rete diviene il circuito prediletto per la distribuzione di prodotti in quanto consente un
implementazione delle capacità di comunicazione di qualsiasi produttore.
La possibilità di comunicazione molti a molti e anche alla base di giochi multiplayer che porta alla
formazione di tribu di giocatore che in taluni casi si incontrano poi all’interno del mondo reale.
Web design contest sono delle tribù che si rifanno ai contest, attività legate al cosi detto free style e
che fa riferimento a tutte quelle situazione nelle quali le persone si confrontano liberamente
contribuendo ad un progetto spettacolare comune, e che propongono alle persone di intervenire su
immagini e di pubblicare successivamente i propri elaborati.
12.2. Comunità
Esaminiamo quattro di queste tribù
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1. Dollydesign gruppo italiano che ha presentato se stesso i propri partner ed il proprio lavora
allo Smau di Milano, è un associazione non profit che produce delle operazioni di carattere
sperimentale.
2. Surfstation.lu era una sorta di vera è propria rivista con interviste annotazione ed una
galleria di immagini inviate dai propri utenti;
3. Inguine.net è un sito italiano condotto da Gianluca Costantini dove espone prodotti costruiti
appositamente per la rete.
4. Conform.Suffocate.org si distingue per un interessante dichiarazione di poetica che i basa
sul principio della limitazione “il web è tutto sulla limitazione. E le limitazioni sono la fonte
della creatività”. All’interno del sito vengono elencate una serie di regole di comportamento
da tenere sul web.
Capitolo 13 Ultime leve
Per ultime leve o ci riferisce ad autori molto giovani o ad esperti dotati di una particolare capacità di
innovazione.
13.1. Designers
In questo caso trattiamo di autori che hanno sviluppato dei siti personali che non trattano i lavori
svolti in ambito commerciale quanto la presentazione di una loro poetica.
1. La star della comunicazione di rete è Nicola Stumpo è stato direttore creativo dell’agenzia
Quam di Milano, i suoi progetti presentano caratteristiche di forte innovatività. All’interno
del suo sito è presente una dimensione legata al disegno di animazione e, inoltre, vengono
proposti progetti particolari come per esempio una sorta di sfida che ha luogo con il web
designer Jim Munk sotto il link sky-news. Tra le sue realizzazioni ci sono i Mappets pupazzi
definiti geometricamente e che hanno tutte le caratteristiche della tridimensionalità.
2. Alessandro Orlandini creative director di Seven. All’interno del suo sito si può assistere
all’evoluzione di una vera e propria poetica attraverso l’osservazioni di immagini animate ad
alta definizione e con un forte impatto emotivo, anche in questo sito è possibile assistere ad
una personale visione della rete da parte dell’autore. Il sito è suddiviso in parti una
denominata candle, nel quale viene sviluppato direttamente un linguaggio fotografico e
caratterizzato dal contrasto vivissimo tra lo sfondo scuro e la luce di una candela, si tratta
senza dubbio di una rappresentazione grafica molto raffinata;
3. Simone Biffi ha lavorato per Inferenzia, all’interno del suo sito è possibile anche vedere
lavori di stampo commerciale;
4. Mirko Pasqualini che ha aperto una propria agenzia Ootworld, una parte del sito e dedicata
alle news mentre un'altra parte è dedicata alla galleria che mostra i principali clienti.
13.2. Studi
Con questo termine indichiamo una serie di attori raggruppati e riuniti in società attive nel settore
del design.
-
Leftloft è il primo studio analizzato italiano che ha al suo interno alcuni dei designer italiani
più interessanti di italia (“il visual design è la nostra scelta e la nostra passione”). Questo
studio si caratterizza per uno stile progettuale in grado di affrontare qualunque tipo di cliente
senza l’imposizione di uno stile particolare da parte del progettista. All’interno del sito è
possibile osservare i vari campi di attività toccati inoltre il sito permette diverse forme di
navigazioni una delle quali permette di osservare le immagini una ad una e di connettersi
con siti che trattano argomenti affini.
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-
Muspryz altro studio Milanese che ha una predilezione per le animazioni e che ha affrontato
all’interno del sito la problematica dei tempi di scaricamento delle immagini. Il personaggio
principe del sito è Taki un piccolo snowboarder giapponese realizzato con uno stile
leggermente impressionista e contrasti forti leggermente caricaturali;
- Nofrontiere fondato a Vienna da Alexander nel 1993 ha un approccio decisamente originale
che tenta l’utilizzo di una sorta di menu di navigazione tridimensionale.
- Digit studio londinese che presenta una pagina introduttiva gestita da animaletti insetti che
definiscono il campo e che permettono di entrare all’interno del nuovo sito, ciò presuppone
anche la possibilità da parte dell’utente di condurre un confronto tra nuovo e vecchio sito
che ha una logica meno dinamica e con un inflessione stilistica minore
Come si è potuto osservare in tutti questi casi ogni sito ha un ampia parte dedicata alle esperienze
ossia a progetti senza fine di lucro e di natura sperimentale.
Capitolo 14 L’età dell’informazione
Uno degli esiti più evidenti “dell’età dell’informazione” è che si può comunicare in modo semplice
ed istantaneo anche da un capo all’altro del mondo.
Comunicare a distanza è sempre stato il sogno dei pensatori ed un’esigenza dell’uomo che da
sempre si è adoperato attraverso l’uso di segni acustici e visivi o nel caso di comunicazioni più
complesse attraverso l’uso del supporto cartaceo. Tra le invenzioni che schiudono l’epoca moderna
c’è quella del telegrafo ottico progettato nel XVII secolo.
Attualmente la velocità di trasmissione delle informazioni ha raggiunto lo stesso ordine di
grandezza di quella della luce.
14.1 Informazioni e supporto
Non c’è informazione fruibile senza una qualche forma si supporto che la rilevi, ciò rileva una
relazione stretta necessaria e imprescindibile tra l’informazione e il suo supporto. Il supporto ha
essenzialmente due funzioni che vengono esplicitati dal significato latino del termine che significa
contenere e presentare. Il supporto cartaceo utilizzato per la scrittura include al suo interno sia la
funzione di contenitore delle informazioni che di strumento per la fruizione.
Con l’avvento dei nuovi media questa duplice accezione del supporto non coincide più in un unico
strumento ecco perche diviene necessario distinguere tra supporto che contiene l’informazione e
supporto che consente di fruirla.
Questa scissione tra queste due forme di supporto sono stati elemento indispensabile per il
raggiungimento di una forma di comunicazione istantanea.
14.2 il digitale, il personal computer e l’informatica
14.2.1. Qualche considerazione sul digitale
L’essere codificate in digitale costituisce uno dei maggiori vantaggi delle informazioni in quanto
ciò a permesso il moltiplicarsi delle informazioni scambiabili e ha reso facile veloce ed economico
questo scambio attualmente tutte le forme di rappresentazione sono trasformate in digitale e ciò
comporta diverse forme di vantaggi il più importante è la facilità di modificazione delle
informazioni.
14.2.2 l’omogeneità delle informazioni digitali
Il digitale ha condotto inoltre all’unione dei supporti dove contenere, archiviare e reperire le info,
permettendo di inserire su un unico supporto diverse forme di informazioni audio, video, testo, gli
unici elementi a variare sono le dimensioni dei dati le risorse hardware che servono per gestirli e le
applicazioni che servono per aprirli.
14.2.3 La riproducibilità
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Walter Benjamin discusse sul concetto di riproducibilità tecnica in merito alle arti e discusse sui
concetti di originale e di copia, sul concetto di opera d’arte e di unicum. Ma la riproducibilità non
faceva altro che aprire le porte alla diffusione ma se nel mondo dell’analogico è sempre possibile
risalire all’originale all’interno dell’universo del digitale ogni copi è uguale all’originale e
soprattutto può essere suscettibile di una duplicazione infinita.
14.2.4.il mediascape digitale
L’onda del digitale ha quasi completamente colonizzato l’universo mediatico che soccombe
lentamente sotto il suo potere, fino a coinvolgere la distribuzione cinematografica. Il mediascape è
dunque costantemente sottoposto a processi di ridefinizione e aggiustamento in vista delle nuove
modalità di comunicazione.
14.2.5 il personal computer
Nasce alla metà degli anni 70’ grazie all’invenzione del microprocessore e da allora ha subito un
enorme sviluppo fino a giungere alla presenza di pc che fino a qualche anno fa erano troppo costosi
e tecnicamente inarrivabili. Questa velocità di sviluppo che ha condotto addirittura alcuni studiosi a
paragonare la macchina al cervello umano ha però ancora dei limiti procedurali soprattutto relativi
all’animazione 3D, al riconoscimento vocale e al trattamento di grandi quantità di dati. A questi
sviluppi seguono molteplici prospettive future non troppe lontane, questi sviluppi sono ovviamente
legati a riduzioni costanti dei prezzi, che ha condotto alla divulgazione di tali tecnologie.
Informatica distributiva = incontro tra microprocessori e oggetti di uso comune che crea artefatti
che spesso sono definiti intelligenti e che possono automatizzare dei processi avendo un autonomia
di funzionamento. Le prospettive tecnologiche per il futuro sono segnate dall’informatica
antropocentrica centrata sulle persone e non sulle macchine.
Capitolo 15 Lo spazio telematico
15.1 L’estensione dello spazio telematico e la sua propagazione
Le pagine web, considerando solo quelle indicizzabili dai motori di ricerca e non considerando il
web oscuro e il web dinamico (pagine provvisorie) ha raggiunto un numero pari al doppio della
popolazione umana.
Un numero esorbitante di utenti raggiunti in tempi velocissimi, lo spazio telematico costituisce una
nuova acquisizione della comunicazione umana, tanto che la sua influenza ha iniziato a modificare
gli stili di vita degli utenti.
15.2. La musica on line
L’aumento della larghezza della banda permette la trasmissione on line anche dei file digitali che
pur non offrendo una migliore qualità offrono un amggiore facilità nella registrazione e nel
trasporto.
La crescita delle vendite di musica on line prospetta un mutamento repentino all’interno di questo
settore tanto a giungere alla distribuzione di musica direttamente sulla rete.
15.3. i videogames
Ci sono sia i videogames che richiedono il supporto del pc o della console sia quelli che si trovano
in internet e che sono Massive multiplayer role games realizzati per essere giocati da migliaia di
giocatori. I videogames da console invece tendono a rendere sempre più realistica l’esperienza di
gioco, i videogames hanno avuto un sostegno fondamentale dall’evoluzione del pc in modo
particolare della scheda grafica essi costituiscono una forma di metafora dell’esperienze con il
virtuale in quanto sono un riferimento per quanto riguarda le interfacce con lo spazio telematico.
15.4 Zone d’ombra
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Internet e le sue molteplici possibilità rendono sempre più attuale e importante la questione
dell’applicazione di una normativa che disciplini alcune forme di pirateria o violazioni della privacy
che minano la sicurezza informatica, anche se volgendo uno sguardo verso il futuro si può osservare
come si stiano sviluppando forma di interconnessione non più solo tra persone ma anche tra cose,
ogni oggetto ha un proprio IP, preludio di forme sicure di violazione della privacy.
È necessario in termini più generali fare delle riflessioni sul fatto che il web si fondi non tanto
sull’infrastruttura della comunicazione ma su quella della conoscenza agendo in taluni casi come un
mediatore di conoscenza e un trasduttore attivo, un attività che pone la questione del controllo di
tale infrastrutture come centrale, per quanto complessa essa sia.
È necessario concludere sottolineando la sostanziale differenza tra la sensorialità del reale e quella
della via telematica. Vivere il web non significa vivere.
Capitolo 16 La qualità dei siti web
16.1 L’esigenza di un modello di qualità
Il complesso di conoscenze necessarie per la costruzione di un sito richiede l’apporto di persone
diverse che contribuiscono ad un lavoro di qualità nel momento in cui operano in modo sinergico
tra loro. La qualità complessiva è pari alla qualità dell’anello più debole.
Per valutare un sito può essere utile affidarsi ad un modello della qualità che però può essere creato
in funzione di diverse variabili. Nel caso trattato il modello della qualità si basa su un analisi delle
attività coinvolte nella progettazione, realizzazione e gestione di un sito.
16.2 Produzione e gestione di un sito web
Attività principali:
1. Definizione dei requisiti ossia degli obiettivi che si propone di raggiungere con il sito il
committente (pubblico, servizi, contesto d’uso, struttura tecnologica);
2. Web design è la fase in cui viene articolata l’architettura informativa del sito, la struttura di
navigazione e le sue modalità di interazione;
3. Visual design è la parte in cui viene curata la grafica del sito ;
4. Sviluppo del sito viene realizzato il sito anche se rimane vuoto dei contenuti informativi;
5. Redazione dei contenuti che ha luogo sia nella fase di creazione del sito che nella fase di
aggiornamento;
6. Esercizio del sito è la fase in cui è necessario mantenere il sito vivo e operativo;
7. Gestione dei server ossia gli hoster che ospitano il sito;
8. Connettività ad internet ossia l’operatore di telecomunicazione che gestisce la porta
d’accesso ad internet.
Professionalità coinvolte (in ordine son le attività)
1. Committente e consulente
2. Web designer;
3. Visual designer;
4. Sviluppatore ossia tecnici informatici;
5. Content editor;
6. Web master;
7. Sistemista;
8. Internet server provider.
16.3 un modello di qualità dei siti web
Un modello di qualità è un insieme delle caratteristiche che fanno di un sito web un buon sito ed ha
due scopi:
1. Valutare in modo piuttosto sistematico la qualità di u sito web;ù
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2. Costituire un utile riferimento per la costituzione di un sito.
All’interno del nostra modello della qualità si farà riferimento a quattro caratteristiche
macroscopiche tenendo ben presente che l’interesse è rivolto soprattutto alla qualità che viene
percepita dall’utente. Il modello si baserà su una considerazione delle qualità esterne e delle qualità
in d’uso.
La qualità di un sito non è una grandezza assoluta ma relativa al contesto d’usa e alla tipologia di
utenti a cui si sottopone.
Modello della qualità:
prima fase : obiettivi del sito stabilisce i parametri in riferimento ai quali è possibile fare una
valutazione di qualità
seconda fase: architettura struttura generale del sito e modalità di navigazione. L’architettura è
buone se l’organizzazione delle pagine è coerente con i suoi contenuti e se permette una facile
navigazione. È in questa fase che vengono prese le decisioni fondamentali su un sito.
Terza fase: comunicazione un tema molto importante soprattutto per i siti commerciali e il tema
dell’identità di marca in funzione del quale devono essere elaborati tutti gli elementi di
comunicazione del sito.
Quarta fase: funzionalità un sito è una macchina software che mette a disposizione delle funzioni
come per la registrazione dell’utente, tali funzioni devono essere adeguate allo scopo che si prefigge
il committente.
Quinta fa; il contenuto in questo caso ci si deve domandare se il contenuto informativo del sito è
adeguato agli scopi fissati all’inizio, inoltre l’informazione deve essere affidabile e aggiornata.
Sesta fase: la gestione il sito in questo caso si valuta in funzione dell’attività che vi è al suo interno
dei black out e della loro frequenza ma anche da come tali black, out talvolta dovuti ad
aggiornamenti del sito, sono comunicati. Il cliente deve essere costantemente controllato/presidiato
in quanto l’utente deve avere fiducia nel sito. Inoltre in questa fase sono determinanti la quantità e
la frequenza delle migliorie che vi vengono apportate.
Sesta fase accessibilità: in questa fase sono molteplici gli aspetti che sono considerati, ma in primo
luogo l’attenzione è posta sulle prestazioni di accesso al sito, poi la visibilità che il sito ha presso i
motori di ricerca, la reperibilità del sito (es. l’URL è facilmente memorizzabile?), ed infine
l’indipendenza del sito dal browser utilizzato.
Settima fase l’usabilità: questo concetto per quanto sembri semplice invece si propone come
particolarmente complesso, un sito è facile da usare nel momento in cui l’utente riesce a rispondere
facilmente alle domande che si pone durante l’uso.
Abbiamo potuto vedere nella sintesi proposta e di progettazione e dei fattori di qualità di un sito,
come sia frutto di un lavoro combinato di diverse tipologie di attori, queste 7 macroaree a loro volta
in un modello più dettagliato verranno a loro volta scomposte in sottocomponenti.
Capitolo 17 L’introduzione all’usabilità nei siti web
Usabilità (definizione dell’organizzazione internazionale degli standard ISO) è l’efficacia,
l’efficienza e la soddisfazione con cui determinati utenti di un sistema possono raggiungere
determinati obiettivi in determinati ambiti d’uso.
17.1
L’usabilità di un sito è un concetto relativo a tre elementi: ambienti d’uso, utenti e obiettivi e prima
di ogni fase di valutazione e sempre necessario specificarli.
Come si può osservare dalla definizione ci sono tre dimensione per l’usabilità:
- L’efficienza riguarda le risorse spese per l’ottenimento del risultato e la loro ottimizzazione;
- L’efficacia riguarda l’accuratezza e la completezza con cui si raggiunge un determinato
obiettivo;
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-
La soddisfazione che tiene conto di aspetti di più complessa identificazione come il comfort
e la accettabilità del sistema.
17.2 difficoltà nella progettazione dei sistemi usabili
Per progettare dei sistemi usabili ci si dovrebbe concentrare soprattutto sul chi userà quello
specifico sistema, per questo motivo coloro che progettano sistemi di questo tipo devono sforzarsi e
fare un cambio di prospettiva che risiede essenzialmente in un accurata conoscenza del proprio
utente (progettazione centrata sull’utente)
17.3 La usabilità dei siti web
Ogni sistema dovrebbe essere almeno nelle sue funzioni elementari auto esplicativo ma nella realtà
molti siti sono carenti a questo proposito. Molti siti se pur molto creativi non permettono da subito
di comprendere quale è il loro fine costringendo l’utente a pensare a lungo per comprenderne le
funzioni, ciò significa che dal punto di vista dell’usabilità è mal fatto.
I problemi tipici della usabilità dei siti sono:
- La difficoltà nella ricerca dell’informazione;
- Funzionalità auto esplicative,
- Disorientamento durante la navigazione;
- Leggibilità video scarsa;
- Problemi di prestazioni (tempi di accesso eccessivi).
17.4 Creare un sito usabile come fare
La usabilità di un sito è un attributo che va progettato sin dall’inizio, ma allo stesso tempo bisogna
rendersi conto del fatto che per fare ciò si va incontro a difficoltà e ad elevati costi, inoltre dato che
la valutazione dell’usabilità non può prescindere dall’utente allora è necessario che vengano fatti
dei test su un campione di utenti a caso che vengono osservato attraverso delle registrazioni video e
audio nell’uso dei web facendo applicare la tecnica del think eloud (pensare a voce alta).
Capitolo 18 l’ergonomia della manifattura all’età dell’informazione
Ergonomia è una legge o scienza del lavoro ed è una scienza volta alla comprensione delle
interazioni tra i soggetti umani e le altre componenti di un sistema. Essa applica teorie principi dati
e metodi alla progettazione con la finalità di accrescere il benessere dei soggetti umani e le
prestazioni complessive del sistema.
18.1 Ergonomia come interazione
L’ergonomia si interessa delle interazioni che gli uomini hanno tra di loro ma soprattutto del fatto
che tali interazioni avvengono sempre all’interno di un ambiente un sistema a cui è necessario
prestare allo stesso modo attenzione. L’ergonomia si può definire dunque una scienza sistemica.
L’ergonomia come detto nella definizione applica teorie e metodi per accrescere il benessere dei
soggetti che consiste essenzialmente nel farlo vivere all’interno di un sistema che sia per esso
confortevole.
Pertanto il primo obiettivo dell’ergonomia cognitiva è il benessere delle persone mentre il secondo
obiettivo tende all’ottimizzazione del funzionamento del sistema, partendo dal presupposto che se
l’uomo vive in una condizione di benessere allora anche il sistema tendere ad essere più efficiente.
La terza parte della definizione di ergonomia cognitiva è relativa alla pratica in quanto è uno studio
che contribuisce alla progettazione e alla valutazione dei compiti in modo di renderli compatibili
alle esigenze alle capacità e ai limiti delle persone.
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18.2 Ergonomia nella manifattura
La definizione di ergonomia nasce nel mondo della manifattura ed in quell’ambito si definisce come
uno studio il cui centro è l’uomo al lavoro.
All’interno dell’ambito industriale ogni tecnologia al suo ambiente fisico dedicato, ecco che
l’ergonomia necessita di essere applicata a moltissimi tipi di lavoro e alle diverse tipologie di
ambienti.
Obiettivi dell’ergonomia nel campo manifatturiero:
1. La salute dell’uomo al lavoro, per la realizzazione di questo obiettivo sono decisi anche i
contributi di altre scienze;
2. Livello del benessere, l’uomo si deve sentire tale all’interno dell’universo lavorativo;
3. L’affidabilità, il che significa evitare gli incidenti che possono avere due principali
conseguenze, i primo luogo si blocca il sistema di lavoro ed in secondo luogo si ha una
ricaduta dell’incidente all’esterno.
Per soddisfare questi tre criteri è necessario tener ben presente il fatto che l’uomo ha dei limiti che
sono di varia natura:
- limiti biomeccanici, massimo e minimo sopportabile fisicamente dall’uomo;
- limiti fisiologici, relativi alla percezione come per esempio i limiti di tolleranza del rumore, e del
calore;
- limiti cognitivi, l’uomo è limitato nella possibilità di elaborare le informazioni e della necessità di
fare esperienza prima di poter espletare al meglio i propri compiti.
Tutti questi elementi hanno portato a definire il concetto di base dell’ergonomia industriale (nata nel
1959) che è la compatibilità tra uomo tecnologia e ambiente. Questo complesso di conoscenze si è
poi tramutato in un complesso di regole che hanno definito dei vincoli reali all’interno della
pianificazione.
18.3 la società della conoscenza
Ad un certo punto tutto il complesso di regole costruito intorno alle conoscenze ergonomiche di tipo
industriale comincia a diventare meno esaustive in coincidenza con la nascita della società della
conoscenza che nasce nella metà degli anni 70’ quando l’informatica esce dai centri di calcolo
rafforzandosi negli anni ottanta quando l’informatica viene applicata al lavoro industriale negli anni
90’ l’informatica entra in tutti gli ambienti e si crea anche omogeneità. Inizia a nascere la necessità
di prestare attenzione anche al rapporto tra uomo e macchina informatica.
Capitolo 19 L’ergonomia cognitiva
Condizioni che segnano la nascita della società della conoscenza.
- Diffusione dell’informatica negli oggetti di uso comune;
- Omogeneità tra gli ambienti in cui si lavora e quelli in cui si vive;
- Il lavoro è in costante trasformazione perche gli elementi che lo caratterizzano mutano
costantemente.
19.1 l’ergonomia della conoscenza
L’ergonomia cognitiva a degli obiettivi:
1. Favorire e supportare l’apprendimento e di aiutare l’uomo a mutare di continuo le cose che
apprende;
2. Aiutare l’uomo a prendere decisioni,
3. potenziare la memoria dell’individuo, l’ergonomia cognitiva deve fornire all’uomo degli
strumenti artefatti per potenziare la memoria.
19.2 La distribuzione della conoscenza
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Questo è uno dei compiti dell’ergonomia cognitiva.
La conoscenza può essere distribuita in diverso modo, all’interno dell’ambiente (nelle aule
scolastiche può per esempio essere appesa sui muri), nell’organizzazione (come per esempio
all’interno dei gruppi di lavoro quando ci si dividono i compiti, non per forza tutti devono sapere
tutto), nelle tecnologie (attraverso l’utilizzo di banche dati per esempio).
L’ergonomia nello specifico studia le modalità di distribuzione della conoscenza all’interno
dell’ambiente, e a tal proposito uno dei nodi fondamentali è l’interfaccia che è la modalità di
accesso alla conoscenza che è distribuita nell’ambiente. L’imponenza delle conoscenze impone la
necessità di sistemi che permettano di gestirla uno tra questi è il knowledge management.
19.3 Socialità del lavoro e comunità di pratica
Il lavoro è sempre più di natura sociale il che vuol dire che i vari addetti dipendono l’uno dall’altro
a tal proposito l’ergonomia ha anche il compito di studiare le modalità di composizione dei gruppi
affinché questi funzionino. Un gruppo di persone che pur facendo cose diverse ha un gruppo di
conoscenza in comune si chiama Comunità di pratica.
È necessario comprendere in che modo avviene la formazione di queste comunità o gruppi.
19.4 La fiducia
La fiducia è u punto fondamentale per l’ergonomia cognitiva in quanto è legata ad un fenomeno di
esperienza e di scambio che dura nel tempo.
19.5 Flessibilità
Nella società contemporanea il lavoro è permeabile e flessibile ed confini delle varie mansioni sono
piuttosto labili, nel giro di poche ore è possibile anche dover svolgere funzioni molto diverse le une
dalle altre ciò vuol dire che è necessario che l’uomo sviluppi u rapporto interattivo non con la
singola macchina ma con l’intera infrastruttura che sorregge tutte le macchine e tutti i lavori che vi
stanno dietro. Inoltre è da sottolineare la progressiva commistione che stanno subendo i luoghi del
lavoro con i luoghi della vita quotidiana. Tutto ciò palesa un obsolescenza dell’ergonomia cognitiva
e ad uno spostamento del focus dal mondo del lavoro al complesso della vita quotidiana dell’uomo
e alla tensione che l’individuo accumula a seguito di questa unione del lavoro con il quotidiano.
19.6 Conflittualità
All’interno del lavoro alla collaborazione si associa molto spesso un elevato livello di competizione
che è dovuta per lo più alla necessità di una continua innovazione che porta alla produzione di errori
che diviene un fattore inevitabile e allo stesso tempo determinante per compiere delle scoperte.
L’ergonomia diviene da questo punto di vista determinante in quanto permette di trovare degli
strumenti per la gestione degli errori.
19.7 La società dei bisogni
A seguito dei cambiamenti delle leggi di mercato e di un offerta che diviene sempre più grande
della domanda nasce la necessità di spostare il focus dal lavoro di progettazione del prodotto al
cliente che lo comprerà.
L’ergonomia deve dunque occuparsi non solo della produzione e dell’erogazione di un prodotto
servizio ma anche dell’impatto che questo avrà sul cliente ma per fare ciò l’ergonomia ha bisogno
di nuovi metodi che le permettano di scrutare la vita dell’utente e di avere delle proposte rapide agli
elementi rilevati (rapid prototyping). Per fare ciò è necessario che prima della distribuzione di un
prodotto questo venga provato.
L’ergonomia diviene dunque un metodo per la progettazione che non può pi essere legato a delle
norme standard ma che deve far riferimento a delle linee guida.
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Capitolo 20 Teorie del colore
Un esperimento di Gepard Monge del 1978 permette di dare vita ad innumerevoli domande sul
colore come cosa sia il coloro e come noi lo percepiamo. Queste domande sono fondamentali per
l’eidomatica che permette di spiegare il modo in cui il coloro viene visto nel campo delle tecnologie
informatiche.
20.1 Il problema del colore
Gothe formulo una teoria del colore:
il colore non è una proprietà intrinseca della luce, ma un fenomeno prodotto dall’intervento del
pensiero umano. E l’osservatore con il suo pensiero a da luogo alla percezione del colore.
Diversi esperimenti scientifici conducono però alla conclusione che il colore sia dato
dall’interazione di tre elementi una sorgente di luce, gli oggetti del mondo che ci circonda, e gli
osservatori che guardano il mondo.
20.1 Il colore come fenomeno fisico
L radiazione elettromagnetica è estremamente estesa dalle onde più brevi a quelle più lunghe
intervallo di radiazione visibile è quello che va da circa 380 a 780 nanometri. La radiazione
elettromagnetica può avere diverse origini che vanno dall’oscillazione di un campo
elettromagnetico, dall’eccitazione degli elettroni negli atomi…
La disciplina della radiometria ha lo scopo di misurare la radiazione emessa o riflessa alle diverse
lunghezze d’onda dalle diverse sorgenti. Unità di misura della radiometria sono
-il flusso radiante (ossia la variazione nel tempo dell’energia emessa da una data sorgente),
-l’intensità radiante (flusso emesso in un angolo solido infinitesimo per fare questo è necessario
immaginare l’energia emessa da una sorgente di luce all’interno di un piccolo cono),
-uscita radiante (per misurare il flusso di un intera area,
-irradianza (flusso entrante in un area di grandezza unitaria).
L’uscita radiante e l’irradianza sono in realtà le stesse grandezze misurate una quando la luce
colpisce la superfice l’altra quando ne esce.
Queste misure nel campo della fotometria(disciplina che misura l’energia elettromagnetica
nell’intervallo della luce visibile) poiché si considerano soltanto le lunghezze d’onda che vanno dai
400 agli 800 nanometri vengono chiamate diversamente:
- l’uscita radiante  uscita luminosa:
- irradianza  illuminanza;
- radianza  luminanza.
Il sistema visivo umano risponde all’energia radiativa a seconda delle condizioni di illuminazioni, al
variare della lunghezza d’onda il nostro sistema visivo risponde diversamente e ha una capacità di
percezione dell’illuminazione diversa ciò si può osservare attraverso due curve la curva scotopica e
quella fotopica. Le unità di misura che si realizzano per la fotometria sono:
- il jule per l’energia luminosa il
- lumen per il flusso luminoso
- la candela per l’intensità luminosa
- il lumen per metro quadrato per l’uscita luminosa
- l’illuminanza (lux) e la luminanza che sono unità di misura proporzionali alla superficie e
all’angolo solido secondo la quale l’osserviamo.
Per caratterizzare la sorgente di luce si utilizza spesso la temperatura colore ovvero la temperatura
di un corpo nero che emette radiazioni elettromagnetiche con una determinata cromaticità ovvero
un determinato colore il più vicino possibile alla radiazione considerata.
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Per caratterizzare radio metricamente una sorgente di luce si usa una grandezza chiamata
distribuzione di potenza relativa che è il rapporto tra l’uscita radiante al variare della lunghezza
d’onda e l’uscita radiante fissata nel punto intermedio dell’intervallo delle radiazioni visibili.
20.3 La percezione visiva
Partendo dalla relazione che c’è tra l’occhio umano e il cervello individuiamo una regione chiamata
corteccia visiva primaria in cui giunge la radiazione ottica trasportata dal nervo ottico che raccoglie
gli stimoli che giungono all’occhio dell’osservatore.
L’occhio è formato da un involucro chiamato sclera all’interno della quale c’è un tessuto chiamato
coroide, sulla superficie più interna rivolta verso l’apertura da cui proviene la luce è posta la retina
che è composta da una regione chiamata favea in cui si raccolgono la maggior parte dei ricettori in
modo particolare quelli dei colori. I vari ricettori in si riuniscono all’interno del nervo ottico che a
sua volta propaga il segnale visivo nella cornea visiva. Qui vi è una macchia ceca un punto in cui
non vi sono recettori all’interno del quale c’è il corpo vitreo una sostanza liquida perfettamente
trasparente e cristallina ed il cristallino, la camera interiore e infine la cornea. La luce che entra
nell’occhio è controllato dall’iride che può stringersi e allargarsi a seconda della luce che proviene
dall’esterno.
Il sistema visivo e un sistema ottico ed è caratterizzato da alcuni parametri:
-
l’estensione del campo vitreo laterale ;
-
deformazioni o difetti della cornea;
la retina umana è composta da vari strati di cellule: cellule amacrine, cellule bipolari, cellule
orizzontali, gangliari, coni e bastoncelli. Le cellule amacrine e orizzontali legano tra loro
orizzontalmente gli strati delle altre cellule, le cellule bipolari invece propagano lo stimolo dai coni
e dai bastoncelli allo strato delle cellule gangliari che poi vengono raccordate a formare il nervo
ottico.
La distribuzione dei coni e dei bastoncelli varia in base alle diverse zone della retina. I coni hanno
una distribuzione diversa. I coni hanno distribuzioni diverse la maggiore densità di coni si ha al
centro del campo visivo e sono l’elemento che permettono all’uomo di vedere meglio di altri
animali, mentre i bastoncelli aumentano verso la periferiala curva e distinguono la sensibilità del
sistema visivo umano notturna scotropica da quella diurna fotopica.
Il sistema visivo nel suo complesso ha una sensibilità alla luminosità estremamente estesa.
Il nostro sistema visivo si caratterizza inoltre per un certo comportamento difronte a delle situazioni
particolari che vengono costruite con lo scopo di sperimentare le prestazioni del sistema visivo. Il
campo ricettivo di un neurone è composto da due regioni una eccita l’altra inibisce uno rafforza lo
stimolo e l’altro lo diminuisce. Le sinapsi hanno una funzione sia eccitatoria che inibitoria.
La percezione non agisce solo a livello della retina ma agisce sia a livello del singolo neurone che
dell’intero campo visivo.
Legge di Weber e Fechner :
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dato uno stimolo di intensità I, per raccogliere lo stimolo di intensità superiore occorre superare una
certa soglia DI. Il rapporto tra questa soglia e i valori di un intensità costante. La differenza di
stimolo, che rende appena distinguibile uno stimolo dall’altro è l’unità di misura. La grandezza
percepita da uno stimolo è quindi proporzionale al logaritmo dello stimolo.
Anche l’udito segue la stessa legge la visione non è un fenomeno statico ma attivo in altre parole
chi osserva compie un esplorazione continua in quanto vede.
20.4 La percezione del colore
La luce che giunge all’occhio viene deviata in diversi modi a seconda della lunghezza dell’onda.
Inoltre il cristallino fa si che la luce blu venga focalizzata più vicina e prima di quella verde o rossa.
Questo fenomeno da luogo a delle illusioni interessanti come il fatto che appare più difficile mettere
a fuoco contemporaneamente il rosso e il blu poiché hanno due lunghezze d’onda molto lontane.
Capitolo 21 Modelli computazionale del colore
21.1 I modelli qualitativi e artistici modelli qualitativi si basano in primo luogo sulla comprensione
degli attributi del colore:
1. tinta;
2. saturazione quanta più tinta si mette in un colore tanto più è saturo;
3. luminosità si applica agli oggetti considerati i modo isolato al di fuori di un contesto;
4. cromaticità è composta dall’unione della tinta e della saturazione;
5. chiarezza implica una comparazione;
6. brillantezza indica la quantità del livello di grigio o di fluorescenza in relazione a ciò che
circonda l’oggetto.si dice che un colore è brillante in quanto emette apparentemente più luce
di quanta sembra averne assorbita.
Modello qualitativo artistico del colore di Munsell che nel 1904 formulò un codice descrittivo del
colore attraverso tre parametri:
– tinta;
–luminosità;
– saturazione.
Riassumibile attraverso un diagramma tridimensionale che rappresenta l’intera gamma di colori. ma
il problema subentra nel momento in cui si pone necessario individuare uno spazio oggettivo
misurabile, all’interno del modello di Munsell è molto naturale pensare ai colori che li compongono
ma è difficile caratterizzarli in modo quantitativo ed è difficile misurarli.
21.2 Il modello del tristimolo
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Il modello del tristimolo è il più importante modello di tipo quantitativo ed è stato ideato da
Hermann von Helmholz che ipotizza che il colore sia il risultato della stimolazione di tre sensori
nelle bande di frequenza corrispondenti al rosso al verde e al blu.
La teoria dei colori opposti formulata da Hering ipotizza invece la presenza di sei stimoli cromatici:
dove il rosso, il blu, e il verde sono degli stimoli primari mentre banco/nero, giallo/blu e rosso/verde
sono tre coppie di stimoli antagonisti. Questa teoria permette di giustificare alcuni fenomeni
osservati come l’impossibilità di vedere un rosso verdastro o un giallo bluastro. Tale coppie di
colori antagonisti se sovrapposti si annullano.
21.3 Colorimetria
La teoria del tristimolo permette di dare in modo quantitativamente accurato una teoria del colore
attraverso il concetto di osservatore standard. L’osservatore standard è un osservatore medio
idealizzato creato sulla base di numerosi esperimenti e che si pone sia posto ad una distanza fissa di
30 cm dall’oggetto che deve essere cìvidto von un angolazione di 2°, quanto più l’angolo visivo è
piccolo tanto più la regione faveale è attiva, mentre se l’engolo visivo è esteso allora ad essere
attivate sono le regioni periferiche del campo visivo.
Nel 1928 Wright e Guild nel 1933 hanno misurato la risposta del sistema umano mediante
un’apparecchiatura. L’osservatore viene posto di fronte ad un campo visivo che è suddiviso in due
regioni nella regione di destra vengono proiettati tre colori che si sovrappongono mentre nel campo
di sinistra l’osservatore viene stimolato con un colore di riferimento che deve essere modificato
dall’osservatore fino a raggiungere lo stesso colore di quello dell’occhio destro, in modo che sia
possibile distinguere la variazione di colore. Questo esperimento ha dato vita alla formulazione di
un diagramma che sintetizza alcune osservazioni inoltre l’esperimento dimostra che per ottenere un
colore bastano tre colori primari. Tale caratteristica è anche nota come legge di Grissnann e sta alla
base della costruzione dei modelli tridimensionali che caratterizzano gli spazi cromatici.
Gli spazi di colore sono caratterizzati da tre variabili che individuano un punto nello spazio
chiamato appunto lo spazio colore ciò da luogo ad una figura simile ad un cono che ha origine da un
piano con tre dimensioni, dove la variabile y è simile alla luminosità mentre x e z sono astratte.
Capitolo 22 Metodologie del design: prospettive evolutive per il web
Metodologia = è una parola che vuol dire discorso intorno al sentiero ed è un termiche che sta a
dindicari i passi necessari per raggiungere una meta definita.
Progetto = significa letteralmente “gettare avanti” e cioè prevedere prefigurare, in sostanza
progettare consiste nel rendere visibili oggetti e processi che sono per il momento solo ipotizzabili e
quindi virtuali.
Il settore del web è molto specializzato e bisognerebbe chiedersi se per la sua progettazione esiste
un percorso metodologico standard da seguire necessariamente, per delineare dei tratti unificanti ci
si propone di analizzare tutte varie forme possibili di progetto. Uno dei primi tratti unificanti che è
possibile individuare e la necessità all’interno del progetto di identificare degli obiettivi.
Il design si propone di risolvere i problemi conseguenti alla creazione di una situazione di disagio.
22.1 Attori e ruoli
All’interno del progetto di design ci sono diversi attori che giocano un ruolo.
- Committente ossia colui che bisogno di risolvere i problemi;
- Destinatario insieme di coloro che frequentano il web;
- Designer ha il ruolo di traduttore ossia traduce in realtà comunicative, visive e interattive le
intenzioni del committente;
la competenza del designer è costituita dalla capacità di prevedere quali saranno gli effetti della
comunicazione.
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la scelta di un web designer viene preferita a quella di un informatico per la sua attenzione alla
ricerca di una soluzione comunicativa.
22.2 Gli approcci progettuali
È possibile individuare due stili fondamentali di approccio al progetto:
1. Creativista un modo di progettare che potrebbe essere paragonata all’attività di un mago che
estrae la sua soluzione da una scatola nere. Il progetto viene formulato passando attraverso
ad una fase di esplorazione della situazione succeduta da una fase di latenza in cui il
designer inizia ad elaborare il tutto, poi improvvisamente il designer mostra una soluzione;
2. Razionalista questo modo di progettare e analitico deduttivo e coerente è possibile seguire in
questo modo passo per passo tutte le azioni che il progettista compie. Il compito di questo
stile progettuale sta nel aver permesso l’emergere di una metodologia e si afferma in modo
incisivo negli anni 60’ ed individua delle fasi salienti quali la raccolta dati , la valutazione,
sviluppo dei dettagli ed infine la predisposizione dei documenti.
Ma l’utilizzo di una metodologia cosi stringente e rigorosa ha senso solo nel momento in cui anche
il problema è sufficientemente complesso ed in generale e poco utilizzato in generale all’interno
della realtà. In funzione di quest’ultimo assunto le fasi che nello stila razionalista vengono indicate
come indispensabili divengono nella realtà delle istanze in quanto la procedura non può essere unica
ma muta sa settore a settore di applicazione.
22.3 Produzione di varietà e selezione
Che cosa accade nel momento di concezione e ideazione di un progetto di design??
Il progettista produce una molteplicità di soluzioni per poi passare ad una fase di riduzione che
molti giunge ad una sola anche le istanze su citate alternano una fase di espansione ad una di
riduzione delle alternative. La selezione o contrazione avviene attraverso una simulazione di quelli
che potrebbero essere i problemi di proliferazione e di sconfitta concorrenziale a cui si va incontro
all’interno del mercato. Il progetto può essere metaforicamente visto come una successione di
ventagli e filtri selettivi.
Capitolo 23 Metodologie del progetto
23.1 Il processo progettuale
Progettare come già detto è un processo di problem solving che ci spinge alla ricerca di possibili
soluzioni ossia una serie di concept tra i quali è necessario scegliere dopo avergli dato una
dimensione visiva e percepibile, successivamente alla scelta il concept viene realizzato per poi
giungere alla fase di sviluppo del progetto e di consegna nelle mani del committente.
23.2 Le figure professionali
Le figure professionali coinvolte sono suddivisibili in tre macroaree: gestionale, progettuale e
tecnologica anche se nella realtà queste figure sono estremamente integrate. Le figure gestionali
coordinano il team interno e si relazionano con il cliente, tra questi vi sono il project manager,
l’account, e i team leader. Essi si occupano nello specifico dello svolgimento del progetto della
tempistica delle riunioni fino alla fase di consegna dei deliverables prestando costantemente
attenzione il budget e i tempi.
Le figure progettuali si occupano della strategia di comunicazione del progetto finalizzandola
ovviamente a quelli che sono gli obiettivi del cliente. Di questa categoria fanno parte : l’art director,
il web designer, l’interaction designer.
Le figure tecniche invece si occupano della progettazione, implementazione e gestione di un sito dal
punto di vista informatico tra questi ci sono il web programmer, il sistem architect e il database
expert.
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23.3 Processi di lavoro
Il processo di lavoro viene segmentato in precise fasi sequenziali.
1. Fase di requirements: si opera una raccolta dati per capire lo scenario e le aspettative del
progetto attraverso la formulazione di un debrief , poi vi è una fase di concettualizzazione
del progetto che permette di formulare i diversi concept possibili. Le figure professionali
coinvolte in questo caso sono art diresctor designer, human computer interaction expert e
content manager;
2. La fase di proto tipizzazione permette di capire se le congetture della fase progettuale hanno
un riscontro rispetto a quello che vuole essere il reale utilizzo del sito fin quando non si
individua una soluzione ai diversi problemi concettuali posti. In questa fase le figure
professionali coinvolte sono web designer. Web editor e content manager;
3. La fase di sviluppo e di implementazione in cui vengono prodotti gli apparati informatici e
tecnici, in quest’ambito tutte le figure professionali coinvolte sono quelle con una
conoscenza tecnico informatica.;
4. La fase di pubblicazione segna la conclusione del progetto. In questa fase sono coinvolti il
web programmer e gli esperti di database ;
5. Fase di mantenimento e crescita di un sito.
Le varie figure progettuali se pur si concentrano su alcune fasi piuttosto che altre lavorano con più o
meni impegno in tutto il processo di progettazione.
23.4 Metodologie di progetto
Nella prima fase di raccolta e analisi delle informazioni si lavora essenzialmente su due livelli uno
che presuppone un diretto contatto con il cliente e un altro che invece prevede una ricerca
indipendente dal cliente svolta dal gruppo di lavoro in funzione delle singole competenze dei
componenti. In questa fase si fanno dei breaf tecnici per la raccolta e la condivisione del materiale
ed un’analisi della concorrenza benchmerking. In questa fase è possibile osservare come sia
importante per il progetto il confronto con il committente e come sia importante allo stesso modo
l’analisi della concorrenza, cosi come è indispensabile condurre un analisi dei target possibili.
La seconda fase del progetto ossia quella di definizione del concept del sito per farlo si fa
ovviamente riferimento a molte delle informazioni precedentemente reperite come quelle
riguardanti il target. In questa fase si realizzano delle schematizzazioni o meglio quello che viene
tecnicamente detto concept book. La tipologia redazionale di questo documento varia in base
all’agenzia.
La terza fase è quella in cui dal concept si arriva alla realizzazione dell’interfaccia e anche quella in
cui viene definito l’albero di navigazione, schemi di database prototipi di navigazione ossia
vengono considerati e sviluppati tutti i nodi concettuali che portano alla realizzazione di un
progetto. Tra questi l’elemento fondamentale e la mappa del sito ossia la descrizione
dell’organizzazione gerarchica e redazionale dei contenuti e dei percorsi interattivi, questa mappa e
spesso affiancata da una flow chart una sorta di sceneggiatura dei contenuti del sito.
La quarta fase riguarda la proto tipizzazione e la definizione del progetto nel dettaglio si realizzano
una serie di documentazioni si praticano dei test utente.
La quinta fase la produzione del sito il testing e il debung comporta la creazione delle singole
pagine dei database e si realizza una beta del sito ossia una prima versione.
La sesta fase consiste nella pubblicazione del sito e nel renderlo visibile e nella consegna del guide
line manual nelle mani del committente che da quel momento in poi si occuperà del sito.
La settima fase spesso non è realizzata all’interno di una webagency e consiste come detto già
prima nella manutenzione e crescita del sito.
23.5 Deliverables
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Esemplificazione di alcuni documenti che si realizzano durante la programmazione di un sito.
1. Documento di benchmark: è uno dei documenti che viene condiviso con il cliente puo essere
sia di tipo comunicativo che visivo, oppure può concentrarsi unicamente sui contenuti della
concorrenza.
2. Concept book è il documento all’interno del quale viene proposta la strategia di progetto
concentrando l’attenzione sugli aspetti di business di comunicazione e di usability.
3. L’interface proposal è il documento di presentazione dell’architettura spaziale e funzionale
dell’interfaccia e del look & feel di alcune pagine tipo, ciò vuol dire che si elabora una vera
e propria sceneggiatura cercando di descrivere l’interfaccia.
4. Il guideline manual è il documento di presentazione delle linee guida utili per
l’implementazione del sito.
Capitolo 24 La registica multimodale
La registica multimodale è la regia delle modalità di comunicazione integratein un unico medium :
il ruolo progettuale è quello registico ed il medium è quello informatico.
24.1 lo scenario
L’uso del computer e dell’informatica a notevolmente modificato la produzione cosi come ha
introdotto nuovi ambiti progettuali.le nuov merci comunicative create dall’utilizzo dell’informatica
sono i cosi detti new media che può essere definito in funzione di alcuni prerequisiti:
- Deve essere supporto di comunicazione e di informazione e deve veicolarla in modo
informatico;
- Deve esserci la convergenza di più canali di comunicazione rendendo quest’ultima
multimediale;
- Interattiva
24.2 Introduzione alla multi modalità
È possibile pensare ai sistemi di veicolazione del’informazione non tanto come alla somma di
sistemi multimediali e quindi di più mezzi ma come ma sistema di meta medium cioè un supporto
di veicolazione dell’informazione che simula gli altri media. L’accento non deve essere più posto
sulla dimensione strumentale del mezzo ma sulla dimensione delle modalità ovvero dello strumento
o modo di veicolazione dell’informazione dallo spostamento del focus che abbiamo accennato
deriva il concetto di multi modalità che si propone come un diverso punto prospettico per osservare
i newmedia.
Parallelamente a questo concetto di multimedialità è possibile inserire delle specifiche quali: multi
modalità dei processi ( per esempio quando a lezione si hanno a disposizione diversi strumenti), la
multimedialità dei supporti prevede un supporto massiccio da parte della tecnologia gli stessi
supporti utilizzati per la multimedialità dei processi vengono qui integrati in un sistema unico che
però è ancora gestito da un operatore esterno.
Il concetto di multimodalità applicata ai new media, invece, non prevede più una tecnologia e un
operatore che la gestisce ma li integra formando un unico sistema della comunicazione
multimodale, un sistema sinergico in cui le inverse modalità di comunicazione confluiscono.
Nel mondo dei new media esiste tuttavia un altro tipo di orientamento che si pone dal punto di vista
dell’utente e che pone l’accento sulla multisensorialità che porta all’acquisizione di un ottica della
lettura/ricezione.
24.3 La metafora del teatro
È una metafora che viene introdotta a cavallo degli anni ottanta come approccio interpretativo di
alcuni fenomeni soprattutto relativi all’interazione uomo macchina e in particolare uomo computer.
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Il computer viene visto no più come un qualcosa di meccanico o tecnologico ma viene visto come
un modo di interazione in quanto sollecitato dall’azione dell’utente fornisce dei feedback.
Questa metafore è utilizzata per descrivere l’interfaccia con cui l’operatore crea l’artefatto (es. il
software) i vari elementi che compongono l’interfaccia sono chiamati attori, si trovano su una
schermata che è chiamata cast e vengono posti sulla scena/stage dove interagiscono in funzione di
regole precise, che nascono da un copione o sceneggiature, rappresentando una messa in scena di
tipo multimediale.
24.4 La metafora in scena
Esiste una grande tradizione che vede il ruolo del grafico assimilabile a quello di colui che mette in
scena gli elementi comunicativi. Dopo aver eseguito la messa in scena c’è la messa in quadratura
ossia la selezione degli elementi che rientreranno all’interno dell’inquadratura in base al volere del
regista che li manipola poi su più canali di rappresentazione, quello visivo e quello sonoro.
Negli anni settanta si diffonde un'altra forma di messa in scena quella dell’ happening o della
performance che sono sistemi di rappresentazione che cercano di decostruire il panorama teatrale
tradizionale e che sostengono la dimensione temporale momentanee a della rappresentazione, la
rappresentazione è quello che succede nel momento. Questi due concetti introducono il concetto di
spettacolo multimediale.
24.5 La registica multimodale
Il design dei new media può essere considerato una messa in scena eidomatica che ci pone davanti
al ruolo del designer nella messa in scena sui new media introducendo il concetto di registica
multimodale.
La registica multimodale è l’approccio al progetto e al design delle interfacce che vede il progettista
regista, coordinatore della messa in scena. Il regista designer opera sulle modalità delle
informazioni che nel sistema informatico gli sono messe a disposizione: un ambiente multimodale
che gli permette di gestire contemporaneamente più canali di comunicazione.
Capitolo 25 La scrittura on line
25.1 Che cosa è la scrittura
Definizione di scrittura = corrispondenza biunivoca tra i fonemi e i grafemi
Questa definizione lascia intravedere la scrittura come una mera trasposizione scritta dell’oralità
lasciando che la sua dimensione grafica passi totalmente in secondo piano, eppure diverse
contraddizioni e paradossi della lingua ci portano a considerare come la dimensione grafica della
scrittura sia in molti casi separata da quella fonetica sia all’interno di scritture alfabetiche (un caso
può essere quello dell’inglese dove non sempre ad un grafema uguale corrisponde lo stesso fonema)
che non alfabetiche (caso del cinese che usa caratteri diversi per parole diverse che però vengono
pronunciate allo stesso modo).
25. 3 La scrittura è sempre immagine
Gli esempi precedenti lasciano intravedere come nella realtà la scrittura sia molto legata
all’immagine e che la tradizione culturale che la sempre vista traduzione del parlato la rinchiusa
all’interno di una linearità che non permette di esprimere la sua dimensione grafica. Nel susseguirsi
degli anno poeti, pittori e artisti di vario tipo hanno cercato di rifuggire in diverso modo da questa
gabbia (si pensi ad esempio a Piove di Apollinaire). Ad oggi con il computer e i nuovi metodi di
elaborazione grafica la scrittura sta liberandosi dal vincolo della linearità iniziando a veicolare
significati che vanno altre la dimensione del parlato.
25.4 Continuità della tipografia
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Si pensava che con l’avvento di internet sarebbe scomparsa la tradizione tipografica ma nella realtà
non è stato cosi, anzi si è dato vita ad una commistione tra i due mondi dove l’esperienza della
tipografia a dato le basi per l’individuazione di alcuni elementi utili come per esempio la scelta del
font per un sito o per un marchio o la stessa elaborazione di un font.
25.5 La prospettiva della scrittura on line
Nella programmazione di un sito la scelta della scrittura è molto importante perche bisogna
scegliere un font che l’utente abbia all’interno del suo sistema operativo, anche se questo è un
problema che con il passare del tempo si va sempre più annullando grazie alla nascita di tecnologie
sempre più sofisticate che permetteranno di superare questi limiti. In questi anni c’è stato inoltre il
passaggio allo standard unicode che permette di utilizzare un codice a 16 bit e che si sostituisce al
sistema ASCII che usava un codice a 8 bit.
L’evoluzione della scrittura nell’universo informatico tende sempre più a svilupparne i suoi aspetti
visivi (si compone di elementi visivi che acquisiscono significato indipendentemente dalla scrittura
stessa e dal significato letterale) ponendo sempre più in secondo piano il suo ruolo di traduttrice
delle conversazioni orali in forma grafica
Capitolo 26 La produzione dei simboli grafici
I segni che siano essi grafici o dell’alfabeto necessitano di un sistema di convenzioni esplicitamente
fissato e condiviso che permette poi la decodifica del segno.
26.2 I modelli dell’espressione grafica
Tutti i segni di qualsiasi sistema, sono simboli codificabili il segno “casa” per esempio sia come
concetto che come immagine stratta funzione come simbolo cioè il piano dell’espressione formale
tende a coincidere con il piano del funzionamento. Il simbolo funziona solo in base alla
convenzione che stabilisce il rapporto univoco tra segno e suono. Le icone invece come lo può
essere il disegno di una casa per esempio comunicano in funzione della somiglianza che si crea con
l’oggetto. L’icona ha un livello comunicativo diverso da quello del simbolo in quanto al di là della
convenzione il disegno rappresenta effettivamente il concetto che vuole esprimere.
Esiste una terza tipologia di segni che sono i segni grafici indicanti cioè quelli che stabiliscono un
rapporto fisico tra due oggetti, un rapporto può essere quello dei connettori o freccette indicative.
26.3 Le funzioni comunicative
Il simbolo ha dunque una natura astratta mentre quella dell’icona è figurativa.
L’astrattezza formale del simbolo garantisce una funzione comunicativa che vuole raggiungere
l’inequivocabilità distintiva (sistema di segni basato su un rapporto univoco e mnemonico). La
dimensione figurativa dell’icona tende a rappresentare un concetto attraverso l’uso dell’immagine
sfruttando la funzione comunicativa dell’immediatezza interpretativa.
Questi due sistemi possono presentare entrambi dei limiti presi singolarmente soprattutto nelle
applicazioni del web e di interfacce come può essere il desktop, ecco perche molto spesso questi
sistemi sono utilizzati in modo combinato (si veda le icone del desktop).
26.4 La scala dell’iconicità
Questa scala si distribuisce su due poli quello della de figurazione e quello figurazione su questo
grafico è possibile disporre i diversi simboli grafici che possiamo trovare su un interfaccia.
Diagrammi
logogramma
tici
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Diagram
mi
Pittogrammi
Defigurazion
e
Figurazion
e
Diagrammi
poligrammat
ici
Plerogrammi
26.4 Diagrammi
Sta ad indicare un disegno ottenuto per mezzo di linee, ossia un tipo di simbolo grafico che presenta
tratti mimetici con la realtà. Ciò che ne permette il funzionamento è la forte coerenza stilistica e
sintattica fra i simboli, anche se questi segni si contraddistinguono per l’opacità referenziale. Sono
per lo più usati per rimandare a funzione specifiche come per esempio il segno dello spegnimento
sul cellulare.
26.5 diagrammi poligrammatici
Nascono dalla combinazione di segni alfabetici con segni diagrammatici e basano il loro
funzionamento selle funzioni mnemoniche dell’utente come avviene per esempio con le short key
(comandi abbreviati da tastiera) devo conoscere il codice a priori.
26.6 Diagrammi logogrammatici
Ossia comandi realizzati attraverso l’uso di un alfabeto fonetico. Essi funzionano solo se è garantita
la leggibilità piena della parola.
26.7 pittogrammi
Sono quei sistemi di segni che tendono a riprodurre con una certa somiglianza gli oggetti del mondo
reale in questo caso la funzione comunicativa si basa su due punti principali, l’aspetto anaforico
dell’immagine e il carattere extra-linguistico dell’immagine.
26.8 Plerogrammi
Sono quei sistemi di segni caratterizzati dalla piena ricchezza dei dettagli veridici e sono un
evoluzione dei segni pittografici la differenza consiste nel grado di perfezione della
verosimiglianza.
26.9 Conclusioni
Qualsiasi sistema di segni non è preferibile ad altri dato che ogni sistema presenta dei limiti sul
piano della comunicazione, infatti la condizione necessaria per la realizzazione di un interfaccia
presuppone la necessaria copresenza di più sistemi simbolici.
Capitolo 27
Tipologie di organizzazione dell’informazione
In questo capitolo si esaminano le principali configurazioni d’uso in cui si organizza il sapere.
27.1 Configurazioni d’uso
L’uomo attribuisce all’informazione limitate forme grafiche per soddisfare limitate necessità
organizzative. Le configurazioni d’uso emergono dall’unione che si genera tra le convenzioni visive
e le possibilità manipolatorie cioè i meccanismi di interazione. Tali configurazioni tendono a
favorire i modi di organizzare e di interagire con l’informazione. Le principali configurazioni d’uso
che sembrano emergere sono due:
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-
le configurazioni a uso sinottico a cui appartengono tutte le forme testuali e rappresentative
concepite come immagine di un fenomeno informativo, favorendo una letture istantanea del
fenomeno ossia una lettura del senso generale istantanea.
- Le configurazioni di uso lineare a cui appartengono tutte le forme testuali e rappresentative
concepite per favorire una lettura di tipo sequenziale. Queste configurazioni sono
principalmente realizzate attraverso l’alfabeto fonetico e per questo motivo sono
caratterizzate dal’astrattezza formale e dalla presenza di elementi grafici con funzione
indicale.
Questa suddivisione si fonda sulle componenti aspettuali delle configurazioni e non tanto sulle loro
componenti fattuali.
27.2 Variabili dimensionali
Qualsiasi fenomeno informativo può essere descritto attraverso un numero limitato di variabili
dimensionali, in funzioni delle quali si definiscono poi la forma e la struttura grafica.
Le variabili dimensionali che ci consentono di restituire graficamente i fenomeni sono:
- l’invariante, con cui si intende il tema di interesse che di un dato fenomeno si vuole
analizzare,
- le componenti, sono invece i parametri che ci consentono di decomporre e descrivere il
fenomeno per poi tradurlo in rappresentanza grafica.
Esempio: se volessimo misurare la qualità dell’aria di Milano e Roma attraverso la presenza di
polveri sottili (PM10)
L’invariante sarà data dall’espressione in microgrammi di PM10 per metro cubo d’aria nelle due
città (cioè il comune denominatore al quale possiamo far corrispondere i due fenomeni) mentre le
componenti che descrivono l’informazioni saranno le quantità di di PM10 messe in gioco e il loro
variare nel tempo.
Le componenti sono di numero limitato e suddividibili in componenti di tipo:
- qualitativo che descrivono il fenomeno attraverso l’uso di categorie terminologiche – qualitative;
- quantitativo che precisano le variazioni all’interno di una categoria tramite quantità e grandezze;
- ordinato che consentono di ordinare in modo universale ed equidistante una o più categorie.
Le tre componenti stanno alla base dei tre modi in cui possiamo determinare un informazione:
logodeterminata, dimensionalmente determinata, posizionalmente determinata.
Una volta determinate le componenti che caratterizzano un informazione è necessario chiedersi
come fare per comunicare il fenomeno nel modo più efficace possibile scegliendo la più appropriata
struttura informativa.
27.3 Strutture informative
I modi in cui si organizzano le informazioni sembrano riflettere le condizioni naturali in cui le
informazioni si strutturano nel mondo. Le tre morfologie basilari in cui si organizza l’informazione
testuale sia quella figurativa corrispondono a tre modelli concettuali che ricalcano a loro volta tre
principi organizzativi.
Tre modelli concettuali:
a. Quello in cui i fenomeni e quindi l’informazione si strutturano in base al principio della
continuità;
b. Quello in cui le informazioni si organizzano seguendo il principio della discontinuità;
c. Quello in cui le informazioni si strutturano in base ad una serie di relazioni differenziate ed
incrociate.
Tre modalità di organizzazione dell’informazione:
a. Organizzazione di tipo lineare  linea;
b. Organizzazione di tipo gerarchico  albero;
c. Organizzazione di tipo relazionale  rete.
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Il desktop è un esempio che ingloba tutti e tre questi modelli nella sua forma generale di scrivania
esprime l’organizzazione relazionale, poi la possibilità di trovare un icona dentro l’altra rappresenta
un organizzazione gerarchica infine il contenuto di una semplice cartella rappresenta un
organizzazione di tipo lineare.
27.4 Tipologie della rappresentazione schematica
L’organizzazione e la visualizzazione dell’informazione si pongono l’obiettivo di assolvere a certe
funzioni comunicative per soddisfare certe necessità d’uso. Per questa ragione la visualizzazione
dell’informazione non mira a creare la metafora visiva di un fenomeno quanto piuttosto a
rappresentare dei dati attraverso l’adozione di un modello schematico convenzionale che articola
distribuisce e ordina nello spazio le componenti che definiscono il fenomeno stesso.
Nel panorama della rappresentazione emergono dunque tre gruppi tipologici identificativi di tre
modi di organizzare e visualizzare l’informazione:
- Gli schemi quantitativi, che organizzano l’informazione i uno spazio geometricamente
costruito la principale forma costruttiva è il diagramma;
- Gli schemi strutturali, che organizzano l’informazione distribuendola topologicamente e
geograficamente, la principale forma costruttiva sono il grafo e la mappa;
- Gli schemi ordinali che creano una successione progressiva dell’informazione per facilitarne
la lettura, le principali forme costruttive sono la timeline e gli elenchi.
Organizzazione
RELAZIONALE
Mappe,
diagrammi,
grafi a rete
Matrici e tabelle
alberi di sviluppo
orizzontale
Matrici e tabelle
parallelismi lineari
Strutture
informative
Grafi ad
albero ed
inclusivi
Linee cronologiche
linee alfabetiche
linee metrico quantitative
Organizzazione
GERARCHICA
Organizzazio
ne LINEARE
Alberi a sviluppo verticale
progressioni lineari
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Capitolo 28 Principi e metodi dell’architettura dell’informazione. Il modello top-down e il
modello bottom-up.
28.1 Uno sguardo al contesto
L’ipertesto = tipica costruzione dei testi non lineare in cui diversi blocchi di testi disgiunti tra loro
ed in un certo senso autonomi vengono collegati.
L’ipermedia = è un evoluzione dell’ipertesto poiché comprende diversi sistemi di comunicazione
che sono collegati tra loro.
In realtà non si può parlare di pagine ma di file in quanto la loro dimensione può essere illimitata.
Un sito web può avere due principali funzioni quella di far sapere e quella di far fare (caso dei siti di
e.business)
28.2 L’architettura dell’informazione
L’architetto dell’informazione ha il compito di modellare i contenuti coerentemente con la missione
del sito web. Il suo primo compito è dunque quello di studiare i contenuti per poi dare forma
all’interfaccia utente. La home page è l’indice dei contenuti di un sito. Possiamo dividere i compiti
di un architetto del web in una fase di ricerca e definizione dei requisiti e una di conceptual design.
28.3 il processo di lavoro nel dettaglio
Prima fase ricerca e definizione dei requisiti: in questa fase è necessario tracciare un profilo degli
utenti e dei loro bisogni e identificare quali informazioni e/o funzioni il sito deve offrire. In questa
fase sarà necessario analizzare i processi aziendali interni al fine di stabilire quali funzioni operative
dell’azienda possono essere spostate sul canale telematico.
Seconda fase conceptual design: consiste nello strutturare gerarchicamente i contenuti e
comprendere le modalità di reperimento degli stessi.
Ci sono diversi modi di classificare le informazioni, vi sono schemi di classificazione esatti, quali
gli ordini alfabetici cronologici e geografici, e sistemi di classificazione ibridi, ordinati per funzione
per tema e per utente. La maggior parte dei siti web usa criteri di classificazione ibridi.
La mappa di alto livello è invece un sistema di rappresentazione dell’indice dei contenuti. È
importante sottolineare che la struttura del sito deve essere equilibrata tra profondità e ampiezza.
Tra i sistemi di navigazione quello più importante si basa sullo sfogliare seguendo la gerarchia. Gli
elaboratori progettuali che arrivano a definire questo sistema di navigazione sono due:
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Le mappe di dettaglio serve ad organizzare i percorsi all’interno della sezione, serve a
programmare destinazione e percorso ;
-
Gli schemi di pagina consentono di studiare testi e immagini cioè i contenuti ci sono già
tutti i contenuti che sono di tipo testuale e paratestuale ovvero contenuti che servono a
navigare seguendo una gerarchia.
Vi sono due tipi elementi paratestuali che consentono di navigare all’interno del teso e sono gli
strumenti di navigazione principale e supplementari. Vi sono poi altre tipologie di strumenti di
navigazione ossia quelli contestuali come i link che si possono trovare all’interno di un test per fare
degli approfondimenti.
I sistemi di identificazione dei contenuti e il labelling (etichettatura) servono a far si che l’utente
riconosca la parola e far in modo che l’etichetta sia esplicativa del contenuto che vi è all’interno del
link. Inoltre è importante che all’interno di una pagina soprattutto se non si è raggiunta seguendo la
gerarchia come nel caso in cui vi si accede tramite un motore di ricerca si deve sempre avere la
possibilità di orientarsi all’interno del sito.
Terza fase information; in questa fase si creano le guide di contenuto, si studiano gli aspetti
grafiche si elabora le interfaccia utente con le sue dinamiche, inoltre si costituiscono sistemi di
impaginazione. In questa parte del lavoro l’information architect ha un ruolo di supervisore.
Quarta fase implementazione ovvero la redazione dei contenuti e e delle pagine.
Quinta fase mantenimento.
28.4 L’approccio Bottom-up
I siti strutturati secondo questa metodologia sono i siti in cui l’architettura delle informazioni sono
una precondizione quindi senza un architettura il sito non è fruibile. Esistono diverse tipologie di
sito:
-
Sito statico le cui pagine corrispondono a pagine html;
-
Sito dinamico le cui pagine non esistono e i cui contenuti provengono da un database (siti a
generazione dinamica) in questo sito ad ogni domanda posta dall’utente il sito database
driven risponde con diversi dati e probabilmente anche diverse impaginazioni. All’interno di
questi siti esiste un modello informatico chiamato entità-relazione, dove per entità si
intendono classi di oggetti con proprietà comuni, mentre la relazione è il legame logico che
c’è fra queste unità sistemiche, questo modello di sito non usa pagine ma anche dati perche
in questo modo i contenuti possono essere riutilizzati all’interno di contesti diversi, inoltre
questo sistema permette di dividere la presentazione dal contenuto, ed infine permette una
facilità maggiore nell’aggiornamento dei contenuti
L’approccio top-down è necessario creare delle scatole all’interno delle quali vano successivamente
inserite le informazioni e quindi organizzare gerarchicamente i contenuti.
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Mentre l’approccio bottom up parte dal contenuto minimo e attraverso lo studio sei sistemi di
classificazione si arrivano a stanziare dei sistemi di navigazione.
28.5 Il processo di lavoro nel modello bottom up
Il processo di lavoro parte dalla definizione dei contenuti delle pagine di destinazione, questo
permetterà di passare alla prima sottofase ovvero tutto quello che riguarda la possibilità del data
retrival o navigazione. Si tratta cioè di circoscrivere il web site che sarà visto e interrogato
dall’utente nella ricerca dell’informazionedi cui ha bisogno, ma creando al contempo il data entry
ovvero la seconda sottofase.
I sottofase: data retrival
Questa fase si compone a sua volta di sottofasi. Si parte dalla definizione dei contenuti del sito di
destinazione per poi stabilire i sistemi di navigazione di tipo sfoglia e cerca, da qui si passerà agli
schemi di pagina per poi giungere all’interfaccia utente e template fino all’implementazione. I
contenuti della pagina di destinazione possono essere propri, se provengono dagli attributi
dell’entità, e acquisiti se provengono dalla relazione tra più entità oppure sia propri che acquisiti e
questi sono i veri e propri sistemi di classificazione.
II sottofase: l’interfaccia utente
La grafica dell’interfaccia utente deve essere funzionale all’identità del mittente alla navigazione e
alla leggibilità. Essa deve avere dei requisiti quali:
-
L’economia visiva,
-
Font scalabili,
-
Profondità di colore fino a 256 al massimo.
III sottofase data entry
Consiste nella possibilità di inserire dei contenuti all’interno della base dati anche in questo caso si
parte dai contenuti della pagina di destinazione per poi passare alla modalità di gestione del
contenuto.
Capitolo 29 Forme e tecniche dell’interazione
Il concetto di configurazione d’uso può essere esteso al panorama delle soluzioni di interfaccia
poiché qualsiasi interfaccia grafica potrebbe essere intesa come qualcosa che miscela un modo di
presentarsi dell’informazione con un modo di usare l’informazione . in questo senso ogni soluzione
di interfaccia è ciò che stabilisce la stessa relazione fra le caratteristiche formali di un insieme
informativo e i suoi dispositivi grafico funzionali che esprimono delle tecniche di interazione.
L’interfaccia può soddisfare due dimensioni quella conoscitiva, dove è l’interfaccia come insieme
informativo ad essere essenziale ed una produttiva dove ad essere centrale l’interfaccia come
insieme di strumenti operativi.
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Tipologie di interazione :
I. Interazione per selezione di elementi grafico formali: questa forma di interazione si basa
su processi di espansione e contrazione e quindi da visioni che vado dal generale
(overview) al dettaglio (detail), gli impianti grafici che sono alla base di questa forma di
interazione sono gli impianti testuali che possono presentarsi in testi astratti e in testi
iconici, l’interazione ha luogo attraverso l’uso di dispositivi indicali.
II. Interazione con informazioni di natura figurale: questa forma di interazione è di natura
esplorativa è può basarsi su una semplice osservazione (fly over) che fa affidamento sul
panning (tutte le informazioni sono racchiuse in un'unica pagina) e sullo zooming, o
sull’immersione (fly trough) che fa affidamento sulla rotation(estendere a tutto l’intorno
il nostro sguardo in soggettiva) e il pointing (raggiungere un certo obiettivo puntandolo).
Gli impianti grafici di supporto a queste forme interattive sono gli impianti schematici
(rappresentazioni topologiche e tridimensionali), mentre i dispositivi di interazione sono
i tool e i widget.
Capitolo 30 L’arte del mostrare: le anafore e le epifore del web
Gli oggetti attualmente sono sempre più vicini ad essere quasi soggetti ossia elementi attivi e
relativamente autonomi ma che soprattutto sono irritabili, ossia ricevono stimoli e mobili, ossia
sono in grado di muoversi come per esempio di spostarsi e di reagire. Ad oggi l’attenzione si sposta
su una forma di interazione di natura ibrida tra biologia e tecnologia e cioè tra uomo e macchina.
Il computer per le sue caratteristiche diviene sempre più assimilabile ad un organismo in quanto
fatto di una porta percettiva e quindi da un organo sensore e da un ponte ergonomico ossia un
organo effettore (monitor).
All’interno di questo contesto di interazione tra uomo e macchina l’interfaccia è si posizionata tra
l’interazione uomo-computer ma anche tra quella di pc e rete.
Bon siepe sostiene che le interfaccie debbano essere trasparenti ossia dei supporti di cui non ci si
accorge della presenza (come gli occhiali). Gli oggetti tendono infatti a diventare sempre più delle
protesi dell’organismo umano che nell’agire si sebte tutt’uno con gli strumenti che adopera.
Possiamo avere un interfaccia del fare che si propone come un insieme di strumenti operativi e un
interfaccia del sapere che può essere assimilata nella sua funzione all’erogazione di uno spettacolo
cinematografico in cui l’utente non ha un ruolo attivo, diversamente da come accade per
l’interfaccia del fare.
L’interfaccia ha inoltre una forma dialogica nell’interazione con essa si può avere uno scambio sia
verbale che gestuale questo comportamento può essere chiamato sia anaforico in quanto si fonda
anche su gestualità che vuole dare indicazioni circa il senso che vogliamo attribuire al nostro
ragionamento. Il termine anaforico potrebbe essere in questo contesto tradotto con il termine
ostensivo che fa riferimento al concetto di ostensione ossia l’atto del mostrare. In una certa misura e
in senso ovviamente traslato, può essere analizzabile secondo il quadro concettuale delle
manifestazioni gestuali dove la fisiognomica dell’interfaccia consisterebbe nel modo in cui essa è
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configurata mentre la sua mimica è come gesticola. In funzione di ciò il compito del design è quello
di delineare l’espressione di questo volto e di mostrare e guidare le azioni dell’utente e
dell’interfaccia.
Le conoscenze del web design cosi come le sue attività possono essere associabili al teatro e dalla
regia, ma in modo più completo potremmo descrivere le diverse forme di messa in pagina attraverso
il concetto di “messa in evento”. L’interaction designer è colui che da regista mette in scena e nello
specifico è un regista multimodale in quanto nella sua attività intreccia una molteplicità di
linguaggi.
Il web design è nella sua natura un intreccio di anafore e di epifore. L’anfora è l’attività del
mostrare e si basa su una manipolazione di tipo sintattico, mentre l’epifora è un elaborazione di tipo
semantico e consiste nell’identificare paragono attributi opposizioni. Il web designer è un
costruttore di epifore soprattutto quando scegli le icone o quando deve attribuire a dei segni i
significati da trasmettere.
Marianna Iodice (Memole)