Il saraceno e il cavaliere del Leopardo

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Il saraceno e il cavaliere del Leopardo
Unità
12
I TEMI: AVVENTURE NELLA STORIA
Walter Scott
Il saraceno e il cavaliere
del Leopardo
1 giaco: indumento da guer­
ra che protegge il torso e
le braccia.
Ancora il sole ardente della Siria non era giunto al più alto punto
dell’orizzonte, quando un cavaliere crociato, che aveva abbandonato
il suo lontano focolare nel Nord dell’Europa per raggiungere l’esercito
dei crociati in Palestina, stava attraversando lentamente il deserto
sabbioso intorno al Mar Morto.
Il guerriero aveva viaggiato faticosamente fra le rocce e i precipizi
durante la prima parte della mattinata; in seguito, lasciate dietro di sé
le gole scoscese e pericolose, era penetrato in quella pianura.
Il sole splendeva con un ardore quasi intollerabile su quella scena di
desolazione; il viandante solitario era l’unico essere vivente su tutta
la pianura. Sembrava che il costume del cavaliere e l’equipaggiamento
del suo cavallo fossero stati scelti appositamente fra i più inadatti per
viaggiare in una simile regione. Una cotta di maglia con maniche
lunghe, manopole ricoperte di piastre di metallo e una corazza d’acciaio, non erano stati giudicati abbastanza pesanti; egli teneva sospeso al collo uno scudo triangolare, portava un elmo d’acciaio dal quale
pendeva un cappuccio, e un collare di maglia, che, circondandogli il
collo e le spalle, ricopriva lo spazio vuoto tra il giaco1 e l’elmo; aveva
le gambe e le cosce ricoperte di maglia di ferro flessibile, come il resto
del corpo, e ai piedi portava calzature ricoperte di piastre come le
manopole. Una spada lunga e larga, dalla lama diritta a doppio taglio,
con l’impugnatura a forma di croce, pendeva a sinistra, mentre a destra si notava un grosso pugnale. Ben saldo in sella il cavaliere teneva
in mano una lunga lancia guarnita d’acciaio, la cui estremità posava
sulla staffa, e alla quale era attaccata una banderuola. A questo equipaggiamento bisogna aggiungere una cappa di stoffa ricamata, sbiadita e logora, ma utile in quanto impediva ai raggi infocati del sole di
battere sull’armatura, il cui calore, senza di essa, sarebbe diventato
insopportabile. In parecchi posti sulla cappa si vedevano le insegne
del cavaliere, in parte scolorite. Esse sembravano consistere in un leopardo rampante con il motto: “Dormo, non mi svegliate!”. Lo stesso
stemma doveva aver decorato lo scudo, ma ve n’erano rimaste poche
tracce, dopo i numerosi colpi che esso aveva ricevuto. La sommità
dell’elmo non portava alcun ornamento.
L’equipaggiamento del cavallo non era meno massiccio di quello del
cavaliere. La pesante sella, rivestita d’acciaio, si univa sul davanti a
una specie di corazza che copriva il petto dell’animale, e sul dietro a
un’altra armatura difensiva che gli proteggeva le reni. Un’ascia d’acciaio, specie di martello che si chiamava mazza d’armi, era sospesa
Il saraceno e il cavaliere del Leopardo
all’arcione2 della sella; le redini erano assicurate da una catena di metallo, e il frontale era una piastra d’acciaio con delle aperture per gli
occhi e il naso, la cui estremità superiore era guarnita da una punta
corta e aguzza che sembrava uscire dalla fronte del cavallo, come la
difesa del favoloso liocorno3.
Tuttavia, malgrado la costituzione di ferro e il carattere paziente del
cavaliere del Leopardo, la natura esigeva che anch’egli prendesse cibo
e riposo. Perciò, verso mezzogiorno, avendo lasciato il Mar Morto alla
sua destra, vide con gioia un gruppo di palme che si elevavano presso
una sorgente, sulle cui rive decise di fermarsi. Il cavallo, che aveva
camminato con la stessa perseveranza del padrone, cominciò ad alzare la testa, a dilatare le narici, ad affrettare il passo, come se avesse
sentito da lontano le acque scorrenti e indovinato che là, in quell’oasi, avrebbe trovato riposo e frescura. Ma le fatiche e i pericoli non
erano ancora terminati.
Mentre il cavaliere fissava attentamente gli occhi sui palmizi che scorgeva da lontano, gli sembrò di vedere qualcuno muoversi dietro di
essi; infine una figura si staccò dagli alberi, il cui fogliame aveva nascosto in parte i movimenti, e avanzò velocemente verso il cavaliere.
Dal turbante, dalla lunga chiaverina4 e dal caffettano verde, costui
riconobbe nel nuovo venuto un cavaliere saraceno.
“Nessuno trova un amico nel deserto” dice un proverbio orientale; ma
il cavaliere non si chiese se l’infedele che si avvicinava su un cavallo
berbero tanto velocemente da sembrare portato dalle ali di un’aquila,
fosse amico o nemico; forse, essendo un cavaliere crociato, preferiva
considerarlo addirittura un nemico. Liberò la lancia dalla sella, l’afferrò con la destra, la pose in resta, con la mano sinistra strinse le redini
e, incitando il suo corsiero con gli speroni, si tenne pronto ad accogliere lo straniero con calma fiducia, come si conveniva a un cavaliere riuscito vincitore in tanti combattimenti.
Il saraceno giunse a gran galoppo, cavalcando alla maniera araba, cioè
guidando il cavallo con la pressione delle gambe invece che con le
redini. In tal modo aveva ambedue le mani libere; nella sinistra teneva
il leggero scudo tondo di pelle di rinoceronte, ornato da anelli d’argento e lo faceva girare vorticosamente come se avesse voluto opporre lo
stretto disco al formidabile colpo della lancia occidentale; con la destra
teneva la lunga chiaverina e la brandiva alta sulla testa per tutta la
lunghezza del braccio. Avvicinandosi al nemico a gran carriera, sembrava aspettarsi che il cavaliere del Leopardo mettesse il suo cavallo al
galoppo per venirgli incontro; ma il cavaliere cristiano, conoscendo
perfettamente gli usi dei guerrieri orientali, non stimò opportuno stancare il suo bravo corsiero in sforzi inutili. Anzi, si fermò improvvisamente, convinto che, se il nemico voleva cozzare contro di lui, il suo
peso e quello del cavallo gli avrebbero dato abbastanza vantaggi senza
bisogno di aggiungervi quello di un movimento rapido.
2 arcione: i rilievi arcuati
che la sella presenta da­
vanti e dietro.
3 liocorno: animale fanta­
stico dall’aspetto di un
cavallo, con un lungo
corno sulla fronte, la
coda di leone e le zampe
pelose.
4 chiaverina: arma simile a
un’asta.
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I TEMI: AVVENTURE NELLA STORIA
5 tese: la tesa è un’antica
unità di misura che corri­
sponde circa all’apertura
delle braccia di una per­
sona.
Il cavaliere saraceno pensò la stessa cosa; e, temendo il risultato di un
tale scontro, quando fu giunto vicino al cristiano, guidò il cavallo
verso sinistra con un’abilità impareggiabile. Due volte egli fece il giro
dell’avversario che, con una manovra analoga, senza lasciare il suo
posto, presentò costantemente la fronte al nemico e sventò tutti i
tentativi di questo per attaccarlo alla sprovvista; di modo che il saraceno, facendo descrivere al suo cavallo un circolo più esteso, fu obbligato a ritirarsi a circa cinquanta tese5.
Tuttavia, come il falco quando attacca l’airone, il saraceno ritornò ben
presto alla carica, e fu ancora obbligato a battere in ritirata senza aver
potuto iniziare il combattimento. Si avvicinò per la terza volta; ma il
cavaliere cristiano, volendo metter fine a questa lotta d’astuzie, in cui
avrebbe potuto alla fine soccombere, afferrò all’improvviso la mazza
ferrata sospesa alla staffa della sella e la lanciò contro la testa dell’avversario che sembrava essere nientemeno che un emiro. Il saraceno
ebbe appena il tempo di mettere il suo leggero scudo fra quest’arma
formidabile e la testa; la violenza del colpo spinse lo scudo sul turbante; e sebbene esso avesse contribuito ad ammortizzare il colpo, egli fu
disarcionato. Tuttavia, prima che il cristiano potesse approfittare della sua caduta, l’agile saraceno si rialzò e, chiamato il cavallo che subito gli fu vicino, balzò in sella senza sfiorare la staffa, e riprese il vantaggio di cui il cavaliere del Leopardo lo aveva privato.
Intanto costui aveva raccolto la mazza; e il saraceno, ricordando con
quanta forza e maestria il suo nemico l’aveva adoperata, sembrò desiderare di tenersi fuori di portata dall’arma formidabile, e mostrò l’intenzione di continuare il combattimento con armi più familiari e di
cui poteva servirsi da lontano. Piantando la lunga chiaverina nella
sabbia a poca distanza, tese con abilità un piccolo arco che portava
sulla schiena; e, mettendo il cavallo al galoppo descrisse ancora intorno al cavaliere due o tre giri più estesi dei precedenti, quindi scoccò
sei frecce contro di lui con una mira tanto sicura che l’avversario
avrebbe ricevuto altrettante ferite se non fosse stato rivestito da un’ottima armatura. La settima freccia sembrò aver incontrato un punto
più debole, poiché il cavaliere del Leopardo cadde improvvisamente
da cavallo.
Ma immaginate la sorpresa del saraceno allorché, avendo messo piede
a terra per rendersi conto dello stato in cui si trovava il suo avversario,
si sentì improvvisamente afferrare dall’europeo, che era ricorso a questo stratagemma per potersi avvicinare al nemico! In questa lotta
mortale, l’infedele fu salvato dalla sua presenza di spirito e dalla sua
grande agilità. Sfibbiandosi in fretta il cinturone per il quale il cavaliere del Leopardo lo tratteneva e sfuggendo così alle mani dell’avversario, risalì sul cavallo, che sembrava seguire i movimenti del padrone
con intelligenza umana, e si allontanò di nuovo. Ma in quell’ultimo
scontro il saraceno aveva perduto la scimitarra e la faretra piena di
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frecce, attaccate ambedue al cinturone. Pure il turbante era caduto
nella lotta. Questi svantaggi parvero persuadere il musulmano a chiedere una tregua. Si avvicinò al cristiano con la mano destra tesa.
– Fra le nostre nazioni c’è una tregua – gli disse adoperando la lingua
franca, che serviva nei rapporti fra crociati e saraceni – perché dunque
dovremmo combattere noi due? Anche fra noi vi sia pace.
– Acconsento – rispose il cavaliere del Leopardo – ma quale garanzia
mi darai di osservare la tregua?
– Un servitore del profeta non ha mai mancato alla sua parola – rispose l’emiro. – Piuttosto dovrei chiedere una garanzia a te, coraggioso
nazareno, se non sapessi che difficilmente tradimento e coraggio vanno insieme.
La fiducia del saraceno fece arrossire il crociato per la diffidenza che
aveva mostrato.
– Giuro sulla croce della mia spada – disse, appoggiando la mano
sull’arma – di esserti fedele compagno, o saraceno, per tutto il tempo
che saremo insieme.
– Giuro su Maometto, profeta di Dio, e su Allah, Dio del profeta – rispose il saraceno – che nel mio cuore non alberga6 alcun tradimento
contro di te. Ed ora andiamo verso quella fontana, perché è giunta
l’ora del riposo e le mie labbra s’erano appena inumidite quando la
tua presenza mi ha chiamato al combattimento.
Il cavaliere del Leopardo acconsentì subito con cortesia; e i due guerrieri, pochi minuti prima nemici, si diressero insieme verso i palmizi,
senza che un solo sguardo indicasse risentimento, senza che un sol
gesto annunciasse la diffidenza.
W. Scott, Riccardo Cuor di Leone, a cura di G. Benvenuto – S. Pierdonati, Loescher
6 alberga: risiede, dimora.