La gestione delle risorse forestali: verso una nuova economia delle

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La gestione delle risorse forestali: verso una nuova economia delle
La gestione delle risorse forestali: verso una nuova
economia delle risorse naturali della montagna
Bewirtschaftung von Forstressourcen: hin zu einer
neuen Ökonomie der natürlichen Gebirgsgüter
Forest resources management: towards a new naturebased economy in mountain areas
Davide Pettenella, Università di Padova, Fondazione G. Angelini Belluno
Riassunto
Il mercato dei prodotti e servizi forestali ha subito radicali trasformazioni negli ultimi decenni,
con impatti significativi sul livello di attività e quindi sulle forme di gestione dei terreni boscati. Il
contributo prende in esame questa trasformazione evidenziando, nella prima parte, l’evoluzione
del mercato del legname, tradizionale principale fonte di reddito nel settore forestale. Nella
seconda parte del contributo sono prese in considerazione le tendenze recenti di mercato, con
lo sviluppo di sistemi di pagamento per servizi ambientali collegati alla gestione delle risorse
forestali.
Zusammenfassung
Der Markt für forstwirtschaftliche Produkte und Dienstleistungen war in den letzten Jahrzehnten
radikalen Veränderungen unterworfen, die sich massiv auf die Intensität der Aktivität und die
Bewirtschaftungsformen ausgewirkt haben. Dieser Beitrag beschäftigt sich mit diesen Veränderungen und hebt im ersten Teil die Entwicklung des Holzmarktes hervor, die traditioneller
Weise die wichtigste Einnahmequelle des Holzsektors ist. Im zweiten Teil des Vortrags werden
jüngste Marktentwicklungen und Tendenzen in der Entwicklung der Bezahlungssysteme von
Umweltleistungen, die mit der Waldbewirtschaftung einhergehen, diskutiert.
Abstract
Markets for forest products and services from mountain areas are undergoing radical changes
with remarkable effects on profitability for the forest owners and thus on land-use patterns.
The paper describes these changes analysing in the first section the timber-based economy, i.e.
the traditional main source of income for the mountain forest managers. In the second section
recent trends in market development are described, with a focus on the systems of payments
for environmental and recreational services based on forest land use.
alpine space - man & environment, vol. 12: Le Alpi che cambiano tra rischi e opportunità
© 2011 iup • innsbruck university press, ISBN 978-3-902811-09-7
Le Alpi che cambiano tra rischi e opportunità
1. I ntroduzione
In tutto l’arco alpino, come in altre aree montane europee, si sta assistendo ad un cambiamento strutturale nel mercato dei prodotti e servizi forestali, un cambiamento che ha effetti
sui livelli di profitto nelle attività di settore e, quindi, sulle modalità di gestione di quella che
è la forma d’utilizzo più significativa dei suoli di montagna. In una società con alti livelli
di benessere come quella alpina, il legname non rappresenta una fondamentale fonte di
reddito per la popolazione rurale come nel passato. Sia i decisori pubblici che i proprietari
forestali stanno cercando nuove fonti di reddito al fine, come minimo, di coprire i costi
per il mantenimento della stabilità delle risorse forestali, le loro funzioni di protezione e la
qualità del paesaggio. In questo quadro di problemi stanno emergendo nuovi mercati per
i servizi ambientali, ricreativi, turistici e culturali, associati allo sviluppo di nuove capacità
di fare impresa, al rafforzamento di network locali e in alcuni casi alla riforma dei diritti di
proprietà.
Il presente contributo analizza queste tematiche, prendendo le attività forestali in Italia
come elemento di riferimento. La realtà forestale italiana è di un certo interesse in quanto
è stata, tra i diversi paesi alpini, quella probabilmente attraversata da maggiori e più radicali trasformazioni sia delle forme d’uso del suolo (una superficie forestale raddoppiata
negli ultimi cinquant’ anni), sia delle istituzioni (da uno Stato fortemente accentrato ad un
trasferimento totale delle competenze alle Regioni negli ultimi trent’ anni). In particolare
nella prima parte del lavoro è presa in considerazione l’evoluzione del mercato del legname,
tradizionale principale fonte di reddito nel settore forestale, mentre nella seconda parte sono
evidenziate le tendenze recenti di mercato, con lo sviluppo di sistemi di pagamento per
servizi ambientali collegati alla gestione delle risorse forestali.
2. Le trasformazione del mercato del legno
In base ai dati del secondo inventario forestale nazionale del 2005, nelle sei regioni italiane
dell’arco alpino le foreste coprono 3,26 milioni di ettari (M ha); nel 1955, in base alle statistiche ISTAT, l’estensione delle aree forestali era nello stesso ambito territoriale di 2,00 M
ha. La conversione di più di 1,2 milioni di ettari in bosco è certamente il singolo più ampio
cambiamento d’uso del suolo avvenuto in Italia nel secondo dopoguerra. Questo processo è
stato generalmente valutato in termini positivi, anche perché la domanda di prodotti legnosi,
a differenza di quella di prodotti agricoli a fini alimentari, è elastica rispetto al reddito: la
crescita economica è, quindi, accompagnata da una crescita dei consumi di prodotti a base
di legno (carta, imballaggi, mobili, infissi, pavimenti ed altre componenti del settore edile).
Per un paese che è il primo importatore netto europeo di legname grezzo e semilavorati, e
secondo esportatore mondiale di mobili e con una posizione di leadership internazionale in
altri segmenti delle produzioni a base di legno, la presenza di una base produttiva in crescita
non può che essere valutata positivamente.
La valutazione positiva del fenomeno è stata supportata dal giudizio sugli indirizzi prevalenti nella gestione forestale dei boschi del versante meridionale delle Alpi: produzione di
legname di qualità, in boschi semi-naturali caratterizzati da lunghi cicli produttivi, a rinnova-
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Verso una nuova economia delle risorse forestali della montagna
zione naturale, con tagli rasi su superfici molto contenute e, quindi, con un limitato disturbo
dell’ambiente naturale. Questi indirizzi gestionali di una selvicoltura “vicino alla natura”,
caratterizzati da aspetti positivi per ciò che riguarda l’offerta congiunta di beni pubblici
(la tutela della biodiversità, la conservazione del paesaggio, la fissazione del carbonio, la
protezione idraulica e la regolazione del ciclo dell’acqua), sono economicamente sostenibili
se i costi sono coperti dai ricavi della vendita di beni con mercato, rappresentati – almeno
fino al recente passato – quasi esclusivamente del legname. È interessante quindi capire
l’evoluzione del mercato del legname come fondamentale fattore condizionante l’offerta di
beni pubblici.
In una prospettiva di lungo periodo la competitività delle produzioni di legname è legata
essenzialmente a tre variabili: il prezzo del legname, il costo e la produttività del lavoro. Sfortunatamente in Italia non esistono fonti statistiche che offrano una sistematica registrazione
di queste variabili. Costo e produttività del lavoro forestale sono stati oggetto di diversi studi
su scala locale o su periodi molto limitati (Baldini et al., 1993; Cesaro e Merlo, 1990; Gios
e Pollini, 1986; Gubert, 1980; Pascolin e Tessarin, 1985). C’è un’evidenza empirica che la
crescita del costo del lavoro non è stata compensata da un aumento della produttività dello
stesso. Negli ultimi 50 anni l’innovazione tecnica più significativa è stata la diffusa utilizzazione della motosega introdotta sistematicamente nelle attività forestali negli anni ’50. In
seguito l’introduzione di tecniche di esbosco con gru a cavo e più di recente di attrezzature
avanzate quali processor e forwarder hanno permesso di aumentare la produttività del lavoro,
ma non a livelli tali da ridurre i costi di taglio ed esbosco. In base all’indagine presentata in
Ciotti e Pettenella (2007), mentre nel 1955 con la vendita di un metro cubo di legname in
piedi si poteva retribuire circa un mese di stipendio, attualmente lo stesso quantitativo non
basta per retribuire lo stipendio di una giornata di lavoro in bosco. Nella ricerca citata si
evidenzia che il prezzo reale di macchiatico è passato dal valore medio di 276,46 nel 1955 a
51,96 euro/mc nel 2005, con una riduzione dell’81,2% del valore iniziale. Dopo una limitata
ripresa dei prezzi negli anni immediatamente successivi, nel 2008 e 2009, a seguito della crisi
economica mondiale, i prezzi sono ritornati a quelli del 2005.
L’andamento della forbice costi di taglio ed esbosco-prezzi del legname permette di
comprendere perché il settore forestale abbia visto in Italia una progressiva riduzione del
proprio ruolo economico in termini relativi (il Valore Aggiunto delle attività forestali è pari
allo 0,9% del settore primario; nel 1984-04 era in media dell’1,5%). Negli ultimi 20 anni la
perdita è stata significativa anche in termini assoluti (Fig. 1).
Ancora più preoccupante è il fatto che il modello organizzativo-produttivo delle foreste
alpine del nord Italia, da sempre il più avanzato in quanto orientato a produzioni a maggior
valore aggiunto, stia mostrando elementi gravi di cedimento (Fig. 2), con un appiattimento
verso le produzioni qualitativamente di minor pregio (legna ad uso energetico) che tradizionalmente hanno caratterizzato le produzioni appenniniche. Si tratta sostanzialmente di
un’omogenizzazione “in basso” della produzione forestale.
Non solo i prezzi, quindi, ma anche la composizione interna della domanda di prodotti
legnosi è cambiata, con l’emergere dell’utilizzo del legname a fini energetici. La filiera del
legname di qualità, che a sua volta sosteneva gli alti costi di una selvicoltura di qualità, si
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Le Alpi che cambiano tra rischi e opportunità
Fig. 1. Andamento del valore della produzione
di legname in Italia (1950-2007; valori reali
2008). Fonte: nostre elaborazioni ISTAT.
Abb. 1. Wert der Holzproduktion in Italien
(1950-2007; Realwert 2008). Quelle:
eigene Bearbeitung der ISTAT Daten. Gelbe
Linie: Gesamtwert der Holzproduktion;
schwarze gestrichelte Linie: Einheitswert der
Holzproduktion.
Fig. 1. Value of timber production in Italy
(1950-2007; real values 2008). Source: own
evaluation based on ISTAT data.
trova progressivamente emarginata rispetto non solo ad altre domande di beni e servizi
forestali non legnosi, ma anche tra quelli legnosi rispetto alla domanda di assortimenti di
basso valore prevalentemente a fini energetici.
Anche rifiutando le semplificazioni legate alla Kielwasser Theory di Rupf (1960), ovvero
all’idea che esista una relazione diretta tra produzione di legname e offerta di beni pubblici
forestali, è evidente che la presenza di boschi con livelli di prelievo sempre inferiori e di
più bassa qualità è indice di una selvicoltura in declino. Un declino tanto più significativo
quanto si pensi che, negli ultimi 50 anni, la superficie forestale italiana è, come già ricordato,
raddoppiata, i consumi di legname triplicati e i tecnici con una formazione universitaria nel
settore forestale almeno decuplicati.
Paradossalmente, dopo decenni di politiche forestali basate su criteri quali l’aumento degli
stock di biomassa, dell’età dei popolamenti, del diametro medio delle piante, della composizione delle specie, delle fustaie rispetto ai cedui, le foreste alpine stanno in questo periodo
offrendo, con riferimento alla domanda di mercato di legname, un prodotto obsoleto, fuori
mercato in quanto a prezzi elevati e non competitivi con quelli dei competitori.
3. Nuovi sviluppi del mercato e delle politiche
In Italia almeno fino agli anni ’80 i beni pubblici offerti dalle foreste sono stati prevalentemente tutelati con strumenti di regolamentazione (vincoli, standard, procedure autorizzative, tasse, ecc.). A partire dai primi anni ’90, con le misure agro-ambientali e alcune misure
forestali di accompagnamento della riforma della Politica Agricola Comunitaria del 1992,
l’insieme degli strumenti si amplia decisamente includendo incentivi e compensazioni ad
adesione volontaria, secondo un trend presente in molti altri contesti europei. A fine degli
anni ’90, con l’affermazione del principio del “disaccoppiamento” delle misure di sostegno
alla produzione agricola da quelle di sostegno al reddito e l’affermazione della “condizionalità” dell’aiuto pubblico al rispetto di minimi standard di tutela ambientale, si introducono
criteri innovativi anche nel campo della tutela dei beni pubblici forestali. La creazione della
rete Natura 2000 e l’offerta di compensazioni ai gestori delle aree tutelate contribuiscono
alla diversificazione degli strumenti di tutela dei servizi pubblici.
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Per un approfondimento delle considerazioni presentate in questo capitolo si rimanda a Giupponi et al., 2009.
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Verso una nuova economia delle risorse forestali della montagna
a. Nord-Ovest
b. Nord-Est
c. Centro Italia
Fig. 2: Andamento dei prelievi (linea intera) e del valore della produzione di legname (linea tratteggiata) nelle principali
macroregioni italiane (1950-2007; riferimento a NUTS1; valori reali 2008). Fonte: nostre elaborazioni di dati
ISTAT.
Abb. 2. Verlauf der Entnahme (ausgezogene Linie) und des Wertes der Holzproduktion (gestrichelte Linie) in den
wichtigsten Makroregionen Italiens (1950-2007) mit Bezug auf die NUTS1 Einheiten; Realwerte 2008). Quelle:
Eigene Bearbeitung der ISTAT Daten
Fig. 2. Trend of removals (continuous line) and of wood production value (broken line) in tha main Italian macroregion (1950-2007; referring to NUTS1; real value 2008). Source: own evaluation based on ISTAT data.
Più di recente l’attenzione viene posta anche su altri strumenti economici, tra i quali i sistemi
per pagamenti ambientali. Su questi, e sulla loro efficacia, ci si concentrerà nel seguito
facendo riferimento a tre importanti componenti delle attività forestali: la regolazione del
ciclo dell’acqua, l’offerta di prodotti non legnosi (funghi) e la ricreazione. I tre casi di studio
esemplificano diversi sistemi di pagamento per i servizi ambientali e diversi ruoli ricoperto
dall’ente pubblico, secondo quanto presentato nella Tabella 1.
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Le Alpi che cambiano tra rischi e opportunità
Tabella 1: Modalità di organizzazione di alcuni sistemi di pagamento di servizi ambientali in campo forestale.
Tab. 1: Art der Organistion einiger Bezahlungsinstrumente der Umweltämter im Bereich der Forstwirtschaft
Table 1: Type of organization of several pay systems for ecosystem service in forestry.
Sistemi di Ruolo del settore
pagamento pubblico
Meccanismi di Esempi in
mercato
campo forestale
Caso studio
Mediati
Compensazioni ai
gestori di servizi,
a volte tramite
denaro pubblico
Tariffazione
addizionale del
servizio idrico per
compensare la
gestione forestale
(Art. 24 legge Galli)
Regione
Piemonte,
Regione Emilia
Romagna
Acquisto di
licenze e permessi
di raccolta
Prodotti e servizi
con marchio, green
labelling, responsabilità sociale di
impresa
Raccolta funghi,
licenze di caccia
Permessi
raccolta funghi
Volontari
Definizione dei servizi e
dei soggetti interessati,
delle regole e dei meccanismi di pagamento.
Controllo diretto sul
funzionamento del
mercato e sui soggetti
Formazione del mercato
tramite attribuzione dei
diritti di proprietà
Nessuno, se non quello
eventuale di formazione
ed informazione degli
operatori
Certificazione
gestione forestale,
coltivazioni biologiche, certificazioni
volontarie in campo
di emissioni di gasserra
Iniziative
Attività turistiche,
autonome del
ricreative, sportive,
settore privato
culturali, educative
Compra-ven
Mercato delle quote
Obbligatori Individuazione degli
operatori economici
dita di crediti/
di Carbonio, in
e degli standard di
debiti legati a
ambito Protocollo di
emissione.
servizi ambientali Kyoto: CDM, JI.
Controllo indiretto del Acquisto di
corretto funzionamento licenze e permessi
del mercato
Non preso in
considerazione
Parchi
avventura
Non ancora
presenti
esperienze in
Italia
I l servizio idrico
Sebbene le interazioni positive tra foresta, regimazione delle acque e diminuzione del rischio
idrogeologico siano state uno dei principi ispiratori della politica forestale italiana sin dalla
sua nascita, il ricorso a strumenti per la remunerazione del servizio idrogeologico dei boschi
è piuttosto recente. Una traccia dell’idea di sistemi di pagamento si trova per la verità nella
Legge 959/1953 di istituzione dei Bacini Imbriferi Montani, in cui si prevedeva di far pagare
ai concessionari di derivazione delle risorse idriche montane un sovra-canone da destinare
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Verso una nuova economia delle risorse forestali della montagna
ad opere di sistemazione montana e di valorizzazione del territorio a compensazione dei
disagi causati alle popolazioni montane dalle presenza di opere di captazione.
Tuttavia è solo con l’approvazione della legge Galli sul ciclo integrato dell’acqua (LN
36/1994) che l’idea di PES trova compimento nel contesto italiano. All’Art. 24, infatti, la
legge prevede che una quota della tariffa idrica possa venire destinata ad interventi di salvaguardia delle aree nel bacino di captazione. Nella Val Nossana, principale fonte di approvvigionamento idrico dell’acquedotto della città di Bergamo (Pettenella et al., 2006), era stato
avanzato un progetto di questo tipo.
La normativa – recepita finora dalla Regione Piemonte e dalla Regione Emilia Romagna
– ha previsto la compravendita del solo servizio di regimazione svolto dalle aree montane
nei riguardi della risorsa idrica (nella normativa si parla specificatamente di “favorimento
della riproducibilità” nel tempo e “miglioramento del livello di qualità”). Per la Regione
Piemonte, dove l’applicazione dello strumento è in fase più avanzata, il meccanismo di
pagamento prevede che una quota di tariffa variabile dal 3 all’8% venga destinata alle attività
di difesa e tutela del territorio montano e gestita dalle Comunità Montane tramite un Piano
Pluriennale di Manutenzione. Nel 2007 tali fondi hanno ammontato a circa 18.500 euro ed
hanno fatto fronte al 54% del costo dei previsti interventi di manutenzione e sistemazioni
idrogeologiche e idraulico-forestali del territorio montano.
P rodotti forestali non legnosi: la raccolta dei funghi spontanei
La commercializzazione dei funghi spontanei in Italia è regolamentata da una Legge
Nazionale (la L. 352/1993) e da normative regionali. Tra queste, si prende ad esempio quanto
previsto dalla Legge Regionale 23/1996 del Veneto. La normativa, emessa con l’obiettivo di
proteggere una risorsa naturale oggetto di un’utilizzazione ritenuta troppo intensa, disciplina
l’attività di raccolta in due modalità distinte, una per coloro – coltivatori diretti, titolari di
uso civico e proprietà collettive e soci di cooperative agro-forestali – che raccolgono funghi
a scopo di integrazione di reddito, l’altra destinata a chi svolge l’attività per l’autoconsumo
e con finalità principalmente ricreative. Viene stabilita una quantità massima di raccolta
giornaliera e la necessità, per chi raccoglie non a scopi di reddito, di munirsi di un tesserino
regionale e di acquistare un permesso con validità giornaliera, settimanale o mensile.
La norma assegna chiaramente i diritti di proprietà della raccolta dei funghi al proprietario; con l’imposizione di un limite massimo di raccolta giornaliera, si rende il bene disponibile in quantità limitata, ponendo le premesse per la creazione di un mercato in cui il bene
scambiato è il fungo e il servizio ricreativo connesso alla raccolta ed il meccanismo di pagamento quello dell’acquisto del permesso; i beneficiari sono i raccoglitori, i fornitori sono i
proprietari forestali. La norma inoltre stabilisce che almeno il 70% degli introiti derivanti
dalle sanzioni amministrative e dalla vendita dei permessi vadano “a favore di interventi di
tutela e valorizzazione dei territori oggetto di raccolta di funghi” e/o per iniziative didattiche, mentre il restante 30% serva a coprire i costi di amministrazione e controllo.
La legge assegna alle Comunità Montane la gestione della vendita dei permessi e dei relativi
introiti e ciò rende frammentaria la disponibilità di dati sulla dimensione del mercato. A titolo
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Le Alpi che cambiano tra rischi e opportunità
informativo si riportano alcuni dati relativi a due aree montane del Veneto: nell’altopiano
di Asiago, negli anni 2005-09, le entrate annue da vendita dei permessi per la raccolta su
un’area di 49.000 ha sono oscillate tra i 200 e i 270.000 euro/anno, legati alla vendita di più
di 20.000 permessi all’anno. L’introito diretto per la proprietà è significativo, ma è molto
superiore ai valori ricordati se si tiene presente l’effetto sul turismo locale.
Una considerazione diversa merita l’esempio delle Comunalie Parmensi dell’area di
Borgotaro (Emilia-Romagna), dove la vendita dei permessi comporta entrate superiori ai
700.000 euro/anno. Già dal 1993 il Fungo di Borgotaro ha ottenuto la certificazione di
Indicazione Geografica Protetta secondo la normativa dell’Unione Europea ed è stato istituito il Consorzio di Tutela con lo scopo di valorizzare il fungo tramite la creazione di una
filiera che prevede la vendita del prodotto al pubblico nei mercati locali e della provincia
o a ristoranti di circuiti gastronomici specializzati. Grazie a queste iniziative e all’attività di
promozione svolta dal Consorzio anche in ambito turistico – nell’area è stata tracciata anche
la Strada del Fungo – il fungo di Borgotaro è diventato nel tempo un elemento di identità
dell’area e di richiamo turistico, sostenendo un indotto nell’accoglienza e nella ristorazione.
È chiaro quindi che, dove la regolamentazione dei diritti di proprietà si affianca ad altre
iniziative volontarie di green marketing in grado di creare una catena di valore, l’offerta di
prodotti non legnosi può diventare una significativa fonte di reddito. La chiave del successo
di queste iniziative sta nella trasformazione di un servizio con forti connotati di bene
pubblico in un vero e proprio prodotto di mercato, e nella capacità di creare un network
funzionale al marketing territoriale (Pettenella e Kloehn, 2007).
R icreazione in foresta: i Parchi Avventura
La vendita di servizi ricreativi comprende una vasta gamma di tipologie di servizi che vanno
dal semplice accesso al bosco ad attività strutturate quali i posteggi al limitare delle aree
naturali, le attività sportive e relativi impianti turistici, la didattica naturalistico-ambientale.
Le attività si differenziano per un diverso grado di escludibilità e rivalità ed anche per il livello
di complementarietà nei consumi tra i prodotti vendibili ed il relativo ambiente agricoloforestale (Merlo et al., 1999).
Un caso interessante di strutturazione di servizio ricreativo che si è affermato recentemente in Italia è quello dei Parchi Avventura, un’esperienza nata a partire dal 2001 sul
modello francese. Si tratta generalmente di percorsi aerei sospesi tra gli alberi di una foresta,
costruiti mediante piattaforme in legno appoggiate sui fusti delle piante e passaggi acrobatici tra una pianta e l’altra. Negli ultimi cinque anni sono sorte in Italia circa 70 di queste
strutture, localizzate soprattutto nell’arco Alpino, anche se non mancano esempi in località
marine e nel centro-sud Italia (Loreggian, 2008). La proprietà e la gestione dei Parchi
Avventura sono nella maggior parte dei casi private, anche se spesso localizzate su aree forestali di proprietà pubblica, cedute al gestore del Parco tramite contratti di concessione. Per
un Parco di dimensioni medio-grandi (circa 10.000 visitatori all’anno, su una superficie di
un ettaro), i costi di realizzazione sono dell’ordine di alcune centinaia di migliaia di euro e il
tempo di ritorno dell’investimento è di 5-6 anni. L’accesso alle strutture da parte degli utenti
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Verso una nuova economia delle risorse forestali della montagna
avviene tramite acquisto di un biglietto a tempo o a percorso. Loreggian (2008) ha stimato
una disponibilità a pagare media del consumatore intorno a 12,00 euro per visita. Elementi
di successo sono la localizzazione in aree già rinomate dal punto di vista turistico, la facilità
di accesso e di parcheggio, la capacità di creare sinergie con altre attività turistico-ricreative
offerte dal territorio.
Il segmento cui attingono i Parchi Avventura è quello del turismo sportivo ed escursionistico, e in una certa misura anche il turismo scolastico. È un mercato relativamente
maturo, dove il prodotto offerto è però nuovo e richiede capitali, imprenditorialità e competenze tecniche specifiche, caratteristiche più facilmente rinvenibili nei soggetti privati piuttosto che negli enti locali (ad esempio i comuni proprietari forestali nelle aree montane). Le
dimensioni sono quelle di un mercato di nicchia ma in crescita sia sul lato della domanda che
dell’offerta. Difficile stabilire al momento quale sarà la dimensione sostenibile del mercato,
data la velocità con cui nascono nuovi prodotti turistici e la continua variazione nella composizione della domanda.
I dati economici a disposizione sembrano indicare che il Parco Avventura può costituire una buona opportunità di reddito per il proprietario forestale privato, tuttavia per un
numero ristretto di siti e di imprenditori. Produzione legnosa e gestione a fini ricreativi sono
tra l’altro obiettivi mutuamente escludibili e la competizione insorge per i siti migliori, i più
pianeggianti ed accessibili, non per i siti marginali, con piante piccole o troppo distanti dalla
viabilità. Difficile quindi che questi parchi possano offrire una risposta per il recupero a
media scala di aree forestali altrimenti abbandonate. In un’ottica collettiva, la questione è più
sfumata. L’interesse di un proprietario forestale pubblico nei riguardi di un Parco Avventura
risiede sia nella partecipazione diretta ai redditi – tramite concessioni o forme associate di
gestione – sia nella capacità dell’attività di produrre indotto nell’occupazione, di essere un
elemento di richiamo turistico parte di un’offerta territoriale complessiva (nell’ambito di
iniziative di marketing territoriale) e di essere un mezzo di avvicinamento all’attività sportiva
e all’educazione ambientale.
Nella Tabella 2, i tre casi-studio, emblematici di diversi servizi, diversa organizzazione
istituzionale ed anche diversa dimensione del mercato, vengono valutati alla luce dei tre
attributi: efficacia, efficienza ed equità distributiva. Quanto discusso nei precedenti paragrafi,
alla luce anche dei casi di studio italiani, porta ad alcuni elementi di riflessione. Occorre infatti
chiedersi se i PES costituiscano effettivamente un’opportunità per i proprietari/gestori
forestali o se, invece, parafrasando Landell-Mills e Porras (2002), siano uno “specchietto
per allodole”. Analizzando i casi di studio italiani in base ai tre attributi ritenuti al momento
più significativi (efficacia, efficienza ed equità distributiva), si può osservare come nel
complesso, anche se con un certo margine di variabilità, per la raccolta dei funghi spontanei
e i Parchi Avventura emergono valutazioni positive. Ciò può essere messo in relazione alla
valenza ricreativa di queste due tipologie, alla più elevata maturità del mercato turistico cui
si rivolgono, nonché alla più prolungata applicazione dello strumento nel contesto italiano.
Per i Parchi Avventura non va dimenticato che gli elevati livelli raggiunti in tutti gli attributi
si accompagnano ad una dimensione del mercato a scala di nicchia. Per i servizi legati alla
regimazione idrica, invece, l’esperienza presenta tutti i difetti di uno strumento all’inizio
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Le Alpi che cambiano tra rischi e opportunità
del proprio ciclo di vita. In questo caso le potenzialità in termini di scala sono elevate,
data la natura del servizio e il bacino d’utenza potenzialmente molto ampio, ma questo
aspetto potrebbe essere un limite se non verranno ricercate economie di scala nei costi di
transazione.
Tabella 2: I tre casi di studio italiani alla luce degli attributi di successo dei PSA
Tab. 2: D ie drei Fälle italienischer Untersuchungen im Licht der Erfolgsmeldungen der PSA
Tabl. 2: The three Italian study-cases in the light of the success of PSA
Attributo
Legge Galli
Raccolta funghi
spontanei
Efficacia
Medio-bassa: difficoltà
ad individuare le
relazioni causa-effetto;
difficoltà di individuare
i fornitori finali del
servizio; destinazione
dei fondi non sempre
esplicita
Da bassa ad elevata:
dipende dalle legislazioni
regionali, es. Veneto 70%
dei proventi dalla vendita
dei permessi deve essere
reinvestito nei boschi
in cui si raccolgono i
funghi
Efficienza nella
produzione
di reddito
Efficienza
economica (costi
di transazione)
Equità distributiva
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Parchi Avventura
Elevata per quanto
riguarda la produzione del servizio
ricreativo; variabile
per la produzione
degli altri servizi
(dipende dalla situazione di partenza del
bosco)
Medio-bassa: fondi non Da bassa ad elevata, a
Elevata: elevato
sufficienti a coprire le seconda della presenza investimento, ma
spese di manutenzione di forme associative e di brevi tempi di rientro
iniziative di marketing
territoriale
Medio-bassa: alti costi
di transazione
Medio-bassa: elevati
costi di controllo;
inefficace sistema sanzionatorio; costi minori con
l’associazionismo
Bassa: l’entità e la
Potenzialmente elevata:
distribuzione dei fondi associazioni forestali,
dipendono dal numero iniziative di marketing
degli utenti finali e non territoriale; difficile dove
dall’estensione delle
predomina la proprietà
superfici forestali nel
privata (mancato trasfebacino di captazione
rimento dei fondi ai
fornitori del servizio)
Elevata: bassi costi di
transazione
Attualmente
medio-bassa: scarso
coinvolgimento delle
comunità locali;
potenzialmente
medio-alta: dipende
dalle capacità di
creare indotto e
sinergie con altre
attività turistiche
Verso una nuova economia delle risorse forestali della montagna
Infine, è bene ricordare che i sistemi di pagamenti ambientali sono altamente site-specific e
ciò costituisce al contempo un punto di forza molto promettente – lo strumento consente
tarature molto mirate – e, un punto di debolezza, poco o niente ha valenza generale. Le
relazioni causa-effetto, quelle tra uso del suolo-modalità di gestione-servizio prodotto,
andranno quindi studiate e capite a fondo prima che i sistemi di pagamento per i beni
pubblici forestali possano trovare adeguato spazio e applicazioni operative nelle politiche sia
a scala nazionale che regionale.
4. C onclusioni
L’allargamento della forbice tra convenienza privata nella produzione di legname e convenienza pubblica nell’offerta di servizi ambientali è un problema che può essere affrontato
con due gruppi di strumenti, tra loro integrabili: la creazione di nuovi mercati e l’intervento
diretto pubblico di sostegno all’offerta di servizi ambientali. La prima categoria di strumenti
richiede buoni livelli di imprenditorialità e spesso la capacità di creare network tra diversi
operatori, inserendo le attività forestali in ambiti più ampi di attività economiche integrate.
Quanto più si sviluppano tali nuovi mercati, tanto meno si dovrà ricorrere all’intervento di
sostegno pubblico.
In Italia, le difficoltà economiche nella gestione forestale stanno determinando un ricorso
soprattutto alla seconda categoria di strumenti, con un coinvolgimento maggiore del settore
pubblico nella gestione diretta delle risorse in un ruolo di supplenza delle iniziative private.
Una parte significativa delle foreste italiane (33,9-43,9% a seconda delle fonti) è di proprietà
pubblica, 65-70.000 operai forestali sono impiegati da enti pubblici. Attività di vigilanza,
assistenza tecnica, formazione, ricerca, sistemazione idraulica-forestale, produzione vivaistica, certificazione sono gestite direttamente da soggetti pubblici con un assorbimento di
finanziamenti che non lascia molti spazi ad un significativo incremento di spesa a favore
di linee di sviluppo alternative affidate alla responsabilità della società civile. Tale ruolo
di gestione diretta è negativo, ancor più che per i costi e talvolta l’inefficienza della spesa
pubblica, perché contraddice il principio di sussidiarietà orizzontale (o sociale) e incide sulle
possibilità di sviluppo di un modello alternativo, basato sulla valorizzazione delle capacità
di fare impresa, del capitale sociale, delle iniziative “dal basso”, dei modelli più innovativi
dei sistemi di pagamento di servizi ambientali. Questo non è un problema specifico del
settore forestale, né tantomeno un problema specificatamente italiano, ma una questione
più generale relativa al nuovo sistema di governance che deve orientare le relazioni tra lo Stato
e la società civile, tra legislazione e mercato (Zimmermann, 2003; Bisang e Zimmermann,
2004).
Il Ministro dell’Economia dell’attuale Governo italiano, l’economista Giulio Tremonti,
ha efficacemente sintetizzato il problema ricordando un corretto principio di orientamento:
“Il mercato se possibile, il Governo se necessario”. Sfortunatamente l’osservazione della
realtà ci insegna che “tra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare”.
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Le Alpi che cambiano tra rischi e opportunità
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