A San Gavino nasce “Insieme 8” gruppo di mutuo aiuto di tipo
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A San Gavino nasce “Insieme 8” gruppo di mutuo aiuto di tipo
PDF Compressor Pro 12 1 agosto 2014 INCONTRO CON LA PSICOLOGA ALICE BANDINO A San Gavino nasce “Insieme 8” gruppo di mutuo aiuto di tipo oncologico Abbiamo posto alcune domnde alla psicologa Alice Bandino, fondatrice e referente del gruppo A.M.A. Che cos’è un Gruppo A.M.A. Sono strutture autonome (collaborano con le Istituzioni ma non ne dipendono), di piccolo gruppo, a base volontaristica costituita da persone affette da una patologia o da una problematica comune. Lo scopo dei Gruppi A.M.A. è quello dell’aiutarsi vicendevolmente, soprattutto attraverso il sostegno emozionale e socio-emotivo, riunendosi una volta alla settimana o una volta ogni due. Il nostro gruppo A.M.A. è di tipo Oncologico, formato da pazienti e parenti oncologici; si chiamerà “Insieme n°8” sezione di San Gavino Monreale e inizieremo le attività a settembre. Il numero 8 sta ad indicare che saremo l’ottavo comune in Sardegna ad avere aperto un A.M.A. grazie alla Onlus sarda “InVITA La Vita”, la cui mission è proprio quella di dare sostegno e armi alle persone che sono state colpite dal cancro e che si trovano in una situazione di smarrimento e disorientamento, sostegno attuato sia attraverso la formazione di Gruppi di Auto Mutuo Aiuto oncologici in tutta la Sardegna, che attraverso l’A.D.A.D, ovvero l’Assistenza Domiciliare a Distanza (tutte informazioni reperibili nel loro sito www.invitalavita.it). Il gruppo si presenterà ufficialmente alla popolazione i primi di settembre, con l’organizzazione di un’intera giornata dell’oncologia, che ci piace immaginare avrà tra i protagonisti non solo il Gruppo, ma tutti i servizi territoriali e le Associazioni che si occupano di cancro. Ci siamo mossi in anticipo proprio per realizzare al meglio tutta la giornata. Com’è nata l’idea e da chi è composto il gruppo ”Insieme 8"? Personalmente l’idea è nata come spesso accade, dopo la morte di mio padre, otto anni fa, a soli 53 anni appena compiuti. A quei tempi non esisteva il D.H.di Oncologia nel nostro ospedale, quindi è stato seguito dall’inizio alla fine a Cagliari, sia per le visite che per la chemio e la radioterapia. In quegli anni ancora non si sentiva parlare di psiconcologia, non so neanche se ci fosse uno psicologo in reparto, e se c’era e io non lo sapevo, è la conferma che noi parenti non eravamo considerati parte integrante nel percorso di cura di mio padre. Io sono la referente e una facilitatrice del Gruppo; vi sono poi il presidente, la segreteria, il tesoriere, altri facilitatori, i responsabili della sede e delle manifestazioni collaterali al gruppo. Per motivi di privacy non cito i nomi, ma son tutte persone che hanno sposato l’idea e che già si sostenevano l’un l’altro ancora prima che costituissimo l’A.M.A. Sono tutti parenti e/o pazienti oncologici, è un gruppo giovane e la lista cresce giorno dopo giorno, tanto da aver già valutato che a settembre potrebbero partire due gruppi e non uno solo! Com’è articolata oggi la comunicazione medico- paziente oncologico? Oggi è diverso, con la comunicazione della diagnosi ti viene comunicata dagli oncologi anche la possibilità di avere colloqui con uno psiconcologo, con gli infermieri che ti seguiranno, con l’assistente sociale, in alcuni P.O. anche con la nutrizionista, il chirurgo ecc.ecc., si agisce sul paziente ma si coinvolge tutto il nucleo familiare. Oggi si sa che un corretto sostegno emotivo unito alle terapie biologiche è significativamente incisivo a livello qualitativo della vita dopo la diagnosi di cancro, e le ultime ricerche lo pongono tra i fattori correlati positivamente col buon esito delle cure. Il sostegno nel gruppo A.M.A. non vuole certo sostituirsi al sostegno professionistico psicologico, semmai integrarsi con esso, accogliendo il paziente o parente oncologico in un gruppo dove ognuno ha il suo ruolo, che all’occorrenza può variare, soprattutto nei periodi in cui a causa delle terapie i pazienti o i loro parenti necessitano di meno compiti. Le attività sono numerose e molteplici, volte non solo al sostegno tra pari, ma anche alla prevenzione oncologica. Saranno promossi convegni e aggiornamenti, chiederemo la partecipazione dei medici e degli operatori del nostro Day Hospital cittadino, che spesso vengono invitati nei paesi limitrofi. Si sentiva la necessità di attivare nella nostra cittadina un Gruppo A.M.A., visto il grande interesse che riguarda l’argomento nel nostro territorio, nel quale l’incidenza tumorale è abbastanza alta. Una piccola anticipazione è stata data venerdì 12 giugno nell’incontro di Psiconcologia organizzato dal Percorso Prevenzione Salute Educazione e Sport di Gianluca Vaccargiu. Come è andata? È andata bene, ma avendo mandato la locandina a diverse associazioni, ci aspettavamo ancora più partecipazione. Non tanto per l’A.M.A. quanto per l’argomento del convegno oncologico. La mission per chi si occupa di psiconcologia è di sostenere il benessere psicofisico e sociale dei pazienti, dei loro parenti e non farli mai sentire soli. Ben vengano i memorial, le catene tristi su facebook, i nastrini rosa, ma la verità è che il più grande aiuto che possiamo dare loro è il nostro tempo, il nostro aiuto, la nostra creatività, la nostra empatia e le nostre forze nel momento del bisogno quando sono in vita. Dopo restano solo i ricordi e le preghiere. Gian Luigi Pittau SAN GAVINO SARDARA Un piano regolatore per dare una mano a “Gli invisibili MiciAmici Sardegna” Concorso nazionale di inglese, Chiara Mazzotta prima tra le studentesse sarde Nella scorsa edizione del quindicinale abbiamo parlato delle volontarie dell’associazione MiciAmici Sardegna, operative a San Gavino Monreale, in merito ai tre cuccioli abbandonati per strada e ritrovati a Lunamatrona dal maresciallo Carlo Mascia, e adottati circa dieci giorni fa. L’associazione regionale di volontariato e solidarietà, impegnata nella tutela e cura di gatti e cani randagi e legata all’associazione nazionale “MiciAmici Onlus” di Mortara (PV), è unica nel Medio Campidano e seconda nell’isola dopo quella di Oristano. Abbiamo chiesto alle volontarie della struttura sangavinese “Gli invisibili MiciAmici Sardegna” come viene svolto l’oneroso compito in un paese dove ancora non esiste un piano regolatore per il randagismo. «Abbiamo presentato più volte al Comune proposte di progetti - fa sapere l’Associazione L’amministrazione comunale ha ascoltato le nostre richieste e le ha prese in carico, avviando una graduale collaborazione con noi. Ma non è facile far muovere la macchina burocratica e di fatto a San Gavino non esiste ancora un regolamento comunale di randagismo. Questo comporta alcuni problemi burocratici ed economici». In che senso problemi burocratici ed economici? «Secondo la normativa nazionale la struttura è totalmente in regola. Dal punto di vista locale invece, per fare un esempio, i randagi trovati nel territorio sono di proprietà comunitaria e quindi anche l’ospitalità in un rifugio per cani deve essere autorizzata ufficialmente dai comuni o da istituzioni pubbliche. Per quanto riguarda l’aspetto economico, le uniche risorse che abbiamo sono le nostre e quelle donate dai cittadini solidali. E nei nostri progetti proponiamo 300 euro una tantum. Non sono tanti, considerato che per altri canili si spendono circa mille euro annui a randagio. Una collaborazione di questo genere tra associazione e istituzioni sarebbe proficua per la comunità, di notevole risparmio anche per le spese comunali». E vi basterebbe questa somma? «Non sarebbe sufficiente, ma costituirebbe un ausilio per tutto ciò che comporta la cura di un animale. Di tipo veterinario, di convivenza nella struttura, di ripristino psicologico e fisico dell’animale e per la selezione di chi li adotta, che vengono da noi monitorati, non solo quando c’è da definire adeguati l’ambiente e la compatibilità tra cane e padrone, ma anche dopo le adozioni». Così, per non farle sentire “invisibili” nel territorio, come i teneri amici a quattro zampe da loro accuditi, ci siamo rivolti al comune di Sardara dove è già attivo un regolamento del settore. «È fattibile un’eventuale convenzione tra un comune limitrofo e l’associazione territoriale, in attesa che venga approvato il regolamento a San Gavino?» «Se presentano una proposta e ci sono i presupposti per essere accolta, perché no?», è stata la risposta del vicesindaco Ercole Melis. Marisa Putzolu Ha una grande passione per l’inglese ed è arrivata prima tra le studentesse sarde al concorso nazionale dell’Università di Pisa che ha visto la partecipazione da tutta Italia di 750 ragazzi delle quarte delle superiori. È la storia di Chiara Mazzotta, studentessa di Sardara della quarta F del liceo linguistico di San Gavino che è arrivata nona a livello nazionale. La studentessa 18enne potrà partecipare gratuitamente per una settimana ad un corso di inglese nella facoltà di lingue di Pisa: <Ho presentato un componimento in inglese – racconta Chiara Mazzotta – in cui ho sottolineato che proprio questa lingua è un elemento in comune di tutti gli abitanti del mondo. In passato sono stata in Inghilterra ed anche in Irlanda. I viaggi sono la mia passione>. Felicissima la docente di inglese Maria Luisa Dessì: «Chiara ha scritto una presentazione in inglese nella quale spiegava i motivi della sua passione per la lingua. Ci tengo a dire che io non ho potuto leggere quanto ha scritto perché non c’è stato tempo. Chiara è mossa da una forte determinazione e da una passione per l’inglese fuori dal comune che l’ha portata a raggiungere risultati eccellenti tenuto conto della sua giovane età e dei mezzi di cui dispone. Il suo livello linguistico è molto alto». Felicissimi i compagni di classe di Chiara che studiano anche spagnolo ed hanno battuto in una sfida recente il linguistico di Villacidro. (g. l. p.) PDF Compressor Pro 1 agosto 2014 13 COLLINAS Calo di nascite, a rischio la scuola dell’infanzia A l centro dell’abitato, vicino alla chiesa, sorge un edifi cio di grandi dimensioni, circondato da un ampio giardino in cui, nel torrido caldo estivo, le altalene non cigolano più: la scuola è finita. L’edificio è stato in passato una casa, quella della signora Virginia Diana, che è stata poi adattata all’uso di scuola dell’infanzia, gestita dalle suore francescane. Molte generazioni di collinesi hanno passato i primi momenti della propria giovinezza in quella casa e nel suo giardino. La scuola è di ovvia utilità, come suor Stefanina, l’attuale responsabile della struttura, ci informa, essa fornisce ai bambini un insieme di conoscenze utili alla prima socializzazione e a una predisposizione base necessaria affinché possano rapportarsi all’istruzione futura. Suor Stefanina è a Collinas dal 1995, e ancora oggi si occupa della scuola. In un primo periodo, oltre a preoccuparsi dell’amministrazione, stava direttamente a contatto con i bambini e li accompagnava con l’insegnamento nei primi anni della loro vita. «La scuola dell’infanzia», afferma, «è fondamentale per qualunque bambino. I primi anni sono quelli in cui i piccoli devono apprendere i fondamenti del vivere comune e devono capirne l’utilità. La comprensione è l’elemento più importante, i bambini, se non indirizzati nei giusti modi, potrebbero percepire gli insegnamenti come imposizioni dall’alto e non assimilarli come patrimonio personale. È, quindi, imprescindibile, in primo luogo, la comunicazione con i piccoli». La suora racconta di aver visto, di anno in anno, crescere e decrescere il numero di iscritti alla scuola: «Ci sono stati degli anni difficili, con pochissimi iscritti, soprattutto perché il tasso di natalità era bassissimo, ma durante la mia permanenza abbiamo avuto, per alcuni periodi, un numero consistente di bambini». La sua permanenza a Collinas è di suo gradimento? «Non avrei potuto chiedere di meglio. La gente del paese è sempre stata disponibile e ha sempre dato il suo contributo per il bene della scuola. Se posso, rimarrò qui», afferma con entusiasmo. Tuttavia, un’ombra incombe sulla scuola dell’infanzia a Collinas, il numero di nascite è sempre più basso e gli addetti ai lavori scarseggiano. Suor Stefanina spiega che non è possibile portare avanti una scuola con un gruppo ridotto (6/7 elementi) di bambini, perché la stessa socializzazione alla base dell’insegnamento sarebbe messa a repentaglio. Cosa sarà dunque della casa che per generazioni ha ospitato i piccoli collinesi fra qualche anno? Probabilmente sarà adibi- GUSPINI Successo dello spettacolo “Zapping Show” «Tre mesi di lavoro intenso, un centinaio di persone coinvolte, infinite emozioni per tutti noi: non potremmo essere più orgogliosi della buona riuscita dello spettacolo, della sala gremita che ci ha accolti e soprattutto dell’impegno dei nostri ragazzi». C’è soddisfazione nelle parole di Walter Piras, giovane operatore della cooperativa La Clessidra, che nella tarda serata di mercoledì 19 giugno, insieme ad altri sette colleghi, ha coordinato lo spettacolo “Zapping Show”, organizzato dal Centro di Aggregazione Sociale Pertini di Is Boinargius e tenutosi al Cineteatro Murgia. «Volevamo sensibilizzare il pubblico racconta il giovane operatore - a un uso più consapevole e intelligente dello strumento televisivo. Di questi tempi si assiste sempre più spesso a un preoccupante fenomeno: quello dei bambini abbandonati dinnanzi alla tv, davanti alla quale trascorrono ore e ore assorbendo tutto quanto essa propini loro. La bellezza del contatto umano, i rapporti famigliari, le amicizie, tendono a essere relegati in secondo piano, con grave pregiudizio del bambino e della sua formazione. Il compito di ognuno di noi è stato trovare le giuste strategie per trasmettere questo messaggio, specie ai più giovani». Traendo spunto dai programmi più amati del palinsesto, gli iscritti al centro di aggregazione sociale hanno trasformato il palcoscenico del Cineteatro Murgia in un grande schermo televisivo: dai perentori giudizi dei giudici di “Masterchef” alla lacrimosa storia di Doloretta e Gregoria in “C’è posta per te”, nessun lato oscuro del tubo catodico è stato risparmiato. «Lo show? Una bella esperienza che non dimenticherò» afferma Ivonne Pilloni, 20 anni, che impersonando una talentuosa concorrente di “X Factor” ha cantato alcune canzoni tratte dal repertorio pop italiano. «Non era la prima volta che salivo su un palco, ma ogni volta è come se lo fosse, forse a causa della mia timidezza. Ho cercato di dare il meglio di me e nonostante qualche piccolo intoppo nell’ultima canzone sono davvero felice». L’evento ha visto coinvolti anche i piccoli della Ludoteca, impegnati a riproporre alcuni brani storici dello Zecchino d’oro, e un coro tutto al femminile che si è esibito in un medley di brani d’altri tempi. «Si è partiti dall’idea di realizzare un musical - prosegue Walter Piras - ma poi ci siamo resi conto che il tempo a disposizione non avrebbe permesso una preparazione adeguata di ballerini e scenografie. E, in accordo con i ragazzi che frequentano il centro, si è optato per uno spettacolo originale e divertente che potesse coinvolgere tutte le fasce d’età. Speriamo di poter continuare a perseguire al meglio gli scopi aggregativi, educativi e sociali del Centro. Vista l’importanza del servizio - conclude - sono certo che la nuova amministrazione comunale ed i Servizi sociali saranno ben disposti in questa direzione». Francesca Virdis ta a ricovero per anziani o avrà comunque una funzione assistenziale, in un paese che è sempre più dei “vecchi”. Come si potrebbe risolvere altrimenti il grosso calo di nascite e di abitanti nei centri come Collinas? È forse il caso di valorizzare i nostri comuni da capo, con altre strategie, visto che quelle passate non hanno evitato la loro, ormai sempre più imminente, estinzione? Per adesso non lo stiamo facendo, e la chiusura prossima della scuola dell’infanzia non è che una delle avvisaglie della desolazione a cui rischiamo di andare incontro. Paolo Onnis PABILLONIS Saggio di fine anno per la scuola di ballo Azzurro Latino La scuola di ballo Asd Azzurro Latino, dopo aver partecipato a numerose competizioni, con ottimi risultati, in tutte le categorie, il 27 giugno, nella piazza Madonna di Fatima, ha presentato il saggio di fine anno. I maestri Sara Cuccu e Marco Fanari hanno voluto regalare una serata indimenticabile alla comunità di Pabillonis. Tutti gli allievi, dai più piccoli ai più grandi, hanno dimostrato tanta bravura e abilità. Insieme a loro si sono esibiti anche i ballerini di San Nicolò d’Arcidano. La serata è stata arricchita, inoltre, da altre scuole di ballo molto apprezzate dal numeroso pubblico presente: Like to Dance del maestro Michele Piras, mentre Ilaria Corda ha incantato i presenti con la sua danza orientale e la scuola di danza Domaris ha presentato la spettacolare danza acrobatica con il bravissimo Alessio Cruccu. Una serata ottimale e indimenticabile dunque, grazie soprattutto agli allievi dell’Azzurro Latino che hanno dimostrato la loro bravura e abilità per il ballo, frutto delle fatiche di un anno della maestra Sara e dell’instancabile lavoro profuso dal maestro Marco, che hanno saputo trasmettere ai giovani allievi tanta passione per la danza. Dario Frau Classe 1975: festa quarantenni La classe 1975 sta organizzando la festa per i 40 anni. Per poter predisporre in modo ottimale tutti i preparativi e organizzare la grandiosa festa che si terrà presumibilmente il 22 agosto è indispensabile avere le adesioni, dare suggerimenti e tutte le indicazioni utili per la cena e il dopocena che si terrà in un locale del territorio. Per tutti i dettagli chiamate: Barbara cell. 340 4171849; Tamara cell. 380 3288374; Lorena cell. 347 5053400; Arianna cell. 342 5684837; Gabriella cell. 347 7589456 Il comitato organizzatore PDF Compressor Pro 14 1 agosto 2014 SERRAMANNA Sant’Isidoro: due giorni di festa in onore del protettore degli agricoltori e dei raccolti S i è conclusa con successo la tradizionale festa in onore a Sant’Isidoro, protettore degli agricoltori a cui ci si invoca allo scopo di ingraziarsi un buon raccolto ed allontanare le carestie. Due giorni di festeggiamenti. Il meteo incerto e l’aria fresca non hanno agevolato il lavoro del comitato e del suo giovane presidente Giovanni Pintus, 29 anni. «Abbiamo voluto dedicare l’evento religioso de “Is traccas de Sant’Isidoru” in ricordo di Marco Limoncino, giovane agricoltore scomparso prematuramente, e Salvatore Saiu, componente del comitato recentemente scomparso», afferma il presidente. Quest’anno i festeggiamenti sono stati organizzati in concomitanza dell’evento regionale “Monumenti Aperti” al fine di attirare maggiore attenzione turistica. LE TRACCAS Erano 25 le “traccas” che rappresentano scorci di vita contadina e quotidiana. Rimorchi addobbati a festa e trainati da trattori che hanno accompagnato il Santo nella tradizionale processione religiosa. Sopra i carri scene legate alla mietitura del grano, la vinificazione o di vita quotidiana come le lavandaie al fiume o la panificazione. Una processione ricca che ha visto in apertura la presenza di una cinquantina di cavalieri provenienti anche da Mamoiada e di- versi gruppi folk tra cui Serramanna, Monserrato, Assemini e Samassi. Presenti anche le scuole materne e l’oratorio della chiesa di Sant’Ignazio. In chiusura la processione religiosa e il santo, trainato da due imponenti buoi, lungo le strade del paese. IL VINCITORE Nel percorso una serie di giurati chiamati a valutare il carro più bello. Ad aggiudicarsi il primo posto il gruppo numero 19 di Giacomo Loi con “Boghendi funtana”. Uno scorcio di vita domestica e la riproduzione di una antica casa, di colore celeste, e della sua “lolla” con all’esterno una fontana creata con tre tronchi di legno. Ad adornare la struttura intonacata con il fango diverse fascine e una fioriera realizzata con canne. Sul lato principale una finestra che si affaccia verso il trattore: un imponente FIAT RS60. «Lo schizzo della casa è stato realizzato da Giuseppe Todde», sottolinea Giacomo Loi, poi pian piano in cinque settimane tutto il resto ha preso vita. «Abbiamo lavorato alla tracca durante il nostro tempo libero», racconta con soddisfazione. Una festa storica che pone le sue radici nel passato. IL SANTO L’agiografia racconta la vita di Sant’Isidoro, agricoltore laico, nato e vissuto a Madrid intorno al XII se- Il ritorno dell’emigrato, lo Schùtzen Paolo Melis Il guspinese Paolo Melis ha dimorato per 40 anni in Germania, facendo parte degli Schùtzen, un corpo speciale di polizia locale, presente nei piccoli paesi e borghi della Germania. Nel 1999, alcuni rappresentanti della citta tedesca di Wesel (Renania Settentrionale - Vestfalia), esponenti del gruppo, anche società militare, arrivarono in divisa a Guspini per un insolito gemellaggio. Paolo Melis, ora in pensione, non ha mai dimenticato i suoi amici Shutzen, anzi l’attaccamento e l’amore verso quella associazione si sono sempre più rafforzati, perchè anche in Sardegna, fra i militari tedeschi di Decimomannu, ci sono alcuni riservisti che fanno parte di quella compagnia. A Guspini, tra quei riservisti, oltre a Paolo Melis, vive anche Hans Peter Muncher: gli unici del gruppoche vivono nel Medio Campidano. Da sei anni, anche loro hanno rinnovato e celebrato la festa di questa caratteristica associazione militare, che unisce assai strettamente gli aderenti in amicizia, spirito di corpo, orgoglio. E poi, per quella voglia di festeggiare, ogni anno, con musica popolare, canti e naturalmente con tanta birra “naturlich “, a fiumi. Quest’anno gli Schùtzen “sardi” hanno fatto festa a Ussaramanna, in una località suggestiva. Ci raccontano che “il sergente” della Compagnia ha avuto un immenso piacere nell’incontrare vecchi amici e nel conoscerne dei nuovi. Dalla Germania, inoltre, è arrivata una banda musicale e sono giunti altri aderenti di quella “società militare” a rallegrare per quattro ore gli Schutzen tedeschi e italiani. Gli Schùtzen, apolitici,conosciuti anche come bersaglieri tirolesi, cacciatori, scizzeri o sizzeri, erano nati come milizia volontaria asburgica, per la difesa territoriale. La parola tedesca Schtze, significa “ tiratore”. In tempo di pace praticavano il “tiro al bersaglio” con un’arma corta a canna rigata, molto precisa. Oggi, in Italia sono presenti nel Tirolo austriaco, Trentino - Alto Adige, Ampezzano, Livinallese come associazioni folcloristiche. In riferimento alla festa del 1998, la giornalista Anne Gerlach racconta che Paolo Melis, membro della terza Compagnia aveva avuto un’idea grandiosa. Per il suo 60° compleanno colo. La ricorrenza per il suo festeggiamento è il 15 maggio. Il suo nome Isidoro proviene dal greco e significa “dono di Iside”, dea della maternità, prosperità e fertilità. Le vite di Isidoro e sua moglie Maria Toribia, spesso non menzionata, sono legate unicamente a due attività quotidiane: la preghiera e il lavoro. Nonostante lavorasse duramente la terra Isidoro partecipava quotidianamente all’eucarestia tanto da ricevere dai suoi compagni l’accusa di togliere ore di lavoro per la preghiera. Non sa né leggere, né scrivere, ma riesce a parlare con Dio. Accusato dai colleghi di “assenteismo” e di aiutare i poveri e gli animali con generosità attingendo alle risorse del suo padrone senza però che queste diminuissero. È solo alla sua morte che compì miracoli in favore di chi lo invocava tanto che solo cinque secoli più tardi fu canonizzato. Carlo Pahler [Foto Enea H Medas] SAN GAVINO. ORGANIZZATA DALLA PRO LOCO Sesta festa dell’emigrato aveva invitato i capi della società degli Schùtzen in Sardegna. Così, aveva organizzato tutto: il viaggio aereo, scelto un hotel sul mare, fornendo la macchina con le uniformi, una fisarmonica. I tedeschi conservano ancora forti ricordi: della bellezza del mare, della processione di S. Antonio coi trattori, dei carri trainati da buoi infiorati, e dei giovani che cantavano nelle “traccas”. Giornate intense, con i fantastici cibi sardi, di arrosti allo spiedo, pesci e tante altre gustose specialità della Sardegna. Una grande festa, con canti alla fisarmonica, un grande ricordo. «Per noi tedeschi - conclude la Gerlach - una settimana fantastica e indimenticabile. E tutti furono ricevuti nell’aula consiliare del Comune dal sindaco Tarcisio Agus. Evaristo Puxeddu Un’intera giornata dedicata agli emigrati sangavinesi e sardi nel mondo. È questa la manifestazione organizzata per il sesto anno dalla Pro Loco per giovedì 13 agosto in concomitanza con i festeggiamenti di Santa Chiara. Un momento per incontrare non solo gli emigrati sangavinesi ma anche tutti quei sardi che per lavoro hanno dovuto lasciare l’Isola e che in estate riescono a rientrare per incontrare amici e parenti e trascorrere le meritate ferie. RICONOSCIMENTO PER GLI EMIGRATI «Sarà una grande occasione - spiega il presidente della Pro Loco Antonio Garau - per salutare e ringraziare, assieme all’amministrazione comunale, i nostri fratelli che pur lontani non hanno dimenticato la terra natale e il loro paese, dimostrando il loro affetto. In particolare daremo un riconoscimento speciale a due sangavinesi che hanno fatto conoscere il nome del paese nel mondo». IL PROGRAMMA In omaggio agli emigrati ci saranno alcuni eventi collaterali e giovedì 13 alle 19 nella chiesa di Santa Chiara la Santa Messa dell’emigrato. Al termine in piazza Marconi il saluto agli emigrati e la consegna di ricordoomaggio da parte della Pro Loco. Alle 20 la cena in piazza con i piatti tipici allo zafferano come i classici malloreddus ed ancora prodotti locali accompagnati da un buon bicchiere di vino. Dalle 21 alle 24 Ballus in Pratz’e Crèsia, una serata popolare di balli sardi (a richiesta intermezzi di liscio ). L’EDIZIONE DEL 2014 E proprio lo scorso anno la Pro Loco aveva ringraziato pubblicamente i tanti circoli degli emigrati che avevano dato un aiuto concreto al paese sconvolto dall’alluvione del 2013. In particolare si erano distinti per il generoso aiuto portato a San Gavino e ad altri paesi colpiti il circolo “Il Nuraghe di Alessandria” e il suo presidente Vittorio Farci e Gianni Porceddu, un caro amico che manca da San Gavino da cinquant’anni. Prima muratore, poi poliziotto e ora manager di una ditta leader a livello mondiale nella fabbricazione e commercio delle pipe. Gian Luigi Pittau PDF Compressor Pro 1 agosto 2014 15 Anche Guspini era presente all’infiorata di piazza San Pietro C ’erano anche gli “Infioratori S. Maria” di Guspini alla IV edizione dell’infiorata storica di Roma, tenutasi nella notte tra il 28 e il 29 Giugno in via della Conciliazione e Piazza Pio XII. A ricoprire l’incarico di ambasciatori della bellezza in terra vaticana, tredici coraggiosi quanto esperti infioratori: Maria Cristina Pintus, Raffaele Sanna, Valeria Olla, Mara Caria, Marco Puddu, la piccola Emma, e poi Fernanda Pinna, Rossella Olla, Iride Manca, Gabriella Seruis, Mariella Pala, Adelaide Fois.e Rodica Hantoiu. Oltre dodici ore di lavoro (dalle 17 del pomeriggio di domenica alle 10 del mattino di lunedì) per realizzare una raffinata “Sacra Famiglia” di ceci, sale e fondi di caffè. «Abbiamo sperimentato una nuova tecnica, rifacendoci alle lavorazioni col telaio tipicamente sarde- specifica Cristina Pintus, coordinatrice del gruppo - e questo ha permesso di ottenere un effetto simil tessuto davvero innovativo, che manco a dirlo è stato molto apprezzato. Abbiamo sudato, riso, pianto, faticato, perso sonno, ma senza dubbio ne è valsa la pena. Grazie di cuore a chi, con sacrificio fisico ed economico, ci ha aiutato in questa splendida avventura che difficilmente scorderemo». Nel corso delle due giornate di festeggiamenti, chini sul selciato di piazza San Pietro c’erano oltre mille mastri fiorai di ogni lingua ed etnia; tutti ugualmente assorti nella realizzazione dei preziosi quadri su selciato. «Dopo 400 anni dall’ultima infiorata - ricorda il presidente della Pro Loco di Roma, Lucia Rosi - abbiamo riportato nella capitale, più precisamente proprio di fronte alla Basilica di San Pietro, una delle più antiche forme di celebrazione dei santi della cristianità. Infatti l’obiettivo della manifestazione è quello di restituire a Roma l’antica tradizione delle decorazioni floreali, nata nel 1625 e reiterata sino alla fine del XVII secolo». «È stato bello lavorare fianco a fianco con gli altri infioratori prosegue Cristina Pintus - e abbiamo imparato qualcosa di nuovo, oltre ad approfondire tecniche che già ci erano note. La parte più emozionante è stata senza dubbio quando papa Francesco, durante l’Angelus, ci ha ringraziati tutti». Quest’anno, in concomitanza con l’infiorata storica, Roma ha ospitato an- SERRAMANNA. TREDICESIMA I l sito internet accoglie i visitatori citando “FRADES, acronimo di Fratellanza, Ricordo, Amicizia, Divulgazione, Educazione, Solidarietà: questi sono i principi su cui si basa l’associazione”. Essa è stata costituita nel 2004 con l’intento di commemorare, attraverso una manifestazione con cadenza annuale, i ragazzi di Serramanna scomparsi prematuramente attraverso attività culturali, di spettacolo e di aggregazione sociale in genere. A pochi giorni dalla conclusione della tredicesima edizione di Frades, si può sicuramente dire che i ragaz- zi dell’associazione hanno tenuto fede anche quest’anno ai loro impegni e che la manifestazione è stata un successo, sia per il programma proposto, che coinvolgeva grandi e piccoli, sia per la numerosa partecipazione degli abitanti di Serramanna e delle tantissime persone arrivate da svariate parti della Sardegna per assistere all’evento. La serata del 9 luglio, dedicata interamente ai bambini, ha aperto i festeggiamenti con il laboratorio di teatro, seguito dallo spettacolo teatrale, curati da Rosa Trudu e dall’Associazione Frades. Nel corso delle al- che il V Congresso Internazionale delle Arti Effimere. Alla manifestazione, di portata internazionale, sono intervenute circa 50 delegazioni, con 500 delegati al congresso e 1.500 maestri infioratori provenienti da ogni angolo del globo. «A lavorare sotto la basilica illuminata -commenta Mara Caria- sollevando di tanto in tanto lo sguasrdo, ti si bloccava il respiro. E poi i complimenti del santo padre e di chiunque si fermasse a guardarci lavorare: mi sono sentita così orgogliosa di noi, compresi quelli del gruppo rimasti in Sardegna: Luciano e Valentino Sanna, Daniela Usai e Bruna Dessì». «Eravamo tutti lì durante la notte - prosegue la giovane - legati dalla stessa passione e dal desiderio di fare qualcosa di bello. Abbiamo anche stretto amicizia con dei ragazzi di colore, collaboratori del gruppo di Torricella Sicula Teramo. Ci hanno raccontato di essersi uniti a quel gruppo per ripagare in qualche modo il paese dell’accoglienza ricevuta anni fa, quando sono arrivati in Italia. Una bella storia di integrazione che ha impreziosito questa indimenticabile esperienza rendendocela ancora più cara». Francesca Virdis EDIZIONE DELLA MANIFESTAZIONE Frades: per ricordare fratelli, amici e compagni che non ci sono più tre serate, la musica si è impadronita della scena con cantanti e musicisti locali e arrivati da oltre oceano. Artisti di strada, fumettisti, scrittori, le associazioni di Serramanna e “Radio Biddamanna” online con gli speaker Bujumannu e Kayaman, hanno colorato e animato la manifestazione. Tra novità di quest’anno, l’ingresso di Frades all’interno del circuito Sardex che ha permesso a chi ne fa parte di acquistare le consumazioni in crediti Sardex. Ha inoltre riscosso moltissimo successo contest foto- grafico su Instagram, dedicato a tutti coloro che hanno voluto raccontare le quattro indimenticabili serate di Frades 2015 attraverso le foto scattate per ricordare gli attimi più belli. E attimi ce ne sono stati tanti. Il pubblico di Serramanna, che solitamente si mostra freddo e difficile agli applausi, al termine del concerto dei Linea 77, ha cominciato a gridare a gran voce “Frades, Frades, Frades”. Alla fine dell’ultima serata, ancora grande calore e affetto per l’intero staff che è salito sul palco ricevendo un lungo e meritatissimo applauso per l’ottimo lavoro svolto. Il più toccante e commovente dei momenti, domenica sera, quando con la canzone “Per te”, Bujumannu ha ricordato a tutti, con un brivido ed un po’ di malinconia, aldilà dell’età e dei gusti musicali, il significato di questa manifestazione: ricordare i fratelli, amici e compagni di Serramanna che sono andati via troppo presto da questa vita, ma che resteranno per sempre nel cuore, qualunque sia la strada che il tempo ed il destino faranno percorrere: “È per te questa voce, è per te il mio ricordo... Meg’a nai ca non mi seu scaresciu mai, s’arregodu de tui è sempri cun mei...” (Sto dicendo che non mi sono mai dimenticato, il tuo ricordo, lo sai, è sempre con me). Francesca Murgia PDF Compressor Pro 16 1 agosto 2014 Montevecchio Nel Cantiere di Levante è di scena Birras: ed è subito festa Immersa nella pace irreale della sua macchia mediterranea sabato 11 luglio Montevecchio ha ospitato la nona edizione di Birras e in tanti hanno potuto raggiungere il Cantiere di Levante e godere della suggestiva cornice fornita dalle Officine, dalla Laveria e dal Pozzo Sartori sovrastante. Sabato pomeriggio c’erano venti tipi di birre disponibili prodotte da quindici birrifici, di cui dieci sardi e cinque d’oltremare, tra i quali il “Vale la Pena” di Roma, inserito all’interno di un progetto di inclusione di detenuti del carcere di Rebibbia. «Ormai per noi Birras è diventato un appuntamento fisso: lo vedo come un modo diverso di trascorrere una serata di puro divertimento in compagnia. L’affluenza presso gli stand è stata più o meno la stessa degli anni scorsi», commenta Francesca Loddo, operatrice negli stand della “Beermania Brew” di Selargius e di “Green’s”, azienda birraria specializzata esclusivamente nella produzione di birre senza glutine. Il chiacchiericcio dalla rosticceria, la musica dei gruppi emergenti dalle Officine, la Fonderia e la Falegnameria: è attraverso questi luoghi che si è snodato il percorso di Birras. Ad allietare la manifestazione, organizzata dal Comune di Guspini in collaborazione con la Regione, la Pro Loco, gli artigiani sardi della birra e il gruppo E20-ProLoco Giovani, c’erano anche lo ska-reggae dei Ratapignata, le ballate rock dei Golaseca e le sonorità raggae di Randagiu Sardu. «Più il pubblico urla e si diverte, più mi sale l’adrenalina. E così è stato», racconta il beatboxer Francesco Porcedda, alias Mr Fox, 21 anni, guspinese d’origine ma inglese d’adozione. «In Inghilterra, munito di amplificatore e microfono, mi sono spesso improvvisato artista di strada prosegue - giusto per arrotondare un po’. Tornare in Sardegna è stato bellissimo. Penso che non capiamo il valore della nostra terra fino a quando la lasciamo per un po’ di tempo» conclude. Impressioni positive anche da parte del duo “Marco e Cristina”: «Ci siamo trovati davvero benissimo, e il pubblico è stato molto caloroso. Poter suonare a Birras è sempre molto bello, gratifica trovare una platea partecipe e vedere le persone davanti al palco che ballano, cantano, si divertono e si emozionano con noi». Tutto esaurito per i laboratori di degustazione tenutisi alle 19 e alle 21,30. A guidare gli aspiranti degustatori nel loro viaggio sensoriale la giornalista e degustatrice professionista Manila Benedetto, già coordinatrice nazionale dei corsi di Unionbirrai, docente nei corsi degustazione e giudice di Birra dell’Anno. Alla festa non è mancato neppure l’intrattenimento dell’associazione Chine Vaganti, con la presentazione del fumetto “Bestias” di Alessandro Aroffu e il Body Comics, da parte degli artisti sulla pelle dei più coraggiosi. Molti visi ammirati tra la folla al momento dell’esibizione dei Cambas de Linna, che grazie al sapiente utilizzo di musica e atmosfere hanno saputo imbastire uno spettacolo di grande impatto emotivo, nonché dinanzi alle conturbanti movenze della danzatrice del ventre Julia Sanna. Dai banchi della rosticceria i commenti non potrebbero essere più positivi. «Una manifestazione fantastica, il divertimento è garantito e torneremo sicuramente il prossimo anno. Grazie a tutti». Francesca Virdis Foto Rinaldo Ruggeri Guspini. Dal 28 al 30 agosto Bimbi a bordo: in viaggio nel mondo incantato della lettura I begli albi illustrati, le mostre, gli autori, l’amore per la lettura assoluta protagonista del tutto: sono questi e molti altri gli elementi che fanno del festival letterario “Bimbi a bordo”, in programma a Guspini dal 28 al 30 Agosto, una delle manifestazioni culturali più apprezzate del circondario. “Saremo orgogliosi di presentare ciascuno degli artisti che interverranno: parliamo di vere e proprie personalità del mondo della letteratura - puntualizzano dall’associazione Incoro - come la scrittrice spagnola Raquel Diaz Reguera, autrice di testi per artisti del calibro di Zucchero, Noa, Victor Manuel, Nek, o la coppia Francaviglia- Sgarlata, le cui storie sono state tradotte in inglese, tedesco, portoghese e coreano, ricevendo riconoscimenti da tutto il mondo”. Non mancherà all’appello neppure l’incantevole talento pittorico del trentaduenne Marco Somà, già docente d’illustrazione e tecniche pittoriche all’Accademia di Belle Arti di Cuneo, né le eccezionali tavole della milanese Silvia Bonanni, illustratrice di articoli per periodici come Gioia, Io Donna, Elle, Marie Claire e pluripremiata esponente del mondo dell’editoria dell’infanzia. «Tre giornate intense, vocate ad un’immersione lieve tra segni e sogni - scrive Mara Durante, docente di scienze della formazione primaria all’università di Cagliari - che possono entrare nella cerchia familiare dei nostri vissuti contrastando l’immaginario attuale, sempre più appiattito dall’ estetica da McDonald che omogenizza i linguaggi, i comportamenti, gli stili di vita» “Bimbi a bordo”, che quest’anno sarà inoltre partner del prestigioso Premio Dessì, ormai alla sua XXX edizione, si terrà tra le Case a Corte, le piazze e le vie del centro storico di Guspini: oggetto del festival, la promozione della lettura attraverso decine di appuntamenti con coloro che si fanno promotori della fantasia e del potere dell’immaginazione. Stella polare di questa edizione, il tema “Sogno e segno”. «Nel Regno unito del 1906 James Matthew Barry sogna Peter Pan, suggerendo ai bambini lettori che crescere significa lasciarsi alle spalle lo spazio immaginario chiamato l’Isola che non c’è», spiega Mara Durante. «Ma Peter Pan rimane nell’Isola che non c’è…non vuole crescere e in questo gli assomigliamo un po’ tutti…anche noi “grandi”. Certo, usciamo dalla stanza dei giochi, ci lasciamo alle spalle le automobiline e le bambole, ma non abbandoniamo mai il gioco dell’immaginazione, il sognare ad occhi aperti; cambiamo solo il modo di frequentarlo e praticarlo. I libri, i film, il teatro, i sogni, le feste del libro, come la nostra, sono tutte province dell’Isola che non c’è. Ed è per questo che vi attendiamo». (f. v.) PDF Compressor Pro 1 agosto 2014 17 SPECIALE SA FESTA MANNA GUSPINI FERRAGOSTO: ED È SANTA MARIA ASSUNTA C ’è un senso d’eternità nel canto delle anziane raccolte in capannelli, un mese prima de sa festa manna, nel piacere con cui accolgono quel leggero levante che di tanto in tanto scompiglia loro i capelli e fa ondeggiare l’orlo delle gonnelle. “Coggius” è parola di origine spagnola che deriverebbe da “gozar”, ossia “godimento”, e un tempo il rione tutto si riuniva a cantare la vita della Santa ne is coggius, intonando la propria devozione a Maria con piccole strofe da sei versi l’una, due ritornelli e qualche stecca che poco toglievano alla magia del momento. Una magia lunga otto giorni, quella della festa di Santa Maria, così cara ai guspinesi da spingere tanti immigrati a tornare in paese per poter respirare, ancora una volta, l’indefinibile profumo di continuità che da oltre 400 anni, tra l’11 e il 22 agosto, riaccende Guspini. C’è da chiedersi se anche i nostri antenati sentissero lo stesso senso d’eterno quando il 13, tra gli ori e i silenzi della bella parrocchia di San Nicolò, la statua della Vergine Dormiente veniva vestita con tunica, calzari e corona d’argento, ornata di preziosi donati ex voto e adagiata sul letto a baldacchino riccamente decorato. Un divieto vecchio di secoli, oggi non più in vigore, impediva l’apertura della teca di vetro in cui la Madonna riposava prima delle 15. Ma ancora oggi il simulacro viene portato in processione per le vie del paese soltanto al mattino di Ferragosto, dopo il termine della messa: riuniti in corteo, oggi come ieri, i guspinesi accompagnano la Santa fino alla chiesetta di Santa Maria di Malta, dove resta per gli otto giorni di festeggiamenti. In testa alla processione, suonatori di launeddas, cavalieri e trattori bardati a festa. E il ricordo corre ai tempi in cui alla sera si teneva la corsa dei cavalli in località “Su Legau” e l’esposizione dei prodotti locali nelle prime, rudimentali bancarelle lungo la via Santa Maria. Brocche, tegami e pentole in terracotta, e poi cestini, corbule, crivelli e setacci realizzati dagli artigiani di paese facevano bella mostra di sé accanto alle creazioni dei maestri del rame e del legno giunti dall’interno. E poi le lucide lame delle arresojas, i manti di calda orbace, is bettuasa degli artigiani di Gonnosfanadiga, le botti di vernaccia degli oristanesi vicine ai venditori del buon torrone. Oggi i guspinesi possono dire che i tempi sono cambiati, ma il cuore della festa più cara a Guspini sembra essere rimasto piacevolmente immutato. Francesca Virdis PDF Compressor Pro 18 1 agosto 2014 SPECIALE SA FESTA MANNA C osì a Guspini si combatte la crisi: programma alla mano, “Santa Maria” non deluderà neanche quest’anno le aspettative dei più affezionati, con un calendario fitto di eventi che spazieranno dall’intrattenimento per i più piccoli agli spettacoli di danza, musica e cabaret cui si legheranno, a doppio filo, i festeggiamenti religiosi tributati alla Vergine. Come ogni anno, si parte col triduo: dall’11 al 14 agosto, dalle 9 alle 11, ci saranno le confessioni, per poi proseguire alle 19 con la santa messa, la cui omelia sarà presieduta martedì da don Antonio Massa, mercoledì da don Claudio Marras, giovedì da don Gianni Biancu, e venerdì da mons. Angelo Pittau. L’accompagnamento del simulacro dell’Assunta alla chiesa di Santa Maria si terrà invece dopo la messa: a seguire, alle 20,30, si canteranno i vespri solenni. Nella notte di venerdì il comitato darà inoltre via ai festeggiamenti civili: come d’abitudine, saranno i fuochi d’artificio della ditta Oliva di Pabillonis a decretare l’inizio della festa, accendendo la vigilia di Ferragosto con gli spettacolari giochi pirotecnici in località Su Legau, cui seguirà il “Live Rap” in piaz- Nove giorni di appuntamenti za XX Settembre. Una festa mattiniera quella di sabato 15, con le sante Messe prima alla chiesa di San Nicolò, alle 7,30, quindi alle 9 a Santa Maria, e con la solenne processione della vergine dormiente accompagnata dalla banda musicale “Città di Guspini”. Alle 11, si terrà la solenne concelebrazione dei parroci e dei sacerdoti di Guspini, con l’omelia tenuta da monsignor Antonio Massa, parroco di San Nicolò. La voce e la bellezza della giovane cantante salernitana Luna Palumbo, salita alla ribalta nella seconda edizione di The Voice of Italy, delizieranno invece il pubblico di piazza XX Settembre nella notte di ferragosto. Domenica la chiesa di San Nicolò ospiterà le messe delle ore 7,30, 10,30, 19. Nick Casciaro e la sua band faranno invece ballare piazza XX Settembre nella seconda serata. Dal 17 al 21 agosto sarà possibile prendere parte alle messe delle 7,30 e delle 19 a San Nicolò, delle 8,30 nella chiesetta di Santa Maria. Per la serata di lunedì è previsto, in piazza XX Settembre, il gustoso cabaret “Cossu e Zara”, cui farà seguito, alle 22 di martedì, l’esibizione di ballo liscio ed etnico “Bailando Sardinia”. Mercoledì 19 agosto, alle 17, in occasione de “sa die de is pipieddus” la via Santa Maria sarà allestita per “sa cabada de is carrucceddus e i giochi tradizionali”, per la partecipazione di ANTEAS M.C. onlus. Alle 22 piazza XX Settembre ospiterà invece “Giochi per bambini e Mister Quiz”. Nel pomeriggio di giovedì 20 nel tratto di strada che conduce alla chiesetta si terrà l’attesissima “Infiorata a Maria”, a cura dei Gruppi. Alle 22 piazza XX Settembre ospiterà “Il Risveglio”, tribute band del gruppo rock statunitense “Creedence Clearwater Revival”. Sempre giovedì, si concluderà la serie di proiezioni sul patrimonio archeologico guspinese (fissate nelle serate dei giorni 15, 16 e 20 agosto) organizzato dal gruppo Neapolis presso la sede del comitato in via Santa Maria. La danza sarà regina incontrastata della scena venerdì 21 agosto, con lo spettacolo “Danzando sotto le stelle”, organizzato dalla New Happy Dance di Guspini, con la partecipazione dei campioni regionali 2015 di Syncro Show. Sabato 22 si concluderanno sia i festeggiamenti religiosi che quelli civili: i primi, con le messe al mattino e la solenne processione di rientro del simulacro a San Nicolò, i secondi con l’estrazione della sottoscrizione a premi, l’esibizione di tennis tavolo alle 22 in piazza XX Settembre e la pesca di beneficienza all’oratorio San Domenico Savio. Francesca Virdis PDF Compressor Pro 1 agosto 2014 19 GUSPINI Sa Festa Manna (raccontata a una nipote, vista con gli occhi di una ragazza degli anni ’30) P aola annuisce, si perde nel racconto. Guarda con simpatia le rughe della vecchia zia che riportano i tratti somatici della famiglia. Ne ascolta la voce armoniosa nella sua tipica cadenza e nella sua precisione lessicale, ogni parola in sardo esprime un concetto. Chiede quali siano le preghiere che si recitano quando si veste la Santa. Zia Maria sembra non dare molto peso alla domanda. «Le solite preghiere, qualche Ave Maria, e il rosario. Finita la vestizione, la Santa è pronta per intraprendere il cammino. La sera della vigilia, dopo la messa, is oberaius e alcuni uomini la prendono in spalla e, tra un tripudio di folla, percorrono il breve tratto di strada che separa la chiesa parrocchiale di San Nicolò dalla sua casa, la chiesetta al centro del paese. Raccontavano i vecchi che sa cresiedda de Santa Maria, la chiesetta di Santa Maria, per distinguerla da sa cresia manna, la chiesa grande dedicata a San Nicolò, alla fine dell’800, era utilizzata come stabile comunale. Volevano trasformarla, poi, in edifico scolastico. Forse perché non era stato costruito ancora il palazzo comunale. Per fortuna non l’hanno fatto. A noi figli, l’aveva riferita babbo e mamma. La storia la conoscevano tutti a Guspini ed era tramandata nelle famiglie. A babbo e mamma l’avevano raccontata, forse in una sera d’estate dopo il rosario, nonno Pietrino o nonna Antonicca, o forse qualche altro anziano... Stavamo parlando della festa, però. All’ottava, il giorno dopo la processione del rientro, si sveste la Santa, si toglie l’abito della festa e si rimette quello giornaliero. Si toglie anche l’oro. Quando andava tua nonna, le donne addette alla vestizione la ricoprivano tutta d’oro. Adesso un po’ meno. Quest’oro la Madonna l’ha ricevuto dalle famiglie: un anello, un paio di orecchini, una catenina. A volte erano promesse fatte in momenti di difficoltà. Anche quest’anno hanno regalato oro. E noi glielo abbiamo messo addosso. Un anello a ogni dito, gli orecchini, la collana. Un anno, alla Madonna dormiente, nei giorni della festa, erano riusciti a rubare molto dell’oro che aveva addosso. Anche per svestirla dell’abito della festa le donne sono sempre le stesse». Paola starebbe ore e ad ascoltare zia Maria. Improvvisamente, ricorda che le statue sono due e vuole sapere se quella della quale parla era quella che vestivano per portarla in processione. Zia Maria coglie al volo l’osservazione come se la aspettasse. «La statua che è nella chiesa della Santa non la poteva e non la può toccare nessuno. Quando ero ragazzina due sorelle nubili che abitavano vicino alla chiesa, dicevano che quella statua usciva solo per la sua festa. In antico l’Assunta era sistemata in una cassa. Una cassa di Aritzo, una di quelle cassapanche intagliate, riposava dentro una cassa chiusa, era tutta coperta. Io l’ho conosciuta. La spostavano dalla cassa solo per la sua festa. La cassa era sistemata per terra, appoggiata alla parete di fronte, sulla destra, dove adesso c’è il tabernacolo. Io ero ragazzina. Poi l’avevano sistemata sull’altare. Dopo l’ultimo restaurato della chiesetta, l’hanno messa nella cappella di Santa Maria sotto il quadro… Il vestito che indossa lo avevano fatto le suore di zia Orlanda, la mamma di Tullio. Un vestito bianco l’aveva confezionato anche Riccardo». Paola vorrebbe sapere, secondo quanto dice la tradizione, come la Santa è arrivata sin qui, a Guspini. Sa che le notizie possono essere discordanti e che le storie possono essere più d’una, anche diverse. «Paola, le storie sono tramandate di madre in figlia in modo particolare in questo vicinato di Santa Maria, e anche in paese. I guspinesi hanno sempre considerato Santa Maria Bella una compaesana, la più nobile, importante e con molto potere. Maria è un dono del cielo. Tua nonna Alina diceva che la Santa è arrivata sopra un carro trainato da un giogo di buoi che s’è fermato lì, dov’è stata costruita la chiesa. Si diceva anche che volessero portarla via gli abitanti di Arbus, ma i buoi si sono rifiutati di riprendere il cammino. Era chiaro che (parte seconda) bisognava costruirle la chiesa dove si erano fermati i buoi. Si dice anche che una notte siano riusciti a prenderla e che la notte successiva sia tornata alla sua chiesetta. Paola, gli antichi erano così, ci credevano. Mamma diceva che quei buoi erano venuti e ci avevano portato la Santa come un dono. Avevano fatto la volontà della Madonna. Per questo in processione andava sempre sopra un carro trainato da un giogo di buoi. Come il giorno che è arrivata». Paola ha avuto modo di conoscere la rivalità che da sempre pare ci sia tra guspinesi e arburesi e non può che sorridere. Le è sempre parso un gioco, considerando che tra gli abitanti dei due paesi matrimoni e comparati sono molto comuni. Zia Maria continua il racconto: «Nonna Alina, mamma, e le donne anziane del vicinato raccontavano che dove c’è la chiesa c’era un camposanto. Infatti, quando hanno scavato per costruire la chiesa hanno trovato anche ossa. Lì seppellivano i morti. Si raccontava anche di un monastero. Lì attorno alla piazzetta… C’erano i monaci. Sotto la chiesa, si crede ci sia un tunnel, che va verso il monte Santa Margherita. Chissà. Una cosa è sicura: quella Santa dalla sua chiesa non si è mai mossa, se non per il restauro della chiesetta. In quell’occasione non è stata portata neanche in parrocchia. L’ha accolta una casa privata. Non l’abbiamo toccata neanche noi. Mai, Mai. Non voleva essere toccata. Anche nel periodo della guerra è stata sempre lì. La chiesa era chiusa, però la Santa era sempre lì. Quando è finita la guerra, abbiamo ricominciato con la festa. La chiesa, per Santa Maria, la pulivano le nostre mamme, le stesse che preparavano la Santa. A noi che eravamo bambine, davano, a ciascuna, un piccolo secchio per portare l’acqua. Il rubinetto pubblico era addossato al muro di una casa, in chiesa non ce n’era». Paola non sa se insistere o fermarsi. Vede la zia stanca. Decide di continuare affrontando un altro argomento, chiede come i guspinesi si comportavano con questa Donna. «I guspinesi lo sapevano che il 15 agosto era la festa di Santa Maria ed erano tutti pronti. Erano belli, si facevano belli, era una festa nodìda, speciale. Tutti, tutti, avevano fede in Santa Maria, andavano a messa e alla processione. A proposito di processioni, Paola, sai come facevano nei tempi passati? Quando la Santa era qui, durante la settimana dell’ottava, se tu volevi fare una processione con la Santa, dovevi chiedere. Ti autorizzavano a portare fuori la statua e fare la processione attorno alla chiesa, qui vicino. La piazza era in terra battuta e qui si faceva anche la festa. La settimana di Santa Maria era festa, otto giorni di festa. I mietitori tornavano dai campi, si sedevano nei gradini della chiesa e aspettavano che passasse la festa di Santa Maria. Dopo la Festa tornavano al loro lavoro». Paola è sorpresa e chiede a zia Maria conferma di quanto le ha appena riferito. Le sembra un fatto eccezionale: «È tutto come ti ho detto, ero molto piccola, ma ricordo». Se è così, riflette Paola, ci devono essere anche altri aspetti che rendono speciale la festa. Zia Maria attende di essere ancora interpellata. Un altro elemento che può dirci qualcosa sulla comunità è il cibo e la sua preparazione. La festa è speciale anche il cibo, deve esserlo. «Quando ero ragazzina, il pranzo della vigilia era a base di pesce. Il pesce a Guspini lo vendeva mia nonna, la moglie di Pietrino, nonna Antonicca, tua bisnonna. Non tutte le mie sorelle hanno conosciuto la mamma di babbo. Si metteva a vendere il pesce di fronte alla piazza, vicino alla casa di signora Bruna, su dei tavoli. La vigilia dell’Assunta, molti guspinesi prima andavano in chiesa ad ascoltare la messa delle 5.30, poi acquistavano il pesce da nonna e tornavano a casa. Il muggine arrivava dalla peschiera di Cabras e lo portava nonno Pietrino, che viaggiava tutta la notte con la carretta trainata dal suo cavallo baio. Ancora una cosa sui nonni: nonna Antonicca era invidiata da molte donne, infatti dicevano che il marito fosse un bell’uomo, Pietrino era bello. Ma torniamo alla festa. La vigilia di Santa Maria si mangiava il pesce e basta. La testa era cucinata in brodo l’altra parte era tagliata a pezzi regolari e fatta arrosto. Si mangiava pesce a pranzo e a cena. Il giorno di Santa Maria, invece, si mangiava brodo di carne di gallina. In genere si ammazzava un gallo. A casa nostra, babbo faceva il prosciutto e per antipasto si mangiava quello. Poi mamma, per il giorno della festa, faceva is malloreddus in casa, non poteva mancare il maialetto arrosto. Era una festa dove il cibo era abbondante. Brodo o malloreddus per primo, per secondo, a scelta, carne lessa o maialetto arrosto, o entrambi. Il giorno dopo la festa, a volte anatra, noi avevamo questi animali, e un piatto di minestrone con ceci, fave, lenticchie o piselli. Minestrina a cena, e quanto avanzava dal pranzo. Queste sono le storie, Paola». Era tutto così regolare, senza eccessi. «Tua nonna ricordava che il suocero, Pietrino, prima di tagliare il pane, quando si sedeva a tavola, faceva il segno della croce». Chiede del pane e dei dolci; dovevano essere speciali. «Per la Festa, in quasi tutte le famiglie di Guspini si faceva il cocò, la pasta dura. A casa nostra venivano due maestre, zia Peppina e zia Iolanda, bravissime nella lavorazione di quel tipo di pane. La pasta del cocò, a forma di corona, era intagliata e, una volta messa al forno, fioriva. Uno spettacolo. Il pane era fatto l’antivigilia, e anche i dolci. I dolci erano le gallettine, il pane sapa e is pirichittus. Per la festa indossavamo sempre qualcosa di nuovo: un vestitino e le scarpette. Chi le aveva. C’era anche chi non poteva. Attorno alla chiesa c’era una piazzetta in terra battuta, c’era un rubinetto pubblico attaccato al muro di Velio, lì si mettevano i venditori di brocche, di conche, di boccali e di altri oggetti in terracotta utili in casa. Era una festa grande. Io ricordo che babbo ci portava al circo, a su Legau. Era di Ida Pani. Tu non l’hai conosciuta. Tutta la settimana era festa, venivano i cantanti sardi e gli uomini uscivano per sentirli. I tuoi nonni andavano in piazza a sentire le canzoni sarde. Portavano con loro uno scanno per sedersi». Zia Maria sembra un po’ stanca, Paola anche lo è. Più per cortesia che per avere una risposta compiuta, chiede se ha ancora qualcosa da raccontare. Si rianima. «Paola, potrei dirti delle pulizie che mamma ci costringeva a fare per la Festa. Però voglio raccontarti una storiella che mi raccontava la buon’anima di Gilla, una vicina di casa, su santa Maria. Io non lo so se crederci o meno, ma è simpatica: “Santa Maria bessidi a mundai e si torrada a croccai». (Santa Maria esce dalla chiesetta per spazzare il sagrato! Poi si ricorica.) mi diceva. Le pulizie che si facevano nelle case erano approfondite. Si strofinavano i tegami e gli spiedi. Le donne uscivano a spazzare e a innaffiare le strade. Ci diceva zia Iolanda, una vicina che doveva avere già 100 anni, era una delle più anziane del vicinato … che per Santa Maria: “Quando un qualsiasi nonno rientrava dalla vigna nella quale aveva colto il moscatello, con fare compiaciuto diceva a voce alta che era bello quello stradone spazzato e innaffiato per la Festa”. La gente era così, tutti innaffiavano e spazzavano le strade. Raccoglievano tutto. Il luogo doveva essere decoroso, passasse la processione o meno. Paola, mamma ci ha sempre detto che: “Quando sei pulito fuori, sei pulito anche dentro”. Amavano la pulizia». Qui si conclude la caccia di Paola. La giovane donna e la vecchia zia sono molto stanche. Zia Maria guarda con affetto la nipote per comunicarle con gli occhi che, per ora, è tutto ciò che ricorda. Paola la ringrazia promettendo di farsi ancora viva, qualche volta. Buona Festa Manna, zia Maria. Estendi gli auguri anche ai guspinesi che vivono a Guspini e a quelli che, lontani, tornano per la Festa. Sandro Renato Garau PDF Compressor Pro 20 1 agosto 2014 Su sadru chi seus pedrendu Scracàlius Nostra Sennora de Bonaria di Gigi Tatti Efis fut nasciu in su bixiãu de Sa Marina in Casteddu, cad’e su mill’e trexentuscoranta in dom’e piscadoris, genti chi depìat traballai totu sa noti e parti de sa dìi po ndi scabulli, de is tassas, u mossi’e pãi po sa famiglia. Bessius sãus de ua pestilenzia maba, po s’agiudu de cussu Santu Martiri chi, morrendu, iat pedìu a Deus, de ddu fai Amparadori de sa zitadi, dd’iant ofiu arregodai ponendu su nomini suu a su pipiu, chi de custu ndi fut orgoliosu. Efixeddu ancora in fascas, sa mama, ddu imbussàt béi ddu ponìat aintru de ua crobi, e dd’arregollìat a su mercau a bendi su pisci piscau de su pobiddu, sa genti comporàt pisci e pedìat: «Cussu civraxeddu bonu puru bendis?» «Cussu pãixeddu arrespondìat - est còtu in su forr’e domu e no ddu bendeus, est de papai a basidus!» Su domigu fut s’aiaia a dd’arregolli a cresia. Crescendu si setzìat in terra a su costau de sa femia e abarràt a buca apeta castiendu, spantau, s’artari cuncodrau de froris e candebas allutas. No donàt mai nisciuna acausiõi. S’aiaia ddi naràt fatu fatu: «Serradda cussa ‘uca no ti nc’intrit cuncua musca.» De edadi de set’annus iat inghitzau a bandai cun su babu in sa barca a piscai. In is primus tempus ddi praxìat ma pois, stancu, custumàt a ddi cabài su sonnu. Su sozu de su babu naràt: «Nosu piscaus su pisci de mari ma arriscaus de ddi torrai a fillu tuu, cussu nu est fàtu po fai su piscadòri.» Gei si ndi fut sapìu su babu puru, poita ca Efixeddu candu podìat, andàt a cresia. Biendu ca Efixeddu tiràt a sa cresia, su babu, ua dìi, fut pesàu a su guventu de is Paras Mercedarius in su cucuru de Bonaria, e iat pedìu chi pigànt su fillu. Dd’iant pigàu, iat istudiàu e fut diventau Para Efis. Pàssant is annu e u chitzi, cad’e su milletrexentus setànta, ua navi, chi fut navighendu in su mari de Sardinnia, dd’iat cassada ua temporàda maba chi potat sa navi cument’e u fustigu de ua pàti a s’atra. Su cumandanti, timendu po sa vida de is ominis, iat odrinàu de nci scavuài a mari totu is cosas grais chi potànt. Ddoi fut in su carrigu ua cascia manna, grai grai, e nemus scìat ita ddoi fut aintru. Cun grandu trumentu e traballu nce dd’iant scavuàda a mari. Cumenti sa cascia iat tocàu s’acua sa temporàda fiat acabada. Is marineris iant provau a nde dda torrai a piscai ma sa cascia, spinta de sa current’e su mari, sighìat a bandai. Dd’iant sighida, sen’e arrennesci a nde dda piscai, finas a Casteddu anant’e su cucuru de Bonaria. Iat cutu genti e iant cicau de ndi tirài sa cascia foras de s’acua, nudda de fai, po cantu frotza essant postu, sa cascia no si movìat. Iant atacau cuaddus e nudda, iant atacau u jù e nudda. Finas a candu duus parixeddus de su guventu, tzerriaus de u piciocheddu, no si fiant acostaus a sa cascia po nde dda bogài foras de mari, sa genti arrìat: «No nci dd’eus fata nosu cun cuaddus e bois e imou custus parixeddus marrius creint de dda movi.» Invecias is duus parixeddus, Para Efis cun su cumpangiu iant aferrau sa cascia, chi miraculosamenti si fut fàta lebia e, unu ainnantis e s’aturu acou, nde dd’iant pesàda. No si scìt cumenti, ma ua frotza chi no connoscìant, nce ddus tiràt a su guventu insòru. Arribaus a innias, presentis totus is autoridadis de sa zitadi, iant apetu sa cascia: Spantu mannu! Aintru ddoi fiat ua statua de Nosta Sennora chi potàt in bratzus su Pipiu e a mãu ‘esta ua candeba alluta. Custu fut u gradu meraculu: ua statua de linna aintr’e ua cascia de linna, in mari cun ua candeba alluta! Su Munzenniòri, ingenughendusì, iat nau «Issa at sceberau custu logu, custa cresia, e innoi depit abarrai po sempiri!» Fiat sutzediu ca in cresia, in s’artari majori ddoi fut sa statua de Nosta Sennora Miraculosa, ma a mãu manca ua capella buida e ingúi iant postu cussa arribada de mari. Sa dìi infàtu iant agatau sa statua noba in s’artari e s’atra in sa capella. Is paras, credendu chi fessat faía de omini, dd’as iant torradas a põi cument’e sa dìi innantis. Ma ancora a s’incrasi dd’as iant torradas agatai scambilladas. Insaras dd’as iant torradas a ponni cument’e sa prima dìi e Para Efis cun atrus paras iant dezidiu de abarrai sa nòti innias po bì ita iat a sutzedi. A mesunoti is duas statuas si fiant pesadas in àtu e iant cumentzau a s’acostai s’una a s’atra, candu si fiant atobiadas s’iant fatu s’incrubàda e iant sighìu a s’acostai sa statua noba a s’artari majori e s’atra a sa capella de mãu manca. Is paras fiant abarraus spantaus po custu meraculu e iant tzerriàu totus is atrus paras, e de insaras sa statua arribada de mari, ch’iant tzerriau Nosta Sennora de Bonaria, est abarrada sempiri in s’artari de cussa cresia chi, de insaras, fut nomenàda Cresia de Nosta Sennora de Bonaria. Apustis de prus de duxentus annus, ua pesti màba fut arribada a Casteddu, is mòtus no si contànt prusu, su guventu fut diventau u spidabi, e is paras fiant andaus a sa cresia de Santa Caterina, su populu casteddaiu pigàu de divoziõi po Nosta Sennora chi tantis gratzia dd’is iat fàtu, dd’iant potada in brufessõi in totu sa tzitadi, po chi issa essat fatu acabai sa pesta. Arribaus a sa Cresia Catedrali iant apariciàu sa Santa Missa, cun sa genti preghendu e prangendu. A s’incrasi, is Paras Mercedarius nd’iant torrau a pigai sa statua torrenduncedda a sa Cresia insòru, po timorìa chi no si dd’essant torrada. Ingúi est ancora oi, venerada e adorada de totus is sadrus, Issa chi est amparadora de sa Sardinnia e de is marineris. E aici custu fillu de piscadori diventau Para Mercedariu iat tentu sa grazia, cun su cumpangiu, de nci potai sa statua a sa cresiedda in su cucuru de Bonaria. A si ’ntendi mellus. Tziu Arremundicu. Ci funt momentus chi unu contixeddu allirgu fai beni gana bella e fai praxeri. Po cussu, custus “scracàlius” serbint po ci fai passai calincunu minutu chene pensai a is tempus lègius chi seus passendi in custus annus tristus e prenus de crisi. Aici, apu pensau de si fai scaresci calincunu pensamentu, ligendi e arriendi cun custus contixeddus sardus chi funt innoi. Sciu puru, ca cussus chi faint arrì de prus, funt cussus “grassus” e unu pagu scòncius, ma apu circau de poni scèti cussus prus pagu malandrinus, sciaquendiddus cun dd’unu pagheddu de aqua lìmpia. Bonu spassiu. Est bellu puru, poita calincunu, circhendu de ddus ligi imparat prus a lestru a ligi in sa lingua nostra. E custa, est sa cosa chi m’interessat de prus. Valeria est arrenneghendi cun su pobiddu Vitu. Valeria: Arratza de vida chi seu fadendi cun tui. Vitu: Poita. No ses prexada? Seus corant’annus impari. Valeria: Non est po cussu. Ma est ca ses tropu susuncu. In corant’annus no m’as mai portau foras, a mi castiai unu film. Vitu: Tenis arrexoni Valeria. Ma oi bollu arrimediai. Andu a ndi portai sa prolunga de sa televisioni, ca si bieus unu bellu film, in foras in su terratzu! ............................................................................................................................................... Samueli est fueddendi de sa morti cun sa pobidda Ursula. Samueli: M’arracumandu, si m’intendu mali e seu in sunfrendu, no mi lessis màturu alletau, collegau a una màchina. No mi lassis atacau a is aparaus elètricus po mi poderai biu. Ursula: Apu cumprèndiu. Ndi cumentzu a stacai sa televisioni, su computer, su stereo e su telèfunu! ...................................................................................................................................................... Bissenti incontrat su gopai Vittoriu in dd’unu Ristoranti. Vittoriu: Ti biu papendi petza de vitellu. Ma nanca fiasta bessiu vegetarianu? Bissenti: E infati seu vegetarianu. Vittoriu: Ma chi iat essi su vegetarianu? Bissenti: Su vitellu! ................................................................................................................................................. Alfonsu est sètziu in dd’una panchina de pratz’e Crèsia fueddendi cun amigu Antiogu. Antiogu: O Alfonsu, non arrennèsciu a cumprendi ita arratza de vìtziu chi tenis. Alfonsu: Ma de ita ses fueddendi, de cali vìtziu? Antiogu: De su vìtziu de ti scrafi sa conca chene ti ndi tirai sa cicia. Alfonsu: Ma nara o Antiogu, tui po ti scrafi su cù, ita ti ndi tirasi is mudandas? ............................................................................................................................................................ TziaMafalda est andada a si fai visitai de s’oculista. S’oculista: Ita tipu de problemas de vista tenit? Tzia Mafalda: Candu mi bufu su cafei, m’increxit meda s’ogu destru. S’oculista: Ma signora, at provau candu bufat su cafei, de ndi tirat su cocerinu de sa cicaredda? ................................................................................................................................................. Tzia Ausilia est sètzia in su trenu andendi a Casteddu, candu arribat unu piciocu cun dd’una pistola in manus. Su piciocu: Totus firmus e calmus! Seu unu rapinadori. Donaimì in pressi totu su dinai chi teneis. Tzia Ausilia: Gesu Cristu miu. Mi nd’at fatu atzicai. Pensà, ca fostei fiat su controllori de is billetus! ............................................................................................................................................................ Marieddu in scola est interrogau in geografia de sa maista. Sa maista: Naramì Marieddu, cali flùmini est prus crutzu, su Po o su Flumendosa? Marieddu: Su Flumendosa. Sa maista: Bravu Marieddu. Imoi naramì de cantu? Marieddu: De otu lìteras! ............................................................................................................................................................ Angiulu est fueddendi cun s’amigu Sandrinu de traballus in domu. Sandrinu: Ma tui dd’agiudas a pobidda tua a fai is pulitzias in domu? Angiulu: Certu ca dd’agiudu. C’iat a mancai atru. Sandrinu: E comenti dd’agiudas? Angiulu: Candu est sciaquendi in terra, e deu se sètziu in sa poltrona, ligendu su giornali, àrtziu is peis! ................................................................................................................................................. Giustinu in tribunali est interrogau de su giùdici. Su giùdici: Comenti mai, fostei ca at biu ca su gopai fiat scudendi a sa pobidda, non est intervèniu? Giustinu: Signor giudice. Poita apu biu ca gopai ge no teniàt abisòngiu de agiudu! ...................................................................................................................................................... Eugenia est fueddendui cun Claretta. Claretta: Ma poita a fillu tuu de nòmini ddas postu Mozart? Eugenia: Poita pobiddu miu m’at nau ca nanca sonàt beni! ................................................................................................................................................................ Tori est impari cun Paulu. Paulu: Scira passada seu andau a unu campu de nudistas. Tori: Ma ti ses spollau tui puru? Paulu: Certu, miga podia abarrai bistiu. Tori: Ma non as tentu bregùngia? O ti ses ambientau luegus? Paulu: No bregùngia no.Ge mi seu ambientau. Ma sa prima dì est stètiu diaveras duru! Tori: E atrus problemas, ca bollu andai deu puru .Consillamì. Paulu: S’ùnicu consillu chi ti potzu donai est a no t’incruai po nisciunu motivu! .................................................................................................................... Armandu est unu pastori e incontrat s’amigu Gerlandu. Armandu: Ti nau ca est una cosa de no crei. Gerlandu: Ma de ita ses fueddendi? Armandu: A una brebei de su tallu miu, ddi praxit tropu sa birra. Gerlandu: Ma dai, no nci creu. Ma no mi neris puru ca bufat Ichnusa. Armandu: No, preferit de prus sa Beeks! PDF Compressor Pro 1 agosto 2014 LA SARDEGNA NEL CUORE 21 di Sergio Portas I Giganti di Mont’e Prama a Milano È da molti venerdì che, sul settimanale che “Repubblica” ti vende alla modica cifra di 1,90 euro, sul retro di copertina uno dei “pugilatori” di Mont’e Prama mi fissa con quegli spropositati occhi concentrici. Dicono che sia un altro dei misteri che di loro si debba ancora svelare: sono dei cerchi perfetti e al tempo della loro nascita di compassi non c’era neppure l’ombra. Anche ne avesse inventato uno dei magici scalpellini che operarono per metterli in piedi, bianchi d’arenaria, non c’è traccia di foro centrale a supporto di una tale supposizione. Come abbiano fatto a tirare su i giganti di pietra di oltre due metri senza un terzo piano di appoggio che non siano i piedoni che li tengono ancorati al suolo lapideo è ancora motivo di stupite discussioni tra gli esperti. Per tacere di quelle braccia che sporgono dai torsi poderosi a reggere scudi sul capo o archi istoriati. Non sono stati scolpiti a parte e poi attaccati, come si potrebbe legittimamente pensare a prima vista, no, fanno parte dello stesso blocco d’arenaria e se è vero che Michelangelo era capace di scorgere i vuoti che avrebbe dovuto lasciare nel marmo per farne emergere la scultura che già aveva nella mente, questi nuragici del’VIII, IX secolo prima di Cristo dovevano essere fatti della stessa pasta. Il gigante che vi dicevo è finito sulle patinate pagine del “Venerdì” di “Repubblica” (una tiratura di più di 500.000 copie) in grazia della nova strategia che l’assessore al turismo della Regione Sardegna Francesco Morandi ha elaborato, perché finalmente una storia diversa dalla solita venga raccontata quando essa concerne l’isola di Sardegna: “Sardegna, naturalmente. I giganti di Mont’e Prama sono i misteriosi ambasciatori dell’Isola, testimoni di una terra antica dove mito e natura offrono un’esperienza di vita unica al mondo. Una vacanza in Sardegna è un tuffo nella storia del Mediterraneo”. Lo ribadisce qui a Milano, nel cortile di villa Litta, uno dei tanti palazzoni barocchi che la capitale lombarda usa a quinta delle occasioni speciali, anche nella sua facciata due “omanoni” in marmo sorreggono gli stipiti dell’ingresso, ma è roba del 1700 d. C. Circondato dai massimi nomi che reggono le sorti della musealità milanese, viene presentata oggi la mostra: “L’Isola delle torri e le torri dell’Isola”, abbinata alla quale una serie di fotografie che Gianni Berengo Gardin (dirlo celeberrimo fotografo non è davvero esagerare) scattò nell’Isola (anche io da adesso la scrivo in maiuscolo) giusto una trentina d’anni fa. In occasione di un’altra mostra che Regione Sardegna e Comune di Milano allestirono nei giardini pubblici di via Palestro: “Sardegna preistorica, Nuraghi a Milano”. Questa di oggi, praticamente di fronte a palazzo Litta, è allestita presso il civico Museo Archeologico e andrà avanti da maggio a tutto novembre (schiacciando l’occhietto all’Expo qui imperante). L’anno scorso ha girato anche da Cagliari a Roma, che nel 2014 erano cento anni da che nacque il più famoso archeologo sardo del nostro tempo, quel Giovanni Lilliu che ha legato il suo nome allo scavo della reggianuraghe di Barumini e ha lasciato scritti e testimonianze fon- damentali sulla civiltà dei Sardi. Tyrrenòi ci dicevano i Greci, costruttori di torri. Di queste torri è ancora costellato il territorio sardo e Francesco Morandi ha buon gioco nel ricordare ai presenti accorsi in numero ben più elevato di quanti ne attendessero gli organizzatori (sedie insufficienti prese d’assalto), che il paesaggio archeologico sardo può essere stimato in venticinquemila chilometri quadrati. “Paesaggio” sta diventando la parola magica per il nuovo turismo culturale che impazza per il globo. Le colline senesi, per dirne una, sono più tutelate degli ultimi rinoceronti bianchi dell’Uganda, per la semplice ragione che attirano turisti danarosi e vogliosi di spendervi soldi in cambio di emozioni, mischiandole, perché no, col lardo di Colonnata e Brunello di Montalcino, tutta roba che è meglio pagare con carta di credito, per non doversi portare appresso valigie di contanti. La Sardegna è da meno? Ha meno assi nel suo mazzo, frecce nel suo arco, visto che tra i giganti ci sono arcieri e guerrieri? Vicino a Mont’e Prama, siamo a Cabras e questo “monte delle palme” sarà alto cinquanta metri non di più, ci sono eccellenze della cucina sarda che spaziano dalla vernaccia di Milis alle bistecche del bue rosso del Montiferru, dal “Casizolu” (formaggio) alla bottarga dello stagno. E ancora dolci di mandorle e Malvasia, prosciutto di cinghiale e grappa di Cannonau. Per quanto riguarda il paesaggio, i nuraghi di quei posti sono numerosi quasi che i fenicotteri negli stagni, sullo sfondo del mare le colonne di Tarros a ricordarci che capo san Marco è penisola in una più grande che il Sinis. Quella piccola divide, con un istmo stretto, mare morto dal vivo, come dire che in questo porto naturale ci si può attraccare (e fare il bagno) anche quando il Maestrale gonfia le onde a metri di altezza. E se lo scoprirono Punici e Cartaginesi, figurarsi se se l’erano lasciato sfuggire i sardi che erano lì da qualche migliaio di anni. Civiltà nuragica, diceva Lilliu, che era presente nel 1974 quando le prime teste dei “giganti” spuntarono nel solco di un aratro. Come oramai è noto, i più di 5.000 pezzi che ne vennero in seguito tirati fuori, se ne rimasero a dormire nelle casse sigillate nel Museo Archeologico di Cagliari. Per il restauro che ne è stato fatto negli ultimi anni un prestigioso premio dell’Unione Europea ne ha sancito l’eccellenza (i concorrenti al premio erano più di duecento). E ora eccoli qua i “Giganti”, Cabras ha per loro allestito un museo, appena fuori paese, nella strada che porta a San Giovanni e Tarros. Qui a Milano si possono ammirare in 3 D come oggi si usa. Li si può vedere in ogni piccolissimo particolare, ingrandirli a dismisura, girarli per 360 gradi, tutta tecnologia di quelli del CRS4 (Center for advanced studies, research and development in Sardinia) di Pula. Un altro bel biglietto da visita per sottolineare che la Sardegna non ha intenzione di vivere solo sugli allori dei nuragici, ma è anche capace di innovazioni che non direste mai. Basta che ai loro giovani (se laureati è meglio) venga data un’occasione. Nel 2016 è previsto un dibattito a livello UNESCO su musei e paesaggi culturali. E vi assicuro che sono queste problematiche che fanno muovere, dapprima le persone più acculturate, ma subito dopo le masse dei turisti che portano benessere. Di lombardi che ogni anno vanno in Sardegna se ne contano 200.000. Gli svizzeri sono solo, si fa per dire, 100.000 e considerando che la Confederazione conta poco più di otto milioni d’abitanti essi sono per la Sardegna di gran lunga il primo mercato estero in percentuale. Da coccolare quindi. Non a caso questa mostra milanese farà la sua prossima tappa a Zurigo. E anche oggi è qui un esponente del museo che la ospiterà e che ha parole di miele per quasi tutto quello che concerne l’Isola Ichnusa che conoscete. La mostra è articolata in forma fortemente didattica, vuole sottolineare gli aspetti fondamentali della civiltà nuragica attraverso tre tematismi: il metallo, l’acqua e la pietra. Da qui l’aspetto architettonico, tanto legato al mondo del sacro e a quello funerario, le tecnologie costruttive e quelle idrauliche, la società, l’economia, il territorio, la metallotecnica, l’arte. I materiali esposti provengono da tutto il territorio regionale ma, grazie alle Soprintendenze di Calabria, Toscana e Campania, anche da contesti della penisola. La mostra, curata dal Soprintendente Marco Minoja e dalle funzionarie archeologiche Gianfranca Salis e Luisanna Usai, ripercorre la complessa e articolata protostoria della Sardegna, segnata da processi di trasformazione e impegnata in un costante dialogo col mondo esterno, segnatamente coi paesi affacciati nel Mediterraneo mare. Sono andato a vederla e me ne sono ubriacato, ricavandone spunti per scrivere cento e cento storie nuove, a partire magari dai “Giganti” di Mont’e Prama. Da chi saranno stati fatti a pezzi? Quando furono sistemati a guardia delle tombe “a pozzetto” anche esse ritrovate e scavate sul monte delle palme, di nuraghi in Sardegna non se ne costruivano più da un pezzo. I modellini di nuraghe, numerosi, ritrovati assieme ai “giganti” a simboleggiare una cultura che non era più attuale. Pure nel sito archeologico a tutt’oggi non sono state rinvenute tracce di coloro che dominarono la Sardegna nei secoli successivi, da qui l’idea che sia stato un cambiamento traumatico della società politica sarda a determinare lo sconquasso. In quel periodo sette villaggi posti su dei colli latini si fusero insieme e crearono un re (tale Romolo), che sia successo qualche cosa d’analogo in Sardegna? Abbandonata la cultura dei saggi anziani riuniti in cerchio a deliberare per il bene comune per la ricerca di un re che decidesse per tutti? Questa davvero sarebbe stata la fine della civiltà dei Nuraghe, incapace poi di opporsi ai nuovi padroni: cartaginesi e romani.