Santissimo Padre nostro - Frati Cappuccini di Portogruaro

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Santissimo Padre nostro - Frati Cappuccini di Portogruaro
fr. Gianni De Rossi
Santissimo
Padre nostro
Vivere da cristiani e francescani
secondo la preghiera di Gesù
Bibliografia essenziale di riferimento
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Presentazione
Dio: un Padre
incompreso e rifiutato
S
ì, è proprio così. Dobbiamo dire che
oggi il grande sconosciuto è il Padre. Più che sconosciuto: rifiutato!
Le cause dell’oscuramento della figura
di Dio Padre nella cultura moderna sono
molteplici. Al fondo c’è la rivendicazio­ne di
autonomia assoluta dell’uomo. E sic­come
Dio Padre si presenta come il principio stes­
so e la fonte di ogni autorità, non restava
che negarlo, e così è avvenuto.
Psicologi e sociologi affermano che la
no­stra società ha rifiutato la presenza e il
ruolo del padre. Questa figura è stata sentita come presenza bloccante e frenante
del­la spontaneità della vita. Si è presentato come un avversario-padrone da combattere in quanto rappresenta tutti i condizionamenti e le alienazioni.
Si è rivendicato, in una società improntata su un’ideologia radicale, il diritto di ognuno di costruire se stesso senza nessun
“padre”. Ciascuno è autonomo, indipenden­
te, creatore di se stesso.
L’uomo si è ritrovato solo, sperduto. Incapace di darsi risposte. Ma questo invece
di spingerlo al ritorno alla casa del padre lo
ha spesso spinto in un parossistico tentativo di spegnere la sua angoscia in direzione
del raggiungimento di piccoli orizzonti indi­
viduali, piccole altre case che però non riscaldano mai a sufficienza il cuore.
«Santissimo Padre nostro»
Il padre diventa una realtà insignificante, un ornamento di cui si può fare benissimo a meno.
Lo scrittore E. Hemingway scriveva in uno dei suoi 49 Racconti una parodia del Pa­
dre Nostro: «O nulla nostro che sei nulla, /
sia nulla il tuo nome / nulla il regno tuo / e
sia nulla la tua volontà / così in nulla come
in nulla/. Dacci oggi il nostro nulla quotidia­
no. / Ave, nulla, pieno di nulla, / il nulla sia
con te».
Sono parole estremamente drammatiche, ma quanto mai rappresentative di
un’epoca.
Lo spauracchio di Dio, o il “buon Dio” al
massimo è utile per le donne e i bambini. Il
giovane, l’adulto non ha bisogno di un Padre, può rischiare in proprio la vita.
Tutt’al più è meglio far riferimento a uno spirito universale, ad un cosmo divinizzato, ecc. in cui non mi sento minacciato
nella mia libertà.
Qui si impone un’importante riflessione. Che Padre è quello rivelatoci da Gesù?
Possiede le caratteristiche frustranti che
vengono rifiutate e perseguitate dalla nostra cultura? Non è che forse si è rifiutata
un’immagine caricaturale che di Dio era sta­
ta data e che forse la stessa Chiesa in tanti
Dio: un Padre incompreso e rifiutato – 3
modi coscienti o incoscienti ha avvallato al­
lontanandosi dalla rivelazione biblica?
Quanto le esperienze negative, che tan­
ti hanno vissuto nell’ambito delle relazioni
familiari, hanno e stanno influenzando nel
loro rapporto con Dio Padre per cui egli diviene il giudice, il castigatore, colui che pre­
tende sempre, il controllore…?
A questo proposito lo stesso Catechi­
smo della Chiesa Cattolica fa un commento
illuminante: «Prima di fare nostro questo
slancio iniziale della Preghiera del Signore,
non è superfluo purificare umilmente il nostro cuore da certe false immagini di “questo mondo”. L’umiltà ci fa conoscere che
“nessuno conosce il Padre se non il Figlio e
colui al quale il Figlio lo voglia rivelare”
cioè “ai piccoli” (Mt 11,25-27).
La purificazione del cuore concerne le
immagini paterne e materne, quali si sono
configurate nella nostra storia personale e
culturale, e che influiscono sulla nostra relazione con Dio. Dio nostro Padre, trascende le categorie del mondo creato. Trasporre su di lui, o contro di lui, le nostre idee in
questo campo equivarrebbe a fabbricare idoli da adorare o da abbattere. Pregare il
Padre è entrare nel suo mistero, quale egli
è, e quale il Figlio ce lo ha rivelato» (2779).
me Padre. L’uo­mo viene sfidato a diventare
l’avversario di Dio» (Dominus et Vivifican­
tem 38).
Proprio per questo dobbiamo realisticamente ammettere che non c’è epoca, né
probabilmente mai ci sarà, della quale si
possa dire che la sensibilità diffusa nei
confronti della figura paterna coincida con
ciò che l’appellativo padre attribuito a Dio
di fatto esprime.
Non c’è alcuna esperienza di padre su
questa terra, per quanto bella e felice possa essere, che possa identificarsi con l’espe­
rienza della paternità di Dio, al più ne costituirà una pallida immagine.
L’esperienza della paternità di Dio è
sempre eccedente ogni esperienza di paternità umana. Per comprendere la paternità di Dio, l’uomo deve intraprendere un cam­
mino di ritorno alla casa paterna e dimorare con Lui.
Dio non ci chiede di guardare ai nostri
padri per comprendere che tipo di padre è
Lui, ma ci chiede di guardare a Lui per soddisfare il nostro bisogno di un vero padre
(da Dio Padre «ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome» Ef 3,​15).
Un autore del II secolo diceva: «L’ignoQuesta visione negativa di Dio si incu- ranza del Padre era causa di angoscia e di
neò nell’esperienza umana al momento del­ paura». Succede lo stesso anche oggi: l’ila tentazione di Adamo ed Eva quando il gnoranza del Padre è fonte di angoscia e di
serpente insinuò il sospetto di un Dio gelo- paura. Se il padre è, a tutti i livelli, spirituaso delle sue prerogative divine.
le e materiale, “la radice ultima dell’esseGiovanni Paolo II scrive in una sua enci- re”, senza di lui, non possiamo che sentirci
clica: «Lo spirito delle tenebre (Ef 6,​12) è “sradicati”.
capace di mostrare Dio come nemico della
È proprio vero: dobbiamo ammettere
propria creatura e prima di tutto come ne- che c’è nell’uomo una insopprimibile “nomico dell’uomo, come fonte di pe­ricolo e di stalgia del Padre”. Agostino l’ha formulata
minaccia per l’uomo. In que­sto modo viene così: “Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro
innestato da Satana nella psicologia del­l’uo­ cuore è inquieto finché non riposa in te”.
mo il germe dell’opposizione nei riguardi
di colui che “sin dall’inizio” dev’essere con­
Terminiamo con un episodio tratto dalsiderato come nemico dell’uomo e non co- la vita di Teresa di Lisieux, una piccola del
4 – Dio: un Padre incompreso e rifiutato
Presentazione
Regno, che ha sperimentato nella sua vita “è così dolce chiamare Dio Padre Nostro!”.
un abbandono totale e fiducioso nelle ma- E le spuntarono le lacrime agli occhi. Tereni del Padre.
sa amò Dio come un bambino vuole bene
«Un giorno – racconta Celina sorella di al babbo con incredibili manifestazioni di
Teresa – entrando nella cella della nostra ca­ tenerezza. Durante la sua malattia accadra sorella rimasi sorpresa dalla sua espres- de che, parlando di lui, prese una parola
sione di grande raccoglimento. Cuciva con per un’altra e lo chiamò papà. Noi ridemmo
slancio e tuttavia sembrava perduta in una ma lei riprese tutta commossa: “Oh sì, è
profonda contemplazione. “A che pensi?” le proprio mio papà, e quanto mi è dolce darchiesi. “Medito il Pater noster” mi rispose gli questo nome”» (Consigli e ricordi). ■
«Santissimo Padre nostro»
Dio: un Padre incompreso e rifiutato – 5
introduzione
Sulla soglia
Padre:
Che cosa significa per la nostra vita quotidiana?
Significa che non siamo mai, assolutamente mai orfani, smarriti,
abbandonati alle forze e ai condizionamenti di questo mondo.
Abbiamo una risorsa, abbiamo un’origine fuori dello spazio-tempo.
Le nebulose e gli atomi amano il Padre in modo impersonale,
con la loro stessa esistenza,
ma noi, gli uomini, possiamo amarlo personalmente,
rispondergli coscientemente, esprimere la sua parola cosmica:
ciascuno di noi, quindi, in virtù di questo legame personale con il Padre,
è più nobile e più grande del mondo intero.
I volti si imprimono al di là delle stelle, nell’amore del Padre.
I momenti apparentemente effimeri della nostra vita,
ognuno di quegli istanti in cui, come dice il poeta,
“abbiamo le vene colme di esistenza”,
si imprimono per sempre nella memoria amante del Padre.
Olivier Clément
I
l Padre celeste lo si conosce soprattutto… parlandoci insieme, cioè pregando.
Per questo uno dei doni più belli che
Cristo ha lasciato all’umanità è stata la pre­
ghiera del Padre nostro, la “madre di tutte
le preghiere”. Con essa ci ha insegnato la
sua “lingua paterna”.
Il Padre nostro è la preghiera riservata ai
discepoli, è quasi un distintivo di apparte-
6 – Sulla soglia
nenza a Gesù. Anticamente, il Padre nostro
faceva parte delle cose segrete della fede
cristiana che erano protette dalla “legge
dell’arcano”, cioè dalla consegna che vincolava i credenti a nascondere – custodire,
tenere lontano dal pubblico – i misteri più
sacri della chiesa, per non esporli alla profanazione dei pagani. Esso veniva consegna­
to ai catecumeni solo al termine della loro
Introduzione
preparazione, la vigilia del batte­simo, insie­
me con la spiegazione dell’Eucaristia. Chi
lo riceveva, ne custodiva le parole come reliquie e aspettava con ansia il momento in
cui, uscendo dal lavacro del battesimo, alla presenza dei fratelli e della Madre Chiesa, elevando le braccia al cielo, avrebbe esclamato per la prima volta: «Padre!», facendosi riconoscere da tutti come nuovo figlio di Dio.
C’è bisogno di ricordare queste cose
perché noi abbiamo banalizzato il Padre no­
stro, dicendolo in serie, dicendolo senza
pensarci, come si dice una qualsiasi giaculatoria nel bisogno o nella paura; abbiamo
smarrito il senso del mistero tremendo che
si nasconde in quelle parole, parole uscite
dalla bocca di Cristo e rivolte all’orecchio
di Dio!
Bisogna riscattare il Padre nostro dal­
l’abitudine che lo ricopre come con uno
strato isolante, che gli impedisce di brillare
dentro di noi e impedisce a noi di trasalire
appena pronunciamo, o ascoltiamo, le sue
prime parole. La liturgia ci dà l’esempio di
questa venerazione per il Padre nostro, col­
locandolo nei momenti più importanti delle proprie celebrazioni.
C’è una grande somiglianza tra il Padre
nostro e l’eucaristia. Nell’uno e nell’altra,
Ge­sù continua a svolgere la sua unzione sa­
cerdotale che consiste «nell’offrire preghie­
re e suppliche» al Padre e nell’offrire se stes­
so in sacrificio vivente. Nella eucaristia entriamo in comunione con il corpo di Cristo;
nel Padre nostro con la preghiera di Cristo.
È significativo che la liturgia abbia collocato la recita del Padre nostro, nella messa,
«Santissimo Padre nostro»
proprio immediatamente prima della comu­
nione.
Il Padre nostro è «un riassunto di tutto
il Vangelo» (Tertulliano), il Vangelo in preghiera, un fiotto vivo di Vangelo che esce
dalla bocca di colui che è il Vangelo in persona. Servendosi di espressioni familiari al­
la preghiera giudaica del tempo, Gesù ha
costruito una preghiera nuova e originalissima che è lo specchio fedele della sua dottrina e del suo mondo interiore.
Lo stretto legame che intercorre tra il Pa­
dre nostro e Gesù ci suggerisce una sorta
di lettura circolare: da Gesù al Padre nostro
e dal Padre nostro a Gesù. Il Padre nostro è
una chiave insostituibile per comprendere
Gesù: infatti, i suoi pensieri sono qui condensati in uno spazio sorprendentemente
breve. Analogamente la vita, la persona e
l’insegnamento di Gesù sono indispensabi­
li per comprendere il Padre nostro.
Ma il rapporto circolare fra il Padre no­
stro e Gesù non è sufficiente per una lettura cristiana. È necessario tener conto del
rap­porto che lega il Padre nostro all’esperienza cristiana, di ieri e di oggi.
Il Padre nostro, ogni sua petizione è una vetta fino alla quale il Signore Gesù ci
innalza e ci pone, perché possiamo godere
la vastità, la profondità e l’armonia dell’insegnamento evangelico. È un formidabile
sguardo d’insieme, dove ogni cosa trova la
sua collocazione armoniosa nel tutto del
disegno divino e dell’insegnamento di Gesù. Dalla vetta del Padre nostro ci è dato di
godere la prospettiva della terra promessa
che è riservata a coloro che amano Dio.
Dio: un Padre incompresoSulla
e rifiutato
soglia – 7
Una preghiera in due versioni
La preghiera del Signore ci è giunta nelle versioni di Matteo (6,9-13) e di Luca (11,2-4):
Matteo
Voi, dunque, pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo Regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi
il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo
ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male.
Basta uno sguardo per accorgersi che
fra le due versioni non mancano le differenze: sette richieste in Matteo e cinque in Luca, senza parlare, poi, di alcune varianti al­
l’interno delle richieste comuni del pane e
del perdono. Tuttavia, ambedue le forme
co­stituiscono delle preghiere “compiute” e
– per quanto attiene alla sostanza – quasi identiche. La formula breve di Luca è interamente contenuta in quella di Matteo. E anche l’ordine delle richieste è il medesimo.
Il fatto che le richieste del Padre nostro
di Matteo siano sette e quelle di Luca cinque non intacca la struttura generale, che
resta comune. Infatti, l’ordine delle richieste è identico.
Un primo sguardo coglie una struttura
bipartita. Le prime tre richieste di Matteo
– e le prime due di Luca – sono riferite alla
seconda persona singolare. L’aggettivo ripe­
tuto è “tuo”. In ciascuna il verbo è collocato all’inizio di frase, in posizione di rilievo:
8 – Sulla soglia
Luca
Disse loro:
Quando pregate, dite:
Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo Regno;
dacci ogni giorno
il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo
d ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione.
prima il verbo, poi il sostantivo. E le invocazioni sono giustapposte senza alcuna congiunzione. Le altre quattro richieste di Matteo – e le altre tre di Luca – sono riferite alla prima persona plurale; i verbi sono al­l’at­
tivo; tranne la richiesta del pane, che precede il verbo e segue l’oggetto; le richieste
sono collegate con la congiunzione e.
Uno sguardo più attento coglie, poi,
den­tro questa struttura bipartita un centro,
che imprime una direzione particolare al­l’in­
tera costruzione: la richiesta del pane. Que­
sta richiesta si apparenta alle prime in quan­
to chiede – come esse – qualcosa di positivo, mentre le altre richieste chiedono qualcosa di negativo. Ma si apparenta alle seconde in quanto si riferisce alla prima persona plurale. Si aggiunga che in Matteo la
richiesta del pane si trova fra le due invocazioni che sono seguite da un ampliamento:
«come in cielo così in terra», «come noi li
abbiamo rimessi ai nostri debitori».
Introduzione
Dunque, la richiesta del pane sta al cen­
tro in ambedue le versioni. Che al centro
ven­ga posta la più umile delle richieste
non è sorprendente?
La conclusione è che le due parti della
struttura sono unite da un centro – una sor­
ta di piattaforma girevole, come si è notato – che impedisce di contrapporle. Non si
chiedono prima “cose grandi” per avere poi
il diritto di chiedere “cose piccole”. Le prime dicono il “lato mancante” della manifestazione di Dio, le seconde il lato mancante dell’uomo che tende a Dio. Ma fra i due
lati non è possibile un taglio netto. Si parla
a Dio, ma a partire dall’uomo; si parla del­
l’uomo, ma volgendosi a Dio.
Matteo ha inserito il Padre nostro nel
cuo­re del suo Vangelo, cioè nel grande discorso della montagna: le Beatitudini. Que­
ste – le Beatitudini – costituiscono per il cre­
dente il riassunto del Vangelo, tracciano la
carta d’identità di Gesù e dei suoi discepoli, e sono – per i discepoli – come i dieci comandamenti per gli israeliti. Gli israeliti come formula di accettazione dei comandamen­
ti recitavano l’«Ascolta Israele» (Shemà); l’e­
vangelista, come formula di accettazione
delle Beatitudini, pone il Padre Nostro.
Il Padre Nostro può essere recitato da
tutti, ma nella sua realtà può essere compreso soltanto da coloro che già praticano
le Beatitudini. Per chi non accetta e pratica
le Beatitudini il Padre Nostro è una delle
tante filastrocche che vengono recitate, ma
che non hanno nessun influsso sull’esisten­
za dell’uomo.
Luca ha collocato il Padre nostro all’inizio di una breve catechesi sulla preghiera
(11,​1-13), il cui contenuto principale sembra essere quello di educare alla fiducia:
«Ebbene io vi dico: chiedete e vi sarà dato,
cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto» (11,9).
«Santissimo Padre nostro»
I discepoli, che hanno accolto la chiama­
ta di Gesù e hanno deciso di seguirlo, notano che la vita di Gesù ha un “centro”: questo centro è il suo rapporto con il Padre. Tutta la vita e la missione di Gesù ruotano attorno a questo centro. È un rapporto tra
due persone, è un rapporto a tu per tu, un
rapporto intenso e profondo. È un rapporto
che segna, che dà un ritmo, che dà una
direzione a tutta la vita di Gesù.
I discepoli sono affascinati e profondamente colpiti dalla intensità e dalla familiarità di questo rapporto che unisce Gesù al
Padre, e desiderano farne parte.
I discepoli conoscevano già le preghiere della loro tradizione, erano familiari alla
modalità della preghiera tipica del tempio
e della sinagoga, eppure percepiscono che
l’atteggiamento e l’esperienza di preghiera
del loro maestro è differente, è originale e
caratteristica. Si decidono, dunque, e compiono il passo di chiedere al loro maestro il
segreto della sua preghiera.
Non sfugga un particolare significativo:
i discepoli non chiedono a Gesù di insegnare loro una preghiera, ma un modo di pregare. E se Gesù risponde insegnando una
formula di preghiera, è perché questa racchiude in sé un metodo. Il Padre nostro non
è una preghiera come le altre, fosse pure la
migliore, ma è il modello di ogni altra.
Dai due diversi contesti emerge un pun­
to comune di grande importanza: il Padre
nostro è una formula di preghiera che distin­
gue i cristiani da altri gruppi religiosi, dagli
ipocriti e dai pagani come anche dai discepoli di Giovanni. Ogni movimento spirituale ha le sue preghiere: il Padre nostro è una
sorta di “distintivo” che esprime l’originalità della fede cristiana di fronte alla ricerca
religiosa di cui i cristiani sono ogni giorno
testimoni.
In definitiva, Gesù, dandoci il Padre no­
stro, ha tracciato la via della preghiera.
Sulla soglia – 9
Il Padre nostro se per certi versi è una
preghiera finita, in sé completa, per altri è
una strada per la preghiera, è uno schema
per pregare; più che una preghiera da dire
è una preghiera da vivere e da fare.
Il Padre nostro non si può recitare; biso­
gna pensarlo, penetrarlo, calarlo nella quotidianità della nostra esistenza perché è tut­
to un programma di vita, conservarlo nel
proprio cuore come le cose più care. Esso
non costituisce solamente un elemento distintivo della preghiera cristiana, ma, molto
di più manifesta l’originalità della vita dei
credenti distinguendola da altre forme e mo­
delli di vita.
La bellezza del Padre nostro
Possiamo anche cogliere le caratteristi­
che che costituiscono la ragione della bellezza della preghiera del Padre nostro.
Una preghiera sobria e coraggiosa
La prima di tali caratteristiche è la so­
brietà, al tempo stesso severa e accogliente, senza distrazioni. Gesù ha appena insegnato che nella preghiera non occorre moltiplicare le parole (cf Mt 6,7). Tutto è essenziale nel Padre nostro: nessuna traccia di
prolissità né inutili abbellimenti. Neppure
una qualsiasi forma di linguaggio poetico,
frequente nelle preghiere: frasi in prosa, sol­
tanto allineate.
Questa essenzialità non è una qualità di
superficie, ma uno stile che svela un modo
di pensare e di stare davanti a Dio. Vi si respira l’atmosfera delle parabole e dei detti
di Gesù: essenziali, puliti, e insieme intensi
e pungolanti, che vanno dritti al cuore. La
retorica – come lo sfarzo nella vita o qualsia­
si altra cosa di troppo – accompagna spesso il parlare e il vivere dell’uomo, che cerca
piuttosto l’apparenza, non quello di Dio.
10 – Sulla soglia
Il Padre nostro è una preghiera corag­
giosa che affranca dalla paura.
La paura di Dio, prima di tutto. Sì, perché poco o tanto, in ogni uomo c’è una radice di diffidenza e quindi di paura nei confronti di Dio; diffidenza e paura che affonda­
no le loro radici nell’antico peccato, diffiden­
za e paura motivate dalle molte false imma­
gini di Dio depositate nella nostra mente e
nel nostro cuore.
E poi le nostre innumerevoli paure nei
confronti del mondo e della precarietà della vita, e degli altri, e del male.
Il discepolo che prega il Padre nostro
tor­na a gettarsi nelle braccia del Padre e qui
recupera la certezza della potenza e della
vittoria del bene su ogni forma di male, la
fiducia di essere amato, protetto, curato, ac­
cudito come figlio diletto, unitamente alla
fiducia nei confronti degli altri che divengo­
no fratelli e sorelle.
Recitare il Padre nostro è un modo coraggioso di stare davanti a Dio, davanti agli
uomini e alla vita. È il coraggio del figlio, non
la presunzione dell’arrogante. Se il cristiano
prega con tanto coraggio, con tanta dignità
davanti al Padre, a testa alta, è unicamente
perché si sente autorizzato dalla parola del
Signore. Di questo il cristiano è consapevole. Sa che si tratta di un coraggio regalato,
ricevuto, non suo, non scoperto in se stesso in nome di una qualche dignità. Poggia
totalmente sulla dignità di essere figli come
Gesù, figli nel Figlio.
La preghiera del Signore
Il Padre nostro è la preghiera del Si­
gnore, non soltanto perché a lui risale, ma
perché riassume i suoi pensieri, i suoi idea­
li, il suo modo di porsi davanti a Dio e al
mondo. Padre dice come Gesù pensava Dio
e si rivolgeva a lui.
Le prime tre invocazioni di Matteo – e le
prime due di Luca – riprendono il suo annun­
Introduzione
cio, esprimono il desiderio che ha guidato
la sua intera esistenza e che qui – nel Padre
nostro – diventa il desiderio e la preghiera
del discepolo. Le altre invocazioni mostrano
quella visione dell’uomo che traspare da tut­
te le sue parole e dalla sua stessa vita. Anche l’ordine delle invocazioni rispecchia il
centro del suo pensiero: «Cercate prima il
regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in più» (Mt 6,33).
La lode e la richiesta
Secondo una certa tradizione spirituale la preghiera di richiesta è la meno matura: è, infatti, una preghiera interessata, e po­
co nobile, soprattutto se confrontata con la
preghiera della lode, la quale contempla,
ammira, ringrazia, senza nulla chiedere.
Ma è davvero così?
La richiesta costituisce spesso il punto
di partenza per costruire una relazione.
Il bisogno ci spinge a uscire dalla nostra
autosufficienza ed entrare in relazione con
gli altri. La richiesta di aiuto se da una parte è orientata a uno specifico bisogno, dal­
l’altra mi apre all’esperienza della scoperta
dell’altro. Il bisogno cessa ma la relazione
rimane.
È quanto spesso accade nella vera preghiera di richiesta: ci rivolgiamo a Dio tutti
presi da ciò che gli chiediamo e ci accorgiamo che il nostro vero bisogno è proprio Lui.
Dio, ci risponde e ci esaudisce non donandoci cose o favori o grazie, ma se stesso,
tutto se stesso. E così scopriamo cosa signi­
ficano le parole «cercate piuttosto il suo regno, e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta» (cf Lc 12,31).
Nella preghiera di richiesta autentica
noi impariamo a scoprire questo nostro intimo bisogno di Lui; il bisogno dell’innamorato, il bisogno del figlio, un bisogno che
«Santissimo Padre nostro»
non mortifica, ma esalta la nostra dignità e
definisce il nostro essere.
La figura di chi formula le proprie richie­
ste secondo il Padre nostro, non è quella del
mendicante e nemmeno quella del servo,
ma del bambino, del figlio, in tutto dipendente dal Padre. Che altro può fare un bam­
bino se non chiedere? E sapendosi figlio da­
vanti al padre, il bambino chiede senza farsi schiavo, dipende rimanendo libero. Il Pa­
dre nostro è la preghiera dei figli, non dei
servi. E nel fatto stesso di essere una preghiera di richiesta si deve scorgere la profondità della relazione con Dio, non semplicemente la debolezza dell’uomo.
Le richieste del Padre nostro contribuiscono a mantenere il legame con Dio, animano la nostra relazione filiale con Lui. Noi,
in definitiva, pregando il Padre nostro, riteniamo di avere bisogno di Dio, e più lo preghiamo più ci rendiamo conto di quanto
que­sto sia un bisogno incessante, vitale…
e, al contempo, ci accorgiamo di quanto
Dio ci desideri e abbia bisogno di noi.
Il Padre nostro è una preghiera di richie­
sta che, più che accontentare, accresce il
de­siderio e il bisogno.
Le richieste del Padre nostro, non ci con­
sentono di rientrare nel nostro mondo, nel
mondo dei nostri bisogni soddisfatti, ma lo
aprono; perché chiediamo non solo per noi,
ma anche per Dio. E quando chiediamo per
noi, veniamo esauditi nella misura in cui rimaniamo uniti a Dio.
Il Padre nostro, inoltre, pone sotto forma di richieste quanto di solito rappresenta il centro della lode: la rivelazione del Nome, la venuta del Regno, il compimento del
disegno di Dio. Trasformare la lode in richie­
sta è un tratto originale e profondamente
religioso.
Da un lato, la richiesta viene innalzata.
Non è più, infatti, la richiesta del­l’uomo chiu­
so in se stesso e accecato dai propri bisoSulla soglia – 11
gni, bensì dell’uomo che fa proprio il desiderio di Dio. Si chiede ciò che Dio stesso
vuole dare. Si chiede qualcosa che riguarda Dio, non soltanto noi.
Da un altro lato, trasformare la lode in
richiesta significa introdurla nel frattempo.
Chi recita il Padre nostro sa che Dio non si
è ancora mostrato compiutamente: è dunque giusto chiedere, non soltanto lodare.
po di rapporto che stabiliamo con lui. E noi
cosa siamo davanti a Dio? Dobbiamo pensare di non essere niente? Che la creatura
umana è zero davanti a Dio? O dobbiamo
pensare di essere partner di Dio? Come
persone che possano parlare e ascoltare?
Qual è l’atteggiamento giusto? L’obbedien­
za, la paura, l’amore? Quali di questi atteggiamenti?
Lo spazio di Dio e dell’uomo
Il Padre Nostro si apre con la parola più
tenera, Abbà, e si chiude con la parola che
evoca l’angoscia del dramma: il male.
Tra questi due estremi dell’esistenza umana, Gesù elenca sette richieste, modello
di ogni domanda, verifica di ogni desiderio.
Le prime tre richieste si riferiscono alle
cose del Padre, le altre quattro a quelle del­
l’uomo. L’uomo si interessa della causa di
Dio, e Dio è chiamato a prendersi a cuore la
sorte dell’uomo. Come due che si amano,
uomo e Dio si interessano ciascuno della
vita dell’altro.
«Dobbiamo innanzitutto uscire da noi
stessi e aprirci a Dio. Niente può diventare
retto, se noi non stiamo nel retto ordine con
Dio. Perciò il Padre nostro comincia con Dio
e, a partire da Lui, ci conduce sulle vie del­
l’essere uomini. Alla fine scendiamo sino al­
l’ultima minaccia per l’uomo, dietro cui si
apposta il Maligno» (Benedetto XVI).
Per tutto questo, recitando il Padre no­
stro l’uomo ritrova se stesso, perché ritrova lo spazio che gli consente di respirare a
pieni polmoni: amato e capace di amare,
nelle mani di Dio e insieme libero, peccatore ma perdonato. È impossibile concludere
la preghiera del Signore senza aver ritrovato il gusto di vivere.
Il Padre nostro è una preghiera di richie­
sta, dunque una preghiera dell’uomo e per
l’uomo, e insieme è preghiera profondamen­
te teocentrica. Mentre congiunge armoniosamente richiesta e contemplazione, coniu­
ga non meno armoniosamente l’affermazio­
ne della potenza divina con l’indicazione
della responsabilità dell’uomo.
Questo è verissimo, ma con una precisazione: la contemplazione è dentro la richiesta, e l’azione dell’uomo è dentro lo
spazio dell’agire di Dio. Allo stesso modo i
bisogni particolari – il pane, il perdono, l’aiuto nella prova – sono all’interno del grande desiderio del Regno. L’attesa di quanto
deve ancora venire e compiersi, pur così vivace, non distoglie dal presente, ma introduce nel presente la speranza. La relazione
con Dio e con gli uomini assume la figura
della relazione del figlio e del fratello.
Nel Padre nostro veniamo condotti:
– a comprendere chi è Dio: a conoscere
il suo volto e il suo cuore;
– a capire quello che noi siamo davanti
a Dio: la nostra identità di creature.
Il Dio al quale ci rivolgiamo, chi è? È un
Dio indifferente, nei confronti dell’uomo? O
magari un Dio ostile, invidioso della grandezza dell’uomo? È un dio di potenza o di
misericordia? O tutte e due insieme? È un
Dio giudice o è un Dio amico? Dall’immagine che noi ci facciamo di Dio, dipende il ti12 – Sulla soglia
Il Padre nostro ci insegna un ordine ben
preciso nel vivere la nostra realtà. Si parte
da Dio! L’uomo comprende se stesso solamente specchiandosi in Dio. Il percorso inverso conduce all’idolatria, a un Dio immaIntroduzione
gine dell’uomo. Noi non comprendiamo noi
stessi guardando dentro di noi, ma guardan­
do come Dio si comporta di fronte a noi. È
per questo che la nostra condizione di figli
è interamente racchiusa nell’invocazione
«Padre».
In cammino…
Il Padre nostro è una preghiera da conoscere non con la sola mente ma prima di
tutto con il cuore.
Più che a comprenderla intellettualmen­
te è importante che chiediamo al Signore
la grazia grande di poter coglierla nel suo
intimo contenuto affettivo: quello di Dio per
noi e quello nostro per Dio e i fratelli. Non
la correttezza della verità, ma il calore di una autentica e intima relazione affettiva. Il
cammino verso Dio inizia e deve iniziare
nel cuore, non nella mente.
Facciamo dunque nostra questa breve
preghiera: «Padre, io non voglio sapere co­
se su di te. Voglio conoscere te».
In questo nostro cammino di riscoperta e approfondimento della preghiera del Si­
gnore chiederemo inoltre a Francesco d’Assisi di farci da guida.
Egli infatti, illuminato dalla sapienza divina, ha avuto del mistero del Padre una
com­prensione altissima. Nono solo con il
«Santissimo Padre nostro»
suo insegnamento, ma attraverso tutto il
suo modo di vivere egli è una esegesi vivente del Padre nostro.
Egli era veramente innamorato di questa preghiera, tanto da essere definito come «il santo del Padre nostro» (A. Gemelli).
L’aveva, inoltre, consegnata, come loro pro­
pria preghiera, anche a quanti lo seguivano per condividere con lui la via della penitenza e a quanti sceglievano di rimanere
nelle attività del «mondo» per vivere la penitenza evangelica da secolari.
A tutti dava questa regola: «Quando vi
metterete a pregare, dite: Padre nostro che
sei nei cieli» (Rnb 22,28: FF 61).
A testimonianza del valore che la preghiera di Gesù aveva per lui e la sua fraternità, Francesco ci ha lasciato anche una
«preghiera sul Padre nostro», che egli compose. Sentiamo che, con essa, egli prega
im­possessandosi delle parole di Gesù, le
trasforma, le amplia e le fa risuonare degli
echi che esse suscitano nel suo spirito. Aveva intuito che la formula tramandata dal­
l’evangelista Matteo va sviluppata con cuo­
re di figlio, pronto a consegnarsi nelle braccia del Padre.
Nelle riflessioni che seguiranno, ci lasce­
remo ispirare dal contenuto della preghiera di Gesù e contagiare dallo spirito di Francesco, quale traspare dalla sua preghiera,
di cui riportiamo di seguito il testo completo.
■
Sulla soglia – 13
PARAFRASI DEL «PADRE NOSTRO»
O santissimo Padre nostro: creatore, redentore, consolatore e salvatore nostro.
266
1 267
2 268
3 Sia santificato il tuo nome: si faccia luminosa in noi la conoscenza di te, perché
possiamo conoscere qual è l’ampiezza dei tuoi benefici, l’estensione delle tue promesse, la sublimità della tua maestà e la profondità dei tuoi giudizi.
269
4 Venga il tuo regno: affinché tu regni in noi per mezzo della grazia e ci faccia giungere nel tuo regno, dove la visione di te è senza veli, l’amore di te è perfetto, la comunione con te è beata, il godimento di te senza fine.
270
5 Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra: affinché ti amiamo con tutto il
cuore, sempre pensando te; con tutta l’anima, sempre desiderando te; con tutta la
mente, indirizzando a te tutte le nostre intenzioni e in ogni cosa cercando il tuo onore; e con tutte le nostre forze, spendendo tutte le nostre energie e i sensi dell’anima e del corpo in offerta di lode al tuo amore e non per altro; e affinché amiamo
i nostri prossimi come noi stessi, attirando tutti secondo le nostre forze al tuo amore, godendo dei beni altrui come fossero nostri e nei mali soffrendo insieme con loro e non recando alcuna offesa a nessuno.
Che sei nei cieli: negli angeli e nei santi, e li illumini alla conoscenza, perché tu, Signore, sei luce; li infiammi all’amore, perché tu, Signore, sei amore; poni in loro la
tua dimora e li riempi di beatitudine, perché tu, Signore, sei il sommo bene, eterno,
dal quale proviene ogni bene e senza il quale non esiste alcun bene.
271 6 Il nostro pane quotidiano: il tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo,
dà a noi oggi: in memoria e comprensione e venerazione dell’amore che egli ebbe
per noi e di tutto quello che per noi disse, fece e patì.
272
7 E rimetti a noi i nostri debiti: per la tua ineffabile misericordia, per la potenza della passione del tuo Figlio diletto e per i meriti e l’intercessione della beatissima
Vergine e di tutti i tuoi eletti.
273
8 Come noi li rimettiamo ai nostri debitori: e quello che noi non rimettiamo pienamente, tu, Signore, fa’ che pienamente perdoniamo, cosicché. per amor tuo, amia­
mo sinceramente i nemici e devotamente intercediamo per loro presso di te, non
rendendo a nessuno male per male e impegnandoci in te ad essere di giovamento
in ogni cosa.
274
9 275
10 E non ci indurre in tentazione: nascosta o manifesta, improvvisa o persistente.
Ma liberaci dal male: passato, presente e futuro.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, come era nel principio e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
11 14 – Sulla soglia
Introduzione
Padre nostro
fr. Gianni De Rossi
Sol
Sol7
Sol6
Sol
q = 75
Do
Fa
Pa -dre no - stro,che sei nei
Do
Mi-
Fa
Sol4
/+
Fa
cie - li,
Sol
san -ti -  - ca - to sia_il tuo
Do Sol/Si
La-
no - me,
Re-
Fa
ven -ga_il tuo Re - gno,
Sol4
/7
sia fat -ta la tua vo -lon - tà co -me_in cie - lo
Do
Fa
co -sì in ter - ra.
Do
Mi-
Dac -ci og -gi_il no -stro pa -ne quo -ti - dia no,
Fa
Sol4
/+
no -stri de - bi
Sol/Si
-
ti,
La-
Sol
Do
e ri - met -ti_a noi i
Fa
co -me
Re-
an -che noi li
Sol
ri -met -tia -mo_ai
Do
Fa
no -stri de -bi - to - ri.
Do
e non ab - ban -do -nar -ci
zio - ne,
Sol4
Mi-
ma
/+
ma - le.
li
Do
Pa - dre
-
be - ra
Fa
no - stro.
al -la ten -ta-
Fa
- ci
dal
Do7+
fr. Gianni De Rossi, OFMCap | Portogruaro, 23 giugno 2012