Verso l`alto: una Regola di vita sulla scia del Beato Pier Giorgio

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Verso l`alto: una Regola di vita sulla scia del Beato Pier Giorgio
Verso l’alto: una Regola di vita
sulla scia del Beato Pier Giorgio Frassati
a cura della Commissione Teologica
«Il tuo cuore custodisca i miei precetti» (Pro 3,1). Darsi una regola nella vita e nello studio.
Trovare una regola in una vita sempre più indaffarata e veloce sembra un miraggio. Come giovani che
s’incamminano verso la propria maturità intellettuale e spirituale, sperimentiamo la grande complessità
delle situazioni quotidiane e la difficoltà a rintracciare in esse un’armonia. Eppure non possiamo
nasconderci il desiderio di rintracciare un metodo che ci consenta di farci carico della realtà plurale che
ci circonda realizzando in essa i nostri desideri più profondi. Una regola, dunque, nella vita come nello
studio diviene non soltanto possibile ma necessaria per una pace del cuore, relazioni autentiche con gli
altri e riconoscere il progetto di Dio nella vita di ciascuno. Vorremo allora provare insieme a chiederci
se è possibile scrivere una regola di vita, scovarne il senso più profondo.1
E’ difficile immaginare una Regola nella nostra vita. Sempre di corsa da una parte all’altra, impegnati in
diversi lavori e attività, spesso lontani dalla propria città, tra studio e lavoro, famiglia, amici, affetti,
viaggi... eppure, in tutto ciò che viviamo abbiamo una regola: giorno dopo giorno impariamo dagli
errori e dalle difficoltà, cerchiamo sempre di fare un passo avanti, dandoci delle coordinate da
rispettare, tracciando un sentiero da seguire, che diventa più evidente attraverso l’esperienza stessa del
cammino. Anche nella nostra vita spirituale è così: impariamo ad approfondire la nostra interiorità,
acquistiamo la capacità di fare silenzio e ascoltare, accogliamo il desiderio di dialogare con Dio solo con
la pratica e l’esperienza graduale e costante del rapporto con il Signore. La Regola, allora, non è una
norma che ci ingabbia, ma un cammino che ci libera e ci aiuta a trovare la nostra strada. È questo,
d’altronde, il vero significato della parola “regola”: dal latino regula, cioè qualcosa che ci permette di
andare diritti. Non esiste una sola regola perché non esiste una sola strada: ognuno deve trovare il
proprio percorso, stabilendo il “passo giusto” in base alle proprie forze, individuando le cose essenziali
da portare nel proprio bagaglio senza inutili pesi, con i propri compagni di strada e scegliendo la guida
giusta per il cammino della vita. Una regola permette di vivere una spiritualità solida e profonda
tenendo sempre in mente che essa cammina, muta con il progredire e il crescere della persona. Per darsi
una regola è necessario tenere in mente alcuni pilastri fondamentali come la preghiera, la Parola,
l’Eucarestia e le figure di uomini e donne che ci hanno preceduto, che hanno dimostrato che è possibile
“darsi una regola” e diventare santi, cioè persone comuni che hanno la straordinaria capacità di amare,
come il Beato Pier Giorgio Frassati che ha vissuto in profondità le bellezze di una vita piena e la cui
frase- che non è solo uno slogan a effetto- dà il titolo a questa introduzione alla settimana teologica.
Per costruire la propria regola bisogna partire dalla figura di Gesù: egli prega e insegna a pregare. Si
ritira spesso da solo, nella notte, su un monte alto non per fuggire dalla vita per vivere la storia
portando nel cuore la forza e il coraggio di Dio stesso. Fare della preghiera la scuola dei propri desideri,
lo spazio delle domande più profonde, il tempo del dialogo con Dio, aiuta a essere il cristiano laico
descritto nei documenti del concilio: un battezzato che consente allo Spirito di imprimere nella sua
coscienza i tratti del volto di Cristo, disposto a camminare giorno dopo giorno per le vie che portano a
questa identificazione; una persona che sa fare scelte concrete per aderire con radicalità al Vangelo nella
vita quotidiana. Nella vita di ogni giorno gioie e difficoltà camminano insieme e non sempre è facile
pregare e per questo è necessario sforzarsi di trovare tempi e luoghi per coltivare, comprendere e far
maturare la propria relazione con Dio, crescendo nel silenzio e nell’ascolto. Se da un lato si tende a
portare la vita nella preghiera, dall’altro si è chiamati di portare la preghiera nella vita, cioè a farne parte
del quotidiano. Perché così come il corpo, ogni giorno, ha bisogno del cibo per il sostentamento, allo
stesso modo, ogni giorno, c’è bisogno del cibo spirituale che è rappresentato dalla preghiera e dalla
Parola, oltre che dall’Eucarestia. Parola che diventa preghiera e nella quale si ritrovano i segni
dell’azione di Dio nella storia, la sua volontà di instaurare un legame con l’uomo. Ed è nella e con la
preghiera che si impara a guardare con occhi capaci di cogliere, interpretare e ordinare i segni che il
Signore depone tra le pieghe della propria storia. Tutto il tempo può diventare preghiera perché non c’è
separazione tra la preghiera e la vita. Tuttavia, la preghiera non è solo un fatto personale, un rapporto
bilaterale in senso verticale. Occorre espandere la preghiera in orizzontale, verso i fratelli, nella
comunità, condividendo, perché nessuno è nato per essere solo. Dio stesso è sceso sulla terra e ha
camminato con l’uomo per condividere in tutto la condizione umana mettendo al centro la persona. La
relazione personale con Dio illumina e dà valore a tutte le altre esperienze di fraternità e amicizia.
Bisogna imparare a vedere nelle relazioni non solo un desiderio ma un impegno e una responsabilità da
vivere con lealtà e continuità. Nell’Eucarestia è possibile trovare la sorgente per vivere l’autenticità delle
relazioni. Essa fa diventare “santi insieme” e non a caso è chiamata “Comunione”.
Uno degli ambiti in cui imparare a vivere uno stile di comunione è la famiglia, palestra di condivisione,
dove allenarsi a strutturare i futuri rapporti familiari. Un altro spazio di condivisione è quello degli affetti,
dove imparare a gestire le emozioni e i sentimenti, nelle diverse situazioni della vita. Palestra di relazioni
sono anche l’università e il lavoro, luoghi da “umanizzare”, da vivere con senso di responsabilità e
perseguendo il bene comune. Lo stile della condivisione chiama in causa anche il rapporto con le cose e
con i beni materiali da gestire con sobrietà a iniziare dalle tecnologie che hanno assunto un ruolo
sempre più rilevante. Spetta a ciascuno dare un significato ai luoghi virtuali, non anteponendoli mai alla
bellezza e alla profondità di un rapporto reale, in cui si ha la possibilità di incrociare lo sguardo, il volto,
il cuore della persona con cui ci si relaziona per andare “verso l’altro”. E, infine, dopo aver pregato e
condiviso, occorre testimoniare, cioè portare il Vangelo a contatto con la vita. Ogni giorno, infatti, si è
chiamati a rendere testimonianza nei tanti ambienti e ambiti diversi: si tratta di un compito e una
responsabilità, un dono e un impegno da assolvere con coerenza e continuità, senza scendere a
compromessi e impegnandosi a far crescere semi di verità e di giustizia, di lealtà e sincerità con le
persone e le cose. Il valore e la bellezza della testimonianza sono legati all’impegno del discernimento
quotidiano attraverso l’ascolto e l’analisi dei segni dei tempi. Attraverso la Scrittura, l’insegnamento
della Chiesa, il confronto e il dialogo con la guida spirituale, matura sempre più la capacità di leggere la
realtà con uno sguardo profetico, in grado di fare sintesi e rileggere quanto il Signore continua a dire
all’uomo e alla società di oggi. Il cammino della testimonianza non è sicuramente un impegno astratto:
occorre chiedersi ogni giorno come vivere in comunione con Dio nello studio, nel lavoro, nelle
relazioni, nel tempo libero, nell’uso del denaro, non rinunciando mai a chiedersi se le scelte quotidiane
sono conformi a quanto insegna il Vangelo. Ogni giorno ciascuno è chiamato a saper dare il meglio eanche a questo serve una Regola- ad aggiungere un “di più” di vita che prima mancava. Mettere al
centro la persona e la sua dignità in ogni scelta, assumendo uno stile di solidarietà per contribuire a
costruire il bene comune: non la somma di singoli beni individuali, ma la realizzazione delle condizioni
in cui ognuno può dare il meglio di sé.2
1- Lettera tematica - Introduzione alle Settimane Teologiche, a cura della Presidenza Nazionale
2- Cfr. Verso l’alto, Appunti per una Regola di vita dei giovani di AC, ed. AVE.