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BOLLETTINO PER LE FARMACODIPENDENZE E L’ALCOOLISMO XXVII - N. 3-4/2004 III. Abstract* ASPETTI PSICHIATRICI Studio psicometrico della prevalenza dei disturbi di personalità secondo il DSM-IV, in pazienti sottoposti a trattamento di mantenimento con metadone. D. Templin et al. Psychometric study of the prevalence of DSM-IV Personality Disorders among office-based methadone maintenance patients, American Journal of Drug and Alcohol Abuse, 2004, 30:3, 515-524 Sono state valutate le percentuali di prevalenza dei disturbi di personalità in pazienti sottoposti a trattamento di mantenimento con metadone, secondo i criteri diagnostici del DSMIV per questo tipo di disordini. Ai pazienti è stato somministrato il test psicometrico Millon Clinical Multiaxial Inventory (MCMI-III). Si è constatato che il 77% dei pazienti manifestava almeno uno dei disturbi di personalità previsti dai criteri adottati nel presente studio; il 20% dei soggetti manifestava due disturbi di personalità, mentre il 14% e il 6% rispettivamente tre e quattro disturbi. Inoltre, sono state riportate le percentuali concernenti una categoria specifica di disturbi di personalità ed evidenziate anche sia le concordanze che le divergenze rilevate rispetto alla letteratura esistente in materia. Si auspica che in futuro la ricerca riesca a confrontare i questionari psicometrici auto-compilati o self-report e il format dell’intervista clinica strutturata su una medesima popolazione clinica. Quali strutture per il trattamento della dipendenza da sostanze offrono programmi per la doppia diagnosi? R. Mojtabai Which substance abuse treatment facilities offer dual diagnosis programs? American Journal of Drug and Alcohol Abuse, 2004, 30:3, 525-536 Obiettivo del presente lavoro è stato di verificare la diffusione negli Stati Uniti di programmi o gruppi specializzati per pazienti con una doppia diagnosi assistiti presso le strutture adibite al trattamento delle tossicodipendenze, nonché la disponibilità dei servizi ritenuti essenziali per questo genere di pazienti. I dati raccolti tramite la National Survey of Substance Abuse Treatment Services (N-SSATS) sono stati utilizzati per valutare sia la distribuzione geografica che le caratteristiche delle strutture che prevedono programmi o gruppi specifici per il trattamento della doppia diagnosi. Al tempo stesso, sono stati da noi valutati anche gli altri servizi socio-sanitari disponibili presso le suddette strutture. In totale, il 49,9 % di tutte le strutture per il trattamento delle tossicodipendenze operanti sul territorio statunitense prevedeva anche programmi o gruppi specifici per il trattamento della doppia diagnosi. Non sono state evidenziate differenze rilevanti tra le diverse regioni per quanto concerne la disponibilità di questi servizi; al contrario, differenze significative sono * A cura di Tiziana Mattioni 76 Abstract state riscontrate per quanto concerne la proprietà della struttura e le modalità di trattamento. In genere, i programmi o gruppi specifici per il trattamento della doppia diagnosi erano garantiti dalle strutture appartenenti al governo federale, statale e locale e da quelle che offrivano trattamenti in regime di degenza. Gran parte di queste strutture non prevedevano però servizi per la salute mentale ovvero quei servizi socio-sanitari ritenuti essenziali per il trattamento di pazienti affetti da doppia diagnosi. In conclusione, gran parte dei servizi per le tossicodipendenze prevedevano anche programmi o gruppi specializzati per questi tipo di pazienti, ciò a riprova della sempre maggiore consapevolezza dei specifici bisogni sanitari dei soggetti con doppia diagnosi. Comunque, diversamente da quanto previsto, la diffusione di questi servizi essenziali non ha comportato la realizzazione di programmi specifici. Ciò a dimostrazione delle necessità in un contesto siffatto di realizzare e applicare delle linee guida basate sull’evidenza standard per i programmi di trattamento della doppia diagnosi. Quali sono le implicazioni per la gestione clinica e lo sviluppo dei servizi nel Regno Unito per il trattamento della popolazione con comorbidità per disturbi mentali e abuso di sostanze? T. Weaver et al. What are the implications for clinical management and service development of prevalent co-morbidity in UK mental health and substance misuse treatment populations? Drugs Education Prevention and Policy, 2004, 11: 4, 329-348 Nel Regno Unito non esistono dati sufficienti sulla prevalenza della comorbidità ttra malattia mentale e abuso di sostanze e sul modo in cui questa venga attualmente trattata. Tale mancanza certamente ostacola lo sviluppo di servizi appropriati. La prevalenza della comorbidità è stata valutata sia nei team comunitari che si occupano di salute mentale (Community Mental Health Teams - CMHT), sia nei servizi per le tossicodipendenze e l’alcolismo operanti in quattro centri urbani del Regno Unito. Sono stati altresì valutati i bisogni socio-sanitari dei pazienti, nonché la qualità dell’assistenza che viene loro garantita. Si è passati quindi alla descrizione dei diversi pattern di comorbidità. Il 44% dei pazienti arruolati nei team per la salute mentale dichiarava di aver avuto una precedente esperienza di uso di droghe e/o di alcol. Gran parte dei soggetti che hanno fatto uso di droga (74,5%) o di alcol (80,6%) riferivano di aver sofferto in passato di un disordine psichiatrico. I pazienti con comorbidità delle singole popolazioni considerate riportavano disordini multipli e avevano quindi bisogno di una maggiore assistenza rispetto ai pazienti senza comorbidità. La condizione di comorbidità non limitava peraltro l’accesso ai servizi offerti dalla struttura sanitaria di appartenenza, anche se difficilmente i diversi servizi riuscivano a gestire in comune il tipo di assistenza da erogare a tali pazienti. Per programmare e realizzare adeguati interventi basati sull’evidenza per un numero maggiore di pazienti con comorbidità occorrerebbe poter disporre di nuove risorse. È indubbio che i DALLA LETTERATURA SCIENTIFICA INTERNAZIONALE tradizionali servizi per la salute mentale garantiscano un trattamento adeguato a questo tipo di pazienti. I team comunitari che si occupano di salute mentale (CMHT) devono, comunque, cercare di sviluppare e migliorare le loro competenze in materia tramite la formazione del personale e lo sviluppo di ricerche ad hoc sull’efficacia degli interventi innovativi da attuare nello specifico contesto sanitario del Regno Unito. Rapporto di ricerca: l’esternalizzazione e l’interiorizzazione della psicopatologia nell’infanzia come fattore prognostico dell’uso precoce di sostanze. S. King et al. Research report: childhood externalizing and internalizing psychopathology in the prediction of early substance use. Addiction, 2004, 99:12, 1548-59 La ricerca si propone di esaminare le possibili relazioni future tra disordini di esternalizzazione e di interiorizzazione nell’infanzia e uso di sostanze nella prima adolescenza. Si tratta di uno studio longitudinale condotto su una popolazione di gemelli (con un’età inferiore ad 11 anni al momento dell’arruolamento nello studio e un’età di 14 anni nella fase del follow-up). Il campione era composto da gemelli già arruolati nel Minnesota Twin Family Study, un campione epidemiologico di gemelli e di loro famiglie rappresentativo della popolazione generale del Minnesota. In totale, 699 gemelli di sesso femminile e 665 di sesso maschile hanno partecipato ad entrambi le fasi dello studio. I gemelli, all’età di 11 anni, sono stati sottoposti a valutazioni diagnostiche personali, per tutto l’arco della loro vita, sui disordini di esternalizzazione e di interiorizzazione comparsi nell’infanzia e inclusi nel DSM III-R, qui di seguito elencati: disturbi del comportamento, disturbi con atteggiamenti ostili e disturbi da deficit di attenzione e iperattività, disturbo depressivo maggiore e, ma solo nel caso dei gemelli di sesso femminile, disordine di ansia eccessiva (overanxious) e di ansia di separazione. In entrambe le fasi (all’età di 11 e di 14 anni) è stato valutato anche l’eventuale uso e abuso di sostanze. La psicopatologia di esternalizzazione era predittiva dell’uso di alcol, nicotina e cannabis all’età di 14 anni, così come dell’uso abituale e ormai cronico di tali sostanze. I disturbi di interiorizzazione mostravano effetti irrilevanti; solo l’esperienza di uno stato depressivo maggiore all’età di 11 anni mostrava una significativa correlazione con un successivo uso di sostanze all’età di 14 anni. I risultati suggeriscono che la psicopatologia di esternalizzazione è un potente fattore predittivo di tutta una serie di comportamenti legati ad una precoce iniziazione all’uso di sostanze ed è altresì sistematicamente correlata al grado di coinvolgimento in tale uso. Essi dimostrano, inoltre, come la depressione sia predittiva di un’iniziazione all’uso di sostanze lecite nella prima adolescenza. Rapporto di ricerca: effetti della dipendenza da nicotina sulle variazioni diurne dell’attivazione soggettiva e sull’umore. A. Adan et al. Research Report: Effects of nicotine dependence on diurnal variations of subjective activation and mood, Addiction, 2004, 99: 1, 1599-607 Studiare il modo in cui la dipendenza da nicotina influisca sulle variazioni giornaliere dell’attivazione soggettiva e dell’umore nei fumatori rispetto ai non-fumatori, senza che ciò peraltro comporti alcuna limitazione alle loro abitudini del fumo. Abbiamo valutato l’impatto del fenomeno “dopo-pranzo” o “post-lunch”, un ritmo semi-circadiano coincidente con le variazioni giornaliere. 60 studenti - di cui 40 fumatori e 20 non fumatori - hanno risposto, ogni ora dalle 8 alle 21, alle domande riportate su otto scale visive unipolari analoghe, quattro concernenti l’attivazione soggettiva e quattro l’umore. In base al Fagerström’s Test for Nicotine Dependance e alla quantità di monossido di carbonio espirato prima e dopo aver fumato, 20 fumatori sono stati classificati come altamente dipendenti e 20 fumatori come lievemente dipendenti. Al controllo eseguito alle 8 del mattino, i fumatori evidenziavano uno stato di privazione da nicotina. Sono stati considerate anche la tipologia circadiana, le abitudini del sonno e l’assunzione di altre sostanze psicoattive. L’attivazione soggettiva e l’umore dei fumatori mostravano segni di miglioramento al mattino dopo aver fumato la prima sigaretta, con un effetto maggiore nei soggetti altamente dipendenti. Nel corso dell’intera giornata, i punteggi relativi all’umore risultavano più bassi nei fumatori altamente dipendenti, mentre erano medi nei fumatori lievemente dipendenti e più alti nei non-fumatori. Nei fumatori si evidenziava un ritardo nel livello massimo di attivazione giornaliera pari a 2 ore per i fumatori lievemente dipendenti ed a 3 ore per i fumatori altamente dipendenti. Quest’ultimi, comunque, mostravano una minore ampiezza della funzione giornaliera di attivazione soggettiva. Nei fumatori è stata osservata anche una maggiore interferenza post-lunch, con una più rilevante diminuzione di sensazioni soggettive nei fumatori lievemente dipendenti. I dati da noi ottenuti avvalorano l’esistenza di una ritmicità circadiana tra fumatori e non-fumatori, nonché il fatto che per i fumatori il grado di dipendenza da nicotina rappresenta un fattore rilevante per l’interpretazione delle variazioni giornaliere. I profili ottenuti nei fumatori sono conformi ai modelli di inversione-privazione di nicotina e all’ipotesi di disregolazione omeostatica edonica nella dipendenza da nicotina. ASPETTI TERAPEUTICI Prevedere l’esito di un trattamento con metadone usando l’Addiction Severity Index e il MMP-2 Content Scales (Indicatori Negativi di Trattamento e Scale di Cinismo). R. Craig et al. Predicting methadone maintenance treatment outcomes using the Addiction Severity Index and the MMPI-2 Content Scales (Negative Treatment Indicators and Cynism Scales). American Journal of Drug and Alcohol Abuse, 2004, 30:4, 823-839 È stato condotto uno studio sulle potenzialità, sia con il Minnesota Multiphasic Personality Inventory-2 Content Scales [Negative Treatment Indicators (TRT) and Cynism (CYN)], sia con l’Addiction Severity Index (ASI), di predire l’esito di un programma di mantenimento con metadone. In questo studio sono stati arruolati 108 maschi afro-americani, già peraltro inseriti in un programma di trattamento con metadone condotto da un servizio sanitario dello stato della Virginia e sottoposti a follow-up nell’anno successivo alla loro entrata nel programma di trattamento. Le variabili dipendenti esaminate erano le seguenti: 1) durata della permanenza nel programma; 2) percentuale di giorni di trattamento saltati; 3) screening tossicologico di campioni di Abstract 77 BOLLETTINO PER LE FARMACODIPENDENZE E L’ALCOOLISMO urine prive di tracce di droga; 4) arruolamento a tempo pieno; 5) partecipazione alle sessioni di counselling programmate e 6) valutazioni del counsellor dei progressi compiuti dai pazienti. Un’equazione di regressione lineare stepwise mostrava come: a) un basso punteggio riportato sulla scala ASI per quanto concerne il grado di severità della sostanza e la percentuale di giorni di trattamento saltati era predittivo di pazienti che risultavano ancora “puliti” nell’anno successivo al trattamento; b) un basso punteggio, sempre sulla scala ASI, per quanto attiene all’area psicologica era predittivo di una sicura presenza dei pazienti alle sessioni di counselling programmate; c) un’analisi della funzione discriminante (sulle percentuali di trattamenti mancati e di urine pulite, nonché sulle valutazioni dei progressi dei pazienti) riusciva a predire in modo ottimale la condizione del paziente (ad es. pazienti che abbandonano il trattamento vs. pazienti “attivi”) con una percentuale di accuratezza pari all’85%. Sebbene le scale TRT e CYN fossero correlate ad alcuni domini propri dell’ASI, esse non risultavano comunque associate ad alcuna variabile di esito. I risultati ottenuti mostrano come alcuni punteggi riportati sull’ASI siano indicatori importanti dei progressi fatti dai pazienti nel trattamento di mantenimento con metadone. Quanto sono importanti le caratteristiche del paziente per comprendere il processo di trattamento in Comunità Terapeutica? K. Chan et al. How important are client characteristics to understanding treatment process in the therapeutic community? American Journal of Drug and Alcohol Abuse, 2004, 30:4, 871-891 Una precedente ricerca ha dimostrato che le comunità terapeutiche (CT) riescono a conseguire buoni risultati per quanto concerne il miglioramento degli esiti post-trattamento in soggetti con una storia di abuso di sostanze. È invece scarsa la conoscenza dell’esperienza del trattamento dei pazienti con una propria storia e con esperienze e bisogni diversi. Obiettivo del presente lavoro è, quindi, considerare le diverse esperienze, esaminando attentamente il rapporto esistente tra l’andamento del programma di trattamento e le caratteristiche proprie dei singoli pazienti assistiti. Una valutazione globale dell’andamento del programma di trattamento, la Community Environment e Personal Change and Development, è stata effettuata su un campione di 447 soggetti adulti e 148 soggetti adolescenti, arruolati in un programma di trattamento presso alcune comunità terapeutiche site nella città di New York, in California e in Texas. I dati concernenti le caratteristiche demografiche, l’uso di sostanze illecite, la storia del trattamento ed i fattori di rischio del singolo paziente sono stati raccolti ricorrendo ad interviste effettuate al momento della loro entrata in trattamento e sono stati in seguito analizzati, separando i dati riguardanti i soggetti adulti e i soggetti adolescenti. Modelli lineari multivariati generali sono stati utilizzati per valutare l’effetto delle variabili del singolo soggetto sullo svolgimento del trattamento, soltanto dopo aver verificato la durata del trattamento e gli esiti conseguiti. Per quanto attiene ai programmi per i pazienti adulti - soggetti di età superiore a 25 anni, di sesso femminile e con una precedente esperienza di trattamento - si registravano punteggi più alti nel Community Environment. A loro volta i pazienti adolescenti, con esperienze di uno o più arresti subiti nel corso degli ultimi due an- 78 Abstract XXVII - N. 3-4/2004 ni, registravano punteggi più bassi sia nell’area del Community Environment che in quella del Personal Change and Development. I risultati ottenuti sottolineano la necessità di comprendere perché sia i soggetti adulti - di età inferiore, di sesso maschile e senza precederti esperienze di trattamento - che i soggetti adolescenti con recenti episodi di arresto registrassero punteggi più bassi nella valutazione del programma di trattamento. In futuro occorrerà effettuare ricerche anche e soprattutto sul ruolo dei mediatori modificabili, in modo tale da poter sviluppare e adottare strategie appropriate che consentano di incrementare il reclutamento terapeutico. Variabili salienti per lo studio del trattamento nei disturbi da uso di sostanze e alcol nell’età adolescenziale. O.G. Bukstein et al. Review: Salient variables for treatment research of adolescent alcohol and other substance use disorders, Addiction, 2004, 99:2, suppl., 23-37 Si cerca di ottenere un livello di uniformità e coerenza nelle variabili e nei dati raccolti per effettuare una comparazione tra i vari studi trasversali e, al tempo stesso, per facilitare la meta-analisi di studi sul trattamento degli adolescenti. È stato rivisto e discusso il rationale dell’adozione di tale gamma di variabili, delle principali categorie e specifiche tipologie, nonché delle metodologie di raccolta delle succitate variabili, compreso l’utilizzo di strumenti specifici. È stato reperito un numero relativamente esiguo di studi sull’esito del trattamento negli adolescenti; tra i diversi studi si sono evidenziate metodologie e valutazioni estremamente varie che implicavano valutazioni diverse dell’esito del trattamento, nonché diverse modalità di accertamento dell’uso di sostanze, della misurazione delle variabili del non-uso di sostanze quali il ruolo sociale e l’andamento scolastico, basse percentuali di follow-up e, in molti studi, la mancanza di un raffronto tra gruppi diversi. Le differenze rilevate nella tipologia e nella raccolta delle variabili di base e di esito e, al contempo, la necessità di acquisire un certo livello di uniformità negli studi sul trattamento dei disordini correlati all’uso di sostanze in età adolescenziale, evidenziano la necessità per i ricercatori in tale settore di sviluppare una serie di variabili comuni che siano relativamente coerenti e/o almeno comparabili tra i diversi studi. ASPETTI SOCIALI E DI POLITICA SANITARIA Quanto è forte la prova che l’utilizzo illecito di droghe da parte dei giovani è causa rilevante di danni sociali e psicologici? Implicazioni metodologiche e di politica sanitaria di una rassegna sistematica di studi longitudinali sulla popolazione generale. J. Macleod et al. How strong is the evidence that illicit drug use by young people is an important cause of psychological or social harm? Methodological and policy implications of a systematic review of longitudinal, general population studies. Drugs Education Prevention and Policy, 2004, 11:4, 281-297 L’uso ricreazionale di sostanze illecite (ad es. uso non correla- DALLA LETTERATURA SCIENTIFICA INTERNAZIONALE to ad una diagnosi accertata di tossicodipendenza) può provocare danni psicologici e sociali. In una recente rassegna è stata evidenziata la presenza di molti equivoci in materia. Una più ampia documentazione riguardava, invece, l’uso della cannabis, perlopiù generalmente associato ad un livello di istruzione più basso e ad un maggiore utilizzo di altre sostanze. Non è chiaro se tale associazione sia casuale. L’uso di cannabis veniva associato in modo meno evidente alla malattia mentale e al comportamento antisociale. Relazioni causali tra uso di cannabis e danno psicosociale potevano plausibilmente essere mediate sia tramite gli effetti neurofisiologici della cannabis, sia tramite i meccanismi sociali connessi all’uso di sostanze illecite. La diversità di tali meccanismi potrebbe comportare implicazioni diverse per una politica di riduzione del danno. Al contrario, l’eventuale associazione potrebbe derivare da fattori non causali, quali la causalità inversa, il bias o distorsione e il fattore di confondimento. In quest’ultimo caso, anche una diminuzione effettiva dell’uso di cannabis avrebbe poche probabilità di risultare una politica di riduzione del danno efficace ai fini degli esiti psicosociali. Attualmente la discussione verte principalmente su alcune strategie di ricerca che si ritiene potrebbero fornire una risposta ai summenzionati quesiti, nonché sulle eventuali implicazioni future per una politica di riduzione del danno. Regole informali dei consumatori di cannabis per la gestione dei rischi e dello stigma sociale. A. Hathaway Cannabis users’ informal rules for managing stigma and risk, Deviant Behavior, 2004, 25:6, 559-77 Mentre in passato l’uso di cannabis veniva considerato un’attività assolutamente marginale, oggigiorno è divenuta un’attività ben definita e ampiamente riconosciuta. In generale l’assunzione di tale sostanza è predominante e perlopiù tollerata, nondimeno i soggetti che ne fanno uso sono assolutamente consapevoli dei rischi ad esso correlati e sono ancora oggetto di stigmatizzazione. La tesi della normalizzazione di tale fenomeno ribadisce la necessità di una più approfondita conoscenza di tale devianza. Il punto focale dell’analisi deve, quindi, passare dall’osservazione delle tipologie o tratti distintivi dei soggetti che fanno uso di sostanze all’osservazione delle circostanze specifiche in cui tali sostanze vengono assunte. Basandosi sulle interviste condotte su alcuni tossicodipendenti nella città di Toronto, il presente lavoro valuta l’ipotesi che un uso regolare di cannabis si basi sulle percezioni proprie del soggetto e sulla sua gestione del rischio. Rassegna su uso di droghe e guida: epidemiologia, fattori di rischio e percezione del rischio. E. Kelly et al. A review of drug use and driving: epidemiology, impairment, risk factors and risk perception, Drug and Alcohol Review, 2004, 23: 3, 319-44 È stata esaminata tutta la letteratura disponibile in tema di guida sotto l’effetto della droga, di effetti che la droga induce sulla performance di guida, di fattori di rischio e, in particolare, della percezione del rischio correlato ad una siffatta condizione. La percentuale annua di prevalenza di guida sotto gli effetti della droga tra la popolazione generale era pari al 4% circa. Tracce di sostanze illecite sono comunemente rilevate in soggetti coinvolti in incidenti automobilistici, con studi che riportano addirittura un 25% di guidatori positivi ai test; la cannabis risulta essere la sostanza maggiormente riscontrata in questi soggetti, seguita dalla benzodiazepine, dalla cocaina, dalle amfetamine e dagli oppioidi. È altresì comune rilevare in questi soggetti l’uso di sostanze diverse. Gli studi sui danni conseguenti ad incidenti automobilistici evidenziano un’innegabile correlazione con l’assunzione di alcol. È stato altresì provato che l’uso combinato di cannabis e benzodiazepine aumenta il rischio di incidenti. Molti dubbi esistono ancora, invece, per quanto concerne gli oppioidi e le sostanze stimolanti. È evidente che un uso combinato di droghe e alcol ovvero di cocktail di droghe diverse comporta maggiori rischi. Dal punto di vista demografico, i soggetti che guidano sotto gli effetti delle droga sono soprattutto giovani di sesso maschile. Sebbene sia stata ampiamente dimostrata la netta correlazione esistente tra problematiche legate all’uso di alcol e guida in stato di ebbrezza, non è chiaro se tale correlazione sia valida anche in caso di assunzione di droghe. Sussistono anche molti dubbi per quanto attiene ai fattori psicosociali e al comportamento di guida. Mentre la maggior parte dei guidatori percepisce chiaramente i pericoli connessi alla guida sotto gli effetti della droga e li considera inaccettabili, i soggetti che guidano in stato di ebbrezza o sotto gli effetti della droga si preoccupano meno dei rischi e dei danni potenziali che ne potrebbero conseguire. La percezione del rischio è diversa a seconda del tipo di droga utilizzata e, infatti, alcune sostanze (ad es. la cannabis) vengono considerate meno pericolose e dannose rispetto ad altre (ad es. l’alcol). In conclusione, la guida sotto gli effetti della droga rappresenta senza alcun dubbio un grosso problema, sia in termini di salute pubblica che in quanto problematica specifica legata alla tossicodipendenza. Cosa cercano i consumatori di droghe quando contattano un servizio per le dipendenze: astinenza o riduzione del danno? N. McGaney et al. What are drug users looking for when they contact drug service: abstinence or harm reduction? Drugs, Education, Prevention and Policy, 2004, 5:423-35 Lo sviluppo di una prospettiva propria da parte dell’assuntore di sostanze e la teoria della riduzione del danno hanno rappresentato due tra le maggiori problematiche concernenti lo sviluppo di servizi socio-sanitari per i tossicodipendenti nel Regno Unito e in molti altri paesi. Nel presente lavoro abbiamo considerato le aspettative e le motivazioni dei tossicodipendenti nel momento in cui entrano in trattamento: la possibilità di ridurre i comportamenti a rischio ovvero di astenersi dall’uso di droghe. Il presente lavoro si basa su interviste condotte in Scozia, somministrando una scheda standard a 1007 soggetti che fanno uso di droghe e che sono entrati in trattamento. I partecipanti sono stati reclutati da un totale di 33 servizi per le tossicodipendenze site in zone rurali e nei centri urbani della Scozia. La nostra ricerca ha evidenziato che il 56,6% degli assuntori di droga intervistati considera l’astinenza l’obiettivo primario del trattamento, ritenendo che essa rappresenti l’unico cambiamento possibile e auspicabile con la frequentazione del servizio per le tossicodipendenze. Al contrario, percentuali Abstract 79 BOLLETTINO PER LE FARMACODIPENDENZE E L’ALCOOLISMO relativamente basse di assuntori di droga intervistati ritenevano che la riduzione del danno e i cambiamenti ad esso correlati rappresentino la loro aspettativa, mentre il 7,1% indicava la voce “uso ridotto di droga” e il 7,4% “il conseguimento di una condizione di stabilità”. Meno dell’1% degli intervistati ha indicato quale obiettivo del trattamento “un uso più sicuro di droga” o la voce “altro”, mentre il 4% circa dichiarava di non avere “alcun obiettivo”. Il considerare come obiettivo primario l’astinenza rispetto alla riduzione del danno era comune tra i tossicodipendenti in trattamento, a prescindere dall’ambiente di trattamento (carcere, struttura residenziale e comunità), dal sesso dei soggetti, dal tipo di trattamento (ad eccezione dei soggetti trattati con metadone) e dalla gravità della dipendenza. Considerando i risultati ottenuti, si evidenzia la necessità che i servizi per la riduzione del danno forniscano sempre spiegazioni dettagliate e attendibili sulle reali condizioni degli assistiti, garantendo altresì loro l’accesso a tutta una serie di servizi che comprendono oltre quelli finalizzati alla riduzione del danno anche quelli per l’astinenza. Uso prolungato di cannabis: implicazioni sull’educazione alla salute. N. Coggans et al. Long term heavy cannabis use: implications for health education, Drugs, Education, Prevention and Policy, 2004, 11:4, 299-313 XXVII - N. 3-4/2004 Esistono prove inconfutabili degli effetti nocivi della cannabis sulla salute dell’uomo. Sebbene si discuta ampiamente sulla natura e sulla durata di questi effetti e si riconoscano i lievi danni cognitivi ad essi correlati, non esistono prove certe sulla irreversibilità del danno cognitivo e sulle relazioni causali con la patologia psichiatrica. È molto probabile che ne conseguano danni a carico della funzione respiratoria, anche se ciò dipende dalla quantità di sostanza assunta nell’arco della vita e se, nella maggior parte dei casi, i danni rilevati vengono perlopiù attribuiti al fumo di sigarette. Mancano dati certi sulle prospettive a lungo termine degli assuntori di cannabis. In che modo essi percepiscono l’impatto dell’uso di cannabis sulla qualità della loro vita e quali sono le implicazioni della loro esperienza e della percezione dell’uso ai fini di una politica sanitaria? Uno studio recente condotto su assuntori di cannabis a lungo termine ha considerato un certo numero di problematiche rilevanti ai fini di eventuali interventi di salute pubblica. I dati quantitativi raccolti su 405 assuntori di cannabis a lungo termine forniscono un quadro globale dell’impatto che l’uso di cannabis, pur a livelli diversi e per un periodo superiore a 10 anni, comporta per una serie di problematiche: salute, dipendenza, opinioni e comportamenti connessi alla cannabis, fonti informative privilegiate. Si è discusso altresì sulle eventuali implicazioni dell’uso di cannabis sulla politica sanitaria e sulla necessità di sviluppare approcci innovativi nel campo dell’educazione alla salute. IV. Segnalazioni Bibliografiche* J. Landau et al., Outcomes with the ARISE Approach to Engaging Reluctant Drug - and Alcohol- Dependent Individuals in Treatment, American Journal of Drug and Alcohol Abuse, 2004, 30:4, 711 - 748 re ligne, travaillant dans le cadre de la politique de reduction des risques lies a la toxicomanie, Etudes d’un espace professionel deviant, Centre de Recherches Sociologique sur les Institutions Penales, Paris, 2004 J. Parke et al., Gambling addiction and the evolution of the “near miss”, Editorial, Addiction Research and Theory, 2004, 12:5, 407-11 J. Cawley et al., Lighting Up and Slimming Down: The Effects of Body Weight and Cigarette Prices on Adolescent Smoking Initiation, Journal of Health Economics, March 2004, 23 (2): 293-311 M. Aasved, The biology of gambling, Volume III: The Gambling Theory and Research Series, Charles C. Thomas, Springfield, IL., 2003, pp. 356 M. Falcinelli, Bollettino dell’Osservatorio Epidemiologico, Dipartimento delle Dipendenze, Utenza ed attività dal 1995 al 2002, Azienda Sanitaria Unica Regionale (ASUR) - Zona Territoriale 7, Ancona, 2004. C.F. Giannotti, Dipendenze: la qualità della cura nei servizi, Franco Angeli, Milano, 2003 T. Macchia et al. (a cura di) La tutela della salute nei luoghi di divertimento. La formazione del personale delle discoteche. Istituto Superiore di Sanità, Roma, 2004, pp.268 UNICEF/IOM, Overview of HIV/AIDS in South Eastern Europe, International Organization for Migration and Unicef, Rome, 2002, pp.167 M. Barre et al., Approche sociologique des acteurs de premie* A cura di Tiziana Mattioni 80 Abstract C.P. Kaplan et al., Smoking Cessation Counseling With Young Patients: The Practices of Family Physicians and Pediatricians, Archives of Pediatric & Adolescent Medicine, January 2004; 158 (1): 83-90 K.M. Turner, Butt in, butt out: pupils’ views on the extent to which staff could and should enforce smoking restrictions, Health Education Research, 2004, 19 (1): 40-50 P.D. Mowery et al., Progression to established smoking among US youths, American Journal of Public Health, February 2004, 94 (2): 331-337 D.R. Trinidad et al., Emotional intelligence and smoking risk factors in adolescents: interactions on smoking intentions, Journal of Adolescent Health, Jan. 2004, 34 (1): 46-55 T.R. Nichols et al., Maternal Influences on Smoking Initiation Among Urban Adolescent Girls, Journal of Research on Adolescence, 2004; 14 (1): 73-97