Viaggio di un simbolista russo in Italia e Nord Africa Salvatora

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Viaggio di un simbolista russo in Italia e Nord Africa Salvatora
Viaggio di un simbolista russo in Italia e Nord Africa
Salvatora Barranca
Quasi sconosciuto in Italia, al di fuori degli ambienti accademici, Andrej
Belyj fu uno dei massimi esponenti del simbolismo russo; a questo
movimento, nel 1910, diede un’opera centrale: Simvolizm, (Simbolismo,
appunto)1.
Andrej Belyj2, pseudonimo di Boris Nikolaevič Bugaev, nasce a Mosca il
26 ottobre 1880 dalla famiglia di uno degli matematici più in vista del
mondo accademico russo e prestissimo inizia i suoi primi tentativi poetici.
Da giovane frequenta assiduamente figlio e nipote del grande filosofo russo
Vladimir Solov’ëv (1853-1900) e viene influenzato dalle idee di
quest’ultimo; 3 idee che creeranno le basi per la nascita del movimento
simbolista.
Qui, però, si tratterà non di Andrej Belyj scrittore e/o simbolista ma di
Andrej Belyj viaggiatore. Si reca per la prima volta all’estero con la madre,
nel 1895: Berlino, Parigi, Svizzera. Undici anni dopo (1906) vive per un po’
a Monaco di Baviera e ancora a Parigi, ma bisogna attendere il 1910 per il
viaggio che sarà oggetto del presente articolo e che lo porterà prima in Italia
e poi, l’anno seguente, in Tunisia, Egitto e Palestina. Tracce di questa
esperienza vengono subito riportate nell’epilogo di quello che resta il suo
romanzo più famoso, Peterburg (Pietroburgo) 4 , ma soprattutto da questo
viaggio scaturiranno due raccolte di appunti che verranno rielaborate anni
dopo (1919) e pubblicate, la prima due volte (in Russia nel 19215 e a Berlino
nel 1922), e la seconda solo postuma nel 1991. L’edizione del ’21 uscirà con
il titolo di Ofejra. Putevye zametki, čast’ 1° (Ophir. Appunti di viaggio, 1°
parte)6 per la Knigoizdatel’stvo pisatelej v Moskve (Casa Editrice degli Scrittori di
Mosca) mentre quella del ‘22 solo con il titolo di Putevye zametki, tom 1°.
Sicilija i Tunis (Appunti di viaggio, 1° volume. Sicilia e Tunisia) per la Gelikon,
una casa editrice russa con sede a Berlino. 7 Secondo quanto riporta la
Walker in un suo articolo dedicato non tanto alle reali esperienze di viaggio
dello scrittore quanto agli sforzi di quest’ultimo di estendere il viaggio
mentalmente anche per luoghi di fantasia 8 , le due edizioni differirebbero
significativamente nell’impaginazione e, secondo G. V. Nefed’ev 9 , la
seconda edizione sarebbe più completa della precedente. Anche MirzaAvakjan, che ha avuto l’opportunità di basare una parte del suo articolo
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sulla prima edizione, scrive a proposito delle differenze tra le due edizioni e,
nello specifico, nota come siano diversi i titoli di alcuni capitoli e paragrafi,
nonché l’impaginazione.10
La seconda parte, invece, Afrikanskij dnevnik (Diario africano), che
racconta della Tunisia e, prevalentemente, dell’Egitto, doveva anch’essa
essere pubblicata dalla Gelikon che però fallì e chiuse.11 L’autore riprenderà
con sé il libro che verrà ritrovato solo manoscritto negli archivi della casa
editrice che avrebbe dovuto pubblicarlo a Mosca e verrà dato alle stampe
solo nel 199112, eccetto alcuni capitoli che, come nel caso della prima parte,
l’autore farà pubblicare da riviste.
Alla base dell’articolo c’è l’analisi degli appunti pubblicati nel 1922, di
alcuni frammenti dall’Afrikanskij dnevnik, e di alcune lettere scritte dall’autore
durante il suo viaggio.
Per ripercorrere con ordine quest’ultimo, bisogna partire dalla sua prima
tappa: l’Italia.
Andrej Belyj e la futura moglie Asja Turgeneva arrivarono a Venezia il 12
dicembre 1910, poi subito Firenze e Roma (13 dicembre), Napoli (non si
conosce la data esatta) e Palermo (17 dicembre). Benché la critica si sia
raramente occupata dei Putevye zametki, (come nota Cesare De Michelis,
persino i “belysti” vi hanno prestato poca attenzione)13, sulla tappa siciliana
sono state raccolte diverse lettere.14
In Sicilia si fermeranno in tutto una ventina di giorni; inizialmente
pernotteranno, per circa una settimana, allo storico Hôtel des Palmes, dove
si fermò anche G. de Maupassant e dove R. Wagner terminò il Parsifal, ma
trovando troppo caro il capoluogo siciliano, si trasferiranno (pare il 24
dicembre) nella vicina Monreale dove pernotteranno all’Hôtel Savoia (il più
economico), qui vivranno per circa 12 giorni visitando anche i dintorni:
Mondello, Bagheria e altri paesini di pescatori.
Basandosi sui Putevye zametki, Piskunov scrive a proposito dell’itinerario
italiano di Andrej Belyj che:
“планировалось по туристским маршрутам
Италии”15
“è stato pianificato secondo un itinerario turistico
d’Italia”.
Questo può essere vero se si fa riferimento a città come Venezia, Firenze
o Roma ma per quanto riguarda la Sicilia, eccezione fatta per i luoghi visitati
anche da J. W. Goethe e altre bellezze dell’isola che si possono veramente
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definire turistiche per quei tempi, buona parte dell’itinerario dell’autore
venne condizionato dalla ricerca di una casa non troppo cara dove poter
vivere:
“вокруг Палермо всего две-три деревушки рыбачьи
ужасающей грязи, где жить невозможно, а без знания
языка и опасно [...] Были в Палермо, в Санта Мариа
Иезус, 16 в Дельмонта, еще в одной деревне,
справлялись в Acquasanta,17 и - жить негде [...].
Сегодня делаем последнюю попытку устроиться
дешево и уютно; едем в Багерию, деревушку близ моря
по железной дороге. Если там нет ничего, я в
отчаянье.”18
“intorno a Palermo ci sono in tutto due o tre paesini di
pescatori orribilmente sporchi, dove non si può vivere, e
senza conoscere la lingua sarebbe anche pericoloso [...].
Siamo stati a Palermo, a Santa Maria del Gesù, a
Delmonta, ancora in un altro villaggio, abbiamo provato
ad Acquasanta, ma non si può vivere da nessuna parte.
[...]. Oggi faremo l’ultimo tentativo di sistemarci
economicamente e comodamente; andiamo a Bagheria,
un paesino vicino al mare, in treno. Se lì non troverò
niente, sarò alla disperazione.”
Alla fine la sistemazione migliore (cioè più economica) la troveranno a
Monreale.
Non sono ben chiari i motivi che spinsero l’autore ad intraprendere un
così lungo viaggio. Benché fosse un viaggiatore19, come accennato sopra,
non si era ancora spinto fuori dall’Europa: l’Europa dei primi viaggi per lui
rappresentò anche un rifugio (lo accolse durante la crisi emozionale dovuta
all’amore non corrisposto per la moglie di Blok che lo spinse a desiderare di
fuggire dalla Russia). Si trovava inoltre in un periodo in cui, soprattutto gli
esponenti della vita culturale (russa e non solo), viaggiavano tutti, e, si
potrebbe dire, Andrej Belyj a maggior ragione, per il tipo di personalità e
carattere che lo portavano alla continua ricerca di qualcosa, si può
facilmente immaginare come letterato viaggiante. Nel momento di felicità
sentimentale dovuta alla futura moglie Asja, non voleva limitarsi solo al
vecchio continente ed essendo entrambi alla ricerca di un contatto con la
spiritualità, si rivolsero a quella orientale (Egitto e Palestina) e al
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Mediterraneo. N. Kotrelëv nella prefazione all’Afrikanskij dnevnik sostiene
che più semplicemente lo scrittore cercava calma e pace per lavorare:
“И собрался Белый на юг Италии не по искусство
и природу. Было еще проще. Писателю крайне
необходимы были отдых и покойное место для
сосредоточенной работы.”20
“Andrej Belyj si recò nel sud Italia non per l’arte o per
la natura. E’più semplice. Per lo scrittore erano
indispensabili il riposo e un posto tranquillo per potersi
concentrare sul lavoro.”21
Anche Nefed’ev pone l’accento sul bisogno dello scrittore di
concentrarsi sul nuovo romanzo (il futuro Peterburg), promesso alla casa
editrice Musaget, ma in realtà è abbastanza inverosimile che qualcuno possa
intraprendere un così lungo viaggio solo per trovare la concentrazione per
scrivere e, se si bada a quanto scrive l’autore in diverse lettere, sembra più il
contrario: lavorava e spediva in Russia ciò che scriveva in modo da ottenere
i fondi necessari per continuare nel suo itinerario.
Quali che fossero i motivi, i Putevye zametki riempiono circa 300 pagine e,
benché si evinca chiaramente dal titolo della seconda edizione che
raccontano il viaggio di Andrej Belyj e di Asja Turgeneva in Sicilia e Tunisia,
iniziano con il passaggio in treno alla frontiera italiana:
“Понтебба: Италия!”22
“Pontebba23: Italia!”
Dei cinque grandi capitoli che compongono l’opera, il primo parla
principalmente di Venezia e poi, brevemente, di Roma e Napoli.
Brevissima è stata davvero la discesa di Andrej Belyj lungo la penisola
italiana, tanto da provocare lo stupore del succitato De Michelis che
addirittura conteggia esattamente le pagine occupate dalle descrizioni delle
città italiane nei Putevye zametki: Venezia riempie solo 20 delle 150 pagine
dedicate all’Italia, questo nonostante gli echi che la città lagunare ha sempre
provocato tanto nella letteratura mondiale quanto in quella russa (da Goethe
a Pasternak, Blok e Vjac. Ivanov) e benché l’autore ne parli
entusiasticamente in alcune lettere, per esempio:
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“Венеция - невыразимо хороша; уверен, что такого
города больше нигде не увижу.”24
“Venezia è indicibilmente bella; sono sicuro che non
rivedrò più una città simile.”
Ancora più scarna è l’attenzione dedicata a Firenze, descritta solo come
una sosta durante le 15 ore di treno che portano a Roma, la quale a sua volta
rappresenta soltanto un’ora d’attesa (lascia in Andrej Belyj quasi unicamente
il ricordo della stazione, di un acquedotto e delle montagne25). In una lettera
all’amico Grigorij Alekseevič Račinskij dalla capitale, Firenze non viene
neanche menzionata e Roma a mala pena citata:
“Сказочная Венеция прошла, как сон. Теперь в
Риме. Не остановимся.”26
“La favolosa Venezia è passata, come un sogno. Ora
siamo a Roma. Non ci fermiamo.”
Nei Putevye zametki Firenze e Roma non ottengono più di 2 pagine e
subito si arriva a Napoli, tappa durante la quale i due fidanzati troveranno il
tempo di visitare anche Pompei. Il capoluogo campano occupa 9 pagine (4
paragrafi) e viene descritto come:
“пестрым, у моря залегшим шутом, положившим
Везувий, свой нос, к берегам”27
“un variopinto buffone sdraiato sul mare, che fissa il
Vesuvio, il proprio naso, verso la riva”;
“... Неаполь предстал перед нами, как злой
арлекин”28
“Napoli sta davanti a noi, come un malvagio
arlecchino”.
Già qui sentirà il richiamo di una delle mete future:
“уже слышное явно дыхание Африки”29
“si sente già chiaramente il fiato dell’Africa”.
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La seconda e la terza parte dell’opera (118 pagine) sono interamente
dedicate alla Sicilia:
“место катастрофы, кощунства и смесительства:
родина Калиостро”30
“uogo di catastrofi, sacrilegi e mescolanze: la patria di
Cagliostro”.
E a proposito di mescolanze, vi è un generale accordo sul fatto che
Andrej Belyj ha amato della Sicilia:
“больше всего смесь разных культур, норманской,
арабской, и [...] византийской.”31
“più di tutto la miscela di diverse culture, normanna,
araba e bizantina.”
E le vere e proprie impressioni di viaggio iniziano dalla Sicilia:
“с Сицилии – острова причудливого пересечения
Запада и Востока, встречи Европы, Азии и Африки,
взаимодействия греческой, римской, итальянской,
испанской, арабской, византийской, норманнской
культур.”32
“dall’isola del bizzarro incrocio tra Occidente e
Oriente, dell’incontro di Europa, Asia e Africa;
dell’azione concorde delle culture greca, romana, italiana,
spagnola, araba, bizantina e normanna.”
Su questo aspetto mette l’accento lo stesso autore:
“здесь
странное
сочетание
византийской,
католической
и
33
старины;…”
греческой,
арабской
“qui c’è una strana composizione di antichi usi greci,
bizantini, cattolici e arabi;…”
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Aveva premura di recarsi in Sicilia:
“В Риме, в Неаполе, в милой Венеции не был в
музеях: спешили в Сицилию”34
“A Roma, a Napoli, nella cara Venezia non sono stato
nei musei: avevamo fretta di arrivare in Sicilia”.
Aveva fretta di arrivare nell’isola che vedeva come un punto di unione
tra il Mediterraneo (avamposto dell’Oriente) e l’Occidente: Vostok i
Zapad 35 (Oriente e Occidente) è un concetto importante per lo scrittore
nonché il titolo di una trilogia l’idea della quale venne concepita da Andrej
Belyj nel 1909 e la cui prima parte, il romanzo Serebrjanyj golub’ (Il colombo
d’argento) venne pubblicata nel 1910.36 L’autore cominciò a nutrire dubbi
sul futuro dell’Europa già durante il viaggio a Monaco e Parigi del 1906:
pensava che l’Europa fosse troppo civilizzata37 per i russi e che prestasse
troppo poca attenzione alla spiritualità, all’anima. La Russia,
geograficamente e non solo situata tra Asia ed Europa, tra Oriente e
Occidente, storicamente anello di congiunzione tra questi, doveva decidere
verso quale parte tendere. Lo scrittore pensava che la nuova Russia dovesse
rivolgersi all’Oriente e non più a quell’Europa che aveva visto visitatore
Pietro il Grande ma che non aveva dato niente al suo paese se non una
competenza meramente tecnica, una “civilizzazione meccanica” che non
badava all’anima e alla spiritualità.38 Andrej Belyj riteneva che il futuro, nella
storia della cultura mondiale, appartenesse all’Oriente e che questo fosse in
procinto di superare la civilizzazione senz’anima del piccolo borghese.39
Tornando al viaggio, la prima tappa siciliana sarà Palermo, la quale, alla
stregua di Napoli, viene descritta come:
“шут гороховый, пестрый, не злой”40
“un buffone montano, variopinto, non cattivo”.
Ma purtroppo, come si è già detto, la città era troppo cara per lo scrittore,
il quale, ritenendo poco sicuro portare con sé tutta la somma necessaria per
il viaggio, aveva deciso che sarebbe stato più prudente farsi spedire i soldi di
volta in volta.41 Ciò lo mise in difficoltà quando si rese conto che l’Italia era
più cara di quanto s’aspettasse e anche la Sicilia non faceva eccezione.
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Quando si trasferiranno a Monreale noteranno la differenza con Palermo,
in fondo si tratta di un villaggio al confronto con una città:
“Поселились мы в Монреале: здесь не то, что в
Палермо”42
“Ci siamo stabiliti a Monreale: qui non è affatto come
Palermo”;
“Мне хорошо, радостно: здесь в Монреале мы с
Асей все больше сидим; льются теперь дожди, по
ночам из-за гор блещет зарница; сегодня утром был
гром. Наоборот, в Палермо мы почти каждый день
делали экскурсии, подыскивая виллу; но на берегу
моря вилл нет; есть или очень дорогие отели, или
грязные хижины рыбаков.”43
“Sto bene, sono contento: qui a Monreale io e Asja
passiamo la maggior parte del tempo in casa; adesso
piove, di notte da dietro la montagna brilla in lontananza
l’aurora; stamattina tuonava. Al contrario, a Palermo
facevamo escursioni quasi tutti i giorni, cercando una
villa; ma sulla riva del mare non ci sono ville; ci sono o
hotel molto cari o sporchi tuguri di pescatori.”
Andrej Belyj troverà comunque molto pittoresco il paesino siciliano e la
sua popolazione:
“Монреаль в горах; население арабско-испанское,
дикое. Монреаль невероятно живописен”44
“Monreale si trova in montagna, la popolazione è
arabo-spagnola, autenticamente primitiva. Monreale è
incredibilmente pittoresca”;
“каждый уголок
живописен”45
в
Монреале
колоритен
“ogni angolino a Monreale è colorito e pittoresco”
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In un’altra lettera analizza abbastanza diffusamente gli abitanti di
Monreale, dando un assaggio delle descrizioni che si troverà a fare più
avanti nel viaggio a proposito delle popolazioni che abitano la Tunisia, e
scrive:
“похожие то на испанцев, то на арабов; здесь
население - смесь мавров с итальянцами и древними
греками; и пение не итальянское, а монотонное,
протяжное на две или три ноты; много странного кувшины - арабского типа; в знак приветствия
прикладывают руку к голове; ходят монреальцы в
плащах [...]. Вечером они толпятся на площади перед
собором, напоминающим арабский дворец”46
“simili a volte agli spagnoli, a volte agli arabi; qui la
popolazione è un incrocio di mori con italiani e antichi
greci; e il modo di cantare non è italiano ma monotono,
cantilenante di due e tre note; c’è molto di strano, ad
esempio le brocche sono di tipo arabo; in segno di saluto
avvicinano la mano alla testa; gli abitanti di Monreale
indossano mantelli [...]. Di sera si affollano nella piazza
davanti alla chiesa, che ricorda un palazzo arabo”.
In generale l’autore rimane molto impressionato dall’impronta araba
presente in Sicilia, e sente tanto l’influenza e la vicinanza dell’Africa da
scrivere:
“Африка благородная часть души сицилийца.”47
“l’Africa è la parte nobile dell’anima del siciliano.”
Dopo poco meno di due settimane di permanenza a Monreale, Andrej
Belyj e la futura moglie decideranno, dietro consultazione della famosa
guida Baedecker48 di recarsi in Tunisia:
“оказалось: в Тунисе дешевле, чем здесь; едем в
Тунис и там проведем зиму”49
“sembra che la Tunisia sia più economica di qua;
andremo a Tunisi e lì passeremo l’inverno”.
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Oltre al movente economico, ai fini della decisione di trasferirsi non sarà
secondario il fattore freddo, come racconterà lo scrittore alla sua cara amica
M. K. Morozova in una lettera dove riassume le tappe del suo viaggio:
“Приехали в Палермо: там цветы, солнце, радость.
Но там меня буквально ограбил отель. В Палермо
оказалось слишком дорого. Неделю приискивали
помещение. Приехали в Монреаль - в горы: и здесь
замерзли. Холод, разбитые стекла: у меня под столом
протекал дождь. Пришлось бежать - в Тунис. В
Тунисе опять прожили девять дней в солнце, цветах;
но в Тунисе оказалось тоже дорого. И вот после
долгих поисков мы остановились на Maxulla-Radès.
Живем в Радесе, маленькой арабской деревушке,
среди арабов. Мы сняли настоящий арабский дом с
плоской крышей, но в нем половина окон оказались
разбитыми. Понадеялись на хорошую погоду, и вот
опять - дожди, воющий ветер и непрерывный стук
ставен. Крыша - протекает. В комнатах завывает
ветер. Неудобно, холодно, но... прелестно.”50
“Siamo arrivati a Palermo: fiori, sole, gioia. Ma lì
l’hotel mi ha letteralmente rapinato. Palermo si è rivelata
troppo cara. Abbiamo cercato una sistemazione per una
settimana. Siamo andati a Monreale, sui monti: e qui ci
siamo congelati. Freddo, vetri rotti: sotto il mio tavolo
scorreva l’acqua. Siamo dovuti correre a Tunisi. A Tunisi
abbiamo vissuto nove giorni al sole, nei colori; ma anche
Tunisi si è rivelata cara. E così dopo lunghe ricerche ci
siamo fermati a Maxulla-Radès. Viviamo a Rades, un
piccolo paesino arabo, in mezzo agli arabi. Abbiamo
affittato un’autentica casa araba col tetto piatto, ma è
venuto fuori che metà delle finestre erano rotte. Avevamo
fatto affidamento sul bel tempo ed ecco di nuovo la
pioggia, il vento che ulula e l’incessante battere delle
imposte. Il tetto sgocciola. Nelle stanze ulula il vento.
E’scomodo, freddo, ma… adorabile.”
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Come si capisce chiaramente da questi brevi estratti, la Tunisia non era
decisamente una delle tappe che Andrej Belyj aveva previsto per il suo
viaggio ma sarà sicuramente quella che impressionerà più positivamente lo
scrittore. Benché la gioia sia presente nei ricordi dell’autore sia nelle tappe
italiane sia in quella nordafricana, come scrive la T. J. Khmel’nickaja
significativamente su ciò che questo viaggio ha rappresentato per Andrej
Belyj:
“Не мучительное одиночество и изоляция в чужой
стране [...] а радостное, удивленное и творческое
углубление в красочно незнакомую, заново
открывающуюся жизнь Италии и Туниса”51
“Non penosa solitudine e isolamento in un paese
estraneo [...] ma un arricchimento felice, sorprendente e
creativo nella pittorescamente sconosciuta, di nuovo
aperta vita dell’Italia e della Tunisia”.
Questo risulta essere soprattutto vero per quanto riguarda il paese
nordafricano, nelle descrizioni del quale si può leggere non solo gioia ma
addirittura entusiasmo.
Andrej Belyj e Asja Turgeneva arriveranno a Tunisi il 5 gennaio 1911 e il
15 si recheranno a Rades dove vivranno per tutta la durata del loro
soggiorno in Tunisia e da dove si sposteranno per visitare il paese: Matmata,
Qayrouan (26-27 febbraio).
La Tunisia occuperà interamente la quarta e la quinta parte dei Putevye
zametki. L’entusiasmo al quale si accennava qui sopra, si nota già nella
descrizione che l’autore fa dell’arrivo al porto tunisino della Goulette e
dell’impressione, simbolicamente rilevante, che questo provoca:
“Tunis la blanche!”
Эта надпись кидалася явственно изо всех книжных лавок Туниса;
и белые пятна кидаются вновь, когда я вспоминаю Тунис; он снежайший; он – пятнами домиков ест нестерпимо глаза; я сажусь,
чтоб писать о Тунисе: и не умею еще осознать впечатление морока
дней; я единственно знаю, что – белые дни, и что – белый Тунис; да,
он внутренне белый; и вместе: он белый для внешнего взора. Таким
он впервые возник; и таким он стоит предо мной.
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Белей города нет: быть не может!
Мое приближенье к нему обеляло мне
местности. Трапани явно белее Палермо, Голетта
белее, чем Трапани; но и она – серожелтая перед
Тунисом, в котором, как кажется мне, каждый день
обеляют дома, точно наши мазанки на юге России.
Увидев Голетту, сказал я себе.
- «Нестерпимо бело!»
Но меня повернули; и – вдаль указали залива;
подумал: какой это там, меж холмов, лежит снег?
Голубела туманная дымка; и таяла: а
оснежение, выдавалось рельефом, белело, белело,
белело; и - Господи! Есть же предел белизне!
Я предел этот знаю теперь: называю Тунисом
его.”52
“«Tunis la blanche!» 53 Questa iscrizione si lanciava
chiaramente da tutte le botteghe di libri di Tunisi; e
bianche macchie si lanciano di nuovo, quando ricordo
Tunisi; è bianchissima; con le macchie delle sue casette mi
brucia insopportabilmente gli occhi; mi siedo, per poter
scrivere di Tunisi: e non riesco ancora a rendermi conto
dell’impressione del miraggio di quei giorni; unicamente
so che erano giorni bianchi e che è “la bianca Tunisi”; sì,
è internamente bianca; e insieme: è bianca a un guardo
esterno. Tale mi appare per la prima volta; e tale permane
davanti a me. Città più bianca non c’è: non può esserci!
Il mio avvicinamento a lei mi rendeva, man mano, più
bianchi i luoghi. Trapani è chiaramente più bianca di
Palermo, La Goulette54 è più bianca di Trapani; ma anche
lei è grigiallastra davanti a Tunisi, nella quale, come
sembra a me, ogni giorno imbiancano le case, come le
nostre “mazanki” 55 nel sud della Russia. Vedendo La
Goulette, dissi a me stesso: “Insopportabilmente
bianco!”. Ma mi hanno fatto girare e notare il golfo in
lontananza; pensai: che c’è là, fra le colline: c’è neve?
Azzurrava la velata nebbia e svaniva, mentre un niveo
biancore si manifestava con i suoi rilievi, ed era bianco,
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bianchissimo e Signore! Eppure c’è un limite al biancore!
Questo limite lo conosco ora: lo chiamo Tunisi.”
Chiunque conosca Andrej Belyj, e le sue idee sul simbolismo dei colori,
non troverà insolita questa descrizione, o meglio il fatto che l’impressione
iniziale sulla nuova tappa del suo viaggio si sia palesata esclusivamente
tramite l’illustrazione dell’epifania del colore bianco che, per l’autore, non è
soltanto il colore da cui prende il nome; questa impressione è confermata
anche nelle lettere, per esempio:
“Тунис - весь белый, ослепительно белый,
особенно арабская часть города”56
“Tunisi è del tutto bianca, bianca in modo accecante,
soprattutto la parte araba della città”;
“ белый, белый, как снег, арабский город.”57
“bianca, bianca, come la neve, la città araba.”
“все ослепительно бело сверкает;”58
“tutto l’accecante bianco brilla;”
Per Andrej Belyj “il bianco rappresenta la pienezza dell’essere” 59 ,
rappresenta “il cristianesimo, l’unione delle sette chiese, dei sette principi,
dei sette fiumi sgorganti dal paradiso…”60
Nei capitoli che riguardano la Tunisia, più che negli altri, si incontra il
bianco:
“сакральный цвет символистов, олицетворение
красоты и благородства”61
“il colore sacro dei simbolisti, incarnazione della
bellezza e della nobiltà”;
“тот же белый цвет в глазах символистов [...] - цвет
рыцарской
доблести,
романтический
окрас
Средневековья.”62
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“lo stesso colore bianco agli occhi dei simbolisti […] è
il colore del coraggio cavalleresco, delle sfumature
romantiche del Medioevo.”
Se si considera il fatto che Andrej Belyj non aveva aspettative sulla
Tunisia, si può immaginare quale sorpresa sia stata per lui la vista di tutto
quel bianco; la suggestione provocata dalla diffusione e dall’intensità di
questo colore lo portano a creare la parola osneženie che si potrebbe tradurre
in italiano come “niveo biancore” in quanto si riferisce al bianco ma
riallacciandosi alla caratteristica cromatica della neve, in russo sneg che
Andrej Belyj utilizza a mo’ di radice per il suo neologismo.63
Il colore bianco viene definito dall’autore, nel celebre articolo Svjaščennye
cveta (Colori sacri), come:
“символ воплощенной полноты бытия”64
“simbolo dell’incarnata assolutezza dell’essere” .
Il colore è luce e il colore bianco lo è a maggior ragione in quanto è il
colore di Dio e Dio è luce:
“Бог есть свет и нет в Нем никакой тьмы”65
“Dio è luce e non c’è in lui nessuna tenebra”.
Contrapposto al colore nero che invece è il colore del male e del caos.
Il bianco sarà una costante dei ricordi tunisini:
“точно цвета сочетались, согласно слились - в
белый цвет. И - да, белый Тунис”66
“perfettamente i colori si armonizzavano, d’accordo si
fondevano nel colore bianco. E sì, è la bianca Tunisi”
Più in generale, però, i colori vengono usati dallo scrittore, nei Putevye
zametki, per caratterizzare le varie popolazioni che incontra in Tunisia, e qui
le coloratissime descrizioni non sembra vogliano partire da un intento
strettamente simbolico; pare infatti che la presenza di una grande varietà
cromatica, principalmente a proposito degli abiti indossati dai popoli che
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abitano il paese nordafricano ai tempi della sua visita e che porta Andrej
Belyj a chiamare il paese “variopinta farfalla”67, sia vista più con un’autentica
e gioiosa voglia di descrivere, che non con l’intenzione di riconfermare o
affermare nuove teorie sulle implicazioni simboliche dei colori.
Anche solo scorrendo i Putevye zametki salta agli occhi la frequenza
dell’aggettivo pëstryj (variopinto) e con questo di tutti gli aggettivi riferiti ai
vari colori e spesso accompagnati dalla parola jarkij (vivido).
Per esempio, ecco cosa scrive a proposito dei vestiti delle donne ebree:
“надевают пестрейшие, широчайшие шаровары
[...]; конусообразная высочайшая шапка венчает их
голову; и с острия этой шапки, ниспавши на плечи и
спину, сквозные шелка одевают их стан; очень
пёстрые ткани из черных и красненьких клеточек (в
шашку) красуются на евреечках южной Тунисии,
складываясь в прихлотливые пеплумы; и иностранец,
порой, залюбуется яркой экзотикой красок.”68
“vestono variopinti, larghissimi calzoni. Un altissimo
cappello di forma conica incorona la loro testa, e dalla
punta di questo cappello, cadendo su spalle e schiena,
trasparenti sete vestono la loro snella figura: stoffe molto
variopinte dai quadratini rossi e neri (come una dama) si
abbelliscono sulle giovani donnine ebree della Tunisia,
componendosi in fantasiosi peplum. E lo straniero inizia
ad ammira il vivace esotismo dei colori.”
Lo stesso Andrej Belyj riconosce la sua propensione a cercare vestiti
colorati:
“ я по привычке ищу пёстрых тряпок”69
“io cerco per abitudine gli abiti variopinti”.
Oltre agli ebrei, anche quando passa ai Berberi non manca di descriverne
vestiti e mantelli:
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“белоснежный бурнус, сверху брошенный, скрыл
костюм бербера: полосатый, коричневый балахон с
капюшоном, напоминающий полосатую зебру.”70
“un burnus bianco-neve, gettato dall’alto, nasconde il
vestito del berbero: un’ampia e lunga veste con
cappuccio, marrone e striata, che somiglia ad una zebra.”
E’ raro che il colore bianco non venga associato alla neve e spesso si
trovano veri elenchi di colori a testimonianza del fatto che Andrej Belyj,
qualunque cosa notasse, non poteva fare a meno di caratterizzarla
cromaticamente, così i manufatti e, ancora una volta, gli abiti arabi e berberi:
“Изделия сохраняют печати несливших двух
великих культур: полосатыми шашечками и
прихотливыми дугами изобилует берберийский и
арабский орнаменты; но последний – изысканнее,
пестрее; цвета его: красный, синий, зеленый и
желтый; цвета берберийских узоров, разводов –
коричневый, серый белесоватый и черный; цветами
такими покрыты: их зеркальца, чашечки и деревянная
утварь.
Одежда их: полосатый, коричневый, серый,
суровый и строгий, движенья сжимающий балахон с
короткими рукавами, с приподнятым капюшоном, с
оранжевой кисточкой; полосатый, коричнево-темный
бербер отличен от пестрого тунисийца-араба; обоих
же их покрывает арабский бурнус (белый, синий)”71.
“I manufatti conservano le impronte delle due distinte
grandi culture: ogni ornamento berbero e arabo abbonda
di righe, scacchi e complessi archi; ma l’ornamento arabo
è più elegante e variopinto; i suoi colori: rosso, blu, verde
e giallo; i colori dei disegni berberi, degli aloni dalle
sagome incerte sono marrone, grigio, biancastro e nero;
di questi colori sono coperti i loro specchietti, tazzine e
suppellettili di legno.
I loro vestiti: a righe, marrone, grigio, castigati e rigidi
da limitare i movimenti, un mantello con le maniche
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Viaggio di un simbolista russo in Italia e Nord Africa
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corte, il cappuccio sollevato, la nappa arancione; il
berbero a righe e marrone scuro è diverso dal variopinto
arabo tunisino; il burnus arabo (bianco, blu) li copre
entrambi”.
I vestiti arabi vengono descritti anche nelle lettere:
“арабы сидят на корточках у открытых дверей на
циновках. Как они великолепно драпируются в
плащи; как разнообразны, пестры их костюмы; белая,
синяя, черная, коричневая, желтая или красная туника,
а поверх – великолепный, почти всегда белый, плащ,
или феска, перевязанная цветным платком.”72
“gli arabi siedono accovacciati presso le porte aperte.
Come splendidamente si drappeggiano i mantelli; come
sono diversi, variopinti i loro vestiti; una tunica bianca,
azzurra, nera, marrone, gialla o rossa, e sopra uno
splendido mantello quasi sempre bianco, o un fez legato
da un fazzoletto colorato.”
E le varie popolazioni formano:
“фон пестролицой Тунисии…”73
“lo sfondo della Tunisia dai variopinti volti”
Ma anche la natura è variopinta:
“Кругом - весеннеет; цветы расцветают: лимонные,
белые, синие, красные; бабочки – носятся”74
“Intorno primavereggia; i fiori fioriscono: gialli
limone, bianchi, blu, rossi; le farfalle corrono”.
Non bastasse il tono allegro che traspare dalla descrizione, la gioia dello
scrittore può anche essere testimoniata dalla creazione del neologismo
vesenneet (primavereggia) formato sul sostantivo vesna (primavera) che però in
russo, come in italiano, non ha un verbo relativo.
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Salvatora Barranca
A testimonianza dello stato di grazia nel quale si trovava l’autore nel suo
periodo di soggiorno in Tunisia si possono vedere anche alcune lettere,
soprattutto quello che scrive a proposito degli Arabi:
“высовываюсь вниз - арабы в благородных,
прекрасных плащах. Арабы мне нравятся; Ася от них
в восторге.”75
“mi sporgo a guardare giù gli arabi in nobili, bellissimi
mantelli. Gli arabi mi piacciono; Asja per loro va in
estasi.”;
“Каждый араб - благороден, красив”76
“Ogni arabo è nobile, bello”
“Араб – художественное произведение!”77
“L’arabo è un’opera d’arte!”;
“Арабы – великолепны: это какой – то сплошной
sui generis прерафаэлизма – их жизнь”78
“Gli arabi sono splendidi: la loro vita è come una sorta
di preraffaellismo sui generis”;
“я уважаю арабов, а Ася в них влюблена.”79
“io rispetto gli arabi, e Asja è innamorata di loro.”
Tornato all’itinerario, i due viaggiatori lasceranno Rades per tornare a
Tunisi il 7 marzo 1911. Da qui partiranno alla volta dell’Egitto (8 marzo),
con sosta a Malta (9 marzo), e arriveranno a Port Said il 13 e al Cairo il 14.
Se si fa un passo indietro ai motivi del viaggio, per quanto riguarda l’Egitto è
noto a chiunque conosca Andrej Belyj che egli, secondo quanto dicevano i
teosofi, considerava il paese africano la sua patria:
“Я слышу, я помню, я узнаю своe далeкое
прошлое: я ведь родом из Африки (так говорят про
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Viaggio di un simbolista russo in Italia e Nord Africa
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меня теософы), родина моя Египет, и душа просится
в Египет, на родину.”80
“Io sento, ricordo, riconosco il mio lontano passato: io
di certo sono nato dall’Africa (così dicono di me i
teosofi)81, la mia patria è l’Egitto e la mia anima agogna
all’Egitto, alla patria”
E forte è il desiderio di recarvisi:
“чувствую непрерывный зов пустыны. Мечтаю об
Египте”82
“sento l’incessante richiamo del deserto. Sogno
dell’Egitto”
Inoltre il “profeta” del movimento simbolista, il succitato filosofo
Vladimir Solov’ëv, scrisse nel suo poema Tri svidanija (Tre appuntamenti,
1898) che la Sofia lo aveva invitato a recarsi in Egitto a visitar le piramidi e
qui egli sostenne di avere avuto, nel 1876, l’epifania dell’Eterno Femminino;
questo spingeva i simbolisti a voler compiere il cammino iniziatico che
aveva portato il loro precursore in Egitto. Anche altri scrittori russi si
recarono in Egitto, dal premio nobel per la letteratura Ivan Alekseevič
Bunin (1870-1953), al poeta Nikolaj Stepanovič Gumilëv (1886-1821) 83
all’amico di Andrej Belyj, poeta e simbolista, Konstantin Dmitrevič
Bal’mont (1867-1942).
Contrariamente a quanto è accaduto relativamente ai resoconti del
viaggio in Tunisia, la permanenza di Andrej Belyj in Egitto è già stata
oggetto di studi.84
Le aspettative dell’autore per quanto riguarda la terra dei faraoni erano
molto alte, soprattutto per le suggestioni simboliche dovute alle piramidi e al
viaggio di V. Solov’ëv, ma purtroppo grandissima sarà la delusione. Se si fa
eccezione appunto per la grandiosità delle piramidi, per il fascino della
sfinge e del deserto, lo scrittore non riporterà buoni ricordi dall’Egitto e
della volgarità della “civilizzazione” dell’Egitto moderno:
“В Каире хорош древний Египет, пустыни,
пирамиды, Нил и долина Нила, [...] Сам Каир ужасен.
Старый город – декаданс всего подлинно арабского
[...] а европейский Каир того хуже: грязь, керосиновая
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копоть автомобилей, грабители феллахи, чванные
капиталисты всего мира.”85
“Al Cairo è bello l’antico Egitto, il deserto, le piramidi,
il Nilo e la sua valle [...] lo stesso Cairo è orrendo. La città
vecchia è la decadenza di tutto ciò che è autenticamente
arabo [...] e la Cairo europea è addirittura peggio:
sporcizia, fuliggine di cherosene delle auto, contadini
rapinatori, spocchiosi capitalisti di tutto il mondo”.
La cosa che salta immediatamente agli occhi anche solo scorrendo le
lettere di Andrej Belyj dal Cairo è la fortissima contrapposizione tra Egitto e
Tunisia; sono tali e tante le lamentele che si trovano nelle descrizioni del
Cairo che sarebbe eccessivamente lungo elencarle, ma tra le più presente c’è
la mancanza di punti in comune tra i due paesi arabi visitati:
“в Египте нет ни одной черты, схожей с Туниcом
[...] Вообще Египет вовсе не то, что милая Туниcия”86
“in Egitto non c’è neanche un tratto simile alla Tunisia
[...] in generale l’Egitto non ha nulla a che vedere con la
cara Tunisia”;
“Здесь нет
Туниcом...”87
ни
одной
черты
сходства
с
“Qui non si trova neanche un tratto di somiglianza
con la Tunisia”;
“в Египте нет ничего, напоминающего Тунис;”88
“in Egitto non c’è niente che ricordi la Tunisia;”
Anche i colori che abbelliscono lo sfondo bianco della Tunisia, in Egitto
si uniformano e non lasciano un’immagine positiva del posto:
“Тунис белоснежный, Каир – черносерый”89
“Tunisi è bianca come la neve, il Cairo è nero e grigio”
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Viaggio di un simbolista russo in Italia e Nord Africa
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Insomma, tale è la delusione che, nelle sue lettere dal Cairo, Andrej Belyj
se la prende un po’ con tutto, dai fellahin (i contadini egiziani) al khamsin (il
vento che dal deserto invade periodicamente il Cairo):
“феллахи, лицом и фигурой схожие с древними
египтянами, - самый декадентский народ на свете”
“i fellahin, somigliano di viso e figura agli antichi
egiziani, sono la popolazione più decadente del pianeta”;
“Тунис к Каиру (в смысле арабов) относится так,
как прерафаэлитизм к рококо; араб арабизировал
бербера; феллах расслабил араба; в Тунисе небо
чистое, в Каире тускло-пыльное от «хамсина»
(знойного ветра пустыни)”90
“Tunisi sta al Cairo (relativamente agli arabi) come il
pre-raffaellismo sta al rococò; l’arabo ha arabizzato il
berbero; il fellah ha rilassato l’arabo; a Tunisi il cielo è
terso, al Cairo è torbido e polveroso a causa del khamsin
(torrido vento del deserto)”;
“Из Каира теперь бегут - «хамсин» начался: ветер из
пустыни - жгучий, дыхание захватывает; ни спать, ни
бодрствовать.”91
“Dal Cairo ora si scappa, è iniziato il khamsin: il vento
dal deserto è cocente, toglie il fiato; non si dorme, non si
sta svegli”
Anche in Afrikanskij dnevnik, benché principalmente occupato dalle
impressioni di viaggio sull’Egitto, Andrej Belyj non lesina paragoni:
“Белоснежен Тунис; черносер, серопылен Каир”92
“Bianca Tunisi, come la neve; nero-grigia, grigia Cairo,
come la polvere”
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Inoltre anche il Cairo si dimostra abbastanza caro e i due fidanzati si
muoveranno alla volta della Palestina, dove arriveranno l’8 aprile 1911, con
una settimana di anticipo sul previsto. Alla stregua dell’Egitto, la
motivazione a recarsi nel paese mediorientale può essere considerata
simbolica, anche se in modo più tradizionale, in quanto patria di Cristo. Il
10 aprile Andrej Belyj e la sua compagna arriveranno a Gerusalemme, e da
qui lo scrittore manderà lettere entusiaste:
“Что за великолепный город Иерусалим. Как мы с
Асей отдохнули здесь после ужасного Каира; [...] Как
радостно в Иерусалиме;”93
“Che splendida città è Gerusalemme. Come ci siamo
riposati qui io e Asja dopo l’orrendo Cairo; [...] Che
felicità a Gerusalemme”.
La lunga peregrinazione è ormai giunta al termine; i due viaggiatori
prenderanno la via del ritorno, attraverso l’Egeo, che li porterà a
Costantinopoli (1-3 maggio 1911) e poi (il 5 maggio) ad Odessa.
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Viaggio di un simbolista russo in Italia e Nord Africa
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Note
Raccolta di articoli fondamentale anche per il resto della letteratura russa in quanto
rappresentò il presupposto alla formazione delle teorie di formalismo, strutturalismo,
semiotica ed ermeneutica russa: Л. Силард, 2001, Андрей Белый. История русской
литературы серебряного века: 1890 – 1917. Москва, “Наследие”: 144 – 189.
2 Andrea il bianco.
3 Fu lui ad introdurre nella letteratura russa il concetto fondamentale dell’Eterno
Femminino (Eterne Bellezza, Bontà e Intelligenza: la Sofia, cioè la Sapienza di Dio,
(concetto già presente nel cristianesimo orientale), l’Anima dell’Universo, l’idea di Sposa
Eterna come rivelazione mistica che porterà la verità e, incarnandosi, riscatterà l’umanità
dal peccato. I giovani simbolisti russi vivranno sempre in attesa di questa epifania.
4 Andrej Belyj, 1980, Pietroburgo, a cura di A. M. Ripellino, Einaudi, Torino.
5 In realtà anche questo libro vide realmente la luce solo nel 1922, ma qui si seguirà la
tradizione che riporta comunemente il 1921 come data di edizione.
6 Ophir (a volte, Ofir) è un luogo menzionato nella Bibbia, non si sa con precisione se si
tratti di un porto o di una regione, ma pare che da qui re Salomone ricevesse ogni tre anni
carichi d’oro, argento, pietre preziose e altre merci. www.newadvent.org; en.wikipedia.org
7 Nella prima nota di un libro di V. M. Piskunov è citata un’edizione Mosca-Berlino della
Gelikon datata 1927, ma quasi sicuramente si tratta di un errore di stampa; non si trova
traccia di edizioni dei Putevye zametki posteriori al 1922, tanto più che la Gelikon, proprio nel
1927, si trasferì a Parigi. В. М. Пискунов, 2005, Собиратель пространства\\Чистый
ритм Мнемозины. Москва: Альфа-М: 190.
8 Cfr. G. Walker, 2002, “Andrei Bely’s Armchair Journey through the Legendary Land of
“Ophir”; Russia, Africa and the Dream of Distance”, in The Slavic and East European Journal,
Vol. 46, N°1, on line: aatseel.org.
9 Cfr. Г. Нефедьев, 2002, Итальянские письма Андрея Белого: ракурс к
“посвящению”\\Europa Orientalis, Archivio Italo-russo II, Salerno.
10 Cfr. М. Мирза-Авакян, 1986, Проблема культуры и стилевого синтеза в
творчестве Андрея Белого (Сборники очерков «Офейра» и «Путевые
заметки»)\\Творчество писателя и литературный процесс. Иванов. ун-т. Иваново.
11 Come ricorda lo stesso Andrej Belyj, 1991, Андрей Белый, Африканский дневник,
Российский архив. Москва: 330.
12 Н. В. Котрелев, 1991, Злосчастная судьба счастливой книги\\Российский архив.
Москва.
13 Ч. Де Микелис, 1986, «Путешествие по Италии» Андрея Белого\\Andrej Belyj pro
et contra. Milano: Edizioni Unicopli: 53.
14 Н. В. Котрелев, 1988, Путешествие на Восток. Письма Андрея Белого\\ВостокЗапад. Москва: Издательство Наука.
15 В. М. Пискунов, op. cit.: 188.
1
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“Santa Maria del Gesù – францисканский монастырь в окрестностях Палермо.”;
“Santa Maria del Gesù è un monastero francescano nei dintorni di Palermo.” Г. Нефедьев,
op. cit.: 132; i corsivi sono nel testo.
17
“Имеется в виду пригород Палермо Acquasanta, где находится
неоклассицистическая вилла Бельмонте (Белый ошибочно называет ее
Дельмонте)”; “Si intende il sobborgo di Palermo Acquasanta, dove si trova la villa
neoclassica di Belmonte (Belyj erroneamente la chiama Delmonte)”; ibidem.
18 Lettera a E. K. Metner del 19 dicembre 1910 da Palermo, cit. in: ivi: 130.
19 Il poeta e critico Osip Emil’evič Mandel’štam (1891-1938) lo definì Sobiratel’ prostranstva
(Collezionista di spazio).
20 Н. В. Котрелев, Злосчастная судьба, op. cit.: 327.
21 Sulla concezione dell’arte in Andrej Belyj come appare nella parte italiana dei Putevye
zametki si veda: W. Potthoff, 1986, “Zu Andrej Belyjs Putevye zametki. Sicilija i Tunis” in
Andrej Belyj pro et contra, Edizione Unicopli, Milano.
22 Андрей Белый, 1922, Путевые заметки. Москва-Берлин: Геликон: 19. Da qui in
avanti quest’opera verrà citata in nota con la sigla PZ e l’indicazione della pagina sarà in
italiano.
23 Città in provincia di Udine.
24 Lettera a E. K. Metner del 14 dicembre 1910 da Roma, cit. in: Г. Нефедьев, op. cit.: 129
25 Ч. Де Микелис, op. cit.: 56.
26 Lettera a G. A. Račinskij del 14 dicembre 1910 da Roma, cit. in: Дж. Малмстад.
Андрей Белый и Г. А., 2005, Рачинский\\ Russian Literature LVIII-I/II, Special Issue,
Elsevier: 36.
27 PZ: 49.
28 PZ: 68.
29 PZ: 43.
30 PZ: 64.
31 Ч. Де Микелис, op. cit.: 59.
32 В. М. Пискунов, op. cit.: 192.
33 Lettera alla madre del 31 dicembre 1910 da Monreale, cit. in Н. В. Котрелев,
Путешествие на Восток, op. cit.: 149.
34 PZ: 35.
35 A volte anche Vostok ili Zapad (Oriente od Occidente).
36 La seconda parte invece divenne un romanzo a sé stante, il famoso Peterburg.
37 Per civilizzazione Andrej Belyj intende quell’omologazione dei prodotti che fa perdere il
processo culturale che dovrebbe essere indispensabile alla loro creazione (si potrebbe anche
parlare di “consumismo”): per lui la cultura sta nel processo della creazione mentre i
prodotti finiti della cultura fanno già parte della civilizzazione e l’accettazione di qualcosa di
già concluso senza che si sia partecipato alla sua creazione rappresenta uno dei mali
dell’Europa, (non si può escludere che l’eccessiva civilizzazione del vecchio continente
abbia contribuito a dare una spinta in più al viaggio dell’autore in Africa alla ricerca di
qualcosa che fosse più vicino alla sua idea di cultura). Questo concetto di civilizzazione o,
meglio, la distinzione tra cultura e civilizzazione, molto importante tra le tematiche dello
scrittore russo, accompagnerà molte delle descrizioni presenti negli appunti riguardanti il
16
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Viaggio di un simbolista russo in Italia e Nord Africa
95
Nord Africa, inoltre l’autore dedica a questo argomento il primo articolo della raccolta
Simvolizm, Problema kul’tury (Il problema della cultura) e lo riprende in un capitolo dei Putevye
zametki (pagg. 254-256) dallo stesso titolo. Cfr. Aндрей Белый, 1910, Проблема
культуры\\Символизм. Москва: Мусагет.
38 Cfr. Л. К. Долгополов, 1981, Творческая история и историко-литературное
значение романа А. Белого “Петербург”, Москва: Издательство “Наука”;
Л.Силард, Концепция культуры в творчестве Андрея Белого (в печати).
39 Cfr. М. Мирза-Авакян, op. cit.
40 PZ: 68.
41 Н. В. Котрелев, Путешествие на Восток, op. cit.: 154.
42 Lettera alla madre del 31 dicembre 1910 da Monreale, cit. in: Н. В. Котрелев,
Путешествие на Восток, op. cit.: 149.
43 Ibidem.
44 Lettera a E. K. Metner del 19 dicembre 1910 da Palermo, cit. in: Г. Нефедьев, op. cit.:
131.
45 Lettera alla madre del 31 dicembre 1910 da Monreale, cit. in: Н. В. Котрелев,
Путешествие на Восток, op. cit.: 149.
46 Ibidem.
47 Ivi: 151.
48 Dal cognome dell’autore di una delle prime guide turistiche di grande diffusione, ebbe
una tale popolarità da designare la guida turistica da viaggio per eccellenza, in russo come in
tedesco (e non solo) semplicemente “il Baedecker”.
49 Lettera a E. K. Metner del 1° gennaio 1911 da Monreale, cit. in: Г. Нефедьев, op. cit.:
138.
50 Lettera a M. K. Morozova del 18 gennaio 1911 da Rades, cit. in: А. В. Лавров, Дж.
Малмстад, “Ваш рыцарь”,op. cit.: 157-158.
51 Т. Ю. Хмельницкая, пред., Стихотворения и поэмы, Москва-Ленинград, 1966: 44
52 PZ: 173-174.
53 Tunis la blanche è il titolo di un libro di Myriam Harry dal quale Andrej Belyj mutua questa
dicitura, questo libro viene citato alcune volte nell’Afrikanskij dnevnik.
54 Andrej Belyj scrive Goletta ma si è preferito usare la dicitura corrente di La Goulette.
55 Belyj si riferisce a casette, capanne presenti nel sud della Russia e in Ucraina, che ogni
anno vengono rimbiancate con argilla bianca e gesso e per questo appaiono molto bianche.
56 Lettera alla madre dell’8 gennaio 1911 da Tunisi, cit. in Н. В. Котрелев, Путешествие
на Восток, op. cit.: 150.
57 Ibidem.
58 Lettera alla madre del gennaio 1911, ЦГАЛИ, ф. 53.1.368ª, л. 1 – 2, ivi: 144
59 R. Platone, 1986, “Introduzione” a, Il colore della parola. Saggi sul simbolismo, Guida Editori,
Napoli: 7.
60 Ibidem.
61
В. М. Пискунов, op. cit.: 193.
62 Ibidem.
63 Alcuni neologismi dal bianco in altri simbolisti (soprattutto V. Ivanov) vengono riportati
da A. Šiškin; cfr. А. Шишкин, 2005, Тананос и Преображение Андрея Белого в
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откликах Э. Метнера и Вяч. Иванова (новые материалы из Римского архива Вяч.
Иванова)\\Russian Literature LVIII-I/II, Special Issue, Elsevier.
64 Андрей Белый, 1994, Священные цвета\\Символизм как миропонимание,
Москва: Издательство “Республика”: 201.
65 Ibidem.
66 PZ: 184.
67 PZ: 197.
68 Ibidem.
69 PZ: 175.
70 PZ: 207.
71 PZ: 210
72 Lettera alla madre dell’8 gennaio 1911 da Tunisi, cit. in Н. В. Котрелев, Путешествие
на Восток, op. cit.: 150.
73 PZ: 206.
74 Ibidem.
75 Lettera alla madre del gennaio 1911, ЦГАЛИ, ф. 53.1.368ª, л. 1 – 2, cit. in: Н. В.
Котрелев, Путешествие на Восток, op. cit.: 145.
76 Lettera a E. K. Metner (senza data), ГБЛ, ф. 167.2.26, cit. in: ivi: 144.
77 Lettera ad A. Blok (senza data), cit. in: В. М. Пискунов, op. cit.: 193.
78 Ibidem.
79 Lettera a E. K. Metner del gennaio 1911 da Rades, cit. in: Н. В. Котрелев,
Путешествие на Восток, op. cit.: 153.
80 Lettera a M. K. Morozova del 19 febbraio 1911 da Rades, cit. in: А. В. Лавров, Дж.
Малмстад, “Ваш рыцарь”, op. cit.: 163.
81 Anche per gli antroposofi, (Andrej Belyj lo diventerà nel 1912, quando conoscerà, a
Colonia, Rudolf Steiner), come per i teosofi, l’Egitto rappresentava una patria spirituale.
82 Lettera a M. K. Morozova del 19 febbraio 1911 da Rades, cit. in: ivi: 161.
83 Cfr. Z. Egeres, 2004, Формы визуального воплощения культурной и
персональной памяти в стихотворении Н. Гумилева Египет, Studia Russica XXI,
Budapest.
84 Cfr. E.Schmidt, 1986, Aegypten und aegyptische Mythologie – Bilder der Transition im Werk
Andrej Belyis. Slavistische Beitraege, Band 195, Verlag Otto Sagner, Munchen.
85 Lettera a M. K. Morozova del 24 aprile 1911 da Gerusalemme, cit. in: А. В. Лавров, Дж.
Малмстад, “Ваш рыцарь”, op. cit.: 164.
86 Lettera ad A. S. Petrovskij del 15 marzo 1911 dal Cairo, cit. in: Н. В. Котрелев,
Путешествие на Восток, op. cit.: 161.
87 Lettera a E. K. Metner del marzo 1911 dal Cairo, ivi: 165.
88 Lettera alla madre del 15 marzo 1911 dal Cairo, ivi: 158.
89 Lettera a E. K. Metner del marzo 1911 dal Cairo, ivi: 165.
90 Ibidem.
91 Lettera ad A. S. Petrovskij del 22 marzo 1911 dal Cairo, ivi: 166.
92 Андрей Белый, Африканский дневник, op. cit.: 391.
93 Lettera a M. K. Morozova del 24 aprile 1911 da Gerusalemme cit. in А. В. Лавров, Дж.
Малмстад, “Ваш рыцарь”, op. cit.: 164.
AnnalSS 5, 2005 (2009)