news i sapori del giallo

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news i sapori del giallo
I Sapori del Giallo
Si apre la VI edizione de
I sapori del giallo, la
manifestazione parmigianolanghiranese celebra,
quest’anno, con giusta enfasi,
l’America di Ed Mc Bain e
Joe Petrosino: il moloch della
letteratura gialla e l’eroe (p. 4-).
Sulla memoria. la rassegna
langhiranese insiste con l’ampio
spazio dedicato al romanzo
storico: dal Rinascimento
della della Debicke van der
Noot e Battistelli. ...Al ‘700
della Comastri Montanari e
Bartozzi. E poi la Seconda
Guerra Mondiale tra Europa e
Resistenza italiana, fanno da
sfondo alle indagini raccontate
da Ben Pastor, Loriano
Macchiavelli, Piero Soria, Paolo
Codognola e Valerio Varesi (p.6).
Vi è una memoria tuttavia
che cambia ogni giorno con
l’emergere di nuovi risultati
investigativi. A questa è
dedicata l’Anteprima dei Sapori
del Giallo, che quest’anno
amplia la manifestazione di una
giornata.
L’Anteprima è dedicata a
Giorgio Ambrosoli; al libro del
figlio Umberto che ricostruisce
l’avventura umana pubblica e
privata dell’uomo che ha pagato
con la vita l’aver accettato di
liquidare la banca di Sindona.
Nella medesima serata, il saggio
dedicato alla strage di Piazza
Fontana da Mimmo Franzinelli:
una piece teatrale per rientrare
su quel tema non solo con la
mente ma anche con il cuore
(p. 2).
I Sapori del Giallo non hanno
sempre il retrogusto amaro del
passato, prendono l’acredine
dell’attualità con i temi sociali
nella mattinata dedicata
al Premio Nozza in una
occasione resa particolarmente
significativa dalla ricorrenza
del decennale della morte
del Pistarolo. Ecco le
inchieste sociali di De Filippo
sull’immigrazione, di Orsatti
sulla mafia, di Sardo sulla
camorra (p. 7)
Infine un messaggio diretto
al futuro: l’opera cyber
metalinguistica di Marchisio;
l’ombra lunga di una profezia
che riguarda insieme gli Stati
Uniti e la Cina emergente.
Meta Stanza ha una nuova
edizione arricchita dalle tavole
di Roberto Merella. Il romanzo
tornato d’attualità con l’ascesa
alla presidenza americana di un
leader innovatore e democratico,
si configura anche come il
lascito culturale dell’intellettuale
bolognese spentosi
prematuramente quest’anno,
a ridosso della manifestazione.
n.I - 3 Settembre 2009
Supplemento del mensile
Golasecca
edito da Mamma Editori
CCIAA PR238095
Direttore responsabile:
dr. Monica Montanari
Reg.Trib. Lodi
n.301 del 19/03/99
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presso
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t./f. 0521.84.63.25
Progettazione Grafica e stampa
MAMMA EDITORI
Altra sperimentazione
espressiva di profumo yankee
Disumanità di P.G Kien
(Semplicissimus). In forma
solo dialogata, quasi un testo
teatrale, si dipana la pericolosa
indagine FBI dell’agente
Michelle Munisteri: lo sbarco
UFO degli anni ‘40 e uno dei
segreti più torbidi della nazione
americana. La sperimentalità
caratterizza la proposta anche
nella forma libro. L’edizione è
solo digitale o in artigianato
d’arte su ordinazione.
Il robusto piatto della rassegna
prevede infine la schiera degli
scrittori parmigiani (Giallo
Parma p. 3) e dei poliziotti
che scrivono (Dalla realtà
all’immaginario p. 5).
Non mancano gli outsider come
la Bucciarelli (p.8).
Come sempre all’assaggio piatti
tratti dalla letteratura poliziesca
e un ciclo di proiezioni a
corredo dei temi trattati.
Musica, ospitalità emiliana e il
work in progress organizzativo
di Luigi Notari. Il piatto è una
promessa e va consumato caldo.
Confluiscono
nell’organizzazione,
realizzazione e nel sostegno
della manifestazione il corpo
insegnante e gli studenti
dell’I.T.S.O.S., i volontari
dell’associazione Per loro come
noi, l’Accademia degli incogniti,
il saggio contributo di Libero
Bonati e l’esperienza di Cristina
Ligori che porta a Langhirano
i sapori del Salento e del
Mediterraneo.
Citiamo infine i poliziotti del
SIULP tanto ispirati da aver
prescelto la migliore tra le
associazioni sindacali di Polizia.
Soprasilenzio
p. 2
n. 1
3 settembre
2009
L’assassinio
di Giorgio Ambrosoli
La strage
di Piazza Fontana
L’assassinio
di Ilaria Alpi e Miran Krovatin
Questa è la storia di Giorgio Ambrosoli, per cinque anni commissario
liquidatore della Banca Privata di Michele Sindona, ucciso a Milano da
un killer la notte tra l’11 e il 12 luglio 1979. La racconta a trent’anni
di distanza il figlio Umberto, che ai tempi era bambino, sulla base
di ricordi personali, familiari, di amici e collaboratori e attraverso
le agende del padre, le carte processuali e alcuni filmati dell’archivio RAl. Sullo sfondo, la storia d’Italia in quel drammatico periodo.
Nell’indagare gli snodi di un sistema politico-finanziario corrotto e
letale, Ambrosoli agiva in una situazione di isolamento, difficoltà e
rischio di cui era ben consapevole. Aveva scritto alla moglie: “Pagherò
a caro prezzo l’incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non
mi lamento affatto perché per me è stata un’occasione unica di fare
qualcosa per il Paese [...] Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai
cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo”. Il racconto illumina il carattere esemplare delle scelte di Giorgio Ambrosoli, la sua
coerenza agli ideali di libertà e responsabilità e, insieme, sottolinea il
valore positivo di una storia ancora straordinariamente attuale. Con
la prefazione di Carlo Azeglio Ciampi. L’autore, Umberto Ambrosoli,
classe 1971, è avvocato penalista a Milano. È il più giovane dei tre figli
di Giorgio Ambrosoli. Da anni è impegnato a valorizzare e attualizzare
la storia del padre, partecipando a incontri nelle scuole di tutta Italia,
a convegni e a iniziative pubbliche ed editoriali.
Milano, 12 dicembre 1969: nella sede della Banca Nazionale
dell’Agricoltura esplode una bomba che uccide 17 persone e ne ferisce
88. Brescia, 28 maggio 1974: durante una manifestazione antifascista in Piazza della Loggia lo scoppio di una bomba uccide otto persone
e ne ferisce un centinaio. La strage è un tassello fondamentale della
strategia della tensione, perché ebbe un preciso obiettivo politico (la
città lombarda che, con Milano e Torino, era il laboratorio dell’unità
sindacale) e perché fu uno degli episodi della svolta che avrebbe precipitato l’Italia negli anni bui del terrorismo. Franzinelli parte dalle
inquietudini alla vigilia del Sessantotto per raccontare con un taglio
originale - e documenti inediti o poco noti - l’eversione nera dell’Italia
dei primi anni Settanta, i suoi protagonisti, i suoi drammi e i suoi
scontri, di cui sono parte integrante i depistaggi e il duro lavoro investigativo che hanno segnato la vicenda giudiziaria fino a oggi.
L’autore, Mimmo Franzinelli, si è laureato in Scienze Politiche (indirizzo storico) a Padova nel 1979, ha insegnato per diversi anni nella
scuola media, per poi dedicarsi alla ricerca storica e alla pubblicazione di diversi libri (dal 2000, quasi uno all’anno). Residente a Cedegolo, in Valle Camonica, è da molti considerato tra i massimi esperti del
periodo fascista.
Il 5 dicembre 2002 gli viene conferito l’11° Premio internazionale
“Ignazio Silone” per l’opera Il riarmo dello spirito.
L’omicidio dei due giornalisti della televisione italiana, avvenuto
quindici anni fa in Somalia, è ancora uno dei grandi misteri nazionali.
Gli sforzi per svelare i nomi dei mandanti e degli esecutori delineano
un intreccio di politica, economia, istituzioni, poteri pubblici e privati
che cercano di nascondere le vere ragioni del delitto. Le parole dei
testimoni, gli atti di magistratura e parlamento, le ammissioni e le
omissioni, le mezze verità e le bugie palesi: un’inchiesta a più voci per
continuare a cercare la verità dei fatti, per ricordare Ilaria Alpi applicando al lavoro del giornalista l’etica che la distingueva. I contributi
dei giornalisti che negli ultimi quindici anni si sono occupati a fondo
delle inchieste sull’omicidio dei due giornalisti - da Francesco Cavalli
ad Alessandro Rocca, da Luciano Scalettari a Mariangela Gritta Grainer - coordinati da Roberto Scardova, sono arricchiti da un’intervista
ai genitori di Ilaria Alpi. (Prefazione di Gianni Minà). Roberto Scardova, vicecaporedattore e inviato del Tg3 ha coordinato il lavoro di
indagine di Francesco Cavalli, Alessandro Rocca, Luciano Scalettari e
l’analisi di Mariangela Gritta Granier.
Giornalista di cronaca e dello sport per la RAI Emilia Romagna,
sempre presente durante i vari gradi ai processi sulla strage di Bologna del 2 Agosto 1980, ha seguito il Parma AC negli anni di Nevio
Scala.
Presentazione: Trentennale dell’assassino di Giorgio Ambrosoli
– Giovedì, 3 Settembre, ore 19,00. Ne parlerà con l’autore Giuseppe
La Pietra Referente di Libera Parma. Presiede: Gianni Riccò Cultore di
storia locale.
Anteprima de “I sapori del giallo”, Giovedì, 3 Settembre, ore 19,00
(dopo la presentazione del volume dedicato all’assassinio di Giorgio
Ambrosoli). La presentazione si avvale di una piece per immagini,
voce narrante, musica e letture sceniche con: Mimmo Franzinelli
(voce narrante), Mauro Slaviero (sassofono e flauto), Federico Bianchi (flauto).
Ne parlerà con l’autore Giuseppe La Pietra referente di Libera Parma.
Presiede: Gianni Riccò Cultore di storia locale.
Qualunque cosa succeda
di Umberto Ambrosoli
(Sironi)
Sprazzi di verità sui misteri italiani
difficilmente riescono a rompere
il silenzio che, anno dopo anno, si
deposita su temi dolorosi e irrisolti,
proprio perché, dolorosi e irrisolti. La
rimozione generalizzata ostacola la
diffusione della conoscenza che via via,
matura su pezzi della nostra storia.
Le scoperte agiscono sulla percezione
del Paese, per chi ascolti il racconto
dell’assassinio Ambrosoli, della strage
di Piazza Fontana, dell’esecuzione di
Ilaria Alpi e Miran Krovatin, dalle
labbra di chi, sopra e al di là del
silenzio, queste vicende ha continuato a
seguire nelle sempre nuove emergenze di
origine giudiziaria. Ascoltare Ambrosoli,
Franzinelli e Scardova ridisegna la
mappatura non solo del passato ma
anche del nostro presente.
In foto, un’immagine del film Un eroe borghese di Michele Placido in
proiezione a ciclo continuo presso il Cinema Aurora, sede della manifestazione.
La sottile linea nera
di Mimmo Franzinelli
(Rizzoli)
Carte false
di Roberto Scardova
(Edizioni Ambiente)
Presentazione: Premio giornalismo d’inchiesta Marco Nozza III edizione: dall’immaginario alla realtà – Domenica, 6 Settembre, ore 11,30.
Ne parleranno con l’autore Antonino Tuccari Pres. Camera penale
di Parma, Salvatore Scino Consigliere Comunale Firenze, Felice Romano
Segr. Gen. Siulp, Stefano Bovis Sindaco di Langhirano, Alessia Frangipane Referente Libera Parma, Leonardo Grassi Magistrato, Francesca Di
Concetto Consul. in progettazione comunitaria. Presiede: Roberto Morione
Giornalista.
In foto: Miran Krovatin e Ilaria Alpi
di Davide Barilli
(Mursia)
La casa del comandante
di Valerio Varesi
(Frassinelli)
Gli esordienti
Soprani, Bassi, Codognola
Nel paesaggio di acqua e nebbie della Bassa, il commissario Soneri si trova a suo agio. Insieme con gli anziani del posto è tra i
pochi a conoscere quel tratto del Po, a sapersi muovere tra gli argini, le golene, i casolari sparsi in una terra che ormai sembra
abitata da fantasmi. E dove invece le cose stanno cambiando: slavi che pescano il pesce siluro e forse trafficano con le armi;
speculatori che rubano la sabbia dal letto del fiume; ragazzi sbandati senza un futuro; una banda che rapina i bancomat con
l’esplosivo... Stavolta però succede anche di peggio: nel giro di un giorno spuntano due cadaveri. Il primo, come presto viene
appurato, è di un giovane ungherese. Rinvenuto nel fango con un foro di proiettile in testa. Il secondo è dell’ex comandante
partigiano Libero Manotti, morto di vecchiaia, di solitudine, di abbandono nella sua casa isolata in mezzo ai pioppi. Due storie
diverse, eppure legate da un filo: Soneri ci mette un po’ a trovarlo, avviando un’indagine che lo porta a scavare nel rivolo ambiguo del nuovo terrorismo rosso, ma anche nel passato, al tempo dell’occupazione tedesca. Valerio Varesi è nato a Torino l’otto
agosto 1959 da genitori parmensi. Si è laureato in filosofia all’università di Bologna. Nell’85 ha iniziato a scrivere su giornali
(La Stampa, La Gazzetta di Parma e La Repubblica) pubblicando anche racconti in raccolte collettive. Tra le tante opere di Varesi
citiamo Il cineclub del mistero edito da Passigli nel 2002, le storie del commissario Soneri (editi da Frassinelli). Al di fuori
della “serie” legata all’ispettore Soneri, nel 2007 è uscito il bellissimo, profondo e veramente perfetto a dispetto del titolo: Le
Imperfezioni (Frassinelli).
L’ultima estate che giocammo ai pirati di Alessandro Soprani (Mondadori): romanzo storico, d’avventura, di formazione. Tre
ragazzi non rimarranno bambini ancora a lungo, forse è la loro ultima estate innocente. E infatti un giorno è proprio Luca a
scoprire, con il cranio sfondato, il cadavere di Delmo… Soprani è nato nel 1969.
I bambini guardano i treni di Paolo Codognola (Il Filo). «Sergio intuì nell’aria una sorta di elettricità, un campanello d’allarme
che lo fece quasi tremare. Di lì a poco sarebbe successo qualcosa d’importante o forse, molto più semplicemente, sarebbe piovuto».
Il romanzo rievoca temi resistenziali e come quello di Varesi integra il novero dei libri in rassegna che a vario titolo riprendono
gli anni della lotta al nazifascismo (p. 6). Paolo Codognola è nato nel 1979.
Acquafragile di Nicola Bassi (Il Filo). Arriva sempre un momento nel quale una serie di coincidenze irrompono nella vita delle
persone, segnandone la fine o l’inizio. Così capita al maresciallo dei carabinieri Enore Piani al comando di una piccola caserma
di montagna, che si trova a indagare sulla morte di un ragazzo del paese, la cui vita sembra essersi consumata nella completa
solitudine. Nicola Bassi, nato a Parma, è poco più che trentenne.
n. 1
3 settembre
2009
Le cere di Baracoa
Novembre 1944. Durante una rappresaglia scoppia un incendio in una cereria della Bassa Padana. Muoiono due ragazzi: i
fratelli Gabbi. Per oltre mezzo secolo Celso, il fratello maggiore emigrato in Centro America, cova la vendetta che, al suo ritorno,
sfocia in un omicidio. Risucchiato dalle leggende di un uomo dal sangue zingaro e incuriosito da una vecchia cartolina in bianco
e nero, un misterioso narratore ripercorre la vita dell’assassino per inseguire un delitto privo di enigmi investigativi, ma ricco
di misteri. Dai nebbiosi argini del Po comincia un avvincente viaggio in una Cuba inedita, lontana dai luoghi comuni del turismo
di massa, un peregrinare durante il quale il protagonista incontra le ombre, spesso appena accennate, di personaggi realmente
esistiti: dal campione di scacchi cubano Capablanca a un inedito e immaginario Italo Calvino bambino, da Errol Flynn a Magdalena Rovieskuya, la cantante lirica russa che scappò dalla rivoluzione dei bolscevichi per gestire un hotel nell’antica città di
Baracoa; ma anche Gino Donè Paro, l’ex partigiano veneto che sbarcò sull’isola con Fidel Castro per liberarla dalla dittatura di
Batista. E poi il bicicletero Barroso, il tapizero Orlando e tanti altri anomali personaggi che affollano le assolate strade cubane.
Davide Barilli, scrittore parmigiano, redattore della Gazzetta di Parma, nel 1989 ha pubblicato il suo primo romanzo La fascia
del turco, recensito con interesse, tra gli altri, da Giacinto Spagnoletti, Giovanni Giudici e Giorgio Cusatelli. Con i suoi racconti,
ha confermato il suo talento, costruendo storie raffinate e originali. Oltre a La fascia del turco ha pubblicato il romanzo Musica
per lo zar e alcuni libri di racconti, Poltrona per acqua, La casa sul torrente e Piombo e argento.
Di ambientazione
extraurbana la gran parte
delle indagini e degli
enigmi insoluti narrati
degli scrittori parmigiani.
Come se raccontare la
città fosse diventato
troppo difficile o poco
affascinante il suo habitat
per fare da sfondo a vicende
letterarie. O forse ancora la
natura continua a ispirare
misteri più grandi. Fatto
è che i giallisti parmigiani
ambientano le loro storie
chi in pianura, …chi sulle
pendici appenniniche. I
pioppi di Barilli allungano
la propria ombra fino ai
Caraibi, mentre quelli di
Varesi mantengono ben
salde le radici nell’Emilia
dei trascorsi resistenziali.
Outsider Paolo Codognola al
suo esordio.
p. 3 Country Thriller Parmigiani
VENERDì 4 SETTEMBRE 2009 Ore 19,30. Giallo Parma: autori parmensi.
Ne parlano con gli autori: Mario Rinaldi, Lara Albanese, Michele Perlini,
Beppe De Simone. Presiede: Andrea Ferrari
America
di Valerio Calzolaio
È morto quattro anni fa il più
grande giallista americano
dell’ultimo cinquantennio.
L’identificazione è un problema.
Quando nacque, a Manhattan
il 15 ottobre 1926 si chiamava
Salvatore Lombino, originario
della profonda lucania, figlio di
un postino, tre nonni italiani
su quattro. Mai parlato italiano
per la contrarietà della madre.
Terminati il biennio militare e
gli studi universitari artistici,
dopo decine di racconti firmati
rifiutati, nel 1953 cambiò nome
all’anagrafe. Divenne Evan
Hunter. Il nome coincideva con
lo pseudonimo adottato per le
prime quattro “prove” pulp e
noir.
Dopo il 1960 il nome Evan
Hunter, restò riservato
all’identità privata e alla sempre
più rarefatta produzione di
letteratura “alta”. Adottò
altri pseudonimi per i libri
di genere giallo che lo resero
ricco e famoso, soprattutto
quello di Ed McBain legato
alla serie celeberrima
dell’ottantasettesimo distretto.
Per molti decenni i lettori
di Hunter e McBain si sono
ignorati, sia in patria che
all’estero.
Risalgono allo scorso anno
le due ultime uscite italiane
relative a questo autore nelle
sue molteplici identità. Per
cominciare la nuova edizione del
capolavoro “serio”, il più bello
e importante di Hunter, Il seme
della violenza (The Blackboard
Jungle) Elliot; traduzione nuova
e integrale di Michele Bruni.
In estate è uscito l’ultimo e
postumo mystery della serie
(police procedural), che trovate
solo chiedendo di McBain,
Traditori (Fiddlers) Mondadori,
(traduzione di Nicoletta
Lamberti). Non perdeteli!
Il seme della violenza
di Evan Hunter
(Elliot)
Giunse in Italia dapprima come
film. Era stato selezionato
per il concorso della XVI
Mostra di Venezia del 1955,
senza avere ancora un titolo
italiano, veniva identificato
con la traduzione letterale del
titolo americano (“Giungla
della scuola” o “Giungla della
lavagna”) ed era ispirato a
fatti realmente accaduti!
All’ultimo momento l’invito
fu ritirato. L’ambasciatrice
americana in Italia Claire
Booth Luce era intervenuta per
evitare un’immagine traviata
ed autoritaria della società
statunitense.
I traditori
di Ed McBain
(Mondadori)
Il 16 sera un commesso calvo
(malato di cancro al pancreas),
un Charles Charlie Chuck Carlie
Chaz qualsiasi, uccide
il violinista ebreo cieco
di 59 anni Max Sobolov
(già eroe di guerra)
nel territorio dell’87°
distretto.
I Sapori del
Giallo n. 1
3 settembre
2009
p. 4
Se Hunter è diventato McBain
lo si deve proprio al grande
riscontro ottenuto nel 1954: gli
editori chiesero all’autore una
serie basata su un eroe fisso.
Del 1956 sono i primi tre
romanzi dell’eroico distretto.
L’intera serie vedrà la
luce a ritmi frenetici: più
di uno l’anno, tuttavia
assommando alcuni capolavori
e mantenendo sempre un
ottimo livello di fattura. I
romanzi dell’ottantasettesimo
iniziano con un assassinio e si
sviluppano con trame ingegnose
e originali imperniate su
procedure realistiche di polizia
e sul contesto metropolitano:
Manhattan e New York
trasformate in Isola e La Città.
L’ultimo romanzo uscito è
davvero interamente ascrivibile
a McBain. “Traditori” è doc.
Isola, La Città. Giugno 2004.
Oltre Mc Bain/Evan Hunter e Petrosino (retrospettiva video), sono riconducibili al tema America in rassegna i titoli
Disumanità di P.G.Kien (Semplicissimus) e Meta Stanza di Oscar Marchisio (Socialmente).
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DOMENICA 6 SETTEMBRE 2009 Ore 19,30
Joe Petrosino 1909-2009: cento anni di memoria
Ne parlano con gli autori: Piero Ragazzini, Lia Volpatti,
Valerio Calzolaio, Claudio Rinaldi, Cleo Chiodaroli,
Nino Melito, Cristiano Casalini, Annamaria Fassio.
Presiede: Seba Pezzani
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SABATO 5 SETTEMBRE 2009 Ore 11,30
Dalla realtà all’immaginario: poliziotti che scrivono
Ne parlano con gli autori: Sabrina Polito, Luciano
Proietti, Rita Parisi, Primo Sardi, Giulio Mauri, Marco
Ricchetti, Antonio Vicini.
Presiede: Maurizio Matrone
Sette fine
di Andrea Ribezzi
(Ibiskos)
Un romanzo poliziesco. Inizia
sull’altopiano carsico, a pochi
chilometri da Trieste, in un
piccolo commissariato di pubblica
sicurezza. La vicenda si dipana
presto ben oltre le quattro mura
dell’ufficio di polizia, scende in
città, percorre le sue vie, valica i
confini e guarda infine il mare,
l’Adriatico, che lega diverse culture
ed etnie. La storia si svolge a
metà anni ‘90, in un periodo
immediatamente successivo
alle prime guerre balcaniche,
momento in cui Trieste inizia ad
accelerare la propria vocazione di
città di frontiera. La caratteristica
principale del romanzo sta nella
circostanza che la professione
dell’autore è la stessa del
protagonista: ispettore di polizia.
Andrea Ribezzi ha 50 anni; vive
e lavora a Trieste come sostituto
commissario della Polizia di Stato.
Ha appena esordito con il romanzo
“Sette fine - La prima indagine
dell’ispettore Ravera” a cui seguirà
presto una continuazione.
L’ultima indagine
di Alessandro Maurizi
(Il Filo)
Trasferito in un commissariato
della Capitale - si legge nella
presentazione - Marco Alfieri,
il protagonista, o meglio, uno
dei protagonisti, assistente
della Polizia di Stato, è accolto
da una città affascinante,
maestosa, contraddittoria.
L’ultima indagine è un giallo
appassionante che scava nei
segreti dei delitti irrisolti:
guerra, terrorismo, gelosia. Ma
anche un doppio gioco, sporco e
pericoloso: il male non si annida
in una bandiera o divisa ma è
negli uomini stessi, e il più delle
volte separarlo non è semplice
e la verità ha spesso più facce.
Grazie al suo punto di vista
privilegiato, Alessandro Maurizi
ricostruisce le indagini della sua
storia secondo la prospettiva
degli “sbirri” e mostra il volto
umano di un’istituzione in
un momento “caldo” per il
nostro Paese, nel quale il tema
della sicurezza è all’ordine del
giorno. Nato a Tuscania nel
1965, Maurizi è sovrintendente
della Polizia di Stato presso la
Questura di Viterbo. Il suo libro
d’esordio prende spunto dalla
sua professione e dai risvolti
umani, sociali e culturali che
questa comporta
.
Il commissario
incantato
di Maurizio Matrone
(Marcos y Marcos)
Ed ecco a voi un commissario
davvero speciale. Colto, brillante,
e molto, molto amico di una
libraia. Una libraia che, dopo
aver tanto fatto per promuovere
la letteratura gialla, a Bologna,
ora non è più di questo mondo.
Il commissario si rivolge a
lei come a una vera e propria
musa, e le racconta come vanno
le cose, ora, sulla Terra. Che si
tratti di un’indagine bizzarra,
che ha origine nella gelosia
rovinosa di una cara amica, che
trova cinque capelli rossi fra i
vestiti del marito; che si cantino
le peripezie di un gruppo di
rock religioso, i “Christian Life”,
alle prese con un produttore
fregone da cui mai si otterrà il
becco di un quattrino; o di un
mordace, quasi macabro scherzo
a una tabaccaia, Matrone ci
offre un romanzo a episodi che
scivolano l’uno nell’altro. Nato
a Verona nel 1966, Maurizio
Matrone è considerato tra le
voci più interessanti e originali
della nuova narrativa italiana.
È tra gli animatori per il SIULP
(Sindacato Italiano Unitario
Lavoratori di Polizia) del
Police Film Festival ed è stato
consulente per varie serie
televisive di fiction poliziesca,
tra le quali Distretto di Polizia e
La squadra.
p. 5
n. 1 del 3 settebre 2009
Dalla realtà all’immaginario
per tornare ancora una volta
alla realtà. Se a scrivere
sono i lavoratori di polizia
ne emergono pagine che
riconducono inevitabilmente
alla problematicità del reale:
dalla Trieste frontaliera delle
guerre balcaniche in Ribezzi,
al terrorismo di Alessandro
Maurizi, all’Emilia di Martone
e D’Ippolito fino a Lorenzi che
scompone la forma stessa del
romanzo per assimilarlo ad un
collage documentale di realtà.
Cinque storie, cinque scrittori
che evocano ed esorcizzano
un mondo di irriducibile
complessità.
Ne cives
ad arma ruant
di Gianni D’Ippolito
(Zona)
Un poliziesco tutto italiano, che
strizza l’occhio alle ambientazioni emiliane di Lucarelli e alle
sfumature esistenziali e a tratti
umoristiche di Camilleri, immergendosi completamente nel
contesto sociale che definisce e
caratterizza la nostra inquietante attualità. (Antonio Piras)
“Ne cives ad arma ruant” è un
motto della Polizia di Stato: “affinché i cittadini non ricorrano
alle armi”... In tempi di ronde,
vale forse la pena ricordarlo.
Commissario di Polizia, di origine molisana, Gianni D’Ippolito
nella sua carriera, ha rivestito
diversi incarichi. Attualmente è
Primo Dirigente della Divisione
Anticrimine alla Questura di
Forlì.
A modo mio
di Maurizio Lorenzi
(Il Molo)
Un uomo che viene definito un
po’ strano, “sui generis”, raccoglie ovunque gli capiti fogli,
appunti e pezzi di carta gettati
al vento da chi li ha scritti.
Assemblati e poi rilegati proprio
come un libro, li trasforma in
un testo che sfugge a qualunque
tipo di classificazione. A modo
mio è un collage di storie diverse che possiedono un’anima
sola, al punto che, leggendole,
sorge spontaneo il dubbio se sia
stata una sola mano ad averle
generate oppure appartengano
ognuna a menti diverse. Immergersi nella lettura di questo
collage per scoprirlo, è come
salire sopra una giostra capace
di far girare la testa, avvolti in
un carnevale di luci e caroselli
festanti che riesce nell’impresa
di far riflettere. Maurizio Lorenzi, bergamasco, appartenente
alla Polizia di Stato dal 1993.
Nel contempo, coltiva in parallelo la passione per la scrittura,
attraverso la quale cerca di
fotografare e dipingere la vita,
affettiva e lavorativa, offrendo
uno spaccato che esula dall’immaginario collettivo.
In foto:
Poliziotti della Squadra Mobile di
Cuneo, in azione e in un momento di
relax (anni ’60 – ’70).
Dalla realtà
all’immaginario:
poliziotti che scrivono
n. 1
3 settembre
2009
Giallo storico p. 6
SABATO 5 SETTEMBRE 2009 Ore 19,30
Giallo storico
Ne parlano con gli autori: Paolo Galloni, Danilo Barbi, Roberto Greci, Alessio
Romei, Roberta Cotti. Presiede: Mario Catani
Non c’è epoca che possa
sottrarsi al poliziesco. Il tardo
Rinascimento innanzitutto,
con Debicke van der Noot
che tratteggia un intrigo
diplomatico; poi con Bertozzi
che prende in parola Kracauer
“Poe non era forse un
mistico? L'indagine poliziesca
corrisponde, nel campo
secolare, alla speculazione
teologica". Bertozzi inverte il
percorso e svolge un’indagine
mitografica su affreschi e
templi astrali con la lente
melanconica di uno Sherlock
Holmes. La Comastri Montanari
e Battistelli indagano invece
nel secolo diciottesimo. Prima
(Battistelli), nella Roma dei
papi. Poi (Comastri), nella
vicina Parigi del Terrore, in un
intreccio di interessi privati e
ideali rivoluzionari. Risalendo
le epoche su su, fino a noi,
arriviamo agli anni e ai luoghi
della Resistenza con Ben Pastor,
Macchiavelli, Soria e Varesi.
Marco Bertozzi Il detective melanconico e altri saggi filosofici (Feltrinelli). Il titolo non tragga in inganno: questo è un libro serissimo,
erudito e colto. Ma con un atteggiamento di fondo, esplicitato, raccontato e motivato: quello del detective che un po' per caso un po' per
noia segue tracce e scopre indizi. Solo che qui tracce e indizi sono sparsi in opere d'arte o di letteratura o di filosofia: dalla "Melencolia
I" di Dürer al trattato sul romanzo poliziesco di Siegfried Kracauer, alle alchimie nascoste negli affreschi di Palazzo Schifanoia o agli
enigmi del Tempio Malatestiano. Il dedalo dei riferimenti, delle citazioni, delle assonanze si snoda di pari passo al rigore del filologo
e alla leggerezza del narratore, alla tenacia dell'epistemologo e alla complicità dell'appassionato. Marco Bertozzi insegna Filosofia
teoretica presso l'Università di Ferrara.
Patrizia Debicke van der Noot La gemma del cardinale (Corbaccio). Don Giovanni de' Medici, figlio naturale legittimato del granduca
Cosimo I, fa ritorno a Firenze alla morte improvvisa e assai sospetta del fratello maggiore Francesco I e della moglie Bianca Capello.I
nemici incalzano. Don Giovanni, parte dunque come ambasciatore, ma nel corso dei suoi viaggi dovrà battersi contro una setta religiosa e fanatica che ha la Spagna come mandante. Patrizia Vanni Debicke Van Der Noot italo lussemburghese originaria di Firenze,
bilingue che scrive in italiano e in francese. Ha pubblicato il primo romanzo nel 2003. Il Ministero della Cultura del Lussemburgo le
ha accordato due premi per la pubblicazione, rispettivamente, de L’oro dei Medici e La tigre di Giada.
Il tardo Rinascimento
di Debicke e Bertozzi
Danila Comastri Montanari Terrore (Mondadori). Francia, settembre 1793. La rivoluzione si dibatte in gravi difficoltà, stretta tra
nemici interni ed esterni. Un misterioso giustiziere vendica le vittime della rivoluzione con una serie di delitti efferati ed evocativi.
A indagare con discrezione e prudenza su quei delitti che rianimano le speranze dei controrivoluzionari, viene chiamato un avvocato
di sicura fede repubblicana, Etienne Verneuil, la cui abilità nelle investigazioni criminali è nota ai capi giacobini. Danila Comastri
Montanari. Nata a Bologna nel 1948, membro dell' Associazione Scrittori di Bologna, dell' AIEP e del Mensa Italia, è l'autrice della
saga di Publio Aurelio, senatore-detective dell'antica Roma, tradotta in una decina di lingue. Vive e lavora a Bologna.
Fabrizio Battistelli Il Conclave (Einaudi). Intorno al lungo conclave del 1740, alla morte di Clemente XII, fazioni politiche e personaggi di Curia si scontrano con mezzi leciti e non. Riziero di Pietracuta, giovane gentiluomo di provincia, abile di spada e pronto di
intelletto, si trova a dover fare i conti con una misteriosa catena di delitti, e anche a evitare di ingrossare la catena con la propria persona. A complicare le cose contribuiscono monsignori intriganti, pericolosi avventurieri, segrete riunioni massoniche, duelli sanguinosi e amori in cui si gioca all'intelligence. Fabrizio Battistelli è nato a Roma, dove insegna e scrive di sociologia. Dagli anni settanta,
uno dei maggiori studiosi italiani di apparati di sicurezza e militari, coniugandoli come sociologo al rapporto con la società.
Il diciottesimo secolo
di Battistelli e Comastri
Ben Pastor La morte, il diavolo e Martin Bora (Hobby & Work). Ucraina, 1941. Tutto inizia con l'Operazione Barbarossa, l'attacco
nazista all'Unione Sovietica. Martin Bora, il detective che ha reso celebre Ben Pastor trova il cadavere mutilato di una contadina.
Questa "sinfonia in giallo" si trasforma in un autentico viaggio di conoscenza all'interno della storia europea (e dei suoi misfatti più
vergognosi). Ben Pastor è nata nel 1950 a Roma. Tra le sue tante opere citiamo Lumen e Luna bugiarda, fortunatissimi thriller sullo
sfondo della Seconda Guerra Mondiale.
Loriano Macchiavelli Delitti di gente qualunque (Mondadori). Due libri conducono Duescatti e Talpone, rispettivamente fotografo e
ricercatore universitario a scoprire un furto di radium commesso dai nazisti nel ’44 ai danni dell’Ospedale S.Orsola. Una scoperta
che Duescatti pagherà cara: morirà con modalità che definire enigmatiche è poco. Il sergente Sarti Antonio non può non chiedersi
come sia possibile che la vittima giaccia, come fosse stata schiacciata, sul pavimento e la sua immagine speculare sembri stampata
sul soffitto. Loriano Macchiavelli nato a Vergato (Bologna) nel 1934. Dal 1974 ha pubblicato numerosi romanzi divenendo uno degli
autori italiani più conosciuti e letti. Dai suoi romanzi sono stati tratti romanzi televisivi e film.
Piero Soria A proposito di Ute (Mondadori). Modica, il collega-avversario del commissario Lupo, è in coma. Ha un proiettile in testa.
Brutta matassa: Lupo comincia a svolgerla a partire da Viola Camicia, ex maitresse di un vecchio bordello dove a suo tempo partorì
Ute, un’adolescente con la sindrome di Tourette. Che ne è stato del bambino? Il mondo contadino delle Langhe tra amore, rancore e
Resistenza. Piero Soria, torinese classe 1944, è al suo undicesimo romanzo, diventa famoso con Colpo di coda, 1989.
Sempre alla Resistenza sono dedicati i due libri in rassegna di Valerio Varesi (La casa del comandante) e Paolo Codognola (I bambini
guardano i treni), ma ad una Resistenza che riaffiora nelle implicazioni del presente. Varesi e Codognola vengono trattati nella sezione
Giallo Parma. Soria presenta il suo libro nella serata di Domenica ore 19,30.
Tra guerra e resistenza
Con Pastor, Macchiavelli, Soria, Varesi e Codognola
L’Inchiesta Sociale nel decennale della morte di Marco Nozza
p. 7
n. 1
3 settembre
2009
Quasi uguali
A schiena dritta
di Pietro Orsatti
(Socialmente)
di Raffaele Sardo
(Melampo)
«Le storie presenti in questo libro sono tutte vere. Non c'è gran
merito nell'averle trovate, basta saper guardare nelle nostre città, nei
nostri sgabuzzini, nelle nostre stesse case. L'immigrazione non è un
fenomeno transitorio, è strutturale. Molti italiani non si accorgono
di parlarne storcendo un po' il naso, come davanti alla scena di un
film che ci infastidisce, pensando che basti uscire dal cinema per non
guardarla più. Ma questo fenomeno non diminuisce, anzi, aumenterà.» Un giornalista ha raccolto le testimonianze di tanti stranieri giunti nel nostro paese: vicende molto differenti le une dalle altre, uomini
e donne di diversa provenienza etnica, geografica, sociale, culturale,
diverso destino, diversi valori. Ciò che ne emerge è l'istantanea di un
panorama in continuo mutamento, nel quale molti vivono in condizioni di miseria e degrado, fantasmi invisibili nella nostra società, ai
margini; alcuni sopravvivono più o meno dignitosamente; ma ci sono
anche quelli che possono dire di avercela fatta, di essere riusciti a raggiungere un tenore di vita decente, di essersi integrati. Francesco De
Filippo è nato a Napoli nel 1960. Giornalista all'ANSA, vive a Roma.
Ha lavorato a Il Sole 24 Ore, è stato redattore capo di una rivista nazionale di cultura (Arte & Carte) e presidente di una cooperativa che
si occupava di informazione e comunicazione (Informedia). È stato
inviato speciale del Festivaletteratura di Mantova ed. 2001 per Nonleggere.it. Ha esordito come narratore nel 2001 con Una storia anche
d’amore (Rizzoli).
Un anno di reportage e inchieste sulla riorganizzazione di Cosa nostra dopo i clamorosi arresti di Bernardo Provenzano e Salvatore Lo
Piccolo. Partendo dai clan “periferici” della mafia rurale di Partinico,
ai massimi sistemi e alle inquietanti connessioni con pezzi dello Stato. Un viaggio in una Sicilia che tenta di reagire e di modificare un
percorso di emarginazione sia dal punto di vista sociale che sul piano
della legalità.
Un’inchiesta che punta anche all’emersione e all’analisi di figure
criminali considerate erroneamente marginali e che, alla luce di una
vera e propria guerra di mafia in atto in questo periodo, si rivelano
come ai vertici del sodalizio criminale. Pietro Orsatti regista, autore
teatrale, video e documentari, ha lavorato presso il gruppo parlamentare verde e in associazioni ambientaliste come Legambiente e Friends of the Earth. Ha realizzato progetti web e campagne per ActionAid,
ANCI, Un ponte per..., Ricerca e Cooperazione. Impegnato per anni
come collaboratore e redattore di numerose testate giornalistiche occupandosi di ambiente, società e esteri. Ha pubblicato, fra gli altri,
per: Diario, Il Manifesto, Ag. Dire, L’Unità, Editoriale la Repubblica,
Carta, La Nuova Ecologia, Arancia Blu, Modus, Liberazione. Ha collaborato con la Rai, Telesur e RadioPop. Collabora con Liberazione,
PeaceReporter, Avvenimenti, Altern@tivamente, PeaceLink e Arcoiris.tv. Oggi e redattore di Left. Ha recentemente fondato, con altri, il
Network Lo strillone www.strillone.info. Collabora con Agoravox.it
Macina profitti, devasta città e campagne, corrompe i poteri. Lasciando dietro di sé una striscia di sangue che non si asciuga mai. Il
libro consegna un ritratto sconvolgente della violenza della camorra,
delle impunità e anche delle complicità quotidiane. E offre al tempo
stesso un affresco denso di pietas del mondo delle vittime, nomi e
cognomi ingiustamente dimenticati. Uomini uccisi per punire, per
intimidire o semplicemente per sbaglio. Don Peppe Diana, sacerdote. Salvatore Nuvoletta, carabiniere. Federico Del Prete, sindacalista.
Franco Imposimato, impiegato. Attilio Romanò, informatico. Alberto
Varone, commerciante. Domenico Noviello, imprenditore. Sono questi i nomi simbolici a partire dai quali l’autore racconta la camorra
dell’ultimo quarto di secolo, la crescita del “Sistema” o più propriamente della “Bestia”. Un ritratto sconvolgente ma non rassegnato.
Perché anche nella Gomorra assatanata di soldi e di potere arriva una
sentenza giusta emessa “in nome del popolo italiano”; c’è qualcuno,
un insegnante, un giornalista, una studentessa, un prete, che difende
a testa alta i valori dell’Italia civile. Con una Prefazione di Roberto
Saviano. Raffaele Sardo, giornalista, laureato in scienze della comunicazione, vive e lavora in provincia di Caserta. Attualmente collabora
con il quotidiano la Repubblica. Ha pubblicato Nogaro. Un vescovo di
frontiera per Alfredo Guida Editore (1997) ed È marzo, la primavera
sta per arrivare. Don Peppino Diana ucciso per amore del suo popolo
per Edizioni Università per la legalità e lo sviluppo di Casal di Principe
(2004).
di Francesco De Filippo
(Mondadori)
La bestia
Domenica 6 Settembre 2009
Ore 11,30
Premio giornalismo d’inchiesta
Marco Nozza III edizione:
dall’immaginario alla realtà.
Faro puntato sull’oggi nelle inchieste
di De Filippo, Orsatti, Sardo:
immigrazione, mafia, camorra.
Due giornalisti e un regista per
un’istantanea su vittime e carnefici
che celebra il ricordo del giornalista
investigativo Marco Nozza, il grande
Pistarolo, nel decennale della morte. Si
spense nel ‘99 l’uomo che scopri l’alibi
di ferro di Pinelli, l’uomo che credette
all’innocenza di Valpreda; anche
quest’anno in suo nome, la rassegna
conferisce un premio al giornalismo
d’inchiesta. Partecipa “Carte False” di
Roberto Scardova (p. 2).
Intervengono: Antonino Tuccari,
Salvatore Scino, Felice Romano, Stefano
Bovis, Alessia Frangipane, Leonardo
Grassi, Francesca Di Concetto. Presiede:
Roberto Morione.
C’è il “nonno” criminale della Lunga estate calda (2007) che usa parole obsolete,
anzi muffe, come gagà, pederasta, interdetto, relitti di un passato che lui sogna di far
tornare in vita. C’è chi fa cadere dall’alto
qualche espressione latina, come modus
operandi o modus vivendi, per marcare le
distanze e dire: lei forse non sa con chi ha
l’onore di parlare. Ci sono gli immigrati
che mescolano, con una sintassi traballante, poche parole greche e qualche voce
inglese: è una lingua ai margini, come il
loro ruolo nella società. E, infine, ci sono
le parole della politica come democrazia e
comunismo, declinate dai vari personaggi
in accezioni che sembrano non avere un
denominatore comune: per il vecchio Zisis,
oppositore dei colonnelli, comunismo ha
un senso lontano anni luce da quello che
gli attribuiscono i nuovi rappresentanti
della sinistra al caviale.Accompagnati da
questo intrecciarsi di voci e parole, percorriamo con Charìtos le strade di Atene.
p. 8
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I tajarin
del commissario
Nel cuore e nel piatto del
commissario Lupo di Piero
Soria, ci sono sempre i
Tajarin, tagliolini al ragu
di fegatini che riportiamo
a rappresentare i menu
dei pranzi allestiti nella
rassegna ...piatti tratti
dall’appetito di commissari
e ispettori che popolano la
letteratura gialla.
DOMENICA 6
SETTEMBRE 2009 19,30
Ne parlano con gli
autori: Piero Ragazzini,
Lia Volpatti,
Valerio Calzolaio,
Claudio Rinaldi,
Cleo Chiodaroli,
Nino Melito,
Cristiano Casalini,
Annamaria Fassio.
Presiede: Seba Pezzani.
Ingredienti per la sfoglia (dosi per 6 persone): 8 etti di farina di grano tenero 00;
1 uovo intero: 7 tuorli; 1 pizzico di sale; 1
pugno di farina di mais. Preparazione: Su
una spianatoia di legno fare un mucchietto
con la farina, scavare un buco al centro,
mettere un pizzico di sale e i tuorli d'uovo.
Lavorare l'impasto a lungo con forza. Tirare una sfoglia sottilissima con il matterello.
Sul grande foglio stendere un po' di farina
di mais, poi arrotolarlo e con un coltello
ben affilato tagliare, sottilissimi, i tajarin.
Staccarli gli uni dagli altri alzandoli con le
mani e lasciandoli ricadere leggermente.
Per la cottura occorre moltissima acqua
salata e pochissimo tempo: un minuto
Il ragu: fate stufare la cipolla in una padella con l’olio e un cucchiaio di brodo per
10 minuti, unite 5 fegatini di pollo tritati
e sfumateli con un cucchiaio di marsala.
Aggiungete 4 o 5 pomodori tritati, salate
e insaporite con la noce moscate, dopo
mezz’ora di cottura, togliete il sugo dal
fuoco e aggiungete dei tocchetti di burro.
I tajarin vanno cotti per 1 minuto in acqua
salata, scolateli e unite al ragù con una
spolverata di Parmigiano.
di Elisabetta Bucciarelli
(Kowalski)
Risate, voci allegre ai confini di un bosco
in montagna: cercano castagne. Un cagnolino scodinzola vicino alla piccola Arianna.
Lei lo insegue nel labirinto degli alberi
in una corsa malferma fino all'abbraccio
di qualcuno. Scomparsa. A indagare sarà
l'ispettore Maria Dolores Vergani, richiamata nel paesino della Val d'Aosta dal sacerdote che la conosce fin da quando era
bambina. Ma ci sono cose che il prete non
vuole o non può dire: una leggenda antica,
una richiesta di perdono, un senso di colpa che non trova pace. Intanto a Milano in
un'area industriale dismessa vengono rinvenuti i resti di una donna. Nel percorso
tortuoso delle indagini, Maria Dolores avrà
dalla sua il sensibile aiutante Funi e avrà
contro le proprie emozioni: l’amore e il ricordo. Elisabetta Bucciarelli vive a Milano.
Ha studiato drammaturgia e scrittura con
Giorgio Strehler e a San Marino con Tonino Guerra. Giornalista e autrice di noir e
gialli.
Lavorare insieme
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Localita’ Giarreto,10
43013 Langhirano
Tel.: 0521854157
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di Paola Villani
«La nostra lingua la si può considerare
come una vecchia città: un labirinto di
viuzze e di piazze, di case vecchie e nuove,
con aggiunte di epoche diverse; intorno, la
cintura dei nuovi quartieri periferici con
le strade rettilinee e regolari e i caseggiati
tutti uguali.» Ludwig Wittgenstein, Ricerche filosofiche.
Charitos è una curiosa specie di commissario, ama i dizionari. In Ultime della notte,
il primo romanzo giallo di Petros Markaris,
il commissario Costas Charitos descrive
così la propria biblioteca: «La chiamiamo
biblioteca per conferire un tono a ciò che è
soltanto uno scaffale con quattro ripiani.
Su quello in alto ci sono i dizionari: il grande dizionario della lingua greca di LiddellScott, il dizionario Dimitrakos di greco
moderno, il dizionario analogico del greco
moderno di Vostanzoglu, il dizionario etimologico di greco moderno di Andriotis e
per finire il dizionario di greco moderno
di Tegòlos-Fyrtaki. La mia unica passione, i dizionari. Niente partite di calcio,
bricolage, niente. Se qualcuno lanciasse
uno sguardo alla mia biblioteca, si farebbe
quattro risate. Perché, sul ripiano più alto,
i dizionari fanno la loro bella figura. Ma
su quello in basso troneggiano Viper, Nora,
Bel, Harlequin e Bianca. Mi sono riservato
la prima mensola e ad Adriana ho lasciato
le altre tre. Sopra, il trionfo della cultura;
sotto, la decadenza. La Grecia in quattro
mensole.» (Ultime della notte, Bompiani,
2002, p. 23)
Quali parole cerca il nostro commissario
nei dizionari (che sono la sua unica lettura)? In particolare nell’amato Dimitràkos,
Charìtos non cerca parole inconsuete o
rare, ma voci che usiamo, e ascoltiamo,
molto di frequente, come vedere e controllo, come terrorismo e violenza, come
beffato e bastardo, inizio e continuazione.
Se cerchiamo le corrispondenti parole italiane nel Gradit (Grande dizionario italiano
dell’uso di Tullio de Mauro), noteremo che
si tratta di parole di alto uso o addirittura
fondamentali, quelle, per intenderci, di cui
è intessuto il 96 per cento delle nostre produzioni verbali.
E, come ha scritto il grande storico della lingua italiana Bruno Migliorini (Che
cos’è un vocabolario?, Le Monnier Firenze,
1961) «le parole più difficili a definire sono
proprio le più comuni e familiari: è più facile definire la metempsicosi o l’ipotiposi che
il cane, la rosa o, peggio ancora, le grandi
categorie mentali, il concetto di spazio e
tempo, di bene e male», a meno di non fare
come la vecchia Crusca che diceva del cane
“animal noto”.
Fra le diverse accezioni in cui si articola
il significato di una voce, Charitos cerca di
capire qual è quella che meglio si attaglia a
una situazione o a uno stato d’animo; tenta
di stabilire - come lui stesso ci dice - l’«ordinamento lessicografico della [sua] situazione personale» (Si è suicidato il Che, 2004,
p. 262).
Da che cosa deriva questa passione di
Charitos per i dizionari? Forse dalle analogie che esistono
fra il lavoro dell’investigatore e quello
del lessicografo, lavoro che Migliorini così
descriveva: «S’immagini un foglio di carta
con una grossa macchia nera in mezzo, la
quale vada lentamente sfumando fino ai
margini perfettamente bianchi, e si provi a
dire quale zona si possa chiamare nerastra
e quale grigio-perla: queste sono le condizioni in cui si trova quasi sempre il lessicografo.» (Che cos’è cit., p. 30). Ma queste
sono anche le condizioni in cui si trova chi
svolge un’indagine: da un insieme di fatti
occorre sceglierne alcuni, interpretarli, dar
loro un senso, senza trascurare i dettagli
che possono sembrare ovvi, e raccoglierli
intorno a un principio ordinatore, che è il
movente di un reato.
Charitos non si limita a consultare i dizionari; nel suo stile ironico e pungente,
caratterizza
linguisticamente i personaggi che via
via incontra nel corso delle indagini. C’è
la «generazione del ’50», chiamata così
perché il suo vocabolario non oltrepassa le
cinquanta parole: «Se togliamo “fanculo”,
“cazzo”, “stronzo”, restano appena quarantasette parole contate e dichiarate sulla
certificazione dei redditi. Ricordo il 1971,
i fatti del Politecnico, i cortei studenteschi,
le occupazioni universitarie, gli slogan
“Pane, istruzione e libertà”. E noi, mandati
a controllare le manifestazioni e, talvolta, a
disperdere i manifestanti. Scontri frontali,
barricate nelle strade, teste spaccate; loro
che ci insultavano e noi che li mandavamo
al diavolo. Come avremmo potuto immaginare che tutto quel casino ci avrebbe portato alle cinquanta parole di oggi?» (Ultime
della notte, pp. 27-28).
C’è chi ama ricorrere agli esotismi (soprattutto anglicismi), fenomeno che Charìtos
vive con il fastidio del nostalgico più che
del purista. Che bisogno c’è di dire profile
se esiste già biografia? Perché fregiare gli
attori televisivi dell’aggettivo glamorous,
come fa sua moglie Adriana? E come mai
le mogli dei pensionati delle forze armate e
della polizia capiscano meglio un’insegna
come “Annie’s Art” invece di “Parrucchiera
Anna” resta per Charìtos un mistero.
n. 1 del 3 settebre 2009
Dedicato a
Petros Markaris
Per la prima volta l’organizzazione si è
avvalsa della sinergia organizzativa e della
partecipazione del corpo insegnante e degli studenti dell’ I.T.S.O.S di Langhirano.
L’istituto tecnico intitolato a Carlo Emilio
Gadda da più di 40 anni forma generazioni di giovani langhiranesi. Ex studenti
dell’I.T.S.O.S. sono anche Cinzia Magnani e
Andrea Ferrari che con i predecessori Luca
Venturi e il fratello Daniele hanno fondato
e animato la storica libreria langhiranese
Liberamente.
Io ti perdono
Dall’alto:
Valerio Varesi con Oscar Marchisio;
Cristina Ligori Curatrice della rassegna
gastronomica con Valerio Varesi;
Petros Markaris con Gianni Mura;
Petros Markaris con Roversi e Galloni;
Petros Markaris con Cinzia Magnani
e con Andrea Ferrari della libreria
Liberamente.