Il rave: controcultura tekno-nomade del ventunesimo secolo

Transcript

Il rave: controcultura tekno-nomade del ventunesimo secolo
Il rave: controcultura tekno-nomade del ventunesimo secolo
IL RAVE: CONTROCULTURA TEKNO-NOMADE DEL VENTUNESIMO SECOLO
di L. Alongi e Y. Avellis
La nascita del fenomeno dei Rave party, o se non altro della sua matrice più profonda, si può
far risalire agli anni settanta, quando, dal raduno di Woodstock in poi, lo spirito del festival,
dell'aggregazione di migliaia di ragazzi di differenti nazionalità, età e classe sociale, del ritrovo
collettivo teso alla condivisione di musica e danza, è entrato a far parte della vita di alcune
fasce della società. Quel tipo di evento si definì rave solo in seguito, quando il fenomeno si era
ormai diffuso in tutto il Mondo. La realtà rave esplode infatti in Inghilterra attorno agli anni
ottanta, quando un po' in tutta Europa si stanno formando controculture tese a denunciare
problemi politici, difficoltà economiche, disagi sociali. Una politica di tagli dell'assistenza sociale,
unita alla privatizzazione dei servizi, il tutto collocato sulla mutata economia, ha generato
l'accendersi di violente battaglie sociali e un fortissimo degrado della qualità della vita. Da qui
nascono forme di culture alternative e pratiche libertarie che si sviluppano massicciamente. E'
questo il caso di squatters, travellers, ravers, che sorgono nell'Inghilterra post-thatcheriana e si
espandono fertili un po' ovunque negli ultimi vent'anni. Gli squatters reagiscono
all'abbassamento del tenore di vita delle classi disagiate occupano palazzi dismessi in certi
quartieri delle maggiori città, basti pensare che nel 1993 a Londra vennero registrate 3000
occupazioni. I travellers, invece, rispondono al caro-affitti ed all'insopportabilità delle costruzioni
metropolitane adottando una vita nomade, spesso a bordo di roulotte o camion-case. E' un dato
di fatto che attualmente nel Regno Unito ci siano circa 500.000 nomadi persone che scelgono
nuovi modi di abitare, nuove ed inesplorate categorie di vivere il territorio: nasce da tali
presupposti anche il mondo del rave, una rete di feste illegale costituita da migliaia di individui:
temporanee occupazioni di aree private fondate sull'incontro di persone, musica, droghe, vite e
viaggi. Squatters, travellers e ravers non solo appartengono al nocciolo più duro delle "working
classes" parzialmente impoveritesi, ma negli ultimi anni si sono andati diffondendo anche tra le
middle classes. La caratteristica più sorprendente dei rave e che essi sono riusciti a crearsi un
mondo ed un linguaggio tanto particolari da generare un vero e proprio fenomeno di cultura. Il
rave è un dance party, un'aggregazione spesso illegale, tenutasi fuori dei luoghi convenzionali
destinati agli eventi musicali e dove i generi di dance music, tra cui techno e jungle, sono
estranee ai normali circuiti commerciali. Sono trattenimenti, frutto di organizzazioni autonomi di
gruppi di persone in spazi (temporaneamente occupati) non ufficialmente destinati a tale scopo.
Quando la musica si inaudisce e la componente techno assume una dimensione sempre più
centrale, i luoghi diventano inadeguati, troppo piccoli, restrittivi. Si cercano spazi più grandi al di
fuori della metropoli per creare nuove feste tecnologiche: vecchie fabbriche, capannoni o aree
rurali. In Inghilterra tutto ciò avviene alla fine degli anni ottanta, quando alcuni dischi provenienti
da Detroit entrarono a far parte del circuito di Dj londinesi. Si cominciarono a sperimentare
evoluzioni House e Tekno della vecchia musica Soul e Funky; si cominciò ad alzare il livello dei
bassi, ad aumentare la comunicazione, a facilitare la partecipazione: in poco tempo i rave
divennero una realtà affermata e diffusa. In Italia la scena rave si sviluppa al contrario e molti
passaggi sono reinterpretati con ritardo: l'ondata del techno party esplode nel 1990 come
prolungamento ed espansione dei locali più di avanguardia; solo più tardi le feste autogestite
assumono nuovi valori per il loro essere rito neo-primitivo, frantumano la rigida relazione
mappa/territorio insediandosi negli spazi. Nasce così la scena illegale. I Sound Sistem non sono
organizzazioni formali, bensì libere affiliazioni di persone, mentre i party che mettono assieme
1/5
Il rave: controcultura tekno-nomade del ventunesimo secolo
sono altamente organizzati. I ravers vengono a conoscenza di un numero di telefono, alcuni
giorni prima dell'evento, mediante flyers (volantini), passaparola o radio pirata. Alcune ore prima
dell'inizio della festa il numero di telefono fornisce l'indirizzo di meeting point. Solo in seguito, al
momento del ritrovo, viene diffusa l'esatta indicazione del posto, dove gli impianti audio sono
pronti, le luci sono montate e i sound sistem sono pronti a suonare facendo tremare le vecchie
lamiere ed i muri di cemento per tutta la notte. Così prima che la polizia riesca a scoprire con
precisione ciò che accade, sul luogo ci sono cosi tante persone che le forze dell'ordine non
possono più intervenire: il rito è cominciato. Seppur originato da genesi diverse il fenomeno
rave è attualmente una delle più affascinanti espressioni di tutte quelle voci underground, che
cercano nuovi modi per farsi sentire, strumenti non convenzionali, che anzi tendono ad
abbattere i tradizionali linguaggi. Un rave è il segno di una cultura urbana, che nasce e vive
nella metropoli, che in essa si perde e si ritrova, costruendo insoliti parametri di scambio col
territorio. Nel rave si mescolano categorie di vita, valori simbolici, si leggono percorsi,
mutamenti. Il rave descrive un'area sociale, implica in sé il sentimento di nomadismo, di
pellegrinaggio creativo, ma anche il senso di spaesamento, di smarrimento nella rete. Rievoca
radici tribali che interpreta in chiave hi-tech. I ravers abitano e viaggiano in città lontane
dall'ordine medioevale, città che oggi si sfaldano in metropoli, città rete dalle infiniti ed
indefinibili polivalenze di connessioni, città odissea che si tuffano nel ventunesimo secolo
frammenta, incapaci di comprendere i propri spazi. Le nuove comunità techno riabbracciano
vincoli e sedimenti antichi per rinascere dopo la disgregazione degli schemi unicentralisti. Si
evolvono nella contemporaneità danzando con essa.
RAVE E LEGGE
Proprio per essere fenomeni controculturali, staccati dal potere ufficiale e ad esso avversi, i
rave sono sempre stati osteggiati dalle autorità nella loro diffusione, sopratutto nel corso degli
anni '90, quando il movimento, il circuito dei raves e technoparties, aveva già raggiunto
dimensioni considerevoli e fondamenta solide su cui svilupparsi ulteriormente. I rave
cominciarono a radunare migliaia di persone (10.000 all'Avon free festival, 15.000 al Lago Bala,
20.000 a Kevy Hill, e ben 50.000 persone al Castelmorton free festival), diventando un
problema poliziesco, d'ordine pubblico: squatters, travellers e ravers vennero considerati dai
conservatori i "nuovi devianti", e in Inghilterra si cominciò a parlare di Cjb, Criminal justice bill,
una proposta di legge avanzata dal governo tory cha potenziasse il "public order act"(approvato
nel 1986, dopo le lotte dei minatori, che dava alla polizia poteri particolari circa la repressione
spicciola delle manifestazioni di piazza) attraverso una serie di provvedimenti ad ampio raggio
che colpissero i comportamenti minatori e devianti più diversi, specifici della fase
post-thatcheriana. Il Cjb diventò Criminal justice act nel 1994, e si orientò tutto verso l'obiettivo
di indebolire la forza delle culture alternative: colpiva la criminalità di strada "leggera", si riferiva
a travellers (pena detentiva fino a 3 mesi per l'opposizione ad azioni di sgombero di aree
occupate abusivamente; è reato penale rifiutarsi di sciogliere convogli di automezzi superiori a
6, premesso anche la possibilità del sequestro del mezzo da parte della polizia, mezzo che è la
casa dei travellers), a squatters, concedendo un ampliamento delle facoltà di sgombero ed a
2/5
Il rave: controcultura tekno-nomade del ventunesimo secolo
ravers, vietando riunioni di un numero maggiore di dieci persone (10!) e dando alle forze
dell'ordine la possibilità di sequestrare automezzi ed attrezzature tecniche nel caso in cui
fossero impiegati per l'allestimento di un party. I governi conservatori inglesi,insomma, fecero il
possibile per tagliare le gambe a questi movimenti nascenti, colpendone subdolamente le fascie
più deboli e meno politicizzate, che spesso rappresentavano anche le aree pacifiste del gruppo.
Nel 1995 Margareth Thatcher affermò: "Sarà un piacere rendere la vita difficile a queste
carovane". Cominciò allora il periodo di battaglia, fatto di azioni barbare da parte della polizia e
di risposte ferme da parte delle neonate contro-culture: ne sono la testimonianza episodi come
quello del festival di Stonehenge (1985). La battaglia di Beanfield, definita dalla polizia
"operazione solstizio", in cui vi furono 530 arresti, pestaggi di donne incinte e distruzione di
camion e pullman. Episodi che si ripeterono anche nel 1986, con l'operazione "day b react"
contro il peace convoy, fino ad arrivare al 1993, agli arresti nell'area di servizio sull'autostrada
115, di numerosi travellers che stavano raggiungendo un festival; proprio nel 1993 nasceva, in
seno alla polizia, una speciale unità mirata a schedare travellers, ravers e le loro rotte stradali
verso i festival. Ma la controparte ha subito promosso azioni di diverso tipo contro il Cjb. A
partire dal maggio 1994 si è avuta un'intensificazione unita ad un maggior coordinamento dei
festival, dei raduni, delle marce e di tutte queste iniziative. E del 14 Agosto 1994 un raduno
contro il progetto di legge che ha visto la partecipazione di 100.000 persone. Sempre nel 94, il 9
Ottobre, quando il Cjb stava per entrare in parlamento e trasformarsi in act, ci fu una
grandissima manifestazione che provocò agguerriti scontri con le forze dell'ordine. Ma la firma
della regina arrivò comunque il 3 Novembre e l'Act diventò operativo sull'intero territorio
britannico nell'Aprile '95; da quel momento la contestazione si sviluppò in azioni creative ed
informative come fanzine e panphlet, o feste troppo ben organizzate e di massa per consentire
l'intervento della polizia: come il "Reclaim the streets" e gli "street party". In Italia la situazione è
decisamente diversa: di fronte ai rave illegali la magistratura può solo ricorrere ad un insieme di
leggi, in quanto non esistono precedenti sentenze specifiche passate in giudicato, visto che il
fenomeno è piuttosto recente e comunque meno radicato. Il reato a cui ci si riferisce è quello di
occupazione o invasione, con pene pecuniarie o detentive convertibili in pecuniarie. In ogni
caso si potrebbe osservare come atti di questo tipo siano testamenti per i governi che li
emanano, bisognosi di placare un rumore in codice che crea caos. Un free party è un incubo:
senza profitto, senza spettatori passivi con cervelli atrofizzati da comandare, senza rispetto per
la proprietà e il capitale. I governi tramite queste repressioni mostrano di essere spaventati dal
potere dei rave, e tentano di limitarlo prima che si sviluppi in direzioni sconosciute. Ecco perchè
intere aree di anticonformismo vengono criminalizzate.
RAVE E TECNOLOGIA
"La morte di Isidora Duncan nel 1927 è forse l'inizio di tutto: nomade sacerdotessa della danza
moderna, critica verso la disciplina sul corpo tipico della danza accademica, morì strangolata,
incastrata tra le ruote della sua automobile. Strozzata dalla tecnologia di Henry Ford". La
leggenda narra che il primo rave americano si sia tenuto a Detroit, nella fabbrica Ford che
aveva prodotto quella macchina. E' indubitabile lo stretto legame tra rave e tecnologia: da un
3/5
Il rave: controcultura tekno-nomade del ventunesimo secolo
lato quella industriale, legata agli spazi riutilizzati,reinventati, dall'altro quella elettronica dei
campionatori e quella chimica delle sostanze stupefacenti. La tecnologia ha un ruolo
fondamentale in quanto assume la connotazione di mezzo creativo per dar forma al proprio
sentire. La macchina non viene più intesa produttrice di merci, ma come madre di musiche e
culture. Per suonare la techno vengono usati avanzati ritrovati dell'elettronica e della tecnologia:
vengono campionati suoni urbani, voci notturne della città, antifurti e sirene diventano
espressioni musicali. Mixer piatti e pc diventano i protagonisti del riciclaggio creativo. Ma la
componente tecnologica del movimento risiede anche nel tipo di comunicazione adottata, che si
basa principalmente su flyers, radio pirata, mailing list e siti internet.
RAVE E TERRITORIO
Per molti aspetti già trattati il rave può essere inteso come un fenomeno ben determinato sia
cronologicamente, che territorialmente: è infatti tipico della contemporaneità e nasce da
dinamiche legate alla vita cittadina. I ravers costituiscono nuove comunità, che crescono
allattate dal nichilismo novecentesco, sono consapevoli della disgregazione semantica del
territorio, che acquista stratificazioni sempre maggiori, tanto più se si parla di metropoli, così
densa di forme e costrutti di artificialità mass-mediatica, cosi soggetti alla smaterializzazione di
categorie definite. I techno-rangers, abitano il limbo metropolitano dell'alienazione dai luoghi,
dalle radici, per cui progettano nuovi significati, a cui attribuiscono temporaneamente nuovi
valori simbolici. La città perde oggi la configurazione di punti di riferimento, parametro di
orientamento, nucleo chiuso in cui tutto si ordina, per diventare uno dei tanti nodi
comunicazionali della rete globale. Laddove il degrado e l'abbandono metropolitani dimenticano
i loro punti sospesi, i loro angoli bui di non connessione, di non utilizzo, di non produzione,
proprio in quei meandri del futuro che diventa presente, in quegli interluoghi urbani, nelle zone
interstiziali non investite dall'iper-attività e dalla frenesia delle nuove società, lì la comunità
underground dei ravers pianta le sue mobili radici, ripensa velocemente e momentaneamente la
polis e la sua periferia, in un'esplosione di creatività e rimbombo di casse. Le fabbriche
abbandonate, da contesti di alienazione, scambio di denaro e di lavoro, diventano cuori
pensanti, cervelli pensanti. I codici dell'architettura cambiano, le barriere di divisione dei ruoli
impostate dalla città cambiano: la metropoli viene trasformata dai ravers, che ne cambiano
strutture ed equilibri, alterandone gli spazi per costruire ambienti indipendenti, in opposizione
alle costrizioni e alle forme precostituite della massificazione, tipiche dell'era della
globalizzazione, ovvero del tessuto in cui la popolazione techno si muove. I ravers non si
riconoscono nelle proprie città, si sentono realtà marginali non amalgamabili al ritmo di queste.
Ciò che è in discussione è il concetto di territorialità, intendendo con esso il rapportarsi
dell'uomo sociale agli spazi che occupa. Concetto che nella cultura techno perde delimitazioni,
certezze, confini, restando concetto nobile, che si struttura autonomamente ed
imprevedibilmente. Vengono progettati nuovi significati per i luoghi: vagoni di treni bloccati e
fatiscenti diventano anomali salotti per incontrarsi, capannoni, fabbriche in disuso si
trasformano in dance hall in cui individualità, appartenenza e radici si fondono in un brulicare di
vita. In quest'ottica si riscoprono anche gli epici simboli del viaggio, del nomadismo come
4/5
Il rave: controcultura tekno-nomade del ventunesimo secolo
volontà di estensione spazio-temporale d'identità. Si vuole reinstaurare la tradizione vitale
dell'essere nomade. "Siamo come profughi in cerca di un rifugio. E così che mi considero, come
un profugo", afferma Floyd, raver e traveller dal '91. Il pellegrinaggio eredita il valore di
trasformazione delle individualità che il viaggio attiva, cancellando i vincoli con i luoghi e le loro
istituzioni: viaggiare è mutare la consapevolezza nel vivere il territorio, ed il viaggio può essere
sia fisico che mentale, stimolato da riti tribali e primitivi fondati su danza e droga.
5/5