psicologia e museo - Psicologia dei linguaggi artistici

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psicologia e museo - Psicologia dei linguaggi artistici
PSICOLOGIA DELL’ARTE AL MUSEO
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Per spiegare cosa accade psicologicamente alla persona all’interno
di un museo, occorre partire dalla psicologia della Gestalt e dalla
teoria di campo elaborata dallo psicologo tedesco Kurt Lewin (18901947). L’approccio psicologico della Gestalt si sviluppa all’inizio del
‘900 in Europa e si concentra “sull’organizzazione della percezione e
del pensiero nel senso di un INSIEME piuttosto che sugli elementi
singoli della percezione”(1). Partendo da questo concetto, Lewin
coniò la teoria di campo, dando una definizione di ambiente
psicologico, dove per ambiente non si intende solo il contesto
geografico, ma l’ambiente percepito e vissuto dall’individuo in
rapporto alle sue caratteristiche personali (2). In questo senso, il comportamento di una persona in un
dato momento sarebbe in funzione sia delle caratteristiche individuali, sia di quelle dell’ambiente (2). In
altre parole, ogni esperienza umana si colloca e si forma all’interno di relazioni tra fattori e trae significato
non dalle caratteristiche di questi ultimi presi singolarmente, ma dal risultare delle loro interconnessioni.
Per esempio la percezione della forma, del colore e della grandezza di uno stesso oggetto varia a seconda
dello sfondo in cui è collocato, a seconda della presenza di altri oggetti ad esso adiacenti e a seconda degli
eventi che lo accompagnano. La teoria di campo di Lewin risulta fondamentale per analizzare la formazione
dell’esperienza artistica delle persone all’interno di un contesto museale. Bisogna infatti tenere in
considerazione tutte le variabili che entrano in gioco in un museo, quali :
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gli oggetti d’arte e le loro caratteristiche
gli osservatori (età, identità di genere, intelligenza, motivazione, valori, cultura)
i luoghi (micro e macro caratteristiche dello spazio)
le modalità dell’osservazione
gli eventi
La percezione di tutto ciò (dell’ambiente, delle tracce visibili, acustiche o tattili) viene registrata ed
elaborata dando origine ad un RICORDO che può essere conservato a lungo nella memoria. A generare
questo ricordo contribuiscono non solo gli oggetti d’arte, ma anche le caratteristiche del luogo e del tipo di
informazione che viene fornita ai fruitori. I materiali illustrativi di accompagnamento in particolare
favoriscono la comprensione degli oggetti esposti, fornendo chiarezza e contribuendo così al consolidarsi
del ricordo. All’interno di un museo, quindi, non vengono conservate solo le opere d’arte, ma vengono
messe in atto delle strategie per permettere la conservazione del ricordo nelle persone. Prenderemo ora in
considerazione le singole variabili che entrano in gioco nell’esperienza museale.
GLI OGGETTI D’ARTE
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Innanzitutto, le opere d’arte sono l’interesse principale che spinge le
persone a visitare un museo. Come spiegato all’inizio del post,
nell’approfondimento della percezione delle opere d’arte risulta di
fondamentale importanza il contributo della Gestalt e si deve
soprattutto a von Ehrenfels, ad Arnheim e a Metzger (esponenti della Gestalt) la definizione delle qualità
fenomeniche degli oggetti. Queste ultime vengono classificate in tre categorie:
1- Qualità strutturali (grandezza, forma, velocità, posizione)
2- Qualità costitutive (consistenza, temperatura, colore, tessitura)
3- Qualità espressive (emozioni, intenzioni e funzioni che la persona coglie in modo più o meno
evidente)
Inoltre, si deve a Wertheimer e Koffka (anch’essi esponenti della Gestalt) la definizione dei fattori formali,
in base ai quali le persone organizzano percettivamente gli oggetti, discriminandoli rispetto allo sfondo o
raggruppandoli fra loro. I fattori formali sono:
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La vicinanza
La somiglianza
La simmetria
Il parallelismo
La continuità di direzione
Il movimento comune
La chiusura
La regolarità
La pregnanza
Gli oggetti vengono anche percepiti in determinati modi a seconda del contesto in cui sono inseriti. Per
esempio, un quadrato grigio appare più chiaro se inserito in uno sfondo nero e, viceversa appare più scuro
se inserito in uno sfondo bianco. Ciò accade perché gli individui avrebbero la tendenza ad attribuire a una
configurazione delle determinate caratteristiche che sono dipendenti da un’altra configurazione più stabile.
Quest’ultima viene considerata uno schema di riferimento. In un museo, la percezione degli oggetti d’arte
avverrebbe sempre in relazione all’edificio e al particolare allestimento, che funge da sfondo.
Da questi fenomeni percettivi, in un museo possono generarsi anche dei fenomeni chiamati effetti di
campo, che vengono spesso utilizzati dagli artisti stessi in modo consapevole o meno. Questi effetti
attiverebbero una serie di processi psichici nel fruitore dell’opera, tra cui curiosità, esplorazione e
costruzione di senso dell’oggetto. Ciò permette al fruitore di collaborare con l’artista ricreando l’opera
stessa e di partecipare all’individuazione di significati differenti. I principali effetti di campo sono:
1- l’ambiguità, che darebbe vita a processi di alternanza tra soluzioni diverse;
2- Il completamento, che darebbe vita alla creazione di una figura che completi l’elemento interrotto;
3- la contraddizione, che darebbe vita a strategie di ricerca di senso per ridurre l’incongruità
percepita.
Questi fenomeni possono essere utilizzati dagli esperti negli allestimenti per suscitare nel fruitore
l’attivazione desiderata.
GLI OSSERVATORI
Le caratteristiche personali , specialmente l’affettività e gli stili individuali di organizzazione della realtà,
orientano l’osservatore nella scelta del museo e dei percorsi museali. Il concetto di campo risulta qui
importante, in quanto l’ambiente della persona, che comprende il contesto cognitivo, gli interessi, i bisogni,
le emozioni, gli atteggiamenti e i tratti di personalità caratterizza l’esperienza museale di ogni individuo.
Sono stati condotti numero studi sulla relazione tra percezione e componenti psicologiche che influenzano
l’esperienza del fruitore. Da questi studi è emersa in particolare l’importanza dei bisogni, degli
atteggiamenti e soprattutto dell’esperienza passata e dell’apprendimento del soggetto. Per esempio,
l’osservatore tenderebbe a vedere nell’opera d’arte ambigua dei significati precisi a seconda dei suoi
bisogni. Inoltre, di importanza rilevante è la ricerca dello psicologo italiano Benussi sugli effetti illusori, che
portò alla delineazione di due differenti stili cognitivi che sarebbero stabili nella persona: lo stile globale
(tipico delle persone con tendenza alla sintesi, le quali sarebbero più inclini a connettere tra loro gli
elementi di una figura e quindi a vedere maggiori effetti illusori) e lo stile analitico (presente maggiormente
nelle persone analitiche, che tenderebbero a separare e isolare i vari elementi e quindi a essere meno
soggette agli effetti illusori). Successivamente è stato introdotto un terzo stile, lo stile misto, proprio dei
soggetti che sono portati sia a sintetizzare che a analizzare.
Gli studi evidenziano poi che esistono differenze significative riguardo all’età e al genere. Per esempio, sulla
base di ricerche interculturali, è stata riscontrata una stabilità nella preferenza dei colori in età precoce e la
preferenza di uno stile più realistico da parte dei bambini. Inoltre vi sarebbe una correlazione tra
orientamento artistico e tratti di introversione, ansietà e professioni che implicano creatività.
I LUOGHI E LE CONDIZIONI DELL’OSSERVATORE
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Ancor prima che il soggetto veda le opere, l’ambiente museale veicola significati
che a loro volta possono influenzare gli atteggiamenti dei fruitori, portando per
esempio all’accettazione e al gradimento o al contrario al rifiuto e alla difesa. Le
caratteristiche architettoniche dell’edificio risultano per questo motivo molto
importanti. Oltre all’architettura esterna riveste particolare importanza la
struttura interna. Lo spazio interno deve infatti risultare di facile comprensione e
orientamento per i visitatori, che dovrebbero riuscire a muoversi in maniera
funzionale. Infatti, i visitatori sceglierebbero il proprio percorso museale non solo
in base alle caratteristiche personali, ma anche in base al rapporto costi benefici, orientandosi per esempio
verso passaggio più breve.
Per quanto riguarda le condizioni dell’osservatore, due condizioni in particolare possono influenzare gli stili
adottati dai fruitori: la monotonia e la varietà dell’esperienza.
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Monotonia: si riferisce a condizioni di privazione senso-motoria e situazioni di fissazione prolungata
fino a condizioni di percezione ripetitiva. La monotonia favorirebbe l’utilizzo di uno stile più
analitico portando la persona a preferire forme irregolari.
Varietà: si riferisce a cambiamenti frequenti d’ambiente e passaggio di stimoli in rapida successione
che provocano un sovraccarico di esperienze. Ciò favorirebbe l’utilizzo di uno stile globale,
portando ad un maggiore effetto illusorio e a preferenze di forme regolari.
Quindi l’osservatore, oltre che dalle caratteristiche personali e degli oggetti, può essere influenzato anche
dal tempo dell’esperienza percettiva (durata breve o lunga) e dai ritmi di presentazione degli stimoli.
Fonti:
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G. Bartoli, S. Mastandrea L’esperienza dell’arte nel museo: Note psicologiche. “Psicoart”, n.1, 2010, pp.1-17
(1) R.S. Feldman. Psicologia generale. McGraw-Hill, Milano 2008
(2) P. Di Blasio (a cura di). Contesti relazionali e processi di sviluppo. Raffaello Cortina Editore, Milano 2010
https://www.flickr.com/
Immagini:
Img 1- British Museum, Londra
Img 2- National Gallery, Londra
Img 3- Museo del Novecento, Milano