la strage di islamabad colpisce musharraf

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la strage di islamabad colpisce musharraf
LA STRAGE DI ISLAMABAD COLPISCE MUSHARRAF
Martedì 10 Luglio 2007 14:30
di Elena Ferrara
E’ rossa di sangue la “Moschea” di Islamabad e il presidente Pervez Musharraf canta vittoria,
crede di essere riuscito a domare il covo del fondamentalismo di stampo talebano. Intanto
lascia sul campo della rivolta della causa jihadista più di cinquanta radicali islamici che erano
asserragliati nell’edificio chiamato Lal Masjid e che le teste di cuoio di Islamabad hanno
trasformato in un cimitero. Tutto questo mentre la rivolta degli studenti-miliziani - armati di
kalashnikov – prosegue e non si sa ancora come si concluderà. Le ipotesi sono le più tragiche
ed allarmanti. Abdul Rashid Ghazi, il capo dei ribelli assediati, annuncia che il sangue dei suoi
compagni di lotta scatenerà una rivoluzione islamica. E il governo risponde denunciando la
presenza, tra gli insorti della Moschea, di elementi di al Qaida. Fra questi due leader del gruppo
Harktul-Jihad-e-Islami (movimento della guerra santa islamica, illegale) che sarebbero coinvolti
con l'omicidio nel 2002 del giornalista americano Daniel Pearl. Uno dei due militanti, intanto, è
stato identificato come Abu Zar, già stretto collaboratore di Amjad Faruqi, leader del movimento.
Tutto, quindi, sta a dimostrare che in Pakistan il fondamentalismo islamico – come annuncia il
quotidiano The News - cresce di giorno in giorno. Nella sola Islamabad ci sono 88 seminari di
diverse sette che educano 16.000 studenti e il numero dei ragazzi che frequentano la scuola
della setta Deobandi, con forti connotazioni anti-occidentali e che ha ispirato i Taleban afghani,
è raddoppiato nel giro di un anno. E il quotidiano
Dawn aggiunge:
''Personaggi come quelli della Lal Masjid ci sono dovunque nel Paese. Hanno soldi e armi e una
schiera di fedeli seguaci dal cervello lavato''…
Le domande che sorgono in questo momento sono cariche di intensa drammaticità. Ci si
chiede, ad esempio, se Musharraf abbia le ore contate. E inoltre: cosa copre lo scenario della
“Moschea rossa” di Islamabad, teatro della tragica rivolta studentesca? Annuncia una
rivoluzione islamica capace di coinvolgere tutte le madrasse? Si profila l’affermazione di un
Islam integralista sul modello talebano? Una cosa è certa. Il presidente Parvez Musharraf non è
più in grado di dominare quel Pakistan che credeva di aver conquistato con l’aiuto dei servizi
americani. Ora contro di lui – che sta scivolando in errori che stanno diventando sempre più
lampanti - si sta stringendo sempre più la morsa del terrorismo. L’ultimo attacco che lo ha
coinvolto è dei giorni scorsi. C’è stato uno spettacolare tentativo di attentato con missili
terra-aria contro il suo aereo durante la fase di decollo dalla base militare "Chaklala", a
Rawalpindi. Mushararaf non è rimasto coinvolto e poco dopo ha raggiunto la provincia
sudoccidentale del Balochistan, dove si è recato per visitare le popolazioni colpite dalle recenti
inondazioni. Ma l’attentato segna pur sempre un’incredibile escalation. I razzi, infatti, sono stati
sparati da un'abitazione situata nei pressi della base militare di Chaklala ed una delle armi era
molto pesante e sofisticata, del tutto simile a quelle in uso alle forze armate del Pakistan.
Musharraf è quindi sempre più in pericolo. Questo è il terzo attentato cui riesce a sfuggire sin
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da quando, nel 2001 si è schierato al fianco degli Stati Uniti nella guerra al terrorismo. Il primo
attacco lo subì il 14 dicembre 2003, sempre a Rawalpindi, quando un sofisticato dispositivo
anti-bomba posizionato nella sua limousine riuscì a far slittare di sette secondi l'esplosione di un
ordigno a tempo, permettendo al convoglio di passare su un ponte, poi crollato nell'esplosione.
Appena 11 giorni dopo il secondo attentato, sempre nei pressi della base militare di Rawalpindi:
25 kamikaze alla guida di autobombe si scagliarono contro il corteo presidenziale, uccidendo 16
persone, compresi molti agenti della scorta. Anche allora Musharraf rimase illeso e poche ore
dopo comparve alla televisione pubblica, dichiarando: «Combattiamo contro gli estremisti e
continueremo a farlo, la mia fede in Allah si è rafforzata, la mia determinazione è aumentata».
Ma, al di là della determinazione del Presidente, il suo indice di gradimento presso la
popolazione pakistana è ormai ai minimi storici, soprattutto per l'avversione dichiarata degli
integralisti islamici che lo considerano alla stregua di un burattino nelle mani di Bush. Integralisti
che, come è ormai prassi consolidata, intensificano i loro attacchi con l'avvento della stagione
calda. E mentre si è consumato il recente e fallito attentato a Musharraf un altro attacco è stato
portato a termine nel nord-ovest del Paese, dove cinque soldati pakistani sono morti al confine
con l'Afghanistan. Non è chiaro se a investire il loro convoglio militare sia stata l'esplosione di
un'autobomba o di un ordigno collocato sul ciglio della strada. L'attentato è avvenuto a Dir, nei
pressi della città di Malakand, un'area con forti simpatie islamiste.
Pesanti, quindi, le ombre che avvolgono Islamabad con Musharraf che sente sempre più che
la situazione sta divenendo scottante. Con la mafia pachistana che è coinvolta nel traffico di
clandestini e droga verso l’Europa e collusione con elementi di Al Qaeda. E c’è anche un altro
aspetto. Perché ci sono agenti dell’intelligence pachistano impegnati nei traffici e nel supporto
ad Al Qaeda.
Vengono alla luce molti dei nodi che caratterizzano la situazione pachistana e che si
riferiscono alle scalate del presidente golpista. La sua ascesa risale agli anni in cui Benazir
Bhutto era primo ministro del Pakistan. Allora fu nominato alla guida del settore operativo
dell'esercito. Nel 1998 il capo delle forze armate si dimise e Musharraf ne prese il posto. Si
arriva a quell’ottobre 1999 quando sale alla ribalta con un putsch non violento che destituisce il
primo ministro Nawaz Sharif considerato amico dell’India e fautore di un dialogo distensivo con
le autorità di Delhi. E subito dopo si autonomina presidente del Pakistan, senza abbandonare
l'uniforme militare.
Dopo il colpo di stato, fondamentale è l’attenzione che il generale rivolge alle attività di politica
estera. I primi obiettivi riguardano la regione del Kashmir dove, precedentemente, aveva
comandato le operazioni militari pachistane. Cerca, inoltre, di frenare l’ascesa dei gruppi
islamici integralisti e taglia gli aiuti all'Afghanistan, nel tentativo di dare un'impronta più laica,
rispetto ai suoi predecessori, a un regime dominato dagli estremisti del Corano. Il 20 giugno del
2000 assume la carica di presidente del Pakistan, destituendo Rafiq Tarar. Il presidente della
Corte Suprema pakistana Irshad Hanna Khan ne ufficializza la carica durante una cerimonia
alla presenza di autorità civili e militari. E dopo l’11 settembre prende al volo l’occasione di
divenire un fedele alleato di Bush. Guida le sorti di un Paese a rischio perché geograficamente
contiguo all'Afghanistan e perché terra di forti fermenti integralisti.
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Si trova, comunque, in una posizione molto difficile, di fronte a una scelta complicata tra
l'appoggio agli Stati Uniti e i numerosi gruppi islamici che minacciano di scatenare un'ondata di
violenza. Tuttavia la scelta di Islamabad è sempre quella di appoggiare l’America, intimando ai
Talebani, nascosti e rifugiati sulle montagne afgane, la consegna dello sceicco miliardario,
Osama Bin Laden. Il primo ottobre 2001 Musharraf dice: "I Talebani sembrano avere i giorni
contati. Gli Stati Uniti sembrano decisi ad agire in Afghanistan e noi abbiamo informato i
Talebani. A causa della loro presa di posizione ci sarà uno scontro". Il 22 ottobre in un’altra
dichiarazione, afferma: "A metà novembre inizierà il ramadan - per tutti i musulmani il mese del
digiuno - e per quel tempo dobbiamo augurarci che la campagna militare degli Stati Uniti contro
i talebani sia terminata". Il 10 novembre 2001 a New York per l'apertura dell'assemblea
generale dell'Onu, parla ai delegati e dal podio dell'Onu si dichiara disponibile a trattare con
l'India un accordo di disarmo nucleare. Ma non si vedono grandi prospettive distensive. La
situazione interna è sempre più caotica e quando Bush arriva nel marzo 2006 a Islamabad
trova un paese sconvolto da proteste.
La nuova situazione del Paese, dopo il nuovo attentato e lo sgombero sanguinolento della
moschea, drammatizzano ancor più i contrasti. Si altera l’equilibrio strategico interno. E non va
dimenticato che Pakistan e India hanno alle spalle guerre combattute sin dal 1947 a causa del
fanatismo religioso e l’odio etnico.
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