11th March 2015 – CORRIERE CANADESE

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11th March 2015 – CORRIERE CANADESE
MERCOLEDI 11 MARZO 2015 • CORRIERE CANADESE
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SPETTACOLI
Mariangiola Castrovilli
ROMA - Alto, elegante, uno sguardo scanzonato ed un linguaggio
piacevolmente libero senza far
troppo caso ai suggerimenti di
Monsignor Della Casa, il premio
Oscar per Crash, Paul Haggis è
nella città eterna per dirigere due
esclusive Master Class di recitazione. Che Paul Haggis, ami l’Italia e Roma non è un mistero, «tutti noi abbiamo un luogo del cuore,
il mio è il vostro Paese - ha confessato all’inizio dell’incontro – amo
tutto dalla cucina al cinema, ed ogni scusa è buona per tornarci. Riguardo al cinema italiano, sono un
fan di Tornatore, Castellitto e mi
piacciono i fratelli Muccino». Per
quest’iniziativa prodotta dalla società “Hollywood in Rome” di Federica Picone e Mark Olan Dreesen e dal Teatro Golden di Andrea Maia, in partnership con e-Talenta/Castforward, e che fa parte
di un progetto di didattica internazionale, Haggis è elettrizzato e
non vede l’ora di cominciare.
«Io non ho avuto nessuna formale istruzione nel cinema, ma
sono stato fortunato ad aver incontrato moltissimi registi importanti che mi hanno insegnato cose che utilizzo ancora oggi». Sono più di duecento i pupils provenienti da tutto il mondo ed accuratamente selezionati per questi due attesissimi appuntamenti dal titolo “A lezione con Paul
Haggis, Masterclass di sceneggiatura e regia”, per far comprendere al meglio la scrittura, la regia
e la recitazione in cui il Maestro
distribuirà pillole della sua esperienza personale concentrandosi soprattutto sul passaggio dalla
parola scritta all’immagine cine-
Il regista premio Oscar Paul Haggis
IL REGISTA
Il genio di Haggis a Roma:
«Ma lavorare con Scamarcio...»
matografica e soffermandosi poi
sui meccanismi di funzionamento
della ormai collaudata“macchina
Hollywood”. Nel secondo, invece
“Paul Haggis dirige gli attori”, il 13
e il 14 marzo sempre allo stesso orario, sarà dedicato invece al passaggio dai testi alla performance,
con 40 attori professionisti che reciteranno in inglese davanti ad un
pubblico eterogeneo composto da
agenti, casting director, registi ed
ovviamente produttori. Il risvol-
to della medaglia ha una faccia umanitaria, il ricavato del seminario infatti sarà devoluto per intero all’associazione no-profit “Artist for Peace and Justice” che il
premio Oscar ha fondato nel 2009
per promuovere pace e giustizia
sociale nel mondo attraverso l’emancipazione di comunità povere e sarà usato, come ci conferma
il regista «per finanziare la realizzazione di nuove scuole ad Haiti e
a dare speranze ai più poveri tra i
poveri».
E mentre Haggis ci racconta
delle scuole e della prossime università di cui va giustamente orgoglioso, snocciola numeri di allievi, «pensate duemila e seicento studenti che diventeranno presto duemila ottocento, che stanno
facendo cose meravigliose, impegnati in diversi campi della nostra
Art school, da cui escono poi con
vari diplomi. Attualmente stanno
creando film drammatici, comme-
die, documentari, senza contare la
specializzazione nei programmi
televisivi in cui fanno tutto dalle
serie alla pubblicità», e mentre lo
dice gli brillano gli occhi.
Haggis è qui però anche per il
lancio italiano del suo Third Person, che abbiamo visto nel 2013 al
Festival di Toronto. Haggis è vero che questo film prende spunto
da un suo periodo di “malessere”?
«Tutti abbiamo momenti difficili nella vita, in cui ci poniamo delle domande a cui non sappiamo
rispondere. Third Person racconta una storia d’amore vista in tre
momenti diversi, l’inizio, la parte
centrale e la fine, ambientati in tre
città come Parigi, New York e Roma. Storie strettamente legate alle città e che non potevano essere narrate se non in quel contesto.
Perché nascono dalla mia maniera di vivere un paese, scrivo infatti in mezzo alla gente, nei bar, dove assorbo la vera natura del luogo. Ho girato un giorno a Parigi ed
un giorno a New York ed il resto
qui. Non vi dico l’emozione di essere a Cinecittà di andare a prendere un caffè dove l’aveva preso
anche Fellini…».
Nel cast Adrien Brody e Kim Basinger, Liam Neeson e James Franco, Mila Kunis e Riccardo Scamarcio impegnati in ruoli complessi,
in cerca di una continua affermazione mentre cercano di affrontare un dolore che non li abbandona. L’ultima domanda riguarda
com’è stato lavorare con Scamarcio... «He was a pain in the ass...»,
ha risposto ridendo Haggis, «no,
non è vero, è un attore fantastico e molto divertente. Di solito lui
interpreta uomini romantici, io invece gli ho cucito addosso questo
ruolo comico».
CINEMA
Quel tatto “made in Rome” nei costumi di Cenerentola
ROMA - La sua fortuna è che Cenerentola non è un cartone animato, come fu nel primo film Disney
del ‘50. Stavolta le attrici sono in
carne e ossa, e quindi da vestire. È
nato così il tocco “made in Roma”
dei 20 costumi indossati nella favola della sguattera gentile che diventa principessa, firmati da Annamode, sartoria romana che in
70 anni ha lasciato il segno (e l’etichetta) sugli abiti di quasi tutti
i film del Neorealismo, passando
per Matrimonio all’italiana, Ultimo tango a Parigi, La grande bellezza di Sorrentino e conquistan-
do spesso Hollywood. Per Cinderella diretta da Kenneth Branagh
e al cinema dal 12 marzo, la telefonata all’atelier del quartiere Prati
è arrivata direttamente da Sandy
Powell, costumista da Oscar che
nella pellicola ha vestito la protagonista Lily James e la meravigliosa matrigna Cate Blanchett.
Ad Annamode, con cui collabora
da anni, ha commissionato 20 abiti per le scene del ballo e del mercato. «Ci ha fornito stoffe di stampe africane, per lo più cotoni, e
abbiamo realizzato abiti sulla base
di prototipi originali del 1840-50»,
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racconta Simone Bessi, alla guida
della sartoria fondata nel 1946 dalla nonna Anna Allegri, emigrante
pistoiese in cerca di fortuna a Roma. Arrivò per vendere biancheria e gonne dipinte a mano. Riuscì
a creare, insieme alla sorella Teresa (lei in vita, 86 anni), un regno a
due piani: su uno l’atelier di moda, sull’altro i costumi per lo spettacolo.
È nato così un guardaroba di oltre 100mila abiti dall’antica Roma
a oggi, archiviati in un deposito a
Formello, da cui pescare per film,
fiction e opere teatrali.
Per l’ultima Cenerentola sono
serviti almeno 200 metri di stoffa
e un mese e mezzo di lavoro delle
5 sarte del laboratorio, più gli altri collaboratori, per creare vestiti dai corpini stretti e profilati con
maniche a sbuffo o a palloncino,
balze e gonne a pieghe.
Un trionfo di colori (dal giallo
ocra al magenta, dall’avorio all’azzurro) e lavoro artigianale che ha
poco da invidiare al resto dei costumi del film.
Compresa la gonna sfoggiata
da Ella al ballo, più di 200 metri
di stoffa e 10mila Swarovski che
la illuminano: «Certo che saremmo stati capaci di realizzarla anche noi, le capacità le abbiamo commenta Bessi - Nel mondo del
cinema l’Italia è ancora un punto
di riferimento per sartoria, scarpe, accessori.
Ci sono aziende storiche, anche
con 150 anni di attività, che sono
prime per conoscenza del mestiere. Da tutto il mondo vengono qui
per realizzare i costumi dei film».
Le conferme sono nel loro curriculum più recente: si va dai 200
vestiti per Re Artù, ai 400 abiti per
Robin Hood di Ridley Scott.
Rocco Piccininno
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