Leopardi sulla poesia
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Leopardi sulla poesia
La poesia, l’illusione dell’immaginazione Memorie della mia vita. - Felicità da me provata nel tempo del comporre, il miglior tempo ch'io abbia passato in mia vita, e nel quale mi contenterei di durare finch'io vivo. Passar le giornate senza accorgermene; parermi le ore cortissime, e maravigliarmi sovente io medesimo di tanta facilità di passarle. V. p.4477. - Piacere, entusiasmo ed emulazione che mi cagionavano nella mia prima gioventù i giuochi e gli spassi ch'io pigliava co' miei fratelli, dov'entrasse uso e paragone di forze corporali. Quella specie di piccola gloria ecclissava per qualche tempo a' miei occhi quella di cui io andava continuamente e sì cupidamente in cerca co' miei abituali studi. All'uomo sensibile e immaginoso, che viva, come io sono vissuto gran tempo, sentendo di continuo ed immaginando, il mondo e gli oggetti sono in certo modo doppi. Egli vedrà cogli occhi una torre, una campagna; udrà cogli orecchi un suono d'una campana; e nel tempo stesso coll'immaginazione vedrà un'altra torre, un'altra campagna, udrà un altro suono. In questo secondo genere di obbietti sta tutto il bello e il piacevole delle cose. Trista quella vita (ed è pur tale la vita comunemente) che non vede, non ode, non sente se non che oggetti semplici, quelli soli di cui gli occhi, gli orecchi e gli altri sentimenti ricevono la sensazione. (30. Nov. I.a Domenica dell'Avvento.) (Zibaldone, 4418) Della lettura di un pezzo di vera, contemporanea poesia, in versi o in prosa (ma più efficace impressione è quella de' versi), si può, e forse meglio, (anche in questi sì prosaici tempi) dir quello che di un sorriso diceva lo Sterne; che essa aggiunge un filo alla tela brevissima della nostra vita. Essa ci rinfresca, per così dire; e ci accresce la vitalità. (Feb. 1829.). (Zibaldone, 4450) Termini e parole Le parole come osserva il Beccaria (trattato dello stile) non presentano la sola idea dell'oggetto significato, ma quando più quando meno immagini accessorie. Ed è pregio sommo della lingua l'aver di queste parole. Le voci scientifiche presentano la nuda e circoscritta idea di quel tale oggetto, e perciò si chiamano termini perchè determinano e definiscono la cosa da tutte le parti. Quanto più una lingua abbonda di parole, tanto più è adattata alla letteratura e alla bellezza ec. ec. e per lo contrario quanto più abbonda di termini, dico quando questa abbondanza noccia a quella delle parole, perchè l'abbondanza di tutte due le cose non fa pregiudizio. Giacchè sono cose ben diverse la proprietà delle parole e la nudità o secchezza, e se quella dà efficacia ed evidenza al discorso, questa non gli dà altro che aridità. Il pericolo grande che corre ora la lingua francese è di diventar lingua al tutto matematica e scientifica, per troppa abbondanza di termini in ogni sorta di cose, e dimenticanza delle antiche parole. Benchè questo la rende facile e comune, perch'è la lingua più artifiziale e geometricamente nuda ch'esista oramai. (Zibaldone, 110) L’indefinito e la rimembranza Non solo l'eleganza, ma la nobiltà la grandezza, tutte le qualità del linguaggio poetico, anzi il linguaggio poetico esso stesso, consiste, se ben l'osservi, in un modo di parlare indefinito, o non ben definito, o sempre meno definito del parlar prosaico o volgare. Questo è l'effetto dell'esser diviso dal volgo, e questo è anche il mezzo e il modo di esserlo. Tutto ciò ch'è precisamente definito, potrà bene aver luogo talvolta nel linguaggio poetico, giacchè non bisogna considerar la sua natura che nell'insieme, ma certo propriamente parlando, e per se stesso, non è poetico. Lo stesso effetto e la stessa natura si osserva in una prosa che senza esser poetica, sia però sublime, elevata, magnifica, grandiloquente. La vera nobiltà dello stile prosaico, consiste essa pure costantemente in non so che d'indefinito. Tale suol essere la prosa degli antichi, greci e latini. E v'è non pertanto assai notabile diversità fra l'indefinito del linguaggio poetico, e quello del prosaico, oratorio ec. Quindi si veda come sia per sua natura incapace di poesia la lingua francese, la quale è incapacissima d'indefinito, e dove anche ne' più sublimi stili, non trovi mai altro che perpetua, ed intera definitezza. Anche il non aver la lingua francese un linguaggio diviso dal volgo, la rende incapace d'indefinito, e quindi di linguaggio poetico, e poichè la lingua è quasi tutt'uno colle cose, incapace anche di vera poesia. (Zibaldone, 1901-1902) Un oggetto qualunque, p.e. un luogo, un sito, una campagna, per bella che sia, se non desta alcuna rimembranza, non è poetica punto a vederla. La medesima, ed anche un sito, un oggetto qualunque, affatto impoetico in se, sarà poetichissimo a rimembrarlo. La rimembranza è essenziale e principale nel sentimento poetico, non per altro, se non perchè il presente, qual ch'egli sia, non può esser poetico; e il poetico, in uno o in altro modo, si trova sempre consistere nel lontano, nell'indefinito, nel vago. (Recanati. 14. Dic. Domenica. 1828.) (Zibaldone, 4426) Superiorità della lirica sugli altri generi poetici Il poema epico è contro la natura della poesia. 1° Domanda un piano concepito e ordinato con tutta freddezza: 2° Che può aver a fare colla poesia un lavoro che domanda più e più anni d'esecuzione? la poesia sta essenzialmente in un impeto. È anche contro natura assolutamente impossibile che l'immaginazione, la vena, gli spiriti poetici, durino, bastino, non vengano meno in sì lungo lavoro sopra un medesimo argomento V. p.4372. È famosa, non meno che manifesta, la stanchezza e lo sforzo di Virgilio negli ultimi 6. libri dell'Eneide scritti veramente per proposito, e non per impulso dell'animo, nè con voglia. V. p.4460. - Il Furioso è una successione di argomenti diversi, e quasi di diverse poesie; non è fatto sopra un piano concepito e coordinato in principio; il poeta si sentiva libero di terminare quando voleva; continuava di spontanea volontà, e con una elezione, impulso, primitiva ad ogni canto; e certo in principio non ebbe punto d'intenzione a quella lunghezza. - I lavori di poesia vogliono per natura esser corti. E tali furono e sono tutte le poesie primitive (cioè le più poetiche e vere), di qualunque genere, presso tutti i popoli. Si obbietterà la drammatica. Direi che la drammatica spetta alla poesia meno ancora che l'epica. Essa è cosa prosaica: i versi vi sono di forma, non di essenza, nè le danno natura poetica. Il poeta è spinto a poetare dall'intimo sentimento suo proprio, non dagli altrui. Il fingere di avere una passione, un carattere ch'ei non ha (cosa necessaria al drammatico) è cosa alienissima dal poeta; non meno che l'osservazione esatta e paziente de' caratteri e passioni altrui. Il sentimento che l'anima al presente, ecco la sola musa ispiratrice del vero poeta, il solo che egli provi inclinazione ad esprimere. Quanto più un uomo è di genio, quanto più è poeta, tanto più avrà de' sentimenti suoi propri da esporre, tanto più sdegnerà di vestire un altro personaggio, di parlare in persona altrui, d'imitare, tanto più dipingerà se stesso e ne avrà il bisogno, tanto più sarà lirico, tanto meno drammatico. (Zibaldone, 4356-4357)