E invece io difendo Umberto Eco

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E invece io difendo Umberto Eco
E invece io difendo Umberto Eco - Massimo Fini
Non capisco perché le dichiarazioni di Umberto Eco (“Mi sento antitaliano, mi vergogno di
essere italiano”) abbiano suscitato tanto scalpore ed una canea di censori. E trovo curioso, oltre
che divertente, che uno dei più duri con Eco sia stato Giorgio Bocca che tiene da anni sull'
Espresso una rubrica intitolata L' antitaliano e che sul suo presunto essere antitaliano, cioè
diverso dagli altri, ha costruito le sue fortune. Ma, si sa, la coerenza non è una dote di Bocca il
quale, in quasi tutto ciò che scrive e in molto di ciò che fa, una volta è una cosa e una volta
l'altra, secondo opportunità e, spesso, opportunismo. In realtà Bocca è un perfetto italiano,
niente affatto diverso dai suoi connazionali, e per questo si è sentito offeso dalle parole di Eco.
Credo che non ci sia nulla da vergognarsi a vergognarsi di essere italiani. Io mi vergogno della
profonda vigliaccheria, dell'intima slealtà, del popolo italiano, per cui, per esempio, entra in
guerra da una parte e ne esce sempre dall' altra, quella del vincitore. Io mi vergogno
dell'opportunismo, del trasformismo, del conformismo degli italiani, per cui erano tutti fascisti
durante il Fascio, tutti antifascisti dopo il 25 aprile, tutti “laici e demo-cratici“ quando il Pci
dettava legge nelle piazze, nelle fabbriche, nei giornali, nel mondo della cultura e adesso sono
tutti berlusconiani e anche quelli che ancora non lo sono si apprestano a diventarlo tanto che
Berlusconi si è detto convinto di poter incrementare di molto quel 67 per cento di cittadini che,
secondo i soliti sondaggi, hanno fiducia in lui. «Proprio il 100 per cento no» ha risposto
pudicamente a Minoli «ma conto di avvicinarmici». Siamo un popolo occidentale con
unanimismi da dispotismo orientale. Io mi vergogno di quel misto di ributtante cinismo e di
furbizia animalesca che è la nostra cifra più autentica,fedelmente rispecchiata dalle nostre
classi dirigenti: il Re e Badoglio che fuggono da Roma, Mussolini che scappa travestito da
soldato tedesco, Toni Negri che ordina l' “armiamoci e partite” e, al momento del dunque, se la
fila in Francia, Berlinguer che manda i figli alla scuola americana, Moro che scrive le lettere che
scrive, Craxi che, come un netturbino, manda certificati medici per non affrontare i processi.
Troviamo sempre qualche buon pretesto per sottrarci alle nostre responsabilità. “Tengo
famiglia” è il nostro inno nazionale, siamo un popolo senza dignità. Io mi vergogno della
crudeltà degli italiani che è l'altra faccia della nostra vigliaccheria. Noi siamo tuttora convinti di
vivere nel ”Paese d'o sole, del mandolino e dell'ammore” e di essere, in fondo, dei ”bravi
ragazzi “ che anche quando si trovano in qualche brutto pasticcio lo sono senza loro colpa e
senza cattiveria. Basterebbero gli orrori della guerra civile per smentire questa immagine
autoconsolatoria che ci siamo fatta di noi, per dirci di quali crudeltà, di quali efferatezze, di quali
ferocie siano capaci quei “bravi ragazzi” che sono gli italiani. Piazzale Loreto lo abbiamo
inventato noi. Nel linciaggio siamo imbattibili. E la mafia, coi suoi rituali di morte e di sadismo,
con i sassi in bocca, con gli incaprettamenti, con i piedi nel cemento, con i corpi gettati vivi nella
calce bollente o nella soda caustica, è un tipico prodotto italiano anche se abbiamo avuto il
poco lodevole merito di esportarlo. Ed è nel ”Paese d'o sole, del mandolino e dell'ammore” che
è nato e cresciuto il più crudele, spietato e sadico terrorismo che si sia mai visto. Erano italiani
quei “bravi ragazzi”, quei figli di mamma, che sequestravano uomini inermi, che li seviziavano
psicologicamente, insieme ai loro familiari, con un sapiente e orribile dosaggio di minacce e di
promesse, che costringevano i loro prigionieri ai più umilianti messaggi e poi li finivano come
bestie, buttandoli negli immondezzai. Ed è l 'Italia il solo Paese al mondo dove esiste il
sequestro di persona a fini di estorsione, è anzi stato elevato ad industria. E questo, soprattutto
quando oggetto ne sono i bambini, è il più infame, odioso, vile e facile dei delitti perché colpisce
l'uomo là dove è più inerme ed indifeso. Siamo un popolo di boia. Io mi vergogno dell'ipocrisia
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degli italiani. Per cui da noi la forma fa sempre premio sulla sostanza e il codice della “doppia
morale”, una pubblica e l' altra privata, è la nostra vera carta costitutiva. Perche, qualunque
cosa accada e sia accaduto, rimaniamo un Paese di fottuti cattolici le cui ragazze, come si
diceva una volta, “vanno a letto alle nove per essere a casa entro mezzanotte “. Siamo un
popolo di Madonnine infilzate. Io mi vergogno della superficialità degli italiani. Del nostro
edonismo da straccioni. Del!' ottimismo beota, che oggi va tanto di moda. Della nostra
incapacità a prendere la vita con un minimo di serietà. Quando Ennio Flaiano scriveva” la
situazione è drammatica ma non è seria” è agli italiani che pensava. Manchiamo di qualsiasi
profondità e non è un caso se, in tanti secoli di disunità d'ltalia, in cui ci siamo prostituiti a tutti
all'insegna del ” Franza o Spagna purché se magna“, non abbiamo espresso, a parte Vico, un
solo pensatore degno di questo nome. Siamo un popolo di coglioni. Come si fa a non
vergognarsi di essere italiani? Certo questo popolo fasullo, fallito come comunità, è capace poi
di partorire, a volte, dei figli straordinari che sono l' antitesi delle sue caratteristiche nazionali.
Credo che sia un fenomeno reattivo naturale perché, come canta Fabrizio De André, “dal
letame nascono i fior”. E come nel tennis abbiamo avuto i migliori giocatori del mondo
(Pietrangeli e Sirola) quando da noi questo sport era praticato da quattro gatti, così ci sono stati
e ci sono italiani capaci di un coraggio, di una dignità, di un 'autodisciplina, di un eroismo che gli
altri, per esempio gli inglesi e i tedeschi, possono avere come popolo, molto meno come
individui.Il comandante Feccia di Cossato, catturato dagli inglesi e portato proprio sulla nave
che aveva poco prima segretamente minato, saltò in aria con essa perché tacque agli ufficiali
inglesi di avervi messo le bombe. Un capitano dell' esercito italiano ( di cui mi spiace non
ricordare il nome ), che risaliva la penisola con gli alleati,fu catturato per errore dai partigiani.
Aveva tutte le possibilità di chiarire l'equivoco ma alle prime obiezioni di quelli lasciò perdere
non sembrandogli elegante né dignitoso stare a discutere. Fu messo al muro e fucilato. Lasciò
la vita con sovrana indifferenza. Ma l'episodio che più mi piace ricordare è quello accaduto a
Barzio, il paesino del comasco dove era sfollata la mia famiglia e dove sono nato nel 1943,
anno cui l'episodio si riferisce. A Barzio c' era una piccola caserma, guardata da due sentinelle,
due ragazzi italiani di vent'anni. Passarono alcuni aerei inglesi e gettarono dei volantini con cui
informavano la popolazione che avrebbero bombardato e la invitavano ad evacuare (gli inglesi
avevano di questi gesti di cavalleria). Fuggirono tutti, rifugiandosi nei boschi, tranne le due
sentinelle che, patetici, drammatici e fragili soldatini di piombo, ritennero loro dovere rimanere al
proprio posto. Ritornarono gli aerei, la caserma fu puntualmente centrata, i due soldati vi
rimasero sotto. Ma è proprio per rispetto a questi due ragazzi italiani, a un sacrificio tanto più
disperato e commovente perché inutile immerso com'era e com'è nella codardia generale, che
dobbiamo vergognarci di essere fatti come siam fatti. Che dobbiamo vergognarci di essere
italiani.
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