L`uso consapevole del corpo

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L`uso consapevole del corpo
2/2015
Spedizione in Abb.Post. D.L. 353/2003 (N.46 2004) art.1 comma 2 E 3 • ANNO 2015 N. 2
II quadrimestre
maggio/agosto
2015
NUTRIZIONE E ALIMENTAZIONE
L’EXPO NE CELEBRA I VALORI
ECCO TRE TEMI IMPORTANTI
PER VIVERE IN SICUREZZA
Nuove tecnologie
per la cardiochirurgia:
in campo occhiali speciali
Il punto su trapianti
e cuori artificiali
Problemi cardiovascolari
nel mirino degli specialisti:
dalla pericardite alle
pericolose insidie
del nemico diabete
La lunga marcia
delle donne verso
la professione medica
Dal no di Aristotele
ai successi di oggi
pp. 10-13
pp. 14-16 e 27-29
pp. 33-37
N. 2 maggio/agosto 2015
Sommario
___________________________________ pag
___________________________________ pag
IN OTTOBRE LE XXVII GIORNATE CARDIOLOGICHE
DALLA TRADIZIONE POPOLARE AGLI STUDI
SCIENTIFICI
Torino capitale del cuore tra scienza
e tecnologia_____________________ 3
EDITORIALE
L’arte della prevenzione ___________ 4
UN TEMA DI DRAMMATICA ATTUALITÀ NEL
CONVEGNO TORINESE
Giovani atleti sotto esame__________ 5
LA SANITÀ MILITARE DAI ROMANI ALL’INDIPENDENZA D’ITALIA - Prima parte
Medici sul campo di battaglia_______ 7
TECNOLOGIA AVANZATA IN SALA OPERATORIA
Magici occhiali per chirurghi_______ 10
UN’ALTERNATIVA SEMPRE PIÙ VALIDA PER LA
SOPRAVVIVENZA
Ti metto un motore nel petto______ 11
SEMPRE PIÙ SPESSO È DIAGNOSTICATA NEI
GIOVANI
Infarto? No, è pericardite__________ 14
PRIMO PIANO - Nutrizione e
alimentazione, la spinta dell’Expo___ 17
L’ITER TERAPEUTICO PREVEDE UN APPROCCIO
MULTIDISCIPLINARE
Rene e cuore, bere fa bene________ 17
UNO DEI SEGRETI PER NUTRIRSI CON SAGGEZZA
A tavola con gli sgombri__________ 20
Focus on
L’esempio dei popoli mediterranei___ 20
Le spezie alleate preziose_________ 24
TRA I RICERCATORI SI FA STRADA UN’IDEA
SUGGESTIVA
Il diabete è una malattia vascolare?_ 27
COME MIGLIORARE CON SAGGEZZA L’EQUILIBRIO
PSICOFISICO
L’uso consapevole del corpo _______ 30
L’EPOPEA FEMMINILE PER ENTRARE IN MEDICINA
Aristotele, il grande filosofo che non
conosceva le donne______________ 33
AI NOSTRI GIORNI TRIONFA IL GENTIL SESSO
Il tempo della rivincita____________ 36
STORIA. UN PROBLEMA NON NUOVO PER LA
MEDICINA
Quei falsi malati di ieri e oggi______ 38
IN CAMPO CON LA NOSTRA ONLUS
Il presidente Danielis: un particolare
grazie ai volontari_______________
Cardio Piemonte in giro per
l’Europa portando il messaggio
degli Amici del Cuore_____________
Prevenzione presso le Farmacie
Comunali______________________
Bilancio consuntivo 2014__________
41
41
42
42
CARDIO PIEMONTE
ANNO XI - N. 30 (2015)
Tribunale di Torino 4447 del 26-02-92
Direttore Responsabile: Michele Fenu
Il Consiglio Direttivo Amici del Cuore onlus
Presidente:
Danilo Danielis
Vice Presidenti:Sebastiano Marra,
Fiorenzo Gaita
Tesoriere: Michelangelo Chiale
Segreteria: Carla Giacone
Comitato Scientifico:
prof. Fiorenzo Gaita, dr. Sebastiano
Marra, dr. Marco Sicuro, dr. Tullio
Usmiani, dr. Armando De Berardinis,
dr. Maurizio D’Amico, dr. Roberto
Grimaldi
Consiglieri:
Cesarina Arneodo, Fiorenzo Ardizzone,
Enrico Boglione, Michelangelo Chiale,
Luisella Chiara, Danilo Danielis,
Fiorenzo Gaita, Carla Giacone,
Renate Heissig, Sebastiano Marra,
Paolo Monferino, Guglielmo Moretto,
Ernesto Ovazza, Rita Porta,
Enrico Zanchi
Comitato di Redazione:
Michelangelo Chiale, Carla Giacone
Sindaci:
Michele Falanga,
Giuseppe Mamoli
Fotografie: Fiorenzo Ardizzone
2 - Cardio Piemonte
Coordinatrici volontari:
Renate Heissig, Rita Porta
Progetto grafico e impaginazione:
Roberta Serasso
Segreteria di redazione: Carla Giacone
Webmaster: Candeloro Buttiglione,
Antonio Cirillo
ORGANO UFFICIALE DE
AMICI DEL CUORE PIEMONTE
Associazione Onlus
Associazione di Volontariato, no-profit,
per la prevenzione e la ricerca
delle malattie cardiovascolari
Sede A.O.Città della Salute e della Scienza
di Torino
Corso Bramante, 88 • 10126 Torino
Tel. 011.633.55.64
Reparto di Cardiologia 2
dr. Sebastiano Marra
Presidente: Danilo Danielis
www. amicidelcuore.ideasolidale.org
e-mail: [email protected]
Coord. Volontari cell. 346.1314392 392.2716163
Segreteria cell. 392.221.4972
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Foto: Expo 2015 / Daniele Mascolo; p.19
Shutterstock/ kubais; p.23 Shutterstock/
Alexander Raths.
N. 2 maggio/agosto 2015
IN OTTOBRE LE XXVII GIORNATE CARDIOLOGICHE
Torino capitale del cuore
tra scienza e tecnologia
Un grande evento che raccoglie studiosi, ricercatori e medici di tutto il mondo nelle
sezioni “Advances in Cardiac Arrhythmias” e “Great Innovations in Cardiology”.
L’esempio di Bosio. Novità in tema di farmaci, interventistica strutturale e terapie.
Il ruolo della prevenzione
di Sebastiano Marra
Ancora una volta Torino si appresta a raccogliere con le XXVII Giornate Cardiologiche il
fior fiore degli studiosi, ricercatori e clinici di
tutto il mondo. Capitale dello Sport ma anche Capitale del Cuore, dunque. Come sempre il programma è suddiviso in due sezioni,
“Advances in Cardiac Arrhythmias” e “Great
Innovations in Cardiology”, sotto la regia del
Prof. Fiorenzo Gaita e del sottoscritto, con la
collaborazione del Comitato Scientifico (gli
americani Malcolm Bell e Amir Lerman per
la prestigiosa Mayo Clinic, con cui siamo in
stretti rapporti da molti anni, il tedesco Martin
Borggrefe, il francese Jean Francois Leclercq
e lo svizzero Dipen Shah) e il Comitato Organizzatore (Carlo Budano e Davide Castagno).
Uno dei più rilevanti obiettivi del nostro
meeting annuale, in programma il 23 e 24
ottobre presso il Centro Congressi dell’Unione
Industriale di Torino, è il portare a conoscenza
del più ampio numero possibile di colleghi le
informazioni più attendibili che vengono dalla
ricerca scientifica mediante oratori di grande
capacità comunicativa e di grande valenza
culturale.
Ma non dobbiamo dimenticare anche alcuni eventi storici che hanno onorato la nostra
città per il rilevante contributo alla ricerca
scientifica e tecnologica nel campo cardiologico pionieristico. Pochi sanno, ad esempio, il
ruolo innovatore nella costruzione di un cuore
artificiale avuto dall’ing. Roberto Bosio che
negli Anni 60-70 ha disegnato, costruito e
sperimentato uno dei primi cuori artificiali al
mondo. Come sempre l’applicazione nell’uomo è avvenuta
a Zurigo con la collaborazione del famoso cardiochirurgo
svizzero Prof. Marko Turina.
In questi ultimi tempi il ruolo dei dispositivi creati dalla
tecnologia è diventato sempre
più attuale perché le donazioni di cuori si sono ridotte in
modo rilevante (oltre il 50%)
rispetto a pochi anni fa e perché la miniaturizzazione dei
moderni VAD (Ventricular Assistance Device), cioè dei cuori artificiali, ha
permesso una semplificazione nell’impianto
e nella gestione tale da favorire moltissimo il
loro utilizzo. Dedichiamo, quindi, una sezione
alla storia dell’Ing. Roberto Bosio e al suo ruolo di pioniere e all’attuale stato dell’arte della
terapia in pazienti che non hanno più alcuna
opzione terapeutica sia medica sia interventistica sia chirurgica.
Sempre in tema di novità faremo il punto
sull’utilizzo dei nuovi antiaggreganti in tutti i
subsets dei quadri clinici della sindrome coronarica acuta, sia alla associazione con i nuovi
anticoagulanti orali. Proprio su questi ultimi
abbiamo già 6 anni di follow-up e faremo dei
focus nei luncheon panels che ci faranno capire come si stia confermando la sicurezza e
la efficacia di questi nuovi, in verità non più
nuovi, prodotti.
In tema di interventistica strutturale daremo
Dott. Sebastiano
Marra, Direttore del
nuovo Dipartimento
Cardiovascolare e
Toracico della Città
della Salute e della
Scienza
Cardio Piemonte - 3
N. 2 maggio/agosto 2015
Editoriale
L’ARTE DELLA PREVENZIONE
di Michele Fenu
A lezione di prevenzione. Insegnante il Vice Presidente
Sebastiano Marra. Un argomento che è il leit motiv degli
Amici del Cuore e che è di fondamentale importanza.
Marra ne ha esplorato vari aspetti nel corso dell’assemblea di bilancio con un’ampia relazione di cui vogliamo
qui ricordare in sintesi i temi più importanti per i soci
della nostra Onlus e, in particolare, per i volontari. La
prevenzione, che va esercitata in spirito di collaborazione
con chi fa assistenza medica, è una bella parola che
troppo spesso nasconde un vuoto di contenuti. Se ne
riempiono la bocca i politici e chi sostiene (esistono, sì)
che costa più prevenire che curare. Basta pensare ai disagi, ai drammi umani, al prezzo della sanità per capire
l’ipocrisia di certe affermazioni. C’è una premessa basilare: la prevenzione non è una terapia, ma la segnalazione
di un rischio che vale per tutti i settori della medicina, un
avviso che per gli Amici del Cuore si focalizza sul problema delle malattie cardiovascolari. È un messaggio che
riguarda chi ignora il suo stato di salute e che invita il cittadino a rivolgersi al medico di famiglia per gli opportuni
approfondimenti. La raccolta dei dati va attuata con garbo e nel rispetto (vero) della privacy: si tratta di argomenti
delicati e quando una persona risponde alle domande
non è il caso che siano informati anche i vicini. Un punto
delicato, come sottolinea Marra, riguarda la situazione
psicologica dell’intervistato. C’è una parola che va bandita: depressione. È un termine sovente recepito come
sgradevole, che può segnalare un rischio "indipendente"
e che investe la sfera intellettiva del soggetto. Conviene
allora aggirare l’ostacolo parlando di "tensione emotiva",
"agitazione", "ansia", "stanchezza al mattino alzandosi" e
così via. Quasi un’arte. Alla fine dell’intervista il messaggio va trasmesso in modo equilibrato, seminando nella
mente dell’esaminato la presenza di un rischio cardiovascolare più o meno elevato. Toccherà poi ai medici valutare il caso. Il discorso vale che si operi sul camper degli
Amici del Cuore, in un locale predisposto dalla Onlus o
da chi ha richiesto il nostro intervento o in una farmacia.
L’attività di prevenzione svolta dalla Onlus rappresenta
una bandiera di cui essere orgogliosi. E anticipiamo il
futuro con la scheda della salute, un nutrito gruppo di
misurazioni (spiccano quelle della saturazione dell’ossigeno e della pressione arteriosa, l’ECG, in taluni casi la
visita cardiologica), alle quali se ne aggiungeranno presto altre (colesterolo, glicemia, trigliceridi). Sottolineiamo
che gli Amici del Cuore non indicano terapie né valutano
quelle in atto, non si contrappongono al medico, non
analizzano gli esami. E con la raccolta delle schede della
salute, vicine alle 10 mila unità, hanno realizzato sul
territorio un’indagine mai realizzata prima, fornendo al
dottor Marra la base per uno studio che vedremo su prestigiose pubblicazioni scientifiche. Sì, siamo forti!
4 - Cardio Piemonte
particolare rilievo nel cercare di rendere possibile la selezione di pazienti idonei, soprattutto
a TAVI e a MITRACLIP, da parte della più larga popolazione medica della nostra Regione.
Siamo convinti del ruolo chiave, nella selezione di questi pazienti, da parte dei cardiologi
territoriali e dei cardiologi ospedalieri che non
hanno a disposizione queste metodiche.
Dare una opzione terapeutica al più ampio spettro di pazienti ci sembra una doverosa opportunità medica e culturale. Come gestire al meglio
i pazienti con scompenso cardiaco è uno sforzo
tecnico-culturale che rinnoviamo anche questo
anno nel favorire informazioni diagnostiche e
terapeutiche più rigorose possibili.
Purtroppo, lo spettro di questi pazienti con
scompenso cardiaco è estremamente vasto e
si presta a interventi molto diversi ed embricati in quanto spesso sono soggetti anemici
con insufficienza renale, insufficienza respiratoria, rischio cardioembolico assai elevato
e rischio emorragico altrettanto pericoloso. In
tema di prevenzione delle patologie cardiovascolari, si rivaluta il ruolo che l’aspirina ha in
quella primaria, cioè nei pazienti a rischio ma
senza alcuna manifestazione di malattia.
La nostra ONLUS sarà sempre presente e attiva nel diffondere il messaggio di portare la
prevenzioni alla portata di tutta la popolazione. Questa è la vera funzione, dare il messaggio al singolo cittadino aiutandolo a costruire il suo livello di rischio cardiovascolare in
modo da renderlo consapevole e protagonista
convinto della utilità di adottare uno stile di
vita corretto e di tenere sotto controllo il cuore.
N. 2 maggio/agosto 2015
UN TEMA DI DRAMMATICA ATTUALITÀ NEL CONVEGNO TORINESE
Giovani atleti sotto esame
Le testimonianze di studiosi e campioni sportivi per migliorare la prevenzione.
Latenti cardiopatie strutturali o anomalie congenite aritmogene costituiscono un
terzo dei casi di arresto cardiaco extra-ospedaliero. L’esemplare storia di
Jimmi Fixx, il guru del fitness in Usa
di Roberto Grimaldi
Jimmi Fixx, noto giornalista sportivo e redattore della rivista Life, autore di uno dei maggiori best seller degli Anni 80, il famoso “The
complete book of running”, libro considerato
la bibbia per generazioni di runner di tutto il
mondo, era un uomo giovane ma obeso, iperteso, gran fumatore dislipidemico. Ma perchè
un uomo con una vita così sregolata è diventato non solo un "corridore", ma il guru di milioni di americani? Per una ossessione. Infatti
il padre di Jimmi Fixx, anch’egli giornalista
e redattore del Times, alla giovane età di 35
anni veniva colpito da un grave infarto che gli
permise di vivere malamente altri otto anni,
quando un secondo infarto lo uccise. Questo
episodio segnò la vita del figlio. L’avvicinarsi
del 35° compleanno era per lui come sentire prossima la propria data di morte. Questo
pensiero ossessivo gli permise però di trovare
la forza di smettere di fumare, di dimagrire,
di seguire diete ipolipidiche e di incominciare
una attività fisica regolare: la corsa. La sua
convinzione e determinazione erano così forti
che pensò di tramandarle scrivendo un libro,
contribuendo al fitness boom in Usa e in tutto
il mondo. La sua missione di sensibilizzazione portò molti americani a intraprendere la
strada di una regolare attività fisica quale via
per ottenere non solo un benessere del corpo
ma anche psicologico.
Fixx grazie al suo libro divenne un famoso
personaggio televisivo, partecipò a innumerevoli talk show enfatizzando il benessere
che lui stesso poteva dimostrare, benessere derivante da una regolare attività fisica e
da un corretto stile di vita. Proprio sull’onda
del successo, al picco della sua popolarità,
lo scrittore morì improvvisamente per un attacco cardiaco
all’età di 48 anni: fu trovato
da un motociclista ai margini
di una strada periferica durante la sua corsa quotidiana. La
Dr.ssa Mc Quillen, che eseguì l’autopsia trovò nel cuore
un’estesa malattia coronarica
con almeno la presenza di due
precedenti infarti cardiaci, ma
aggiunse anche che non era
stata la corsa a ucciderlo, ma i
35 anni di pessime abitudini e
che l’amore per lo sport e il cambiamento dei
comportamenti gli aveva regalato più anni di
quanti non ne avesse vissuti il padre.
Dott. Roberto
Grimaldi Cardiologia
Universitaria Città
della Salute e della
Scienza di Torino
Una regolare attività fisica e un corretto stile
di vita sono noti a tutti come elementi positivi
per la salute. La prevenzione e il trattamento
dei fattori di rischio cardiovascolari restano
a tutt’oggi il primo obiettivo da perseguire:
la cardiopatia ischemica nella popolazione
adulta rappresenta ancora la patologia cardiovascolare più frequente. Esistono però circostanze nelle quali la pratica di attività sportiva
può rappresentare un pericolo per l’individuo
fino a provocare quella che viene definita
"morte improvvisa". Ma qual’è l’incidenza di
questi casi durante l’attività fisica? Da 8 casi
per milione per i non atleti a 36 casi per milione in atleti non sottoposti a controlli seriati
fino a scendere a 4 in atleti controllati.
Quali sono gli sportivi più colpiti? Quelli a più
basso livello agonistico. Quando è più freCardio Piemonte - 5
N. 2 maggio/agosto 2015
quente avere un episodio di morte improvvisa? Durante le competizione sportive anche
se è sicuramente maggiore il tempo passato
negli allenamenti. Tale dato darebbe ragione
a chi vede nella liberazione di adrenalina un
importante trigger di concausa nella morte
improvvisa. Ma non si muore perchè si fa
sport, si muore perchè pensiamo di essere
sani e non lo siamo. Nel prossimo congresso internazionale che si terrà a Torino in ottobre sarà riservato un ampio spazio proprio
allo studio di quelle condizioni latenti che in
corso di attività fisica rappresentano un pericolo per la vita dell’individuo sia esso atleta
ad alto livello o sportivo dilettante. Personalità
di spicco provenienti dai più prestigiosi atenei mondiali prenderanno parte all’evento e
forniranno, con la loro testimonianza, spunti
importanti su cui riflettere per la futura pianificazione di prevenzione sportiva per il nostro
Paese. Arricchiranno il confronto grandi campioni dello sport che racconteranno le loro
esperienze agonistiche.
L’attività sportiva in persone con latente cardiopatia strutturale o anomalie congenite aritmogene può rappresentare un trigger aritmico
e di conseguenza esordire con manifestazioni
cliniche importanti proprio in corso di attività fisica. Queste circostanze vedono interessati in prevalenza soggetti di giovane età e
formano quindi un fenomeno di importante
rilevanza mediatica, anche se per fortuna di
limitato numero. Molti studi mostrano come
gli atleti, andati incontro a un arresto cardiaco
extra ospedaliero, presentino spesso un substrato responsabile dell’evento aritmico, quali
la cardiomiopatia ipertrofica[1], la cardiopatia
aritmogena del ventricolo destro[2], le anomalie di origine delle coronarie[3], su cui spesso
si aggiunge la scarica adrenergica legata alla
gara. Però circa un terzo del totale dei casi di
arresto cardiaco extra ospedaliero risulta sine
causa all’esame macroscopico ed è proprio in
questo contesto che si evidenziano le anomalie congenite aritmogene (quali la sindrome
del QT lungo, la sindrome di Brugada, la tachicardia ventricolare polimorfa catecolaminergica, ecc…).
È possibile prevenire questi eventi? L’attenzione si sposta agli esami che vengono richiesti
6 - Cardio Piemonte
prima di iniziare un’attività sportiva di tipo
anche agonistico. Attualmente vi sono due
approcci allo screening pre-partecipazione in
questione: quello americano, basato esclusivamente sull’anamnesi e l’esame obiettivo, e
quello europeo basato sull’anamnesi, l’esame
obiettivo e l’elettrocardiogramma a riposo.
In Italia è in atto un programma di screening
comprensivo dell’elettrocardiogramma a riposo anche per attività sportiva amatoriale che
può esser considerato una strategia preventiva di comprovata efficacia. I risultati italiani
indicano che lo screening elettrocardiografico
ha un’adeguata sensibilità e specificità per l’identificazione di quegli atleti affetti da cardiomiopatie e/o malattie dei canali ionici potenzialmente letali, la cui esclusione dalle gare si
è tradotta nella riduzione sostanziale (di circa il 90%) della mortalità durante la pratica
sportiva[4]. L’utilità dell’elettrocardiogramma
nella precoce identificazione di cardiopatie
altrimenti misconosciute all’esame obiettivo
viene confermata anche da studi internazionali sull’argomento[5]. Circa il 2% degli atleti
che si sottopongono alle visite medico sportive obbligatorie per svolgere uno sport sono
riconosciuti non idonei.
[1] Recommendations and considerations related to preparticipation
screening for cardiovascular abnormalities in competitive athletes:
2007 update: a scientific statement from the American Heart Association Council on Nutrition, Physical Activity, and Metabolism: endorsed
by the American College of Cardiology Foundation. Maron BJ, Thompson
PD, Ackerman MJ, Balady G, Berger S, Cohen D, Dimeff R, Douglas PS,
Glover DW, Hutter AM Jr, Krauss MD, Maron MS, Mitten MJ, Roberts WO,
Puffer JC; American Heart Association Council on Nutrition, Physical
Activity, and Metabolism. Circulation. 2007 Mar 27;115(12):1643-455.
[2] Screening for hypertrophic cardiomyopathy in young athletes.
Corrado D, Basso C, Schiavon M, Thiene G. N Engl J Med. 1998 Aug
6;339(6):364-9.
[3] Eckart RE, Scoville SL, Campbell CL, Shry EA, Stajduhar KC, Potter
RN, Pearse LA, Virmani R. Sudden death in young adults: a 25-year
review of autopsies in military recruits. Ann Intern Med. 2004 Dec
7;141(11):829-34.
[4] Corrado D, Migliore F, Zorzi A, Siciliano M, Basso C, Schiavon M,
Thiene G.[Preparticipation electrocardiographic screening for the prevention of sudden death in sports medicine]. G Ital Cardiol (Rome).
2011 Nov;12(11):697-706.
[5] Harmon KG, Zigman M, Drezner JA. The effectiveness of screening
history, physical exam, and ECG to detect potentially lethal cardiac
disorders in athletes: A systematic review/meta-analysis. J Electrocardiol. 2015 May-Jun;48(3):329-38
N. 2 maggio/agosto 2015
LA SANITÀ MILITARE DAI ROMANI ALL’INDIPENDENZA D’ITALIA - Prima parte
Medici sul campo di battaglia
Con la guerra di Crimea e i sanguinosi scontri di Solferino e San Martino tra
franco-piemontesi e austriaci è sorto il germe per la nascita della
Croce Rossa Internazionale. Una drammatica avventura per organizzare
i soccorsi e salvare i feriti. L'avvento dei chirurghi
di Angelo Sante Bongo
Quando il suono inquietante di una sirena ci costringe a interrompere i nostri movimenti per cedere il
passo all’ambulanza un preoccupante pensiero si
affaccia fugacemente nella nostra mente: chi sarà
mai lo sfortunato passeggero? arriverà in tempo allo
ospedale? quanto è grave la situazione? Accanto al
frustrante pensiero della nostra precarietà si fa strada
la certezza che la rapidità del soccorso e la velocità
con cui è trasportato il malcapitato aumentano enormemente le sue possibilità di cavarsela.
L’effimera riflessione svanisce presto sfumando nel
prepotente ricomparire dei nostri affanni quotidiani.
Quel suono stridente ci intimorisce e ci tranquillizza
al tempo stesso. Qualcuno si preoccupa di noi all’occorrenza e ci offre una possibilità di guarigione. Non
era così fino a circa 150 anni fa, la possibilità di
raggiungere un posto dove curarsi e soprattutto il trasporto dei feriti erano basati sulla intraprendenza dei
famigliari, degli amici e di persone di buona volontà.
Certamente le cruente battaglie campali che hanno
orribilmente segnato la nostra storia passata non
lasciavano scampo, la buona volontà non bastava
a soccorrere migliaia di vite spezzate nel fiore della
gioventù da tremende ferite destinate in gran parte a
portare a morte gli sventurati soldati. Alcune menti
illuminate in quegli anni prendevano coscienza della
necessità di una organizzazione per il trasporto e la
cura di un numero così ingente di feriti di guerra. Le
atroci scene a cui erano costrette impotenti ad assistere rendevano necessarie soluzioni innovative per
dare una speranza a quei giovani martoriati dall’insensata potenza devastatrice della guerra.
L’organizzazione del soccorso e delle prime cure nasce proprio nel difficile contesto delle sanguinose battaglie risorgimentali. Il prendere coscienza della importanza della vita di ragazzi strappati al duro lavoro
della terra per combattere guerre spesso per loro incomprensibili si è fatta strada prepotentemente nella
mente di alcuni uomini illuminati come il filantropo
svizzero Jean-Henri Dunant che per un caso fortuito
era presente alla battaglia di Solferino. Durante la II
guerra di indipendenza nel 1859, dopo la sconfitta
a Magenta, l’esercito austriaco si ritirava verso Est,
inseguito dall’esercito franco-piemontese. Lo stesso
Francesco Giuseppe venne personalmente in Italia per prendere il
comando delle truppe, rimuovendo dall’incarico il generale Gyulai,
considerato colpevole della sconfitta precedente. Il mattino del 23
giugno le armate austriache fecero
dietro front per contrattaccare lungo il fiume Chiese. Allo stesso tempo Napoleone III ordinò l’avanzata
delle sue truppe e così gli eserciti
avversari vennero a scontrarsi in
luoghi del tutto imprevisti.
L’inaspettato e caotico svilupparsi dello scontro rende ragione del
numero impressionante di morti e
feriti causati dal cruento combattimento. La battaglia di Solferino e San Martino fu la
più lunga (dalle 12 alle 14 ore di lotta) e la più sanguinosa disputata per l’indipendenza e l’unità d’Italia
e superò per quoziente di perdite quella, pur terribile,
di Waterloo. Non si conosce con precisione il numero complessivo dei caduti: c’è chi parla di 38.000
uomini chi di 70.000. Dunant rimase sconvolto dal
numero impressionante dei feriti e dei morti, ma
soprattutto dal fatto che essi venivano abbandonati
a loro stessi per la totale disorganizzazione con cui
furono portati i soccorsi.
Il generoso filantropo si diede da fare per organizzare un minimo di assistenza, mediante il trasporto
dei feriti presso il Duomo di Castiglione delle Stiviere
e lì, con l’aiuto della popolazione, vennero prestati
soccorsi a tutti, senza riguardo alla divisa indossata,
avendo come riferimento il motto "Tutti Fratelli". In
seguito scrisse e pubblicò a sue spese il libro Un souvenir de Solférino, dove si legge: «Qui si svolge una
lotta corpo a corpo, orribile, spaventosa; Austriaci
ed Alleati si calpestano, si scannano sui cadaveri
sanguinanti, s’accoppano con il calcio dei fucili, si
spaccano il cranio, si sventrano con le sciabole o
con le baionette; è una lotta senza quartiere, un macello, un combattimento di belve, furiose ed ebbre
di sangue; anche i feriti si difendono sino all’ultimo:
chi non ha più un’arma afferra l’avversario alla gola,
Dottor Angelo Sante
Bongo, cardiologo,
Direttore Cardiologia
II Ospedale di Novara,
I capitano medico
della riserva di
complemento
Cardio Piemonte - 7
N. 2 maggio/agosto 2015
Carlo Bossoli,
Battaglia di Solferino,
1859, litografia.
Solferino, 24 giugno
1859 - ore 14 c.a.
Conclusione della
Battaglia di Solferino.
Le truppe delle
divisioni "Forey" e
"De Ladmirault"
prendono possesso
del Castello e della
Rocca di Solferino.
Con licenza Pubblico
dominio tramite
Wikimedia Commons
dilaniandogliela con i denti». Proprio da quella carneficina provocata dal mancato aiuto ai feriti ebbe
l’idea di fondare nel 1863 la Croce Rossa Internazionale. Ottenne per questo il Premio Nobel per la pace
nel 1901 che diede quasi totalmente in beneficenza.
Morì povero in una stanza d’albergo nel 1910.
Evoluzione della Medicina
Lo svolgersi non lineare, irregolare e discontinuo della storia si conferma appieno quando si valuta la storia della medicina e soprattutto quella della medicina
militare. Il progresso della medicina è caratterizzato
da devianze e correzioni che non avvengono in modo
lineare. Quando esse sono attuate in modo brusco
o contradditorio producono fratture epistemiche, che
dividono in segmenti il procedere della storia. Esempi di eventi che hanno determinato fratture sono l’invenzione della ruota, la nascita di Cristo, la scoperta
dell’America, il pensiero di Galileo, la rivoluzione
francese e la rivoluzione informatica.
Michel Foucault chiama Epoche i segmenti di storia compresi tra due fratture epistemiche. Ogni
epoca si autorappresenta con un tipo di episteme
(episteme=conoscenza) insieme di cultura, modalità di concettualizzazione, valori intellettuali e risultati
etici frutto dei sensi e dell’intelletto umano (Nicola
Dioguardi). La battaglia di Solferino rappresenta una
improvvisa svolta proprio perché rappresenta un
cambiamento epocale della concezione di cura del
ferito in guerra.
La sanità militare prima di Solferino
Per secoli l’assistenza medica e chirurgica in guerra è
rimasta immodificata ed è stata caratterizzata da ini-
8 - Cardio Piemonte
ziative spontanee, da improvvisazione con il prevalere di una minima assistenza possibile raggiungendo
il ferito sul campo di battaglia. Si deve anche ricordare che la maggior parte delle morti si verificavano
come conseguenza delle infezioni delle ferite e delle
malattie da contagio che, nelle situazioni di affollamento con riduzione delle minime norme igienico
sanitarie, assumevano un andamento epidemico. Le
popolazioni locali erano pesantemente coinvolte per
la carenza di alimentazione razziate dagli eserciti dei
contrapposti schieramenti e dal dilagare delle malattie infettive indotte. Senza contare i ricorrenti episodi
di violenza e rappresaglia.
I romani, impegnati costantemente in guerre e
conflitti vari per la difesa e il controllo dell’impero,
erano provvisti di una organizzazione anche per la
medicina militare. Il praefectus castrensis, aveva alle
sue dirette dipendenze un medico capo (medicus
castrensis) che coordinava gli altri sanitari militari.
Ogni coorte, di circa 600 uomini, aveva un medico
di supporto, e due se operava in prima linea. L’assistenza veniva prestata sul campo ma i feriti potevano
essere trasportati presso il valetudinarium in castris
che rappresentava un luogo di raccolta organizzato
per la cura degli stessi, antesignano degli ospedali
da campo. In queste strutture operava il "medicus
castrensis", esentato da ogni altro servizio, assistito
da capsarii (infermieri guardarobieri), frictores (massaggiatori), unguentari, curatores operis (addetti al
servizio farmaceutico), optiones valetudinarii (addetti
al vitto e all’amministrazione).
Con lo sfaldarsi dell’impero romano si perdono le
tracce del suddetto tipo di medicina militare "organizzata". Il buio del Medioevo rallenta il progresso
N. 2 maggio/agosto 2015
della medicina, come è concepita attualmente, e
lascia spazio solo alla medicina mistico-religiosa
con assistenza fisico- spirituale da parte di monaci
e persone volenterose. Questo spiega la mancanza
di una organizzazione e di una precisa strutturazione
del soccorso ai feriti in battaglia che veniva affidato a valletti, compagni d’arme, spose e popolani del
posto. Le "infermerie" dipendevano dalle disponibilità locali: castelli, casolari, tende, alberi. Oltre alla
mancanza di una struttura di accoglienza all’epoca si
era privi di trattamenti specifici delle ferite con ampio
spazio alla "vix medicatrix naturae" ovvero alla capacità dell’organismo di risolvere da solo i problemi di
ferite e malattie. Talvolta i trattamenti effettuati invece di favorire la guarigione acceleravano l’exitus del
paziente. Alcuni dei casi più sconvolgenti sono stati
l’uso eccessivo dei salassi e la cauterizzazione delle
ferite con olio bollente.
Le prime concrete innovazioni si devono far risalire
alla figura di Ambroise Parè. Ambroise Paré (BourgHersent, Laval, 1510 – Parigi, 20 dicembre 1590)
è stato un medico e chirurgo francese, considerato
come il padre della chirurgia moderna. Era il chirurgo regale del re di Francia Enrico II, della regina Caterina de’ Medici e dei loro quattro figli. Va a
lui il merito di aver introdotto la legatura dei vasi in
seguito alle amputazioni. Con Paré nasce la figura
del chirurgo che prima era considerato un cerusico
ovvero un abile manipolatore di rudimentali strumenti chirurgici con abilità derivate dalla pratica di
barbiere. Suo grande merito, negli ultimi anni di vita,
fu quello di aver messo per iscritto la maggior parte delle sue esperienze, accompagnate dagli eventi
più importanti della sua esistenza. Gli scritti di Paré
rappresentano dunque una straordinaria eredità sia
per i chirurghi, che ne hanno utilizzato le tecniche
per i successivi trecento anni, sia per gli storiografi,
che hanno potuto ricorrere ai suoi libri come fonti
per le stesure di biografie. Le principali innovazioni
introdotte da Ambroise Parè sono state:
• La possibilità di preparare un unguento che causasse molto meno dolore dell’olio bollente allora
utilizzato per curare le ferite da arma da fuoco
• L’applicazione della legatura dei vasi alle amputazioni
«La notte non riuscii a dormire tranquillo, col timore,
per la mancata cauterizzazione, di trovare morti avvelenati coloro con i quali non avevo usato l’olio bollente; pertanto mi alzai molto presto per visitarli, e,
con mia grande sorpresa, scoprii che quelli ai quali
avevo applicato la lozione medicinale non soffrivano
molto, e le loro ferite non presentavano infiammazione e gonfiore, e la notte avevano riposato ragionevolmente bene; gli altri, su cui avevo usato il detto olio
bollente, li trovai febbricitanti, in preda a forte dolore
e con gonfiore intorno alle ferite. Allora decisi tra me
che mai più avrei crudelmente bruciato dei poveretti
feriti con armi da fuoco.» (Ambroise Paré, Journey in
diverse places ).
Un altro personaggio fondamentale per comprendere
l’evoluzione della sanità militare e della organizzazione degli aiuti in caso di catastrofi è stato il barone
Dominique-Jean Larrey (1766-1842), chirurgo di
Napoleone e inventore del trasporto in ambulanza,
utilizzata per la prima volta durante le guerre napoleoniche. Nel 1792 elaborò un progetto per la campagna di Napoleone in Italia, che prevedeva 3 gruppi
di 15 chirurghi e 12 carrozze a cavallo, ognuna dedicato a spostare e trattare i feriti. Così poteva operare
24 ore su 24. Il modello era basato sul soccorso con
i mezzi dell’ambulanza volante e del wurst carro trainato da 4 cavalli che doveva trasportare 8 chirurghi
e 8 aiutanti con materiale sanitario. Ne risultò un
tale successo che nel 1793 si trasferì a Parigi con il
compito di organizzare un sistema di ambulanze volanti per l’intero esercito francese. Successivamente
servì in Spagna ed in Egitto, perfezionando le competenze e, in particolare, le tecniche chirurgiche di
amputazione.
Un altro grande merito di questo illustre medico militare è stato quello di stabilire le regole per il triage
delle vittime di guerra. Il triage, dal francese trier,
scegliere, venne infatti usato per la prima volta durante le guerre napoleoniche. Per organizzare i soccorsi Larrey ritenne necessario stabilire dei criteri di
priorità nel curare i feriti a seconda della gravità delle
loro lesioni e l’urgenza della necessità di cure mediche, indipendentemente dal rango o nazionalità.
Nell’ottica dell’epoca quando le possibilità di salvare i più gravi erano scarse scelse di soccorrere per
primi quelli che avevano subito lesioni meno gravi
ed erano, quindi, più rapidamente recuperabili per
la battaglia. Il triage si è evoluto fino al giorno d’oggi e attualmente le priorità si sono invertite rispetto
all’epoca napoleonica. Lo scopo attuale è quello di
ridurre al minimo i ritardi dell’intervento sul “paziente
urgente” attribuendo a tutti i pazienti un codice di
priorità che regoli l’accesso agli interventi medici in
relazione alla gravità della loro condizione, operando
una ridistribuzione a favore di chi è più grave rispetto
a chi non riceverà, comunque, un danno da un tempo di attesa maggiore.
Durante la sua carriera, Larrey ha partecipato a 25
campagne e a più di 60 battaglie. È stato uno dei
primi a descrivere le amputazioni a livello dell’anca
(1812). La Chirugicale Clinique è stata la più importante delle sue pubblicazioni. Il nome Larrey è
storicamente associato alla amputazione dell’articolazione della spalla, alla febbre gialla e alla legatura
dell’arteria femorale al di sotto del legamento inguinale. Il modello organizzativo francese elaborato da
Larrey ebbe importanti ripercussioni sulla mortalità e
morbilità legata alle ferite di guerra. Durante la battaglia di Waterloo, su 2 milioni e mezzo di morti, solo
150.000 morirono sul campo di battaglia. Il sistema
si diffuse rapidamente all’estero e l’esercito sabaudo
fu uno dei primi ad adottarlo.
(Continua sul prossimo numero)
Cardio Piemonte - 9
N. 2 maggio/agosto 2015
TECNOLOGIA AVANZATA IN SALA OPERATORIA
Magici occhiali per chirurghi
I Google Glass rappresentano un grande aiuto anche negli interventi
cardiovascolari. La caratteristica che li rende unici è la
presenza di un display montato su una lente: proietta le immagini
direttamente sull’occhio dell’utente, dove i contenuti verranno visualizzati
come se ci si trovasse di fronte a uno schermo da 25 pollici, visto da una distanza
di due metri
di Mauro Rinaldi
Prof. Mauro Rinaldi,
Direttore SCDU
Cardiochirurgia
Professore Ordinario
Chirurgia Cardiaca,
Università di Torino
La tecnologia entra in sala operatoria. Certo non è la prima volta, ma
immaginate un device che lasci
le mani dell’operatore libere e al
contempo gli consenta la consultazione della documentazione del
paziente che sta operando, senza
distogliere lo sguardo da ciò che
sta facendo. Aggiungete che tutti i
collaboratori in sala siano in grado
di osservare in presa diretta tutto
ciò che il chirurgo sta vedendo e
facendo e otterrete i Google Glass.
I Google Glass, ovvero gli occhiali
a realtà aumentata, sono costruiti con una montatura caratterizzata da un telaio resistente e da naselli regolabili.
La caratteristica che li rende unici è la presenza di
un display montato su una lente. Tale schermo ad
alta definizione proietta le immagini direttamente
sull’occhio dell’utente, dove i contenuti verranno
visualizzati come se ci si trovasse di fronte a uno
schermo da 25 pollici, visto da una distanza di due
metri. Basati sul sistema operativo Android, i Google
Glass sono compatibili con smartphone grazie alla
tecnologia Bluetooth. Presente sul lato destro della
montatura un touchpad utile a scorrere tra i menu
e tra i contenuti; la dotazione comprende poi una
fotocamera con sensore da 5 megapixel in grado di
garantire una buona qualità delle fotografie e di catturare video a 720p, 16 GB di memoria, un comparto audio a conduzione ossea, connettività Wi-Fi
e Bluetooth e una batteria che garantisce un’autonomia pari a circa un giorno di normale utilizzo.
Secondo numerosi sviluppatori che hanno già avuto modo di testare gli occhiali, i Google Glass sono
talmente innovativi che non se ne potrà più fare a
meno perché dovrebbero cambiare la vita. Ciò è
dovuto alle numerose funzionalità che possiedono.
Innanzitutto, il dispositivo si comanda tramite i comandi vocali e/o il touchpad inserito sul lato destro:
10 - Cardio Piemonte
semplicemente usando la propria voce.
In ambito medico le applicazioni attuali sono prevalentemente didattiche, il chirurgo può gestire il
dispositivo con i semplici comandi vocali al fine di
divulgare e condividere le nuove tecniche in tempo
reale, non solo con i collaboratori presenti nella propria sala operatoria ma anche con addetti ai lavori
tramite "hangout" rispettando la privacy del paziente.
È inoltre possibile consultare i dati clinici-strumentali del paziente nel contesto della procedura che
si sta eseguendo. Sará, per esempio, estremamente
semplice consultare la coronarografia nello stesso
momento in cui si sta eseguendo un intervento di
rivascolarizzazione miocardia o sovrapporre le ricostruzioni di una tomografia assiale alle immagini dal
vivo. Nel futuro diverse applicazioni potranno essere
ampliate e perfezionate al fine di rendere più agevole il gesto del cardiochirurgo (es. sistemi di misurazione senza bisogno di usare calibri o misuratori),
con semplici algoritmi digitali. Nell’ambito di un progetto italiano di formazione i cardiochirurghi della
Città della Salute e della Scienza hanno usato, per
la prima volta in Italia, i Google Glass come ausilio
in corso di un intervento di sostituzione della valvola
aortica con approccio mininvasivo.
Un uomo di 70 anni affetto da stenosi valvolare aortica con degenerazione calcifica, in buone condizioni generali è stato sottoposto alla sostituzione della
valvola aortica con una protesi di nuova generazione, che non richiede la classica tecnica di sutura
(sutereless), mediante un approccio mini-toracotomico (un’incisione di 5-6 cm) senza aprire lo sterno.
In questo caso l’interfaccia digitale è stata integrata
alle normali tecniche di visualizzazione (loop ottici
per ingrandimento ed endoscopia) al fine di acquisire le immagini dell’intervento. In futuro sarebbe
interessante riuscire a portare avanti un progetto per
l’uso sistematico dei GG in sala operatoria con la
collaborazione del servizio informatico dell’ospedale
per poter concretamente sfruttare a pieno le caratteristiche tecniche di un dispositivo in evoluzione.
N. 2 maggio/agosto 2015
UN’ALTERNATIVA SEMPRE PIÙ VALIDA PER LA SOPRAVVIVENZA
Ti metto un motore nel petto
Con l’attuale carenza di donazioni di cuori umani l’impianto artificiale acquista
un ruolo fondamentale. Un’idea che fin dall’800 è stata sperimentata
in tutto il mondo e che in Italia ebbe il suo alfiere in Roberto Bosio.
L’apporto degli sviluppi tecnologici
di Luca Checco
Le malattie cardio-vascolari rappresentano la
principale causa di morte nei Paesi sviluppati. Tra
le varie manifestazioni della patologia, lo scompenso cardiaco, sindrome a multiple eziologie
(ischemica, valvolare, ipertensiva, idiopatica),
rappresenta la forma più comune e drammatica
della malattia. I pazienti perdono progressivamente la capacità di “fare le cose”, aumenta il
livello della fatica, della mancanza di fiato, fino ad
arrivare ad avere sintomi a riposo, con la necessità di ricoveri in Ospedale, spesso plurimi ricoveri.
Si riduce drasticamente la “capacità di vivere”, la
qualità della vita è fortemente alterata e quindi
per questi milioni di cardiopatici di tutto il mondo il trapianto cardiaco o l’impianto di un “cuore
artificiale” rappresenta la principale speranza di
sopravvivenza. Con l’attuale carenza di donazioni
di cuori, quello artificiale si presenta sempre più
come la soluzione del problema.
CENNI STORICI
L’idea di sostituire il cuore umano con un dispositivo meccanico è sempre stata la chimera della
maggior parte dei chirurghi anche e soprattutto in
epoche passate. Sembra paradossale, ma già nel
1812 Julien-Jean-Char La Gallois osservò che «se
si fosse potuto sostituire il cuore con una specie
d’iniezione di sangue arterioso, sarebbe stato possibile mantenere in vita per un tempo indefinito
qualsiasi parte dell’organismo».
Nel 1880, grazie ai progressi della tecnologia e
delle conoscenze mediche di allora, Henry Martin
presentò un suo sistema di perfusione di cuore e
polmoni isolati, i cui principi vengono ancora oggi
utilizzati con la cosidetta CEC o “macchina cuorepolmone”. Da allora numerose proposte vennero
avanzate e molti prototipi costruiti. Nel 1928 H.H.
Dale e E.H.J. Schuster in Inghilterra progettarono
quella che probabilmente è la prima pompa a diaframma. Era stata studiata allo scopo di sostituire
la funzione sia della cavità destra che di quella
sinistra del cuore umano e di fornire una circolazione completa in
un animale da esperimento.
Nel 1927, Charles Lindbergh,
poco tempo dopo il suo primo
volo solitario transatlantico, stimolato dalla grave malattia di sua
cognata, che era affetta da una
valvulopatia cardiaca, cominciò a
studiare i possibili sistemi di supporto cardiaco. Insieme con Alexis Carrel sviluppò un ossigenatore a pompa e nel 1935 dimostrò
la possibilità di effettuare una
perfusione estesa a tutto l’organismo. La pompa per perfusione attirò l’attenzione
dei giornalisti che la denominarono "cuore robot" e
"cuore di vetro".
Michael De Bakey nel 1934 inventò una pompa
rotante o “roller” ancora impiegata in tutti i dispositivi cuore-polmoni. Abbiamo già accennato a Carrel. Fu poi (1937) la volta di John Gibbon, che
iniziò a lavorare su una sua macchina, introdotta
nella pratica clinica nel 1953. Nel 1957 Tetsuzo
Akutsu e Willern Kolff, mentre erano impegnati in
Usa presso la Cleveland Clinic, proposero per la
prima volta un progetto di cuore totalmente artificiale inserendo due pompe compatte nel torace
di un cane al posto dell’organo naturale. Nei primi esperimenti i cuori artificiali erano costituiti da
cloruro di polivinile ed erano azionati da una fonte
extracorporea di aria cornpressa. Un cane riuscì a
sopravvivere per circa 90 minuti. Nel 1967 Kolff
lasciò Cleveland per Salt Lake City, fondando la
Divisione degli Organi Artificiali presso I’Università
dello Utah, dove ebbe la possibilità di associare la
ricerca medica alle discipline ingegneristiche. Nel
corso di questo periodo Clifford Kwan-Gett progettò
diversi cuori azionati da un sistema pneumatico,
uno dei quali mantenne in vita un cane per 50 ore.
Nel frattempo si svilupparono anche altri metodi
Dott. Luca Checco,
Struttura Complessa
di Cardiologia 2, Città
della Salute e della
Scienza di Torino
Cardio Piemonte - 11
N. 2 maggio/agosto 2015
Registrazione del
brevetto per il cuore
artificiale.
di supporto meccanico parziale comprendenti un
dispositivo per il supporto del ventricolo sinistro
e la pompa a pallone intraortica, impiegata in
clinica per la prima volta nel 1967 da A. Kantrowitz. Nel 1969 Denton Cooley trovandosi di
fronte a un paziente che non si riusciva a svezzare dalla circolazione extracorporea al termine di
un intervento cardiochirurgico si vide costretto ad
asportare il cuore del soggetto e a impiantare una
protesi completa del ventricolo destro e sinistro
azionata da un sistema pneumatico. Tale protesi, disegnata e realizzata da Domingo Liotta, fu
inserita in modo ortotopico e mantenne in vita il
paziente per 64 ore, dopo le quali venne sottoposto a trapianto cardiaco.
Nel 1978 Robert Jarvik e Donald Olsen, collaborando con Kolff alla Utah University, impiantarono un cuore azionato da un motore in un vitello
che sopravvisse per 35 giorni. Tuttavia, il cuore
era voluminoso e i difetti meccanici frequenti.
Venne sempre più perfezionato un cuore azionato da un dispositivo pneumatico e nel 1981
un vitello, di nome Tennyson, visse 268 giorni
con questo organo totalmente artificiale, un record del tempo di sopravvivenza. Tennyson morì
perché la sua crescita fu eccessiva in rapporto
alla capacità di portata idraulica dell’apparecchio,
un problema frequente negli esperimenti condotti
su bovini. Nello stesso anno Denton Cooley impiantò un cuore artificiale azionato da un sistema
pneumatico, sviluppato da Akutsu, in un giovane
olandese, ricoverato nell’unità di terapia intensiva, che aveva-avuto un arresto cardiaco diverse
ore dopo un intervento per triplo by-pass coronarico. Il cuore artificiale venne utilizzato per 27 ore
come procedimento temporaneo, finchè fu possibile trapiantare quello di un donatore.
IL PROGETTO ITALIANO
In un contesto scientifico internazionale di estre-
12 - Cardio Piemonte
mo fermento anche in Italia si studiavano sistemi
non solo per riparare il muscolo cardiaco ma pure
per sostituirlo. Negli Anni 50 e 60 del ‘900 la
cardiochirurgia ha rappresentato la frontiera più
avanzata cui l’uomo poteva avvicinarsi: fermare
il cuore, aprirlo e curarlo era considerato allora
ancora più di oggi un miracolo! Quindi parallelamente alle ricerche sul trapianto che pochi
anni più tardi verrà eseguito per la prima volta
da Christian Barnard in Sud Africa, il tentativo
di sostituire il cuore con una pompa meccanica
venne affrontato anche in Italia. A Torino il Cav.
Guido Bosio, industriale meccanico, aveva due
figli entrambi ingegneri che collaboravano nella
industria di famiglia: Felice e Roberto. Quest’ultimo rimase affascinato dall’argomento e dalle
sfide proposte dalla cardiochirurgia, divenendo
per l’epoca uno dei primi esperti di biomeccanica e bioingegneria cardiovascolare. Una passione
che lo accompagnerà per tutta la vita portandolo
anche all’insegnamento nel Politecnico di Torino
della nascente disciplina della bio-ingegneria.
All’inizio degli Anni 60 l’ing. Bosio si concentrò
sulla realizzazione di apparecchiature per la cura
delle patologie cardiovascolari. A quel periodo
(1965) risale il primo cuore artificiale da lui realizzato, in polimetilmetacrilato con membrana
di elastomero e valvole di Hufnagel. L’apparecchio suscitò l’interesse del prof. Ake Senning,
direttore della Clinica Chirurgica A dell’Ospedale
Cantonale di Zurigo, portando l’inventore all’attenzione del mondo scientifico. In quegli anni si
aprì una stretta collaborazione tra Bosio e il prof.
Angelo Actis Dato, allora cardiochirurgo di fama,
e finalmente nel 1967, dopo anni di studi e progettazione, arrivarono alla registrazione del primo
brevetto italiano di un cuore artificiale.
Quasi per scherzo, l’incontro tra un cardiochirurgo che aveva ben chiari i concetti di fisiopatologia
circolatoria e un ingegnere che per contro aveva
esperienza e competenze in fluidica e idraulica
meccanica consentì di cominciare un affascinante percorso di progettazione e sperimentazione,
anche con l’impiego di soluzioni tecniche assolutamente innovative e originali come le valvole fluidiche per ridurre le turbolenze e l’emolisi durante
il funzionamento dei ventricoli pneumatici.
Nel 1967 venne presentata la registrazione del
primo brevetto italiano per pompa a comando fluidico per circolazione sanguigna artificiale – cuore
artificiale. Si trattava di un sistema composto da
due ventricoli artificiali ognuno comprendente un
corpo cavo con valvole unidirezionali di aspirazione e mandata la cui cavità interna era suddivisa
N. 2 maggio/agosto 2015
in due comparti da una membrana elasticamente
deformabile. Peso e ingombro risultavano estremamente ridotti. Purtroppo, per motivi di autorizzazione e di validazione da parte del Ministero
della Sanità, questo dispositivo non fu mai impiegato in Italia.
Il primo impianto avvenne invece a Zurigo ad
opera del prof. Marko Turina assistito dal dott.
Chris Scherf su un cane, un pastore tedesco femmina di 8 anni e del peso di 30 kg di nome Bless.
Dai giornali dell’epoca: «… dopo un intervento
durato circa quattro ore alle ore 11.13, sotto il
personale controllo dell’ingegner Bosio, il cuore
artificiale ha iniziato finalmente a battere. I parametri sono perfetti …». Dopo due giorni l’animale
fu soppresso perchè l’esperimento era programmato per durare un determinato numero di ore.
Le dichiarazione rilasciate successivamente dal
prof. Turina erano strabilianti: «Il cuore artificiale
di Roberto Bosio può essere considerato perfetto. Possiamo tenere in vita un animale quanto
vogliamo e sappiamo che 24 ore di un cane corrispondono a 5 giorni di un uomo. Oggi possiamo
dunque mettere un cuore artificiale a un paziente
colpito da infarto e siamo in grado di tenerlo in
vita almeno dieci giorni in attesa di un trapianto.
Stiamo percorrendo una strada meravigliosa». E
a dimostrazione della veridicità di queste parole
nel 1976, sempre a Zurigo, Marko Turina utilizzò
il cuore di Actis Dato-Bosio come ”bridge to recovery” in 6 pazienti non svezzabili dalla circolazione extra-corporea dopo interventi cardiochirurgici.
L’attività di ricerca e collaborazione tra Bosio e
Actis Dato continuò ancora per molti anni portando alla registrazione di numerosi altri brevetti
internazionali anche nel campo della ossigenazione del sangue. Purtroppo in Italia ci volle un
ventennio per avere le autorizzazioni da parte del
Ministero della Sanità all’impianto di assistenza
ventricolari e solo allora fu finalmente possibile
impiantare il primo cuore artificiale.
Questo avvenne quasi contemporaneamente a
Pavia, a Bergamo e a Milano alla fine del 1987
e nei primi mesi del 1988. Nella notte del 24
dicembre 1987 il prof. Mario Viganò a Pavia impiantò infatti la prima "Assistenza ventricolare
meccanica" (VAD) in un paziente al quale una
settimana dopo venne trapiantato il cuore di un
donatore francese di Lione.
Quasi contemporaneamente, il 4 gennaio 1988 a
Bergamo il prof Lucio Parenzan e la sua equipe
(Paolo Ferrazzi e Giuseppe Fiocchi) mettevano in
assistenza ventricolare un giovane di 17 anni sofferente per una cardiomiopatia dilatativa. In questo
caso il ventricolo
artificiale era stato
fornito dal centro
svizzero di Sion
diretto da Charles
Hahn. Il paziente venne sottoposto a trapianto cardiaco dopo quasi un mese e mezzo con un donatore di Torino. Il 13 marzo 1988 al Niguarda di
Milano il prof. Alessandro Pellegrini sottopose un
uomo di 41 anni a impianto di device di assistenza
bi-ventricolare paracorporeo Pierce-Donachy come
"ponte" al trapianto. Il paziente ricevette un cuore
naturale 31 giorni dopo. Infine bisogna ricordare
la sperimentazione partita nel 1980 con a capo il
prof. Luigi Donato del CNR di Pisa: il Progetto ICAROS in collaborazione con Fiat e Tecnobiomedica
portò dopo un lungo lavoro all’impianto in Germania nel marzo 2007 del BestBeat, un cuore artificiale di produzione italiana su un paziente tedesco.
ESPERIENZA DI TORINO
A 48 anni dal cuore torinese di Actis Dato-Bosio
e a 28 dal primo cuore artificiale italiano, il Dipartimento Cardiovascolare e Toracico della Città
della Salute e della Scienza di Torino, continua a
essere in primo piano nella progettazione e nell’impianto di sistemi cardiaci e cardiochirurgici per la
riparazione e l’assistenza del cuore in toto o in alcune parti di esso. Patologie valvolari prima non
trattabili per la complessità e le co-morbilità dei
pazienti, ora vengono risolte con sistemi di riparazione percutanei o minimamente invasivi (TAVI
percutanee o trans-apicali aortiche, Mitraclip percutanee mitraliche, sistemi cardiochirurgici minimamente invasivi Heart Port): possiamo dire che
il Centro di Torino è all’avanguardia in Italia. Sistemi di assistenza ventricolare sono stati utilizzati e
perfezionati negli ultimi 15 anni dal Dipartimento,
parallelamente al programma trapianto di cuore e
di polmone, permettendo di creare una Rete regionale delle assistenze cardiache (Piemont MCS),
che coinvolge tutte le cardiochirurgie piemontesi
e tutte le cardiologie dotate di emodinamica per il
trattamento di pazienti con cardiopatie complesse.
Inoltre, quello di Torino è riconosciuto come Centro di riferimento Nazionale per l’utilizzo di assistenze ventricolari cardiache a breve termine
chiamate Ecmo, utilizzate in caso di scompensi
cardiaci o polmonari acuti, in pazienti altrimenti
non trattabili. Queste eccellenze hanno portato e
portano sempre più persone da tutta Italia a rivolgersi al nostro Centro e ci spinge a continuare
la strada della ricerca iniziata dall’ingegner Bosio
tanti tanti anni fa.
Ventricoli artificiali
in funzione al banco
di prova
(Articolo realizzato
con la collaborazione
della dottoressa
Francesca Ivaldi,
SC Cardiochirurgia,
Dipartimento Cardio
Vascolare e Toracico –
AO Città della Salute
e della Scienza di
Torino)
Cardio Piemonte - 13
N. 2 maggio/agosto 2015
SEMPRE PIÙ SPESSO È DIAGNOSTICATA NEI GIOVANI
Infarto? No, è pericardite
Si tratta di una malattia infiammatoria che colpisce la doppia membrana
che avvolge lo strato più esterno del cuore. Può presentare alterazioni
elettrocardiografiche. La causa più comune sono le infezioni virali
di Massimo Imazio
Dottor Massimo
Imazio, Struttura
Complessa di
Cardiologia presso
l’Ospedale Maria
Vittoria di Torino
La pericardite è una malattia
infiammatoria che può simulare l’infarto miocardico e che
colpisce sempre più frequentemente i giovani. Nella maggior parte dei casi è provocata
da forme infettive e la prognosi
è benigna. Si cura con farmaci
anti-infiammatori e si raccomanda il riposo. Scendiamo
nei particolari. Il pericardio è
una doppia membrana fibrosierosa (Figura 1) che avvolge
lo strato più esterno del muscolo cardiaco con funzioni di protezione e
lubrificazione del cuore consentendone i movimenti senza attrito nella cavità toracica. La
membrana è costituita da due foglietti, il pericardio parietale all’esterno e quello viscerale a diretto contatto con il muscolo cardiaco.
Tra i due foglietti, in condizioni fisiologiche,
è presente una modesta quantità di liquido
pericardico che funge da lubrificante.
La pericardite acuta, come accennato, è una
malattia infiammatoria del pericardio che può
avere cause infettive o non infettive (vedi Tabella 1). In Italia e nei Paesi a bassa prevalenza di tubercolosi la causa più comune è rappresentata dalle infezioni virali; tipicamente
è la complicazione di una patologia infettiva
delle alte vie aeree, di una polmonite o di una
gastroenterite.
La diagnosi di pericardite è clinica e si basa
su semplici criteri diagnostici (Tabella 2).
La valutazione iniziale richiede l’esame fisico, il dosaggio di marcatori infiammatori
(proteina C reattiva) e di lesione miocardica
(troponina), esami di routine (emocromo con
formula, creatinina, transaminasi, CK), l’elettrocardiogramma e l’ecocardiogramma. Fino
al 60% dei pazienti possono presentare alterazioni elettrocardiografiche con sopraslivellamento diffuso del tratto ST (Figura 2).
Un’analoga percentuale dei pazienti può pre-
Figura 1. Il pericardio è la membrana più
esterna che avvolge il muscolo cardiaco
Figura 2. Alterazioni elettrocardiografiche
“classiche” di pericardite acuta: sopraslivellamento diffuso del tratto ST.
14 - Cardio Piemonte
N. 2 maggio/agosto 2015
sentare l’aumentata produzione di liquido
pericardico espressione d’infiammazione pericardica e versamento pericardico rilevabile
all’ecocardiogramma (Figura 3).
I pazienti sono comunemente valutati in
Pronto Soccorso. La principale diagnosi differenziale è con l’infarto miocardico acuto.
Alcune caratteristiche cliniche alla presentazione identificano i pazienti a maggior rischio
di eziologie più complesse (non virali), che
possono richiedere un trattamento mirato o
complicarsi.
Tali caratteristiche (Tabella 3) orientano verso
il ricovero ospedaliero.
In assenza di queste caratteristiche i pazienti
possono essere dimessi dal Pronto Soccorso
e trattati con terapie antinfiammatorie domiciliari e seguiti ambulatorialmente (Figura 4).
Fig. 4 Triage della pericardite: come decidere
se ricoverare o meno un paziente
Come si cura?
La pericardite è solitamente trattata con aspirina ad alte dosi o farmaci anti-infiammatori
non steroidei (FANS, comunemente ibuprofene) per 1-2 settimane e successiva riduzione
graduale della posologia (Tabella 4). I farmaci
Figura 3. Un versamento pericardico (VP)
di notevoli dimensioni in una proiezione
ecocardiografica del cuore con 4 camere
(è visibile il ventricolo sinistro-VS e destroVD). È evidente un effetto d’iniziale compressione delle camere cardiache da parte
del versamento (freccia rossa).
anti-infiammatori corticosteroidei andrebbero
limitati e usati solo in specifiche condizioni
(allergia ad aspirina, FANS, mancata risposta
all’uso di aspirina/FANS, gravidanza, specifiche indicazioni reumatologiche per malattie
infiammatorie sistemiche). Nel caso i corti-
Tabella 1. Cause della pericardite
Cause infettive:
1.
Virali (Coxsackie virus, Parvovirus, Ebstein Barr Virus
(EBV), Citomegalovirus (CMV), Virus Influenza, Varicella,
Rosolia, Virus Epatite B e C, Virus HIV)
2.
Batteriche (soprattutto Micobatterio della tubercolosi)
3.
Fungine (molto rare)
Cause non infettive:
1.
Malattie infiammatorie sistemiche (Lupus, Artrite Reumatoide, Sindrome di Sjogren, Sclerodermia, Vasculiti, Malattie autoinfiammatorie come Febbre Familiare Mediterranea, Sarcoidosi).
2.
Neoplasie (localizzazioni secondarie di carcinomi del polmone, mammella, linfomi e leucemie soprattutto, melanomi, neoplasie contigue: es. esofago; più raramente tumori
primitivi soprattutto il mesotelioma).
3.
Sindromi post-traumatiche cardiache (sindrome post-pericardiotomica dopo interventi al cuore o torace, pericardite
post-infartuale, pericardite post-traumatica).
4.
Cause metaboliche (insufficienza renale, ipotiroidismo).
5.
Farmaci (es. procainamide, isoniazide, idralazina)
Tabella 2. Criteri diagnostici per la pericardite:
1.
Dolore toracico in genere retrosternale con accentuazione
con l’inspirazione, il decubito supino e la deglutizione.
2.
Presenza di sfregamenti pericardici (rumori percepibili con
lo stetoscopio e paragonabili al calpestio di neve fresca).
3.
Presenza di alterazioni elettrocardiografiche (soprattutto
sopraslivellamento diffuso del tratto ST e sottoslivellamento del tratto PR).
4.
Presenza di un nuovo versamento pericardico o peggioramento di uno pre-esistente
Elementi a supporto/conferma della diagnosi:
- aumento degli indici infiammatori (es- proteina C reattiva) e leucocitosi;
- captazione pericardica del mezzo di contrasto alle indagini TAC o di Risonanza Magnetica
Cardio Piemonte - 15
N. 2 maggio/agosto 2015
Tabella 3. Caratteristiche di alto rischio di complicazioni ed eziologia non virale della pericardite
Caratteristiche più importanti:
- Febbre elevata >38°C
- Decorso subacuto (con sintomi persistenti per più giorni)
- Versamento pericardico grave
- Tamponamento cardiaco
Caratteristiche da tenere in considerazione per il ricovero per
monitoraggio:
- Presenza di coinvolgimento miocardico (elevazione della troponina, disfunzione ventricolare)
- Concomitante terapia anticoagulante
- Stato d’immunodepressione (da farmaci o patologie es. infezione da HIV)
- Recente trauma
Figura 4. Triage della pericardite: come decidere se ricoverare
o meno un paziente
costeroidi siano necessari, vanno usate dosi
medio-basse (es. prednisone 0.2-0.5 mg/kg
al giorno per 2- 4 settimane) con successiva
riduzione graduale della posologia (es. riduzione di 2.5 mg ogni 2 settimane) solo dopo
regressione dei sintomi e normalizzazione degli indici infiammatori (es. proteina C reattiva). La colchicina, un antico farmaco antigottoso, è in grado di ridurre il rischio di recidiva
della pericardite quando è associata a basse
dosi al trattamento anti-infiammatorio. Solitamente è prescritta alla dose di 0.5 mg ogni
12 ore (o solo 0.5 mg al giorno se il paziente
pesa meno di 70 kg) per 3 mesi nella pericardite e per 6-12 mesi se si tratta di un paziente
con recidiva.
Come provvedimento non farmacologico di
cura va ricordato che in corso di pericardite è
indicato il riposo fino a regressione dei sintomi
e normalizzazione degli indici infiammatori.
Per gli atleti la raccomandazione è di astenersi
da attività fisiche e competizioni per 3 mesi
e comunque sono richieste la normalizzazione
di tutti i parametri di laboratorio e strumentali
(inclusi ECG ed ecocardiogramma).
Qual è la prognosi dei pazienti?
Tabella 4. Comuni terapie anti-infiammatorie per
la pericardite
Farmaco
Dose iniziale
Durata terapia
Aspirina
Ibuprofene
Indometacina
750-1000mg ogni
8 ore
600mg ogni 8 ore
25-50mg ogni 8
ore
1-2 settimane con
riduzione graduale successiva della
dose
Colchicina
0.5mg ogni 12 ore 3- 6 mesi a secon(0.5 mg al giorno da dell’indicazione
se peso<70Kg)
Prednisone o
corticosteroide
equivalente
0.2-0.5 mg/kg
16 - Cardio Piemonte
2-4 settimane con
graduale riduzione
della dose
La prognosi della pericardite è essenzialmente
legata alla sua causa. Nella maggior parte dei
casi si tratta di forme virali o in cui la diagnosi
eziologica finale non è raggiunta (pericardite
“idiopatica”), ma si sono escluse le cause più
importanti (batteriche, neoplastiche, malattie
infiammatorie sistemiche). Per questi casi (8085% di tutte le pericarditi in Italia) la prognosi
è benigna. La malattia può recidivare in circa
un terzo dei casi ma può essere efficacemente trattata con un nuovo ciclo di terapia antiinfiammatoria.
Altre complicanze come il tamponamento cardiaco (dovuto all’incremento delle dimensioni
del versamento pericardico sino alla compressione delle camere cardiache con compromissione della loro funzione) o l’evoluzione
in forma cronica con possibile ispessimento e
calcificazione e compromissione del normale
riempimento delle camere cardiache (pericardite costrittiva) sono molto rare in assenza
d’infezioni batteriche, patologie sistemiche o
cause neoplastiche.
In primo piano
N. 2 maggio/agosto 2015
Nutrizione e alimentazione,
la spinta dell’Expo
In questi mesi l’Expo di Milano ha posto all’attenzione del mondo i temi della nutrizione e dell’alimentazione. C’è chi
mangia e beve troppo, c’è chi soffre la fame e la sete. E, naturalmente, nel primo gruppo c’è anche chi non conosce
le poche indispensabili regole per rimanere in salute, a maggior ragione se soffre di una malattia importante, spesso
correlata ad altre patologie. I mass media stanno dedicando al cibo un’attenzione che appare persino esagerata.
Paginate sui giornali, programmi televisivi in cui decine di concorrenti si sfidano, trasmissioni dove si presentano
piatti più o meno appetitosi. Ci sembra che un uso consapevole del "carburante" che ci fa vivere non sia in realtà
molto diffuso e che le risorse della terra, tra disastri climatici, guerre, approcci legati al business, sprechi di ogni tipo,
siano dilapidate dall’uomo, mentre la popolazione mondiale è in continuo aumento. L’Expo ha il merito di focalizzare
il problema e di spingere l’attenzione su temi di valore globale. Che ci stia riuscendo in modo più o meno efficace è
un altro discorso. Gli Amici del Cuore propongono qui, in chiave clinica, tre argomenti (l’intreccio tra patologie renali
e cardiovascolari, l’Omega 3, la dieta mediterranea), che meritano un rilievo particolare.
L’ITER TERAPEUTICO PREVEDE UN APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE
Rene e cuore, bere fa bene
La disfunzione acuta o cronica di uno dei due organi induce alterazioni a carico
dell’altro. È un rilevante problema di salute pubblica. Una corretta idratazione del
paziente è indispensabile. Attenti al consumo di sale
di Luigi Biancone
Per introdurre il discorso, diamone prima una
dimensione. La malattia renale cronica (Chronic Kidney Disease, CKD) è oggi considerata
un rilevante problema di salute pubblica, soprattutto nel mondo occidentale. Negli Stati
Uniti d’America circa il 13% della popolazione generale adulta presenta CKD, in uno
dei 5 stadi della CKD identificati secondo la
classificazione K/DOQI. La prevalenza di CKD
aumenta sino al 15-30% negli anziani e supera il 50% nei soggetti affetti da malattie
cardiovascolari e metaboliche. Si stima che in
Italia circa 5 milioni di persone siano affette
da CKD; la mortalità delle forme più avanzate
di CKD è legata al maggior rischio di sviluppare complicanze cardiovascolari.
Al momento dell’ingresso in dialisi l’80% dei
pazienti nefropatici presenta già un quadro di
ipertrofia ventricolare sinistra e il 40% è affetto da coronaropatia. Dall’altra parte nell’am-
bito della malattia cardiovascolare è frequente riscontrare
una contrazione della funzionalità renale. Oltre il 60% dei
pazienti con scompenso cardiaco presenta un grado almeno lieve di CKD e nel 20% dei
coronaropatici il danno renale
è di grado moderato o severo.
Almeno un terzo dei ricoveri
per scompenso cardiaco acuto
è complicato da insufficienza
renale acuta e la compromissione della funzionalità renale
rappresenta uno dei fattori di rischio più rilevanti sia nei pazienti con scompenso cardiaco
che in quelli con coronaropatia.
Sono numeri importanti che testimoniano
come cuore e rene sono pertanto strettamente legati nella storia di molti pazienti e nella
Prof. Luigi Biancone
Direttore S.C.
Nefrologia Dialisi
Trapianto U
AOU Città della Salute
e della Scienza di
Torino
Cardio Piemonte - 17
In primo piano
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Sarnak MJ et al
“American Heart
association
councils on kidney
in cardiovascular
Continua a pag 19
N. 2 maggio/agosto 2015
pratica quotidiana degli specialisti dei due
settori.
È per questo che si è categorizzato questo
discorso sotto il termine di sindrome cardiorenale (SCR) che è stato coniato per definire
una situazione clinica nella quale la disfunzione acuta o cronica di uno dei due organi
induce alterazioni a carico dell’altro. La classificazione piu recente permette di individuare
cinque tipologie di sindrome cardio-renale,
delle quali le SCR di Tipo I e di Tipo II riconoscono come primum movens lo scompenso
cardiaco (acuto o cronico), mentre la SCR di
Tipo III e la SCR di Tipo IV riconoscono come
causa iniziale un danno di tipo renale. La
SCR di Tipo V è invece correlata ad una serie
di patologie secondarie (quali collagenopatie,
diabete mellito, amiloidosi).
La SCR Tipo I (cardiorenale acuta) interessa
il 25% dei pazienti ricoverati per scompenso
cardiaco acuto e nel 60% di questi è presente
un danno renale di gravità variabile preesistente. Un ruolo fisiopatologico fondamentale
nello sviluppo di una SCR di Tipo 1, conseguenza di uno scompenso cardiaco acuto, è
giocato da meccanismi di tipo emodinamico
con un progressivo decremento del flusso plasmatico renale e della frazione di filtrazione
glomerulare (eGFR) che è potenzialmente reversibile. Dal momento in cui i tassi di mortalità e morbidità della SCR di Tipo 1 risultano
essere tuttora elevati, si impone la necessità
di porre una diagnosi il più precoce possibile
ed in questo ambito si sta facendo strada il
ruolo dei biomarcatori, quali espressione di
danno d’organo ed elementi predittivi dello
sviluppo di danno renale acuto secondario.
La SCR di tipo 2 è una condizione in cui, in
presenza di anomalie croniche della funzione
cardiaca, si sviluppa un deficit anche della
funzione renale, con tempistiche variabili da
soggetto a soggetto. Alla base di questo fenomeno possono sussistere diversi meccanismi:
dall’attivazione neuro-ormonale, dall’ipoperfusione del parenchima renale e relativa congestione venosa, dallo stato infiammatorio,
dall’aterosclerosi e dallo stress ossidativo. Nei
pazienti affetti da scompenso cardiaco con
segni di sovraccarico idrico spesso si riconosce un’anomala iperattivazione del sistema
18 - Cardio Piemonte
renina-angiotensina-aldosterone, non determinata da un calo del volume circolante. È
stato postulato che l’attivazione del sistema
renina-angiotensina-aldosterone e del sistema nervoso simpatico contribuiscano alla
progressione della malattia renale cronica nei
pazienti affetti da SCR di tipo 2. La sintesi
di angiotensina II e di aldosterone determinano un aumento del riassorbimento di sodio
con conseguente sovraccarico di volume e di
pressione.
La SCR di tipo 3, o sindrome reno-cardiaca
acuta, si manifesta quando la presenza di un
quadro di insufficienza renale acuta si complica con l’esordio di un danno cardiaco acuto
o ne determina un peggioramento. Sono diverse le condizioni fisiopatologiche che possono predisporre all’insorgenza di un quadro
di SCR di tipo 3.
Le interazioni fisiopatologiche intercorrenti tra
rene e cuore in corso di insufficienza renale
acuta sono state imputate alla presenza di un
gruppo di cosiddetti “connettori cardiorenali”,
rappresentati per lo più da vie immunitarie
e/o metaboliche in grado di attivarsi in corso
di danno renale acuto. A questo proposito gli
indiziati principali sono il sistema immunitario (con il rilascio di linfochine e citochine ad
azione pro-infiammatoria), il sistema nervoso
simpatico, l’iperattività del sistema reninaangiotensina-aldosterone e l’attivazione della
cascata della coagulazione.
La SCR di tipo 4 o sindrome reno-cardiaca
cronica si caratterizza per la presenza di interessamento cardiovascolare in pazienti
affetti da malattia renale cronica. Non sono
ancora completamente chiarite le cause per
cui i pazienti affetti da malattia renale cronica
presentano un aumentato rischio di patologia
cardiovascolare. Da un lato la diminuzione
del filtrato glomerulare induce l’attivazione
del sistema renina-angiotensina-aldosterone
e del sistema nervoso simpatico e, dall’altro,
stimola la secrezione di ormone paratiroideo
(PTH) il quale contribuisce ulteriormente al
danno cardiovascolare (favorendo le calcificazioni vascolari). Le dinamiche fisiopatologiche che sottendono allo sviluppo di una SCR
di tipo 4 sono correlate a diversi aspetti che
spaziano dal danno aterosclerotico allo svi-
In primo piano
N. 2 maggio/agosto 2015
luppo di calcificazioni vascolari e cardiache
fino a giungere all’ipertrofia ventricolare sinistra ed al rimodellamento miocardico.
La SCR di tipo 5 è caratterizzata dall’interessamento contemporaneo dell’apparato cardiovascolare e del rene secondario a varie patologie sistemiche soprattutto collagenopatie
(LES, Wegener, sarcoidosi) o di patologie ad
evoluzione acuta (come la sepsi o le intossicazioni da farmaci) o cronica (come la sindrome epato-renale).
Ulteriori studi sono necessari per approfondire le conoscenze relative ai meccanismi
fisiopatologici sottostanti le varie tipologie di
sindrome cardio-renale, nell’ottica di prevenirne l’insorgenza, o comunque favorire la
tempestività diagnostica e il più corretto iter
terapeutico, che prevede senza dubbio un approccio multidisciplinare.
In sintesi, cardiologi e nefrologi saranno sempre
più frequentemente legati a doppio filo nella gestione di un numero significativo di situazioni
con risvolti diagnostico-terapeutici che devono
tener conto del loro impatto multi organo.
Da ultimo qualche considerazione in merito al
bilancio idrosalino.
Il rene pur avendo una grande capacità di
adattarsi alle diverse condizioni di idratazione, può tuttavia risentire di uno stato di disidratazione, soprattutto in condizioni di preesistente insufficienza renale. L’insufficienza
renale acuta cosiddetta prerenale è proprio
una conseguenza della scarsa perfusione
renale. Le cause più comuni sono: perdita eccessiva di liquidi (sudorazione profusa,
ipertermia, ustioni, sanguinamento massivo),
ridistribuzione interna dei liquidi (sequestro
nel terzo spazio legato ad ipoproteinemia),
riduzione della gittata cardiaca (scompenso
cardiaco acuto o cronico), ridotto introito idrico (frequente in soggetti anziani o bambini
o in particolari condizioni patologiche), ad
alcuni farmaci (diuretici, inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina, FANS),
soprattutto se somministrati in associazione.
I farmaci inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone sono farmaci largamente
utilizzati in campo cardiologico, di cui sono
state riconosciute le proprietà sia cardio che
reno-protettive.
Non va però sottovalutata la possibile interferenza con la perfusione renale (maggiore
effetto vasodilatante sull'arteriola efferente
del glomerulo rispetto all'arteriola afferente,
con riduzione della pressione intraglomerulare), che può ridursi in particolari condizioni (situazioni di disidratazione, assunzione
concomitante di altri farmaci quali diuretici e
FANS). Da qui l'importanza di controllare periodicamente la funzione renale (soprattutto
dopo l'avvio del farmaco) in pazienti in terapia
con inibitori del sistema renina-angiotensinaaldosterone e di insistere con una corretta
idratazione da parte del paziente, a maggior
ragione nei periodi più caldi dell'anno.
Nel mantenimento della corretta omeostasi
corporea oltre ad un'adeguato apporto idrico
(che va valutato in base alle caratteristiche
di ciascun soggetto ed alle condizioni climatiche, ma si stima in media intorno a 1.5-2 l/
die nei soggetti sani) è fondamentale un consumo accorto di sale con la dieta. L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di
non introdurre più di 2 grammi di sodio con
la dieta giornaliera. Il consumo eccessivo di
sale può favorire l'instaurarsi dell'ipertensione
arteriosa, rappresentando dunque un fattore
di rischio cardiovascolare e non solo, poiché
esistono studi che suggeriscono un ruolo
dell'eccessivo introito di sodio anche nella
progressione del danno renale, attraverso
un'iperattivazione del sistema reninaangiotensina-aldosterone ed un'iperfiltrazione glomerulare che può favorire la proteinuria.
Come si può vedere,
anche in questi ultimi punti si realizza il beneficio della
sinergia tra cardiologo e nefrologo nel
definire un assetto di
equilibrio fisiologico
nel paziente cardiopatico con insufficienza
renale che favorisca la
funzione cardiaca senza penalizzare quella
renale.
disease, high blood
pressure research
clinical cardiology
and Epidemiology an
Prevention. Kidney
disease as a risk
factor for development
of cardiovascular
disease: a statement
from the American
Heart Association
Councils on Kidney
in Cardiovascular
Disease, High Blood
Pressure Research,
Clinical Cardiology,
and Epidemiology
and Prevention”.
Circulation 2003
Cardio Piemonte - 19
In primo piano
N. 2 maggio/agosto 2015
UNO DEI SEGRETI PER NUTRIRSI CON ACCORTEZZA
A tavola con gli sgombri
Come tutti i pesci azzurri sono ricchi di acidi grassi omega 3, particolarmente
benefici per l’organismo. È utile mangiarne due volte alla settimana.
E si diminuisce anche il pericolo di morte improvvisa. L’insidia del mercurio
di Anna Laura Fanelli
Circa 30 anni fa, partendo dall’osservazione
che gli Eschimesi, noti per la loro dieta ricca di
pesce e povera di carne rossa, hanno bassa incidenza di morte cardiovascolare, la comunità
scientifica ha iniziato a indagare sul possibile
ruolo degli acidi grassi omega 3, di cui l’olio di
pesce è molto ricco, sulla salute. Gli acidi grassi
sono molecole caratterizzate da catene di atomi di carbonio, che terminano da un lato con
gruppi funzionali carbossilici –COOH (l’”alfa”
Focus on
IL MIGLIOR MODELLO PER LA PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE
L’esempio dei popoli mediterranei
Più che di dieta conviene parlare di stile alimentare. Ne confermano la validità
studi e dimostrazioni scientifiche. Olio, frutta secca, pesce e legumi:
così a tavola si aiuta la salute. E non solo di chi ha problemi di cuore
di Andrea Bosusco
Da anni l'OMS sostiene e promuove
corrette abitudini alimentari in quanto
la nutrizione costituisce un importante
modulatore dello stato di salute della
popolazione (East. Med. Health Journ,
2002). In Italia, come nella maggior parte dei paesi industrializzati, le patologie
cardiovascolari sono la principale causa
di morbilità e di mortalità ed è consolidata l' associazione tra dieta e prevenzione
cardiovascolare.
Il termine “dieta” indica una limitazione,
più o meno rilevante rispetto alle comuni abitudini alimentari, nell’assunzione
di alcuni cibi. Lo scopo è quello di correggere carenze metaboliche, digestive
o di altra natura, limitando l’assunzione
di calorie o consumando alcuni cibi in
quantità ridotta, dunque modificando
20 - Cardio Piemonte
l’introito di macro e/o micronutrienti. Tale
approccio è fondamentale in presenza
di determinate patologie (es. celiachia)
per le quali un determinato nutriente,
vantaggioso per la maggior parte delle
persone, può risultare svantaggioso per
altre, provocando segni e sintomi anche
clinicamente importanti.
L’obbiettivo di migliorare la salute, soprattutto in considerazione del frequente
eccesso di peso e degli stili di vita odierni legati alla sedentarietà, ha generato
mode alimentari che nelle ultime decine
di anni si sono susseguite a ritmi sempre
più serrati. Sono pertanto state introdotte
“diete”, più o meno creative e bilanciate
sul piano nutrizionale, per incentivare
principalmente la perdita di peso, ma
con dubbia attenzione ai fattori di rischio
Fig. 1. Alla base di questa piramide
la silhouette emblema del rapporto
cibo-convivialità.
In primo piano
N. 2 maggio/agosto 2015
della catena) e dall’altro lato con un metile
CH3 (l’”omega”); il nome dell’acido grasso dipende dalla posizione del doppio legame tra
due atomi di carbonio rispetto all’omega. Gli
omega 3 hanno infatti il doppio legame al terzo
posto dalla fine della catena di carbonio.
Studi clinici hanno dimostrato come gli acidi
grassi omega 3 posseggano proprietà antinfiammatorie, antiaritmiche e antitrombotiche, al
contrario di quelli omega 6, che possiedono caratteristiche protrombitiche e proinfiammatorie.
Gli acidi grassi omega 3 sono importanti per il
nostro metabolismo, ma i mammiferi non sono
in grado di sintetizzarli se non partendo da acidi
grassi a breve catena introdotti con la dieta.
La dieta americana classica prevede un introito
di omega 6 dieci volte maggiore degli omega 3,
delle patologie più comuni quali le patologie cardiovascolari. Tali “diete” hanno
un alto impatto mediatico in quanto promettono diminuzioni di peso rapide, evitando (es. cereali) o promuovendo (es.
cibo proteico) il consumo di determinati
alimenti. Migliorare la salute attraverso
una corretta alimentazione ha quale presupposto la conoscenza delle caratteristiche dei cibi e delle esigenze individuali
al loro consumo.
Analizzando le indicazioni alimentari
proposte ai fini della prevenzione cardiovascolare negli USA, e applicate in diversi paesi industrializzati, l'American Heart
Association propone di frazionare le calorie giornaliere nel 30% di grassi (dei
quali i 2/3 dovrebbero essere insaturi e
con un limite di 300 mg/die per l'introito
di colesterolo), il 55% di carboidrati ed
il 15% di proteine. Le raccomandazioni appena citate riassumono i concetti
definiti di dieta di primo livello o “STEP
1”, comuni alle conclusioni del National
Cholesterol Education Program (NCEP)
nel suo Adult Treatment Panel III edito
nel 2002.
Le linee guida più recenti includono raccomandazioni simili ma con più atten-
con conseguenti possibili danni. È evidente dunque come
l’introduzione di tali molecole nelle giuste proporzioni sia
fondamentale per l’equilibrio
del nostro organismo. In particolare, gli acidi grassi omega
3 sembrano avere numerose
proprietà benefiche sul nostro
organismo. Le evidenze scientifiche mostrano che gli omega
3 hanno proprietà antinfiammatorie, riducendo i livelli di
PCR, interleuchine e TNF alfa,
con possibili benefici nelle malattie da infiammazione cronica e sulle placche
aterosclerotiche.
zione verso il consumo di frutta, verdura, estendendo l’indicazione alla pratica
regolare di un’attività fisica adeguata e
personalizzata e al mantenimento di un
peso corporeo salutare (“Making Healthy
Food and Lifestyle Choices: Our Guide
for American Adults” AHA 2015). “The
previous recommendations stressed a
healthy dietary pattern; the new ones
broaden that concept to include the importance of a healthy lifestyle pattern.
The two go together — they should be
inseparable”. (Alice Lichtenstein, D.Sc.,
direttrice dell' American Heart Association’s Nutrition Committee). Cioè: “Le
precedenti raccomandazioni enfatizzavano (sottolineavano) uno schema dietetico sano; le nuove raccomandazioni
ampliano questo concetto includendo
l'importanza di uno stile di vita sano.
Le due cose devono procedere insieme,
debbono essere inseparabili”.
Recente l’utilizzo del termine “dieta mediterranea”, per indicare un “modello” alimentare, piuttosto che una “dieta” vera e
propria secondo quanto prima precisato.
La dieta mediterranea indica le abitudini che nel tempo hanno caratterizzato lo
stile alimentare dei popoli prospicenti il
Dott.ssa Anna Laura
Fanelli, dirigente
medico cardiologia,
Ospedale Maria
Vittoria di Torino
Dott. Andrea Bosusco, Biologo Nutrizionista,
Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e
Pediatriche, Università di Torino
Mare Mediterraneo. Quest’ultimo era, ed
è, principalmente basato su alimenti di
cui tali etnie disponevano: cereali, verdura e frutta fresca, frutta secca e semi
oleosi, olio di oliva, legumi oltre a modeste quantità di prodotti della pesca e
carne.
Tale stile alimentare promuove la scelta
di cibi minimamente processati e di stagione, l'uso dell'olio di oliva come fonte
principale di lipidi (sostituendo altri grassi ed oli), la somministrazione di almeno
Cardio Piemonte - 21
In primo piano
N. 2 maggio/agosto 2015
Sembrerebbe che gli omega 3 siano dotati
anche di proprietà antitrombotiche e antivasocostrittive, con effetti di vasodilatazione endoteliale. Inoltre gli omega 3 avrebbero un importante effetto sul metabolismo lipidico, con
effetti di riduzione di trigliceridi e LDL quando
ingeriti in quantità adeguate. Dati non concludenti riguardano inoltre i possibili benefici degli
omega 3 nei disturbi autistici, nella demenza,
nei disturbi depressivi e nell’atopia.
Per quanto concerne il rischio cardiovascolare,
numerosissimi studi hanno indagato negli anni
i possibili benefici degli omega 3 nella prevenzione primaria e secondaria, tra cui indagini
cliniche randomizzate coinvolgenti migliaia di
pazienti, come gli studi JELIS, GISSI-P, DART,
SOFA e OMEGA, con risultati contrastanti. Tre
recenti metaanalisi (Rizos et al, Delgado-Lista
et al, Kwak et al) hanno poi riassunto i dati
relativi alle maggiori pubblicazioni sull’argomento.
La conclusione è che tali studi nel loro insieme
provano che un adeguato introito di omega 3
comporta una riduzione del rischio cardiovascolare, del rischio di morte improvvisa e di
mortalità per tutte le cause, ma secondo Rizos
e Kwak non con significatività statistica, secondo Delgado sì. I risultati nella loro globalità
sono indicativi per un trend di riduzione del rischio di eventi cardiovascolari e di morte per
cause cardiovascolari, sia in prevenzione primaria sia secondaria. E in molti studi i benefici
degli omega 3 potrebbero essere stati mascherati dal concomitante uso di altri farmaci per
Focus on
due pasti a base di pesce nella settimana, un limitato consumo di carne bianca
(due volte a settimana e di quella rossa
a poche volte al mese), la valorizzazione
di un moderato consumo di vino rosso
(durante i pasti e non più di due bicchieri al giorno per gli uomini e uno per le
donne).
Associare inoltre alla Corretta alimentazione la pratica di una regolare attività fisica che promuova un controllo del peso
corporeo, il tono muscolare ed il benessere è fondamentale.
A questo punto è utile osservare i risultati di un importante studio spagnolo, il
PrediMed (“Effects of a MediterraneanStyle Diet on Cardiovascular Risk Factors. A Randomized Trial” Ann. Intern.
Med. 2006) che per cinque anni ha
valutato in 7500 persone l'efficacia della dieta mediterranea nella prevenzione
primaria delle malattie cardiovascolari.
Nei tre gruppi di studio esaminati (-dieta
med. arricchita con olio extravergine di
oliva, -dieta med. arricchita in frutta secca, -dieta ipolipidica di controllo) i risultati sono stati a dir poco interessanti. Nei
gruppi di intervento (consumo di 15 g/
die di olio extravergine di oliva -la quanti-
22 - Cardio Piemonte
tà contenuta in un cucchiaio e mezzo- e
20 g/die di frutta secca) si è osservata
una riduzione del 30% dell'incidenza di
infarti miocardici e ictus. Si tratta di un
effetto preventivo di enorme rilevanza
pratica: riuscire a ridurre gli eventi cardiovascolari di un terzo significa incidere
positivamente sulla salute della popolazione e sui costi sociali ed economici del
sistema sanitario.
I risultati supportano il suggerimento di
affiancare al consumo di olio extravergine di oliva anche oli ad alto tenore di
polinsaturi della serie omega 3 e omega
6. Le conclusioni dello studio PrediMed
confermerebbero che una dieta arricchita di mono o polinsaturi (da olio o da
frutta secca), di pesce e legumi abbia
un effetto positivo maggiore delle diete
ipolipidiche nella prevenzione di eventi
cardiovascolari.
Per quanto riguarda i meccanismi coinvolti non si ha ancora un quadro chiaro,
ma, noto che l'aterosclerosi (condizione
degenerativa alla base della patologia
cardiovascolare) siano considerate malattie infiammatorie, è stato investigato
l'effetto antinfiammatorio della dieta mediterranea sui marcatori biologici cellu-
lari e sierici relativi a tale patologia: due
sotto studi derivanti da PrediMed (“Virgin
olive oil and nuts as key foods of the Mediterranean diet effects on inflammatory
biomarkers related to atherosclerosis”.
Pharmacological Research. 2012 Cioè
“L'olio d'oliva vergine e le noci come cibi
essenziali per determinare gli effetti della dieta mediterranea sui biomarcatori
dell'infiammazione relativi all'aterosclerosi”) hanno evidenziato che dopo soli
tre mesi di “abitudini mediterranee” si
possono osservare significative riduzioni
dei marcatori interleuchina-6 e dei recettori del TNF 60 ed 80. Tali evidenze dimostrano un effetto antinfiammatorio sul
sistema cardiovascolare e la diminuzione
dei fattori di infiammazione circolanti e
cellulari.
In conclusione la "dieta mediterranea"
costituisce ad oggi il migliore modello
di alimentazione da perseguire ai fini
della prevenzione cardiovascolare, e
non solo. Si tratta di un' informazione
preziosa, che si avvale di dimostrazioni
scientifiche, utile ad orientare i consumi
alimentari sia della popolazione a rischio
cardiovascolare che di quella generale a
scopo preventivo.
In primo piano
N. 2 maggio/agosto 2015
il trattamento della cardiopatia ischemica, in
particolare statine, o dalla maggiore attenzione
alla dieta dei pazienti coinvolti.
I dati sono dunque non definitivamente concludenti e in parte discordanti, ma supportano comunque la raccomandazione da parte
di American Heart Association di mantenere
l’introito giornaliero di acidi omega 3, possibilmente con la dieta, tra i 600 e i 900 mg per
prevenzione primaria, e tra i 900 e i 1200 mg
per prevenzione secondaria, riservando dosi più
alte al trattamento delle ipertrigliceridemie. La
raccomandazione è dunque dal punto di vista
pratico quella di mangiare pesce almeno due
volte alla settimana, e in particolare quello ricco
di acidi grassi omega 3. I pesci che ne hanno
in quantità maggiore sono quelli azzurri provenienti da mari freddi (salmone, caviale, tonno),
le sardine, le trote di lago, gli sgombri e le trote.
Recentemente i dati legati alla presenza di
mercurio e altri contaminanti come diossina
e bifenili policlorinati nel pesce hanno posto
dei dubbi sul fatto che i potenziali danni di tali
sostanze potessero superare i benefici nell’assunzione. Il mercurio, naturalmente presente in piccole quantità nell’ambiente, a causa
dell’inquinamento si accumula nelle acque
e pertanto nei pesci che mangiamo: pesci di
grosse dimensioni e più longevi, in particolare
se predatori più in alto nella catena alimentare
(squalo, tonno, pesce spada), tendono a contenere quantità maggiori di mercurio rispetto ai
pesci di dimensioni inferiori, come salmone,
nasello, sardine, merluzzo, triglie, sogliole, pesci gatto. Se si ingerisce troppo mercurio, tale
sostanza può accumularsi nel corpo, anche
perché la capacità di eliminazione della tossina
dall’uomo è molto lenta, con effetti dannosi, in
particolare a livello cerebrale durante l’infanzia e nello sviluppo fetale. Per tali ragioni negli
adulti mangiare due volte alla settimana pesce
ricco in acidi grassi omega 3 è raccomandato,
con l’attenzione di scegliere pesci a basso contenuto di mercurio; per i bambini e le donne
incinte meglio contenere le quantità, per il rischio di danni secondari alle tossine del pesce.
Per concludere, i benefici degli acidi grassi
omega 3 sono molteplici, e la loro introduzione con l’alimentazione, e in particolare con il
pesce, è più salutare che ingerire supplementi
in altre forme.
Pertanto, mangiare pesce due volte alla setti-
mana
rimane un
buon consiglio,
da seguire con
le sole accortezze di saper scegliere quando lo si compra, prediligendo quello
povero di mercurio e ricco di omega 3, e di
cucinarlo senza troppi grassi.
Come sempre il futuro sta nella ricerca. Solo
nuovi studi saranno in grado di chiarire maggiormente il ruolo degli omega 3 nella prevenzione cardiovascolare, e magari un domani sarà
possibile misurare i livelli di omega 3 nel sangue, e usare tale dato per modificarne gli introiti
con dieta e farmaci. Nel frattempo, per cena gustiamoci spesso due filetti di sgombro al forno!
Ricetta della Dott.ssa Virginia Bicchiega
Nutrizionista
Tortino di albicocche con ribes e
zenzero Preparazione:
Prendere le albicocche, lavatele e asciugatele, poi
tagliate a metà e togliere il nocciolo. Lavare il ribes e sgranarlo, lasciando da parte qualche chicco
per la decorazione.
Prendere una casseruola, mettere il ribes con un
cucchiaino di zucchero di canna e lo zenzero sbucciato e tagliato a fettine, cuocere per 10-12 minuti
fino quando la consistenza della frutta comincia a
diventare morbida e cedevole. Filtrare il tutto con
un colino dalle maglie fini.
Prendere uno stampo del diametro di 18 centimetri, versare sul fondo il succo ottenuto, sistemare
in mezzo le albicocche con la pelle rivolta verso
l’alto, poi coprire con la sfoglia.
Piegare i bordi verso l’interno e cuocere in forno
caldo a 220° per circa 20 minuti. Lasciare riposare
per 5 minuti, poi rovescire nel piatto.
Servire il tortino di albicocche con ribes e zenzero
tiepido o freddo secondo il gusto, decorare con il
ribes lavato e tenuto da parte.
Cardio Piemonte - 23
N. 2 maggio/agosto 2015
DALLA TRADIZIONE POPOLARE AGLI STUDI SCIENTIFICI
Le spezie alleate preziose
Conosciute con le erbe aromatiche sin dall’antichità, sono gustose e prive
di calorie. Incrementando il dispendio di calore dell’organismo aumentano il
metabolismo e fanno accumulare meno grasso. E c’è ancora molto da scoprire
di Virginia Bicchiega
Dott.ssa Virginia
Bicchiega
Nutrizionista
Posta:
v.bicchiega@
auxologico.it
Le spezie sono alleate preziose
della nostra salute. Sin dall’antichità erano conosciute e utilizzate
in cucina, ma entravano anche nei
preparati della medicina tradizionale. Ogni volta che insaporiamo
i nostri cibi con erbe aromatiche
o spezie stiamo letteralmente “migliorando” il valore dei cibi, senza
l’aggiunta di una singola caloria.
I benefici delle spezie sono innumerevoli: consentono di migliorare il gusto delle pietanze, massimizzano le proprietà nutrienti dei
cibi e sono ricche di antiossidanti,
minerali e complessi multivitaminici fondamentali per la nostra alimentazione. Le spezie e le erbe aromatiche inoltre,
sono termogeniche ovvero aumentando il dispendio
di calore dell’organismo dato dall’assunzione degli
alimenti aumentano il metabolismo, fanno bruciare
più calorie e fanno accumulare meno grasso.
Alcune spezie ed erbe fanno aumentare la sensazione di pienezza e di sazietà, così inducono a mangiare di meno. Possono essere usate al posto del sale
da cucina ottenendo un miglioramento dello stato di
salute. Le spezie sono quindi un’arma gustosa che
la natura ci offre per rendere più palatabili i cibi,
sono relativamente poco costose e sono disponibili
Rosmarino e basilico
in una grande varietà di sapori, quindi è impossibile
non trovare una spezia che possa essere di gradimento per ognuno.
Piante e principi attivi
L’OMS stima che l’80% della popolazione mondiale
utilizza le erbe medicinali, tra cui le spezie come
uniche medicine disponibili. Il 25% delle medicine
prescritte dal medico contiene principi attivi derivati dalle piante. Le spezie rientrano negli Alimenti
Funzionali (Functional Food). Secondo l’Academy of
Nutrition and Dietetics (AND) e l’International Food
Information Council (IFIC) gli alimenti funzionali
sono tutti gli alimenti che hanno potenzialmente effetti benefici sulla salute quando sono assunti come
parte di una dieta varia in modo regolare e a livelli
efficaci secondo evidenze scientifiche.
Partendo da ciò che ci ha lasciato in eredità la tradizione popolare negli anni sono stati fatti numerosi
studi che hanno messo in evidenza le proprietà medicinali di diverse spezie.
Erbe aromatiche
La famiglia botanica della menta di origine mediterranea, è una delle più utili a scopo gastronomico e
medicinale per il prezioso olio prodotto sulle foglie e
sugli steli. A questa famiglia appartengono il basilico, la melissa, la maggiorana, la salvia, l’origano,
il rosmarino, il timo, la menta piperita (ibrido tra
➜
potere anti-infiammatorio
➜
migliorano la concentrazione, riducono la stanchezza mentale e gli stati di confusione (possibile
ruolo nelle demenze)
Pepe di cayenna e cannella
➜
regolano il metabolismo degli zuccheri e dei grassi (possibile ruolo come regolatori nell'obesità)
Coriandolo e cannella
➜
regolatori dello zucchero
Curcuma
➜
in corso studi sul suo ruolo nella cura di diverse neoplasie
Noce moscata e zenzero
➜
effetti calmanti
Origano
➜
potere antifungo
Basilico e timo
➜
capacità di proteggere la pelle
Curcuma, basilico, cannella e zenzero
➜
potere immunostimolante
Coriandolo, rosmarino, pepe di Caienna,
peperoncino e pepe nero
➜
Cumino e salvia
24 - Cardio Piemonte
regolatori del tono dell'umore
N. 2 maggio/agosto 2015
m.viridis e m.acquatica) e la menta verde. Queste
erbe hanno proprietà carminative ovvero riducono la
produzione di aria intestinale (utili contro il meteorismo e l’aerofagia), riducono la dispepsia per azione
riflessa sulle terminazioni nervose della parete gastrica, hanno un’azione antisettica ed antimicotica
(in particolare l’origano). Agiscono come analgesici
in particolare in caso di cefalea ed aumentano la
concentrazione.
Gli estratti del basilico sono ricchi di acido rosmarinico e catechine. Si ipotizza un ruolo del basilico nel
controllo della Sindrome Metabolica. Diversi studi
hanno dimostrato che gli estratti del basilico riducono i livelli di colesterolo LDL, rallentano la produzione di placche aterosclerotiche e hanno un ruolo
nel controllo dell’iperglicemia nei soggetti diabetici
tramite l’inibizione di diverse vie enzimatiche. Studi
in vitro hanno dimostrato il ruolo anti-infiammatorio
del basilico tramite la riduzione della produzione di
citochine pro-infiammatorie e la produzione di sostanze antiossidanti. Infine sembra che abbia anche
un ruolo nel controllo della pressione arteriosa.
La salvia officinalis originaria della costa Settentrionale del Mediterraneo è considerata da moltissimo
tempo un importante erba medicinale (diversa dalla
Artemisia utilizzata per decorare i giardini): ha azione
antisettica, cicatrizzante, ha un ruolo nel controllo del
livelli degli zuccheri nel sangue (ipoglicemizzante) ed
infine ha effetto anidrotico (riduce la traspirazione).
Cumino
Tra i principali componenti del curry, il cumino si ricava dai semi del Cuminum cyminum, pianta diffusa
nel bacino del Mediterraneo ed in America. Ottima in
cucina per aromatizzare piatti e salse, era già utilizzata ai tempi degli antichi romani. I semi di cumino
contengono ferro, numerose vitamine (B1, B2, B6,
PP, C e K) e sali minerali. Il cumino contribuisce ad
aiutare l’organismo nell’assorbimento degli elementi
nutritivi, migliora la digestione, riduce il gonfiore addominale e stimola le difese immunitarie. Al cumino
vengono attribuire proprietà anti infiammatorie ed è
stato attribuito un elevato contenuto di antiossidanti,
la cui presenza si manterrebbe più a lungo nei semi
interi, piuttosto che nel cumino pestato o macinato.
Si ritiene che masticare semi di cumino possa migliorare l’alitosi. Da diversi studi in vitro e su animali
è emerso che questa spezia ha un ruolo nel controllo
del metabolismo glico-lipidico: gli estratti di cumino
o gli stessi semi aiutano a ridurre i livelli di glucosio,
colesterolo e trigliceridi nel sangue. Dosi singole o
ripetute di estratti di cumino migliorano la tolleranza
glicidica e proteggono la salute degli occhi in ratti
diabetici. Da questo si può concludere che il cumino
può proteggere sia dagli effetti diretti che dalle conseguenze secondarie del diabete.
frutto lavorato della pianta Piper nigrum. Ne esistono
diverse varietà, a seconda delle modalità di lavorazione dei frutti: il Pepe Nero è ricavato dai frutti acerbi
essiccati, mentre il Pepe Bianco conserva soltanto il
seme. Il Pepe Rosa, invece, proviene dalla pianta di
Schinus molle, originaria degli altipiani delle Ande.
La piperina è il principio attivo più potente ed è
l’elemento che dà a questa spezia proprietà stimolanti, stomachiche e toniche favorenti la digestione,
ma anche antisettiche. Aumenta l’assorbimento
dei nutrienti favorendo la secrezione gastrica ed
aumentando la capacità emulsionante dei succhi
gastrici. Inoltre stimola la termogenesi migliorando
l’assorbimento dei nutrienti essenziali, accelerando
la termogenesi lipidica e attivando il metabolismo,
tutte caratteristiche che rendono il pepe alleato prezioso di diete dimagranti. Il pepe è ricco di sostanze
antiossidanti, vitamina A e K, calcio, magnesio, selenio. Agisce come antinfiammatorio, regolatore del
metabolismo osseo, nel controllo della pressione arteriosa e stimola la concentrazione. L’assunzione di
pepe è sconsigliata a chi soffre di problemi gastrici
(gastrite, ulcera peptica), ipertensione od emorroidi.
Peperoncino
Il peperoncino stimola il metabolismo e la digestione, ha proprietà vasodilatanti. Un pizzico di
peperoncino contribuisce a favorire la circolazione
sanguigna ed a tenere sotto controllo i livelli degli
zuccheri nel sangue. Ottimo antibatterico, il peperoncino è ricco di vitamina C, stimola la digestione
ed ha proprietà antiossidanti, ha anche un’efficace
azione sul metabolismo, innalzando la temperatura corporea ed aumentando così il senso di sazietà.
Una varietà particolare di peperoncino, il Pepe di
Cayenna, è rinomata per la sua capacità di tenere
sotto controllo il colesterolo e per il suo effetto antidolorifico e antinfiammatorio. Per le proprietà antiaggreganti è chiamato anche aspirina naturale.
Bisogna assumere il peperoncino in modiche quantità in corso di terapie farmacologiche in quanto può
aumentarne l’assorbimento (es. teofillina) o gli effetti
collaterali (es.tosse da ACE-inibitore).
Peperoncino piccante
al mercato di Orgicia
(SR). Foto di Giovanni
Dall'Orto, 2014. Pubblico dominio tramite
Wikimedia Commons.
Pepe (il re delle spezie)
Tra le spezie più diffuse sulle nostre tavole, il pepe è il
Cardio Piemonte - 25
N. 2 maggio/agosto 2015
Cannella
La cannella ricavata dalla corteccia interna della
Cinnamomum Zeylanicun è una spezia dal gusto
dolce e pungente proveniente dal sud-est asiatico
che, oltre a dare quel tocco in più a dolci e bevande,
offre molteplici benefici per la nostra salute in particolare grazie alla cinnamaldeide (principale componente di questa spezia). Diversi studi hanno dimostrato che l’uso costante di cannella aiuta a ridurre
la glicemia, i trigliceridi e il colesterolo LDL, riduce
il dolore in corso di artrite e di ciclo mestruale, migliora la memoria, è un antibatterico ed antimicotico
utilizzato per combattere il raffreddore, il mal di gola,
la nausea e le virosi intestinali. Questa spezia è una
buona fonte di fibre, manganese, ferro e calcio.
Bibliografia.
Sikand G1, KrisEtherton P, Boulos
NM; Impact of
functional foods
on prevention of
cardiovascular
disease and diabetes.
Curr Cardiol Rep. 2015
Jun;17(6):593
Bower A, Marquez
S, De Mejia EG The
Health Benefits
of Selected
Culinary Herbs
and Spices Found
in the Traditional
Mediterranean Diet.
Crit Rev Food Sci Nutr.
2015 Mar 6:0. [Epub
ahead of print]
Balasubramanian
S, Roselin P, Singh
KK, Zachariah J,
Saxena SN Post
Harvest Processing
and Benefits of Black
Pepper, Coriander,
Cinnamon, Fenugreek
and Turmeric Spices.
Crit Rev Food Sci Nutr.
2015 Mar 6:0. [Epub
ahead of print]
Ciro Vestita, Le spezie
della salute. Aromi
e sapori per una
cucina all'insegna del
benessere, Sperling
& Kupfer
M. A. Webb, Spezie.
Guida all'uso delle
spezie per la salute e
il benessere, IdeaLibri
Ha collaborato alla
stesura di questo
articolo la Dott.ssa
Paola Belci
Coriandolo
Il Coriandun Sativum originario dell’India e della
Cina era già utilizzato da Ippocrate come medicamento. Le parti utilizzate sono le foglie (prezzemolo
Cinese) e i frutti maturi seccati (semi di Coriandolo).
Questa spezia è ricca di sali minerali e vitamine quali calcio, fosforo, ferro, sodio, potassio, magnesio,
vitamina B1, vitamina B2, vitamina PP, vitamina
C. Il coriandolo può essere usato in caso di indigestione, dispepsia, coliche addominali, flatulenza e
meteorismo, diarrea. Ha un ruolo nel controllo del
metabolismo lipo-glicidico riducendo i livelli ematici
di colesterolo e glucosio. Inoltre ha azione diuretica,
analgesica ed antibatterica.
Noce Moscata
La noce moscata è il seme del frutto della Mjristica
Fragrans un albero sempre verde dell’isola delle Spezie in Indonesia Il frutto assomiglia all’albicocca viene
essiccato, e aprendosi in due parti emette il seme. Ha
azione carminativa, digestiva, colagoga, disinfettante,
antibatterica ed antinfiammatoria. È anche un blando
calmante del sistema nervoso. Assunta in dose superiore ad un cucchiaino può essere tossica, provocando nausea, vomito, stordimento ed allucinazioni.
Curcuma
La curcuma appartiene alla pianta perenne delle
zinziberacee. Originaria dell’India e Indonesia, coltivata in Africa e America Centrale. Si utilizza il rizoma
polverizzato dal quale sono stati isolati i curcuminoidi (curcumina) responsabili delle proprietà terapeutiche e del particolare colore giallo.
Studi recenti ne hanno messo in luce l’utilità per la
prevenzione del diabete di tipo 2, rafforza il sistema
immunitario e protegge l’organismo dalle infezioni.
Presenta inoltre proprietà antinfiammatorie, antidolorifiche contro i dolori articolari e antiossidanti in
grado di rallentare l’invecchiamento cellulare. Ha
effetto carminativo (aiuta a ridurre la produzione di
gas intestinali) e agisce positivamente sull’omeostasi delle funzioni digestive.
Tra le più importanti proprietà farmacologiche van-
26 - Cardio Piemonte
no menzionate quelle coleretiche-colagoghe, che
favoriscono la produzione della bile e il suo naturale
deflusso nell’intestino. Migliora i quadri di dispepsia, meteorismo e flatulenza, inoltre riduce i livelli di
colesterolo nel sangue favorendo l’eliminazione dei
grassi in eccesso. Questa spezia ha inoltre proprietà
antibatteriche ed antimicotiche ed è molto utile nelle
infezioni cutanee. La curcuma è controindicata nelle persone che soffrono di colelitiasi (calcoli biliari)
perchè questa spezia potrebbe peggiorare il decorso
della malattia. Un uso eccessivo può determinare
irritazione gastrointestinale. Negli ultimi anni per il
riscontro di una diversa incidenza di malattie tumorali nei paesi con maggior consumo di curcuma si
è iniziato a studiare il legame tra questa spezia e lo
sviluppo tumorale: la curcumina potrebbe avere un
qualche effetto positivo dato lo stretto legame del
cancro con lo stato infiammatorio alterato e lo stress
ossidativo e date le proprietà antiossidanti e antinfiammatorie di questa spezia. Si pensa anche che
possa influire rallentando lo sviluppo tumorale. Quel
che di certo per ora si può dire è che le premesse
sono interessanti e spingono ad approfondire le ricerche su questo legame.
Zenzero
Della stessa famiglia della curcuma (Zinziber Officinalis) è originario dell’Asia meridionale. Usato in
Cina da millenni per molte malattie. Il rizoma dello
Zinziber officinale, è un vero concentrato di principi
attivi. Utilizzato come spezia in cucina, ha proprietà
(da essiccato) stomachiche, antiossidanti ed antinfiammatorie. Fresco, invece, è un ottimo antipiretico,
antinausea ed antinfiammatorio. Favorisce la digestione migliorando la motilità gastrointestinale sia a
digiuno che a stomaco pieno riducendo la pirosi, le
eruttazioni e la flatulenza. Ha azione antiemetica sia
nella chinetosi (mal d’auto) sia nell’iperemesi gravidica. Diversi studi ne hanno dimostrato l’efficacia
come antidolorifico in caso di artrite, inoltre è utile
nella cura e nella prevenzione di mal di gola, raffreddore, influenza. Ha azione diaforetica favorendo
la sudorazione e la dispersione di calore (molto utile
in corso di influenza). Le proprietà antinfiammatorie
sono dovute ai gingeroli che inibiscono la produzione
di prostaglandine, inoltre inibendo anche la produzione di trombossani rendono lo zenzero un antiaggregante piastrinico. È importante usarlo con moderazione in corso di terapia con aspirina o warfarin.
Conclusione
Da centinaia di anni erbe aromatiche e spezie sono
usate a scopo culinario e medicinale. In questo
articolo abbiamo voluto fare una carrellata delle
principali spezie focalizzandoci sulle loro proprietà
benefiche. Ad oggi molti dei meccanismi alla base
del loro ruolo terapeutico non sono ancora chiari
e molti studi sono ancora in corso ma questo non
toglie l’importanza dell’utilizzo delle stesse in una
dieta sana ed equilibrata.
N. 2 maggio/agosto 2015
TRA I RICERCATORI SI FA STRADA UN’IDEA SUGGESTIVA
Il diabete è una malattia vascolare?
La glicemia alta, dovuta a una carenza assoluta (tipo 1) o relativa (tipo 2) di azione
insulinica, danneggia i vasi sanguigni grossi, in particolare di cuore, cervello e arti
inferiori, e piccoli (i capillari di retina, rene e nervi periferici). L’ipotesi è plausibile
nel caso della seconda forma, che colpisce il 90% dei diabetici in età matura o
avanzata, a maggior rischio per le patologie cardiovascolari
di Massimo Porta
Il diabete mellito è una patologia metabolica in
crescente aumento, tanto che l’Organizzazione
Mondiale della Sanità parla di “pandemia”, con
una prevalenza mondiale destinata a raddoppiare in 30 anni, da 171 milioni di persone
affette nel 2000 a 366 milioni nel 2030 (1).
Le cause del diabete non sono conosciute ma
sicuramente a questo impressionante incremento contribuiscono in misura determinante
l’aumento della sedentarietà e di apporto calorico alimentare, almeno per quanto riguarda il
diabete tipo 2. Questa forma infatti colpisce le
persone in età matura e gli anziani ed è legato
all’obesità e a stili di vita non corretti. In realtà
è in aumento anche il diabete tipo 1, che è una
malattia autoimmune dove le cellule che producono insulina vengono distrutte da anticorpi
che non ne riconoscono più l’appartenenza a
un organismo comune, come un organo rigettato dopo un trapianto, ma le cause sono molto
meno ovvie.
Caratteristica del diabete è l’aumento dei livelli
circolanti di glucosio, dovuti ad una carenza
assoluta (diabete tipo 1) o relativa (diabete tipo
2) di azione insulinica. L’insulina è un ormone,
prodotto dalle cellule “beta” situate in microscopiche strutture del pancreas denominate
“isole di Langerhans”, che ha il compito di permettere al glucosio di entrare nelle cellule del
nostro organismo. Infatti, le cellule utilizzano
il glucosio come carburante per poter svolgere
le proprie funzioni vitali e l’insulina agisce un
po’ come il carburatore, o l’iniettore, del motore della nostra automobile. Se il carburatore
è guasto o anche solo sporco, la benzina non
arriva ai cilindri, il motore gira male e la ben-
zina si accumula all’esterno.
Nel nostro corpo, se l’insulina
non viene più prodotta perché
le cellule beta sono state distrutte (diabete tipo 1) oppure
è ancora prodotta ma non può
venire utilizzata bene (diabete
tipo 2), il glucosio non penetra
più nelle cellule e rimane nel
sangue, la glicemia sale e tutto l’organismo funziona male.
Il problema, come accennato
all’inizio, è che le cause della
perdita dell’insulina e anche
quelle della ridotta capacità di utilizzarla, la
cosiddetta “resistenza all’insulina” o insulinoresistenza, ci sfuggono quasi del tutto.
Se non raggiunge livelli elevatissimi, la glicemia alta non produce sintomi o malessere
specifici ma, a lungo andare, danneggia i vasi
sanguigni grossi (in particolare di cuore, cervello e arti inferiori) e piccoli (i capillari della
retina, del rene, dei nervi periferici). Ne risulta
che, almeno nei paesi industrializzati, il diabete è la prima causa di cecità in età lavorativa,
di dialisi e/o trapianto renale e di amputazioni
non dovute a traumi a carico degli arti inferiori,
nonché di infarti e ictus con prevalenza più che
raddoppiata rispetto a chi diabetico non è.
Prof. Massimo Porta,
direttore della SC di
Medicina Interna 1
presso l'Ospedale
Molinette di Torino
Come si controlla il diabete?
Poichè la glicemia alta causa danni gravi ad
arterie e capillari, è necessario ricondurla il più
possibile vicina ai valori normali (70-100 mg/
dl a digiuno e meno di 140 dopo i pasti). Ma
Cardio Piemonte - 27
N. 2 maggio/agosto 2015
uno dei problemi più importanti, per i pazienti
diabetici e per i loro curanti, è che non è affatto
semplice mantenere valori ottimali di glicemia
durante tutta la giornata, a digiuno come dopo
i pasti o durante la notte, nonostante gli sforzi di aderire ad un’alimentazione bilanciata,
la pratica di un’attività fisica continua anche
se non strenua e l’uso dei numerosi farmaci
disponibili. Benché indispensabili ai fini del
mantenimento della buona salute, sia per chi
ha il diabete sia per chi non ce l’ha, queste
buone pratiche spesso non sono sufficienti.
Come si è accennato sopra, la non conoscenza
delle cause ultime del diabete ci porta a utilizzare terapie che controllano, in parte, il sintomo principale, l’iperglicemia, ma non ci consentono di arrivare ad una cura radicale della
malattia. Gli stessi farmaci, dall’insulina a tutti
gli altri preparati somministrabili per via orale,
non arrivano a normalizzare la situazione, proprio perché la regolazione della glicemia è un
fenomeno assai complesso e ancora oggi non
del tutto chiarito nei suoi meccanismi.
A questo punto va introdotto un concetto molto
importante: la misurazione di uno o anche più
valori di glicemia nell’arco della giornata non
è in grado di fornirci una valutazione precisa
del grado di compenso del diabete. La glicemia
infatti varia moltissimo nel corso delle ore e
quindi misurarla anche più volte al giorno non
ci può dare indicazioni assolute. A questo problema ha in parte provveduto Madre Natura,
che ci ha fornito l’emoglobina, permettendoci
di misurare la emoglobina glicata. Come tutti
sappiamo dai tempi della scuola, l’emoglobina
è una sostanza, più precisamente una proteina, contenuta all’interno dei globuli rossi che
ha il compito di trasportare l’ossigeno dai polmoni ai tessuti e l’anidride carbonica in senso
inverso, per essere eliminata. L’emoglobina si
lega al glucosio e, poiché vive praticamente
a bagno nel sangue, ne legherà tanta quanta
ne trova in circolo, momento per momento, di
più quando la glicemia è maggiore, di meno
quando è minore. Siccome i globuli rossi che
la contengono hanno una vita media di circa
100 giorni, misurare quanto glucosio è legato all’emoglobina ci darà una misura di quale
sia stata mediamente la glicemia degli ultimi 3
mesi. L’emoglobina, appunto, glicata è indicata
28 - Cardio Piemonte
negli esami di laboratorio con una sigla un po’
esoterica: HbA1c.
Perché il diabete si possa considerare ben compensato, l’emoglobina glicata non dovrebbe essere superiore a 7,0%, massimo 7,5% o, secondo le nuove unità di misura internazionali,
53-58 mmol/mol. Però, come si è detto sopra,
spesso non è possibile rispettare questi limiti
anche se le prescrizioni del medico vengono
seguite con la dovuta attenzione, non parliamo
invece di quando le regole non vengono seguite e i farmaci non vengono assunti. Ma perchè
è importante evitare che la glicemia, e con lei
l’emoglobina glicata, salgano troppo? Qui entra
in gioco il lavorìo di danneggiamento compiuto
dal glucosio troppo alto sulla parete dei vasi
sanguigni. A livelli di emoglobina glicata che
negli anni si mantengono troppo alti corrisponde un netto aumento di problemi circolatori,
soprattutto a carico delle arterie coronarie e
cerebrali.
Il diabete e i danni alla circolazione
Una caratteristica, molto negativa, del diabete
è che vengono colpite non soltanto le arterie di
diametro maggiore ma anche le loro diramazioni più sottili nel cuore, nel cervello e negli arti
inferiori. In questo modo, a danno si aggiunge
danno. Se il sangue fatica a procedere lungo le
arterie principali, come nell’arteriosclerosi del
non diabetico, nel diabete la circolazione viene
ulteriormente rallentata a valle, quando il poco
sangue che ha superato l’ostacolo sta per giungere ai tessuti. Quindi ancor meno ossigeno e
nutrienti, maggior rischio di lesioni e minori
possibilità di guarigione. Quando poi si arriva
all’evento più grave, l’occlusione di un’arteria a
causa di un coagulo, le conseguenze saranno
ancor più pesanti, oltre che più frequenti, se i
vasi grandi e piccoli saranno già stati danneggiati dal diabete.
Le alterazioni dei piccoli e grossi vasi sono
strettamente associate fra loro. La presenza di
retinopatia diabetica indica un importante aumento del rischio di infarto e di ictus ed anche
della loro potenziale gravità. Secondo alcuni
Autori, la retinopatia, rappresenta addirittura
una discriminante per la scelta del tipo di intervento, angioplastica o by-pass, da attuare nelle
N. 2 maggio/agosto 2015
singole persone affette da coronaropatia critica.
Anche la presenza di danni renali lievi, definiti
dalla perdita di minime quantità di albumina
nell’urina, la cosiddetta microalbuminuria, è
un forte predittore di rischio di malattie di cuore, anche per chi non è diabetico.
Il diabete è una malattia cardiovascolare?
Ma se il diabete è causa di problemi più frequenti e più gravi per il cuore e gli altri organi,
un’altra ipotesi si sta facendo strada fra i ricercatori, e cioè che il diabete stesso possa essere
una malattia vascolare oltre che, o addirittura
invece che, metabolica.
È noto che le probabilità di avere un infarto
miocardico sono molto più alte quando si sia
già subito un primo attacco di cuore. Ebbene, nel 1998 fu pubblicato sul New England
Journal of Medicine un lavoro che dimostrava
come per i pazienti diabetici il rischio di avere
un primo infarto sia simile a quello delle persone non diabetiche che già ne avevano subito
uno. Purtroppo anche il rischio di un secondo
evento aumentava in proporzione (2). In altri
termini, dal punto di vista del cardiologo, avere
il diabete equivale ad avere subito un infarto,
con grande aumento delle probabilità di subirne uno vero, cardiaco e non soltanto “metabolico” o statistico. E quando l’evento si verifica,
lo stato delle arterie coronarie è in genere più
compromesso, con irregolarità di diametro e restringimenti multipli, come appunto nel caso di
chi va incontro alla recidiva di un primo infarto,
anzi con un coinvolgimento più importante dei
vasi più sottili a valle.
Che senso può avere parlare di diabete come
malattia vascolare? È indubbiamente difficile
ravvisare un nesso nel caso del diabete tipo 1
che, come si è detto, è una malattia autoimmune. Tuttavia l’ipotesi potrebbe essere più
plausibile nel diabete tipo 2, che colpisce il
90% dei diabetici in età matura o decisamente avanzata, a maggiore rischio anche per le
malattie cardiovascolari. In quest’ultimo caso,
l’incapacità dell’insulina di svolgere il proprio
compito, ovvero far penetrare il glucosio all’interno delle cellule, potrebbe essere conseguenza del fatto che, per ciò fare, l’insulina deve
prima attraversare la parete dei capillari e che
questi potrebbero non agevolarne il passaggio.
In altri termini, una disfunzione della parete
dei vasi, capillari ma anche arteriosi, potrebbe essere alla base della resistenza all’insulina, quindi del diabete tipo 2, ed anche della
maggiore suscettibilità alle malattie vascolari. L’insorgenza del diabete, conseguente alla
prima situazione, non farebbe che alimentare
un infernale circolo vizioso, peggiorando la seconda. Esiste una serie di evidenze indirette,
alcune piuttosto suggestive, che permettono di
sostenere una simile ipotesi che peraltro rimane tale, in attesa di prove definitive.
Cosa può fare una persona con il
diabete?
Se il quadro tratteggiato sopra può apparire a
tinte troppo fosche, è bene chiudere con un
messaggio più ottimistico.
Oggi sappiamo che, per controllare bene il diabete e ridurne le conseguenze più gravi, non
è necessario ricorrere a rinunce estreme, alimentari o di altro ordine. È invece sufficiente
seguire uno stile di vita sano, un’alimentazione variata, ricca di vegetali e anche frutta, con
quantità equilibrate di carboidrati complessi
(pane, pasta, riso, patate, legumi), proteine
(carne, pesce, uova) e grassi. La cosiddetta
“dieta per diabetici” è ormai un retaggio del
passato e l’alimentazione dovrebbe essere dettata dal buon senso, per chi ha il diabete come
per chi non ce l’ha.
Un’attività fisica moderata ma regolare (si raccomanda di camminare di buon passo almeno mezz’ora tutti i giorni) sarà di grande aiuto
per controllare la glicemia, perché mantenere
attiva la muscolatura è il modo migliore per
combattere l’insulinoresistenza. Con queste
semplici pratiche è possibile ridurre di molto
il rischio cardiovascolare, oltre naturalmente a
sottoporsi regolarmente alle terapie e agli esami di controllo che ci prescrive il medico.
Bibliografia
1. Wild S, Roglic G, Green A, Sicree R, King H. Global Prevalence of Diabetes. Estimates for the year 2000 and projections for 2030. Diabetes
Care 2004;27:1047-53.
2. Haffner SM, Lehto S, Rönnemaa T, Pyörälä K, Laakso M. Mortality
from coronary heart disease in subjects with type 2 diabetes and in non
diabetic subjects with and without prior myocardial infarction. N Engl
J Med. 1998;339:229-34.
Cardio Piemonte - 29
N. 2 maggio/agosto 2015
COME MIGLIORARE CON SAGGEZZA L’EQUILIBRIO PSICOFISICO
L’uso consapevole del corpo
Numerosi fattori influenzano il nostro stato di salute e l’efficienza cardiovascolare.
Impariamo una serie di esercizi che ci possono aiutare
di Paolo Piazza
Dott. Paolo Piazza
Dottore in Scienze
motorie, Osteopata,
Wellness coach
www.
allenatiastarebene.it
Com’è vero il concetto “Mens
sana in corpore sano”, vale
anche il contrario, cioè un corpo sano richiede una mente
sana. Nell’articolo precedente
abbiamo parlato delle attività
più specifiche per l’efficienza cardiovascolare, in questo
affronteremo altri argomenti ugualmente importanti per
l’equilibrio psicofisico generale. Cominceremo parlando di
energia – fattore indispensabile per la sopravvivenza, prima
ancora che per la salute – per continuare con
respirazione, postura e rilassamento, tutti elementi che influenzano la nostra qualità di vita
molto più di quanto immaginiamo.
Salute e vitalità richiedono energia
Come tutti gli organismi viventi, abbiamo un
costante bisogno di energia per vivere. Le nostre cellule, infatti, sono come fabbriche sempre attive, e possono rimanere efficienti solo se
ricevono ossigeno e sostanze nutrienti in quantità adeguata. Il sistema cardiovascolare, grazie all’ininterrotto flusso sanguigno, consente a
tessuti e organi corporei di mantenere la loro
vitalità proprio perché fornisce energia e, allo
stesso tempo, allontana le scorie prodotte dal
metabolismo cellulare.
Respirazione e alimentazione ci forniscono le
sostanze necessarie che costituiscono, per così
dire, le entrate del bilancio energetico.
Le uscite, invece, dipendono dal livello di attivazione: durante il sonno sono minime e servono a mantenere le funzioni vitali di base, crescono al risveglio e aumentano con l’intensità
del movimento o degli impegni; ma l’organismo spende energia anche per svolgere attività
30 - Cardio Piemonte
interne come digerire, pensare, produrre calore
o combattere un’infezione.
Per avere maggiori probabilità di stare bene,
dobbiamo fare in modo che gli scambi energetici avvengano senza intoppi e che il bilancio
tenda al pareggio: se per lungo tempo si trova
in perdita o in eccesso, dimagriamo o ingrassiamo troppo finendo per ammalarci. Insomma, imparando a usare meglio la nostra energia possiamo condurre una vita non solo più
sana, ma anche più appagante.
Impariamo a risparmiare energia
Il movimento aerobico, di cui abbiamo parlato nell’articolo precedente, è fondamentale per
migliorare l’efficienza cardiovascolare, responsabile della distribuzione di energia a tutto l’organismo. Però, ai fini del bilancio energetico e
della salute in generale, vanno tenuti in considerazioni anche altri aspetti.
Poiché corpo e mente sono interconnessi, una
respirazione disfunzionale non solo ci fa inalare meno ossigeno, ma ci rende più ansiosi, così
come posture scorrette ed emozioni negative
si rinforzano reciprocamente sottraendoci energia; questi vari fattori ci rendono più vulnerabili
nei confronti di stress e malattie, esercitando
la loro influenza anche sulle funzioni cardiovascolari.
Così, per mantenere la salute e gestire lo stress,
il respiro e il rilassamento non sono meno importanti del movimento; lo stesso vale per la
postura che, più di quanto immaginiamo, esercita un peso notevole sulle emozioni e sull’equilibrio psicofisico.
Quindi, oltre a praticare un’attività fisica adeguata – che accresca il nostro patrimonio energetico – ci conviene anche imparare come non
disperderlo. Entrambi gli obiettivi sono determinati da un uso più consapevole del corpo.
N. 2 maggio/agosto 2015
Respiro, dunque sono
La nostra prima fonte di energia, l’ossigeno,
deriva dalla respirazione. Respiro e attività cardiovascolare sono correlati tra loro e influenzati, in modo immediato ed evidente, dal livello
d’impegno fisico e dagli stati mentali; sappiamo bene come sforzi muscolari e ansia accelerino respiro e battiti del cuore. Nella nostra
vita quotidiana una somma di fattori diversi –
stress, posture scorrette, mancanza di esercizio
fisico – comporta una sempre più diffusa abitudine a sviluppare un ritmo di respirazione veloce e superficiale; a sua volta, la modificazione
del respiro influenza la condizione mentale.
Insomma, così come l’ansia comporta un respiro corto, veloce e superficiale, questo modo
di respirare, quando diventa uno schema abituale, facilita il perdurare di stati d’ansia, anche senza che intervengano cause esterne.
La buona notizia è che grazie al respiro, che
è in parte sotto il controllo volontario, possiamo tranquillizzare la mente e ridurre il livello
di attivazione psicofisica. Per verificare l’effetto calmante della respirazione, potete seguire
queste semplici istruzioni. Scegliete un posto
tranquillo, sedetevi con la schiena eretta, ma
non rigida, e chiudete gli occhi. Concentratevi
sul passaggio dell’aria attraverso le narici e rallentate il flusso del respiro. Quando si respira in
modo corretto e con calma, l’addome è la parte
che si muove di più, il torace si dilata poco e le
spalle sono del tutto ferme. Quindi, appoggiate
delicatamente le mani sull’addome e sentitene
il movimento: dovrebbe sporgere con l’inspirazione e a retrarsi con l’espirazione. Cercate di
mantenere l’attenzione centrata sulle sensazioni legate al respiro e, se vi capita di distrarvi,
riportatela lì, con tranquillità. Il respiro addominale o, più correttamente, diaframmatico,
oltre a generare un’azione calmante, ha effetti
positivi sull’intero organismo. L’ampio movimento del diaframma, infatti, massaggia in
modo dolce e regolare gli organi interni (cuore,
fegato, stomaco, intestino, ecc.) migliorandone
la funzionalità e riducendo gonfiori, stasi circolatorie e di liquidi. Poiché influenza condizione mentale, organi interni e livello di energia,
la respirazione lenta e profonda praticata con
costanza per almeno dieci minuti al giorno, vi
aiuterà a migliorare non solo la sensazione di
benessere, ma lo stato effettivo di salute.
Le posture: il corpo parla
L’azione continua della forza di gravità favorisce
le posture scorrette, e queste causano tensioni
muscolari e rigidità articolare. Più siamo squilibrati rispetto alla verticale e più aumentano costi
energetici e disturbi, perché i muscoli sono costretti a un maggior lavoro per mantenerci eretti
e gli organi interni risultano compressi. La comune posizione seduta, ad esempio, comporta
vari problemi. Infatti, facilita un atteggiamento
in “chiusura” – spalle e testa anteposte, dorso
curvo – che, oltre a problemi muscolo-articolari,
aumenta la compressione viscerale generando
disfunzioni respiratorie, circolatorie e digestive.
Queste condizioni fisiologiche, sono spesso motivo di dolore, e, come avviene per le alterazioni
del respiro, non solo effetto ma anche causa di
dispendio energetico e stress. Per intervenire
sugli ‘errori’ posturali – stringere i denti, tenere
le spalle sollevate, accentuare l’atteggiamento in chiusura – è indispensabile, oltre a praticare una ginnastica adeguata, sviluppare una
maggiore consapevolezza corporea; solo grazie
a una migliore sensibilità possiamo correggere
gli atteggiamenti disfunzionali prima che si manifestino dolore e problemi vari. Le forze squilibranti agiscono quotidianamente, dunque, se
volete bilanciare la loro azione, seguite questi
due consigli: praticate almeno un paio di volte
Cardio Piemonte - 31
N. 2 maggio/agosto 2015
a settimana esercizi di allungamento per distendere i muscoli che accentuano la chiusura (in
particolare pettorali, flessori del collo, dell’anca
e delle ginocchia); ogni volta che vi percepite
“compressi”, sia in piedi sia da seduti, recuperate la verticalità immaginando di essere tirati
verso l’alto da un elastico fissato alla sommità
del capo.
Il rilassamento: un mezzo per
cambiare in meglio
Prima di parlare di rilassamento, è utile avere
una minima idea di come agisca lo stress. La
vita quotidiana ci sommerge con un eccesso
di stimoli, spesso senza che ce ne rendiamo
conto; una somma di eventi fisici e psichici –
oltre alle vicende personali vanno considerati
fattori esterni come cambi di clima e cattive notizie trasmesse dai media – genera in noi una
condizione di allerta che ci porta a spendere
grandi quantità di energia rendendoci più vulnerabili. Ormoni come adrenalina e cortisolo
sono messi in circolo in quantità influenzando
varie attività fisiologiche: respiro e battito del
cuore accelerano; pressione del sangue e tono
muscolare aumentano; digestione, attività immunitaria e qualità del sonno peggiorano. Col
tempo la condizione si cronicizza e abbiamo
difficoltà a tornare a uno stato di attivazione
normale. Come emerge dalla ricerca scientifica, il rilassamento agisce in modo speculare
allo stress riducendo frequenza cardiaca, pressione arteriosa, tono muscolare, reattività nervosa; influenza in modo positivo corpo e mente
creando distanza emotiva rispetto agli eventi e
aiutando il riequilibrio psicofisico. In modo non
diverso dall’allenamento fisico, anche il rilassamento richiede apprendimento ed esercizio;
32 - Cardio Piemonte
condotto in modo adeguato, ci aiuta a modificare la percezione degli eventi, agendo come
prevenzione e non solo come rimedio quando
stress e stati d’ansia si sono già manifestati.
Se volete rilassarvi un po’, potete fare così.
Come per la respirazione scegliete un posto
tranquillo, mettendovi seduti o distesi supini, con gli occhi chiusi. Rallentate il respiro e
portate la vostra attenzione al corpo sentendo
i punti di appoggio con la sedia o il pavimento/
letto, secondo la posizione. Quindi, provate a
percepire le varie parti del corpo; cominciate
dai piedi e risalite lentamente: polpacci, ginocchia, cosce, anche, glutei, bacino, addome/
lombi, torace/dorso, spalle, braccia, mani, collo, testa, occhi, labbra. Potete ripetere più volte
questo ciclo, per almeno una decina di minuti,
senza preoccuparvi se le percezioni non sono
nette o se avete tendenza a distrarvi, è assolutamente normale. Ogni volta che ve ne accorgete, limitatevi a riportare, con molta tranquillità, la consapevolezza al corpo e a proseguire.
Un po’ alla volta le sensazioni diventeranno
più precise, l’attenzione più stabile e comincerete a sentirvi meno tesi. Scegliete il momento
della giornata che preferite e ricordatevi che,
per risultati migliori e più stabili, è importante
esercitarsi quotidianamente. A meno che non
utilizziate il rilassamento la sera, come mezzo
per facilitare il sonno, se temete di addormentarvi potete usare una sveglia, ma che il suono
sia dolce, mi raccomando!
Gli argomenti sono stati esposti in modo molto
stringato, ma, spero, comprensibile. Lo stesso
vale per gli esercizi proposti che potete eseguire
da soli – non hanno controindicazioni – anche
se, ovviamente, la guida di un esperto risulta
sempre utile.
Curiosità
N. 2 maggio/agosto 2015
L’EPOPEA FEMMINILE PER ENTRARE IN MEDICINA
Aristotele, il grande filosofo
che non conosceva le donne
Le considerava esseri inferiori e il suo pensiero influì sulla cultura occidentale.
L’esercizio della professione fu negato per secoli. Alti e bassi dall’Egitto alla Grecia
all’Impero Romano e al Medioevo. Pur di praticare l’attività ci furono studentesse
che si travestirono da uomo. E solo a metà ‘800 vennero legalizzate
di Franco Orlandi
Gli ostacoli che non hanno permesso nei secoli, non dico una corretta o importante, ma
almeno accettabile affermazione del ruolo
della donna nella medicina, sono stati vari e
gravosi, confermando alterne fortune o possibilità. Oppure scaltrezze di vario genere come
nel caso di tre donne di cui ho trovato notizie. Gaio Giulio Igino, scrittore dell’Impero
romano, racconta che nel IV sec. ad Atene
era vietata alle donne lo studio e la pratica
della medicina, per cui molte donne per pudore morivano di malattie agli organi di riproduzione o di parto. Una ragazza di nome
Agnodice riuscì, travestendosi da uomo, a
seguire gli studi di ostetricia con il famoso
medico Erofilo. Nella sua pratica, che esercitò brillantemente, fu scoperta e condannata
sia perché donna, sia perché esercitò sotto
falso nome e solo l’intervento delle matrone
aristocratiche contro i giudici le permisero di
scampare alla pena e di riprendere ad esercitare la professione medica, solo però verso le
donne. James Stuart Barry agli inizi dell’800
divenne un famoso chirurgo militare, arguto
e capace, fino ad essere nominato ispettore
generale degli ospedali canadesi. Fu però criticato per la sua bassa statura, la voce dai
toni acuti e un modo di fare femmineo. Solo
dopo la sua morte si scoprì che in realtà non
era che Miranda Barry, una signora che per
diventare medico si era travestita da uomo;
nella società dell’epoca in Gran Bretagna era
negata alla donna l’esercizio della medicina,
figuriamoci nel settore militare! Il suo dossier
sparì misteriosamente. Gastone Lambertini (1902-1994),
prestigioso medico, narrerà
nei suoi scritti di una ragazza
di nome Giuliana di San Giovanni in Persiceto che, travestita da uomo, assisteva alle
lezioni di Raimondo dei Liuzzi
noto con il nome di Mondino
dei Liuzzi figlio di uno speziale nato a Bologna nel 1270 e
morto a Bologna nel 1326.
Il pensiero filosofico, nel periodo greco, in particolare con
Aristotele e la sua scuola, distingueva l’elemento femminile, che comunque si riconosceva facente parte del genere umano, come
una componente successiva a quella maschile e degradata, imperfetta e manchevole. Dal
cervello al numero delle suture craniche, passando per le caratteristiche della voce e alla
massa muscolare, tutto denotava uno stato di
debolezza tipico di una creatura inferiore. La
donna era considerata dotata come il fanciullo di “un’anima senza autorità”, di cui ne è
munita, a differenza del bambino, per tutta la
vita. Quindi la donna è incapace di raggiungere la perfezione. Nella generazione della
specie umana il corpo femminile è una anomalia che reca con sé il sigillo dell’impotenza
perché materia sorda e senza forma e nascere
donna è considerato un prodigio mostruoso.
Nell’immaginario degli antichi la donna si
presentava come una creatura che riassume-
Franco Orlandi
Cardio Piemonte - 33
Curiosità
La Scuola Medica
Salernitana così
come appare in una
miniatura del Canone
di Avicenna.
L’immagine
rappresenta la
storia leggendaria
di Roberto, duca di
Normandia. Ferito
mortalmente da una
freccia, fu salvato
eroicamente dalla
moglie che ne succhiò
il veleno come era
stato prescritto dai
medici di Salerno.
N. 2 maggio/agosto 2015
va in sé i caratteri della passività e dell’incompiutezza, rappresentando un’anomalia che
rientrava nei piani della natura, per rendere
durevole la distinzione tra maschi e femmine
funzionale alla trasmissione della specie.
Sappiamo dell’influenza che ha avuto Aristotele nel pensiero occidentale e nonostante i
lunghi secoli di avversione nei riguardi delle
donne, queste ultime hanno fatto scienza,
come continuano a fare in modo sempre più
numeroso (la presenza femminile nel mondo
del lavoro medico stenta a crescere dallo
2,5% del 1900 al 4,4% del 1930 per passare allo 6,8% del 1960 e per concludere con il
20,7% del 1995). Ne abbiamo testimonianza, nelle figure mitologiche, agli inizi del pensiero occidentale con l’opera di Omero. Agamede, figlia del re degli Epei, nell’Iliade,
assisteva i feriti sul campo di battaglia nella
piana di Troia e viene presentata come un
vero medico che conosceva numerosissimi
rimedi. Anche la famosa Elena, causa della
guerra di Troia, era una guaritrice che studiò
medicina in Egitto con Polidamna ed in questa terra anche le donne praticavano la professione medica avendo frequentato le scuole
di medicina a Sais ed Eliopoli. Omero spiega
nell’Odissea che in terra d’Egitto tutti erano
medici perché discendevano da Pèone, il medico degli dèi. Alcuni papiri egizi riportano
questioni mediche inerenti la ginecologia,
specialità più praticata dalle donne, le quali
effettuavano parti cesarei, operavano tumori e
curavano fratture. Nell’antica Grecia anche se
le donne erano discriminate nell’attività
dell’arte medica (ammesse agli studi solo a
34 - Cardio Piemonte
Cnido sulla costa dell’Asia Minore), il famoso
Ippocrate conosceva bene i rimedi fitoterapici
scoperti da antiche guaritrici. Tra tutte emerge
Artemisia di Caria, potente regina e condottiera del IV-V sec. a.C. dell’antica Grecia che conosceva le proprietà terapeutiche di moltissime piante officinali. Nell’Impero romano la
scienza medica era aperta anche alle donne
seppur non raggiunsero una condizione professionale pari a quella degli uomini. Plinio il
Vecchio ricorda Salpe di Lemno, esperta in
oftalmologia e Olimpia di Tebe, ginecologa.
Con Galeno collaborava Antiochis, specializzata nelle artriti e nelle malattie della milza.
A Roma nel 162 a.C. vi erano circa un milione di abitanti; si potevano trovare duemila tra
medici e guaritori, centocinquanta levatrici
che aiutavano nel parto e fungevano da medici per le donne. Erano le donne a praticare
la medicina per le donne ma fu un uomo, Sorano di Efeso, a scrivere il primo trattato, “sulle malattie delle donne” ove si affrontava con
metodo formale l’ostetricia. Dopo l’avvento
del cristianesimo e la caduta dell’Impero romano la medicina e la chirurgia si fossilizzarono nell’ortodossia galenica e sempre più
divennero appannaggio della struttura clericale e monastica. Qui le donne potevano trovare
il loro spazio. Ne è esempio la storia di Ildegarda di Bingen (1098-1170), monaca benedettina che scrisse a cavallo tra il 1150-60
il “Liber subtilitatem diversa rum creatorum”.
Nell’alto medioevo l’esercizio della medicina
fu libero, i più dotti erano semplicemente apprendisti od inservienti di medici; in questo
mondo confuso di praticoni e guaritori si potevano rintracciare delle figure femminili quali le “medichesse”. Nelle congreghe mediche
e chirurgiche di “norcini”, “precini”, “ciarlatani” o “ceretani” non si trova traccia di nomi
femminili. Nell’XI sec. nasceva la Scuola Medica Salernitana, la prima e la più importante
istituzione medica d’Europa. In essa trovarono rifugio la medicina ebraica e araba che
stavano giungendo in occidente, ove rifulgerà
una figura di donna medico, Trotula de Ruggero. Secondo alcuni fu uno pseudonimo sotto cui si nascondevano sette donne medico,
la cui esperienza è raccolta nel “De mulierum
passionibus ante, in e pospartum”, ove è illu-
Curiosità
N. 2 maggio/agosto 2015
strata la sutura del perineo che dimostra competenze di carattere chirurgico. Secondo altri,
era invece esistita realmente una persona
chiamata Trotula, della famiglia De Ruggero.
Si narra che nel 1059 Rodolfo Maladorna andando a Salerno incontrò Trotula “sapientem
matronam”. Le è attribuito il “De morbis mulierum et de loro cura”, il cui contenuto è molto razionale per l’epoca e influenzerà l’ostetricia per alcuni secoli. Nel 1213 il decreto di
Federico II di Hohenstaufen stabiliva che nessuno poteva chiamarsi medico o chirurgo
senza avere gli studi necessari: “statuimus ut
nullus in medicina vel chirurgia nec magisteri nomen assumano si nullus studeat in medicinale scientia”, ma per affrontare gli studi
medici era necessario conseguire il titolo di
chierico, prerogativa ecclesiale e maschile.
Stupisce trovarsi in presenza di figure femminili in un periodo in cui per legge l’esercizio
della medicina era vietato alle minoranze,
donne ed ebrei, ma le regole erano a volte
infrante e in Francia accanto ad un Astrugus
Surgicus, capo di una dinastia di chirurghi,
troviamo la moglie Fava Surgica, anch’essa
chirurga. I secoli XVII e XVIII videro ancora
generalmente gli uomini prendere di mira con
sottile ironia o dichiarato dileggio coloro che
tra le donne si interessavano di guarigione e
salute. Qua e là emersero però figure femminili di tutto rilievo come quella di Mary Wortley
Montagu, elegante e coraggiosa signora inglese che nella prima metà del Settecento condusse importanti esperimenti sul vaiolo e tenaci battaglie in nome dell’emancipazione
femminile. Nel 1800 era presente in Europa
un movimento di pensiero che voleva dimostrare sulla base di supposte leggi scientifiche, come le donne fossero biologicamente e
intellettualmente inadatte all’attività scientifica. Dobbiamo attendere sino al 1847 perché
una donna, Elisabeth Blackwell, poté sedersi
su un banco di una scuola di medicina, il Geneva Medical Institute di New York. Da quel
momento iniziò l’avventura delle donne negli
studi della medicina che vide realtà differenti
fra i diversi stati europei e negli Stati Uniti.
Qui, nel 1864, Rebecca Lee, la prima donna
medico di colore ricevette il suo diploma dalla
New England Female Medical college di Bo-
ston. Proprio quando moriva Miranda Barry
nel 1865 (quel dottor James Stuart di cui ho
scritto sopra), Elizabeth Garret Anderson, già
infermiera al Middlesex Teching Hospital,
completava i suoi studi di anatomia e chirurgia. Ebbene, ogni qual volta superava con
successo i suoi esami, le veniva consigliato di
non comunicare a nessuno i brillanti risultati
ottenuti. Quando, nel giugno del 1861, un
illustre docente pose agli studenti delle domande cui solo Elizabeth seppe rispondere,
gli uomini presenti le chiesero di abbandonare l’aula. Fu quindi bandita dalle altre lezioni
ed espulsa dall’Ospedale di Londra. Riuscì
ugualmente ad intraprendere la carriera di
chirurgo e lavorò a fianco di Sophia Jex-Blake
(dottoressa inglese e principale sostenitrice
per l’educazione medica delle donne), nella
“battaglia di Edimburgo”: un gruppo di donne
tentò l’ammissione alla Scuola di medicina di
Edimburgo organizzandosi in un percorso formativo appositamente studiato per loro. Sfortunatamente furono più brave degli uomini e
così i loro colleghi, considerandole una minaccia, le denunciarono per frode. In tribunale, e poi in appello, le donne persero. La maggior parte del gruppo si trasferì in Svizzera per
laurearsi a Berna e tornò qualche anno
dopo in Irlanda, dove fondò una
propria Università, la «London
School of Medicine for Women». Finalmente l’ordine
dei medici irlandesi si arrese e decise di ammetterle
all’esame di abilitazione.
L’obiettivo fu raggiunto e
costituì solo una battaglia di una guerra molto
lunga e combattuta a
prezzo di notevoli sacrifici. Queste lotte continuano ancora oggi?
Questo articolo mi è stato possibile scriverlo grazie alle relazioni
di due conferenze: una tenuta da Dalila Patrizia Greco, responsabile di chirurgia
dell’Ospedale Niguarda di Milano; l’altra da
Corrado Petrocelli, Magn. Rettore dell’Università di Bari. Ringrazio entrambi.
Elizabeth Blackwell"
di Fotografo
sconosciuto - National
Library of Medicine.
Con licenza Pubblico
dominio tramite
Wikimedia Commons
Cardio Piemonte - 35
N. 2 maggio/agosto 2015
AI NOSTRI GIORNI TRIONFA IL GENTIL SESSO
Il tempo della rivincita
Nell’ultimo decennio sovrastati i maschi tra gli iscritti e i laureati.
Alla base del successo motivi economici e sociali più il fattore "grinta".
Il dottor Comandone (Accademia di Medicina): «L’area medica è
il loro regno. E i quiz premiano l’intelligenza femminile»
di Michele Fenu
Dopo aver letto il piacevole e documentato
articolo di Orlandi sulle donne e la medicina
nella storia ho trovato l’ennesima conferma di
quanto sia stato difficile per il genere femminile affermarsi e conquistare un posto di parità
nella società e nelle professioni. Salvo qualche
eccezione luminosa, è accaduto in ogni settore della nostra civiltà, come sapete, e spesso
le donne hanno dovuto rimanere nell’ombra,
limitandosi a pilotare sapientemente maschi
assai inferiori sul piano intellettuale.
Ma non è il caso adesso di inoltrarsi sui perché o di abbandonarsi ad analisi che sono
già state illustrate in libri e articoli. Preferiamo
domandarci come appare la situazione oggi.
Bene, in questo Terzo Millennio essa è profondamente mutata.
Basta avere qualche malanno più o meno serio e dover ricorrere alle cure della medicina
per rendersene ampiamente conto. Troviamo
le donne in prima linea e, con maggiore o minore presenza, in ogni area del sapere clinico.
Ne vedrete di meno in ortopedia per la fisicità
che occorre in tale settore ma, ad esempio,
in pediatria o cardiologia oppure in oncologia
sono in numero impressionante.
Il grande filosofo greco Aristotele (vedi quanto
Iscritti alla Facoltà di Medicina
36 - Cardio Piemonte
scrive Orlandi) sarebbe sconvolto.
La notizia più eclatante è che questa scalata
femminile non è soltanto frutto di impressioni,
ma poggia su dati precisi. Che rivelano, secondo quanto l’Università di Torino ha gentilmente comunicato a Cardio Piemonte, come il
numero degli iscritti e dei laureati veda nell’ultimo decennio e nei primi mesi di aprile una
netta predominanza delle donne sugli uomini. Potete dare un’occhiata alle tabelle che vi
proponiamo, qui, per non imbottirvi di cifre,
ci limitiamo a segnalarvi che nel 2005/2006,
su tremila iscritti, 1.750 erano donne e nel
2013/2014, su 3.973, si era a quota 2.223;
nel 2005 le laureate furono 168 su 303 e nel
2014 la bellezza di 228 su 385.
Un fatto di passione, di capacità, di maggiore
applicazione allo studio? Anche, naturalmente, ma alla base esistono una serie di motivazioni precise, che rivestono fattori di varia natura, come emerge dalle conversazioni
che abbiamo avuto con alcuni operatori del
mondo maschile e femminile della medicina.
Più o meno sono tutti d’accordo, a partire dal
nostro vice presidente Sebastiano Marra, a
porre soprattutto in risalto gli aspetti sociali
ed economici.
N. 2 maggio/agosto 2015
Laureati in Medicina e Chirurgia
Sempre sottolineando che parliamo in termini generali, le donne, e lo notiamo in ogni
campo, vogliono emergere, hanno più grinta, si impegnano con particolare determinazione. I secoli bui hanno lasciato il segno.
Si tratta soprattutto di una sfida di carattere
personale, di una competizione che non mira
fondamentalmente ad assumere posizioni di
particolare prestigio, pur se, grazie al proprio
talento e alla propria professionalità, si possono raggiungere importanti riconoscimenti. Ma
bisogna anche dire che ai nostri giorni la professione medica, come altre (penso al giornalismo), non ha più il carisma di una volta
e che rischia di porne i protagonisti davanti
a seri e complicati rischi di natura legale. Si
veda la diffusione delle assicurazioni.
C’è poi il fattore economico. Un giovane che
punta a una posizione in grado di assicurargli
un certo benessere e a formarsi una famiglia
ha il timore (o la ragionevole certezza) di avere
davanti a sé una navigazione lunga e difficile
prima di arrivare in porto. Salvo casi abbastanza rari, un medico, mi spiegano, conquista un posto di peso nella sua carriera intorno
ai 45-48 anni. Una ragazza si pone in minor
misura questo problema. Entrare nella professione è di per sé un riconoscimento di valore.
Il dottor Alessandro Comandone, presidente
dell’Accademia di Medicina, aggiunge un elemento di discussione interessante. L’Accademia, istituzione fondata nel 1819, è un punto
di riferimento per chi lavora nel settore e svolge una serie di iniziative volte a promuovere
la cultura medica. Afferma: «Consideriamo il
numero dei candidati che superano i test di
ammissione a medicina. Si nota che le studentesse riescono meglio dei colleghi maschi.
Perché? Al termine di un ampio dibattito si è
convenuto che probabilmente la spiegazione
va ricercata nel tipo stesso delle prove, articolate come quiz con più risposte. Preparazione dei candidati a parte, tali quiz sembrano
più adatti all’intelligenza femminile, che sa
cogliere con maggiore efficacia le sfumature
e intuire la soluzione corretta alle domande.
L’uomo, senza voler banalmente generalizzare, è più portato per sua natura a rispondere
o bianco o nero».
A questo punto ci pare pertinente domandarsi
dove si registra una più consistente presenza
femminile. Le tre grandi aree di attività sono,
per sommi capi, i servizi, come laboratorio,
anatomia patologica, direzioni sanitarie; la
medicina in senso lato, e cioè medicina interna, cardiologia, oncologia, più pediatria
e anestesiologia; infine, la chirurgia, che riguarda un vasto spettro di interventi, alcuni
delicatissimi come i trapianti o le operazioni
sul cuore, e che comprende branche come
l’oculistica o l’ortopedia. «Il regno femminile – spiega Comandone – è quello dell’area
medica, con una presenza importante nella
pediatria per evidenti motivi e nella anestesiologia, nella quale per la struttura stessa
del lavoro una professionista ha più facilità
nell’organizzare una vita familiare. Anche la
biologia molecolare e la ricerca di base sono
un campo validissimo per le laureate, che
possono far valere doti tipiche come la precisione e l’ordine».
Detto ciò, quello che conta veramente in ogni
settore è la capacità dell’individuo, senza alcun riferimento al sesso. Sono finiti i tempi in
cui una donna doveva travestirsi da uomo per
accedere al mondo della medicina ed esercitare la professione.
Dottor Alessandro
Comandone,
presidente
dell’Accademia di
Medicina
Cardio Piemonte - 37
Medicina & Storia
N. 2 maggio/agosto 2015
STORIA. UN PROBLEMA NON NUOVO PER LA MEDICINA
Quei falsi malati di ieri e oggi
Molte persone si preoccupano per la presenza di alcuni sintomi ritenuti
di origine cardiaca. Già negli Anni ’30, come si nota in articolo de "La Stampa",
la situazione veniva chiarita da un’attenta valutazione clinica.
Ora con l’aiuto della tecnologia la diagnosi è rapida e sicura
di Erennio Rosettani
Prof. Erennio Rosettani
Nella quasi totalità dei pazienti che si presentano al proprio
medico curante o spesso al
Pronto Soccorso con il timore
di avere qualche problema a
carico dell’apparato cardiovascolare, è di solito la comparsa recente di sintomi che
attrae la loro attenzione e provoca nello stesso tempo uno
stato di continua apprensione.
Un dolore al petto, un’improvvisa palpitazione, un senso di
affanno o di fatica a respirare,
sono i sintomi ormai comunemente ritenuti di
possibile origine cardiaca.
Il medico o il cardiologo moderno, con lo
studio clinico e grazie alla ricca disponibilità
di metodi d’indagine strumentale possono in
breve escludere la presenza di una cardiopatia. Tuttavia in molti soggetti con particolare
quadro ansioso, la ricorrenza della sintomatologia genera una “inguaribile preoccupazione
di essere malati di cuore”.
Dovrei ora descrivere come si presenta il quadro clinico di questo tipo di pazienti, ma preferisco offrire ai lettori la copia di un articolo,
scritto da un anonimo “Dott. V.”, comparso
su “La Stampa” di Torino, giovedì 7 Marzo
1935, scoperto nel mio continuo curiosare
sulla Cardiologia Piemontese del passato. Un
titolo eloquente e la testimonianza di come
una buona conoscenza della fisiopatologia
cardiovascolare ed una attenta valutazione
clinica avessero già individuato queste pseudo cardiopatie, senza l’attuale supporto diagnostico-strumentale, purtroppo di frequente
“impiegato a scopo terapeutico”.
LA MEDICINA
I Falsi Malati di Cuore
LaStampa 07/03/1935 numero 57 pagina 6
Sovente negli ambulatori si
presentano persone, le quali intendono consultare il
medico per supposte malattie di cuore e seguono con
evidente apprensione tutte
le indagini che il professionista esegue per rintracciare i possibili segni obbiettivi
di tali sospettate lesioni car-
38 - Cardio Piemonte
diache. Tali soggetti, quando il responso riferisce le
loro sofferenze ad altre cause estranee al cuore, non
sembrano lì per lì persuasi
e, mentre un certo senso di
naturale soddisfazione dovrebbe pervaderli, cercano
di riscontrare nell'espressione del viso del medico
qualche reticenza, qualche
pietosa simulazione. Si tratta di «falsi cardiaci», la cui
sintomatologia soggettiva a
carico dell'organo della circolazione può dipendere da
cause svariate. Tra queste
sono, senza dubbio, predominanti quante traggono
origine dall'apparato dige-
Medicina & Storia
N. 2 maggio/agosto 2015
rente. Certamente il loro
rilievo come provocatrici
esclusive dei disturbi funzionali cardio-vascolari non
è sempre di assoluta facilità; talora anzi la diagnosi si
presenta delicata e soltanto
attraverso ad accurata valutazione di ogni circostanza
e magari ad un breve periodo d'osservazione essa
può essere posta con sicurezza. E' perciò che senz'altro bisogna premettere che
l'apprensione dei soggetti
in parola, sino ad un certo
punto almeno, è giustificata
e peggio sarebbe se accadesse che taluni attribuendo a banali fenomeni gastrici i loro disturbi cardiaci
trascurassero vere alterazioni dell'apparato circolatorio.
Del resto... anche le sindromi gastro-intestinali meritano un'opportuna cura! Vi
sono, cosi, individui i quali
di tanto in tanto sono sorpresi da un affanno di respiro, che si accentua un
po' sotto gli sforzi, ma che
maggiormente si evidenzia
in seguito ai pasti; si tratta
per lo più di forti mangiatori
o di bambini che divorano
con enorme rapidità i pasti.
Questa dispnea di cui si lamentano sovente si attenua
o scompare dopo qualche
eruttazione; ma non di rado
è quasi permanente, con
esacerbazioni
accessuali, specie durante la notte.
L'individuo colpito accusa una vera sete d'aria, gli
pare addirittura di asfissiare, mentre il suo polso si fa
piccolo, un senso di freddo
invade le sue estremità. Più
impressionante è la sintomatologia che colpisce altri
individui e che ricorda assai
da vicino quella dell'angina
di petto. Domina allora il
quadro un forte dolore costrittivo al cuore, con irradiazioni verso la parte alta
del torace ed il braccio sinistro; esso è, però, alquanto
meno intenso di quello chi
suole presentarsi nell'angina pectoris e d'altronde tende ad assumere il carattere
di peso sottomammario e
permette ogni movimento.
Senza dubbio l'insorgere
di un tale dolore provoca
una terribile apprensione specialmente in coloro
che per lettura di opere di
volgarizzazione medica o
per sentito dire hanno un
Cardio Piemonte - 39
Medicina & Storia
N. 2 maggio/agosto 2015
vago concetto del modo di
estrinsecarsi e della gravità
della vera angina di petto.
In altri «falsi cardiaci» è l'aritmia accessuale del polso
che talvolta richiama la loro
attenzione, oppure è un acceleramento insolito od un
anormalo rallentamento dei
battiti del cuore. Sono da ricordarsi ancora certe forme
di palpitazione, che insorgono per lo più per crisi, o
dopo i pasti od anche mentre l'individuo sonnecchia,
specie se sdraiato sul fianco
sinistro, ed è allora svegliato di soprassalto. Talora le
manifestazioni
funzionali
circolatorie si palesano sotto
forma di reazioni vasomotorie: il soggetto, specialmente
durante la digestione, è colto
da vampe di calore o da leggeri svenimenti, con profuse
sudorazioni; altre volte è al
mattino al risveglio che l'individuo ha un senso di vertigine che si accentua appena
si alza in piedi. Alla base di
questi disturbi, quando naturalmente sta esclusa ogni
causa organica direttamente
riferibile all'apparato cardiovascolare, sta sovente una
forte dilatazione dello stomaco, anormalmente disteso, come avviene nei cosidetti mangiatori d'aria, cioè
in quegli individui che parlando o mangiando deglutiscono grandi quantità d'aria.
Talora non è lo stomaco,
bensì il colon che è abnormemente rigonfio di gas. Sia
l'uno o l'altro viscere, certo la
loro distensione può essere
così voluminosa da solleva-
40 - Cardio Piemonte
re la cupola del diaframma,
di quel muscolo piano ed
elastico che a guisa di volta
separa la cavità addominale
da quella toracica. A sua volta il diaframma sollevandosi
spinge in alto anche il cuore.
Ma se ci si domanda come
mai non in tutti gli aerofagi
(mangiatori d'aria) si presentano simili disturbi, che d'altronde possono restare muti
anche in seguito ad insufflazioni d'aria nello stomaco
a titolo sperimentale, viene
da pensare che altri motivi
siano da chiamarsi in causa. Si invoca così l'irritazione
riflessa partita da eventuali
lesioni della mucosa gastrica o lo stiramento del plesso
nervoso dello stomaco fortemente abbassato. Anche
gli alimenti hanno notevole
importanza, tanti ve ne sono
che, pur sembrando innocui, in certe persone sono
capaci di scatenare vere crisi gastriche con ripercussioni più evidenti sul cuore. Nè
va dimenticata l'eventuale
concomitanza di altri fattori,
repertabili soprattutto nella
disfunzione di ghiandole a
secrezione interna, come si
rileva, ad esempio, in certi
momenti della vita della donna. Come punto essenziale,
ad ogni modo, starebbe la
lesione dello stomaco, che
attraverso un arco riflesso,
mediante il sistema nervoso vegetativo agirebbe sull'apparato
circolato-
rio, dando ora acceleramento dei battiti, ora rallentamento a seconda della
sezione, simpatica o vagale,
di tale sistema nervoso che
viene eccitata. Se non in
tutti gli indivdui la reazione
alla stessa causa è eguale,
gli è che anche il cosidetto
terreno neuropatico ha un'evidente importanza. II medico accorto non si stancherà
mai, però, di scrutare se non
coesista pure un terreno per
così dire cardio-vascolare, in
cui cioè cuore e vasi pur essendo sani hanno in germe
una certa debolezza, tale da
rispondere con reazioni esagerate a stimoli insignificanti
per un individuo normale.
Lo studio della cardiologia,
che in Italia ha numerosi
e valenti specialisti, ha assunto in questi ultimi anni
una estensione vasta anche
per l'introduzione in clinica
dell'elettrocardiografo. Per
riunire in un unico sforzo le
ricerche scientifiche di tanti
cultori di una branca sì importante della medicina, si
è di questi giorni costituito
il «Gruppo di cardiologia»,
che terrà prossimamente
una riunione nazionale.
Dott. V.
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In campo con la nostra
Onlus
ASSEMBLEA SOCIALE, LE NOVITÀ
Il presidente Danielis:
un particolare grazie ai volontari
Ai primi di maggio, presso la Circoscrizione 8
di Torino, si è svolta l’Assemblea Sociale Ordinaria degli Amici del Cuore Piemonte Onlus,
cui hanno preso parte 91 soci (48 le deleghe)
con la partecipazione del vice Presidente Sebastiano Marra, che ha analizzato il lavoro dei
volontari (se ne parla a parte nell’Editoriale) e
la gradita presenza della dottoressa Gabriella
Agnoletti. Il Presidente Danilo Danielis ha illustrato la situazione della nostra associazione,
toccando i vari punti all’ordine del giorno, che
sono stati approvati all’unanimità.
In particolare, l’importo di € 25 della quota
associativa con il termine del rinnovo al 31
agosto e i limiti per il rimborso spese dei volontari. Lo Statuto prevede che il loro lavoro
sia completamente gratuito ma la convenzione
che abbiamo con l’ospedale Molinette ci permetterà di rimborsare i costi degli spostamenti.
Si porterà questo ordine del giorno in Consiglio
Direttivo con la proposta di deliberare € 1.700/
anno per rimborsare le spese di viaggio e i buoni pasto ospedalieri.
Il Presidente ha poi portato all’attenzione dei
soci il bilancio 2014, il budget 2015 e la relazione allegata al bilancio, firmata dai Revisori
dei Conti Michele Falanga e Giuseppe Mamoli, commentando le voci attive e passive dello
Stato Patrimoniale 2014 chiuso con disavanzo
è di € 49.000. Danielis ha analizzato le voci
del budget 2015 sottolineando come le cifre di
previsione siano molto “prudenti” ma stimolanti da realizzare. Ad esempio, questo numero di
Cardio Piemonte cresce nel numero delle pagine e viene stampato in 7.500 copie. Infine,
il tema dell’assicurazione che la Onlus stipula
per i volontari: ci copre sino a 85 anni, compresi gli incidenti in itinere, cioè per il viaggio
da casa al posto di volontariato. Da definire con
l’URP ospedaliero quali sono i termini dell’assicurazione dell’ospedale nei confronti dei volontari. E qui val la pena di ricordare come le
ore di attività siano salite dalle 4.378 del 2008
alle 6.918 dello scorso anno con presenza nel-
la Cardiologia 2 del dottor Marra, nella 1 del
prof. Gaita e nella Cardiochirurgia del dottor Rinaldi e il numero dei soci cresciuto nello stesso periodo da 179 a 405 (412 al 4 maggio
2015).
A chiusura dei lavori il Presidente, rimarcando
come la missione della nostra Associazione sia
la prevenzione, ha invitato i soci a fidelizzare le
persone che incontriamo perché ci sostengano
con donazioni e manifestazioni atte a raccogliere fondi al fine di estendere la nostra principale funzione. Un grazie ai volontari per la
loro preziosa attività, al responsabile di Cardio
Piemonte, alle coordinatrici dei volontari Renate Heissig e Rita Porta che hanno sostituito
Caterina Racca e ai coniugi Guglielmo Moretto
e Luisella Chiara che gestiscono con passione
il Banchetto della Salute.
(C. G.)
Cardio Piemonte in giro
per l’Europa portando il
messaggio degli Amici
del Cuore
La nostra nuova socia, l’ing. Elena Bosio,
ha distribuito copie della rivista in Svizzera,
Austria e in molti altri Paesi dove l’attività
della sua azienda e il ricordo del padre,
inventore del primo cuore artificiale, sono
ben presenti. E’ anche un segno dell’apprezzamento della qualità di Cardio Piemonte e dei suoi collaboratori nel quadro
delle attività di prevenzione della Onlus.
Forza, è con i piccoli passi che si cresce e
siamo cresciuti tantissimo.
E.Z.
Cardio Piemonte - 41
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AMICI DEL CUORE PIEMONTE ONLUS
Bilancio consuntivo dell'esercizio 2014
PREVENZIONE PRESSO
LE FARMACIE COMUNALI
Il prezioso collegamento tra gli Amici del Cuore e le farmacie si allarga per raggiungere una
parte sempre più vasta della popolazione. Da
alcuni mesi le nostre giornate di prevenzione
si sono estese anche alle farmacie comunali
di Torino. Sono già state visitate la n° 11, la
n° 28 e la n° 45. Gli incontri hanno riscosso
un buon numero di adesioni e a breve ne saranno programmati altri.
Farmacia Comunale 11
Farmacia Comunale 28
Farmacia Comunale 45
42 - Cardio Piemonte
PIEMONTE ONLUS
Associazione di volontariato per la
prevenzione delle malattie cardiovascolari
Da spedire a:
A.O.Città della Salute e della Scienza di Torino - CARDIOLOGIA 2
C.so Bramante, 88 - 10126 TORINO
Tel. 011.633.55.64 - Cell. 346.1314392
SCHEDA ISCRIZIONE A SOCIO
Il sottoscritto/a:
Codice Fiscale:
Nato a
il
Residente a
Via/corso/piazza:
CAP:
Telefono:
Cellulare:
E-mail:
Chiede di poter far parte come Socio/a della Onlus e provvede a versare l’importo di Euro……………………. Quale socio:
(socio ordinario € 25 - socio sostenitore € 100+25 - socio benemerito, sopra i € 500+25)
Verso la quota in:
contanti
con bonifico bancario Banca Prossima - IBAN IT44P0335901600100000115399
er conto corrente postale n. 19539105
p
Intestato a : AMICI DEL CUORE PIEMONTE ONLUS - Cardiologia 2 - C.so Bramante, 88 - 10126 TORINO
N.B. Il versamento della quota per donazione deve essere effettuato a mezzo bonifico bancario
Firma
Data
CONSENSO AL TRATTAMENTO DEI DATI AI SENSI DEL CODICE SULLA PRIVACY D.L.196/03
Apponendo la firma in calce al presente modulo, manifesto il mio consenso al trattamento dei dati, nel solo ambito delle finalità
e modalità dell’attività sociale dell’associazione. Autorizzo il Presidente a informatizzare il mio nome nell’elenco Soci, che non
verrà comunicato a terzi, fuori dall’ambito della stessa associazione. Mi riservo di tutelare i miei diritti, in ogni momento, qualora
tale disposizione non venga osservata.
Firma
CUORE: CONVEGNO MONDIALE A TORINO
Da Capitale dello Sport a Capitale
del Cuore. Torino si appresta a
ricevere con le XXVII Giornate
Cardiologiche studiosi, ricercatori
e clinici di tutto il mondo. È un
appuntamento ormai tradizionale,
in programma il 23 e 24 ottobre
presso il Centro Congressi
dell’Unione Industriale.
Diviso in due sezioni, sotto la
regia del Prof. Fiorenzo Gaita e del
Dott. Sebastiano Marra, Direttori
delle Cardiologie Universitaria e
Ospedaliera nella Città della Salute
e della Scienza, il congresso è
dedicato alle “Advances in Cardiac
Arrhythmias” e “Great Innovations
in Cardiology”. Il Comitato
Scientifico si avvale della presenza
degli americani Malcolm Bell e
Amir Lerman, esponenti illustri
della Mayo Clinic di Rochester, con
cui Torino ha da tempo fruttuosi
rapporti, il tedesco Martin Borggrefe,
il francese J.-F. Leclercq e lo
svizzero Dipen Shah. Numerosi i
temi sul tappeto, toccando medicina,
scienza, tecnologia e ricerca. In
primo piano la prevenzione.