La famiglia delle Solanacee in medicina omeopatica (It/Eng)

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La famiglia delle Solanacee in medicina omeopatica (It/Eng)
Omeopatia clinica/ Clinical Homeopathy
Massimo Mangialavori
Medico Chirurgo – Omeopata MODENA
[email protected] – www.mangialavori.it
La famiglia delle Solanaceae
in medicina omeopatica
Un caso clinico di Solanum nigrum
Prima parte/ First part
THE SOLANACEAE FAMILY
IN HOMEOPATHIC MEDICINE
A CLINICAL CASE OF SOLANUM NIGRUM
RIASSUNTO
SUMMARY
Breve presentazione del concetto di "Famiglia Omeopatica" secondo il metodo della
Brief presentation of the concept of the “Homeopathic
complessità in Medicina Omeopatica di Massimo Mangialavori e Gianni Marotta.
Family” using the complexity model in Homeopathic
Sintesi di alcuni concetti fondanti del rimedio Atropa belladonna e di altre Solanaceae
Medicine of Massimo Mangialavori and Gianni Marotta.
in Antropologia Medica e Medicina Omeopatica. Presentazione di un caso di sclerosi
Outline of some fundamental concepts of the remedy
multipla con 12 anni di follow up trattato con Solanum nigrum
Atropa Belladonna and of some other Solanaceae in
Medical Anthropology and Homeopathic Medicine.
PAROLE CHIAVE
Presentation of a multiple sclerosis case with 12 years fol-
Famiglia Omeopatica. Solanaceae. Belladonna. Mandragora. Sclerosi multipla.
low-up treated with Solanum nigrum.
B
elladonna atropa è uno dei primissimi rimedi studiati da chi si avvicina allo studio della Medicina Omeopatica. Un rimedio usatissimo
come sintomatico in tutto il pianeta. Una sorta di paradigma degli
stati infiammatori acuti, a torto o a ragione. Uno di quei rimedi che persino chi ne sa poco o niente di questa meravigliosa medicina ha sentito nominare almeno una volta.
Chi ha interesse per uno studio più approfondito del modello antropologico chiamato Belladonna sa che questo rimedio è molto, molto di più. La
maggioranza dei repertori vedono solo rimedi come Sulphur contendersi il
primato della quantità assoluta di sintomi. Ricordo ancora quando, da studente, mi cimentai nella lettura, studio e tentativo di organizzazione di tutti
i sintomi repertoriali di Belladonna. Ci misi quasi una settimana, se non
ricordo male allora erano intorno ai 25.000. Come dire di tutto. Come dire
di niente. Avventurarsi nello studio di questa meravigliosa quanto magica
pianta significa essere catturati da un’atmosfera fantastica fatta di: streghe,
sabba declinati ai mutamenti delle lune, veleni mortali, cortigiane dalle
pupille avvenenti. Atropa belladonna dei giorni nostri tradisce una dimensione più prosaica: il malcapitato che, ignaro dei possibili effetti collaterali
di certe visite oculistiche, resta con la visione offuscata, lamentandosi solo
della difficoltà di tornare subito alla guida.
Eppure Atropa belladonna non è solo una pianta già anticamente usata e
conosciuta; tanti nella comunità omeopatica la identificano con un universo molto più vasto: quello delle Solanaceae. Probabilmente per la similitudine con altri rimedi come Hyosciamus, Stramonium, Mandragora,
Solanum nigrum ... dimenticando forse che l’esperienza di mordere un bel
pomodoro nell’orto non ha proprio gli stessi effetti dell’ingestione delle
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KEYWORDS
Homeopathic Family. Solanaceae. Belladonna. Mandragora.
Multiple sclerosis.
Atropa Belladonna is one of the very first remedies, which students new to Homeopathy study. A remedy very often used
symptomatically and universally. Rightly or wrongly, it is a type of
paradigm of acute inflammatory states. It is one of those remedies
that people have still heard about once even if they know little or
nothing of this wonderful medicine. Those who have done a more
in-depth study of the anthropological model called Belladonna
know that there is much, much more to this remedy.
Most repertories only see remedies such as Sulphur in contention
for first place in the total number of symptoms. I still remember
when, as a student, I ventured to read, study and attempt to
organise all the repertory symptoms of Belladonna. It took me
almost a week and if I recall rightly, there were about 25,000.
Venturing into the study of this plant, which is equally marvellous
and magical means being captured into a fanciful world made of
sorcerers, witches disappearing as the moon changes, fatal poisons,
and female courtiers with alluring pupils. In our day, Atropa
Belladonna betrays a more prosaic aspect: the hapless victim who,
ignorant of the possible side effects of an appointment with an
ophthalmologist, leaves with blurred vision and the sole complaint
of his immediate difficulty in driving.
Yet, Atropa Belladonna is not simply a plant known and used in
antiquity. Many in the homeopathic community identify it with a
much vaster world. This is probably because of its similarity with
other remedies like Hyoscyamus, Stramonium, Mandragora
Solanaceae
Già il titolo di questo articolo, come del libro uscito
sullo stesso argomento lo scorso anno, mi sembrano un
interessante spunto di discussione in seno alla comunità
omeopatica: ha senso l'idea di accorpare i rimedi di questa famiglia botanica? Esiste una relazione tra le alcune
solanacee tossiche e quelle usate persino come alimenti?
bacche di Belladonna. Magari Romeo e Giulietta dei tempi nostri potrebbero promettersi l’eterno amore dividendo una patatina, invece che spaccando assieme una radice di Mandragora! E che dire dell’estasi di una strega che si friziona i genitali con il manico di una scopa unto di pomata al
peperoncino al posto di quella di Giusquiamo? Già ... la patata, il pomodoro, la melanzana, il tabacco, la dulcamara sono tutte Solanaceae anche loro.
Restando almeno ad una tra le tante, obsolete, incerte, superficiali e morfologiche classificazioni botaniche. Infatti quelle più moderne, come la
APGI, basata sulla chimica e la biochimica delle piante, suggerisce per il
pomodoro e la belladonna due raggruppamenti un po’ diversi. Eppure
quando ho discusso con il mio editore il titolo del libro mi sono sentito dire
che nessuno avrebbe gradito o compreso il termine “Belladonna-like”. E’
vero. E’ brutto. E poi i sottotitoli li leggono in pochi. Meglio usare il termine Solanaceae. Usiamolo allora ma cerchiamo di fare, innanzitutto, un
po’ di chiarezza.
Per chi ha interesse a ragionare in termini di famiglia di rimedi può essere
molto fuorviante accorpare rimedi così diversi. In fondo il concetto di
“famiglia” in Medicina Omeopatica non è poi tanto nuovo. Infatti, partendo
da modelli medici un po’ differenti da quelli odierni, anche i nostri maestri
del passato si cimentarono in parecchi tentativi di parentele tra i rimedi:
per facilitare le diagnosi differenziali o per suggerire un successivo rimedio
secondo una certa coerenza. Il concetto stesso di “famiglia” è un po’ come
la quadratura del cerchio: da un lato dichiariamo tutti la necessità di definire un possibile simillimum, dall’altro è un dato di fatto che molti pazienti
(come molti rimedi) presentano i loro problemi in modo non sempre così
lineare e preciso. In ultima analisi il concetto di famiglia può essere un validissimo aiuto per ragionare su uno dei più antichi problemi in medicina:
ancora la diagnosi differenziale.
Il mio personale punto di vista in merito è che i pazienti, i rimedi e le
sostanze presenti in Natura non hanno alcun bisogno di farsi classificare. E’
un problema nostro. Questa umana necessità si declina, però, secondo paradigmi già molto diversi pur nei medesimi ambiti. Infatti gli stessi botanici
non hanno idee comuni. C’è chi predilige la sociologia della pianta, chi i
principali componenti, chi il fitocomplesso, chi il patrimonio cromosomico, chi l’uso tradizionale, chi la morfologia ... Le cose si complicano di
molto se poi ci spostiamo addirittura di ambito, cercando di capire cosa può
interessare un farmacologo, un entomologo, un antropologo o un medico.
E magari l’omeopata piuttosto che il fitoterapeuta, l’erborista tradizionale o
lo specialista in Medicina Tradizionale Cinese. Ognuno di questi può essere
anno XIII numero 37 aprile 2008
LIKE THE BOOK ON THE SAME TOPIC, WHICH WAS
PUBLISHED LAST YEAR, THE TITLE OF THIS ARTICLE
IS ALSO AN INTERESTING STARTING POINT FOR
DISCUSSION IN THE HEART OF THE HOMEOPATHIC
COMMUNITY: DOES GROUPING TOGETHER THE REMEDIES
OF THIS BOTANICAL FAMILY REALLY MAKE SENSE?
IS THERE A RELATIONSHIP BETWEEN SOME OF THE POISONOUS
SOLANACEAE AND OTHERS THAT ARE EVEN USED IN OUR DIET?
(Mandrake), Solanum nigrum...perhaps forgetting that the experi-
ence of biting a delicious garden tomato does not have quite the
same effects as eating Belladonna berries. Perhaps today’s Romeo
and Juliet could promise each other eternal love sharing a little
potato instead of splitting together a Mandrake root!
Not to mention a witches’ ecstasy as she rubs her genitals against
a broomstick greased with the ointment of chillies in place of
Henbane.
Of course...the potato, tomato, aubergine, tobacco, bittersweet are
all Solanaceae too. They are at least one among the many, obso-
lete, dubious, superficial and morphological botanical classifications.
In fact, the more modern ones, like APGI, which is based on the
chemistry and biochemistry of plants, suggest two different groupings for the tomato and Belladonna. Yet when I had a discussion
with my editor about the title of the book, I heard him say that no
one would have liked or understood the term “Belladonna-like”. It
is true. It is unattractive. Then only a few people read subtitles.
The term Solanaceae is better.
We shall use it now but let us first try to clarify things a little.
For those who are interested in thinking along the lines of remedy
families, it may be very misleading to group together remedies that
are so different. After all, the concept of “family” in Homeopathic
Medicine is not so new. In fact, beginning with medical models that
are a little different from contemporary ones, our past teachers
undertook several attempts at relating remedies. They tried to
facilitate the process of differential diagnosis or to give some consistency by suggesting the follow-up remedy.
The concept of “family” is itself a little like squaring a circle. On the
one hand, we all declare the need to define a possible simillimum
and on the other hand, it is a fact that many patients (like many
remedies) do not always present their problems in a linear, precise
way.
The concept of family may after all be a very valid aid to reason
over one of the most ancient problems in medicine: the differential
diagnosis.
My personal opinion is that the patients, remedies and substances
present in Nature have no need of classification. It is our problem.
This human necessity slides down into paradigms that differ very
greatly even in the same ambit. In fact, botanists themselves do not
share the same opinions. Some prefer the sociology of the plant,
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Omeopatia clinica/ Clinical Homeopathy
ATROPA BELLADONNA
interessato a confrontare il
suo paradigma ma deve,
innanzitutto, definire il
suo: perchè il rimedio A
può accomunarsi al rimedio B? Mutuare classificazioni provenienti da altri
ambiti può essere rischioso
e molto discutibile. Per
questo preciso motivo ho
deciso di dedicare il mio
primo libro alla mia esperienza sulla “famiglia omeopatica delle droghe”1: un
chiaro esempio di rimedi
che condividono temi fondanti e che presentano interessanti analogie, anche in
ambito antropologico e farmacologico. Rimedi, però,
appartenenti a diverse
famiglie botaniche (sempre secondo la più obsoleta classificazione botanicamorfologica). Alcune di queste droghe omeopatiche non appartengono
nemmeno allo stesso regno: infatti troviamo imparentati funghi, piante, gas
... prodotti animali. Nel caso delle Solanaceae omeopatiche è interessante
osservare come solo alcune di queste possano presentare temi comuni,
componenti simili, contesti antropologicamente significativi. E’ il caso
appunto di Belladonna, Hyosciamus, Stramonium, Solanum nigrum,
Solanum tuberosum aegrotans. Rimedi e piante che hanno poco a che vedere con Tabacum, Dulcamara, Capsicum, Lycopersicum, Solanum tuberosum se escludiamo un modesto comune contenuto in solanina. D’altro
canto mi sembra utile sottolineare come altri rimedi, non classificati botanicamente come Solanaceae, presentino particolari affinità con Belladonna,
ovviamente dal punto di vista omeopatico. Per meglio dire con alcuni aspetti che comunemente farebbero pensare a Belladonna. Restando alla mia
esperienza clinica, come a quella condivisa da parecchi altri colleghi, all’immagine che mi sembra emergere da Belladonna nei casi cronici. Allora
Lyssinum (un nosode preparato con la saliva di cane rabbioso e non con un
estratto del siero antirabbico), Gallicum acidum (un acido estratto dalle
galle), Tanacetum (una pianta ascritta alle Asteraceae o ex-Compositae),
Doriphora decemlineata (un insetto parassita delle patate) sono alcuni dei
rimedi che possono facilmente confondersi con Belladonna. Sempre considerando questo rimedio, a torto o a ragione, come il paradigma delle
Solanaceae in Medicina Omeopatica.
Ma perchè Belladonna e non Mandragora?
Non sono mai stato capace di darmi una risposta, se non che Hahnemann
fece prima il proving di Belladonna e solo in seguito Allen quello di
Mandragora. Eppure sono due piante tossiche entrambe, anche se il consumo delle bacche Belladonna produce sintomi di solito più gravi della radi56
others the principal components, the phytocomplex, the genetic
make-up, the traditional usage, the morphology etc...
Things become even more complicated when we remove our-
selves from the plant’s environment by trying to understand what
interests us specifically as pharmacists, entomologists, anthropologists or doctors. And perhaps as homeopaths rather than phytotherapist, traditional herbalists or specialists in Traditional
Chinese Medicine.
Each one of these people may be interested in measuring things
up to his own paradigm but above all, he has to define this paradigm: why does remedy A have commonalities with remedy B?
Borrowing classifications from other sources may be risky and very
questionable.
For this precise reason, I have decided to dedicate my first book
to the experience of the homeopathic “drug” remedy family. It is a
clear example of remedies that share fundamental themes and
present with interesting analogies even anthropologically and pharmacologically too. However, they are remedies that belong to dif-
ferent botanical families (according to the more obsolete botanical
and morphological classification). Some of these homeopathic
drugs do not even belong to the same kingdom. In fact, we find
mushrooms, plants and gas linked together...even animal products.
In the case of the Solanaceae, it is interesting to observe how
only a few of these offer common themes, similar components
and significant anthropological milieu. Such is the case with
Belladonna, Hyoscyamus, Stramonium, Solanum nigrum, Solanum
tuberosum aegrotans. These remedies and plants have little in
common with Tabacum, Dulcamara, Capsicum, Lycospericum and
Solanum tuberosusm if we do not count a modest solanine con-
tent. On the other side, I think it is useful to underline that other
remedies which are not botanically classified as Solanaceae, even
have a particular affinity with Belladonna – obviously from a
homeopathic perspective. I bear in mind my own and the clinical
experience of fellow practitioners, the image of Belladonna that
emerges in chronic cases.
Therefore Lyssinum (a nosode prepared from the saliva of a rabid
dog and not from an extract of anti-rabies serum), Gallicum
acidum (an extract from gallnuts), Tanaceticum (a plant belonging
to the Asteraceae or former Compositae group) and Doriphora
decemlineata (an insect parasite of the potato) are some of the
remedies that may be easily confused with Belladonna. Rightly or
wrongly, Belladonna is considered as the paradigm of the
Solanaceae in Homeopathic Medicine. However, why Belladonna
and not Mandrake?
I have never been able to provide myself with an answer other
than the fact that Hahnemann did the proving of Belladonna first
and afterwards Allen followed with Mandrake. Yet they are both
poisonous plants even if eating Belladonna berries usually produces more serious symptoms than Mandrake roots.
Solanaceae
MANDRAGORA
ce di Mandragora. Eppure la letteratura occidentale è intrisa più di
Mandragora che di Belladonna e non
solo quella medica tradizionale. Prosa,
poesia, fiaba, leggenda, mito, magia,
esoterismo, erboristeria tradizionale,
antropologia contemplano tutte qualcosa sulla Mandragora. Alcune
nightshade, come gli Inglesi chiamano
le Solanaceae, sono state le droghe
classiche di una religione riconosciuta
e ancora oggi praticata nel Regno
Unito: la stregoneria.
La Mandragora era così conosciuta e
ricercata da essere persino taroccata, all’epoca, con la radice di Bryonia; oggi
la si trova in tutti souk in Marocco, ma è scomparsa (a ragione) dalle nostre
erboristerie. Senza la Mandragora i cerusici probabilmente non avrebbero
mai praticato i primi interventi in “anestesia”. Già ... l’anestesia e i sabba ci
possono dire molto di queste nightshade e di come mai altre culture abbiano
fatto uso di droghe rituali dagli effetti profondamente differenti. Il mescal
(anhalonium), il soma (probabilmente agaricus muscarius), il piper metysticum (la base del keu, la bevanda polinesiana a base di kawa-kawa), la banisteropsis (la base dell’ayahuasca) come altre droghe vere e proprie sono tutte
sostanze conosciute e usate in ambito tradizionale “per aprire porte della
coscienza”. I primi esperimenti in doppio cieco con lo psilocybe caerulescens
(il fungo allucinogeno messicano) dimostrarono un fatto molto rilevante: gli
studenti che avevano assunto il verum riportavano in modo significativo una
particolare esperienza interiore dopo avere assistito a una normale funzione
religiosa. La maggior parte di questi ricordava qualcosa di mistico, cominciato con quella esperienza e continuato negli anni a venire. In altre parole una
porta della coscienza aperta, come dicevano senza bisogno di dimostrazioni
scientifiche sciamani e intellettuali illuminati della beat generation. Una sorta
di iniziazione. Nel caso delle nightshade succede qualcosa di molto diverso.
L’esperienza allucinatoria, il delirio, l’acting out, il comportamento “disdicevole o lascivo” (come forse avrebbe commentato quel moralista di Kent o
come, molto peggio, fece la Santa Inquisizione) vengono completamente
rimossi al termine dell’effetto della droga. Alcune di queste Solanaceae-tossiche erano diluite in unguenti con cui si imbrattavano falli di legno, successivamente frizionati sulle mucose per garantirne l’assorbimento. Le scope che
facevano volare le streghe: una ben nota metafora ancora usata nella lingua
Italiana. Allegorie simili le troviamo nel principe che appariva dopo avere
baciato un rospo. Gli alcaloidi (bufotenina) che si assorbono dalla pelle di
Bufo e che gli attuali leccatori (consumatori) di questa droga allucinogena
conoscono molto bene. Ma ancora con una differenza sostanziale. Infatti le
Solanaceae come Belladonna “rimuovono”: hanno bisogno della droga per
esprimere qualcosa che la coscienza gli negherebbe.
Altre droghe invece ricordano: anche solo dopo una sola esperienza, correttamente ritualizzata, possono modificare per sempre parti della coscienza e continuare a crescere - in una certa direzione - proprio grazie a quell’unica esperienza.
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However, western literature is steeped more in data about
Mandrake than Belladonna - and not only traditional medical literature. Prose, poetry, fables, legends, myth, magic, esotericism, traditional herbal medicine and anthropology all have some detail
about Mandrake.
Some nightshades – as the British call the Solanaceae – were the
classical drugs of a religion recognised and still practised in the
United Kingdom: witchcraft.
Mandrake was so well known and sought after that it was even
tarotted during that time with Bryonia roots. Today it is found in all
the souks in Morocco but it has rightly disappeared from our
herbal stores. Surgeons would probably never have undertaken
the first operations with “anaesthesia” without Mandrake.
Anaesthesia and witchcraft can reveal much to us of these nightshades and why other cultures used ritual drugs with very different effects.
Mescal (anhalonium), soma (probably Agaricus muscarius), piper
methysticum (the main constituent of keu, the Polynesian drink
based on kawakawa), banisteropsis (based on ayahuasca) like
other true drugs are all substances known and used traditionally
“to open the doors of consciousness”.
The first double blind studies with psilocybe caerulescens (the
Mexican hallucinogenic mushroom) revealed something very significant. The students who took the verum variety reported signifi-
cantly a particular inner experience after participating in a religious
ceremony. The majority of them recalled something mystical, that
began with that experience and continued in future years. In other
words, an open door of consciousness without any need for the
shamanic and intellectual scientific proof of the beat generation. A
kind of initiation.
With the nightshades, something very different happens. The hallucinatory experience, the delirium, the acting out and the “unbe-
coming and lascivious” behaviour (as perhaps the moralist Kent or
the Holy Inquisition would have labelled it) are completely
removed once the effect of the drug has worn off.
Some of these poisonous Solanaceae were diluted into ointments
and smeared on wooden phalli that were afterwards rubbed on
the mucosa to guarantee absorption. The broomsticks, which the
witches flew on: a well-known metaphor still used in the Italian
language.
We find similar allegories in the prince who appeared after kissing
a toad. The alkaloids (bufotenine) are absorbed into Bufo’s skin –
a fact well known to today’s consumers of this hallucinogenic
drug.
However, there is still a substantial difference. In fact, the
Solanaceae like Belladonna “remove”. They need the drug to
express something that the consciousness would deny.
Instead, other drugs remember. Even after only one experience,
following the correct ritual, they can modify parts of the con-
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DULCAMARA
Omeopatia clinica/ Clinical Homeopathy
sciousness forever and continue to grow – in a certain direction –
thanks to that one experience.
Many underline Belladonna’s violence. I think that it is a complex,
pronounced characteristic of the whole system. Symptoms range
from explosive congestion to behaviour considered equally explosive; reactions that involve the whole body but which usually flare
upwards very rapidly. One of the characteristics of the Belladonna
fever is its irregular, intermittent nature and the alternation with
quiescent states followed by sudden reactions. Is this the specific
modality that makes Belladonna such a noted acute remedy?
I would like to offer something of my own clinical experience.
First, I would make a clear-cut distinction between the behaviour
of the Belladonna baby and what follows his early years of life. In
fact, it is easy to encounter this “violence” in terms of behaviour
and clinically for as long as the common inhibitory mechanisms
Molti enfatizzano la violenza di Belladonna: a mio avviso una complessa e
articolata caratteristica di tutto un sistema. Sintomi che vanno dalle congestioni violente a comportamenti considerati altrettanto violenti: reazioni
che interessano il corpo intero ma che, di solito, avvampano verso l’alto in
maniera rapidissima. Una caratteristica delle febbri di Belladonna è la loro
discontinuità, l’intermittenza, l’alternanza di stati di quiescenza a cui
seguono reazioni improvvise. E’ questa la specifica modalità che fa di
Belladonna un rimedio così acuto? Mi permetto un’osservazione dalla mia
esperienza clinica.
Innanzitutto distinguerei in maniera piuttosto netta il comportamento del
bambino Belladonna da quanto segue ai suoi primi anni di vita. Infatti fino
a quando i più comuni meccanismi di tipo inibitorio, sia di carattere anatomico (lobi frontali), che educativo, che sociale non sono del tutto sviluppati è facile riscontrare questa “violenza” sia a livello comportamentale che clinico. Non mi sembra proprio essere così in seguito. Almeno nella maggioranza dei casi “cronici” che ho incontrato, casi in cui lo stesso rimedio ha
funzionato per anni in qualsiasi condizione clinica. Credo di avere perso
diverse prescrizioni di Belladonna (e simili) proprio per la mancata comprensione di questo aspetto. Crescendo, infatti, questo rimedio manifesta
più comunemente forti inibizioni anche se, riferendosi ai più conosciuti sintomi repertoriali, Stramonium sembrerebbe più bloccato di Belladonna, ma
penso che le differenze siano più nella forma che nella sostanza. Quello che
spesso appare come qualcosa di violento e improvviso è piuttosto qualcosa
che si slatentizza, una sorta di valvola a pressione che non regge più. Nei
miei casi cronici di Belladonna si percepiva a pelle la tensione, spesso proprio per l’eccessiva necessità di assumere atteggiamenti remissivi, contenuti, compressi. Gli occhi bassi, il tono della voce soffocato e una grande
quantità di energia continuamente impiegata a controllare la rabbia, come
parecchie altre emozioni ma soprattutto, e in senso lato, i suoi istinti. Penso
proprio che Belladonna non sia affatto il principe dei rimedi acuti. Sempre
che questi “principi” non vivano proprio in un mondo immaginario. Sempre
che davvero esistano dei rimedi acuti. Credo, al contrario, che Belladonna
sia un re dei rimedi cronici. Un rimedio in cui la sofferenza nasce molto
precocemente nel bambino e si radica in profondità con limitatissime pos58
–anatomical (frontal lobes), educational and social are not com-
pletely developed. I do not think that it is really like this afterwards
– at least in the majority of “chronic” cases that I have come
across. These are cases where I have used the same remedy for
years for any clinical condition. I believe that I have missed several
Belladonna (and similar) prescriptions because of a lack of understanding of this aspect. Growing up, this remedy more commonly
reveals strong inhibitions even if Stramonium would seem to be
more repressed than Belladonna, according to the better known
repertory symptoms. I think that the difference lies more in form
than in substance.
What can often appear to be aggressive and sudden is rather something that unveils itself, a kind of pressure valve that stops function-
ing. In my chronic Belladonna cases, you could feel the tension often
because of the excessive need to adopt a submissive, contained and
repressed stance. The lowered eyes, a stifled tone of the voice and a
huge amount of energy constantly used to control anger and several
other emotions but specially instincts in a wider sense.
I do not think that Belladonna is the prince of acute remedies at
all, that is, of course, if we consider that these “princes” are not
really confined to the world of imagination and acute remedies
really exist.
On the contrary, I think that Belladonna is a king of chronic remedies. It is a remedy where suffering comes very prematurely to a
baby and becomes deeply rooted with very limited opportunities
for its expression.
I think that Belladonna is a remedy that appears to be “acute”
exactly when his defence structures break down. I would like to
stress the observations of many fellow homeopaths who have
noticed how very effective Belladonna is when he strikes. His blow
is usually so precise that it quickly puts an end to any fight.
Belladonna does not enjoy any clash. On the contrary, he does not
tolerate any conflict situation very well and tries to end it as soon
as possible. However when Belladonna allows himself to “act out”
Solanaceae
sibilità di essere espressa. Penso che Belladonna sia un rimedio che appare
“acuto” proprio quando le sue strategie difensive non reggono più. Vorrei
sottolineare le osservazioni di parecchi colleghi che hanno notato come
Belladonna sia estremamente efficace quando ferisce. Il suo colpo è di solito così preciso da porre al più presto fine al suo scontro. Belladonna non
gode affatto nella lotta, al contrario tollera malissimo una situazione di conflitto che cerca di portare a termine quanto prima. Ma quando Belladonna
si permette un acting out, una “violenza”, raramente resta soddisfatto di
quanto ha compiuto. Soffre piuttosto per le possibili conseguenze del suo
gesto e per non avere comunque espresso quanto vorrebbe.
Se pensiamo a quanto sia comune nelle storie dei nostri pazienti cronici
“Belladonna-like” un vissuto di violenza infantile possiamo forse comprendere meglio quanto vorrei stressare.
Sempre facendo riferimento alla mia esperienza ho osservato più volte che
questi rimedi soffrono molto precocemente per gravissime mancanze.
Esperienze che vivono come se volontariamente e deliberatamente gli
venissero negati i loro bisogni primari. Come un bambino che ha sete,
fame, sonno, freddo, bisogno di protezione e vede i genitori seduti, l’uno
vicino all’altro, a una tavola imbandita dove c’è di tutto. Genitori che lo
guardano e di proposito si rifiutano di accudirlo. La rabbia di Belladonna
spesso nasce in questo momento, con questo vissuto e con la preoccupazione di non poterla esprimere, pena la perdita persino di quel poco che sente
di avere. Belladonna vorrebbe arrabbiarsi per quanto sente gli sia dovuto,
ma teme di pagare per questo ancora di più di quello che vive tutti i giorni. Non si tratta solo di emozioni, mi sembra che un po’ tutto il vissuto
istintivo di Belladonna sia precocemente interessato e inibito. Possiamo
riconoscere ed enfatizzare qualche puntata acuta di questo rimedio, ma la
sua vera sofferenza sta nella costipazione, nel blocco, nel soffocamento.
Queste Solanaceae-tossiche, in generale, soffrono dei loro silenzi, non delle
loro grida. E’ proprio la notte, quando i meccanismi di controllo allentano
il loro freno, che la sofferenza di Belladonna si scatena popolando di incubi
e pavor quella parte di vita deputata al riposo, alla ricreazione.
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his aggression, he is rarely satisfied with what he has done. Rather,
he suffers for the possible consequences of his action and for not
having in any case expressed what he would have wished.
If we think of the common experience of childhood aggression in
the stories of our chronic “Belladona-like” patients, perhaps we are
in a better position to understand what I would like to underline.
Still referring to my own experience, I have observed many times
that these remedies suffer very early on through extremely serious
want. They live these experiences as if someone had wilfully and
deliberately denied them their principal needs: very like a baby
who is thirsty, hungry, sleepy, cold needs protection and sees his
parents seated side by side at a feast-laden table with everything
on it. Parents who watch him and deliberately refuse to take care
of him. Belladonna’s anger often comes into being in this moment,
with this experience and the concern that at he cannot express it
under pain of losing even the little that he feels he has. Belladonna
would like to get angry as he feels it is his due, but he is afraid to
pay for it at a greater price than is exacted from him each day.
It is not simply emotions but I think that all of Belladonna’s instinctual life is a bit involved and repressed.
We can recognise and underline some acute episodes in the life of
this remedy, but his real suffering lies in constipation, blockage and
suffocation. These poisonous Solanaceae generally suffer from their
silence and not from their screams.
It is really at night when the control mechanisms release the
brakes and Belladonna’s suffering is unleashed, filling with nightmares and terror the part of life reserved for rest and leisure.
His animal part becomes likes a werewolf: man’s best animal friend
is transformed into a wolf.
His carers become witches. These witches however are not the
real, harmless ones of reality but those invented on purpose by
the tribunals of Torquemada and his persecutors, most probably
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Omeopatia clinica/ Clinical Homeopathy
La sua parte animale diventa licantropo: l’animale amico dell’uomo per
eccellenza si trasforma in un lupo. Le figure di accudimento diventano streghe. Non quelle vere e innocue della realtà, ma proprio quelle inventate ad
arte dai tribunali di Torquemada e dai suoi aguzzini, molto probabilmente
vittime precoci di altrettante violenze. L’acqua non può essere l’elemento
femminile per eccellenza in cui è possibile lasciarsi andare e abbandonarsi.
L’acqua di queste Solanaceae, come quella di Lyssinum, è scura, profonda,
minacciosa, popolata di mostri divoratori. I contenitori di quest’acqua non
sono coppe ma diventano bocche fagocitanti di squali giganteschi.
Gli aspetti congestizi di questi rimedi mi sembrano fondamentali, quanto
molto generali. Perchè questa apparente contraddizione? Studiando con
attenzione i sintomi di questi rimedi si scopre come tutte le Solanaceae-tossiche presentano sintomi congestizi, anzi. Proprio in questa ottica, molto
allargata, anche le altre solanaceae botaniche presentano tipici sintomi congestizi. Da questa prospettiva possiamo dire che esiste un’analogia tra le
solanaceae in genere: Capsicum, Dulcamara, Tabacum, Lycopersicum presentano tipicamente questi rossori accesi. Ma non è un po’ poco per dire
che si assomigliano tutte? Quanti altri rimedi sono noti per congestioni
altrettanto forti? Glonoium, Lachesis, Melilotus ...
La sensibilità estrema al freddo sembra essere un altro aspetto caratteristico un po’ di tutta la famiglia, anche se molto più importante nelle
Solanaceae-tossiche. Un altro tema difficilmente assente quanto generale.
Probabilmente così importante in quelle tossiche proprio per il significato profondo della sensibilità al freddo, così tipica dei rimedi conosciuti
per le gravi e precoci carenze di sostegno empatico. Vedi le droghe, i sali
di carbonio, di magnesio, di silicio, Camphora, Cistus canadensis,
Heloderma...
In ultimo il rapporto con il dolore di questi rimedi mi sembra molto interessante, anche se non troppo specifico. Come tutti i rimedi che hanno sofferto di una profonda e remota carenza di un sostegno empatico il dolore è
poco tollerato. Molto probabilmente già le primissime esperienze di un
corpo che può anche fare male non hanno trovato un grande conforto,
lasciando ancora queste nightshade sole e con poveri mezzi per integrare un
vissuto corporeo inevitabile. In alcuni gruppi di rimedi è possibile riconoscere una certa tendenza a percepire il dolore in modo puntorio piuttosto
che bruciante, contusivo piuttosto che perforante, corrosivo, puntiforme
... e così via. Le Solanaceae in genere, sviluppando molto precocemente un
cattivo rapporto con il corpo, difficilmente riescono a rappresentarlo in
modo preciso. La caratteristica del dolore di questi rimedi è proprio l’assenza di ogni caratteristica, se non l’intensità e la difficoltà di sopportazione. Di solito, quindi, si tratta di dolori estremi, espressi con il soggettivo
vocabolario del paziente, tesi comunque a descrivere la povertà di strumenti di contenimento e integrazione. Come tutti i rimedi il cui dolore è vissuto in modo molto problematico questa sofferenza assume segno diverso, a
seconda delle possibilità di compenso del paziente. Come nelle droghe si
passa dalla “anestesia” al “dolore che fa impazzire”. Due estremi che descrivono lo stesso problema.
Fine prima parte
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early victims of similar aggression.
Water here cannot be the feminine element par excellence where it
is possible to abandon yourself and relax. Water for these
Solanaceae – as for Lyssinum – is dark, threatening and full of
devouring monsters. Cups do not contain this water but rather the
engulfing mouth of massive sharks.
I think that the congestive aspects of these remedies are fundamental as well as very generalised. Why is there this apparent contradiction? A careful study of the symptoms of these remedies reveals
that all the poisonous Solanaceae have congestive symptoms. In a
more general sense, the other Solanaceae also have classical congestive symptoms. We can say in this perspective that there is an analogy between Solanaceae in general. Capsicum, Dulcamara, Tabacum
and Lycospericum typically have bright red blushing.
Yet isn’t saying that they are all similar only for this reason really
convincing enough? How many other remedies are noted to have
blushing that is equally strong? Glonoine, Lachesis, Melilotus..
Extreme sensitivity to cold seems to be a characteristic aspect of the
whole family to some extent even if it is much more important in the
poisonous Solanaceae. This theme is usually present and also general.
It is probably so important in the poisonous ones certainly because
of the intense sensitivity to cold that is typical of remedies known
for serious and early lack of empathy and support. Examples are the
drug remedies, salts of Carbon and Magnesium, the Silicates,
Camphor, Cistus canadensis, Heloderma...
Lastly I believe that these remedies have a very interesting relationship with suffering although it is not too specific. Like all remedies
that have suffered from a profound and past lack of empathy and
support, the pain threshold is low. Most probably very first experi-
ences of bodily pain were not met with a great deal of comfort and
this has left these nightshades feeling more alone and inadequate in
integrating what is after all an inevitable, bodily experience.
In some groups of remedies it is possible to recognise a certain tendency to perceive pain as pricking rather than burning, bruising
rather than perforating, corrosive, punctuate...etc.
Generally, the Solanaceae develop a terrible relationship with their
bodies very early on and they have problems in providing an accu-
rate picture of it. The characteristic of the pain of these remedies is
the fact that it lacks any characteristic other than its intensity and
the difficulty in tolerating it. Therefore, usually pain is extreme and
expressed with the patient’s subjective vocabulary, aimed at describing a lack of means to contain and integrate it.
Like all remedies where the experience of pain is a very big problem, this suffering bears different signs according to the patient’s
compensatory strategies. Similar to the drug remedies, pain varies
from “anaesthesia” to “maddening pain”: two extremes to describe
the same problem.
End of first part