NOTIZIE UTILI 1 - Comune di Gagliano del capo

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NOTIZIE UTILI 1 - Comune di Gagliano del capo
NOTIZIE UTILI
A cura di Arbace Valentina, Fino Francesca, Sammali Sandra
Servizio Civile 2012-1013. Progetto “La Serra dei Cianci” – dott.ssa Simone Lucia
DICONO DI NOI
DE GIORGI COSIMO, in “La Provincia di Lecce, bozzetti di viaggio”, Congedo Editore, Galatina, 1975
“Gagliano è un paesino allegro, di buon’aria e di bravi agricoltori. I contadini di quest’angolo d’Italia sono molto sobri, operosi, lavoratori instancabili,
cacciatori e pescatori: sono veri pronipoti della stirpe di Nembrot! Resistono alle intemperie, come la razza dei buoi pugliesi, tipica in queste contrade;
sono bruni, forti, alquanto intelligenti, ospitali e manierosi con tutti. I vizi ed il lusso sono un’incognita per questo poveri diavoli, i quali menano una vita
patriarcale con le loro modeste famigliuole, senza le fisime del socialismo. Si cibano di pane, di orzo e di legumi, più di rado di carne, e nelle sole grandi
solennità libano in onore di Bacco.
La nuova generazione è però d’un tipo tutto diverso, è più svelta ma più viziosa. I vecchi contadini serbano ancora l’antica moda e gli antichi costumi;
calzoni corti, turchini, affibbiati a mezza gamba, e calze turchine che mettono in rilievo i polpacci; scarponi a fibbia corazzati di bullette; panciotto e
giacchetto di lana turchina, sparato sotto al collo; e un lungo berretto frigio color marrone sulla testa. Taluna volta si coprono le spallo con un lungo
mantello turchino; ovvero con due bisacce le quali adempiono al doppio ufficio di tasca e di copertura. Anche le donna hanno una speciale predilezione
pel turchino, e vestono di fustagno, con un grembiule colorato, e un fazzoletto bianco che ricopre la testa e le spalle e si annoda sotto il mento a mo’ di
cappuccio.”
ARDITI GIACOMO, in “La Coreografia fisica e storica della Provincia di Terra d’Otranto”, Lecce, 1879
“Tra gli artigiani son bravi e preferenza i falegnami ed i calzolari; né vi mancano persone e famiglie rispettabili e distinte. Il volgo mangia il pane d’orzo
ed il legume, rare volte la pasta, la cerne quasi mai. All’inferno si da il pane di grano quand’è quasi spacciato, sicché per indicarlo “è trasutu de pane a
ranu”. I maschi vestono un berrettino e maglia ricalcata in testa a mo’ di solideo, giacchetta sbottonata e stretta che non arriva ai calzoni, un panciotto
aperto fin quasi all’ombellico che lascia vedere la camicia bianca, brache corte ed affusolate come calze da ballerini, scarpe niente o massiccie e ferrate.
Le donne amano il turchino, han le gonne da su in giù cucite a lasanghe , bianchissimi, un gran grembiule ed un fazzoletto di bambagia che gli scende
dalla testa alle spalle. Van soggetti alle tisi ed alle malattie epidemiche. Attribuibili al difetto di nettezza urbana poco, anzi niente igienica , ed alle acque
che bevono spesso . Il territorio benché sassoso gli è fertile in olio, orzo, frumento, piselli, fichi, poco vino ma eccellente ed altro.”
C’ERA UNA VOLTA
LE FESTE RANNI - Vincenti Paolo, “Verso Finibusterrae, note di viaggio”
Le feste di San Rocco, della Madonna Immacolata e di San Francesco sono definite “le feste ranni” (feste grandi)
La festa di San Rocco
Grande fu sempre la venerazione dei nostri antenati, tanto che l’università di Gagliano pagava le tre messe cantate per i suoi santi protettori: San Rocco,
San Biagio e Sant’Oronzo. Nei mesi di aprile e maggio del 1803, in suo onore si celebravano messe per allontanare l’eterna piaga della siccità, e questo
avveniva nonostante fosse già diffuso il culto nel paese per Sant’Elia profeta. Questo santo implorarono certamente i nostri avi quando nel 1867 su
Gagliano di abbattè il flagello del colera asiatico, che tra giugno ed agosto, portò via circa 71 persone, sepolte poi nella chiesa di San Francesco.
L’epidemia cessò grazie all’intercessione di San Rocco apparso in visione ad un cittadino.
La festa del Santo è stata puntualmente preceduta dalla sacra novena che si svolgeva davanti al suo altare parato a festa per l’occasione (..) Durante la
solenne messa cantata in terzo, il celebrante e due suddiaconi indossavano il ternario bianco in lama d’argento e ricamato in oro con l’effige di San
Rocco, mentre l’altare era ornato con il paliotto d’amover ricamato. Alla processione, che ancora si snoda per le vie del paese, e alla quale, secondo gli
antichi statuti dovevano partecipare obbligatoriamente anche le confraternite, ha sempre partecipato tutta la cittadinanza con grande fede e devozione,
ricche erano le aste per trasportare la statua del santo. Dal 1879 si portò per le vie la nuova statua lignea scolpita dal veneziano Valentino Besarel. Non
mancò mai, naturalmente, lo sparo dei fuochi d’artificio, ma nella festa civile del 23 agosto 1802, Salvatore Siciliano di Giuliano di 23 anni fu vulnerato
davanti alla porta dai numerosi petardi disposti in piazza. Avvolto dalle fiamme cominciò a correre e chiedere aiuto. Molti accorsero ma inutilmente
perché morì dopo quaranta ore, mentre suo fratello di Alessano dopo quattro giorni. La festa quell’anno costò 1.416,05 lire. Gli introiti erano costituiti
dalla raccolta della tassa, fichi, piselli, offerte dalla piazza, tomoli di orzo e grano, cera venduta “smicciolata”, questua di pane e uova. Con il ricavato
fu pagata la banda di Salice e Casarano, i fuochisti (..) la messa cantata (..) i palloni aerostatici con olio e petrolio, la cuccagna costituita da: pasta,
pane, fazzoletti, confetti, vino e altro; l’incenso per la novena e la festa (..) nelle calde sere di agosto, ancor prima della festa, era tradizione inoltre
rappresentare la tragedia del Santo, usanza questa durata fino ai giorni nostri.
INNO A SAN ROCCO
O grande del cielo
Di lauri corona
Solenne il tuo nome
Tra gli inni risuona
Nell’ansie supreme
di fervida speme
di giubil rapiti
t’applaudono i cor. (2 volte)
Discordie ed errori
ne sgombra dall’alma
Ridona la calma
la pace l’amor
Tu casta ne serbi
la fede degli avi
tu ai buoni sorridi
tu sproni gli ignari
Con memore cura
da morbo e sciagura
la fida contrada
fai libera ogn’or. (2 volte)
(Dalla Novena di San Rocco)
Devozione a San Francesco Da Paola
La festa religiosa ricorre il 2 aprile ma i festeggiamenti vengono rimandati alla seconda domenica dopo Pasqua. La sera della vigilia, la statua del Santo
viene portata in processione dalla Chiesa di San Francesco alla Parrocchia e ritorno. Il giorno della festa viene celebrata la Santa Messa e soprattutto si
tiene una grandissima fiera alla quale accorrono migliaia di visitatori da tutto il Basso Salento e oltre. Questa fiera fu istituita il secolo scorso e vi si
vendeva di tutto, per esempio, le trombe di creta, da suonare nelle notti di luna piena d’estate, sull’aia, i fischietti e le campanelle di creta per i più
piccoli, le nocelle, la cupeta ed anche gli animali . Come ricorda Rocco Fino in “Il Capo di Leuca e dintorni” (Congedo Editore 2004),
Una volta, in questa festa, poteva succedere di tutto dato che gli adulti, spesso e volentieri, esageravano con il vino. I ragazzi dopo pranzo si armavano di
fionde e si appostavano all’incrocio delle strade Corsano- Leuca e Gagliano-Castrignano e, da qui, tiravano sassate contro i visitatori che accorrevano
alla festa dai paesi vicini, ma soprattutto contro i salignanesi ed i castrignanesi con i quali esiste da sempre una storica rivalità per il possesso del
Santuario mariano di Leuca. Questi tafferugli duravano fino a sera e a volte occorreva l’intervento delle forze dell’ordine per placare gli animi e così,
dopo aver fatto la conta dei feriti, dei vetri rotti e delle coltivazioni danneggiate, si tornava a casa. Questo lancio di sassi veniva chiamato “petrisciata”
ed andò avanti molti anni poiché sempre forte era la rivalità campanilistica fra Gagliano e Castrignano. Oggi, naturalmente. tutto questo non succede
più. Un’altra usanza che è andata perduta, ricorda ancora il Dott.Fino, è quella che avevano le donne incinte di recarsi a piedi alla chiesa di San
Francesco di Paola, durante la novena, per chiedere al Santo di aiutarle e di far loro venire il latte. Per l’esattezza, la donna incinta si recava per ben
tredici giorni (la Tredicina) alla chiesa di San Francesco di Paola, accompagnata da un famigliare o da qualche persona, per lo più anziana, recitando il
santo Rosario. Un’altra usanza era quella di vestire i ragazzini e le ragazzine col saio di San Francesco di Paola e tagliare loro i capelli alla maniera
francescana.
La Madonna Immacolata
Il terzo dei culti maggiori a Gagliano è quello della Madonna Immacolata, festeggiata l’8 dicembre. Questa festa, molto importante in tutto il mondo
cristiano, apre le festività natalizie del mese di dicembre. Tradizionalmente, il giorno dell’Immacolata è destinato al digiuno penitenziale. Questo
digiuno, in passato, doveva durare dalla mattina alla sera, ed era sempre rispettato. Anche oggi, si usa, a mezzogiorno, gustare le “pucce”. Questa
specialità nostrana ben si sposa con il concetto di sacrificio e di purificazione del corpo e dell’anima nel giorno dell’Immacolata. Infatti, la puccia, cibo
povero, anzi poverissimo, è simbolo di purezza e di verginità, come quella della Madonna Immacolata, ed anche gli ingredienti con cui viene farcita,
a cominciare dalle ulive ancora acerbe e dal forte sapore aspro, rimandano alla semplicità e alla povertà di un pasto frugale come deve essere quello
dell’8 dicembre. La sera, poi, si possono mangiare le “pittule”, altra tipica specialità nostrana, secondo il detto “Te la Mmaculata la prima
pittulata”: la festa dell’Immacolata, cioè, porta con sé il primo assaggio di queste specialità salentine, tanto che, come informa Rossella Barletta in
“Natale nel Salento” (Guitar Edizioni 2003, ) in alcuni comuni, come Galatone, la Madonna Immacolata viene confidenzialmente chiamata dal popolo
“Madonna delle Pittule”.
San Dana a San Dana
La festa maggiore per il santo protettore si svolge ai primi di agosto e contestualmente si tiene la “Sagra degli antichi sapori mediterranei”.
Un’occasione per gustare tutti insieme, intorno alla chiesa di San Dana, le specialità locali, in un clima di festa allietato dalla musica popolare. Questa è
una ricorrenza molto importante in un paesino così piccolo come la frazione gaglianese e l’amore per San Dana è così forte che, ancora oggi, c’è
l’abitudine di dare ai figli maschi il nome Dana. Il ricavato della sagra degli scorsi anni, è stato utilizzato dalla Parrocchia di San Diana Martire per la
ristrutturazione dell’Oratorio Piccolo, annesso alla chiesa.
I festeggiamenti durano due giorni, fra le bancarelle di prodotti locali, le luminarie che abbelliscono il paesino e il suono della banda che lo pervade di
una magica atmosfera di festa e convivialità. La processione parte dal centro della piccola frazione e arriva fino al luogo in cui si trova la stele
marmorea, ivi deposta nel 1965, dal Vescovo Mons.Giuseppe Ruotolo, per ricordare il martirio subito dal povero diacono, Dana, di origine albanese. I
fedeli portano in spalla la statua in cartapesta che raffigura il giovane santo che regge in mano la pisside contenente le particole che cercava di mettere
in salvo dall’assalto degli spietati pirati turchi. La festa patronale è organizzata dalla Pro Loco e dal Comitato Festa. Nei secoli passati, ma oggi non
più, veniva anche festeggiata, il 9 febbraio, Santa Apollonia, titolare della omonima cripta che si trova nella campagna di San Dana.
Filastrocche popolari su San Dana:
“Santu Dana nu prevate e na campana, lu prevate era vecchiu e la campana de cuperchiu, poi lu
prevate murìu e la campana se rumpìu”.
“Santu Dana nu bellu paese tridici case e nu furnu
ci sta, fannu pane na vota lu mese Santu Dana è na bella città”.
San Vincenzo ad Arigliano
Ad Arigliano, in occasione della festa di San Vincenzo, ai primi di agosto, si tiene la “Sagra dell’anguria fresca”, presso l’anfiteatro di Arigliano. Questa
piccola sagra è organizzata dalla Parrocchia di San Vincenzo con il patrocinio dell’Amministrazione Comunale. Il santo francese, vissuto nel Seicento,
fondatore della Congregazione della Missione e dell’ordine delle suore laiche Figlie della Carità, è molto amato ad Arigliano, dove è affettuosamente
chiamato “Santu Vicenti”.Un simpatico detto popolare molto conosciuto dagli anziani recita così:
“Santu Vicenti, caccia fore li maletiempi.”
LA LUCE LETTRICA A GAIANU, 4 Novembre 1932 - Leonio Antonio, Fersini Francesco, “FRAGMENTA SELECTA”
Dialogo tra Balilla.
- Ohi Roccu, ài vistu ‘cci bella cosa?
- Pe lla marancia! Ca cchiù beddra ia ddessere? Cu bbidi la luce tuttu ccotu senza ssacci ci la ‘mpizzaca?
- Ieu, mo ca dici, no me fidu cu me fazzu capace comu nu stozzu de filu pote fare tanta luce intra quiddre specie de buttiièddre ca ànnu poste pe
lampiùni, e ognugna cu ne fazza tanta, pe quanto no nne facivene tutti li lampiuni de la chiazza, cu la Potestà facia ddùmare prima cu lu petroiu.
- E cci buliti cu ne capiscimu? Quiste su cose ca mancu tutti li ranni capiscune. Sai quannu po’ d’essere cu ne capimu quarche cosa? Quannu lu
mesciu ne spieca nu picca de cci se tratta. Pe mmoi na sula cosa è certa: ca imu vuta la luce, e ca l’imu bbìre sempre comu l’imu vuta stasira.
Autru ca comu facìa lu Potestà, ca pe llu sparagnu, mpizzicava li lampiùni surtantu de viernu….
- E nno tutte le sire mancu, ca, quannu nc’era la luna, stivene stutati…
- Già, è sempre a periculu cu te stocchi n’anca…
- E dàtili cullu sciutacare! Ca stative citti armeno moi ca lu Potestà ve sente! Cci ne vùliti ffare cchiùi de li lampiùni a petroiu? Ringraziamu Diu ca
imu vuta la luce lettrica, autru ca sciutacàti lu Potestà..
- Eccu qua lu mesciu de tutti: ci cc’entra lu sciudacare lu Potestà? Vabbène ca lu state e puru lu viernu quannu nc’era la luna stivene senza lampiùni
ddùmati, ma quistu se facìa pe llu sparagnu; e se lu Potestà vulia cu sparagna, no sparagnava pe tutti? Varda bbidi, ca cu se face beddhu iddhu, n’à
fare male vulire nui!...
- Spicciala, te dicu, pensa alli pinsieri toi..
- E nnà ca mò ve zziccati?
- Già, tie te faci de mpizzacaturo! Spicciàtile mbece e iti riquardu de la gente ci ve sente.
- Puru tie dici bonu, ma ciuveddhi de nui se move cu facimu ciunca n’ànnu dittu…
- Quai te voiu: quantu vai e ffaci…
- Percé! T’ài scurdatu?
- Nonn’è ca m’aggiu scurdatu, è ca me scornu: ffenca era lu potestà e l’autri signuri de lu paese, va bbene; ma varda nnu picca quanta gente
furastiera nc’è..
- Ièu pe ddire la verità no me ne scornu: mo ccumenzu (ai compagni: vùi iùtatime se me fermu)
- Ccellenza, lu potestà l’autru giurnu n’à chiamati e n’à dittu: ièu ve vestu comu li tatarànni nosci, ca cu steti sempre li mèiu pe llu bene ci vulivene
alla terra, e cchiùi cchiùi cu ne li fazza rricurdare a nui vignoni ca puru alla terra imu de vardàre e l’imu de vulire bene comu iddhi, ca de ddhai
esse tuttu.
-
-
N’à dittu puru: stative ttenti cu ve purtati bboni, ca ieu ve visciu e ve sentu quannu iti ddire ciunca v’aggiu dittu. Ma mò lu fattu è ca ieu no me ne
ricordu cchiùi.
Eccu: cu ddoi parole me nn’essu ieu: Ccellenza nui te ringraziamu cu tuttu lu core percé si bbanutu, e a puru cu ssignuria, nui ringraziamu quiddhi
ca t’ànnu ccumpagnatu: crazie pè ccuntu de tutti noi vignoni, e ppe ccunte de le mamme e de li siri nosci. Nui sapimu ca Ssignurìa sinti lu capu e
la provincia e ca ciunca t’à postu addhai iè statu lu capu de tutti: Musulini nosciu; e pe quistu te vulivene bene puru senza cu te canuscimu. A
iddhu poi, ci nnu bboi cu li vòlia bbene, cu tutte quiste cose ca ci ne face vire? Dilli ca tutti, nui, ranni e piccinni, ne li vulimu tantu, pe quantu ne
pote vulire nu fiu de mamma alla sire sou…e puru allu Starace nosciu, dilli ca li vulimu bene, ca iddhu è statu ca à dittu a Musulini cu ne fazza
avire la luce… E ricordate ca a Gaianu nc’è gente ca fatica cittu cittu e tira nnanzi cu pane e senza pane ‘n grazia dei Dìu…
Cccellenza sai ci bulìa cu dice? Spetta prima (rivolto agli altri compagni: cumpagni, vanìti puru vui), sai cci bulia cu dice? Ca se puru quarche vota
tocca ne stincimu la curuscia, nui gridamu sempre, cu la vucca e cu lu core: viva lu Rre, viva Musulina!!
LA SOCIETA’ PUBBLICA ELETTRICITA’ – Fersini Francesco, “Gagliano del Capo, percorso storico attraverso i secoli”
La Società Pubblica Elettricità in data 31 marzo 1930 invitava a rilasciare il nulla osta per la costruzione della linea di trasporto dell’energia elettrica
attraverso il territorio del nostro comune. Finalmente nel 1932 giungeva la luce elettrica, tanto che il 4 nov. Dello stesso anno, alla presenza del prefetto
e del podestà Giuseppe Ciardo, venne inscenato un dialogo tra Balilla gaglianesi. Si esaltava la grande invenzione della lampada e si ringraziava
Mussolini e Starace per il grande interesse avuto. 196 Nel 1874 si pensò di installare almeno 13 fanali notturni per l’illuminazione del paese e due altri
per le borgate di Arigliano e San Dana. Essi, non solo avrebbero conferito un aspetto più decoroso del paese, ma avrebbero anche garantito la
tranquillità e la pubblica sicurezza. Solo però nel 1899, finalmente il sindaco Gaetano Daniele, avviava le prime trattative con il direttore dello
stabilimento industriale “Lindenmann” di Bari il quale acconsentiva di cedere 30 lanterne a otto candelabri per lire 1500. A settembre del 1900, disposti
24 fanali con combustione a petrolio, il Comune, dopo aver stilato un regolamento, dava in appalto la pubblica illuminazione con un’asta pubblica.
L’appaltatore avrebbe ricevuto dal 1 gennaio 1901, la scala, un recipiente a mano di latta per riporre il petrolio, candele per l’accensione, petrolio e
altro. Pur di risparmiare, era stato previsto che per sei mesi (15 ottobre – 15 aprile) l’illuminazione avrebbe funzionato tutta la notte ed eccezione di
quattro sere prima e dopo il plenilunio, purché la luna avesse illuminato chiaramente r non vi fossero state serate ombrose e piovose.
Nel 1922 iniziava l’era fascista e con la fascistizzazione dello stato, il sindaco diventò podestà, poiché do nomina governativa.
Esercitazioni militari il sabato fascista in piazza.
L’albero di Castagno – Desiati Mario, “Ternitti”
La grana di Gagliano si chiamava “Albero dell’Emigrante”, un castagno che sorgeva all’interno di uno dei tanti cortili nascosti dietro ai muri bianchi.
Sotto l’albero, un uomo partito molti anni prima aveva lasciato un baule con dentro tutti i suoi averi che in caso di necessità sarebbero dovuti servire
alla famiglia. Nessun famigliare seppe del Baule, poiché l’emigrante non arrivò mai a destinazione. Era il 2 agosto 1980 e il treno si trovò nel punto più
sbagliato che la storia potesse prevedere: la stazione di Bologna, il centro di una tragica esplosione terroristica. Il baule fu ritrovato dieci anni dopo. La
storia fece il giro del paese e diventò un simbolo di ciò che era l’emigrazione di ultima generazione, quella dei padri che lasciano le famiglie a Sud e
partono con tanta rassegnazione e poesia.
Perché i Gaglianesi sono soprannominati “capu vacanti”?
La leggenda narra che, in un’epoca remota, i gaglianesi, già soprannominati “ventri janchi” poiché avevano sempre la schiena curva sotto il sole per
lavorare la terra e quindi abbronzata, mentre la loro pancia rimaneva bianca, si accorsero un giorno che sul Campanile della Chiesa Madre era
cresciuta dell’erba. Decisero così di farvi salire un asino e, non sapendo come fare, legarono la povera bestia ad una corda per il collo e la issarono su.
L’animale arrivò esanime e da quel giorno i gaglianesi furono soprannominati “capu vacanti”, cioè “teste vuote”.
Un’altra leggenda narra che Dio e San Pietro andavano popolando tutti gli angoli della terra, creando gli uomini con l’argilla e mettendo nella loro
testa un po’ di senno. Ma il sesto giorno della creazione, arrivati nel Capo di Leuca, quando giunsero a Gagliano la scorta di senno era finita. Allora,
Dio disse a San Pietro: “Ho finito tutto il senno; vuol dire che questo luogo sarà disabitato”. “E perché”, rispose San Pietro, “crea pure gli uomini ma
falli senza testa”. Di fronte alle perplessità del Signore, allora San Pietro disse “E va bene, falli con la testa ma senza niente dentro”. Da qui nacque
l’epiteto di “capu vacanti” che venne attribuito ai gaglianesi e che gli organizzatori della sagra hanno voluto, molto autoironicamente, ricordare.
INFORMAZIONI PRATICHE
Gagliano del Capo è il Comune più a sud della Provincia di Lecce, ma è ben collegato dalle arterie stradali (tre vie congiungono Gagliano al resto del
Capo di Leuca, al Santuario ed alla marina di Leuca, a Gallipoli, Otranto e Maglie) e dal prolungamento della ferrovia privata, che ha il suo capolinea
proprio nella sua frazione di Arigliano. Gagliano del Capo è raggiungibile in automobile o in moto, in treno, in aereo, in autobus.
COME ARRIVARE
IN AUTOMOBILE, MOTO O BUS
Autostrada fino a Bari, da Bari si prosegue sulla superstrada Bari – Lecce, successivamente si prende la Strada Statale Lecce – Maglie che conduce fino a
Gagliano del Capo.
IN TRENO
Tutti i treni nazionali arrivano alla stazione di Lecce, il Capolinea delle Ferrovie dello Stato. Per raggiungere gli altri luoghi della provincia è possibile
proseguire in treno, con le Ferrovie del Sud Est (dal lunedì al sabato, in autobus la domenica). La stazione degli autobus si trova nello spazio antistante ai
parcheggi della Stazione Ferroviaria, mentre il posteggio dei taxi si trova appena usciti dalla stazione.
La biglietteria per le Ferrovie del Sud Est è collocata al binario uno. Gagliano-Arigliano è la stazione Capolinea della ferrovia privata locale.
Due sono le linee che conduco a Gagliano del Capo – Arigliano
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Lecce – Novoli – Gagliano
Lecce – Zollino - Gagliano
Ferrovie del Sud Est 800.079090 www.fseonline.it
IN AEREO
L’aeroporto più vicino è l’Aeroporto del Salento, Brindisi.
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Guardia di Finanza 117
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Vigili del fuoco 115
Polizia Municipale
Emergenza sanitaria (ambulanza)
118
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SANITA’
Guardia medica c/o Ospedale
o 0833/79 12 19
Pronto soccorso
Pronto soccorso pediatrico
Centro antiveleni
Farmacie aperte 24h
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SOCCORSI
In mare 1530
Corpo Forestale 1515
Protezione Civile 06 68 201
Soccorso stradale
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INFORMAZIONI TURISTICHE
NUMERI UTILI
EMERGENZE (CHIAMATE GRATUITE)
- Polizia 113
- Carabinieri 112
0833/79 10 10
via Comm. Daniele
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Ufficio IAT Informazione e accoglienza turistica) – LlocalitàCiolo
0833/ 54 71 22
iat.comunegaglianodelcapomail.com
Proloco Gagliano del Capo
349/86 42 390
Municipio
0833/ 79 83 11
pz.tta del Gesù
www.comune.gaglianodelcapo.le.it
ARET Pugliapromozione (Agenzia Regionale per il Turismo)
Piazza Aldo Moro 33/A
Bari - 70121
info. 0805/24 22 44
0809/90 93 41
www.agenzia.pugliapromozione.it
www.viaggiareinpuglia.it
INFORMAZIONI GENERALI
Mercato settimanale: sabato
- Ufficio postale
- 0833/ 54 87 88
- Chiese
- Viaggiatori disabili
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FESTIVITA’
2° Domenica dopo Pasqua
San Francesco e Fiera di San
Francesco
5 agosto Festa Patronale San Dana
(a San Dana)
7 agosto Sagra dell’Anguria
(Arigliano)
1° settimana di agosto Festa
dell’Emigrante
12 agosto sagra de li capuvacanto e
de li piatti chini
18-19 agosto Festa di San Rocco
8 settembre Festa Madonna di
Costantinopoli
BIBLIOGRAFIA
-
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