Contadino coltiva paruch
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Contadino coltiva paruch
38 L’ECO DI BERGAMO GIOVEDÌ 7 NOVEMBRE 2013 La storia Italo Della Fara a L’imprenditore diventa contadino E per primo inizia a coltivare parüch A DI GIOVANNI GHISALBERTI Italo Alberto Della Fara, 51 anni, di San Giovanni Bianco, ha avviato la prima coltivazione bergamasca di parüch, erba selvatica diffusissima sulle nostre montagne anche col nome di Buon Enrico. Faceva l’imprenditore con aziende a Bologna e in Albania (attività, peraltro, che non ha ancora lasciato del tutto), poi il desiderio di tornare alla natura. Quattro anni fa ha iniziato a «copiare» analoghe sperimentazioni in Friuli. Oggi, con lo spinacio selvatico, ricava salse: quest’anno ne ha realizzate ottomila P arüch, farinèl, Buon Enrico o spinacio selvatico. Chi non conosce, con un nome o un altro, una delle erbe spontanee più diffuse sulle nostre montagne e non solo? Di erba spontanea si tratta, con la tipica foglia a «piede d’oca» (come suggerisce il nome botanico Chenopodium), e quella sorta di farina che si trova sotto la foglia stessa. Ma ora, grazie a un industriale che ha deciso di cambiare vita, anche la provincia di Bergamo ha la sua prima coltivazione di parüch. Italo Della Fara, 51 anni, di San Giovanni Bianco, originario di Branzi, ha iniziato quattro anni fa le prime coltivazioni sperimentali di Buon Enrico. merciale nel campo dei punti metallici e delle graffe nel 1987 con aziende a Bologna e in Albania. «Ho sempre girato l’Italia – dice – lontano da casa. Finché ho deciso di cambiare. Questa era l’occasione per ritrovare un giusto rapporto con la mia vita. Volevo cambiare stile». In località Foppa del Bosco pianta i primi semi di Buon Enrico. «Prima li faccio crescere in piccole cassette – dice – poi li inserisco in alcune cellette e infine le metto a dimora nel campo». Cresce sugli alpeggi Ancora oggi il parüch è diffusissimo ovunque, cresce tra i 500 e i 2.000 metri, soprattutto nei pascoli di montagna, in zone spes- La sperimentazione in Friuli Prendendo spunto dal progetto Bioinnoverbe della Regione Friuli Venezia Giulia, avviato alcuni anni fa e in cui vennero coltivate diverse erbe spontanee, tra cui appunto il farinèl. L’obiettivo dell’Agenzia regionale per lo sviluppo rurale del Friuli era quello di avere una produzione ampia – vista la riscoperta e la crescente richiesta sul mercato – di erbe che tradizionalmente crescevano solo spontaneamente. Della Fara, industriale nel campo dei punti metallici, in quel periodo viene a conoscere, per una serie di circostanze, il responsabile del progetto friulano. Nel frattempo, nei pressi della frazione Bosco di San Giovanni Bianco, tra la località Paglio di Dossena e Portiera, a circa 750 metri di altitudine, acquista una baita e la ristruttura. Proprio accanto si trova un ampio terreno in forte pendenza. Così arriva anche l’idea di iniziare la coltivazione di parüch. «La verdura non mi è mai piaciuta – dice – ma il parüch l’ho sempre conosciuto e apprezzato per il suo gusto particolare. Così ho avviato le prime sperimentazioni». Della Fara ha iniziato l’attività industriale-com- «Ero sempre lontano da casa, volevo tornare ai ritmi della natura» Coltiva pure aglio orsino e, a breve, avvierà quella di carciofo di monte so abbandonate, vicino a edifici rurali. Ha bisogno di azoto, che gli viene fornito dagli escrementi degli animali in alpeggio. «Così come è molto presente sugli alpeggi ancora caricati – prosegue Della Fara – va, purtroppo, invece, scomparendo dove non ci sono più le malghe, proprio per la mancanza di concime ricco di azoto, di cui si nutre». Dopo le sperimentazioni, l’anno scorso Della Fara ha avviato anche la prima produzione. Il Buon Enrico, da secoli, è tradizionalmente utilizzato in cucina, in risotti, minestre, lesso o soffritto. Un tempo considerato un alimento povero, oggi è sempre più ricercato, anche da tanti risto- ranti (come sta accadendo in agriturismi o locali dell’alta Valle Brembana). In erboristeria è conosciuto per le proprietà lassative, emollienti, vermifughe; è ricco di ferro vitamina B1 e combatte l’anemia. Se ne usano prevalentemente i germogli o le cime delle giovani piante. Della Fara, poco dopo, inizia anche le sperimentazioni in campo gastronomico. Si inventa, così, salse al parüch (con olio, aglio, pepe, sale) o con l’aggiunta di porro (più dolce di quello base). La raccolta del parüch avviene da giugno a settembre. Quest’anno è arrivato a produrre circa 8.000 piccoli vasetti. «Io preparo gli ingredienti – dice – dal parüch all’aglio, poi porto il tutto in un laboratorio di Traona, in provincia di Sondrio, in Valtellina, per la trasformazione. Ancora non posso permettermi la lavorazione direttamente a casa. Ma faccio tutto ancora manualmente. Per anni, facendo l’industriale, ho trasformato la mia vita e quanto mi passava tra le mani. Oggi devo e voglio seguire i ritmi della natura. E anche le confezioni regalo che realizzo in legno come porta-vasetti sono fatte tutte in modo artigianale». 1 Estasi di fragole e Liquimela Ultimamente Della Fara ha avviato anche nuove sperimentazioni, per esempio coltivando e realizzando salse con aglio orsino, o ancora nel campo dei piccoli frutti: con l’«Estasi di fragole», con dolcificanti naturali quali Stevia ed Eritritolo, o la «Liquimela», con un mix di mele e liquirizia. E, per il prossimo anno, sperimentarà anche la coltivazione di carciofo di monte. L’inventiva sembra non mancargli. «Le coltivazioni di piccoli frutti sono ormai sempre più diffuse – dice –. A questo punto l’originalità e la novità diventano fondamentali per avere successo sul mercato». E col parüch, almeno in Bergamasca, pare essere arrivato per primo. ■ 2 3 In alto, Italo Della Fara, 51 anni di San Giovanni Bianco, nel campo di coltivazione di parüch, in località Bosco di San Giovanni Bianco. 1) Le tre salse prodotte (tramite un laboratorio in Valtellina) con le erbe coltivate da Della Fara, quella al parüch, al parüch con porro e all’aglio orsino; 2) un ceppo di Buon Enrico in un prato; 3) il campo di coltivazione di Della Fara. Il Buon Enrico si raccoglie da giugno a settembre