Sapito ai Caraibi: Venezuela

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Sapito ai Caraibi: Venezuela
Sapito ai Caraibi: Venezuela
13 Febbraio 2014 by Sailsapito
…. e dopo Grenada l'equipaggio di Sapito si è trovato di fronte ad una scelta difficile: visitare o no
il Venezuela, con tutti i suoi contrasti ed i suoi pericoli. Molti erano stati coloro che avevamo
contattato per capire effettivamente quali potessero essere i reali problemi che avremmo potuto
incontrare. Alla fine, timorosi per i vari atti di pirateria e di delinquenza segnalatici, abbiamo optato
per una soluzione di compromesso: avremmo visitato solo le isole esterne del Venezuela, cercando
di entrare in contatto meno possibile con le popolazioni locali ed evitando di entrare ufficialmente
nel paese.
Presa la decisione, l'itinerario si è automaticamente definito. Prima tappa, ad una novantina di
miglia da Grenada, le piccole isolette de Los Testigos.
Qualche decina di miglia dopo Grenada, abbiamo notato un evidente cambiamento del colore delle
acque del mare, tendenti al verde/marrone e molto meno limpide di quelle incontrate finora ai
Caraibi. Frutto evidente degli immensi fiumi del sud America che riversano enormi quantità di
acque in questa parte di mare. Arrivo in una baia a Los Testigos in serata, poco prima del tramonto.
Timorosi per i vari pescatori che condividevano con noi
l'ancoraggio, abbiamo passato una notte riposando poco,
sempre con il pensiero, rivelatosi poi infondato, che qualcuno
potesse salire a bordo durante la notte.
Il mattino successivo partenza per l'isola de La Blanquilla, ad
un centinaio di miglia di distanza, passando attraverso il
piccolo arcipelago disabitato de Los Hermanos.
Dopo un' intera giornata senza nessun' abboccata, arrivati in
vista dell'ormeggio si è verificata una doppia partenza delle
lenze, con la cattura di una bella coppia di tonnetti.
La Blanquilla si è rivelata una piacevole sorpresa, con uno
splendido ormeggio tutto a nostra disposizione, con candide
spiagge totalmente disabitate, piene di orme di piccoli di
tartaruga appena nati.
Sapito ai Caraibi: isole ABC, Aruba, Bonaire, Curaçao
1 aprile 2014 by sailsapito
…e dopo le belle Las Aves, ultimo baluardo ad ovest del Venezuela, Sapito si è diretto verso
Bonaire, prima delle tre isole sotto l’influenza olandese.
In realtà questa è una vera e propria provincia olandese,
come se si fosse a Delft od a Utrecht, con una piccola
particolarità, però: qui di Euro non vogliono neanche
sentirne parlare; hanno addirittura ripudiato la loro vecchia
moneta, il fiorino antillese. Qui si paga solo con US
Dollar!!!
Arrivando in barca da est si costeggia un’ampia zona
pianeggiante, la parte sud dell’isola, dominata da grandi
saline e stagni, regno del simbolo dell’isola, i fenicotteri
rosa (che in realtà abbiamo visto in pochi esemplari,
oltretutto piuttosto da distante).
Subito si nota che l’isola non è stata molto deturpata da
costruzioni residenziali ed albergoni, anzi ci sono ampie
zone non costruite.
La zona nord è invece collinosa ed arida, dominata dalla
presenza di cactacee.
Nel complesso si tratta di un posto molto naturale,
sicuramente la più preservata delle tre isole olandesi visitate.
Interessante la possibilità di effettuare autonomamente
immersioni subacquee con gran facilità, sia dalla propria
barca, che da terra. Tutto è infatti predisposto a questo fine.
L’ancoraggio è infatti tassativamente vietato, così da non
deturpare i fondali, e lungo la costa sono segnalati tutti i siti
di immersione e snorkeling.
Noi eravamo ormeggiati ad un gavitello di fronte alla
piccola capitale, Kralendijk,
e sotto la nostra barca avevamo pesci dei più disparati, tra
cui carangidi, bonefish ed anche un grosso barracuda di una
decina di chili che si godeva la nostra grande ombra, il tutto
a pochi metri dalla città e dalle automobili.
La foto qui sotto vi fa notare le microscopiche casette di
circa quattro metri quadrati usate dagli schiavi all’epoca
della tratta.
Lasciata Bonaire ci siamo diretti ancora più ad ovest verso
Curaçao, per la quale non nutrivamo grandi aspettative, visti
i non eccezionali commenti che avevamo raccolto. Ed
invece quest’isola ci ha positivamente colpiti per una sua
spiccata personalità, se non proprio per la sua naturalezza.
Primo impatto molto piacevole l’abbiamo avuto a Klein
Curaçao, piccola isoletta a sud di quella principale, dove abbiamo passato la prima notte in zona.
L’ancoraggio in solitario si è rivelato poco protetto, ma il mare ed il luogo meritavano un po’ di
sofferenza.
Dopo ci siamo diretti a Spanish Water, unico vero ancoraggio di Curaçao, una serie di fiordi e baie
molto protetti ed ospitali, anche se un po’ scomodi per la lontananza dalla capitale, Willemstad.
Qui i colori ed i profumi tipici dei Caraibi hanno trovato un giusto equilibrio con i gusti molto più
nordici dell’Olanda. Ne esce uno strano ma affascinante cocktail che non possiamo non definire
piacevole.
Espletate le fastidiose pratiche per entrare nel paese, che ricordiamo è autonomo anche se molto
legato ai Paesi Bassi, ci siamo immersi nelle calde atmosfere della città.
In queste isole si parla uno strano mix di spagnolo, portoghese, francese ed olandese, chiamato
Papiamento, ma in realtà tutti parlano anche lo spagnolo, e l’olandese e molti conoscono l’inglese.
Caratteristico il mercato galleggiante di frutta, verdura e pesce, gestito per lo più da venezuelani
trapiantati.
Bello inoltre il ponte su barche di fine ’800, che ha particolarità di aprirsi e spostarsi
autonomamente, in quanto dotato di motori e timoni propri.
Molto pittoresco anche il vecchio mercato ora adibito a
ristorante, in cui si possono assaggiare con poca spesa
le specialità della cucina creola locale.
Meno interessante, se non addirittura brutta, la visone
del porto con dietro le ciminiere della raffineria di
petrolio.
Passata Curaçao, ci siamo diretti verso Aruba, non
fosse altro perché posta sulla rotta verso la Colombia,
nostra successiva meta.
A parte la cattura di un tonnetto di circa tre chili nel
tragitto Curaçao - Aruba, qui le delusioni non sono mancate: già ben
prima di arrivare all'isola spiccavano le enormi torri di raffinazione
dell'immenso impianto petrolifero.
Questo scempio copre quasi metà costa a sud, con un impatto visivo
e olfattivo devastanti.
Poi si fa appena a tempo a riprendersi che si ripiomba in un altro
incubo: Oranjestad, la capitale dell'isola, costruita per accogliere le
migliaia di croceristi, prevalentemente americani, che ogni giorno
giungono a bordo di mega navi alla ricerca di divertimenti e di
shopping di lusso in questa asettica cittadina, porto franco, con
negozi da nababbi degni delle più note località alla moda.
A questo aggiungete che per espletare le pratiche doganali e di
immigrazione sia richiesto di ricorrere ad un agente e la frittata è
fatta: noi siamo rimasti per due giorni nella clandestinità, per evitare
spese inutili ed assurde.
Notate la prossima immagine colta a testimonianza della pochezza
di questo luogo: è una delle pochissime cose fotografabili.
La prossima foto invece sembra dare un segno di speranza nel
piattume totale incontrato. Questa bella pianta si trovava infatti a
pochi metri dalla nostra barca all'ormeggio. Peccato che fossimo
anche a pochissima distanza dalla rotta di atterraggio
dell'aeroporto, con un continuo rumore di aerei fino a notte
inoltrata.
Insomma, proprio non ci è piaciuta questa meta del consumismo
più sfrenato e del totale disprezzo della natura.
Sapito vi da appuntamento alla prossima destinazione, la
Colombia.
Ciao
Sapito ai Caraibi: Colombia
1 aprile 2014 by sailsapito
...e dopo il trittico di isole olandesi, Sapito, nel suo avvicinamento al
Canale di Panama, che lo vedrà fra qualche tempo cambiare oceano, si è
diretto verso la Colombia, con una navigazione in una zona molto
impegnativa di quasi trecento miglia.
Partiti da Aruba in tarda mattinata, per poter contare su un arrivo a
destinazione con la luce, l'equipaggio si è garantito una previsione meteo
delle più favorevoli per l'area che si apprestava a percorrere.
Questa tratta infatti è considerata la più difficile ed impegnativa di tutto il
giro del mondo, tanto da essere soprannominata la " Capo Horn" dei
Caraibi.
È il superamento della penisola de La Guajira il punto critico, causa una
concomitanza di fattori quali i fondali poco profondi sottocosta, e
soprattutto una forte accelerazione dell'aliseo, che portano gli equipaggi ad
impegnative prove con onde di altezza molto sopra la media e spesso
frangenti e venti molto forti.
Al Sapito è andata piuttosto bene, a conferma della validità delle
previsioni utilizzate.
Non sono comunque mancati momenti impegnativi, con venti che
all'arrivo a Santa Marta, doppiando Cabo de la Aguja, hanno toccato e
superato i quaranta nodi ed onde molto incrociate, costantemente sopra i
due metri e mezzo, con punte di oltre tre metri e mezzo.
Quasi due giorni di poco riposo, che hanno messo a dura prova oltre
all'equipaggio anche le attrezzature del catamarano, registrando la rottura
delle due stecche più alte della randa.
Alla fine tre giorni di meritato riposo al Marina di Santa Marta, seguiti poi da
nuovi preparativi e riparazioni per le tappe successive.
Santa Marta si è rivelata un luogo poco organizzato per chi vi arriva in barca a
vela, senza praticamente la possibilità di reperire qualsiasi pezzo di ricambio
specifico. La città è graziosa e abbastanza sicura, con buone possibilità di far
cambusa.
Nota costante il clima secco e molto ventilato, con rari momenti di calma
di vento e con raffiche spesso violente, anche oltre i cinquanta nodi,
soprattutto durante la notte. Dopo Santa Marta Sapito ha rivolto le sue
prue verso la ben più nota Cartagena.
La navigazione ha visto momenti molto concitati in corrispondenza della
foce del Rio Magdalena, di fronte alla città di Barranquilla. Nonostante si
fosse scelta una rotta abbastanza lontana dalla foce, giunti nella sua
prossimità abbiamo dovuto deviare verso la costa causa un improvviso
ostacolo rappresentato da un'insidiosissima rete derivante (a pelo d'acqua)
di cui non si vedeva la fine. Siamo così incappati in onde frangenti
altissime (4/5 metri) dovute al basso fondale, che ci hanno sballottato in
maniera furiosa. Per fortuna la barca è dotata di una incredibile stabilità
che ci ha tratto d'impaccio.
La mancanza di foto testimonia la difficoltà incontrata, che non permetteva distrazioni.
Poi la navigazione è continuata normalmente, fino all'arrivo ad orario molto tardo (dopo le due di
notte) all'ancoraggio nella grandissima laguna di Cartagena, di fronte al club nautico.
La città alla luce del sole ha mostrato subito varie sfaccettature molto distinte: all'affascinante
Cartagena coloniale si contrappone una città fin troppo moderna, con uno skyline da grande
metropoli piena di alte torri e palazzoni, che troppo stridono con la città dai quartieri poveri e dalla
vita dura, con gente che deve sbarcare il lunario con stipendi minimi di trecento euro al mese ed un
costo della vita non dei più bassi.
Ed ora, dopo la Colombia, ci aspetta Panama, con le sue incantate isole San Blas, ed il canale,
preludio di un nuovo oceano e di nuove avventure.
Ciao dal Sapito
Sapito ai Caraibi: Panamà – Isole San Blàs
19 aprile 2014 by sailsapito
...e dopo la lunga sosta nella bella città coloniale di Cartagena, Sapito, completati i rifornimenti e la
cambusa, a fine febbraio ha diretto le prue verso le incantate isole San Blas, in quel di Panamà.
Partenza nel pieno della notte, così da poter arrivare nella
serata successiva, dopo quasi duecento miglia.
Primo atterraggio a Cayo Holandès, bellissimo atollo
corallino che subito ci incanta con i colori delle sue acque
e con le sue bianchissime spiagge.
Il secondo giorno ci dobbiamo spostare all'isola di
Porvenir, dalla parte opposta delle isole San Blàs, per
poter effettuare l'entrata nel paese. Morale dobbiamo
sborsare la non modica cifra di U$643 per le pratiche della
barca e dell'equipaggio.
Il pomeriggio, mentre siamo lì ancorati, Luca si sente chiamare dalla
spiaggia a pochi metri di distanza: si tratta degli amici Erminio, Rosy e
Renato, lì di passaggio da un viaggio in Centramerica. Automatico l'invito
a cena a bordo, con festeggiamenti per l'inatteso incontro.
Poi un periodo di poco meno di un mese di tranquille permanenze tra i vari
atolli, da Cayo Coco Bandero a Cayo Holandès, da Cayo Chichime a Cayo
Limòn, fino alle interessanti Robeson, sempre molto ridossati dalle varie
isolette e barriere coralline.
Le giornate scorrono placide, con l'equipaggio rilassato, ma impegnato in
grandi esplorazioni delle lagune e dei fondali, alla ricerca di pesci e
crostacei da consumare a pasto. Belle e frequenti le catture di barracuda,
king fish, snapper, sia a traina che con il fucile, consumati poi in luculliane
cene assieme agli equipaggi delle imbarcazioni con cui volta per volta si
condivide l'ancoraggio.
E qui apriamo una parentesi per sottolineare la presenza in massa di
barche italiane che hanno eletto queste splendide isole ed acque quali
luogo ideale per svernare.
Ci sono così personaggi e barche che ogni anno costituiscono una vera e
propria comunità galleggiante tra questi atolli: nomi quali Lorenzo, Simonetta, Spartaco, sono tra i
più conosciuti da queste parti, a cui vanno ad aggiungersi quelli dei vari equipaggi che come noi
passano periodi più o meno lunghi in zona.
Le isole San Blas, pur se appartenenti allo stato di Panamà, godono di una notevole indipendenza,
riconosciuta dal governo centrale ai loro abitanti, gli indios Kuna Yala.
Questi vivono in capanne rudimentali e rifiutano gran parte delle
comodità tipiche delle civiltà più evolute, vietando anche ai turisti
normali attività quali la subacquea ed il kite surf, nel tentativo di
preservare le loro tradizioni e costumi. C'è da dire che a detta di chi è
passato di qua qualche anno fa il dio dollaro, onnipresente da queste
parti, ha già causato notevoli cambiamenti, che probabilmente in
pochi anni porteranno ad un totale stravolgimento delle usanze locali.
La società Kuna è organizzata rispettando una rigida cultura
matriarcale. Le donne sono così chiamate ai compiti più faticosi,
come d'altro canto in molti luoghi nel mondo. Esse si occupano della
famiglia e di buona parte del suo sostentamento. Attività primaria è la
produzione e la vendita delle Molas, una sorta di ricamo su tela, in
alcuni casi molto elaborati e dai colori vivaci.
Comunque queste isole sono rimaste ancora veramente molto belle,
sicuramente le più belle incontrate in questi mesi ai Caraibi. Nella
speranza che i Kuna riescano nel miracolo di preservarle ancora per molto in queste condizioni, in
un mondo che al contrario sta distruggendo senza sosta i pochi paradisi rimasti. Prossimo
appuntamento con l'attraversamento del canale di Panamà.
Ciao
Sapito passa il Canale di Panama
19 aprile 2014 by sailsapito
..e dopo la rilassante parentesi di mare, sole, atolli e pesca
alle San Blàs, Sapito ha diretto le prue verso Porto Bello
prima, e successivamente Colon, porto panamense sul lato
caraibico del canale di Panamà.
Interessante la costa dalle isole dei Kuna fino a Colon, con
una lussureggiante foresta tropicale in cui spiccano le
agghiaccianti grida delle scimmie urlatrici.
Passiamo qualche giorno all'ancora nella trafficatissima baia
di Colon, iniziando le pratiche per il passaggio del canale.
Poi tre giorni al marina di Shelter Bay, dove ci raggiungono
il pordenonese Aldo, quarantaquattrenne skipper, ed il pensionato
milanese Renato, appassionato di pesca, che sostituiscono Maria Luisa,
scesa alle San Blàs.
Ma torniamo al canale: le lunghe pratiche iniziano con una mail da inviare
ad un ufficio preposto, che chiamiamo subito dopo per la conferma di
avvenuta ricezione. Tutto ciò perché abbiamo scelto di non spendere i
trecento/cinquecento dollari richiesti normalmente da un agente che si
dovrebbe occupare dell' intera procedura.
Otteniamo così un appuntamento con il misuratore del canale, che il giorno
seguente dovrà controllare minuziosamente la nostra barca, e dare l'ok alla
nostra pratica.
Oltre alle misure della barca, dobbiamo mostrare la cassa delle acque nere,
i parabordi e le cime di ormeggio (necessarie in numero di quattro di
almeno trentotto metri di lunghezza), oltre alla quantità di carburante.
Quando tutto risulta in ordine, riceviamo tutti i relativi moduli compilati e
le istruzioni per recarci nell'unica banca dove poter effettuare il versamento
di 1875 dollari, esclusivamente in contanti.
Effettuato il versamento, comprensivo anche di una cauzione di 890 dollari che ci verrà resa se non
causeremo intralcio nell'attraversamento, potremo chiamare dopo diciotto ore l'ufficio che ci
prenoterà il passaggio: e il primo di aprile, in barba agli scherzi ittici, sarà la volta del Sapito!
Ed il giorno designato ci prepariamo lasciando il marina ed andandoci ad ancorare ai "Flat", in
attesa che ci raggiunga il pilota del canale, che ci assisterà durante il tragitto. Prima delle diciotto
partiamo assieme ad un altro catamarano sudafricano, a cui saremo affiancati e legati per passare le
tre chiuse di Gatun, quelle che ci permetteranno di salire di circa trenta metri fino al lago omonimo.
Passeremo le chiuse assieme ad una nave di Singapore, per poi accostarci ad una boa sul lago, dove
trascorreremo la notte.
Il giorno successivo sveglia presto, con il secondo pilota che ci raggiunge
per percorrere le ventisette miglia di lago che ci separano dalla prima
chiusa, quella di Pedro Miguel.
Poi la discesa continua con le due chiuse di Miraflores, dove famiglie ed
amici ci vedono attraverso la web cam, inviandoci vari saluti.
...e poi è oceano Pacifico.
Passiamo sotto al grande ponte de "Las Americas"...
...e ci andiamo ad ancorare nella baia de la "Playta", dove rimarremo fino
al ritorno di Luca in partenza per una veloce visita alla sua famiglia in
Italia.
Prossime mete le Galapagos, le Marchesi e le Tuamotu.
Arrivederci a presto!!!