Norvegia - TOAssociati

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Norvegia - TOAssociati
Norvegia – Navigando verso nord
di Elizabeth Day, The Observer
Da oltre cent'anni i traghetti del servizio postale
percorrono la costa norvegese.
Oggi trasportano anche molti turisti.
La nave scivola attraverso l’oscurità e le ombre
nere del mare. Il cielo è basso e opprimente, un
largo tratto carboncino, come se una matita
spuntata avesse annerito tutto l'orizzonte. Le
grandi rocce, screziate dal ghiaccio, sono disposte
come carta assorbente sulla costa e sembrano
voler drenare i fondali oscuri. È l'una e mezza del
pomeriggio e nel circolo polare artico il panorama
è di un solo colore.
Da lontano arriva lo scintillio
della banchina di un'isola, ma a parte questo ci
sono solo un tramonto infinito, il vento gelido e il
lieve fremito del motore della nave.
Sono dentro una Jacuzzi, sul ponte principale
della nave, per godermi un'esperienza veramente
surreale: dalle spalle in giù sono in un bozzolo di
calore effervescente, ma le mie guance pungono
per il freddo e le lenti a contatto si stanno
surgelando, al punto che riesco appena a sbattere
le palpebre. È la vasca da bagno più straordinaria
in cui mi sia mai immersa: sontuosa, ma così
perfettamente inserita nell'ambiente artico
che mi è impossibile dimenticare dove mi trovo.
Jacuzzi e centro fitness
È così che si viaggia sull'Hurtigruten.
Per 120 anni questa flotta norvegese ha fornito un
insostituibile servizio postale e di trasporto
passeggeri alle comunità di pescatori più isolate
della costa settentrionale della Norvegia. Ma negli
ultimi tempi le 16 navi hanno aperto le loro
passerelle anche ai turisti, dotandosi di Jacuzzi,
centri fitness, ristoranti, sale conferenze,
fornitissimi minibar in cabina e saune polari con
vista sul mare del nord. L'alta stagione è a luglio e
agosto, quando in Norvegia c'è un mite clima
alpino. Ma sono previsti anche tour invernali per
turisti che vogliono vedere l'aurora boreale.
I passeggeri sanno di viaggiare su una nave che
effettua il servizio postale, e quindi sono costretti
ad adeguarsi al suo spirito informale.
"Credo che sia questo a rendere così speciale
l'Hurtigruten", afferma Hild, l'ufficiale di
comunicazione sul Midnatsol (Sole di mezzanotte),
una donna dalle dimensioni e dal buon umore
fenomenali, che ride fragorosamente alle proprie
battute. "Non è una nave da crociera né un
autobus né un cargo. È tutte e tre le cose
insieme".
Dunque niente abiti da sera, lezioni di samba o
cantanti da piano bar con paillettes e lustrini che
cantano i successi di Céline Dion. Ci sono invece
degli scandinavi con i volti segnati dal freddo
che indossano maglioni fatti in casa ed eskimo
con pesanti imbottiture, e prendono l'Hurtigruten
(Rotta espressa) per tornare a casa. I paesi del
circolo polare artico dipendono dalla flotta per
restare in contatto con il resto del mondo.
Quando le navi arrivano in porto suonando
i corni antinebbia l'accoglienza è sempre calorosa.
Negli ultimi anni l'Artico sembra aver perso la sua
impenetrabilità: si è gradualmente trasformato in
una meta turistica, grazie alla crescente popolarità
degli hotel di ghiaccio e dei pacchetti vacanza
per passare il Natale in Lapponia.
Inoltre, l'adattamento cinematografico del
romanzo di Philip Pulmann La bussola d'oro (la
storia di una dodicenne, Lyra, che parte in viaggio
verso il circolo polare artico per salvare il suo
migliore amico), con Nicole Kidman e Daniel
Craig, è destinato ad attirare ancora più visitatori.
L'Artico, un tempo uno dei luoghi più inaccessibili
al mondo, affascinante proprio perché lontano e
diverso, rischia di diventare un parco giochi a
tema, una Disneyland dei ghiacci pronta a offrire
weekend per soli uomini con tanto di alcol a basso
prezzo e truppe di spogliarelliste vestite da elfi?
Per fortuna, dopo quattro giorni a bordo
dell'Hurtigruten le mie preoccupazioni si sono
dissolte come fanno le cime ghiacciate a causa del
buco dell'ozono.
Mentre la nave si sposta da Tromso verso
Honningsvag, la città più a nord tra quelle del
continente europeo, superiamo dei paesini in
equilibrio su scogliere spazzate dal vento. Una
manciata di case di legno colorate, con finestre
illuminate e banchine di legno che sfiorano il mare
gelido. La prima notte il mare è molto mosso. La
nave oscilla e fa cadere a terra il classico cesto di
frutta.
Sopra la mia testa mucchi di neve scivolano su e
giù per il ponte principale, facendo il rumore di
mille coppe da champagne che vanno in pezzi. È
come stare su un'amaca mentre il vento soffia
forte o come dondolare in cima alle montagne
russe in attesa della discesa.
Tempesta di ghiaccio
Il mattino dopo quelli tra noi ancora in grado di
camminare scendono a Honningsvag e partono in
pullman per Capo Nord, il luogo più inospitale e
selvaggio il primo viaggio turistico a Capo Nord è
stato organizzato da Thomas Cook nel 1875.
All'epoca non esistevano strade e i viaggiatori
dovevano arrivare con una barca per poi scalare
una parete verticale, indossando la classica divisa
vittoriana fatta di cappelli a cilindro e crinolina.
Capisco la follia dell'impresa solo quando a metà
pomeriggio raggiungo la meta, nella pressoché
totale oscurità.
Il vento che fischia fa accapponare la pelle, è in
corso una tempesta di ghiaccio.
Con l'incoscienza di una teenager, indosso
solo un paio di jeans, una giacca a vento e vari
maglioni. Ma non servono contro questo freddo
pungente, ci vorrebbe ben altro. Mi dico che avrei
dovuto indossare una maglia di lana, e mi rendo
conto che non ne ho portata neanche una.
Nonostante tutto è magnifico essere in uno degli
angoli più remoti della terra, e guardare dall'alto
nude scogliere e un mare in tempesta. Peccato
che il mio cellulare si mette a squillare rovinando
l'atmosfera.
Di solito il fatto di essere in vacanza è una scusa
per abbandonarmi alla pigrizia assoluta. Invece
questa volta partecipo a tutte le gite organizzate
durante il viaggio, perché restare a bordo a
guardare dall'oblò questo scenario straordinario
ha il suo fascino, ma ci si sente un po' in gabbia
se non si scende a terra.
Ogni tanto bisogna sforzarsi di sbarcare, anche se
in questo periodo il sole resta dietro all'orizzonte e
sulla neve si riflette solo una luce fioca. Alle nove
di mattina faccio fatica ad alzarmi dal letto
sapendo che fuori c'è un manto di nuvole grigie e
che all'ora di pranzo sarà buio. Ma una volta scesa
a terra, mi godo le spedizioni con il gatto delle
nevi nei dintorni di Kjellefjord e il fantastico safari
tra i granchi reali.
In questa parte del mondo i granchi meritano
davvero il loro maestoso soprannome: possono
arrivare ad avere un diametro di due metri e a
pesare 15 chili. Al Centro avventura artica, a venti
minuti da Kirkenes, si possono ammirare i
pescatori che si tuffano nel fiordo a pescare i
granchi. Poi li cucinano e te li servono
accompagnati da un bicchiere di vino bianco.
Prima di tornare a bordo, mi metto in bocca
ancora due grosse zampe di granchio
maledicendo la puntualità dell'Hurtigruten.
Aurora boreale
A circa 25 chilometri da Tromso c'è una comunità
sami. Facciamo una gita su una slitta trainata da
renne e mi ritrovo incastrata in un'enorme tuta
termica, con le renne che corrono per le colline
innevate così veloci che mi sembra di partecipare
a una gara di rally a trazione animale. I sami conosciuti più spesso come lapponi, anche se
questo termine oggi è considerato dispregiativo –
hanno passato anni difficili tra le due guerre
mondiali, quando il governo norvegese avviò un
infelice programma di integrazione.
L'insegnamento della lingua sami nelle scuole fu
vietato, e molte comunità indigene furono
costrette a lasciare le loro terre e a trasferirsi nelle
città, abbandonando le attività tradizionali come,
per esempio, l'allevamento delle renne.
Adesso le cose sono migliorate: i sami sono circa
40mila e hanno un loro parlamento. Ma solo il tre
per cento della comunità alleva ancora le renne.
Oggi molti sami dipendono economicamente
dal turismo. "Preferisco la vita all'antica sulle
montagne", mi spiega la mia guida, il
ventiquattrenne Johanisaak. "Non devi guardare
continuamente l'orologio e puoi vivere a stretto
contatto con le renne.
Ma i tempi cambiano e ci fa piacere che i turisti
vengano a vedere come viviamo".
È affascinante parlare con i sami. Come gli inuit,
hanno molte parole per dire neve, anche se con i
danni causati dal riscaldamento globale, ne hanno
perse parecchie. Un tempo credevano che la
natura avesse uno spirito divino e che l'aurora
boreale fosse la personificazione celeste delle
anime dei morti.
È un sentimento che si capisce meglio dopo aver
visto l'aurora boreale. Ad annunciarla, verso le 4
del pomeriggio, è l'altoparlante della nave. Corro
in coperta fino al ponte principale. All'inizio è un
debole chiarore verdastro, una linea pastello
disegnata su di un cielo indaco. Poi le luci
diventano sempre più luminose, fino a essere
quasi fluorescenti, scintillando come particelle di
polvere magnetica che si fondono per poi
dividersi, rifrangendo la luce a ogni minuscolo
movimento.
È talmente emozionante che trattengo il fiato
dalla meraviglia. Dopo circa cinque minuti, la
polvere color smeraldo si dissolve, l'aurora boreale
è spazzata via dall'oscurità e la nave continua
il suo viaggio avvolta dalla notte artica.
Questa parte del mondo è così sbalorditiva che
bisognerebbe vederla prima che si trasformi
nell'ennesima Disneyland.