storia. Aids

Transcript

storia. Aids
.
INDICE RASSEGNA STAMPA
.
3. Sanità nazionale
Avvenire
07/09/2014
p. 12
La storia. Aids dall'antitetanica, dopo 21 anni il risarcimento
Vincenzo
Varagona
1
Corriere Della Sera
07/09/2014
p. 43
La scelta giusta dopo la secchiata
Luigi Ripa-Monti
2
Corriere Della Sera
07/09/2014
p. 43
Ricetta elettronica in ritardo Solo cinque regioni a regime
3
Corriere Della Sera
07/09/2014
p. 46
Gli ormoni servono solo in pochi casi
4
Corriere Della Sera
07/09/2014
p. 46
L'utilità e i limiti dei rimedi fai-da-te contro l'acne
Elena Meli
5
Corriere Della Sera
07/09/2014
p. 46
Mi spieghi dottore Che cos'è la neurite ottica e come si
presenta?
Antonella
Sparvoli
7
Corriere Della Sera
07/09/2014
p. 48
La relazione pericolosa tra sindrome metabolica e tumori
Vera Martinella
9
Corriere Della Sera
07/09/2014
p. 49
Migliori percorsi assistenziali studiati per i malati cromici
Maria Giovanna
Faiella
10
Corriere Della Sera
07/09/2014
p. 51
Bimbi con handicap neurologici
Corriere Della Sera
08/09/2014
p. 31
La resa educativa degli slogan sulla cannabis
Giovanni
Belardelli
13
Libero
07/09/2014
p. 6
Derubati dal governo e infettati dai profughi Agenti con la
scabbia
Tommaso
Montesano
14
Libero
07/09/2014
p. 22
cuore, i maschi stanno meglio delle donne
Andrea Sermonti
16
Libero
07/09/2014
p. 22
Fibrillazione atriale non valvolare (nvaf) le cure troppo
diverse da un paese all'altro
17
Messaggero
08/09/2014
p. 10
Ebola, il vaccino targato Italia «respinge il virus per 10 mesi» Carla Massi
18
Repubblica
08/09/2014
p. 19
La vista perduta dei ragazzi italiani "Troppi pc e tablet
raddoppiati i miopi"
19
Secolo Xix
08/09/2014
p. 13
Incubo tumore assolto il reggiseno
Secolo Xix
08/09/2014
p. 13
Dolce attesa e prevenzione battere le infezioni prima della
gravidanza
Federico Mereta
22
Stampa
07/09/2014
p. 12
Vaccino, una speranza dall'Italia "Così possiamo battere il
morbo
Paolo Russo
24
Tempo
08/09/2014
p. 15
«Difendere i fisioterapisti significa tutelare il paziente»
Raffaella Fonda
25
Ivana Zuliani
27
Carlo Di Foggia
29
12
Cristiana
Salvagni
21
7. Volontariato
Corriere Fiorentino
07/09/2014
p. 21
È il giorno di George Clooney Al gala con Bocelli e Mehta
8. La Ricerca
Il Fatto Quotidiano
08/09/2014
p. 4
Ricercatori di tutta Europa unitevi
11. Medicina alternativa
Corriere Della Sera
07/09/2014
p. 44
Osteopati italiani alla ricerca di riconoscimento professionale
Per dare più garanzie ai pazienti
31
Corriere Della Sera
07/09/2014
p. 44
Secondo i medici il nodo è la diagnosi
33
Corriere Della Sera
07/09/2014
p. 45
Il rischio di creare doppioni che possono generare confusione
34
Corriere Della Sera
07/09/2014
p. 45
Quando (e con quali prove) si fanno le manovre
35
Indice Rassegna Stampa
Pagina I
stor ia. Ai ds
dall ' antitetan ica, d o po 21 an ni
VINCENZO VARAGONA
ANCONA
ra stato Carlo Urbani ad avvisarlo, quando gli era stata diagnosticata la malattia: «Germano,
non so come dirtelo, ti starò sempre vicino, ma devi sapere che hai l'Aids». Aveva 19 anni, Germano Santoni, era studente all'Isti tuto tecnico commerciale di
Civitanova Marche, quando era rimasto
vittima di un incidente stradale. Frattura scomposta al femore. Al pronto soccorso gli avevano iniettato un siero antitetanico, un protocollo di routine, ma
nessuno sapeva che il contenuto di quella fiala era infetto. Germano, tuttavia non
poteva accorgersene subito. Gli era comparsa quella febbre strana, si era fatto
controllare, fino a quando, tiri anno dopo, era arrivato il terribile verdetto.
Oggi Germano ha 40 anni, è cieco, l'a-
mico più fedele è il suo cane, diventato inseparabile.
La vita lo ha portato a Camerino, dove fa il centralinista nell'ufficio del giudice
di pace. F uno dei testimoni dei "miracoli" delmedico
di Castelplanio, che ebbe il
Nobel nel 1999 come presidente di Medici senza frontiere. «Nel
1993, nell'ospedale di Macerata dove ero stato ricoverato per accertamenti, fui
sottoposto anche al test dell'Hiv. Risultai positivo, ma nessun medico aveva il
coraggio di dirmelo. Fu lui ad assumersene la responsabilità, mi venne incontro, con grande tatto mi diede la notizia
e poi mi disse: "Sappi che non ti lascerò
mai solo". E mantenne la promessa, perché quando, al culmine di una crisi che
mi aveva trascinato in fin di vita, lo feci
chiamare per un aiuto disperato, lui, che
nel frattempo era dirigente dell'Oms e si
trovava ad Hanoi, mi fece mandare dagli Stati Uniti un farmaco sperimentale,
con il quale mi sono ripreso, e mi consente ancora oggi divivere, anche se imbottito di pasticche».
E altro incontro fondamentale di Germano è stato con un ematologo, Tommaso Mazzanti, che, incuriosito dal caso, chiese di esaminare le cartelle cliniche e ipotizzò il nesso fra l'antitetanica
e la malattia che ne era seguita. Scattarono così le azioni legali. Una, ammini-
II Tribunale di Ancona condanna lo Stato a
pagare due milioni di euro a Germano Santoni,
vittima di un incredibile errore sanitario:
«Così Carlo Urbani mi ha salvato la vita»
3. Sanità nazionale
il
rí sarci m ento
strativa, arriva a sentenza
dieci anni fa. Determinante la consulenza tecnica firmata da un luminare, Piergiorgio Fedeli, che conferma l'intuizione del dottor
Mazzanti, la cui attenzione
si era concentrata sull e immunoglobuline di derivazione umana. Si arriva al 2009 per un primo risultato: il Tribunale di Camerino
determina in 800 euro mensili un primo
indennizzo, riconosciuto alle vittime di
trasfusioni. Tre anni fa parte la causa civile al Tribunale di Ancona, arrivata adesso a sentenza, firmata dal giudice
Francesca Miconi, che condanna il ministero della Salute a un risarcimento di
un milione e mezzo di euro, che con gli
interessi arrivano a sfiorare i due milioni, per omesso controllo sul contenuto
del siero iniettato.
Per Germano è l'inizio di una nuova battaglia: «Non avete idea, ci dice, di come
mi sia cambiata la vita. Ero un ragazzo
sportivo, dinamico, vitale. Sono cieco e
con un'emiparesi. Ho impiegato anni per
documentare che non ero un tossico, e
che non potevo avere contratto l'Aids
che in ospedale. Per tutto questo tempo
sono stato trattato sostanzialmente come un tossicodipendente. Ora basta.
Lindennizzo è importante, ma lo ritengo inadeguato al calvario cari sono stato
costretto». Accanto a Germano i due legali che lo hanno sostenuto in questa
battaglia, Sante Monti e Andrea Petracci. Fino a due anni fa l'altra colonna della sua vita era stata il papà, Alberto, che
però lo ha lasciato, vittima di un incidente stradale. «Adesso - conclude Germano - ho un'altra ragione per continuare a vivere con coraggio».
© RIPROOUa01E RISERVATA
Pagina 1
S CELTA GIUSTA
D OPO SECCHIATA
di LUIGI RIPAMONTI
ulle secchiate d'acqua gelata si è detto di tutto
e di più. Come qualcuno ha osservato quest'anno sono
state loro, e non la classica canzone, il vero tormentone
dell'estate. C'è chi le ha salutate come un fenomeno
simpatico e utile, chi le bollate come una forma a buon
mercato (offerta libera) di autopromozione, chi le ha catalogate
alla voce «narcisismo». Comunque la si voglia vedere rimane un
fatto: pecunia non olet. E se si sono raccolti soldi, pochi o tanti che
siano, perla ricerca sulla Sclerosi laterale amiotrofica, ben venga
qualche raffreddore o qualche esibizione che può aver fatto
arricciare il naso a qualcuno. Piuttosto questo fenomeno offre lo
spunto per qualche altra riflessione. La prima è sul come e sul dove
destinare le donazioni dopo le secchiate d'acqua gelata. Perché se è
vero che i soldi perla ricerca sono comunque ben spesi, è anche
vero che, trattandosi di una forma di investimento, è legittimo
preoccuparsi di quanto rende. In questo caso il rendimento
non si può misurare in termini economici crudi, però
un'unità di misura da
prendere come riferimento
c'è, ed è rappresentata dalla
quantità e, soprattutto, dalla
qualità della produzione
Valutare la qualità scientifica della onlus cui si
destina la propria
della produzione
h
donazione. Si tratta di un
parametro che sarebbe
sci entifica
abituarsi a
per far «rendere» opportuno
considerare e che non è
le donazioni
molto difficile da valutare:
ogni ente che fa ricerca
scientifica può renderlo ben
visibile sul proprio sito Internet o sui documenti che
produce. Renderlo facilmente leggibile e comprensibile a
tutti è un indizio di serietà e trasparenza che può aiutare a
scegliere come e dove indirizzare i nostri soldi. Una seconda
riflessione riguarda la deducibilità delle donazioni. C'è chi
ha notato che negli Stati Uniti, dove è iniziato il fenomeno
delle secchiate, sono stati elargiti molti più soldi che in
Italia. É probabilmente vero, anche tenendo conto della
differenza di popolazione. Ma va tenuto presente che negli
Usa la deducibilità fiscale per questo tipo di donazione è
decisamente maggiore rispetto a quanto accade in Italia.
Con i problemi di bilancio che attanagliano il nostro Paese
potrebbe far sorridere l'invocazione a incoraggiare questo
genere di gesto con uno «sconto» sulle tasse. Ma se si tiene
conto che i soldi per la ricerca non fanno bene solo ai malati
ma, a medio e lungo termine, anche al Pil, forse andrebbe
consideratala possibilità di agire anche in questa direzione.
3. Sanità nazionale
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Si fa presto a dire " ricetta elettronica":
solo cinque regioni (Sicilia , Valle d'Aosta,
Trentino, Basilicata e Veneto) sono a regime e stanno raggiungendo l'obiettivo di
emettere l'8o% delle ricette mediche "dematerializzate " entro il 2014, come previsto dall'agenda digitale del governo Monti. Altre regioni sono in fase di sperimen-
600
È il numero di ricette
mediche erogate
ogni anno in Italia.
Di queste, facendo
una proiezione su base
annua , attualmente
solo 90 milioni
sono elettroniche
3. Sanità nazionale
tazione. Tra queste: Molise,
Campania, Liguria, Piemonte, Toscana, Friuli Venezia Giulia,
Lombardia, Emilia Romagna, Puglia, Marche. Le
rimanenti sono
ancora «in fase di
preparazione».
Insomma, al palo. A fare il punto sulla ricetta medica elettronica è Promofarma, la
società di Federfarma che si occupa di monitorare il passaggio della ricetta medica
dal cartaceo all'elettronico . In Italia, secondo la stima di Promofarma, ogni anno
vengono erogate oltre 6oo milioni di ricette mediche . Di queste, facendo una proiezione su base annua, attualmente solo go
milioni sono elettroniche . Nel dettaglio,
secondo i dati della società : 50 milioni in
Sicilia, 8oo mila in Valle d'Aosta, 3 milioni
in Trentino, 5 milioni in Basilicata e, in
proiezione, 32 milioni l'anno in Veneto. Il
resto è ancora tutto cartaceo.
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Pagina 3
Soluzioni efficaci, anche perle forme più serie
Gli o
1 rischio vero delle terapie
anti-acne "fai da te"? «Provare due o tre prodotti e
credere di aver già fatto
tutto il possibile per risolvere il problema, scoraggiandosi e lasciando che la malattia
faccia il suo corso». Giampiero
Girolomoni, dermatologo dell'Università di Verona, sottolinea l'importanza di non darsi
per vinti: «Cure efficaci esistono, anche per i casi più seri. Accanto alle terapie locali e agli antibiotici, si possono impiegare
farmaci come l'isotretinoina,
derivato della vitamina A molto
valido, che può "spegnere" l'acne per un lungo periodo spiega Girolomoni -. Si tratta,
però, di un medicinale che può
indurre malformazioni del feto,
per cui i medici a volte sono titubanti a impiegarlo. E chiaro
che bisogna prendere le dovute
precauzioni se la paziente è in
età fertile».
La terapia dell'acne in media
dura qualche mese, ma a volte si
protrae per anni; gli antibiotici
3. Sanità nazionale
on servono
in genere si assumono per periodi brevi. Lo stesso accade con i
trattamenti topici locali, per disinfettare e sfiammare la cute: in
genere si usano per 20 0 30 giorni e si intraprendono al bisogno,
quando l'acne ha una recidiva.
Quando servono gli ormoni?
«Bisogna chiarire che alterazioni ormonali importanti, tali da
xia . o
"'la .'llE'
richiedere una correzione con
un trattamento vero e proprio,
sono rare e si riconoscono facilmente: se gli ormoni sono "sballati" si hanno irsutismo, obesità
e nelle donne anomalie del ciclo
mestruale, prima fra tutte la
scomparsa delle mestruazioni
- dice Girolomoni -. In questi
casi è opportuno indagare con
dosaggi ormonali specifici; in
tutti gli altri i test, spesso sono
molto costosi, sono inutili».
Altrettanto superfluo, stando
al dermatologo, cercare di tenere sotto controllo l'acne privandosi di certi cibi, come cioccolato o patatine fritte: «Non esiste
dimostrazione inequivocabile
che certi cibi facciano male alla
pelle; ad esempio, non ci sono
prove definitive che ridurre il
consumo di latticini (accusati
spesso di aumentare le lesioni)
abbia un effetto positivo. L'acne
non si combatte, né si previene,
con consigli dietetici, né per ora
è provata un'azione benefica da
parte dei fermenti lattici, sperimentati sia con somministrazione per bocca sia per uso topico. È invece certo il legame fra
fumo e acne: le sigarette aumentano il rischio di problemi
cutanei» conclude Girolomoni.
E. M.
C RIPRODUZIONE RISEW✓ATA
Pagina 4
prodotti al vaglio degli specialisti
acne è il cruccio di
moltissimi adolescenti, ma anche
di adulti alle prese
con foruncoli che
non accennano a scomparire
o con le cicatrici di brufoli mal
curati. Al primo affacciarsi del
problema l'opzione è spesso il
"fai-da-te": ampia la scelta di
prodotti contro l'acne acquistabili senza prescrizione, in
farmacia ma anche nei supermercati. Se si vuole provarli
però occorre un po' di attenzione, come ha segnalato di
recente la Food and Drug Administration statunitense dopo alcuni casi di reazioni allergiche gravi, che non si sa
ancora se dipendano dai
principi attivi anta-acne contenuti nei prodotti o dagli eccipienti. Gli esperti raccomandano di provare sempre i
nuovi prodotti in una piccola
area cutanea per tre giorni e di
sospendere ogni trattamento
se si manifestano segni di
un'ipersensibilità severa (non
arrossamenti, bruciori o secchezza della pelle, ma fenomeni più seri, come sensazione di svenire, fiato corto, gonfiori al viso, alle labbra o alla
lingua). Anche taluni prodotti
naturali, come ad esempio
l'olio dell'albero del tè, sono
"da prendere con le pinze"
perché, oltre a non esistere
prove certe della loro efficacia, possono provocare allergie. Lo sottolinea un documento dell'American Academy of Dermatology, per il
quale, Emmy Graber, direttrice del Cosmetic and Laser
Center dell'Università di Bo-
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,. e I"x v"()lffi Ct"51
t't. .ieO
ston, ha passato in rassegna
creme, lozioni e altri preparati
acquistabili senza prescrizione medica.
Secondo Graber, possono
essere invece validi gli scrub,
che rimuovono le cellule
morte e il primo strato dell'epidermide facendo "respirare" i pori, nonché i panni e
le salviette detergenti, che
puliscono a fondo la pelle. «Le
salviette sono più delicate degli scrub e andrebbero scelte
fra quelle con ingredienti attivi contro l'acne, come benzoil
perossido e acido salicilico dice Graber -. Gli scrub possono essere troppo aggressivi; meglio quelli non troppo
"ruvidi" a base di palline di
polietilene, anziché i più irritanti ossidi di alluminio o semi di frutta. Anche le spazzoline per la pulizia del viso
possono essere eccessive: si
usano pensando che l'igiene
profonda serva a far penetrare
meglio i principi attivi antiacne di creme e lozioni, ma ciò
non è affatto dimostrato».
«Questi metodi possono
essere utili per la prima fase
dell'acne, quella "comedonica" in cui si hanno soltanto
punti neri e microcisti commenta Giampiero Girolomoni, direttore della Sezione
di dermatologia e venereologia dell'Università di Verona
-. In questi casi il "fai date" è
ammesso e, se la malattia resta di grado lieve, puo essere
sufficiente. Creme o lozioni
che contengano sostanze antisettiche, ad esempio il benzoil perossido, e principi attivi esfolianti, come i derivati
3. Sanità nazionale
della vitamina A, possono essere efficaci su un'acne iniziale, in cui non ci sia una grossa
componente infiammatoria».
Quando si sceglie un prodotto anti-acne da banco bisogna perciò accertarsi che
contenga uno dei composti
attivi: il benzoil perossido,
perché elimina i batteri che
concorrono a provocare l'acne e può così tenerla sotto
controllo; l'acido salicilico,
perché funziona come esfoliante liberando i pori da cellule morte e grasso di troppo,
che li "ingolfano" infiammandoli; lo zolfo, perché sopprime i batteri e pulisce i pori,
ma che deve essere usato solo
sui brufoli e non su tutto il viso (sì quindi ai prodotti
"spot", utilità dubbia per le
saponette). Utilizzabili anche
le creme che contengono alfaidrossiacidi, per esfoliare la
pelle, o i derivati della vitamina A come il retinolo, che liberano i pori.
«Possono servire inoltre
antibiotici topici, come clindamicina, eritromicina o le
tetracicline; non si deve usare
invece la gentamicina, il primo antibiotico a cui tanti
pensano, perché non ha alcun
effetto sul batterio che provoca l'acne - dice Girolomoni
-. Ma attenzione: tutti questi
prodotti possono rivelarsi irritanti, soprattutto se la pelle
è sensibile, in caso di allergie
o se usati senza moderazione.
Se la cute appare arrossata,
secca e desquamata è meglio
interrompere qualsiasi trattamento e chiedere consiglio al
medico. Chi soffre di dermatite atopica, inoltre, per scongiurare problemi dovrebbe
comunque evitare di prendere iniziative senza rivolgersi
allo specialista».
Dal dermatologo bisogna
Pagina 5
andare anche se dopo un trattamento "fai da te" di uno o
due mesi non si vede nessun
risultato. «Purtroppo molti
pensano che l'acne sia un accadimento inevitabile legato
alla pubertà: in realtà è una
patologia infiammatoria cronica con una componente ormonale e non è così "benevola" come si potrebbe pensare,
non deve essere sottovalutata
- avverte Girolomoni -. Da
sola non passa facilmente,
tanto che una piccola quota di
pazienti continua a soffrirne
perfino dopo i 4o anni; inoltre, se non viene curata in
modo adeguato può lasciare
cicatrici evidenti e praticamente impossibili da eliminare».
«I prodotti da banco conclude lo specialista- non
bastano per affrontare l'acne
al secondo stadio, quando
compaiono le pustole, i brufoli arrossati; men che meno
possono essere sufficienti
contro l'acne di stadio più
grave, in cui si hanno grossi
noduli infiammatori, cisti e
cicatrici».
Elena Meli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L'acne è una malattia della pelle caratterizzata
da un processo infiammatorio dei follicolo pilifero
e della ghiandola sebacea annessa
Pelle sana
Comedone
chiuso
(punto biancaa)
Comedone
aperto
(punto nero)
Papula
Pustola
Nodulo
Ciste
Dal punto di vista della rnortoloaaia delle lesioni ecco con e l'acne può essere classificata
Cornedonica
E í;aratteriz tata dalla comparsa di comedoni: ch7iusi, quando il dotto pilifero
è chiuso e il sebo non e più in grado di fuoriuscire; aperti, quando il detto pilifero
non è chiuso dei tutto e quindi Il sebo può uscire verso l'esterno
Papulo-pustolosa
Dall'evoluzione infiammatoria dei comedoni, perlopiu da quelli aperti, derivano lesioni
rotondeggianti rosee-rosse !papale) che possono trasformarsi in foruncoli /pustole)
I
Di pari passo con la progressiva
anticipazione della pubertà, sta
scendendo anche l'età della prima
comparsa dell'acne: già a partire
dai 10 anni qualche bambino
si ritrova coi primi brufoletti, poi
durante l'adolescenza la
percentuale di ragazzi e ragazze
alle prese con l'acne arriva
all'80%. La malattia è provocata
dall'infiammazione del follicolo
pilifero e della ghiandola sebacea:
questa produce grasso in eccesso,
per lo più in concomitanza della
'tempesta ormonale' che si
scatena con lo sviluppo sessuale;
i'tappi di sebo" sui follicoli
creano l'ambiente adatto per la
proliferazione del
Propionibacterium acnes,
il batterio che contribuisce alla
malattia, e favoriscono
l'infiammazione cutanea che
porta alle lesioni.
Nodulare
in presenza, intorno al follicolo, di fenom en i inliarnnìatorl intensi, e s tesi e profondi. si p ossono
formare lesioni nodulari dolorose di Colore russ o- violaceo, che possono Contenere pus
Conglobata
E una torma rara di acne che si caratterizza per la comparsa, oltre che delle lesioni
papulo- pustolose e di quelle nodulari. di formazioni cistiche che lasciano spesso cicatrici
3. Sanità nazionale
Pagina 6
e come si presenta,
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ane
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c
ili ANTONELLA SPARVOLI
a neurite ottica è
un'infiammazione del nervo
ottico che può avere diverse
cause. «La neurite ottica si
associa a malattie infettive,
a patologie autoimmuni con sofferenze
neurologiche (neuromielite ottica)
o sistemiche (lupus eritematoso
Stefania
sistemico, connettiviti, ecc.). Spesso
Bianchi
è il sintomo d'esordio della sclerosi
Marzoli
multipla (Sm) e si ripresenta molto
Neuroftalmologia spesso nelle fasi di riacutizzazione.
Ist. Auxologico
Esistono anche forme isolate in cui
Italiano, Milano
non si riesce a stabilire un fattore
scatenante. In questi casi l'episodio
infiammatorio può essere unico (forme isolate vere e
proprie) o ripetuto (forme isolate ricorrenti e
recidivanti)» spiega Stefania Bianchi Marzoli,
responsabile del Servizio di Neuroftalmologia dell'Irccs
Istituto Auxologico Italiano di Milano.
Quali sono i sintomi tipici?
«L'esordio è sempre improvviso. I sintomi caratteristici
sono dolore nella parte posteriore dell'occhio,
offuscamento della parte centrale della visione e
Ar7
3. Sanità nazionale
riduzione della percezione dei colori. Nelle forme
associate a sclerosi multipla, l'infiammazione riguarda
in genere un solo occhio, in altre patologie possono
essere coinvolti entrambi gli occhi».
Come si fa la diagnosi ?
«Un attento inquadramento neuroftalmologico
è fondamentale per orientare la diagnosi e la terapia.
Con alcuni esami di base è possibile escludere che
i sintomi siano dovuti a neuropatie ottiche di origine
diversa o a malattie della retina che si presentano con
sintomi simili. Bisogna poi identificare la causa con
l'aiuto di risonanza magnetica di encefalo e nervo
ottico, esami del sangue mirati e radiografia del torace.
In alcuni casi possono essere utili risonanza magnetica
del midollo e l'analisi del liquor. Infine è sempre buona
regola eseguire alcuni esami elettrofunzionali
per stabilire fino a che punto è stato danneggiato
il nervo ottico».
Quali sono le cure?
« Le forme immunomediate vanno trattate
tempestivamente con cortisone per via endovenosa per
3-5 giorni. La stessa terapia è utilizzata anche nelle
forme correlate a sclerosi multipla, mentre se la neurite
ottica è determinata da una malattia infettiva, va
prescritta una terapia mirata. Una volta regredita
l'infiammazione, è utile avviare una terapia preventiva
a lungo termine di nuovi episodi. Nel caso di forme
associate alla sclerosi multipla in genere si usano
farmaci immunomodulatori, mentre per le forme
immunomediate e quelle isolate ricorrenti e recidivanti
si ricorre a immunosoppressori. Nelle forme di neurite
ottica associabili a sclerosi multipla la prognosi visiva
è buona: dopo un primo episodio oltre il go%o dei
pazienti recupera una normale acuità visiva. Le forme
immunomediate possono avere una prognosi visiva
meno prevedibile che molto dipende dalla risposta
a un adeguato e tempestivo trattamento
con cortisone».
J RIPRODUZIONE RISERVATA
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3. Sanità nazionale
Pagina 8
Si può contrastare una condizione che aumenta il rischio di cancro
Organizzazione
mondiale della sanità ha ormai lanciato
l'allarme da diversi
anni: l'obesità rappresenta uno dei principali
problemi di salute pubblica nel
mondo. I chili in eccesso sono
collegati a morte prematura e
ormai universalmente riconosciuti come fattori di rischio
per malattie cardiovascolari, ictus, diabete, tumori. Senza
considerare che il sovrappeso
spesso è associato a numerosi
altri problemi di salute (ipertensione, ipercolesterolemia,
apnea notturna e problemi respiratori, asma, complicanze in
gravidanza, solo per citarne alcuni) e che un numero crescente di ricerche scientifiche dimostra un legame anche con
gravi disturbi dell'umore, fino
alla depressione.
Ciononostante, le ultime fotografie scattate alle bilance dei
cittadini dell'Unione Europea
mostrano un preoccupante aumento del peso, in atto da tempo. «I casi di obesità e sindrome metabolica sono in crescita
in tutto il mondo, mentre il legame tra obesità e cancro diventa sempre più evidente»
conferma Antonio Moschetta,
professore associato di Medicina interna all'Università Aldo
Moro di Bari e ricercatore all'Istituto tumori Giovanni Paolo II. Moschetta interverrà alla
decima Conferenza mondiale
sul futuro della scienza, nella
sessione sostenuta dall'Airc
(Associazione italiana per la ricerca sul cancro) proprio per illustrare il legame ormai scientificamente dimostrato fra tumori e nutrienti.
3. Sanità nazionale
Il cibo e le abitudini relative
all'attività fisica possono avere
ripercussioni sul nostro Dna,
perché giorno dopo giorno
modificano il metabolismo
dell'organismo e il normale
funzionamento di ormoni e geni, influenzando la regolare attività delle nostre cellule che
possono così finire per trasformarsi in cancerose.
«Cambiamenti sostanziali
delle nostre abitudini alimentari e dello stile di vita hanno
contribuito alla nostra attuale
maggiore suscettibilità all'insorgenza di vari tipi di tumori,
9cc
primi fra tutti quelli di seno e
colon retto - spiega Moschetta -. Ma appare sempre più
evidente un legame anche con
quelli di prostata, ovaio, pancreas, fegato, rene e persino
cervello. Offriamo al cancro la
possibilità di crescere più velocemente perché gli forniamo la
"benzina" di cui ha bisogno:
glucosio per produrre energia e
insulina per proliferare».
Generalmente, per semplificare, si parla di una «relazione
pericolosa» fra neoplasie e obesità, ma la vera responsabile è
la sindrome metabolica: «Una
patologia-chiarisce il ricercatore - caratterizzata da au-
mento della circonferenza dell'addome (superiore a 88 centimetri nelle donne e a 96 negli
uomini), ipertensione arteriosa, ipertrigliceridemia (oltre
15o milligrammi di trigliceridi
per decilitro di sangue), ridotti
livelli di colesterolo " buono"
HDL (meno di 5o nelle femmine e 45 nei maschi) e aumento
della glicemia a digiuno (maggiore di ioo). Se si hanno anche
solo tre su cinque di queste caratteristiche si soffre di sindrome metabolica e sale il rischio
di cancro (oltre a quello di diabete e malattie cardiovascolari)
_ cerose
cx"c,,ere
perché si crea un microambiente favorevole alle cellule
cancerose per svilupparsi e
prolificare».
Diversi studi su ampi numeri
di persone sane e malate di
cancro, così come numerosi
test di laboratorio, hanno dimostrato chiaramente che uno
stesso tipo di tumore si sviluppa con maggiore frequenza in
persone che soffrono di sindrome metabolica rispetto a soggetti sani. Inoltre, è ormai certo
che, fra i pazienti oncologici, le
probabilità di ricadute e la
mortalità per tumore sono più
elevate in chi è sovrappeso e ha
un girovita superiore al dovuto.
In pratica, la sindrome metabolica interviene in tutte le fasi
del tumore, dalla formazione
alla progressione, dalla resistenza alle terapie fino all'insorgenza di recidive.
«Acidi grassi, colesterolo, retinoidi e vitamina D presenti
negli alimenti possono interferire con il Dna e indurre le cellule tumorali ad aumentare o
bloccare la loro crescita - conclude Moschetta -. In particolare, abbiamo recentemente
scoperto nuove prove del ruolo
negativo giocato dal colesterolo, impiegato come "cemento"
dalle cellule malate per crescere: se è poco concentrato mancano al tumore gli elementi per
proliferare, proprio come sarebbe per noi impossibile costruire il secondo piano di una
casa. Tradotto nella realtà di
ogni giorno tutto questo significa che bisogna impegnarsi
per restare normopeso: fare regolarmente movimento e seguire abitudini alimentari sane,
limitando il consumo di cibi ad
alto contenuto di grassi e zuccheri». Regole semplici, che
appaiono però in via di scomparsa anche in Italia, dove, secondo recenti statistiche, circa
un bambino di 8 anni su quattro è già vittima dei chili di
troppo, uno su otto è addirittura obeso e un quarto dei connazionali ha peso in eccesso. E c'è
di peggio: nel nostro Paese si
contano già quasi 5 milioni di
obesi che troppo spesso dichiarano «di star bene così», incuranti dei molti danni causati
dalla sovrabbondanza di cellule
adipose.
Vera Martinella
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Pagina 9
Analizzate le prestazioni ricevute da oltre 100 mila persone in 11 Asl
eguire la terapia giusta, essere "monitorati" con controlli periodici per
prevenire complicazioni e ricoveri
inutili, non dover peregrinare da
una struttura all'altra per farsi rinnovare il piano terapeutico dallo specialista,
raccontando ogni volta la propria storia clinica al medico di turno. Insomma, ricevere
cure e trattamenti appropriati, dalla diagnosi all'accesso alle terapie e alla riabilitazione,
grazie a "Percorsi diagnostici, terapeutici,
assistenziali" (Pdta). Ad analizzarne luci e
ombre con l'obiettivo di individuare "Pdta
standard per patologie croniche" è una ricerca condotta per tre anni dalla Fiaso-Federazione italiana di Asl e aziende ospedaliere
e dal Cergas dell'Università Bocconi. Le i i
Asl che hanno partecipato allo studio, coinvolgendo complessivamente più di centomila pazienti, hanno esaminato i modelli di
presa in carico per cinque condizioni croniche che possono essere trattate nel contesto
territoriale, salvo episodi acuti per cui è necessario il ricovero: broncopneumopatia
cronica ostruttiva (bpco), artrite reumatoide, tumore al polmone (in fase terminale),
scompenso cardiaco e ictus (entrambi nell'anno di riabilitazione successivo all'evento
acuto). Partendo dal codice fiscale dei pazienti, tramite i database amministrativi
aziendali sono state individuate tutte le tipologie di prestazioni - ricoveri, accessi al
Pronto soccorso, bisogni farmaceutici, assistenza domiciliare, prestazioni specialistiche o protesiche - ricevute dai malati cronici del campione selezionato per le singole
malattie nel territorio di competenza. Lo
studio ha così evidenziato gli aspetti critici,
ma anche gli interventi messi in atto dalle
aziende per correggerli (vedi box a destra).
«Non sempre i pazienti ricevono le prestazioni raccomandate dalla comunità
scientifica, come la spirometria nel caso della bpco o le lastre alla mano per la diagnosi
di artrite reumatoide -afferma Valeria Tozzi, responsabile dell'area "Ricerca su Ptda e
governo clinico" dei Cergas -. In altri casi,
3. Sanità nazionale
invece, sono eseguiti esami non indicati per
quella specifica patologia. Lo studio, però,
dimostra che, se le aziende sanitarie dispongono di flussi informativi, possono sapere quali e quanti pazienti hanno con una
determinata patologia, se soffrono anche di
altre malattie, se ricevono cure appropriate.
Per esempio, è possibile verificare se il paziente diabetico fa almeno una visita cardiologica e l'esame del fondo oculare ogni anno». La ricerca evidenzia inoltre che l'attivazione di Percorsi diagnostici, terapeutici, assistenziali ha permesso, tra l'altro, il
controllo della progressione della malattia,
un miglioramento della qualità di vita dei
pazienti, la riduzione dei ricoveri e anche risparmi. «I Pdta - sottolinea il presidente di
Fiaso, Francesco Ripa Di Meana - favoriscono anche il coordinamento tra medici di
famiglia, specialisti, strutture territoriali,
assicurando così la continuità delle cure».
Ma le esperienze di Pdta sono ancora scarse,
soprattutto al Sud. «Possono essere un'occasione per garantire equità e appropriatezza
delle cure anche in Regioni sottoposte a piani di rientro - fa notare il presidente di Fiaso - . Per far fronte all'aumento dei malati
cronici, spesso anziani con più patologie
(vedi box a sinistra), ottimizzando gli interventi si utilizzano al meglio anche le risorse
disponibili».
Percorsi diagnostici, terapeutici e
assistenziali, Pdta, 'su misura'
per chi soffre di più malattie
croniche. Li stanno attivando
in Emilia-Romagna.
La sperimentazione, partita in una
Casa della Salute
a Parma, si estenderà nelle altre
province. Individuata la
popolazione più a rischio tramite
appositi algoritmi, i pazienti sono
contattati dal medico di famiglia e
viene predisposto un percorso
personalizzato: oltre alle condizioni
di salute dell'assistito si valuta la
sua 'vulnerabilità" sociale, per
esempio se vive da solo, se è
anziano, se ha reddito basso.
Maria Giovanna Faiella
C RIPRODUZIONE RISERVA A
1 problenii denunciati
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Ritardi diagnostici
Difficoltà ad accedere a visite specialistiche o esami
Difficoltà di accesso all'assistenza farmaceutica
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Assistpriza domiciliare carente
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Riabilitazione non adeguata
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Pagina 10
«Condividere le buone pratiche delle
strutture sanitarie è lo scopo del
"laboratorio Fiaso sul governo del
territorio"» dice Nicola Pinelli,
direttore della Federazione italiana
Asl e aziende ospedaliere. Tra le
esperienze virtuose di Pdta, per il
tumore al polmone c'è quella
dell'Ausl di Bologna: oltre a piano
terapeutico stilato da un team
multidisciplinare, prevede supporto
psicologico per pazienti e familiari,
assistenza domiciliare integrata, rete
di cure palliative nella fase
terminale. L'Azienda UsI di Ferrara ha
attivato un Pdta per la Bpco dopo
aver rilevato nel 2009 che circa
l'80% dei pazienti non aveva
eseguito la spirometria per indagare
lo stadio della malattia: un gruppo di
lavoro ha elaborato linee guida
aziendali per uniformare i
comportamenti dei medici. L'Azienda
per i servizi sanitari triestina (con la
popolazione di età media più alta
d'Italia) ha puntato a un Ptda che
integri ospedale-territorio per lo
scompenso cardiaco: dopo la
dimissione dall'ospedale viene
attivato un percorso "protetto" per
ogni singolo paziente, preso in
carico, secondo la gravità, dal
medico di famiglia, dal cardiologo del
distretto, dal Centro cardiovascolare,
o da una struttura intermedia.
3. Sanità nazionale
Pagina 11
È dedicato ai bimbi con problemi neurologici il sito
della Fondazione Mariani www.fondazione-mariani.org.
In home page si trovano le informazioni sulle iniziative
promosse o patrocinate dalla Fondazione: dagli incontri
su progetti e studi appena conclusi, a quelli focalizzati sulla
«metodologia Feurstein» perla riabilitazione dei ragazzi
con difficoltà cognitive; dalle nuove pubblicazioni, ai corsi
di formazione. Nella sezione «assistenza» si possono
consultare le attività che la Fondazione svolge sia
per sopportare i centri clinici che si occupano di neurologia
infantile, sia per alleviare i disagi della malattia o della
disabilità neurologica, come i progetti per offrire ai bambini
con disabilità motorie e cognitive momenti ricreativi, quali
feste, vacanze e weekend che H avvicinano alla vita dei loro
coetanei. Un'area specifica è dedicata alla «Neuromusic»:
qui si trovano le segnalazioni sui congressi organizzati con
gli esperti mondiali nel campo della neurobiologia,
psicologia, neuropsicologia applicate alla musica, ma anche
le pubblicazioni in questo settore emergente delle
neuroscienze. Per tenersi aggiornati, si può accedere
alla newsletter «Neuromusic news» effettuando il login.
3. Sanità nazionale
Pagina 12
GLI EQU IVOCI SU LLA «MARIJUANA I STATO»
La resa educativa degli slogan sulla c
abis
di GIOVANNI BELARDELLI
annuncio di un accordo per la
produzione di farmaci a base di
cannabinolo da parte dello Stabilimento farmaceutico militare
forse ha provocato qualche entusiasmo di troppo. In sé e per sé la novità è
limitata: visto che l'impiego dei cannabinoidi a scopo terapeutico era già autorizzato da
anni, tutto si ridurrebbe alla produzione in
Italia dei relativi farmaci. Ma appunto, un
po' per il tenore di certi commenti, un po'
per un sentire diffuso nell'opinione pubblica, si fa spesso confusione tra la marijuana
terapeutica e la marijuana libera, cioè liberamente consumabile da chiunque lo voglia.
Così, c'è chi ha subito approfittato della
notizia per chiedere anche la liberalizzazione della marijuana a scopo ricreativo; oppure chi si è dichiarato in favore della liberalizzazione come strumento per combattere la
criminalità ma contemporaneamente ha
addotto motivazioni di tutt'altra natura, sostenendo che la pericolosità della cannabis
è soltanto una leggenda creata da «politici
bacchettoni». In effetti, il principale punto
di debolezza della battaglia antiproibizioni-
sta dei radicali e non solo, di chi cioè considera la liberalizzazione come strumento per
combattere la criminalità organizzata e lo
spaccio (dunque anche per ridurre il sovraffollamento delle carceri), sta nel lasciare
spazio alle posizioni di chi continua a considerare la marijuana come una droga che
fondamentalmente non fa male. E questo
non è vero.
Gli effetti nocivi del consumo di marijuana sembrano ormai accertati, come ha illustrato Giuseppe Remuzzi su questo giornale
lo scorso 3 settembre e come ha autorevolmente ribadito due giorni fa Silvio Garattini
sulla Stampa, ricordando in particolare i
danni generati dall'uso della cannabis nei
più giovani. Si tratta di dati di fatto che dovrebbero spazzar via il mito dell'«erba» che
non ha mai fatto male a nessuno, ancora largamente circolante come se fossimo rimasti
agli Anni 6o e a Woodstock. Ma questo non
avviene e i danni prodotti dalla cannabis sono ricordati di rado, anche per la paura di
apparire altrimenti retrogradi e bacchettoni.
Proprio se spostiamo il discorso a livello
culturale, occorre riconoscere che nei Paesi
occidentali è in atto da qualche tempo una
svolta in favore della liberalizzazione, come
notava Umberto Veronesi un mese fa in un
appello antiproibizionista (che non a caso
- a testimoniare la confusione e l'ambiguità di cui si parlava - l'Espresso titolava «Diciamo anche noi marijuana libera»). Ma è
una svolta culturale di cui non credo ci sia
da andar fieri, poiché dietro di essa si intravvede, nelle classi dirigenti e più in generale nelle classi d'età adulte dell'Occidente,
una abdicazione dalle proprie responsabilità educative. Spesso, dietro il consumo di
droghe, leggere o pesanti che siano, ci sono
le difficoltà esistenziali, la crisi dei valori, le
prospettive grigie di vita in cui tanti giovani
oggi si dibattono. Ma su tutto questo la generazione dei baby boomers, cioè di chi è
stato giovane negli Anni 6o, sembra non sapere interrogarsi davvero, nonostante abbia
molta responsabilità perla situazione in cui
si trovano i propri figli e nipoti. Spesso quella generazione appare capace soltanto di un
progressismo incanutito e vacuo, che non
va molto oltre lo slogan - e l'illusione della «marijuana libera».
, RIPRODUZIONE RISFRVATA
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3. Sanità nazionale
Pagina 13
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PURE LA TBC Al sindacato Sap risultano anche tre casi
di contagio di tubercolosi: uno a Bologna, uno a Ferrara
e uno a Terni
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Due poliziotti in isolamento a Padova dopo aver scortato in Veneto gli immigratì
salvati da Mare Nostrum, Il Consap: «Avevano solo delle mascherine da dentista»
Le dotazioni di sicurezza a norma sono arrivate dal Viminale solo ad agosto
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O MONTESANO
.
Dopo la tbc, la scabbia.
Due poliziotti di Padova sono stati ricoverati, in isolamento, al reparto malattie infettive dell'ospedale cittadino in attesa di ulteriori accertamenti. Il contagio sarebbe
avvenuto in occasione del
servizio di scorta degli immigrati clandestini dai punti di
sbarco, nel Mezzogiorno, ai
centri di accoglienza veneti.
Nel mese di agosto, infatti, sono arrivati nella Regione oltre cinquecento profughi. E
poiché dal momento del contagio alla manifestazione dei
primi sintomi - arrossamenti
e prurito - passano in media
da quattro a sei settimane,
c'è il rischio che i due poliziotti, uno dei quali presta servizio alla Digos, abbiano attaccato la malattia ai propri familiari. La profilassi, in ogni caso, è scattata per tutti.
A denunciare il caso, nei
giorni in cui infuria la polemica tra rappresentanti del
comparto difesa e sicurezza e
governo sulla mancata revoca del blocco stipendiale, è il
sindacato di Polizia Siulp. Il
cui segretario provinciale,
Luigi Rizzi, per protesta annuncia l'inizio di «azioni provocatorie nei confronti del-
3. Sanità nazionale
l'amministrazione. Per esempio, da ora diciamo no alla
reperibïlità».
Quanto accaduto a Padova non è il primo caso che riguarda il contagio degli operatori delle Forze dell'ordine
alle prese con i servizi di assistenza agli immigrati. Al Sindacato autonomo di polizia
(Sap) risultano tre casi di colleghi contagiati dalla tbc
(uno a Bologna, uno a Ferrara e uno a Terni), mentre i poliziotti risultati positivi al test
di Mantoux, una prova di
screening utile per saggiare
la presenza di una infezione
anche latente da micobatterio della tubercolosi, sarebbero un centinaio. Ma non tutti,
fortunatamente, contrarranno il virus. Solo il 10% dei pazienti, secondo le statistiche,
sviluppa poi la malattia nel
corso della vita.
Fatto sta che quei numeri
nei giorni scorsi hanno alzato il livello della polemica sul-
le mancate protezioni degli
agenti impegnati nei servizi
di accoglienza ai clandestini.
In prima linea, naturalmente, ci sono i poliziotti alle prese con i profughi sbarcati grazie all'operazione Mare Nostrum.
Igor Gelarda, segretario generale Consap, sul blog di
Beppe Grillo ha denunciato
le condizioni in cui sono costretti a lavorare i poliziotti:
«Vedevamo gli uomini della
Marina che erano sulle navi
ad accogliere i migranti con
gli occhialetti, la tuta bianca,
la maschera cori il filtro e i
guanti, e poi i miei colleghi,
inizialmente, coni guantini e
con la mascherina, quella del
dentista».
Solo all'inizio di agosto il
ministero dell'Interno avrebbe diffuso un vademecum
per informare gli operatori
della dotazione necessaria,
con successiva prescrizione
ai questori di rendere disponibili gli strumenti. «Ora ab-
biamo a disposizione guanti
e camici per tutti e mascherine con filtri a norma, prima si
operava con inutili mascherine da cantiere e a mani nude», conferma Gianni Tonelli, segretario generale del
Sap. Quindi per la legge dei
grandi numeri, chiosa, «sono
quasi certo che ci saranno altri casi oltre i tre già accertati.
Dall'inizio del 2014 sono stati
soccorsi e accolti circa 120mila migranti, è impossibile
escludere nuovi contagi».
I)orahniidAa,nvo
-fqb
Pagina 14
A4GENTI RAPINATI
Stipendi bloccati
Per effetto del blocco
delle assunzioni
ogni 2 agenti
pensionati
dai 2010 e fino al 2015
Perdita in busta paga
per una qualifica
intermedia con 20 anni
di anzianità:
se ne assume 1
STRAORDINARI
200 euro al mese
per mancati avanzamenti
di carriera
un'ora è pagata
10 euro lordi, 6 netti
200 euro al mese
PARCO AUTO
Solo la Polizia ha 24mila autovetture:
1/3 in riparazione
per mancati rinnovi contrattuali
11200 euro al mese
per il blocco degli
straordinari
P&G/L
il 50% con oltre 250mila km
;/% // '
/,...
Due appartenenti al Corpo Forestale durante le operazioni di accoglienza di Mare Nostrum [LaP]
3. Sanità nazionale
Pagina 15
. P ECIALE SOCIE
L011, ESC 2014 .'S
E UROPEA D i CARDIOLOGIA`
C uore, i maschi stanno megli o delle donne
Mortalità cardiovascolare in Italia calata di un terzo in 10 anni, ma non per tutti nello stesso modo
ANDREA SERMONTI
Presentato agli oltre
I
30 mila congressisti dell'ESC
uno studio coordinato da
Melanie Nichols dell'università di Oxford (UK) e pubblicato sullo European Heart
Journal che ha riguardato
tutti i Paesi europei tranne
Andorra, confrontando le ultime cifre disponibili con
quelle di 10 anni prima. Sorpresa: in Italia (dati 2010) si
contano circa 196 morti cardiovascolari su 100 mila abitanti tra gli uomini e 131 su
100 mila tra le donne: -33%
in un decennio! Uno dei dati
più sorprendenti è che il cuore tricolore è sempre più forte, con un tasso di mortalità
sceso di un terzo nei primi 10
anni del Duemila. Nonostante le malattie cardiovascolari
rimangano il primo killer in
Italia, con circa 250 mila decessi all'anno (pari a oltre 2
morti su 5) secondo gli ultimi
dati reperibili, "grazie alla
3. Sanità nazionale
prevenzione, al progresso
medico e alla capillarità della
rete di assistenza sul territorio negli ultimi decenni la
mortalità per infarto e malattie ischemiche coronari-
che nel nostro Paese è crollata". Lo conferma all'Adnkronos Salute Matteo Di
Biase, presidente della Società italiana di cardiologia
(Sic). Ma le donne sono più
deboli di cuore : " Muoiono
più loro degli uomini", con-
trariamente a quanto si credeva in passato. E "le malattie cardiovascolari femminili
sono anche più 'cattive' - fa
notare Di Biase - anche perché compaiono in età più
avanzata: la proporzione di
donne che muoiono per patologie cardiovascolari è
maggiore rispetto ai maschi", certifica lo studio europeo: 51% contro 42%.
Novità nelle cure . Non succede
tutti i giorni che uno studio
scientifico venga sospeso
perché già i risultati preliminari sono talmente convincenti da non richiedere ulteriori indagini. E' quanto successo al PARADICM-HF, tino
studio di Fase III randomizzato, in doppio cieco, che ha
valutato in 8.442 pazienti con
scompenso cardiaco con frazione d'eiezione ridotta il
profilo di sicurezza ed efficacia di LCZ696 rispetto ad
enalapril, l'ACE inibitore oggi
considerato il gold standard
terapeutico. Ebbene, al con-
gresso della European Society of Cardiology (ESC), in
contemporanea con la pubblicazione sul New England
Journal of Medicine, la molecola sperimentale di Novartis è stata `dichiarata' superiore ad enalapril negli endpoint chiave: riduzione del
20% del rischio di morte cardiovascolare e del 21% dei ricoveri per scompenso cardiaco, oltre ad una riduzione
del 16% del rischio di mortalità per tutte le cause. In breve una riduzione del rischio
pari al 20% sull'endpoint primario, una misura composita di morte cardiovascolare
o di ospedalizzazione per
scompenso cardiaco.
Pagina 16
11111111 FIBRILL 4, LIONE AT IA .,E NON VALVOLARE (NVAF)
DIVERSE DA UN PAESE ALL'ALTRO
LE CU11,1 1 EO'
Una survey on Une è stata realizzata dalla Daiichi Sankyo insieme alla Società del Ritmo Cardiaco tra 1100 cardiologi in Brasile, Francia Germania, Giappone, Spagna, Regno Unito e
USA esaminando la gestione della Fibrillazione Atriale Non Valvolare e il rischio di sanguinamento, la `storia' dello stroke emorragico e le eventuali complicanze del paziente. L'indagine
ha evidenziato che il fattore più importante nella scelta del trattamento per la prevenzione
dell'ictus è il profilo di efficacia generale dei farmaco. "Una quota significativa di pazienti
con NVAF che dovrebbe ricevere un trattamento per l'anticoagulazione non sta ricevendo
alcuna terapia anticoagulante orale (OAC) - ha detto Hugh Calkins, ultimo Past President
della Heart Rhythm Society - e nei paesi presi in esame quasi tutti i cardiologi hanno riferito
che i pazienti NVAF probabilmente hanno `sofferto' un ritardo nella diagnosi". Secondo Wolfhard Erdlenbruch, direttore esecutivo Medical Affairs di Daüchi Sankyo "si tratta di risultati
che sottolineano inoltre che un approccio `uguale per tutti' non è certamente il modo ideale
di gestire i pazienti con NVAF". Tutti i cardiologi (98%) ritengono che nei pazienti NVAF si
può facilmente verificare un ritardo nella diagnosi, soprattutto perché sono asintomatici (86%),
ma anche a causa della scarsa consapevolezza tra i medici di famiglia, medici di medicina generale (40%) e, in parte, degli stessi pazienti(36%). Sempre secondo il sondaggio 1'84% dei
cardiologi crede che l'assistenza coordinata tra gli operatori sanitari sia importante per la
gestione della NYAF, ma solo un terzo degli intervistati (33%) ritiene che questo tipo di
approccio `integrato' per la gestione della NVAF sia oggi nei vari paesi ad un livello adeguato.
Purtroppo gli stessi cardiologi riferiscono che poco meno della metà dei loro pazienti con
N\AF hanno un caregiver e il 73% degli intervistati ritiene che i pazienti con un caregiver
siano in grado di gestire meglio la loro condizione di quelli senza una badante. (A. S.)
3. Sanità nazionale
Pagina 17
Ebola, il vaccino targato Italia
«respinge il virus per 10 mesi»
R 0 M A Sulle scimmie ha funzionato. Sui macachi infettati con il virus Zaire Ebola il vaccino contro la febbre emorragica che sta
devastando l'Africa occidentale
ha dato buoni risultati: protegge
per almeno dieci mesi. E' il vaccino allo studio con l'efficacia
più lunga.
IL TEST
Il prodotto sta per essere testato
sull'uomo e viene prodotto in
Italia, negli stabilimenti Okairos/Advent all'Irbm Science
Park di Pomezia. Solo qui, dove
è stato concepito, Chad3Ebola-Zaire (questo il nome tecnico) può essere realizzato. Diecimila dosi per la sperimentazione che è frutto di un gruppo internazionale di ricercatori italiani e americani dell'Istituto nazionale della salute degli Stati
Uniti. Immediato il commento
del presidente Obama: «Gli Usa
aiuteranno i paesi africani che
lottano contro il virus dell'Ebola
IL BILANCIO L'epidemia, per
l'Oms, ha superato quota
duemila morti con quasi
quattromila casi
3. Sanità nazionale
inviando anche mezzi militari
come le unità di messa in quarantena. Parliamo di una malattia che non rappresenta nell'immediato una minaccia, non si
propaga attraverso i voli aerei».
duemila morti con quasi quattromila casi. «Il siero di convalescente - fa sapere Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell'Istituto Spallanzani di Roma è già stato utilizzato. Nel 1995
un'epidemia di Ebola a Kikwit,
LA PROTEZIONE
nella Repubblica Democratica
Fino ad oggi i vaccini a disposi- del Congo, con buoni risultati».
zione riuscivano a garantire la La terapia di sostegno seguita fiprotezione per appena trenta no ad ora dai colleghi di Rick Sagiorni. La ricerca è stata pubbli- cra consiste nella prescrizione
cata sulla rivista "Nature medi- di farmaci contro la nausea, il
cine". Questa copertura immu- vomito e degli antidolorifici.
nitaria è stata indotta nei maca- Viene idratato e controllato nelchi utilizzando un vaccino basa- la respirazione perché potrebbe
to sul ChAd3, un adenovirus aver bisogno di una macchina
(negli uomini è responsabile di per aiutarlo.
raffreddori e congiuntiviti)derivato dagli scimpanzé. E' stato A CASA
scelto proprio l'adenovirus de- Stretta in Sierra Leone, uno dei
gli scimpanzé e non quello degli paesi più colpiti dal virus per
umani, spiega Riccardo Cortese contenere la diffusione dell'epiche da oltre cinque anni lavora demia. La popolazione, infatti,
a questo vaccino, «perché molti dovrà rimanere in casa per quatuomini sono già stati esposti al- tro giorni, dal 18 al 21 settembre.
l'adenovirus umano e quindi il Una misura decisa dal governo
loro sistema immunitario è in africano per impedire il contagrado di neutralizzarlo». Il vac- gio e per consentire ai sanitari
cino dovrebbe proteggere da di identificare ed isolare nuovi
due diversi ceppi dell'Ebola, sia casi. «È necessario un approclo Zaire che il Sudan.
cio aggressivo una volta per tutMigliorano ma restano gravi le te - spiega il consigliere presicondizioni di Rick Sacra, il me- denziale della task force andico americano che si è infetta- ti-Ebola in Sierra Leone
to in Liberia ed è tornato a casa Ibrahirn Ben Kargbo - per far rila scorsa settimana. «E' molto spettare la quarantena saranno
malato e molto debole - raccon- reclutate 21.000 persone». E già
ta la moglie - ma sta un po' me- è scoppiata la polemica: l'obbliglio da quando è tornato negli go di residenza rischia di solleStati Uniti. E' anche riuscito a vare questioni relative ai diritti
mangiare un po' di brodo di pol- umani, oltre ad innescare manilo». Quella di Sacra sembra una festazioni violente.
situazione più allarmante riCarla Massi
spetto a quella dei due missionaVie) RIPRODUZIONE RISERVATA
ri statunitensi che si sono ammalati ma sono usciti dall'infezione.
Il medico non riceverà il siero
sperimentale ZMapp perché le
_-SSUNO
scorte sono esaurite e, con ogni
probabilità, verrà messa a punASA
to una strategia terapeutica a
aIUNI
base del sangue di persone che
sono guarite. Vere trasfusioni
con anticorpi del virus. L'OrgaUcran.,-inillii
fuori—,l,
nizzazione mondiale della sani2ombmd u n1 n,
,,W ,,, ,, I
tà ha dato il via libera a questo
trattamento. L'urgenza è stata
giustificata dall'aumento continuo dei casi: secondo l'ultimo
bollettino ha superato quota
Pagina 18
PERSAPERNE DI PIÙ
www.oculistiaimo.it
www.repubblica.it
[ii vista perduta
dei ragazzi italiani
"Troppi pc e tablet
raddoppiati i miopi"
Non vedere più in là del
proprio naso è la spiacevole sensazione provata da sempre più
giovani italiani. Sono raddoppiatii miopi rispetto a 40 anni fa:
erano il 13 per cento, oggi sono il
25 per cento della popolazione,
pari a 15 milioni di persone. Lo
stesso succede in Europa: se un
tempo ne soffriva un
cittadino su cinque,
oggi la patisce oltre
uno su tre. Ma per
avere un'idea dell'esplosione del difetto
nel mondo tocca andare oltreoceano,
negli Stati Uniti, dove tra i primi anni
Settantaeiprimidel
Duemila chi non
mette a fuoco il paesaggio o ilvolto degli
amici per strada è
aumentato del 66
per cento (dal 25 al
41 per cento della
popolazione), oppure spingersi fino al-
Chi ha bisogno di
occhiali passato dal 13 al
25% in 40 anni. "Colpa
della vita al chiuso"
Se si interviene in tempo
specie nei bimbi,
le soluzioni sono molte
di più del passato
3. Sanità nazionale
l'estremo oriente. In alcune regioni della Cina, dove è fortissima la componente genetica, la
miopia riguarda quasi nove persone su dieci contro le sei di un secolo fa.
Da noi invece la colpa dell'aumento è in parte imputabile allo
stile di vita "artificiale". Che si
svolge sempre più al chiuso e
quindi meno alla luce naturale:
secondo gli studi i bambini che
trascorrono il tempo libero all'aperto sono meno propensi alla
miopia rispetto a quelli che giocano tra quattro pareti. Ma a fare la loro parte ci sono anche il
maggior numero di ore passate
sui libri, l'esposizione alla luce
blu emessa da tablet e
smartphone e il cattivo uso, cioè
troppo prolungato, che i giovani
fanno di tv e computer.
«La miopia è un difetto di refrazione che impedisce di vedere distintamente gli oggetti lontani senza l'uso di lenti - spiegano Giovanni Milano e Paolo
Emilio Bianchi, rispettivamente
docente e direttore della clinica
oculistica dell'Università di Pavia, che stanno lavorando a un
saggio sull'argomento - si manifesta nell'infanzia e aumenta
nel periodo della crescita. La sua
comparsa è legata ai fattori genetici ma sono molto importanti
pure quelli ambientali: la visione da vicino e la lettura, l'urbanizzazione, il poco tempo all'esono correlati al netto insterno
cremento degli anni recenti». In
media, quando il disturbo è fieve, un giovane perde neanche
due diottrie (il 66 per cento soffre di un difetto minore, mentre
al 95 per cento dei miopi mancano fino a sei diottrie) ma la patologia può aggravarsi fino ai 25
anni e poi ridursi in età avanzata. «Oggi abbiamo un forte aumento nei giovani della miopia
adattiva, cioè quella legar a a abitudini scorrette, ma anche molte soluzioni in più rispetto al passato» sottolinea Barbara Venturi della giunta esecutiva di Federottica. «E fondamentale proteggere gli occhi dai raggi ultravioletti e dalla luce blu degli
apparecchi elettronici che possono creare danni al cristallino e
alla retina. Acquistare gli occhiali da sole in negozi di ottica e
non sulle bancarelle perché i filtri colorati che si trovano in giro
sono più pericolosi della mancanza di protezione e poi, per chi
lavora al computer o usa molto
tablet e smartphone, esistono
lenti trasparenti che schermano
le radiazioni nocive».
Oltre alle lenti correttive
un'altra tecnica per prevenire o
limitare l'evoluzione della miopia è la rieducazione visiva. «Vedo bambini da trent'anni e negli
ultimi quindici ho assistito auno
stravolgimento nel loro comportamento oculare, a causa dell'u-
so massiccio di videogames e tablet», spiega Cristina Zandonella, psicologa esperta di percezione visiva autrice di un metodo
basato su una serie di semplici
esercizi. «L'exoforia, cioè l'eccesso di divergenza degli assi
oculari, fino a quindici anni fa
era molto rara nei bambini: oggi
invece gli occhi che tendono a
scappare in fuori sono frequentissimi, dovuti alla visione prolungatadischermiluminosi,e se
nonvengono corretti portano alla miopia. Ma una diagnosi precoce può prevenirli».
0 RIPRODUZIONE RISERVATA
Pagina 19
"Giochi all'aperto
e meno videogame
Così nei piccoli
si fa prevenzione"
ROMA, «Le cattive abitudini di vita peggiorano la nostra vista. Come abbiamo
imparato che prima di
esporre la pelle al sole èmeglio proteggerla con le creme o che una alimentazione equilibrata migliora la
salute, così dovremmo
prenderci cura degli occhi
e stare attenti al modo in
cui li usiamo. Con i controlli periodici e vigilando sul
comportamento dei bambini». Matteo Piovella è
presidente della Società
Oftalmologica italiana, associazione nata nel 1869
che oggi raggruppa settemila oculisti.
Quanto
uno stile
di
vita
sbagliato
ha
influenzato
l'aumento della
miopia?
«Sappiamo dagli
studi che il maggior tempo
trascorso al chiuso invece
che all'aria aperta, le ore
trascorse sui libri o a legge-
re e l'uso massiccio di computer, tablet e smartphone, per i più piccoli soprattutto videogames, hanno
giocato la loro parte. Ma
quanto i dispositivi elettronici abbiano determinato
la diffusione del difetto
non è esattamente misurabile: la comunità scientifica ne sta dibattendo».
Quali sono le precauzioni
da ado ttare per i b amb ini?
«Un po' quelle che un
(esempio rappresentativo di urta societàmultietnica)
+00///11111
,
2040
5-17 anni
tempo si raccomandavano
per la tv: non attaccare gli
occhi allo schermo, nontrascorrerci ore davanti, ma
fare una pausa ogni 40-50
minuti. Preferire, quando
possibile, i giochi al parco.
Il rimedio migliore è quello
che suggerisce il buon senso: evitare gli eccessi».
60-80
IL
!Gr
3milioni
gli astigmatici -
gii ipermetropi
Come accorgersi del difetto?
«Si manifesta in piccole
do si e poi nell'età evolutiva
peggiora fino a stabilizzarsi verso i 2 5 anni. Un mal di
testa frequente o la visione
faticosa della lavagna a
scuola o delle immagini di
un film al cinema sono in
genere i primi sintomi».
C RIPRODUZIONE RISERVATA
He
Media
Lieve
..............................
ha una miopia
minore di 2
diottrie
ha una
miopia
minore di 6
i rr iopi in Italia
5%
ha una
miopia
superiore
alle 6
L'uso di computer,
smartphone, tablet
e televisione
è miope
in Europa
i miopi in alcune
zone della Cina
i miopi negli
Stati Uniti
(13% negli anni'70)
(1 su 5 negli anni'70)
(60% un secolo fa)
(25% negli anni'70)
3. Sanità nazionale
Fattori
ambientali
tra cui:
della
popolazione
FONTI : Società aftalmologica italiana , Federottica, American Academy of Ophthalmology
Fattori genetici
e ereditari
La maggiore durata
e diffusione della
scolarizzazione
II maggiore tempo
trascorso in spazi chiusi
Il maggiore tempo
dedicato allo studio
e alla lettura
Pagina 20
LO STUDIO SU DONNE MALATE DOPO LA MENOPAUSA
INCUBO TUMORE
ASSOLTO
IL REGGISENO
IL REGGISENO è assolto: indossarlo
non aumenta il rischio di ammalarsi di
tumore al seno nelle donne dopo la
menopausa. A dirlo è una ricerca che
smentisce le tesi del volume "Dressed
to Kill" di Sidney Ross Singer e Sona
Grismaijer. Lo studio è stato pubblicato su Cancer Epidemiology, Biomarkers& Prevention. L'indagine che
ha preso in esame più di mille donne
con due diversi tipi di lesione tumorale, non rivelando alcun rapporto tra il
reggiseno e la patologia.
3. Sanità nazionale
Pagina 21
P V
DOLC ATT SA
ON
PRIMA DELLA GRAVIDANZA
Con un semplice esame del sangue si anticipano
i pericoli. Vaccini sì, ma al momento giusto
FEDERICO MERETA
QUALCHE mal di gola, il classico
colpo di tosse, una linea di febbre
non debbono destare soverchie preoccupazioni durante la gravidanza.
Ma questo non significa che virus,
batteri e microorganismi siano tutti
uguali per la mamma e il futuro
bebé. Al contrario, alcune infezioni
possono avere ripercussioni sullo
sviluppo del feto e addirittura causare malformazioni. Pur ricordando
che non sempre l'infezione materna
passa la placenta e quindi arriva al
bimbo, è quindi importante tenere
presente i principali pericoli infettivi che possono manifestarsi nella
"dolce attesa" e prendere le necessaire contomisure, quando ovviamente è possibile. «Le tre patologie che
più preoccupano sono la rosolia, la
toxoplasmosi e l'infezione da citomegalovirus - spiega Paolo Scollo,
Presidente della Società Italiana di
Ginecologia e Ostetricia. Proprio
per questo, prima di iniziare una
gravidanza, si consiglia sempre di
fare uno screening, ovvero la ricerca
di anticorpi contro queste malattie». Per chi pianifica l'arrivo del
bebé, quindi, l'importante è capire
se le infezioni sono già avvenute o se
la donna è ancora esposta al rischio.
In questo senso l'epoca dell'avvenuto contatto con gli invisibili nemici
si può stimare attraverso un semplice esame del sangue che misura gli
anticorpi materni e arriva a datare
anche l'epoca dell'infezione: questi
anticorpi si chiamano immunoglobuline. In particolare si effettua un
dosaggio delle Immunoglobuline G
(IgG) e delle IgM. Le IgG indicano
che il contatto con virus o altri organismi è avvenuto tempo prima,
mentre le IgM aumentano subito
dopo un evento infettivo, e quindi
indicano un contatto recente. In
questo modo si può avere una data
3. Sanità nazionale
abbastanza precisa dell'evento infettivo: se sono presenti IgM in
quantità elevata infatti si può pensare ad un'infezione molto recente e
quindi appare più elevato il rischio
di malformazioni o di aborto, specie
nel primo trimestre di gravidanza.
«Se la madre non è stata immunizzata nei confronti di queste infezioni, per fortuna, possiamo mettere in atto diverse misure in grado di
annullare o almeno limitare i rischi
- precisa Scollo. La prima e più significativa è la vaccinazione per la
rosolia. Nel caso non siano presenti
anticorpi che testimoniano l'avvenuta infezione o una precedente
vaccinazione, alla donna viene consigliato il vaccino e poi un periodo di
due-tre mesi di trattamento anticoncezionale». Il motivo di questa
copertura è presto spiegato: il vaccino contiene virus vivo attenuato,
pertanto è bene evitare una gravidanza nel periodo immediatamente
successivo allavaccinazione. Ilvirus
della rosolia può infatti provocare,
quando contratto nel primo trimestre, aborti o malformazioni multiple e "passa" al feto in circa l'80 per
cento dei casi. Nel secondo e terzo
trimestre cala invece di molto la
probabilità di trasmissione al feto e i
problemi sono soprattutto legati a
ritardi di crescita e ritardi mentali.
Se per la rosolia la contromisura
"pre-gravidanza" esiste ed è effica-
ce, per la toxoplasmosi e l'infezione
da citomegalovirus non ci sono invece vaccini protettivi. Questo non
significa però che la donna è completamente "sguarnita". «Per ridurre i rischi di toxoplasmosi occorre
innanzitutto prestare attenzione all'alimentazione - precisa Scollo. Ad
esempio è fondamentale lavare con
cura frutta e verdura, a mantenere
almeno mezz'ora in una soluzione
di acqua e bicarbonato a meno che
non si possa togliere la buccia ed è
importante evitare gli insaccati. Occhio poi agli animali domestici come
i gatti e in particolare alla loro saliva:
ilvirus si trasmette attraverso le feci
e quindi, visto che questi animali si
"leccano" la saliva può trasmettere
l'infezione. In ogni caso, ogni duetre mesi occorre ripetere il toxo-test
per vedere se si è sviluppata l'infezione e in caso questa sia confermata, si può ricorrere ad una particolare terapia antibiotica pur non trat-
CONTROMISU
Bl
i,
77, rus,
non
Pagina 22
tandosi di un batterio . Lo stesso atteggiamento prudenziale in termini
di controlli va tenuto anche perriconoscere per tempo un'eventuale infezione da citomegalovirus». Va
detto comunque che, in caso di positività comparsa in gravidanza per
quest'ultima infezione, si può effettuare un'amniocentesi che permette divalutare con altissima probabilità (pur se non con assoluta certezza) la presenza delle particelle virali
nel liquido amniotico entro cui "naviga" il feto. In ogni caso infatti occorre puntare su uno stretto monitoraggio della gestante, con particolare attenzione ad eventuali alterazioni di una particolare ecografia
che studia con attenzione l'anatomia fetale, esame da ripetere più
volte. Senza dimenticare che il toxoplasma può "ingannare" e magari
provocare infezioni della retina del
tutto invisibili all'acografia.
@ RIPRODUZIONE RISERVATA
tre nemici
E' un parassita che può provocare
un'infezione cl e passe osserv ta
ella n1a q r mza de• Casl.
Si scopre con il toxotest.
i contagio a'r 'ìene attraverso
carni infette che non
prevedano cottura
i I contatto coni gatti o
con frutta e verdura
non lavate o sbucciate
In media circa otto persone su dieci
hanno avuto contatto
con questo virus.
Più o meno 1 3% delle donne
in gravidanza può contrarre
l"infezione o avere ma rlattìFazlone
del virus qiC presente.
SOIk raramente , n Caso
d; p r ima ,(1teLiOI1e,
il virus provoca danni al feto.
L'amniocentesi , da. eseçjuìre
dopo la 21 settiïnana, permette
di identificare la presenza
dell"infezione nel feto
Lnfezione è ormai molto
rara in gravidanza.
Fondamentale è lo screening
preconcezionale, per vaccinare
le donne non immuni.
I rischi per ii telo sono maggiori
se l'infezione viene contratta
r'(1 im0 trimestïí,
di gra'•Acialnza
3. Sanità nazionale
Pagina 23
Faccino, una speranza dall' Italia
"Così possiamo battere il morbo
Oggi l'Irbin di Pomezia presenta una cu ra su "Nature Medicine"
Retroscena
PAOLO RUSSO
ROMA
U n'idea tutta made in Italy,
che diventa realtà con
capitale di rischio straniero, consentendo in solo cinque anni di ottenere ricavi almeno dieci volte tanto l'investimento iniziale. Il tutto salvando e promettendo di implementare posti
di lavoro altamente qualificati.
È il «miracolo italiano» del
vaccino anti-Ebola, che oggi verrà spiegato nei dettagli alla comunità scientifica internazionale dall'edizione ori Une di «Nature
Medicine». La scoperta che promette di fermare l'epidemia che
in Africa è costata già 2100 vite
nasce a 25 chilometri da Roma,
nella cittadella scientifica che è
la Irbm Science Park di Pomezia. Un po' di verde, pannelli solari che ne garantiscono l'autonomia energetica, un inceneritore per smaltire i rifiuti e tanti
laboratori super attrezzati, dove lavorano una cinquantina di
persone, in larga parte ricercatori under 40. Una bella realtà,
che non ne cancella però un'altra, quella delle tante aziende
che hanno sbaraccato o ridotto
drasticamente gli organici in
quello che era considerato fino a
due anni fa uno dei più grandi
poli farmaceutici italiani.
L'Irbm l'aveva messa su proprio quel professor Riccardo
Cortese, alla guida del team italo-svizzero che promette di dare
scacco non solo a Ebola ma anche ad Hiv, epatite C e malaria,
«perché il meccanismo con il
quale agisce il vaccino è praticamente lo stesso, bastano piccole
modifiche e può funzionare anche
contro altri virus», assicura il professore. Lui l'Irbm l'ha diretta per
15 anni, prima di togliere il disturbo dopo l'acquisto da parte del colosso farmaceutico americano Merk, la quale a sua volta l'ha ceduta a
un lungimirante imprenditore italiano, Piero Di Lorenzo.
Ma all'inizio con gli americani
non c'è intesa. Da qui l'idea di creare Okairos, società biotech specializzata in vaccini ancora tutti da
scoprire. «L'idea del vaccino contro Ebola e altri virus micidiali
l'avevamo già in mente, ma nessuna delle tante porte alla quali ho
bussato si è aperta», racconta Cortese. Tutto il contrario di quel che
avviene quando il professore si trasferisce a Basilea, «perché se da
noi ne trovi due disposti a investire
capitale di rischio qui sono almeno
mille». E i soldi arrivano, inizialmente 20 milioni, ai quali poi si aggiungeranno le risorse messe sul
piatto dalla Regione Lazio, dal Cnr
e dall'Istituto Superiore di Sanità.
Quando le professionalità ci sono
però il rischio viene ripagato. La
piccola Okairos si rilancia a testa
bassa nella ricerca del vaccino
anti-Ebola, lavorando a stretto
contatto anche con i National Institutes of Healt americani.
I risultati arrivano, «con mio
stupore i test sulle scimmie danno
risultati eccezionali e arriva l'ok
dellAifa e della Food & Drug Administration americana alla spe-
rimentazione sull'uomo», ricorda
il professore. Che poi spiega in parole semplici come funziona il vaccino, anticipando i risultati pubblicati oggi. «Siamo partiti da un
banale adenovirus (quello del raffreddore, ndr). Con delle modificazioni genetiche siamo riusciti a
trasformarlo in un killer capace di
agire contro gli agenti patogeni».
Ebola, ma anche Hiv e altri virus.
«Le cellule modificate - prosegue non si limitano a creare anticorpi
come i tradizionali vaccini preventivi, ma riescono a individuare
il virus proprio quando questo si
introduce nell'organismo, bloc-
milioni
cando l'infezione sul nascere».
Una scoperta che potrebbe salvare milioni di vite umane se supererà l'esame dei test sull'uomo,
che partiranno su 10 mila portatori di Ebola ma che potrebbero presto essere estesi ad altre malattie
mortali. Ma per passare dall'invenzione alla produzione servono
stabilimenti attrezzati e specializzati. Servono insomma capitali
che solo le multinazionali possono
mettere in campo.
E infatti la bella favola italiana
finisce qui, per virare verso un finale già noto a molte imprese nostrane. Non certo solo del farmaceutico. Cortese infatti vende la
sua Okairos alla multinazionale
della pillola Glaxo Smith Kline, che
preparerà sempre a Pomezia, i
primi lotti di vaccino. «Siamo partiti da 20 milioni di venture capital
e abbiamo venduto nel 2013 dopo
solo 5 anni per 260 milioni», dichiara con orgoglio l'inventore del
vaccino. Che però ci tiene a ricordare che il capitale umano resta
made in Italy.
In Usa quando parlano di innovazione usano dire «we need a
new game», abbiamo bisogno di
un nuovo gioco. Chissà che il vaccino anti-Ebola non ci insegni come
essere anche noi della partita.
II capitale iniziale
che ha permesso
la ricerca che ha portato
al vaccino
La squadra
II professor
Riccardo Cortese
guida il team
italo-svizzero
che promette
di dare scacco
a Ebola i
dai laboratori
di Pomezia
3. Sanità nazionale
Pagina 24
.
_ Parla il presidente nazionale dell'Aifi Antonio Bortone
«Difendere i fisioterapisti
significa tutelare il paziente»
Urgenze: formazi one adeguata all'Ue e Alb o professional e
Raffaella Fonda
Anche qu est' anno si cele
bra in tutto il mondo,
iella giornata di oggi 8
settembre, il ruolo del Fisioterapista nella società. Un appuntamento che ha l'obiettivo di richiamare l'attenzione
al contributo di questa professione nella promozione della
salute globale. E, in Italia, in
prima linea c'è l_AIFI (Associazione Italiana Fisioterapisti)
che, come spiega il Presidente
Nazionale Antonio Bortone,
«ha l'obiettivo di tutelare, da
una parte il cittadino, e dall' altra la professione delfisioterapista, attraverso il riconoscimento giuridico-legale della
suafigura, diventandone il garante in ambito istituzionale».
Da anni rivendicate il diritto dei Fisioterapisti ad avere
un proprio Ordine ed un proprio Albo professionale come
avviene in tutti i paesi europei. Il DDL 1324 contiene la
riforma degli ordini delle pro fessioni sanitarie. Quali i vostri timori?
3. Sanità nazionale
«Questo è un disegno di legge che dovrebbe contemplare
solo il completamento dell'inquadramento giuridico delle
professioni già regolamentate, e invece, introduce altre figure nel perimetro protetto
delle professioni sanitarie, la
cui formazione non è universitaria ma di enti privati e non è
omogenea sul territorio. Equesto va a discapito, prima di tutto, del cittadino».
Quali sono i problemi che
riscontrate riguardo il percorso formativo?
«Il nostro Paese, in confronto alla maggior parte della Comunità Europea, dove la formazione del fisioterapista è a
ciclo unico e almeno quadriennale, prevede una formazione
triennale. In questo senso l'Italia è davvero penalizzata, perché il tempo a disposizione è
troppo poco per assicurare la
qualità del percorso formativo».
Quali le vostre proposteper
arginare il problema?
«Il 3 settembre abbiamo
scritto formalmente al Mini-
stro Giannini portando alla
sua attenzione questa difficoltà e proponendo un DDL per
lalaureamagistrale a ciclo unico quinquennale secondo i parametri della Comunità Europea. Vede, oggi le università
fanno delle vere e proprie acrobazie per garantire tutti i contenuti previsti nel percorso di
base. Il ventaglio delle comp etenze è talmente vasto, da
quello ortopedico a quello
neurologico dell'età adulta e
infantile, fino a quello respiratorio, da richiedere una formazione adeguata».
Come fa un cittadino ariconoscere un professionista vero?
«Purtroppo, questo è il punto dolente del nostro sistema.
Sono anni che peroriamo la richiesta dell'istituzione dell'ordine professionale, un albo
che garantirebbe al cittadino
di verificare, anche attraverso
la consultazione del curriculum, chi si trova di fronte. L
dal 1999 che l'ordine è giuridicamente atteso e che attendiamo che si completi l'iter giuri-
dico. Nel2006le professioni sanitarie sono state riconosciute
come regolamentate e certificate e, ad oggi, non c'è ancora
un albo. Tutto ciò è scandaloso».
L'8 settembre è la giornata
mondiale della fisioterapia.
Quali sono gli obiettivi in questo momento?
«Lo slogan di quest'anno è
"Adattare per partecipare".
L'obiettivo e quello di puntare
sull'empowerment dell'individuo, in modo tale che il paziente conquisti quell'indipendenza necessaria alla vita comune. Inoltre, puntiamo molto
sul "FisioDay", previsto sabato 13 settembre, una giornata
di apertura straordinaria degli
studi fisioterapici dove sara
possibile recarsi per un consulto gratuito».
Pagina 25
Evento
Partecipano
alla Giornata
Mondiale gli
studi
professionali
di molte città
italiane
proprio per
sensibilizzare
i cittadini alla
diffusione
dell'abusivismo di una
professione
delicata perla
salute del
paziente
Antonio
Bortone
È il presidente
Nazionale
dell'Associazione Italiana
Fisioterapisti,
da sempre in
prima linea
perla difesa
della
categoria
A
3. Sanità nazionale
Pagina 26
Stasera ultimo appuntamento della Celebrity Fight Night in Toscana
E il giorno di George Clooney
Al gala con Boceffi e Mehta
L'allore stasera al concerto del tenore e del Maggio
Si farà attendere fino all'ultimo ma
ci sarà. George Clooney parteciperà
questa sera al Gala in Palazzo Vecchio
della Celebrity Fight Nigth. quando
Andrea Bocelli canterà (ore 18) con
l'Orchestra del Maggio diretta da Zubin Mehta. L'attore e regista hollywoodiano sfilerà sul red carpet, accanto
alla futura sposa Amal Alamuddin,
insieme ai cento «paperoni» americani che partecipano al viaggio della
solidarietà da 5omila dollari in Toscana e ad altre stelle dello spettacolo, della musica e della moda, ospiti
dell'evento benefico in favore della
Andrea Bocelli Foundation e del
Muhammad Ali Parkinson Centre:
Andrea Bocelli, il tenore toscano che
ha portato per la prima volta in Italia
la Celebrity Fight Nigth, il maestro
Zubin Metha, i cantanti John Legend,
Lionel Richie (già da alcuni giorni in
città), Laura Pausini, Reba McEntire,
Ronnie Dunn, Romeo Miller, il 17
volte «Grammy Awards» David Foster, l'ex Charlie's Angels Cheryl
Ladd, il patron del marchio Diesel
Renzo Rosso, il presidente della Cfn
Jimmy Walker, lo stilista Stefano Ricci
(che ha offerto la serata di inaugurazione, in stile rinascimentale, di gio-
vedì scorso al Teatro della Pergola),
Belen Rodriguez e Michelle Hunziker,
che condurrà la serata. Hanno invece
dato forfait altre due star americane
molto attese: Sharon Stone e Jennifer
Lopez.
Luci e colori del Gala sono firmati
dalla maison Ermanno Scervino. Alla
cena (in «stile elegante ma sobrio»
spiega Guido Guidi, che ne cura
menù e allestimento) nel Salone de'
Cinquecento, seguirà l'asta di beneficenza per la Fondazione Andrea Bocelli e al Muhammad Ali Parkinson
Centre, con il più celebre battitore
oggi in attività, Simon de Pury. Per la
raccolta fondi saranno messi all'asta
il restauro di un monumento, una
scultura di Mimmo Paladino, un soggiorno esclusivo nell'isola de Li Galli,
un gioiello creato da Fawaz Gruosi, e
alcuni momenti con le celebrity come
una cena con i dividi Hollywood Robert De Niro e una con Billy Crystal.
Bocelli, che venerdì sera ha accolto
vip e donatori nella sua villa di Forte
dei Marmi per festeggiare Sophia Loren, canterà per gli oltre 30o invitati.
Ieri i cento filantropi e alcuni vip,
hanno continuato il loro tour benefico di 5 giorni in Toscana, sulle colline
intorno a Firenze, ospiti, con Zubin
Mehta e Veronica Bocelli, dei marchesi Frescobaldi al Castello di Nipozzano. Accolti dai padroni di casa
Lamberto ed Eleonora, hanno assistito a uno spettacolo degli sbandieratori di Volterra, tra applausi e selfie,
incantati anche dal paesaggio di olivi
e vigneti, hanno visitato le cantine
dell'azienda e pranzato nel giardino
della villa, assaggiando piatti della
cucina toscana (crostini, fritto misto,
tortelli, arista al forno, fagioli all'uccelletto e tiramisù al vinsanto) e i vini
della storica tenuta. La sera, per il
cocktail a Palazzo Pucci, residenza
storica della famiglia Pucci e sede
centrale del marchio di moda fiorentino, i super ricchi hanno potuto visitare l'archivio della maison e vedere
come nasce un foulard Pucci: un'artigiana ha mostrato alla moglie del
maestro Mehta, Nancy, e a Veronica
Bocelli, le fasi della realizzazione del
tessuto (con la stampa di quello che
ha «vestito» il Battistero per l'ultima
edizione di Pitti), dall'ispirazione agli
schizzi a mano alle tecniche di produzione. Poi la parata di stelle e di
miliardari si è spostata per la cena alla residenza Cavalli Estate di Roberto
ed Eva Cavalli dove sono arrivati anche Bocelli e Zubin Mehta con le rispettive mogli.
Ivana Zuliani
C, RIPRODUZIONE RISERVATA
7. Volontariato
Pagina 27
1"9/i. ' //,
Al centro Bocelli con la
moglie Veronica e Zubin
Mehta. Sopra «l'angelo» Cheryl Ladd e Lionel
Richie con Eva Cavalli
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7. Volontariato
Pagina 28
di Carlo Di Foggia
Un 7` - continuo
iardinieri pagati con i soldi della ricerca. Roma, agosto inoltrato, il malumore è palpabile all'Istituto dei
sistemi complessi: "Ci hanno tolto 20mila euro per
pagare la manutenzione dei giardini della sede distaccata del Cnr a Monte Libretti", spiegano nei corridoi semi-deserti. Benvenuti nell'anno anno zero della ricerca. Via i
cervelli, via i fondi e il potenziale. L'Italia e il sud Europa sono
contribuenti netti di scienza: danno più di quanto ricevono.
La via del salasso porta a Nord, verso i Paesi "virtuosi".
Smettere di tagliare sarebbe il primo passo. In cinque anni, la
riduzione di fondi, assegni di ricerca e programmi di reclutamento oscilla dal 41 per cento della Spagna al 50 per cento
della Grecia, mentre una brutale revisione dei criteri di valutazione (appaltata ad istituzioni europee) rischia di tagliare
fuori dal finanziamento pubblico metà delle unità di ricerca
portoghesi. Allargando lo sguardo non va meglio. In Francia
nel 2014 poco meno di un decimo dei progetti presentati
all'Agenzia nazionale della ricerca verrà finanziato. Eppure si
tratta della principale forma di sovvenzione dei laboratori,
visto che l'80 per cento del finanziamento
statale è servito a pagare i salari dei ricercatori (pari a 2 miliardi di euro). "Per triplicare i fondi per la ricerca basterebbe trovare 600 milioni, il bilancio annuale della
squadra di calcio del Paris Saint-Germain",
hanno attaccato i ricercatori in una lettera
al quotidiano Liberation.
Dal 2008 le università e i laboratori italiani hanno perso il 18,7
per cento dei finanziamenti statali, il 100 per cento dei fondi
per la ricerca di base e il 90 per cento dei reclutamenti (meno
10 mila ricercatori). Altrove non è andata meglio: Spagna,
Portogallo, Grecia e Francia affrontano tagli spaventosi (ne
trovate una sintesi a pagina 6). Al contrario, Paesi come Germania, Olanda e Inghilterra hanno retto l'urto della crisi, e
non sempre per meriti propri, anzi, ai cervelli migranti si
sono affiancati i fondi europei vinti dai ricercatori in rotta
verso il Nord. Il drenaggio è nei numeri, lento, inesorabile e in
atto da almeno una decade. A parte gli scienziati, nessuno
sembra accorgersene, e il motivo è semplice: tutto è in uno
stato di coma vigile, le risorse che ci sono bastano solo a mantenere in piedi la struttura, e nulla più, mentre pezzo dopo
pezzo il crollo della spesa e la fuga di ricercatori, dottorandi e
post-doc ne mina le fondamenta, compromettendone il futuro. In Italia, secondo l'Associazione dei dottori di ricerca,
dei 15.300 assegnisti attivi nel 2013, il 96,6 per cento non
continuerà a fare ricerca. 1119 ottobre, migliaia di ricercatori
lanceranno l'ultimo mayday della scienza. A Parigi arriveranno in bicicletta da tutto il Paese (Sciences en marche), in Italia
mostreranno in aula all'inizio di ogni lezione i dati catastrofici sullo stato di salute della ricerca raccolti dalla rivista Roars.
Altrove le forme si stanno studiando, ma si annunciano proteste clamorose e l'obiettivo è lo stesso per tutti: "O si inverte
la rotta, o si muore".
8. La Ricerca
Secondo l'Ocse, nel 2012, fatta eccezione
per Germania, Svezia, Danimarca e Finlandia, l'Europa ha fatto registrare una spesa
per ricerca e sviluppo inferiore a13 per cento
del Pil fissato come obiettivo dal Trattato di
Lisbona (2007). L'Italia ha destinato solo
l' 1,3 per cento della ricchezza nazionale ed è
32esima (su 37) nella classifica Ocse nella
spesa per università. I tagli imposti dall'austerità fiscale non impattano sulla bravura
degli scienziati, semplicemente li costringono a emigrare. A differenza di cinquant'anni fa, però, non portano con sé va-
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ligie di cartone, ma fondi europei per milioni di euro. Per dare
l'Idea, a gennaio sorso l'European research council (Erc) ha assegnato 312 Consolidator Grants, fondi di ricerca attribuiti a
scienziati con una discreta esperienza accademica e dagli importi molto alti: si arriva fino a 2,75 milioni
di euro (per un totale di 575 milioni). Gli
italiani ne hanno vinti 46, due in meno della
Germania primatista (Francia e Inghilterra
sono molto indietro). Un risultato straordinario che testimonia l'enorme potenziale
della ricerca italiana. Peccato però che solo
20 arriveranno nel nostro Paese, gli altri voleranno via: 50 milioni (più i circa 500.000
euro a testa che è costata la loro formazione)
che regaleremo alle università che hanno
accolto i ricercatori italiani a braccia aperte.
Succede così che l'Inghilterra, che ne ha vinti molti meno di noi, grazie all'esodo dalbasso realizza il punteggio migliore (62), la
Germania tiene botta e la Svizzera raddoppia. L'Italia? Solo uno dei premi è stato vinto
da un ricercatore di stanza all'estero, che
(presumibilmente) rientrerà in patria. La
fuga accomuna tutti i Paesi del sud dell'Europa, e si ripete, anche se con minor intensità, nelle altre due
categorie di fondi Erc: gli advanced e gli starting.
in città
"Eppure questi sono gli unici fondi con cui si fa ricerca in
Italia - spiega Mauro Nisòli, docente del dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano - se non ne avessimo vinti tre
negli ultimi anni saremmo rimasti fermi. Così si vive alla
giornata: non è possibile fare progetti a lungo raggio, chiamare qualcuno dall'estero o stabilizzare un ricercatore, perché non c'è alcuna garanzia che ne vincerai altri in futuro".
Il sistema funziona così: fatti cento i fondi per università e
ricerca, 90 arrivano dallo Stato e dieci dall'Europa. I primi
coprono la gestione ordinaria, i secondi la ricerca avanzata.
Sulla carta ci sarebbero anche i fondi per la ricerca di base.
Che fine hanno fatto? Spariti nel nulla. Dal 20009 al 2012 la
prima sforbiciata (70 per cento) poi il taglio netto. Non che
prima si navigasse nell'oro: due anni fa tra Firb (ricerca di
IN TUTTA EUROPA I FONDI
VENGONO FALCIDIATI. I GIOVANI
SONO COSTRETTI A EMIGRARE
PORTANDOSI DIETRO I CONTRIBUTI
EUROPEI LORO ASSEGNATI. IL 19
OTTOBRE LA PROTESTA IN FRANCIA
8. La Ricerca
base) e Prin (Progetti di interesse nazionale) si è
arrivati a 69 milioni di euro (erano 196 nel 2009).
Dovevano essere sostituiti dai Sir (Scientific indipendence o f young researchers): nuovi fondi e una
dotazione di 47 milioni di euro. L'acronimo è
cambiato ma i soldi non sono mai arrivati. Perché? Il bando pubblicato a gennaio scorso dal
Miur prevedeva una commissione con due membri scelti da una rosa di nomi fornita dal Consiglio europeo per la ricerca (Erc), che però non è
mai arrivata. Davanti ai ricercatori inferociti il
ministero ha provato a dare la colpa all'ente europeo ma quest'ultimo ha fatto presente alle autorità italiane che non era possibile fornire la rosa
di nominativi e diffondere le informazioni dei
propri commissari per motivi di privacy. In pratica, il più importante (e unico) bando per fare
ricerca in Italia è stato redatto senza verificare
prima la disponibilità dei giurati. Risultato?
_ di Cupertino
"A tutt'oggi - spiega Luisa Maria Paternicò, ricercatrice all'Università degli Studi internazionali - è tutto fermo, e probabilmente si slitterà di
un anno. Spero non fosse questo l'intento perché altrimenti ci
sarebbe da emigrare all'istante. Oltretutto, a differenza di
quelli europei, questi bandi hanno un limite anagrafico, non
accademico: a 40 anni e un giorno sei fuori da tutti i giochi".
All'indomani del primo bando, l'allora ministro Maria Chiara
Carrozza ne promise un altro per gli over 40, poi naufragato
per la caduta del governo Letta. Ma il vuoto non è stato riempito. Il nuovo ministro Stefania Giannini si è limitata a promettere l'assunzione di "seimila ricercatori l'anno per almeno quattro anni". Costo? 864 milioni di euro, che il governo
non ha. E se gli uffici di viale Trastevere non si inventano
qualcosa, dal 2015 scatterà un ulteriore limatura di 170 milioni del disastroso piano di tagli lineari varato a suo tempo da
Giulio Tremonti.
Come ha fatto notare l'economista Mariana Mazzucato, senza gli investimenti pubblici in ricerca non avremmo avuto
prodotti come l'Iphone e aziende coma la Apple. Dallo schermo Lcd al multi touch, dal micro disco rigido al programma
di assistenza vocale Sirio, il colosso di Cupertino non ha speso
un dollaro: ha semplicemente implementato il frutto di progetti di ricerca finanziati con miliardi di dollari dallo Stato
americano. Per questo, nonostante la più bassa percentuale di
spesa per ricerca e sviluppo tra i colossi della tecnologia, Apple è diventata un'azienda che oggi fattura 170 miliardi di
dollari l'anno.
IN CEI
1
La triste fatica
dei ricercatori
europei a caccia di risorse.
Ora qualcosa
si muove su
scala europea
e anche i ricercatori italiani
sono coinvolti
nella protesta.
Pagina 30
Una disciplina che all'estero è «normata» da tempo e con precisione
n oltre trent 'anni, ne ha
fatta di strada l'osteopatia
italiana. Da iniziativa personale di pochi pionieri,
entusiasti degli studi seguiti in Inghilterra o in Francia
soprattutto, la disciplina manuale nata negli Stati Uniti a fine Ottocento si è organizzata in
scuole e associazioni di categoria e ha conquistato sempre
maggiori spazi e considerazione tra il pubblico : dati Istat ed
Eurispes dicono che circa il
7-8% della popolazione si rivolge agli osteopati, con un
grado di soddisfazione del 78%.
Adesso l ' osteopatia tenta il
«grande salto» del riconoscimento come professione sanitaria.
Si, perché, ancora oggi, i circa 5 mila osteopati (7 mila, secondo alcune stime) che operano nel nostro Paese non hanno un inquadramento specifico. E la strada appare ancora
accidentata (vedi articoli sotto,
ndr).
«Questo del riconoscimento
è il nodo fondamentale rispetto
al quale ci stiamo muovendo spiega Paola Sciomachen, presidente del Registro degli
osteopati d'Italia (ROI), il primo, nel 1989, a introdurre una
serie di criteri di autoregolamentazione del settore -. A fi-
J
11. Medicina alternativa
ne luglio sono stati presentati
tre emendamenti al Disegno di
legge del ministro Lorenzin sul
riordino delle professioni sanitarie, che prevedono l'inserimento dell'osteopata con un
profilo professionale sanitario
specifico e un percorso formativo di 5 anni paragonabile a
quello di odontoiatria».
Cerchiamo di capire meglio.
Allo stato attuale, la professione di osteopata non è regolamentata dalla legge italiana, se
non per quanto riguarda il regime fiscale, e rientra tra le
professioni non riconosciute.
«C'è un vuoto legislativo sottolinea Carlo Broggini, presidente dell'Associazione professionale degli osteopati
(APO), una settantina di soci,
nata due anni fa per coordinare
gli osteopati e fissare requisiti
formativi, deontologici e professionali adeguati a garantire
uno standard elevato nel servizio -. Chiunque può aprire
una scuola e rilasciare un diploma di osteopata con criteri
che più o meno può inventarsi
lui. Certo, ci sono i riferimenti
agli standard europei e dell'Organizzazione mondiale della
sanità, ma non sta scritto da
nessuna parte che uno debba
per forza osservarli. In realtà,
da noi basta ottemperare alle
leggi esistenti per l'apertura di
uno studio professionale».
In mancanza di uno status
giuridico, è stato appunto il Registro in prima battuta a cercare di mettere i «paletti» e a fornire gli orientamenti per la formazione e lo svolgimento della
professione. «Tutti i nostri
iscritti hanno un percorso certificato, a garanzia dell'utente
- specifica Paola Sciomachen
-. Però l'iscrizione è facoltativa. Quindi ci sono scuole che
sicuramente hanno standard
formativi ottimi, ma c'è stato
anche un proliferare di situazioni un po' fuori controllo».
Così, accanto alle nove Scuole a
tempo pieno e alle diciannove a
tempo parziale riconosciute e
accreditate dallo stesso ROI, ce
ne sono almeno una ventina
non meglio identificate.
Una situazione di incertezza
e di ambiguità, che forse a una
parte del mondo dell'osteopatia ha anche fatto - e continua
a fare - comodo. «Nell'osteopatia c'è chi agisce in modo serio e chi invece lo fa solo come
business - ammette Carmine
Castagna, direttore generale
dell'Istituto superiore di osteopatia di Milano, la prima scuola
a tempo pieno in Italia, nata nel
1993 -. Il sentore è che anche
tra gli osteopati qualcuno volesse mantenere la situazione
in un limbo. Chi guarda solo
agli affari ha tutto l'interesse a
rifiutare un profilo professionale delineato e adeguato. Questo ha creato un enorme danno
di immagine a tutti nov>.
dono tutte le scienze biomediche di base e poi le scienze di tipo osteopatico - racconta
Marco Giardino, direttore dell'Accademia italiana di medicina osteopatica di Saronno, una
delle associate all'APO -. Si
tratta di circa 3.000-3.500 ore
di lezioni frontali, più altre
1.200 ore di tirocinio clinico su
pazienti, come è richiesto dai
documenti internazionali e dagli standard europei. Il tirocinio deve essere svolto in un
centro attrezzato e la pratica
degli studenti deve svolgersi
sotto la supervisione di personale medico e soprattutto di
tutor osteopati».
Il percorso a tempo parziale
è invece riservato a chi ha già
una laurea in campo sanitario,
quantomeno triennale e prevede 1.500 ore di lezione più
1.000 ore di tirocinio clinico in
sei anni. Le scuole più serie
I
L'obiettivo dichiarato delle
associazioni che spingono per
un pieno riconoscimento è
dunque la trasparenza e la
chiarezza. A partire dalla formazione, dove si punta a far
crescere il livello di preparazione delle scuole fino a quello
raggiunto dalle 4 0 5 che possono competere con le migliori in
Europa.
Oggi, nel nostro Paese, chi
vuole diventare osteopata può
seguire l'iter della laurea in
campo sanitario e poi frequentare un master specifico. Oppure, se sceglie la scuola privata,
ha due possibilità: il percorso a
tempo pieno o quello a tempo
parziale. Il primo, al quale si accede dopo la maturità, dura 5
anni. «Gli insegnamenti preve-
Pagina 31
hanno poi accordi di gemellaggio con alcune scuole di formazione estere a livello universitario, principalmente in Inghilterra e in Francia, che consentono agli studenti italiani di
ottenere oltre al diploma in
osteopatia anche un titolo accademico (bachelor).
«Dal punto di vista legale tiene a precisare Broggini - il
diploma italiano è carta straccia, purtroppo». La certificazione di università o istituti esteri
è un titolo accademico, «ma
sotto l'aspetto dell'abilitazione
professionale in Italia - dice
Paola Sciomachen - non aggiunge nulla di più». Le famiglie degli studenti dei corsi a
tempo pieno, dunque, oltre a
un investimento consistente
(dai 35 ai 4o mila curo in tutto),
devono così affrontare anche le
incertezze e i rischi legati alla
situazione di vuoto normativo.
«La speranza è che finalmente l'osteopatia venga riconosciuta - ribadisce Alfonso
Mandara, presidente della Federazione sindacale italiana
osteopati (FeSIOs) -. Se gli
emendamenti al ddl Lorenzin
dovessero finire in un nulla di
fatto, allora proporremmo lo
studio di una legge ad hoc per
l'Osteopatia e la Chiropratica,
che possa in tempi brevi normare entrambe le professioni».
Unica «consolazione» è che,
secondo gli addetti, nessuno
resta disoccupato. «I nostri stu-
denti si rendono tutti autonomi entro tre anni dal diploma e
il settore offre spazi enormi»
assicura Castagna. Il lavoro poi
è ben retribuito: «Non abbiamo
un tariffario di riferimento spiega Marco Giardino -. In
media però il costo di un trattamento, dai 30 minuti a un'ora,
può variare dai 40-5o euro ai
100, a seconda del professionista. Un osteopata con uno studio avviato, come minimo visita dai 4o ai 5o pazienti alla settimana». Il conto è presto fatto.
11MC:St.(1
L'origine dei nome
II 'padre' dell'osteopatia è Andrew Taylor Stili, medico della Virginia (USA). Secondo Stili, molte malattie possono essere
curate senza l'utilizzo di farmaci e la chiave sta nel trovare e correggere le malposizioni anatomiche che interferiscono con
la circolazione sanguigna e l'attività nervosa. Stili comincia a trattare i suoi pazienti con successo utilizzando questa
metodica e il 22 giugno 1874 enuncia i principi dell'osteopatia. Spiega lui stesso il perché del nome: «Le ossa
sono il punto di partenza che ritengo sia la causa delle condizioni patologiche. Ho combinato ostèon (osso) con pathos
(sofferenza) e ho ottenuto come risultato osteopatia». Nel 1892, Still fonda la prima scuola di osteopatia.
11. Medicina alternativa
Pagina 32
Si discute dei confini fra diverse competenze
.
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a «linea Maginot» è la
diagnosi . Amedeo
Bianco, presidente
della Federazione nazionale ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO) non ha dubbi:
«La competenza della diagnosi
è esclusivamente medica, perché i medici sono preparati a
questo sulla base di una metodologia cognitiva che è diversa
da quella degli osteopati e attraverso una formazione che
dura dagli i i ai 12 anni».
Insomma, secondo Bianco, il
paziente può rivolgersi a
un'osteopata solo dopo una valutazione clinica della patologia
e dei sintomi da parte di un me -
11. Medicina alternativa
dico. «Dobbiamo decidere chi
vogliamo preparare alla diagnosi e come lo prepariamo aggiunge -. Se pensiamo che
esistano 50 mila modi di fare
una diagnosi, che possano essere attribuiti a figure diverse,
poi prepariamoci anche a qualche brutta sorpresa».
Insomma, sull ' osteopatia
l'approccio dell'ente che disciplina la professione medica è di
estrema cautela: «Andiamoci
coi piedi di piombo, - ribadisce Bianco - non per spirito
conservatore, perché ci siamo
spesi molto anche per l'omeopatia, la fitoterapia e l'agopuntura, ma per un principio di garanzia del cittadino».
L'invito alla cautela riguarda
anche il riconoscimento dell'osteopatia come professione
sanitaria. «Sono molto perplesso sull'eventualità che l'osteopata diventi una figura di primo approccio per i cittadini. Lo
dico nell'interesse dei cittadini
stessi» aggiunge Amedeo Bianco.
Quanto al ddl Lorenzin, la
posizione della Federazione sarà di cercare di migliorare la
proposta degli emendamenti
«in senso garantista - dice il
presidente FNOMCeO -, evitando di creare situazioni che ci
facciano tornare indietro nel
tempo».
, RIPRODUZIONE RISERVATA
Pagina 33
0
La Settimana di iniziative a difesa della loro specificità
.
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ssicurano che la loro
non è una chiusura
preconcetta, né
un'opposizione dettata da interessi di
bottega: «L'osteopatia è già materia di approfondimento professionale e quindi di formazione avanzata per quanto riguarda
medici e fisioterapisti. Perciò ne
riconosciamo il valore dal punto
di vista clinico, osteggiamo invece la figura dell'osteopata,
perché non è regolamentata».
Così Antonio Bortone, presidente dell'Associazione italiana
fisioterapisti (AIFI), precisa il
senso della battaglia contro il riconoscimento dell'osteopatia
come professione sanitaria.
11. Medicina alternativa
«Oggi la formazione è fatta da
enti privati e quindi non è certificabile - aggiunge - né accreditata sul piano istituzionale.
Di fatto c'è un business di strutture private che erogano questa
formazione e soprattutto ne
fanno un cammino aperto a tutti, anche a studenti che hanno
finito il liceo».
Secondo AIFI, la via maestra
della formazione deve passare
dall'università. I fisioterapisti
sono convinti che anche il loro
percorso, tuttavia, debba essere
riformato, passando dagli attuali tre anni ai quattro anni, come avviene nell'8o% dei Paesi
europei. «Proprio martedì scorso - dice Bortone - abbiamo
sottoposto una proposta formale al ministro dell'Istruzione
Stefania Giannini e intendiamo
presentare un disegno di legge».
Il riconoscimento dell'osteopatia come figura professionale
in ambito sanitario, a detta di
AIFI, rischierebbe poi di creare
doppioni e sovrapposizioni in
contrasto con le leggi vigenti. <JI
rischio è che il cittadino si perda
in una vera e propria giungla aggiunge Bortone -. Da tempo
auspichiamo invece un disegno
di legge che istituisca un albo
definito per tutte le professioni
sanitarie, fisioterapista incluso.
Speravamo che ciò avvenisse
con il ddl Lorenzin. Se però que-
sto dovesse contemplare storture e devianze, come la creazione
di nuove professioni, preferiremmo fosse cancellato». Sulla
stessa linea, anche il Sindacato
italiano fisioterapisti e professioni area riabilitativa (Spif AR).
Intanto, dall' 8 al 12 settembre, AIFI rilancia la campagna
«Giù le mani», contro il fenomeno dell'abusivismo. I cittadini potranno ricevere informazioni chiamando il numero verde 800.03.60.77 (orario 15-17).
La campagna si concluderà il 13
settembre con il "Fisio-day",
con l'apertura degli studi fisioterapici per consulti gratuiti con
prenotazione al numero verde.
0 RIPRODUZIONE RISERVATA
Pagina 34
__l Al di là delle «evidenze» pratiche ora ci sono anche studi scientifici che ne valutano l'efficacia
A beneficiarne sono soprattutto le patologie muscolo-scheletriche
he cos'è l'osteopatia
1 e soprattutto a cosa
serve? L'Organizzazione mondiale della
sanità la definisce
una «medicina manuale», ne
riconosce il valore al fine del
mantenimento della salute, la
inserisce fra le Medicine non
convenzionali e ne auspica
l'integrazione nei Sistemi sanitari nazionali.
Gli osteopati concordano
nel definire l'osteopatia una
medicina: «Perché - spiega
Alfonso Mandara, fondatore e
presidente dell'Icom College
di Milano - come le altre discipline che usano la manipolazione dei tessuti per ripristinare la corretta funzione
delle strutture, l'osteopatia
pur non utilizzando farmaci e
apparecchiature elettromedicali innesca processi di autoguarigione, propri dell'essere
umano o animale».
L'osteopatia considera
l'uomo come un'unità di corpo, mente e spirito, in cui
ogni singola parte interagisce
con l'insieme. La connessione
tra le diverse parti è assicurata dal movimento. La qualità
del movimento rispecchia
quindi la qualità della vita e
della salute. Attraverso
un'analisi della postura del
corpo e la palpazione, l'osteopata valuta la presenza di disturbi, che interessano non
11. Medicina alternativa
solo l'apparato neuromuscoloscheletrico, ma anche craniosacrale (legame tra il cranio, la colonna vertebrale e
l'osso sacro) e viscerale (azioni sulla mobilità degli organi
viscerali). Si interviene quindi su un eventuale squilibrio
con manipolazioni e manovre
specifiche, con l'obiettivo è di
ristabilire le condizioni fisiologiche del movimento.
problema, ma di accorgersene - puntualizza Carmine
Castagna, direttore generale
dell'Istituto superiore di
osteopatia di Milano - . Poi
però demanda alla figura medica competente. Possiamo
prendere atto di alcune condizioni patologiche presenti,
ma dobbiamo fare un' analisi
della funzione, cioè di come il
corpo eventualmente com-
%C
E'.
to
ét,l. itl °e
Gli osteopati inoltre rivendicano alla propria disciplina
l'esistenza di una «diagnosi
osteopatica». Quello della
diagnosi è uno dei punti più
controversi della «querelle»
con fisioterapisti e medici,
contrari al riconoscimento
dell'osteopatia come professione sanitaria. Secondo questi ultimi, la diagnosi è atto
medico per eccellenza e gli
osteopati non hanno le competenze per farlo. «In realtà
l'osteopata non è in grado di
fare una diagnosi perfetta del
pensa determinate patologie,
per poi intervenire sulle disfunzioni. Quindi facciamo
diagnosi in quella zona d'ombra che sta tra la fisiologia e la
patologia».
Con quali risultati? Negli
ultimi 15 anni, l'osteopatia ha
imboccato a pieno titolo la
strada della ricerca sia in Italia
che all'estero per avere validazioni ed essere ben accettata nel mondo scientifico e anche per crescere all'interno
della stessa professione. Se gli
ambiti di applicazione sono
svariati (vedi grafico, ndr)le
«prove scientifiche» sull'efficacia riguardano al momento
un numero ristretto di disturbi.
<d campi dove abbiamo ormai molte evidenze - risponde Marco Giardino, direttore dell 'Accademia italiana di medicina osteopatica sono nell'ambito muscoloscheletrico, soprattutto sulla
lombalgia e sulla cervicalgia.
Dobbiamo ancora dimostrare
l'efficacia su altre patologie
come ad esempio la cefalea,
patologie di tipo infiammatorio o irritativo come la gastrite o la sindrome del colon irritabile o altre patologie come
l'incontinenza urinaria».
«Ci sono moltissimi campi
di applicazione in cui la ricerca va avanti - continua Giardino -. Ancora non si è raggiunto il risultato, non perché
non si è efficaci, ma perché
stiamo raccogliendo i dati.
L'osteopatia è ormai pienamente inserita, anche nell'ambito scientifico. Non siamo in un angolino, anzi. Penso che la nostra sia una delle
discipline sanitarie dove è più
fervente l'attività di ricerca a
livello internazionale. È molto interessante quello che sta
succedendo nel mondo e noi
italiani siamo pienamente inseriti in questo contesto».
L'osteopatia sta anche en-
Pagina 35
trando negli ospedali: «Ci sono grossi studi e grosse collaborazioni, che iniziano nell'ambito neonatale - dice
Carlo Broggini, presidente
dell'Associazione professionale degli osteopati - nei reparti di pediatria, anche su
patologie gravi. Non si ha la
pretesa di curare, ma si può
aiutare».
In alcuni Stati dove la pratica osteopatica è inserita come
professione sanitaria, è stata
anche misurata la sua efficacia in termini di costo-beneficio. «Si è riscontrata una riduzione dei giorni di assenza
dal lavoro per dolore muscolo-scheletrico - sottolinea
Alfonso Mandara -. Nel Regno Unito, c'è un risparmio
del Sistema sanitario nazionale, nella sola Inghilterra,
stimato in circa 3 mila sterline
annue per cittadino con lombalgia, relativo all'uso della
terapia osteopatica in termini
di miglioramento dell'indice
QALY (quality adjusted life
years, durata della vita e qualità della stessa, ndr)».
O RIPRODUZIONE RISERVATA
4-5 mila
Nel nostro Paese, come in altri
Paesi europei, l'osteopatia
non è vietata rna il processo
di riconoscimento è ancora in corso
Gli osteopati in Italia
Circa
È già riconosciuta,
invece, in questi Paesi:
3 mila
Quelli inseriti nell'elenco
delle associazioni di settore
(iscrizione non obbligatorio)
Francia, Regno Unito, Belgio, USA,
Canada, Australia, Nuova Zelanda,
Svizzera, Norvegia, Finlandia, Russia
Circa
50
Le Scuole italiane di osteopatia
(di cui 30 di associazioni di settore)
%
la quota di italiani
che ricorre
a medicine
non convenzionali
Da
3 a 6 anni
La durata dei corsi formativi
(riservati a medici e infermieri,
o per persone con laurea
non sanitaria, o per chi ha solo
diploma di scuola superiore)
Di questi
it21%
Da 40 a 100 euro
Il costo di una seduta di osteopa, iá
111792%-
17
Ricorre
Ricorre
Ricorre
all'osteopatia all'agopuntura alla chiropratica
EURISVES- RAPRQRTO ITAI IA ^012
I CAMPI DI APPLICAZIONE
L'osteopatia è utilizzata per trattare i seguenti disturbi
Cervico
e lombo algie
Otiti
Sinusiti
Disfunzioni
Colpo della strega
Nevralgie,
artralgie
e dolori reumatici
Snasmi e craniPi
muscolari
Capsulite adesiva
Sindrome
dell'intestino
irritabile
Costipazione
Asma
Cefalee
Emicranie
11. Medicina alternativa
circolatorie
L'efficacia è provata
con evidenza scientifica
soltanto per:
Problemi
muscolo-scheletrici
(lombalgia, cervicalgia)
periferiche
Disfunzioni
temporomandibolari
_ Prolassi o spasmi
aei pavimento
pelvico
Dolori mestruali
Lombalgie
di gravidanza
J Cistiti
Studi di efficacia
sono in corso
per questi disturbi:
Cefalee,
patologie di tipo
infiammatorio
o irritativo
(come la gastrite
o la sindrome
del colon irritabile)
Incontinenza
Incontinenza
Disfunzioni
endocrine
urinaria
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