storia. Aids
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. INDICE RASSEGNA STAMPA . 3. Sanità nazionale Avvenire 07/09/2014 p. 12 La storia. Aids dall'antitetanica, dopo 21 anni il risarcimento Vincenzo Varagona 1 Corriere Della Sera 07/09/2014 p. 43 La scelta giusta dopo la secchiata Luigi Ripa-Monti 2 Corriere Della Sera 07/09/2014 p. 43 Ricetta elettronica in ritardo Solo cinque regioni a regime 3 Corriere Della Sera 07/09/2014 p. 46 Gli ormoni servono solo in pochi casi 4 Corriere Della Sera 07/09/2014 p. 46 L'utilità e i limiti dei rimedi fai-da-te contro l'acne Elena Meli 5 Corriere Della Sera 07/09/2014 p. 46 Mi spieghi dottore Che cos'è la neurite ottica e come si presenta? Antonella Sparvoli 7 Corriere Della Sera 07/09/2014 p. 48 La relazione pericolosa tra sindrome metabolica e tumori Vera Martinella 9 Corriere Della Sera 07/09/2014 p. 49 Migliori percorsi assistenziali studiati per i malati cromici Maria Giovanna Faiella 10 Corriere Della Sera 07/09/2014 p. 51 Bimbi con handicap neurologici Corriere Della Sera 08/09/2014 p. 31 La resa educativa degli slogan sulla cannabis Giovanni Belardelli 13 Libero 07/09/2014 p. 6 Derubati dal governo e infettati dai profughi Agenti con la scabbia Tommaso Montesano 14 Libero 07/09/2014 p. 22 cuore, i maschi stanno meglio delle donne Andrea Sermonti 16 Libero 07/09/2014 p. 22 Fibrillazione atriale non valvolare (nvaf) le cure troppo diverse da un paese all'altro 17 Messaggero 08/09/2014 p. 10 Ebola, il vaccino targato Italia «respinge il virus per 10 mesi» Carla Massi 18 Repubblica 08/09/2014 p. 19 La vista perduta dei ragazzi italiani "Troppi pc e tablet raddoppiati i miopi" 19 Secolo Xix 08/09/2014 p. 13 Incubo tumore assolto il reggiseno Secolo Xix 08/09/2014 p. 13 Dolce attesa e prevenzione battere le infezioni prima della gravidanza Federico Mereta 22 Stampa 07/09/2014 p. 12 Vaccino, una speranza dall'Italia "Così possiamo battere il morbo Paolo Russo 24 Tempo 08/09/2014 p. 15 «Difendere i fisioterapisti significa tutelare il paziente» Raffaella Fonda 25 Ivana Zuliani 27 Carlo Di Foggia 29 12 Cristiana Salvagni 21 7. Volontariato Corriere Fiorentino 07/09/2014 p. 21 È il giorno di George Clooney Al gala con Bocelli e Mehta 8. La Ricerca Il Fatto Quotidiano 08/09/2014 p. 4 Ricercatori di tutta Europa unitevi 11. Medicina alternativa Corriere Della Sera 07/09/2014 p. 44 Osteopati italiani alla ricerca di riconoscimento professionale Per dare più garanzie ai pazienti 31 Corriere Della Sera 07/09/2014 p. 44 Secondo i medici il nodo è la diagnosi 33 Corriere Della Sera 07/09/2014 p. 45 Il rischio di creare doppioni che possono generare confusione 34 Corriere Della Sera 07/09/2014 p. 45 Quando (e con quali prove) si fanno le manovre 35 Indice Rassegna Stampa Pagina I stor ia. Ai ds dall ' antitetan ica, d o po 21 an ni VINCENZO VARAGONA ANCONA ra stato Carlo Urbani ad avvisarlo, quando gli era stata diagnosticata la malattia: «Germano, non so come dirtelo, ti starò sempre vicino, ma devi sapere che hai l'Aids». Aveva 19 anni, Germano Santoni, era studente all'Isti tuto tecnico commerciale di Civitanova Marche, quando era rimasto vittima di un incidente stradale. Frattura scomposta al femore. Al pronto soccorso gli avevano iniettato un siero antitetanico, un protocollo di routine, ma nessuno sapeva che il contenuto di quella fiala era infetto. Germano, tuttavia non poteva accorgersene subito. Gli era comparsa quella febbre strana, si era fatto controllare, fino a quando, tiri anno dopo, era arrivato il terribile verdetto. Oggi Germano ha 40 anni, è cieco, l'a- mico più fedele è il suo cane, diventato inseparabile. La vita lo ha portato a Camerino, dove fa il centralinista nell'ufficio del giudice di pace. F uno dei testimoni dei "miracoli" delmedico di Castelplanio, che ebbe il Nobel nel 1999 come presidente di Medici senza frontiere. «Nel 1993, nell'ospedale di Macerata dove ero stato ricoverato per accertamenti, fui sottoposto anche al test dell'Hiv. Risultai positivo, ma nessun medico aveva il coraggio di dirmelo. Fu lui ad assumersene la responsabilità, mi venne incontro, con grande tatto mi diede la notizia e poi mi disse: "Sappi che non ti lascerò mai solo". E mantenne la promessa, perché quando, al culmine di una crisi che mi aveva trascinato in fin di vita, lo feci chiamare per un aiuto disperato, lui, che nel frattempo era dirigente dell'Oms e si trovava ad Hanoi, mi fece mandare dagli Stati Uniti un farmaco sperimentale, con il quale mi sono ripreso, e mi consente ancora oggi divivere, anche se imbottito di pasticche». E altro incontro fondamentale di Germano è stato con un ematologo, Tommaso Mazzanti, che, incuriosito dal caso, chiese di esaminare le cartelle cliniche e ipotizzò il nesso fra l'antitetanica e la malattia che ne era seguita. Scattarono così le azioni legali. Una, ammini- II Tribunale di Ancona condanna lo Stato a pagare due milioni di euro a Germano Santoni, vittima di un incredibile errore sanitario: «Così Carlo Urbani mi ha salvato la vita» 3. Sanità nazionale il rí sarci m ento strativa, arriva a sentenza dieci anni fa. Determinante la consulenza tecnica firmata da un luminare, Piergiorgio Fedeli, che conferma l'intuizione del dottor Mazzanti, la cui attenzione si era concentrata sull e immunoglobuline di derivazione umana. Si arriva al 2009 per un primo risultato: il Tribunale di Camerino determina in 800 euro mensili un primo indennizzo, riconosciuto alle vittime di trasfusioni. Tre anni fa parte la causa civile al Tribunale di Ancona, arrivata adesso a sentenza, firmata dal giudice Francesca Miconi, che condanna il ministero della Salute a un risarcimento di un milione e mezzo di euro, che con gli interessi arrivano a sfiorare i due milioni, per omesso controllo sul contenuto del siero iniettato. Per Germano è l'inizio di una nuova battaglia: «Non avete idea, ci dice, di come mi sia cambiata la vita. Ero un ragazzo sportivo, dinamico, vitale. Sono cieco e con un'emiparesi. Ho impiegato anni per documentare che non ero un tossico, e che non potevo avere contratto l'Aids che in ospedale. Per tutto questo tempo sono stato trattato sostanzialmente come un tossicodipendente. Ora basta. Lindennizzo è importante, ma lo ritengo inadeguato al calvario cari sono stato costretto». Accanto a Germano i due legali che lo hanno sostenuto in questa battaglia, Sante Monti e Andrea Petracci. Fino a due anni fa l'altra colonna della sua vita era stata il papà, Alberto, che però lo ha lasciato, vittima di un incidente stradale. «Adesso - conclude Germano - ho un'altra ragione per continuare a vivere con coraggio». © RIPROOUa01E RISERVATA Pagina 1 S CELTA GIUSTA D OPO SECCHIATA di LUIGI RIPAMONTI ulle secchiate d'acqua gelata si è detto di tutto e di più. Come qualcuno ha osservato quest'anno sono state loro, e non la classica canzone, il vero tormentone dell'estate. C'è chi le ha salutate come un fenomeno simpatico e utile, chi le bollate come una forma a buon mercato (offerta libera) di autopromozione, chi le ha catalogate alla voce «narcisismo». Comunque la si voglia vedere rimane un fatto: pecunia non olet. E se si sono raccolti soldi, pochi o tanti che siano, perla ricerca sulla Sclerosi laterale amiotrofica, ben venga qualche raffreddore o qualche esibizione che può aver fatto arricciare il naso a qualcuno. Piuttosto questo fenomeno offre lo spunto per qualche altra riflessione. La prima è sul come e sul dove destinare le donazioni dopo le secchiate d'acqua gelata. Perché se è vero che i soldi perla ricerca sono comunque ben spesi, è anche vero che, trattandosi di una forma di investimento, è legittimo preoccuparsi di quanto rende. In questo caso il rendimento non si può misurare in termini economici crudi, però un'unità di misura da prendere come riferimento c'è, ed è rappresentata dalla quantità e, soprattutto, dalla qualità della produzione Valutare la qualità scientifica della onlus cui si destina la propria della produzione h donazione. Si tratta di un parametro che sarebbe sci entifica abituarsi a per far «rendere» opportuno considerare e che non è le donazioni molto difficile da valutare: ogni ente che fa ricerca scientifica può renderlo ben visibile sul proprio sito Internet o sui documenti che produce. Renderlo facilmente leggibile e comprensibile a tutti è un indizio di serietà e trasparenza che può aiutare a scegliere come e dove indirizzare i nostri soldi. Una seconda riflessione riguarda la deducibilità delle donazioni. C'è chi ha notato che negli Stati Uniti, dove è iniziato il fenomeno delle secchiate, sono stati elargiti molti più soldi che in Italia. É probabilmente vero, anche tenendo conto della differenza di popolazione. Ma va tenuto presente che negli Usa la deducibilità fiscale per questo tipo di donazione è decisamente maggiore rispetto a quanto accade in Italia. Con i problemi di bilancio che attanagliano il nostro Paese potrebbe far sorridere l'invocazione a incoraggiare questo genere di gesto con uno «sconto» sulle tasse. Ma se si tiene conto che i soldi per la ricerca non fanno bene solo ai malati ma, a medio e lungo termine, anche al Pil, forse andrebbe consideratala possibilità di agire anche in questa direzione. 3. Sanità nazionale Pagina 2 Si fa presto a dire " ricetta elettronica": solo cinque regioni (Sicilia , Valle d'Aosta, Trentino, Basilicata e Veneto) sono a regime e stanno raggiungendo l'obiettivo di emettere l'8o% delle ricette mediche "dematerializzate " entro il 2014, come previsto dall'agenda digitale del governo Monti. Altre regioni sono in fase di sperimen- 600 È il numero di ricette mediche erogate ogni anno in Italia. Di queste, facendo una proiezione su base annua , attualmente solo 90 milioni sono elettroniche 3. Sanità nazionale tazione. Tra queste: Molise, Campania, Liguria, Piemonte, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Emilia Romagna, Puglia, Marche. Le rimanenti sono ancora «in fase di preparazione». Insomma, al palo. A fare il punto sulla ricetta medica elettronica è Promofarma, la società di Federfarma che si occupa di monitorare il passaggio della ricetta medica dal cartaceo all'elettronico . In Italia, secondo la stima di Promofarma, ogni anno vengono erogate oltre 6oo milioni di ricette mediche . Di queste, facendo una proiezione su base annua, attualmente solo go milioni sono elettroniche . Nel dettaglio, secondo i dati della società : 50 milioni in Sicilia, 8oo mila in Valle d'Aosta, 3 milioni in Trentino, 5 milioni in Basilicata e, in proiezione, 32 milioni l'anno in Veneto. Il resto è ancora tutto cartaceo. silo _'i Promc( in a ens. ¢YB'oars ota rma. et Pagina 3 Soluzioni efficaci, anche perle forme più serie Gli o 1 rischio vero delle terapie anti-acne "fai da te"? «Provare due o tre prodotti e credere di aver già fatto tutto il possibile per risolvere il problema, scoraggiandosi e lasciando che la malattia faccia il suo corso». Giampiero Girolomoni, dermatologo dell'Università di Verona, sottolinea l'importanza di non darsi per vinti: «Cure efficaci esistono, anche per i casi più seri. Accanto alle terapie locali e agli antibiotici, si possono impiegare farmaci come l'isotretinoina, derivato della vitamina A molto valido, che può "spegnere" l'acne per un lungo periodo spiega Girolomoni -. Si tratta, però, di un medicinale che può indurre malformazioni del feto, per cui i medici a volte sono titubanti a impiegarlo. E chiaro che bisogna prendere le dovute precauzioni se la paziente è in età fertile». La terapia dell'acne in media dura qualche mese, ma a volte si protrae per anni; gli antibiotici 3. Sanità nazionale on servono in genere si assumono per periodi brevi. Lo stesso accade con i trattamenti topici locali, per disinfettare e sfiammare la cute: in genere si usano per 20 0 30 giorni e si intraprendono al bisogno, quando l'acne ha una recidiva. Quando servono gli ormoni? «Bisogna chiarire che alterazioni ormonali importanti, tali da xia . o "'la .'llE' richiedere una correzione con un trattamento vero e proprio, sono rare e si riconoscono facilmente: se gli ormoni sono "sballati" si hanno irsutismo, obesità e nelle donne anomalie del ciclo mestruale, prima fra tutte la scomparsa delle mestruazioni - dice Girolomoni -. In questi casi è opportuno indagare con dosaggi ormonali specifici; in tutti gli altri i test, spesso sono molto costosi, sono inutili». Altrettanto superfluo, stando al dermatologo, cercare di tenere sotto controllo l'acne privandosi di certi cibi, come cioccolato o patatine fritte: «Non esiste dimostrazione inequivocabile che certi cibi facciano male alla pelle; ad esempio, non ci sono prove definitive che ridurre il consumo di latticini (accusati spesso di aumentare le lesioni) abbia un effetto positivo. L'acne non si combatte, né si previene, con consigli dietetici, né per ora è provata un'azione benefica da parte dei fermenti lattici, sperimentati sia con somministrazione per bocca sia per uso topico. È invece certo il legame fra fumo e acne: le sigarette aumentano il rischio di problemi cutanei» conclude Girolomoni. E. M. C RIPRODUZIONE RISEW✓ATA Pagina 4 prodotti al vaglio degli specialisti acne è il cruccio di moltissimi adolescenti, ma anche di adulti alle prese con foruncoli che non accennano a scomparire o con le cicatrici di brufoli mal curati. Al primo affacciarsi del problema l'opzione è spesso il "fai-da-te": ampia la scelta di prodotti contro l'acne acquistabili senza prescrizione, in farmacia ma anche nei supermercati. Se si vuole provarli però occorre un po' di attenzione, come ha segnalato di recente la Food and Drug Administration statunitense dopo alcuni casi di reazioni allergiche gravi, che non si sa ancora se dipendano dai principi attivi anta-acne contenuti nei prodotti o dagli eccipienti. Gli esperti raccomandano di provare sempre i nuovi prodotti in una piccola area cutanea per tre giorni e di sospendere ogni trattamento se si manifestano segni di un'ipersensibilità severa (non arrossamenti, bruciori o secchezza della pelle, ma fenomeni più seri, come sensazione di svenire, fiato corto, gonfiori al viso, alle labbra o alla lingua). Anche taluni prodotti naturali, come ad esempio l'olio dell'albero del tè, sono "da prendere con le pinze" perché, oltre a non esistere prove certe della loro efficacia, possono provocare allergie. Lo sottolinea un documento dell'American Academy of Dermatology, per il quale, Emmy Graber, direttrice del Cosmetic and Laser Center dell'Università di Bo- _ v x e bb e ,. e I"x v"()lffi Ct"51 t't. .ieO ston, ha passato in rassegna creme, lozioni e altri preparati acquistabili senza prescrizione medica. Secondo Graber, possono essere invece validi gli scrub, che rimuovono le cellule morte e il primo strato dell'epidermide facendo "respirare" i pori, nonché i panni e le salviette detergenti, che puliscono a fondo la pelle. «Le salviette sono più delicate degli scrub e andrebbero scelte fra quelle con ingredienti attivi contro l'acne, come benzoil perossido e acido salicilico dice Graber -. Gli scrub possono essere troppo aggressivi; meglio quelli non troppo "ruvidi" a base di palline di polietilene, anziché i più irritanti ossidi di alluminio o semi di frutta. Anche le spazzoline per la pulizia del viso possono essere eccessive: si usano pensando che l'igiene profonda serva a far penetrare meglio i principi attivi antiacne di creme e lozioni, ma ciò non è affatto dimostrato». «Questi metodi possono essere utili per la prima fase dell'acne, quella "comedonica" in cui si hanno soltanto punti neri e microcisti commenta Giampiero Girolomoni, direttore della Sezione di dermatologia e venereologia dell'Università di Verona -. In questi casi il "fai date" è ammesso e, se la malattia resta di grado lieve, puo essere sufficiente. Creme o lozioni che contengano sostanze antisettiche, ad esempio il benzoil perossido, e principi attivi esfolianti, come i derivati 3. Sanità nazionale della vitamina A, possono essere efficaci su un'acne iniziale, in cui non ci sia una grossa componente infiammatoria». Quando si sceglie un prodotto anti-acne da banco bisogna perciò accertarsi che contenga uno dei composti attivi: il benzoil perossido, perché elimina i batteri che concorrono a provocare l'acne e può così tenerla sotto controllo; l'acido salicilico, perché funziona come esfoliante liberando i pori da cellule morte e grasso di troppo, che li "ingolfano" infiammandoli; lo zolfo, perché sopprime i batteri e pulisce i pori, ma che deve essere usato solo sui brufoli e non su tutto il viso (sì quindi ai prodotti "spot", utilità dubbia per le saponette). Utilizzabili anche le creme che contengono alfaidrossiacidi, per esfoliare la pelle, o i derivati della vitamina A come il retinolo, che liberano i pori. «Possono servire inoltre antibiotici topici, come clindamicina, eritromicina o le tetracicline; non si deve usare invece la gentamicina, il primo antibiotico a cui tanti pensano, perché non ha alcun effetto sul batterio che provoca l'acne - dice Girolomoni -. Ma attenzione: tutti questi prodotti possono rivelarsi irritanti, soprattutto se la pelle è sensibile, in caso di allergie o se usati senza moderazione. Se la cute appare arrossata, secca e desquamata è meglio interrompere qualsiasi trattamento e chiedere consiglio al medico. Chi soffre di dermatite atopica, inoltre, per scongiurare problemi dovrebbe comunque evitare di prendere iniziative senza rivolgersi allo specialista». Dal dermatologo bisogna Pagina 5 andare anche se dopo un trattamento "fai da te" di uno o due mesi non si vede nessun risultato. «Purtroppo molti pensano che l'acne sia un accadimento inevitabile legato alla pubertà: in realtà è una patologia infiammatoria cronica con una componente ormonale e non è così "benevola" come si potrebbe pensare, non deve essere sottovalutata - avverte Girolomoni -. Da sola non passa facilmente, tanto che una piccola quota di pazienti continua a soffrirne perfino dopo i 4o anni; inoltre, se non viene curata in modo adeguato può lasciare cicatrici evidenti e praticamente impossibili da eliminare». «I prodotti da banco conclude lo specialista- non bastano per affrontare l'acne al secondo stadio, quando compaiono le pustole, i brufoli arrossati; men che meno possono essere sufficienti contro l'acne di stadio più grave, in cui si hanno grossi noduli infiammatori, cisti e cicatrici». Elena Meli © RIPRODUZIONE RISERVATA L'acne è una malattia della pelle caratterizzata da un processo infiammatorio dei follicolo pilifero e della ghiandola sebacea annessa Pelle sana Comedone chiuso (punto biancaa) Comedone aperto (punto nero) Papula Pustola Nodulo Ciste Dal punto di vista della rnortoloaaia delle lesioni ecco con e l'acne può essere classificata Cornedonica E í;aratteriz tata dalla comparsa di comedoni: ch7iusi, quando il dotto pilifero è chiuso e il sebo non e più in grado di fuoriuscire; aperti, quando il detto pilifero non è chiuso dei tutto e quindi Il sebo può uscire verso l'esterno Papulo-pustolosa Dall'evoluzione infiammatoria dei comedoni, perlopiu da quelli aperti, derivano lesioni rotondeggianti rosee-rosse !papale) che possono trasformarsi in foruncoli /pustole) I Di pari passo con la progressiva anticipazione della pubertà, sta scendendo anche l'età della prima comparsa dell'acne: già a partire dai 10 anni qualche bambino si ritrova coi primi brufoletti, poi durante l'adolescenza la percentuale di ragazzi e ragazze alle prese con l'acne arriva all'80%. La malattia è provocata dall'infiammazione del follicolo pilifero e della ghiandola sebacea: questa produce grasso in eccesso, per lo più in concomitanza della 'tempesta ormonale' che si scatena con lo sviluppo sessuale; i'tappi di sebo" sui follicoli creano l'ambiente adatto per la proliferazione del Propionibacterium acnes, il batterio che contribuisce alla malattia, e favoriscono l'infiammazione cutanea che porta alle lesioni. Nodulare in presenza, intorno al follicolo, di fenom en i inliarnnìatorl intensi, e s tesi e profondi. si p ossono formare lesioni nodulari dolorose di Colore russ o- violaceo, che possono Contenere pus Conglobata E una torma rara di acne che si caratterizza per la comparsa, oltre che delle lesioni papulo- pustolose e di quelle nodulari. di formazioni cistiche che lasciano spesso cicatrici 3. Sanità nazionale Pagina 6 e come si presenta, - i w a , ane onf c ili ANTONELLA SPARVOLI a neurite ottica è un'infiammazione del nervo ottico che può avere diverse cause. «La neurite ottica si associa a malattie infettive, a patologie autoimmuni con sofferenze neurologiche (neuromielite ottica) o sistemiche (lupus eritematoso Stefania sistemico, connettiviti, ecc.). Spesso Bianchi è il sintomo d'esordio della sclerosi Marzoli multipla (Sm) e si ripresenta molto Neuroftalmologia spesso nelle fasi di riacutizzazione. Ist. Auxologico Esistono anche forme isolate in cui Italiano, Milano non si riesce a stabilire un fattore scatenante. In questi casi l'episodio infiammatorio può essere unico (forme isolate vere e proprie) o ripetuto (forme isolate ricorrenti e recidivanti)» spiega Stefania Bianchi Marzoli, responsabile del Servizio di Neuroftalmologia dell'Irccs Istituto Auxologico Italiano di Milano. Quali sono i sintomi tipici? «L'esordio è sempre improvviso. I sintomi caratteristici sono dolore nella parte posteriore dell'occhio, offuscamento della parte centrale della visione e Ar7 3. Sanità nazionale riduzione della percezione dei colori. Nelle forme associate a sclerosi multipla, l'infiammazione riguarda in genere un solo occhio, in altre patologie possono essere coinvolti entrambi gli occhi». Come si fa la diagnosi ? «Un attento inquadramento neuroftalmologico è fondamentale per orientare la diagnosi e la terapia. Con alcuni esami di base è possibile escludere che i sintomi siano dovuti a neuropatie ottiche di origine diversa o a malattie della retina che si presentano con sintomi simili. Bisogna poi identificare la causa con l'aiuto di risonanza magnetica di encefalo e nervo ottico, esami del sangue mirati e radiografia del torace. In alcuni casi possono essere utili risonanza magnetica del midollo e l'analisi del liquor. Infine è sempre buona regola eseguire alcuni esami elettrofunzionali per stabilire fino a che punto è stato danneggiato il nervo ottico». Quali sono le cure? « Le forme immunomediate vanno trattate tempestivamente con cortisone per via endovenosa per 3-5 giorni. La stessa terapia è utilizzata anche nelle forme correlate a sclerosi multipla, mentre se la neurite ottica è determinata da una malattia infettiva, va prescritta una terapia mirata. Una volta regredita l'infiammazione, è utile avviare una terapia preventiva a lungo termine di nuovi episodi. Nel caso di forme associate alla sclerosi multipla in genere si usano farmaci immunomodulatori, mentre per le forme immunomediate e quelle isolate ricorrenti e recidivanti si ricorre a immunosoppressori. Nelle forme di neurite ottica associabili a sclerosi multipla la prognosi visiva è buona: dopo un primo episodio oltre il go%o dei pazienti recupera una normale acuità visiva. Le forme immunomediate possono avere una prognosi visiva meno prevedibile che molto dipende dalla risposta a un adeguato e tempestivo trattamento con cortisone». J RIPRODUZIONE RISERVATA M A A ffi i Cll , -' C.. n( ti` II 1 e im- c . ®'.(;" tt riC.C1iÌCï, _... r_" r.i C de i C". a, r .;x a .;O It,í, Pagina 7 A Y ' pro, á: f A l' '1 1 é ;. , 10 1A / s/p-R/9lyl . iÑ! < I`p< Ftj;liÏ I ' 91Xr ibï / oe . e.rAr ipr4 C . vIIYI '.Z b 0R¡ ir $ Y0 3 $$! ìr .1 6 •/ Ci'l. .,.; ì?q 3. Sanità nazionale Pagina 8 Si può contrastare una condizione che aumenta il rischio di cancro Organizzazione mondiale della sanità ha ormai lanciato l'allarme da diversi anni: l'obesità rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica nel mondo. I chili in eccesso sono collegati a morte prematura e ormai universalmente riconosciuti come fattori di rischio per malattie cardiovascolari, ictus, diabete, tumori. Senza considerare che il sovrappeso spesso è associato a numerosi altri problemi di salute (ipertensione, ipercolesterolemia, apnea notturna e problemi respiratori, asma, complicanze in gravidanza, solo per citarne alcuni) e che un numero crescente di ricerche scientifiche dimostra un legame anche con gravi disturbi dell'umore, fino alla depressione. Ciononostante, le ultime fotografie scattate alle bilance dei cittadini dell'Unione Europea mostrano un preoccupante aumento del peso, in atto da tempo. «I casi di obesità e sindrome metabolica sono in crescita in tutto il mondo, mentre il legame tra obesità e cancro diventa sempre più evidente» conferma Antonio Moschetta, professore associato di Medicina interna all'Università Aldo Moro di Bari e ricercatore all'Istituto tumori Giovanni Paolo II. Moschetta interverrà alla decima Conferenza mondiale sul futuro della scienza, nella sessione sostenuta dall'Airc (Associazione italiana per la ricerca sul cancro) proprio per illustrare il legame ormai scientificamente dimostrato fra tumori e nutrienti. 3. Sanità nazionale Il cibo e le abitudini relative all'attività fisica possono avere ripercussioni sul nostro Dna, perché giorno dopo giorno modificano il metabolismo dell'organismo e il normale funzionamento di ormoni e geni, influenzando la regolare attività delle nostre cellule che possono così finire per trasformarsi in cancerose. «Cambiamenti sostanziali delle nostre abitudini alimentari e dello stile di vita hanno contribuito alla nostra attuale maggiore suscettibilità all'insorgenza di vari tipi di tumori, 9cc primi fra tutti quelli di seno e colon retto - spiega Moschetta -. Ma appare sempre più evidente un legame anche con quelli di prostata, ovaio, pancreas, fegato, rene e persino cervello. Offriamo al cancro la possibilità di crescere più velocemente perché gli forniamo la "benzina" di cui ha bisogno: glucosio per produrre energia e insulina per proliferare». Generalmente, per semplificare, si parla di una «relazione pericolosa» fra neoplasie e obesità, ma la vera responsabile è la sindrome metabolica: «Una patologia-chiarisce il ricercatore - caratterizzata da au- mento della circonferenza dell'addome (superiore a 88 centimetri nelle donne e a 96 negli uomini), ipertensione arteriosa, ipertrigliceridemia (oltre 15o milligrammi di trigliceridi per decilitro di sangue), ridotti livelli di colesterolo " buono" HDL (meno di 5o nelle femmine e 45 nei maschi) e aumento della glicemia a digiuno (maggiore di ioo). Se si hanno anche solo tre su cinque di queste caratteristiche si soffre di sindrome metabolica e sale il rischio di cancro (oltre a quello di diabete e malattie cardiovascolari) _ cerose cx"c,,ere perché si crea un microambiente favorevole alle cellule cancerose per svilupparsi e prolificare». Diversi studi su ampi numeri di persone sane e malate di cancro, così come numerosi test di laboratorio, hanno dimostrato chiaramente che uno stesso tipo di tumore si sviluppa con maggiore frequenza in persone che soffrono di sindrome metabolica rispetto a soggetti sani. Inoltre, è ormai certo che, fra i pazienti oncologici, le probabilità di ricadute e la mortalità per tumore sono più elevate in chi è sovrappeso e ha un girovita superiore al dovuto. In pratica, la sindrome metabolica interviene in tutte le fasi del tumore, dalla formazione alla progressione, dalla resistenza alle terapie fino all'insorgenza di recidive. «Acidi grassi, colesterolo, retinoidi e vitamina D presenti negli alimenti possono interferire con il Dna e indurre le cellule tumorali ad aumentare o bloccare la loro crescita - conclude Moschetta -. In particolare, abbiamo recentemente scoperto nuove prove del ruolo negativo giocato dal colesterolo, impiegato come "cemento" dalle cellule malate per crescere: se è poco concentrato mancano al tumore gli elementi per proliferare, proprio come sarebbe per noi impossibile costruire il secondo piano di una casa. Tradotto nella realtà di ogni giorno tutto questo significa che bisogna impegnarsi per restare normopeso: fare regolarmente movimento e seguire abitudini alimentari sane, limitando il consumo di cibi ad alto contenuto di grassi e zuccheri». Regole semplici, che appaiono però in via di scomparsa anche in Italia, dove, secondo recenti statistiche, circa un bambino di 8 anni su quattro è già vittima dei chili di troppo, uno su otto è addirittura obeso e un quarto dei connazionali ha peso in eccesso. E c'è di peggio: nel nostro Paese si contano già quasi 5 milioni di obesi che troppo spesso dichiarano «di star bene così», incuranti dei molti danni causati dalla sovrabbondanza di cellule adipose. Vera Martinella © RIPRODUZIONE RISERVATA Pagina 9 Analizzate le prestazioni ricevute da oltre 100 mila persone in 11 Asl eguire la terapia giusta, essere "monitorati" con controlli periodici per prevenire complicazioni e ricoveri inutili, non dover peregrinare da una struttura all'altra per farsi rinnovare il piano terapeutico dallo specialista, raccontando ogni volta la propria storia clinica al medico di turno. Insomma, ricevere cure e trattamenti appropriati, dalla diagnosi all'accesso alle terapie e alla riabilitazione, grazie a "Percorsi diagnostici, terapeutici, assistenziali" (Pdta). Ad analizzarne luci e ombre con l'obiettivo di individuare "Pdta standard per patologie croniche" è una ricerca condotta per tre anni dalla Fiaso-Federazione italiana di Asl e aziende ospedaliere e dal Cergas dell'Università Bocconi. Le i i Asl che hanno partecipato allo studio, coinvolgendo complessivamente più di centomila pazienti, hanno esaminato i modelli di presa in carico per cinque condizioni croniche che possono essere trattate nel contesto territoriale, salvo episodi acuti per cui è necessario il ricovero: broncopneumopatia cronica ostruttiva (bpco), artrite reumatoide, tumore al polmone (in fase terminale), scompenso cardiaco e ictus (entrambi nell'anno di riabilitazione successivo all'evento acuto). Partendo dal codice fiscale dei pazienti, tramite i database amministrativi aziendali sono state individuate tutte le tipologie di prestazioni - ricoveri, accessi al Pronto soccorso, bisogni farmaceutici, assistenza domiciliare, prestazioni specialistiche o protesiche - ricevute dai malati cronici del campione selezionato per le singole malattie nel territorio di competenza. Lo studio ha così evidenziato gli aspetti critici, ma anche gli interventi messi in atto dalle aziende per correggerli (vedi box a destra). «Non sempre i pazienti ricevono le prestazioni raccomandate dalla comunità scientifica, come la spirometria nel caso della bpco o le lastre alla mano per la diagnosi di artrite reumatoide -afferma Valeria Tozzi, responsabile dell'area "Ricerca su Ptda e governo clinico" dei Cergas -. In altri casi, 3. Sanità nazionale invece, sono eseguiti esami non indicati per quella specifica patologia. Lo studio, però, dimostra che, se le aziende sanitarie dispongono di flussi informativi, possono sapere quali e quanti pazienti hanno con una determinata patologia, se soffrono anche di altre malattie, se ricevono cure appropriate. Per esempio, è possibile verificare se il paziente diabetico fa almeno una visita cardiologica e l'esame del fondo oculare ogni anno». La ricerca evidenzia inoltre che l'attivazione di Percorsi diagnostici, terapeutici, assistenziali ha permesso, tra l'altro, il controllo della progressione della malattia, un miglioramento della qualità di vita dei pazienti, la riduzione dei ricoveri e anche risparmi. «I Pdta - sottolinea il presidente di Fiaso, Francesco Ripa Di Meana - favoriscono anche il coordinamento tra medici di famiglia, specialisti, strutture territoriali, assicurando così la continuità delle cure». Ma le esperienze di Pdta sono ancora scarse, soprattutto al Sud. «Possono essere un'occasione per garantire equità e appropriatezza delle cure anche in Regioni sottoposte a piani di rientro - fa notare il presidente di Fiaso - . Per far fronte all'aumento dei malati cronici, spesso anziani con più patologie (vedi box a sinistra), ottimizzando gli interventi si utilizzano al meglio anche le risorse disponibili». Percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali, Pdta, 'su misura' per chi soffre di più malattie croniche. Li stanno attivando in Emilia-Romagna. La sperimentazione, partita in una Casa della Salute a Parma, si estenderà nelle altre province. Individuata la popolazione più a rischio tramite appositi algoritmi, i pazienti sono contattati dal medico di famiglia e viene predisposto un percorso personalizzato: oltre alle condizioni di salute dell'assistito si valuta la sua 'vulnerabilità" sociale, per esempio se vive da solo, se è anziano, se ha reddito basso. Maria Giovanna Faiella C RIPRODUZIONE RISERVA A 1 problenii denunciati .`- rUrii dei , r I"1C (-.. I r.f ohiJl CI e(olAu i l X 1 1 iile orA.chcdcJ ', l(rict,Ccc,r-,, w-tozioroie diAcAs xl'i zio 1,m_Jicordci C ttärir 2G131 Ritardi diagnostici Difficoltà ad accedere a visite specialistiche o esami Difficoltà di accesso all'assistenza farmaceutica c Crr rìer -- n cci ror rìndbor ti í íoni d, p,rtc dc osocd:.Jc o dcila i sl r_ cr r oti. i di budgct Assistpriza domiciliare carente v! ___,nz .;i Jcun; Pg _ rcrro cssion r un- crc di ore irsuf - cicri te Riabilitazione non adeguata Tcrnpi di ttc , ulcorli , n_ r._ar z_r d post; ietto , il `ruttt e - i t.-,tr r. ,F ,.. Pagina 10 «Condividere le buone pratiche delle strutture sanitarie è lo scopo del "laboratorio Fiaso sul governo del territorio"» dice Nicola Pinelli, direttore della Federazione italiana Asl e aziende ospedaliere. Tra le esperienze virtuose di Pdta, per il tumore al polmone c'è quella dell'Ausl di Bologna: oltre a piano terapeutico stilato da un team multidisciplinare, prevede supporto psicologico per pazienti e familiari, assistenza domiciliare integrata, rete di cure palliative nella fase terminale. L'Azienda UsI di Ferrara ha attivato un Pdta per la Bpco dopo aver rilevato nel 2009 che circa l'80% dei pazienti non aveva eseguito la spirometria per indagare lo stadio della malattia: un gruppo di lavoro ha elaborato linee guida aziendali per uniformare i comportamenti dei medici. L'Azienda per i servizi sanitari triestina (con la popolazione di età media più alta d'Italia) ha puntato a un Ptda che integri ospedale-territorio per lo scompenso cardiaco: dopo la dimissione dall'ospedale viene attivato un percorso "protetto" per ogni singolo paziente, preso in carico, secondo la gravità, dal medico di famiglia, dal cardiologo del distretto, dal Centro cardiovascolare, o da una struttura intermedia. 3. Sanità nazionale Pagina 11 È dedicato ai bimbi con problemi neurologici il sito della Fondazione Mariani www.fondazione-mariani.org. In home page si trovano le informazioni sulle iniziative promosse o patrocinate dalla Fondazione: dagli incontri su progetti e studi appena conclusi, a quelli focalizzati sulla «metodologia Feurstein» perla riabilitazione dei ragazzi con difficoltà cognitive; dalle nuove pubblicazioni, ai corsi di formazione. Nella sezione «assistenza» si possono consultare le attività che la Fondazione svolge sia per sopportare i centri clinici che si occupano di neurologia infantile, sia per alleviare i disagi della malattia o della disabilità neurologica, come i progetti per offrire ai bambini con disabilità motorie e cognitive momenti ricreativi, quali feste, vacanze e weekend che H avvicinano alla vita dei loro coetanei. Un'area specifica è dedicata alla «Neuromusic»: qui si trovano le segnalazioni sui congressi organizzati con gli esperti mondiali nel campo della neurobiologia, psicologia, neuropsicologia applicate alla musica, ma anche le pubblicazioni in questo settore emergente delle neuroscienze. Per tenersi aggiornati, si può accedere alla newsletter «Neuromusic news» effettuando il login. 3. Sanità nazionale Pagina 12 GLI EQU IVOCI SU LLA «MARIJUANA I STATO» La resa educativa degli slogan sulla c abis di GIOVANNI BELARDELLI annuncio di un accordo per la produzione di farmaci a base di cannabinolo da parte dello Stabilimento farmaceutico militare forse ha provocato qualche entusiasmo di troppo. In sé e per sé la novità è limitata: visto che l'impiego dei cannabinoidi a scopo terapeutico era già autorizzato da anni, tutto si ridurrebbe alla produzione in Italia dei relativi farmaci. Ma appunto, un po' per il tenore di certi commenti, un po' per un sentire diffuso nell'opinione pubblica, si fa spesso confusione tra la marijuana terapeutica e la marijuana libera, cioè liberamente consumabile da chiunque lo voglia. Così, c'è chi ha subito approfittato della notizia per chiedere anche la liberalizzazione della marijuana a scopo ricreativo; oppure chi si è dichiarato in favore della liberalizzazione come strumento per combattere la criminalità ma contemporaneamente ha addotto motivazioni di tutt'altra natura, sostenendo che la pericolosità della cannabis è soltanto una leggenda creata da «politici bacchettoni». In effetti, il principale punto di debolezza della battaglia antiproibizioni- sta dei radicali e non solo, di chi cioè considera la liberalizzazione come strumento per combattere la criminalità organizzata e lo spaccio (dunque anche per ridurre il sovraffollamento delle carceri), sta nel lasciare spazio alle posizioni di chi continua a considerare la marijuana come una droga che fondamentalmente non fa male. E questo non è vero. Gli effetti nocivi del consumo di marijuana sembrano ormai accertati, come ha illustrato Giuseppe Remuzzi su questo giornale lo scorso 3 settembre e come ha autorevolmente ribadito due giorni fa Silvio Garattini sulla Stampa, ricordando in particolare i danni generati dall'uso della cannabis nei più giovani. Si tratta di dati di fatto che dovrebbero spazzar via il mito dell'«erba» che non ha mai fatto male a nessuno, ancora largamente circolante come se fossimo rimasti agli Anni 6o e a Woodstock. Ma questo non avviene e i danni prodotti dalla cannabis sono ricordati di rado, anche per la paura di apparire altrimenti retrogradi e bacchettoni. Proprio se spostiamo il discorso a livello culturale, occorre riconoscere che nei Paesi occidentali è in atto da qualche tempo una svolta in favore della liberalizzazione, come notava Umberto Veronesi un mese fa in un appello antiproibizionista (che non a caso - a testimoniare la confusione e l'ambiguità di cui si parlava - l'Espresso titolava «Diciamo anche noi marijuana libera»). Ma è una svolta culturale di cui non credo ci sia da andar fieri, poiché dietro di essa si intravvede, nelle classi dirigenti e più in generale nelle classi d'età adulte dell'Occidente, una abdicazione dalle proprie responsabilità educative. Spesso, dietro il consumo di droghe, leggere o pesanti che siano, ci sono le difficoltà esistenziali, la crisi dei valori, le prospettive grigie di vita in cui tanti giovani oggi si dibattono. Ma su tutto questo la generazione dei baby boomers, cioè di chi è stato giovane negli Anni 6o, sembra non sapere interrogarsi davvero, nonostante abbia molta responsabilità perla situazione in cui si trovano i propri figli e nipoti. Spesso quella generazione appare capace soltanto di un progressismo incanutito e vacuo, che non va molto oltre lo slogan - e l'illusione della «marijuana libera». , RIPRODUZIONE RISFRVATA t 3. Sanità nazionale Pagina 13 e a a PURE LA TBC Al sindacato Sap risultano anche tre casi di contagio di tubercolosi: uno a Bologna, uno a Ferrara e uno a Terni zia 1)erubad dal governu m'W ^fug~hi e ad dai pru e #lla Agen cun la scabb*ìa J9 la «^IU ^^9^ a a 1^ Due poliziotti in isolamento a Padova dopo aver scortato in Veneto gli immigratì salvati da Mare Nostrum, Il Consap: «Avevano solo delle mascherine da dentista» Le dotazioni di sicurezza a norma sono arrivate dal Viminale solo ad agosto ::: TO O MONTESANO . Dopo la tbc, la scabbia. Due poliziotti di Padova sono stati ricoverati, in isolamento, al reparto malattie infettive dell'ospedale cittadino in attesa di ulteriori accertamenti. Il contagio sarebbe avvenuto in occasione del servizio di scorta degli immigrati clandestini dai punti di sbarco, nel Mezzogiorno, ai centri di accoglienza veneti. Nel mese di agosto, infatti, sono arrivati nella Regione oltre cinquecento profughi. E poiché dal momento del contagio alla manifestazione dei primi sintomi - arrossamenti e prurito - passano in media da quattro a sei settimane, c'è il rischio che i due poliziotti, uno dei quali presta servizio alla Digos, abbiano attaccato la malattia ai propri familiari. La profilassi, in ogni caso, è scattata per tutti. A denunciare il caso, nei giorni in cui infuria la polemica tra rappresentanti del comparto difesa e sicurezza e governo sulla mancata revoca del blocco stipendiale, è il sindacato di Polizia Siulp. Il cui segretario provinciale, Luigi Rizzi, per protesta annuncia l'inizio di «azioni provocatorie nei confronti del- 3. Sanità nazionale l'amministrazione. Per esempio, da ora diciamo no alla reperibïlità». Quanto accaduto a Padova non è il primo caso che riguarda il contagio degli operatori delle Forze dell'ordine alle prese con i servizi di assistenza agli immigrati. Al Sindacato autonomo di polizia (Sap) risultano tre casi di colleghi contagiati dalla tbc (uno a Bologna, uno a Ferrara e uno a Terni), mentre i poliziotti risultati positivi al test di Mantoux, una prova di screening utile per saggiare la presenza di una infezione anche latente da micobatterio della tubercolosi, sarebbero un centinaio. Ma non tutti, fortunatamente, contrarranno il virus. Solo il 10% dei pazienti, secondo le statistiche, sviluppa poi la malattia nel corso della vita. Fatto sta che quei numeri nei giorni scorsi hanno alzato il livello della polemica sul- le mancate protezioni degli agenti impegnati nei servizi di accoglienza ai clandestini. In prima linea, naturalmente, ci sono i poliziotti alle prese con i profughi sbarcati grazie all'operazione Mare Nostrum. Igor Gelarda, segretario generale Consap, sul blog di Beppe Grillo ha denunciato le condizioni in cui sono costretti a lavorare i poliziotti: «Vedevamo gli uomini della Marina che erano sulle navi ad accogliere i migranti con gli occhialetti, la tuta bianca, la maschera cori il filtro e i guanti, e poi i miei colleghi, inizialmente, coni guantini e con la mascherina, quella del dentista». Solo all'inizio di agosto il ministero dell'Interno avrebbe diffuso un vademecum per informare gli operatori della dotazione necessaria, con successiva prescrizione ai questori di rendere disponibili gli strumenti. «Ora ab- biamo a disposizione guanti e camici per tutti e mascherine con filtri a norma, prima si operava con inutili mascherine da cantiere e a mani nude», conferma Gianni Tonelli, segretario generale del Sap. Quindi per la legge dei grandi numeri, chiosa, «sono quasi certo che ci saranno altri casi oltre i tre già accertati. Dall'inizio del 2014 sono stati soccorsi e accolti circa 120mila migranti, è impossibile escludere nuovi contagi». I)orahniidAa,nvo -fqb Pagina 14 A4GENTI RAPINATI Stipendi bloccati Per effetto del blocco delle assunzioni ogni 2 agenti pensionati dai 2010 e fino al 2015 Perdita in busta paga per una qualifica intermedia con 20 anni di anzianità: se ne assume 1 STRAORDINARI 200 euro al mese per mancati avanzamenti di carriera un'ora è pagata 10 euro lordi, 6 netti 200 euro al mese PARCO AUTO Solo la Polizia ha 24mila autovetture: 1/3 in riparazione per mancati rinnovi contrattuali 11200 euro al mese per il blocco degli straordinari P&G/L il 50% con oltre 250mila km ;/% // ' /,... Due appartenenti al Corpo Forestale durante le operazioni di accoglienza di Mare Nostrum [LaP] 3. Sanità nazionale Pagina 15 . P ECIALE SOCIE L011, ESC 2014 .'S E UROPEA D i CARDIOLOGIA` C uore, i maschi stanno megli o delle donne Mortalità cardiovascolare in Italia calata di un terzo in 10 anni, ma non per tutti nello stesso modo ANDREA SERMONTI Presentato agli oltre I 30 mila congressisti dell'ESC uno studio coordinato da Melanie Nichols dell'università di Oxford (UK) e pubblicato sullo European Heart Journal che ha riguardato tutti i Paesi europei tranne Andorra, confrontando le ultime cifre disponibili con quelle di 10 anni prima. Sorpresa: in Italia (dati 2010) si contano circa 196 morti cardiovascolari su 100 mila abitanti tra gli uomini e 131 su 100 mila tra le donne: -33% in un decennio! Uno dei dati più sorprendenti è che il cuore tricolore è sempre più forte, con un tasso di mortalità sceso di un terzo nei primi 10 anni del Duemila. Nonostante le malattie cardiovascolari rimangano il primo killer in Italia, con circa 250 mila decessi all'anno (pari a oltre 2 morti su 5) secondo gli ultimi dati reperibili, "grazie alla 3. Sanità nazionale prevenzione, al progresso medico e alla capillarità della rete di assistenza sul territorio negli ultimi decenni la mortalità per infarto e malattie ischemiche coronari- che nel nostro Paese è crollata". Lo conferma all'Adnkronos Salute Matteo Di Biase, presidente della Società italiana di cardiologia (Sic). Ma le donne sono più deboli di cuore : " Muoiono più loro degli uomini", con- trariamente a quanto si credeva in passato. E "le malattie cardiovascolari femminili sono anche più 'cattive' - fa notare Di Biase - anche perché compaiono in età più avanzata: la proporzione di donne che muoiono per patologie cardiovascolari è maggiore rispetto ai maschi", certifica lo studio europeo: 51% contro 42%. Novità nelle cure . Non succede tutti i giorni che uno studio scientifico venga sospeso perché già i risultati preliminari sono talmente convincenti da non richiedere ulteriori indagini. E' quanto successo al PARADICM-HF, tino studio di Fase III randomizzato, in doppio cieco, che ha valutato in 8.442 pazienti con scompenso cardiaco con frazione d'eiezione ridotta il profilo di sicurezza ed efficacia di LCZ696 rispetto ad enalapril, l'ACE inibitore oggi considerato il gold standard terapeutico. Ebbene, al con- gresso della European Society of Cardiology (ESC), in contemporanea con la pubblicazione sul New England Journal of Medicine, la molecola sperimentale di Novartis è stata `dichiarata' superiore ad enalapril negli endpoint chiave: riduzione del 20% del rischio di morte cardiovascolare e del 21% dei ricoveri per scompenso cardiaco, oltre ad una riduzione del 16% del rischio di mortalità per tutte le cause. In breve una riduzione del rischio pari al 20% sull'endpoint primario, una misura composita di morte cardiovascolare o di ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Pagina 16 11111111 FIBRILL 4, LIONE AT IA .,E NON VALVOLARE (NVAF) DIVERSE DA UN PAESE ALL'ALTRO LE CU11,1 1 EO' Una survey on Une è stata realizzata dalla Daiichi Sankyo insieme alla Società del Ritmo Cardiaco tra 1100 cardiologi in Brasile, Francia Germania, Giappone, Spagna, Regno Unito e USA esaminando la gestione della Fibrillazione Atriale Non Valvolare e il rischio di sanguinamento, la `storia' dello stroke emorragico e le eventuali complicanze del paziente. L'indagine ha evidenziato che il fattore più importante nella scelta del trattamento per la prevenzione dell'ictus è il profilo di efficacia generale dei farmaco. "Una quota significativa di pazienti con NVAF che dovrebbe ricevere un trattamento per l'anticoagulazione non sta ricevendo alcuna terapia anticoagulante orale (OAC) - ha detto Hugh Calkins, ultimo Past President della Heart Rhythm Society - e nei paesi presi in esame quasi tutti i cardiologi hanno riferito che i pazienti NVAF probabilmente hanno `sofferto' un ritardo nella diagnosi". Secondo Wolfhard Erdlenbruch, direttore esecutivo Medical Affairs di Daüchi Sankyo "si tratta di risultati che sottolineano inoltre che un approccio `uguale per tutti' non è certamente il modo ideale di gestire i pazienti con NVAF". Tutti i cardiologi (98%) ritengono che nei pazienti NVAF si può facilmente verificare un ritardo nella diagnosi, soprattutto perché sono asintomatici (86%), ma anche a causa della scarsa consapevolezza tra i medici di famiglia, medici di medicina generale (40%) e, in parte, degli stessi pazienti(36%). Sempre secondo il sondaggio 1'84% dei cardiologi crede che l'assistenza coordinata tra gli operatori sanitari sia importante per la gestione della NYAF, ma solo un terzo degli intervistati (33%) ritiene che questo tipo di approccio `integrato' per la gestione della NVAF sia oggi nei vari paesi ad un livello adeguato. Purtroppo gli stessi cardiologi riferiscono che poco meno della metà dei loro pazienti con N\AF hanno un caregiver e il 73% degli intervistati ritiene che i pazienti con un caregiver siano in grado di gestire meglio la loro condizione di quelli senza una badante. (A. S.) 3. Sanità nazionale Pagina 17 Ebola, il vaccino targato Italia «respinge il virus per 10 mesi» R 0 M A Sulle scimmie ha funzionato. Sui macachi infettati con il virus Zaire Ebola il vaccino contro la febbre emorragica che sta devastando l'Africa occidentale ha dato buoni risultati: protegge per almeno dieci mesi. E' il vaccino allo studio con l'efficacia più lunga. IL TEST Il prodotto sta per essere testato sull'uomo e viene prodotto in Italia, negli stabilimenti Okairos/Advent all'Irbm Science Park di Pomezia. Solo qui, dove è stato concepito, Chad3Ebola-Zaire (questo il nome tecnico) può essere realizzato. Diecimila dosi per la sperimentazione che è frutto di un gruppo internazionale di ricercatori italiani e americani dell'Istituto nazionale della salute degli Stati Uniti. Immediato il commento del presidente Obama: «Gli Usa aiuteranno i paesi africani che lottano contro il virus dell'Ebola IL BILANCIO L'epidemia, per l'Oms, ha superato quota duemila morti con quasi quattromila casi 3. Sanità nazionale inviando anche mezzi militari come le unità di messa in quarantena. Parliamo di una malattia che non rappresenta nell'immediato una minaccia, non si propaga attraverso i voli aerei». duemila morti con quasi quattromila casi. «Il siero di convalescente - fa sapere Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell'Istituto Spallanzani di Roma è già stato utilizzato. Nel 1995 un'epidemia di Ebola a Kikwit, LA PROTEZIONE nella Repubblica Democratica Fino ad oggi i vaccini a disposi- del Congo, con buoni risultati». zione riuscivano a garantire la La terapia di sostegno seguita fiprotezione per appena trenta no ad ora dai colleghi di Rick Sagiorni. La ricerca è stata pubbli- cra consiste nella prescrizione cata sulla rivista "Nature medi- di farmaci contro la nausea, il cine". Questa copertura immu- vomito e degli antidolorifici. nitaria è stata indotta nei maca- Viene idratato e controllato nelchi utilizzando un vaccino basa- la respirazione perché potrebbe to sul ChAd3, un adenovirus aver bisogno di una macchina (negli uomini è responsabile di per aiutarlo. raffreddori e congiuntiviti)derivato dagli scimpanzé. E' stato A CASA scelto proprio l'adenovirus de- Stretta in Sierra Leone, uno dei gli scimpanzé e non quello degli paesi più colpiti dal virus per umani, spiega Riccardo Cortese contenere la diffusione dell'epiche da oltre cinque anni lavora demia. La popolazione, infatti, a questo vaccino, «perché molti dovrà rimanere in casa per quatuomini sono già stati esposti al- tro giorni, dal 18 al 21 settembre. l'adenovirus umano e quindi il Una misura decisa dal governo loro sistema immunitario è in africano per impedire il contagrado di neutralizzarlo». Il vac- gio e per consentire ai sanitari cino dovrebbe proteggere da di identificare ed isolare nuovi due diversi ceppi dell'Ebola, sia casi. «È necessario un approclo Zaire che il Sudan. cio aggressivo una volta per tutMigliorano ma restano gravi le te - spiega il consigliere presicondizioni di Rick Sacra, il me- denziale della task force andico americano che si è infetta- ti-Ebola in Sierra Leone to in Liberia ed è tornato a casa Ibrahirn Ben Kargbo - per far rila scorsa settimana. «E' molto spettare la quarantena saranno malato e molto debole - raccon- reclutate 21.000 persone». E già ta la moglie - ma sta un po' me- è scoppiata la polemica: l'obbliglio da quando è tornato negli go di residenza rischia di solleStati Uniti. E' anche riuscito a vare questioni relative ai diritti mangiare un po' di brodo di pol- umani, oltre ad innescare manilo». Quella di Sacra sembra una festazioni violente. situazione più allarmante riCarla Massi spetto a quella dei due missionaVie) RIPRODUZIONE RISERVATA ri statunitensi che si sono ammalati ma sono usciti dall'infezione. Il medico non riceverà il siero sperimentale ZMapp perché le _-SSUNO scorte sono esaurite e, con ogni probabilità, verrà messa a punASA to una strategia terapeutica a aIUNI base del sangue di persone che sono guarite. Vere trasfusioni con anticorpi del virus. L'OrgaUcran.,-inillii fuori—,l, nizzazione mondiale della sani2ombmd u n1 n, ,,W ,,, ,, I tà ha dato il via libera a questo trattamento. L'urgenza è stata giustificata dall'aumento continuo dei casi: secondo l'ultimo bollettino ha superato quota Pagina 18 PERSAPERNE DI PIÙ www.oculistiaimo.it www.repubblica.it [ii vista perduta dei ragazzi italiani "Troppi pc e tablet raddoppiati i miopi" Non vedere più in là del proprio naso è la spiacevole sensazione provata da sempre più giovani italiani. Sono raddoppiatii miopi rispetto a 40 anni fa: erano il 13 per cento, oggi sono il 25 per cento della popolazione, pari a 15 milioni di persone. Lo stesso succede in Europa: se un tempo ne soffriva un cittadino su cinque, oggi la patisce oltre uno su tre. Ma per avere un'idea dell'esplosione del difetto nel mondo tocca andare oltreoceano, negli Stati Uniti, dove tra i primi anni Settantaeiprimidel Duemila chi non mette a fuoco il paesaggio o ilvolto degli amici per strada è aumentato del 66 per cento (dal 25 al 41 per cento della popolazione), oppure spingersi fino al- Chi ha bisogno di occhiali passato dal 13 al 25% in 40 anni. "Colpa della vita al chiuso" Se si interviene in tempo specie nei bimbi, le soluzioni sono molte di più del passato 3. Sanità nazionale l'estremo oriente. In alcune regioni della Cina, dove è fortissima la componente genetica, la miopia riguarda quasi nove persone su dieci contro le sei di un secolo fa. Da noi invece la colpa dell'aumento è in parte imputabile allo stile di vita "artificiale". Che si svolge sempre più al chiuso e quindi meno alla luce naturale: secondo gli studi i bambini che trascorrono il tempo libero all'aperto sono meno propensi alla miopia rispetto a quelli che giocano tra quattro pareti. Ma a fare la loro parte ci sono anche il maggior numero di ore passate sui libri, l'esposizione alla luce blu emessa da tablet e smartphone e il cattivo uso, cioè troppo prolungato, che i giovani fanno di tv e computer. «La miopia è un difetto di refrazione che impedisce di vedere distintamente gli oggetti lontani senza l'uso di lenti - spiegano Giovanni Milano e Paolo Emilio Bianchi, rispettivamente docente e direttore della clinica oculistica dell'Università di Pavia, che stanno lavorando a un saggio sull'argomento - si manifesta nell'infanzia e aumenta nel periodo della crescita. La sua comparsa è legata ai fattori genetici ma sono molto importanti pure quelli ambientali: la visione da vicino e la lettura, l'urbanizzazione, il poco tempo all'esono correlati al netto insterno cremento degli anni recenti». In media, quando il disturbo è fieve, un giovane perde neanche due diottrie (il 66 per cento soffre di un difetto minore, mentre al 95 per cento dei miopi mancano fino a sei diottrie) ma la patologia può aggravarsi fino ai 25 anni e poi ridursi in età avanzata. «Oggi abbiamo un forte aumento nei giovani della miopia adattiva, cioè quella legar a a abitudini scorrette, ma anche molte soluzioni in più rispetto al passato» sottolinea Barbara Venturi della giunta esecutiva di Federottica. «E fondamentale proteggere gli occhi dai raggi ultravioletti e dalla luce blu degli apparecchi elettronici che possono creare danni al cristallino e alla retina. Acquistare gli occhiali da sole in negozi di ottica e non sulle bancarelle perché i filtri colorati che si trovano in giro sono più pericolosi della mancanza di protezione e poi, per chi lavora al computer o usa molto tablet e smartphone, esistono lenti trasparenti che schermano le radiazioni nocive». Oltre alle lenti correttive un'altra tecnica per prevenire o limitare l'evoluzione della miopia è la rieducazione visiva. «Vedo bambini da trent'anni e negli ultimi quindici ho assistito auno stravolgimento nel loro comportamento oculare, a causa dell'u- so massiccio di videogames e tablet», spiega Cristina Zandonella, psicologa esperta di percezione visiva autrice di un metodo basato su una serie di semplici esercizi. «L'exoforia, cioè l'eccesso di divergenza degli assi oculari, fino a quindici anni fa era molto rara nei bambini: oggi invece gli occhi che tendono a scappare in fuori sono frequentissimi, dovuti alla visione prolungatadischermiluminosi,e se nonvengono corretti portano alla miopia. Ma una diagnosi precoce può prevenirli». 0 RIPRODUZIONE RISERVATA Pagina 19 "Giochi all'aperto e meno videogame Così nei piccoli si fa prevenzione" ROMA, «Le cattive abitudini di vita peggiorano la nostra vista. Come abbiamo imparato che prima di esporre la pelle al sole èmeglio proteggerla con le creme o che una alimentazione equilibrata migliora la salute, così dovremmo prenderci cura degli occhi e stare attenti al modo in cui li usiamo. Con i controlli periodici e vigilando sul comportamento dei bambini». Matteo Piovella è presidente della Società Oftalmologica italiana, associazione nata nel 1869 che oggi raggruppa settemila oculisti. Quanto uno stile di vita sbagliato ha influenzato l'aumento della miopia? «Sappiamo dagli studi che il maggior tempo trascorso al chiuso invece che all'aria aperta, le ore trascorse sui libri o a legge- re e l'uso massiccio di computer, tablet e smartphone, per i più piccoli soprattutto videogames, hanno giocato la loro parte. Ma quanto i dispositivi elettronici abbiano determinato la diffusione del difetto non è esattamente misurabile: la comunità scientifica ne sta dibattendo». Quali sono le precauzioni da ado ttare per i b amb ini? «Un po' quelle che un (esempio rappresentativo di urta societàmultietnica) +00///11111 , 2040 5-17 anni tempo si raccomandavano per la tv: non attaccare gli occhi allo schermo, nontrascorrerci ore davanti, ma fare una pausa ogni 40-50 minuti. Preferire, quando possibile, i giochi al parco. Il rimedio migliore è quello che suggerisce il buon senso: evitare gli eccessi». 60-80 IL !Gr 3milioni gli astigmatici - gii ipermetropi Come accorgersi del difetto? «Si manifesta in piccole do si e poi nell'età evolutiva peggiora fino a stabilizzarsi verso i 2 5 anni. Un mal di testa frequente o la visione faticosa della lavagna a scuola o delle immagini di un film al cinema sono in genere i primi sintomi». C RIPRODUZIONE RISERVATA He Media Lieve .............................. ha una miopia minore di 2 diottrie ha una miopia minore di 6 i rr iopi in Italia 5% ha una miopia superiore alle 6 L'uso di computer, smartphone, tablet e televisione è miope in Europa i miopi in alcune zone della Cina i miopi negli Stati Uniti (13% negli anni'70) (1 su 5 negli anni'70) (60% un secolo fa) (25% negli anni'70) 3. Sanità nazionale Fattori ambientali tra cui: della popolazione FONTI : Società aftalmologica italiana , Federottica, American Academy of Ophthalmology Fattori genetici e ereditari La maggiore durata e diffusione della scolarizzazione II maggiore tempo trascorso in spazi chiusi Il maggiore tempo dedicato allo studio e alla lettura Pagina 20 LO STUDIO SU DONNE MALATE DOPO LA MENOPAUSA INCUBO TUMORE ASSOLTO IL REGGISENO IL REGGISENO è assolto: indossarlo non aumenta il rischio di ammalarsi di tumore al seno nelle donne dopo la menopausa. A dirlo è una ricerca che smentisce le tesi del volume "Dressed to Kill" di Sidney Ross Singer e Sona Grismaijer. Lo studio è stato pubblicato su Cancer Epidemiology, Biomarkers& Prevention. L'indagine che ha preso in esame più di mille donne con due diversi tipi di lesione tumorale, non rivelando alcun rapporto tra il reggiseno e la patologia. 3. Sanità nazionale Pagina 21 P V DOLC ATT SA ON PRIMA DELLA GRAVIDANZA Con un semplice esame del sangue si anticipano i pericoli. Vaccini sì, ma al momento giusto FEDERICO MERETA QUALCHE mal di gola, il classico colpo di tosse, una linea di febbre non debbono destare soverchie preoccupazioni durante la gravidanza. Ma questo non significa che virus, batteri e microorganismi siano tutti uguali per la mamma e il futuro bebé. Al contrario, alcune infezioni possono avere ripercussioni sullo sviluppo del feto e addirittura causare malformazioni. Pur ricordando che non sempre l'infezione materna passa la placenta e quindi arriva al bimbo, è quindi importante tenere presente i principali pericoli infettivi che possono manifestarsi nella "dolce attesa" e prendere le necessaire contomisure, quando ovviamente è possibile. «Le tre patologie che più preoccupano sono la rosolia, la toxoplasmosi e l'infezione da citomegalovirus - spiega Paolo Scollo, Presidente della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia. Proprio per questo, prima di iniziare una gravidanza, si consiglia sempre di fare uno screening, ovvero la ricerca di anticorpi contro queste malattie». Per chi pianifica l'arrivo del bebé, quindi, l'importante è capire se le infezioni sono già avvenute o se la donna è ancora esposta al rischio. In questo senso l'epoca dell'avvenuto contatto con gli invisibili nemici si può stimare attraverso un semplice esame del sangue che misura gli anticorpi materni e arriva a datare anche l'epoca dell'infezione: questi anticorpi si chiamano immunoglobuline. In particolare si effettua un dosaggio delle Immunoglobuline G (IgG) e delle IgM. Le IgG indicano che il contatto con virus o altri organismi è avvenuto tempo prima, mentre le IgM aumentano subito dopo un evento infettivo, e quindi indicano un contatto recente. In questo modo si può avere una data 3. Sanità nazionale abbastanza precisa dell'evento infettivo: se sono presenti IgM in quantità elevata infatti si può pensare ad un'infezione molto recente e quindi appare più elevato il rischio di malformazioni o di aborto, specie nel primo trimestre di gravidanza. «Se la madre non è stata immunizzata nei confronti di queste infezioni, per fortuna, possiamo mettere in atto diverse misure in grado di annullare o almeno limitare i rischi - precisa Scollo. La prima e più significativa è la vaccinazione per la rosolia. Nel caso non siano presenti anticorpi che testimoniano l'avvenuta infezione o una precedente vaccinazione, alla donna viene consigliato il vaccino e poi un periodo di due-tre mesi di trattamento anticoncezionale». Il motivo di questa copertura è presto spiegato: il vaccino contiene virus vivo attenuato, pertanto è bene evitare una gravidanza nel periodo immediatamente successivo allavaccinazione. Ilvirus della rosolia può infatti provocare, quando contratto nel primo trimestre, aborti o malformazioni multiple e "passa" al feto in circa l'80 per cento dei casi. Nel secondo e terzo trimestre cala invece di molto la probabilità di trasmissione al feto e i problemi sono soprattutto legati a ritardi di crescita e ritardi mentali. Se per la rosolia la contromisura "pre-gravidanza" esiste ed è effica- ce, per la toxoplasmosi e l'infezione da citomegalovirus non ci sono invece vaccini protettivi. Questo non significa però che la donna è completamente "sguarnita". «Per ridurre i rischi di toxoplasmosi occorre innanzitutto prestare attenzione all'alimentazione - precisa Scollo. Ad esempio è fondamentale lavare con cura frutta e verdura, a mantenere almeno mezz'ora in una soluzione di acqua e bicarbonato a meno che non si possa togliere la buccia ed è importante evitare gli insaccati. Occhio poi agli animali domestici come i gatti e in particolare alla loro saliva: ilvirus si trasmette attraverso le feci e quindi, visto che questi animali si "leccano" la saliva può trasmettere l'infezione. In ogni caso, ogni duetre mesi occorre ripetere il toxo-test per vedere se si è sviluppata l'infezione e in caso questa sia confermata, si può ricorrere ad una particolare terapia antibiotica pur non trat- CONTROMISU Bl i, 77, rus, non Pagina 22 tandosi di un batterio . Lo stesso atteggiamento prudenziale in termini di controlli va tenuto anche perriconoscere per tempo un'eventuale infezione da citomegalovirus». Va detto comunque che, in caso di positività comparsa in gravidanza per quest'ultima infezione, si può effettuare un'amniocentesi che permette divalutare con altissima probabilità (pur se non con assoluta certezza) la presenza delle particelle virali nel liquido amniotico entro cui "naviga" il feto. In ogni caso infatti occorre puntare su uno stretto monitoraggio della gestante, con particolare attenzione ad eventuali alterazioni di una particolare ecografia che studia con attenzione l'anatomia fetale, esame da ripetere più volte. Senza dimenticare che il toxoplasma può "ingannare" e magari provocare infezioni della retina del tutto invisibili all'acografia. @ RIPRODUZIONE RISERVATA tre nemici E' un parassita che può provocare un'infezione cl e passe osserv ta ella n1a q r mza de• Casl. Si scopre con il toxotest. i contagio a'r 'ìene attraverso carni infette che non prevedano cottura i I contatto coni gatti o con frutta e verdura non lavate o sbucciate In media circa otto persone su dieci hanno avuto contatto con questo virus. Più o meno 1 3% delle donne in gravidanza può contrarre l"infezione o avere ma rlattìFazlone del virus qiC presente. SOIk raramente , n Caso d; p r ima ,(1teLiOI1e, il virus provoca danni al feto. L'amniocentesi , da. eseçjuìre dopo la 21 settiïnana, permette di identificare la presenza dell"infezione nel feto Lnfezione è ormai molto rara in gravidanza. Fondamentale è lo screening preconcezionale, per vaccinare le donne non immuni. I rischi per ii telo sono maggiori se l'infezione viene contratta r'(1 im0 trimestïí, di gra'•Acialnza 3. Sanità nazionale Pagina 23 Faccino, una speranza dall' Italia "Così possiamo battere il morbo Oggi l'Irbin di Pomezia presenta una cu ra su "Nature Medicine" Retroscena PAOLO RUSSO ROMA U n'idea tutta made in Italy, che diventa realtà con capitale di rischio straniero, consentendo in solo cinque anni di ottenere ricavi almeno dieci volte tanto l'investimento iniziale. Il tutto salvando e promettendo di implementare posti di lavoro altamente qualificati. È il «miracolo italiano» del vaccino anti-Ebola, che oggi verrà spiegato nei dettagli alla comunità scientifica internazionale dall'edizione ori Une di «Nature Medicine». La scoperta che promette di fermare l'epidemia che in Africa è costata già 2100 vite nasce a 25 chilometri da Roma, nella cittadella scientifica che è la Irbm Science Park di Pomezia. Un po' di verde, pannelli solari che ne garantiscono l'autonomia energetica, un inceneritore per smaltire i rifiuti e tanti laboratori super attrezzati, dove lavorano una cinquantina di persone, in larga parte ricercatori under 40. Una bella realtà, che non ne cancella però un'altra, quella delle tante aziende che hanno sbaraccato o ridotto drasticamente gli organici in quello che era considerato fino a due anni fa uno dei più grandi poli farmaceutici italiani. L'Irbm l'aveva messa su proprio quel professor Riccardo Cortese, alla guida del team italo-svizzero che promette di dare scacco non solo a Ebola ma anche ad Hiv, epatite C e malaria, «perché il meccanismo con il quale agisce il vaccino è praticamente lo stesso, bastano piccole modifiche e può funzionare anche contro altri virus», assicura il professore. Lui l'Irbm l'ha diretta per 15 anni, prima di togliere il disturbo dopo l'acquisto da parte del colosso farmaceutico americano Merk, la quale a sua volta l'ha ceduta a un lungimirante imprenditore italiano, Piero Di Lorenzo. Ma all'inizio con gli americani non c'è intesa. Da qui l'idea di creare Okairos, società biotech specializzata in vaccini ancora tutti da scoprire. «L'idea del vaccino contro Ebola e altri virus micidiali l'avevamo già in mente, ma nessuna delle tante porte alla quali ho bussato si è aperta», racconta Cortese. Tutto il contrario di quel che avviene quando il professore si trasferisce a Basilea, «perché se da noi ne trovi due disposti a investire capitale di rischio qui sono almeno mille». E i soldi arrivano, inizialmente 20 milioni, ai quali poi si aggiungeranno le risorse messe sul piatto dalla Regione Lazio, dal Cnr e dall'Istituto Superiore di Sanità. Quando le professionalità ci sono però il rischio viene ripagato. La piccola Okairos si rilancia a testa bassa nella ricerca del vaccino anti-Ebola, lavorando a stretto contatto anche con i National Institutes of Healt americani. I risultati arrivano, «con mio stupore i test sulle scimmie danno risultati eccezionali e arriva l'ok dellAifa e della Food & Drug Administration americana alla spe- rimentazione sull'uomo», ricorda il professore. Che poi spiega in parole semplici come funziona il vaccino, anticipando i risultati pubblicati oggi. «Siamo partiti da un banale adenovirus (quello del raffreddore, ndr). Con delle modificazioni genetiche siamo riusciti a trasformarlo in un killer capace di agire contro gli agenti patogeni». Ebola, ma anche Hiv e altri virus. «Le cellule modificate - prosegue non si limitano a creare anticorpi come i tradizionali vaccini preventivi, ma riescono a individuare il virus proprio quando questo si introduce nell'organismo, bloc- milioni cando l'infezione sul nascere». Una scoperta che potrebbe salvare milioni di vite umane se supererà l'esame dei test sull'uomo, che partiranno su 10 mila portatori di Ebola ma che potrebbero presto essere estesi ad altre malattie mortali. Ma per passare dall'invenzione alla produzione servono stabilimenti attrezzati e specializzati. Servono insomma capitali che solo le multinazionali possono mettere in campo. E infatti la bella favola italiana finisce qui, per virare verso un finale già noto a molte imprese nostrane. Non certo solo del farmaceutico. Cortese infatti vende la sua Okairos alla multinazionale della pillola Glaxo Smith Kline, che preparerà sempre a Pomezia, i primi lotti di vaccino. «Siamo partiti da 20 milioni di venture capital e abbiamo venduto nel 2013 dopo solo 5 anni per 260 milioni», dichiara con orgoglio l'inventore del vaccino. Che però ci tiene a ricordare che il capitale umano resta made in Italy. In Usa quando parlano di innovazione usano dire «we need a new game», abbiamo bisogno di un nuovo gioco. Chissà che il vaccino anti-Ebola non ci insegni come essere anche noi della partita. II capitale iniziale che ha permesso la ricerca che ha portato al vaccino La squadra II professor Riccardo Cortese guida il team italo-svizzero che promette di dare scacco a Ebola i dai laboratori di Pomezia 3. Sanità nazionale Pagina 24 . _ Parla il presidente nazionale dell'Aifi Antonio Bortone «Difendere i fisioterapisti significa tutelare il paziente» Urgenze: formazi one adeguata all'Ue e Alb o professional e Raffaella Fonda Anche qu est' anno si cele bra in tutto il mondo, iella giornata di oggi 8 settembre, il ruolo del Fisioterapista nella società. Un appuntamento che ha l'obiettivo di richiamare l'attenzione al contributo di questa professione nella promozione della salute globale. E, in Italia, in prima linea c'è l_AIFI (Associazione Italiana Fisioterapisti) che, come spiega il Presidente Nazionale Antonio Bortone, «ha l'obiettivo di tutelare, da una parte il cittadino, e dall' altra la professione delfisioterapista, attraverso il riconoscimento giuridico-legale della suafigura, diventandone il garante in ambito istituzionale». Da anni rivendicate il diritto dei Fisioterapisti ad avere un proprio Ordine ed un proprio Albo professionale come avviene in tutti i paesi europei. Il DDL 1324 contiene la riforma degli ordini delle pro fessioni sanitarie. Quali i vostri timori? 3. Sanità nazionale «Questo è un disegno di legge che dovrebbe contemplare solo il completamento dell'inquadramento giuridico delle professioni già regolamentate, e invece, introduce altre figure nel perimetro protetto delle professioni sanitarie, la cui formazione non è universitaria ma di enti privati e non è omogenea sul territorio. Equesto va a discapito, prima di tutto, del cittadino». Quali sono i problemi che riscontrate riguardo il percorso formativo? «Il nostro Paese, in confronto alla maggior parte della Comunità Europea, dove la formazione del fisioterapista è a ciclo unico e almeno quadriennale, prevede una formazione triennale. In questo senso l'Italia è davvero penalizzata, perché il tempo a disposizione è troppo poco per assicurare la qualità del percorso formativo». Quali le vostre proposteper arginare il problema? «Il 3 settembre abbiamo scritto formalmente al Mini- stro Giannini portando alla sua attenzione questa difficoltà e proponendo un DDL per lalaureamagistrale a ciclo unico quinquennale secondo i parametri della Comunità Europea. Vede, oggi le università fanno delle vere e proprie acrobazie per garantire tutti i contenuti previsti nel percorso di base. Il ventaglio delle comp etenze è talmente vasto, da quello ortopedico a quello neurologico dell'età adulta e infantile, fino a quello respiratorio, da richiedere una formazione adeguata». Come fa un cittadino ariconoscere un professionista vero? «Purtroppo, questo è il punto dolente del nostro sistema. Sono anni che peroriamo la richiesta dell'istituzione dell'ordine professionale, un albo che garantirebbe al cittadino di verificare, anche attraverso la consultazione del curriculum, chi si trova di fronte. L dal 1999 che l'ordine è giuridicamente atteso e che attendiamo che si completi l'iter giuri- dico. Nel2006le professioni sanitarie sono state riconosciute come regolamentate e certificate e, ad oggi, non c'è ancora un albo. Tutto ciò è scandaloso». L'8 settembre è la giornata mondiale della fisioterapia. Quali sono gli obiettivi in questo momento? «Lo slogan di quest'anno è "Adattare per partecipare". L'obiettivo e quello di puntare sull'empowerment dell'individuo, in modo tale che il paziente conquisti quell'indipendenza necessaria alla vita comune. Inoltre, puntiamo molto sul "FisioDay", previsto sabato 13 settembre, una giornata di apertura straordinaria degli studi fisioterapici dove sara possibile recarsi per un consulto gratuito». Pagina 25 Evento Partecipano alla Giornata Mondiale gli studi professionali di molte città italiane proprio per sensibilizzare i cittadini alla diffusione dell'abusivismo di una professione delicata perla salute del paziente Antonio Bortone È il presidente Nazionale dell'Associazione Italiana Fisioterapisti, da sempre in prima linea perla difesa della categoria A 3. Sanità nazionale Pagina 26 Stasera ultimo appuntamento della Celebrity Fight Night in Toscana E il giorno di George Clooney Al gala con Boceffi e Mehta L'allore stasera al concerto del tenore e del Maggio Si farà attendere fino all'ultimo ma ci sarà. George Clooney parteciperà questa sera al Gala in Palazzo Vecchio della Celebrity Fight Nigth. quando Andrea Bocelli canterà (ore 18) con l'Orchestra del Maggio diretta da Zubin Mehta. L'attore e regista hollywoodiano sfilerà sul red carpet, accanto alla futura sposa Amal Alamuddin, insieme ai cento «paperoni» americani che partecipano al viaggio della solidarietà da 5omila dollari in Toscana e ad altre stelle dello spettacolo, della musica e della moda, ospiti dell'evento benefico in favore della Andrea Bocelli Foundation e del Muhammad Ali Parkinson Centre: Andrea Bocelli, il tenore toscano che ha portato per la prima volta in Italia la Celebrity Fight Nigth, il maestro Zubin Metha, i cantanti John Legend, Lionel Richie (già da alcuni giorni in città), Laura Pausini, Reba McEntire, Ronnie Dunn, Romeo Miller, il 17 volte «Grammy Awards» David Foster, l'ex Charlie's Angels Cheryl Ladd, il patron del marchio Diesel Renzo Rosso, il presidente della Cfn Jimmy Walker, lo stilista Stefano Ricci (che ha offerto la serata di inaugurazione, in stile rinascimentale, di gio- vedì scorso al Teatro della Pergola), Belen Rodriguez e Michelle Hunziker, che condurrà la serata. Hanno invece dato forfait altre due star americane molto attese: Sharon Stone e Jennifer Lopez. Luci e colori del Gala sono firmati dalla maison Ermanno Scervino. Alla cena (in «stile elegante ma sobrio» spiega Guido Guidi, che ne cura menù e allestimento) nel Salone de' Cinquecento, seguirà l'asta di beneficenza per la Fondazione Andrea Bocelli e al Muhammad Ali Parkinson Centre, con il più celebre battitore oggi in attività, Simon de Pury. Per la raccolta fondi saranno messi all'asta il restauro di un monumento, una scultura di Mimmo Paladino, un soggiorno esclusivo nell'isola de Li Galli, un gioiello creato da Fawaz Gruosi, e alcuni momenti con le celebrity come una cena con i dividi Hollywood Robert De Niro e una con Billy Crystal. Bocelli, che venerdì sera ha accolto vip e donatori nella sua villa di Forte dei Marmi per festeggiare Sophia Loren, canterà per gli oltre 30o invitati. Ieri i cento filantropi e alcuni vip, hanno continuato il loro tour benefico di 5 giorni in Toscana, sulle colline intorno a Firenze, ospiti, con Zubin Mehta e Veronica Bocelli, dei marchesi Frescobaldi al Castello di Nipozzano. Accolti dai padroni di casa Lamberto ed Eleonora, hanno assistito a uno spettacolo degli sbandieratori di Volterra, tra applausi e selfie, incantati anche dal paesaggio di olivi e vigneti, hanno visitato le cantine dell'azienda e pranzato nel giardino della villa, assaggiando piatti della cucina toscana (crostini, fritto misto, tortelli, arista al forno, fagioli all'uccelletto e tiramisù al vinsanto) e i vini della storica tenuta. La sera, per il cocktail a Palazzo Pucci, residenza storica della famiglia Pucci e sede centrale del marchio di moda fiorentino, i super ricchi hanno potuto visitare l'archivio della maison e vedere come nasce un foulard Pucci: un'artigiana ha mostrato alla moglie del maestro Mehta, Nancy, e a Veronica Bocelli, le fasi della realizzazione del tessuto (con la stampa di quello che ha «vestito» il Battistero per l'ultima edizione di Pitti), dall'ispirazione agli schizzi a mano alle tecniche di produzione. Poi la parata di stelle e di miliardari si è spostata per la cena alla residenza Cavalli Estate di Roberto ed Eva Cavalli dove sono arrivati anche Bocelli e Zubin Mehta con le rispettive mogli. Ivana Zuliani C, RIPRODUZIONE RISERVATA 7. Volontariato Pagina 27 1"9/i. ' //, Al centro Bocelli con la moglie Veronica e Zubin Mehta. Sopra «l'angelo» Cheryl Ladd e Lionel Richie con Eva Cavalli ir ys tr < 7. Volontariato Pagina 28 di Carlo Di Foggia Un 7` - continuo iardinieri pagati con i soldi della ricerca. Roma, agosto inoltrato, il malumore è palpabile all'Istituto dei sistemi complessi: "Ci hanno tolto 20mila euro per pagare la manutenzione dei giardini della sede distaccata del Cnr a Monte Libretti", spiegano nei corridoi semi-deserti. Benvenuti nell'anno anno zero della ricerca. Via i cervelli, via i fondi e il potenziale. L'Italia e il sud Europa sono contribuenti netti di scienza: danno più di quanto ricevono. La via del salasso porta a Nord, verso i Paesi "virtuosi". Smettere di tagliare sarebbe il primo passo. In cinque anni, la riduzione di fondi, assegni di ricerca e programmi di reclutamento oscilla dal 41 per cento della Spagna al 50 per cento della Grecia, mentre una brutale revisione dei criteri di valutazione (appaltata ad istituzioni europee) rischia di tagliare fuori dal finanziamento pubblico metà delle unità di ricerca portoghesi. Allargando lo sguardo non va meglio. In Francia nel 2014 poco meno di un decimo dei progetti presentati all'Agenzia nazionale della ricerca verrà finanziato. Eppure si tratta della principale forma di sovvenzione dei laboratori, visto che l'80 per cento del finanziamento statale è servito a pagare i salari dei ricercatori (pari a 2 miliardi di euro). "Per triplicare i fondi per la ricerca basterebbe trovare 600 milioni, il bilancio annuale della squadra di calcio del Paris Saint-Germain", hanno attaccato i ricercatori in una lettera al quotidiano Liberation. Dal 2008 le università e i laboratori italiani hanno perso il 18,7 per cento dei finanziamenti statali, il 100 per cento dei fondi per la ricerca di base e il 90 per cento dei reclutamenti (meno 10 mila ricercatori). Altrove non è andata meglio: Spagna, Portogallo, Grecia e Francia affrontano tagli spaventosi (ne trovate una sintesi a pagina 6). Al contrario, Paesi come Germania, Olanda e Inghilterra hanno retto l'urto della crisi, e non sempre per meriti propri, anzi, ai cervelli migranti si sono affiancati i fondi europei vinti dai ricercatori in rotta verso il Nord. Il drenaggio è nei numeri, lento, inesorabile e in atto da almeno una decade. A parte gli scienziati, nessuno sembra accorgersene, e il motivo è semplice: tutto è in uno stato di coma vigile, le risorse che ci sono bastano solo a mantenere in piedi la struttura, e nulla più, mentre pezzo dopo pezzo il crollo della spesa e la fuga di ricercatori, dottorandi e post-doc ne mina le fondamenta, compromettendone il futuro. In Italia, secondo l'Associazione dei dottori di ricerca, dei 15.300 assegnisti attivi nel 2013, il 96,6 per cento non continuerà a fare ricerca. 1119 ottobre, migliaia di ricercatori lanceranno l'ultimo mayday della scienza. A Parigi arriveranno in bicicletta da tutto il Paese (Sciences en marche), in Italia mostreranno in aula all'inizio di ogni lezione i dati catastrofici sullo stato di salute della ricerca raccolti dalla rivista Roars. Altrove le forme si stanno studiando, ma si annunciano proteste clamorose e l'obiettivo è lo stesso per tutti: "O si inverte la rotta, o si muore". 8. La Ricerca Secondo l'Ocse, nel 2012, fatta eccezione per Germania, Svezia, Danimarca e Finlandia, l'Europa ha fatto registrare una spesa per ricerca e sviluppo inferiore a13 per cento del Pil fissato come obiettivo dal Trattato di Lisbona (2007). L'Italia ha destinato solo l' 1,3 per cento della ricchezza nazionale ed è 32esima (su 37) nella classifica Ocse nella spesa per università. I tagli imposti dall'austerità fiscale non impattano sulla bravura degli scienziati, semplicemente li costringono a emigrare. A differenza di cinquant'anni fa, però, non portano con sé va- Pagina 29 ligie di cartone, ma fondi europei per milioni di euro. Per dare l'Idea, a gennaio sorso l'European research council (Erc) ha assegnato 312 Consolidator Grants, fondi di ricerca attribuiti a scienziati con una discreta esperienza accademica e dagli importi molto alti: si arriva fino a 2,75 milioni di euro (per un totale di 575 milioni). Gli italiani ne hanno vinti 46, due in meno della Germania primatista (Francia e Inghilterra sono molto indietro). Un risultato straordinario che testimonia l'enorme potenziale della ricerca italiana. Peccato però che solo 20 arriveranno nel nostro Paese, gli altri voleranno via: 50 milioni (più i circa 500.000 euro a testa che è costata la loro formazione) che regaleremo alle università che hanno accolto i ricercatori italiani a braccia aperte. Succede così che l'Inghilterra, che ne ha vinti molti meno di noi, grazie all'esodo dalbasso realizza il punteggio migliore (62), la Germania tiene botta e la Svizzera raddoppia. L'Italia? Solo uno dei premi è stato vinto da un ricercatore di stanza all'estero, che (presumibilmente) rientrerà in patria. La fuga accomuna tutti i Paesi del sud dell'Europa, e si ripete, anche se con minor intensità, nelle altre due categorie di fondi Erc: gli advanced e gli starting. in città "Eppure questi sono gli unici fondi con cui si fa ricerca in Italia - spiega Mauro Nisòli, docente del dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano - se non ne avessimo vinti tre negli ultimi anni saremmo rimasti fermi. Così si vive alla giornata: non è possibile fare progetti a lungo raggio, chiamare qualcuno dall'estero o stabilizzare un ricercatore, perché non c'è alcuna garanzia che ne vincerai altri in futuro". Il sistema funziona così: fatti cento i fondi per università e ricerca, 90 arrivano dallo Stato e dieci dall'Europa. I primi coprono la gestione ordinaria, i secondi la ricerca avanzata. Sulla carta ci sarebbero anche i fondi per la ricerca di base. Che fine hanno fatto? Spariti nel nulla. Dal 20009 al 2012 la prima sforbiciata (70 per cento) poi il taglio netto. Non che prima si navigasse nell'oro: due anni fa tra Firb (ricerca di IN TUTTA EUROPA I FONDI VENGONO FALCIDIATI. I GIOVANI SONO COSTRETTI A EMIGRARE PORTANDOSI DIETRO I CONTRIBUTI EUROPEI LORO ASSEGNATI. IL 19 OTTOBRE LA PROTESTA IN FRANCIA 8. La Ricerca base) e Prin (Progetti di interesse nazionale) si è arrivati a 69 milioni di euro (erano 196 nel 2009). Dovevano essere sostituiti dai Sir (Scientific indipendence o f young researchers): nuovi fondi e una dotazione di 47 milioni di euro. L'acronimo è cambiato ma i soldi non sono mai arrivati. Perché? Il bando pubblicato a gennaio scorso dal Miur prevedeva una commissione con due membri scelti da una rosa di nomi fornita dal Consiglio europeo per la ricerca (Erc), che però non è mai arrivata. Davanti ai ricercatori inferociti il ministero ha provato a dare la colpa all'ente europeo ma quest'ultimo ha fatto presente alle autorità italiane che non era possibile fornire la rosa di nominativi e diffondere le informazioni dei propri commissari per motivi di privacy. In pratica, il più importante (e unico) bando per fare ricerca in Italia è stato redatto senza verificare prima la disponibilità dei giurati. Risultato? _ di Cupertino "A tutt'oggi - spiega Luisa Maria Paternicò, ricercatrice all'Università degli Studi internazionali - è tutto fermo, e probabilmente si slitterà di un anno. Spero non fosse questo l'intento perché altrimenti ci sarebbe da emigrare all'istante. Oltretutto, a differenza di quelli europei, questi bandi hanno un limite anagrafico, non accademico: a 40 anni e un giorno sei fuori da tutti i giochi". All'indomani del primo bando, l'allora ministro Maria Chiara Carrozza ne promise un altro per gli over 40, poi naufragato per la caduta del governo Letta. Ma il vuoto non è stato riempito. Il nuovo ministro Stefania Giannini si è limitata a promettere l'assunzione di "seimila ricercatori l'anno per almeno quattro anni". Costo? 864 milioni di euro, che il governo non ha. E se gli uffici di viale Trastevere non si inventano qualcosa, dal 2015 scatterà un ulteriore limatura di 170 milioni del disastroso piano di tagli lineari varato a suo tempo da Giulio Tremonti. Come ha fatto notare l'economista Mariana Mazzucato, senza gli investimenti pubblici in ricerca non avremmo avuto prodotti come l'Iphone e aziende coma la Apple. Dallo schermo Lcd al multi touch, dal micro disco rigido al programma di assistenza vocale Sirio, il colosso di Cupertino non ha speso un dollaro: ha semplicemente implementato il frutto di progetti di ricerca finanziati con miliardi di dollari dallo Stato americano. Per questo, nonostante la più bassa percentuale di spesa per ricerca e sviluppo tra i colossi della tecnologia, Apple è diventata un'azienda che oggi fattura 170 miliardi di dollari l'anno. IN CEI 1 La triste fatica dei ricercatori europei a caccia di risorse. Ora qualcosa si muove su scala europea e anche i ricercatori italiani sono coinvolti nella protesta. Pagina 30 Una disciplina che all'estero è «normata» da tempo e con precisione n oltre trent 'anni, ne ha fatta di strada l'osteopatia italiana. Da iniziativa personale di pochi pionieri, entusiasti degli studi seguiti in Inghilterra o in Francia soprattutto, la disciplina manuale nata negli Stati Uniti a fine Ottocento si è organizzata in scuole e associazioni di categoria e ha conquistato sempre maggiori spazi e considerazione tra il pubblico : dati Istat ed Eurispes dicono che circa il 7-8% della popolazione si rivolge agli osteopati, con un grado di soddisfazione del 78%. Adesso l ' osteopatia tenta il «grande salto» del riconoscimento come professione sanitaria. Si, perché, ancora oggi, i circa 5 mila osteopati (7 mila, secondo alcune stime) che operano nel nostro Paese non hanno un inquadramento specifico. E la strada appare ancora accidentata (vedi articoli sotto, ndr). «Questo del riconoscimento è il nodo fondamentale rispetto al quale ci stiamo muovendo spiega Paola Sciomachen, presidente del Registro degli osteopati d'Italia (ROI), il primo, nel 1989, a introdurre una serie di criteri di autoregolamentazione del settore -. A fi- J 11. Medicina alternativa ne luglio sono stati presentati tre emendamenti al Disegno di legge del ministro Lorenzin sul riordino delle professioni sanitarie, che prevedono l'inserimento dell'osteopata con un profilo professionale sanitario specifico e un percorso formativo di 5 anni paragonabile a quello di odontoiatria». Cerchiamo di capire meglio. Allo stato attuale, la professione di osteopata non è regolamentata dalla legge italiana, se non per quanto riguarda il regime fiscale, e rientra tra le professioni non riconosciute. «C'è un vuoto legislativo sottolinea Carlo Broggini, presidente dell'Associazione professionale degli osteopati (APO), una settantina di soci, nata due anni fa per coordinare gli osteopati e fissare requisiti formativi, deontologici e professionali adeguati a garantire uno standard elevato nel servizio -. Chiunque può aprire una scuola e rilasciare un diploma di osteopata con criteri che più o meno può inventarsi lui. Certo, ci sono i riferimenti agli standard europei e dell'Organizzazione mondiale della sanità, ma non sta scritto da nessuna parte che uno debba per forza osservarli. In realtà, da noi basta ottemperare alle leggi esistenti per l'apertura di uno studio professionale». In mancanza di uno status giuridico, è stato appunto il Registro in prima battuta a cercare di mettere i «paletti» e a fornire gli orientamenti per la formazione e lo svolgimento della professione. «Tutti i nostri iscritti hanno un percorso certificato, a garanzia dell'utente - specifica Paola Sciomachen -. Però l'iscrizione è facoltativa. Quindi ci sono scuole che sicuramente hanno standard formativi ottimi, ma c'è stato anche un proliferare di situazioni un po' fuori controllo». Così, accanto alle nove Scuole a tempo pieno e alle diciannove a tempo parziale riconosciute e accreditate dallo stesso ROI, ce ne sono almeno una ventina non meglio identificate. Una situazione di incertezza e di ambiguità, che forse a una parte del mondo dell'osteopatia ha anche fatto - e continua a fare - comodo. «Nell'osteopatia c'è chi agisce in modo serio e chi invece lo fa solo come business - ammette Carmine Castagna, direttore generale dell'Istituto superiore di osteopatia di Milano, la prima scuola a tempo pieno in Italia, nata nel 1993 -. Il sentore è che anche tra gli osteopati qualcuno volesse mantenere la situazione in un limbo. Chi guarda solo agli affari ha tutto l'interesse a rifiutare un profilo professionale delineato e adeguato. Questo ha creato un enorme danno di immagine a tutti nov>. dono tutte le scienze biomediche di base e poi le scienze di tipo osteopatico - racconta Marco Giardino, direttore dell'Accademia italiana di medicina osteopatica di Saronno, una delle associate all'APO -. Si tratta di circa 3.000-3.500 ore di lezioni frontali, più altre 1.200 ore di tirocinio clinico su pazienti, come è richiesto dai documenti internazionali e dagli standard europei. Il tirocinio deve essere svolto in un centro attrezzato e la pratica degli studenti deve svolgersi sotto la supervisione di personale medico e soprattutto di tutor osteopati». Il percorso a tempo parziale è invece riservato a chi ha già una laurea in campo sanitario, quantomeno triennale e prevede 1.500 ore di lezione più 1.000 ore di tirocinio clinico in sei anni. Le scuole più serie I L'obiettivo dichiarato delle associazioni che spingono per un pieno riconoscimento è dunque la trasparenza e la chiarezza. A partire dalla formazione, dove si punta a far crescere il livello di preparazione delle scuole fino a quello raggiunto dalle 4 0 5 che possono competere con le migliori in Europa. Oggi, nel nostro Paese, chi vuole diventare osteopata può seguire l'iter della laurea in campo sanitario e poi frequentare un master specifico. Oppure, se sceglie la scuola privata, ha due possibilità: il percorso a tempo pieno o quello a tempo parziale. Il primo, al quale si accede dopo la maturità, dura 5 anni. «Gli insegnamenti preve- Pagina 31 hanno poi accordi di gemellaggio con alcune scuole di formazione estere a livello universitario, principalmente in Inghilterra e in Francia, che consentono agli studenti italiani di ottenere oltre al diploma in osteopatia anche un titolo accademico (bachelor). «Dal punto di vista legale tiene a precisare Broggini - il diploma italiano è carta straccia, purtroppo». La certificazione di università o istituti esteri è un titolo accademico, «ma sotto l'aspetto dell'abilitazione professionale in Italia - dice Paola Sciomachen - non aggiunge nulla di più». Le famiglie degli studenti dei corsi a tempo pieno, dunque, oltre a un investimento consistente (dai 35 ai 4o mila curo in tutto), devono così affrontare anche le incertezze e i rischi legati alla situazione di vuoto normativo. «La speranza è che finalmente l'osteopatia venga riconosciuta - ribadisce Alfonso Mandara, presidente della Federazione sindacale italiana osteopati (FeSIOs) -. Se gli emendamenti al ddl Lorenzin dovessero finire in un nulla di fatto, allora proporremmo lo studio di una legge ad hoc per l'Osteopatia e la Chiropratica, che possa in tempi brevi normare entrambe le professioni». Unica «consolazione» è che, secondo gli addetti, nessuno resta disoccupato. «I nostri stu- denti si rendono tutti autonomi entro tre anni dal diploma e il settore offre spazi enormi» assicura Castagna. Il lavoro poi è ben retribuito: «Non abbiamo un tariffario di riferimento spiega Marco Giardino -. In media però il costo di un trattamento, dai 30 minuti a un'ora, può variare dai 40-5o euro ai 100, a seconda del professionista. Un osteopata con uno studio avviato, come minimo visita dai 4o ai 5o pazienti alla settimana». Il conto è presto fatto. 11MC:St.(1 L'origine dei nome II 'padre' dell'osteopatia è Andrew Taylor Stili, medico della Virginia (USA). Secondo Stili, molte malattie possono essere curate senza l'utilizzo di farmaci e la chiave sta nel trovare e correggere le malposizioni anatomiche che interferiscono con la circolazione sanguigna e l'attività nervosa. Stili comincia a trattare i suoi pazienti con successo utilizzando questa metodica e il 22 giugno 1874 enuncia i principi dell'osteopatia. Spiega lui stesso il perché del nome: «Le ossa sono il punto di partenza che ritengo sia la causa delle condizioni patologiche. Ho combinato ostèon (osso) con pathos (sofferenza) e ho ottenuto come risultato osteopatia». Nel 1892, Still fonda la prima scuola di osteopatia. 11. Medicina alternativa Pagina 32 Si discute dei confini fra diverse competenze . _ i -i ondo ._ mek_ _ a «linea Maginot» è la diagnosi . Amedeo Bianco, presidente della Federazione nazionale ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO) non ha dubbi: «La competenza della diagnosi è esclusivamente medica, perché i medici sono preparati a questo sulla base di una metodologia cognitiva che è diversa da quella degli osteopati e attraverso una formazione che dura dagli i i ai 12 anni». Insomma, secondo Bianco, il paziente può rivolgersi a un'osteopata solo dopo una valutazione clinica della patologia e dei sintomi da parte di un me - 11. Medicina alternativa dico. «Dobbiamo decidere chi vogliamo preparare alla diagnosi e come lo prepariamo aggiunge -. Se pensiamo che esistano 50 mila modi di fare una diagnosi, che possano essere attribuiti a figure diverse, poi prepariamoci anche a qualche brutta sorpresa». Insomma, sull ' osteopatia l'approccio dell'ente che disciplina la professione medica è di estrema cautela: «Andiamoci coi piedi di piombo, - ribadisce Bianco - non per spirito conservatore, perché ci siamo spesi molto anche per l'omeopatia, la fitoterapia e l'agopuntura, ma per un principio di garanzia del cittadino». L'invito alla cautela riguarda anche il riconoscimento dell'osteopatia come professione sanitaria. «Sono molto perplesso sull'eventualità che l'osteopata diventi una figura di primo approccio per i cittadini. Lo dico nell'interesse dei cittadini stessi» aggiunge Amedeo Bianco. Quanto al ddl Lorenzin, la posizione della Federazione sarà di cercare di migliorare la proposta degli emendamenti «in senso garantista - dice il presidente FNOMCeO -, evitando di creare situazioni che ci facciano tornare indietro nel tempo». , RIPRODUZIONE RISERVATA Pagina 33 0 La Settimana di iniziative a difesa della loro specificità . . crea _ . , . _. w -1 ssicurano che la loro non è una chiusura preconcetta, né un'opposizione dettata da interessi di bottega: «L'osteopatia è già materia di approfondimento professionale e quindi di formazione avanzata per quanto riguarda medici e fisioterapisti. Perciò ne riconosciamo il valore dal punto di vista clinico, osteggiamo invece la figura dell'osteopata, perché non è regolamentata». Così Antonio Bortone, presidente dell'Associazione italiana fisioterapisti (AIFI), precisa il senso della battaglia contro il riconoscimento dell'osteopatia come professione sanitaria. 11. Medicina alternativa «Oggi la formazione è fatta da enti privati e quindi non è certificabile - aggiunge - né accreditata sul piano istituzionale. Di fatto c'è un business di strutture private che erogano questa formazione e soprattutto ne fanno un cammino aperto a tutti, anche a studenti che hanno finito il liceo». Secondo AIFI, la via maestra della formazione deve passare dall'università. I fisioterapisti sono convinti che anche il loro percorso, tuttavia, debba essere riformato, passando dagli attuali tre anni ai quattro anni, come avviene nell'8o% dei Paesi europei. «Proprio martedì scorso - dice Bortone - abbiamo sottoposto una proposta formale al ministro dell'Istruzione Stefania Giannini e intendiamo presentare un disegno di legge». Il riconoscimento dell'osteopatia come figura professionale in ambito sanitario, a detta di AIFI, rischierebbe poi di creare doppioni e sovrapposizioni in contrasto con le leggi vigenti. <JI rischio è che il cittadino si perda in una vera e propria giungla aggiunge Bortone -. Da tempo auspichiamo invece un disegno di legge che istituisca un albo definito per tutte le professioni sanitarie, fisioterapista incluso. Speravamo che ciò avvenisse con il ddl Lorenzin. Se però que- sto dovesse contemplare storture e devianze, come la creazione di nuove professioni, preferiremmo fosse cancellato». Sulla stessa linea, anche il Sindacato italiano fisioterapisti e professioni area riabilitativa (Spif AR). Intanto, dall' 8 al 12 settembre, AIFI rilancia la campagna «Giù le mani», contro il fenomeno dell'abusivismo. I cittadini potranno ricevere informazioni chiamando il numero verde 800.03.60.77 (orario 15-17). La campagna si concluderà il 13 settembre con il "Fisio-day", con l'apertura degli studi fisioterapici per consulti gratuiti con prenotazione al numero verde. 0 RIPRODUZIONE RISERVATA Pagina 34 __l Al di là delle «evidenze» pratiche ora ci sono anche studi scientifici che ne valutano l'efficacia A beneficiarne sono soprattutto le patologie muscolo-scheletriche he cos'è l'osteopatia 1 e soprattutto a cosa serve? L'Organizzazione mondiale della sanità la definisce una «medicina manuale», ne riconosce il valore al fine del mantenimento della salute, la inserisce fra le Medicine non convenzionali e ne auspica l'integrazione nei Sistemi sanitari nazionali. Gli osteopati concordano nel definire l'osteopatia una medicina: «Perché - spiega Alfonso Mandara, fondatore e presidente dell'Icom College di Milano - come le altre discipline che usano la manipolazione dei tessuti per ripristinare la corretta funzione delle strutture, l'osteopatia pur non utilizzando farmaci e apparecchiature elettromedicali innesca processi di autoguarigione, propri dell'essere umano o animale». L'osteopatia considera l'uomo come un'unità di corpo, mente e spirito, in cui ogni singola parte interagisce con l'insieme. La connessione tra le diverse parti è assicurata dal movimento. La qualità del movimento rispecchia quindi la qualità della vita e della salute. Attraverso un'analisi della postura del corpo e la palpazione, l'osteopata valuta la presenza di disturbi, che interessano non 11. Medicina alternativa solo l'apparato neuromuscoloscheletrico, ma anche craniosacrale (legame tra il cranio, la colonna vertebrale e l'osso sacro) e viscerale (azioni sulla mobilità degli organi viscerali). Si interviene quindi su un eventuale squilibrio con manipolazioni e manovre specifiche, con l'obiettivo è di ristabilire le condizioni fisiologiche del movimento. problema, ma di accorgersene - puntualizza Carmine Castagna, direttore generale dell'Istituto superiore di osteopatia di Milano - . Poi però demanda alla figura medica competente. Possiamo prendere atto di alcune condizioni patologiche presenti, ma dobbiamo fare un' analisi della funzione, cioè di come il corpo eventualmente com- %C E'. to ét,l. itl °e Gli osteopati inoltre rivendicano alla propria disciplina l'esistenza di una «diagnosi osteopatica». Quello della diagnosi è uno dei punti più controversi della «querelle» con fisioterapisti e medici, contrari al riconoscimento dell'osteopatia come professione sanitaria. Secondo questi ultimi, la diagnosi è atto medico per eccellenza e gli osteopati non hanno le competenze per farlo. «In realtà l'osteopata non è in grado di fare una diagnosi perfetta del pensa determinate patologie, per poi intervenire sulle disfunzioni. Quindi facciamo diagnosi in quella zona d'ombra che sta tra la fisiologia e la patologia». Con quali risultati? Negli ultimi 15 anni, l'osteopatia ha imboccato a pieno titolo la strada della ricerca sia in Italia che all'estero per avere validazioni ed essere ben accettata nel mondo scientifico e anche per crescere all'interno della stessa professione. Se gli ambiti di applicazione sono svariati (vedi grafico, ndr)le «prove scientifiche» sull'efficacia riguardano al momento un numero ristretto di disturbi. <d campi dove abbiamo ormai molte evidenze - risponde Marco Giardino, direttore dell 'Accademia italiana di medicina osteopatica sono nell'ambito muscoloscheletrico, soprattutto sulla lombalgia e sulla cervicalgia. Dobbiamo ancora dimostrare l'efficacia su altre patologie come ad esempio la cefalea, patologie di tipo infiammatorio o irritativo come la gastrite o la sindrome del colon irritabile o altre patologie come l'incontinenza urinaria». «Ci sono moltissimi campi di applicazione in cui la ricerca va avanti - continua Giardino -. Ancora non si è raggiunto il risultato, non perché non si è efficaci, ma perché stiamo raccogliendo i dati. L'osteopatia è ormai pienamente inserita, anche nell'ambito scientifico. Non siamo in un angolino, anzi. Penso che la nostra sia una delle discipline sanitarie dove è più fervente l'attività di ricerca a livello internazionale. È molto interessante quello che sta succedendo nel mondo e noi italiani siamo pienamente inseriti in questo contesto». L'osteopatia sta anche en- Pagina 35 trando negli ospedali: «Ci sono grossi studi e grosse collaborazioni, che iniziano nell'ambito neonatale - dice Carlo Broggini, presidente dell'Associazione professionale degli osteopati - nei reparti di pediatria, anche su patologie gravi. Non si ha la pretesa di curare, ma si può aiutare». In alcuni Stati dove la pratica osteopatica è inserita come professione sanitaria, è stata anche misurata la sua efficacia in termini di costo-beneficio. «Si è riscontrata una riduzione dei giorni di assenza dal lavoro per dolore muscolo-scheletrico - sottolinea Alfonso Mandara -. Nel Regno Unito, c'è un risparmio del Sistema sanitario nazionale, nella sola Inghilterra, stimato in circa 3 mila sterline annue per cittadino con lombalgia, relativo all'uso della terapia osteopatica in termini di miglioramento dell'indice QALY (quality adjusted life years, durata della vita e qualità della stessa, ndr)». O RIPRODUZIONE RISERVATA 4-5 mila Nel nostro Paese, come in altri Paesi europei, l'osteopatia non è vietata rna il processo di riconoscimento è ancora in corso Gli osteopati in Italia Circa È già riconosciuta, invece, in questi Paesi: 3 mila Quelli inseriti nell'elenco delle associazioni di settore (iscrizione non obbligatorio) Francia, Regno Unito, Belgio, USA, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Svizzera, Norvegia, Finlandia, Russia Circa 50 Le Scuole italiane di osteopatia (di cui 30 di associazioni di settore) % la quota di italiani che ricorre a medicine non convenzionali Da 3 a 6 anni La durata dei corsi formativi (riservati a medici e infermieri, o per persone con laurea non sanitaria, o per chi ha solo diploma di scuola superiore) Di questi it21% Da 40 a 100 euro Il costo di una seduta di osteopa, iá 111792%- 17 Ricorre Ricorre Ricorre all'osteopatia all'agopuntura alla chiropratica EURISVES- RAPRQRTO ITAI IA ^012 I CAMPI DI APPLICAZIONE L'osteopatia è utilizzata per trattare i seguenti disturbi Cervico e lombo algie Otiti Sinusiti Disfunzioni Colpo della strega Nevralgie, artralgie e dolori reumatici Snasmi e craniPi muscolari Capsulite adesiva Sindrome dell'intestino irritabile Costipazione Asma Cefalee Emicranie 11. Medicina alternativa circolatorie L'efficacia è provata con evidenza scientifica soltanto per: Problemi muscolo-scheletrici (lombalgia, cervicalgia) periferiche Disfunzioni temporomandibolari _ Prolassi o spasmi aei pavimento pelvico Dolori mestruali Lombalgie di gravidanza J Cistiti Studi di efficacia sono in corso per questi disturbi: Cefalee, patologie di tipo infiammatorio o irritativo (come la gastrite o la sindrome del colon irritabile) Incontinenza Incontinenza Disfunzioni endocrine urinaria Pagina 36