Relazione di Tobor Kauser in italiano: “Le sfide dell`OFS nell`Europa

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Relazione di Tobor Kauser in italiano: “Le sfide dell`OFS nell`Europa
Lisieux, 10 luglio 2012, Tibor Kauser
Le sfide dell’OFS nell’ Europa di oggi
L’Europa – un continente formato da 50 paesi o stati sovrani, con un territorio di
10.2 milioni di km2 e una popolazione di 740 milioni di persone, con più di 100
lingue parlate, e con almeno 3 alfabeti in uso. Viviamo in un continente
meraviglioso, multilingue e multiculturale che, per estensione del territorio, è
forse il più piccolo dei continenti ma che è costituito da una grande diversità.
Sua religione principale è la religione cristiana e la maggioranza dei cristiani , il
70%, si considerano cattolici.
Buongiorno, miei carissimi fratelli e sorelle che venite dalle diverse parti di
Europa e benvenuti a questo primo e importante congresso dell’Ordine
Francescano Secolare e della Gioventù Francescana .
Sono molto felice di aver l’opportunità di vedervi ed incontrarvi, di sapere chi
siamo, chi siete, di scambiare idee, di gioire insieme e di vivere insieme la
nostra fraternità francescana .
« Il tempo che stiamo vivendo, infatti, con le sfide che gli sono proprie, appare
come una stagione di smarrimento. Tanti uomini e donne sembrano disorientati,
incerti, senza speranza e non pochi cristiani condividono questi stati d'animo.
Numerosi sono i segnali preoccupanti che, all'inizio del terzo millennio, agitano
l'orizzonte del Continente europeo, il quale, « pur nel pieno possesso di immensi
segni di fede e testimonianza e nel quadro di una convivenza indubbiamente più
libera e più unita, sente tutto il logoramento che la storia antica e recente ha
prodotto nelle fibre più profonde dei suoi popoli, generando spesso delusione »
(Papa Giovanni Paolo II , Ecclesia in Europa 7).
E’ l’inizio dell’esortazione di Giovanni Paolo II. L’Europa è in crisi. Oggi si
dice che c’é una profonda crisi economica e finanziaria . Non sono un esperto in
questo campo e quindi non posso oppormi a questa idea. Malgrado ciò ritengo
che questa crisi sia piuttosto una crisi di ordine morale. Il Papa Giovanni Paolo
II ha detto che l’Europa è una terra di missione. E come in tutte le crisi è un
dono scoprire come perseverare, come cambiare le cose , ma è anche una sfida.
Se riteniamo che le cose vadano bene, non sentiremo il bisogno di cambiare, di
convertirci. La maggiore tentazione è quella di addormentarci, di non fare nulla,
di non ricercare la volontà di Dio. Dunque non si tratta solo di un tempo di
difficoltà, di un tempo di tenebre ma anche di un tempo pieno di speranze per il
futuro.. Sfida significa che noi guardiamo avanti, verso l’avvenire. Non ci
arrendiamo, cerchiamo delle soluzioni. La crisi è una benedizione, un dono per
capire la chiamata di Dio : vieni e ricostruisci…
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Se le cose fossero andate bene dal punto di vista morale, sono sicuro, non
avremmo avuto crisi economica. E questo ci porta a vedere come iniziare. «
Francesco, va e ripara la mia chiesa che, come vedi, è in rovina » Quando la
casa è in rovina, non si deve iniziare a riparare il tetto ma le fondamenta, il sotto
suolo e si deve accettare che queste parti non siano le più belle. Di più, se
facciamo bene il nostro lavoro, esse saranno nascoste da ora e fino alla fine. Ma
si devono fare altrimenti tutto l’edificio cadrà in rovina, anche se apparirà molto
bello. Io sono architetto e quindi questo esempio mi tocca molto.
E’una crisi di valori, una crisi di priorità. Dobbiamo fare penitenza e vedere
quali sono i nostri valori e le nostre priorità. Di più. Dobbiamo guardarci attorno
e vedere come va il mondo, scoprire, giorno dopo giorno dove viviamo, dove il
Signore ci chiama e capire ciò che egli ci chiede di fare. Come è l’Europa di
oggi? Quali sono gli aspetti più importanti e le sfide per noi, francescani
secolari ?
Le radici dell’Europa.
La verità non dipende dal suo annuncio. Molti ritengono che la verità sia quella
che viene gridata sempre più forte, quella che è annunciata in modo più
appariscente. Dio non ha bisogno di questo, la sua verità è profonda ed
indipendente. L’Europa ha delle radici cristiane, è un dato di fatto, e questo non
dipende dal fatto che sia annunciato o meno, che questo sia accettato o meno dai
politici.
Unità e diversità.
Una delle maggiori sfide per l’Europa è quella di armonizzare la diversità ed il
desiderio di unità. In Europa ci sono più di 100 differenti lingue, più di
cinquanta differenti culture. Uno dei nostri legami, quello più forte e che mette
in relazione tutte queste nazioni, culture e lingue, è la cristianità. Abbiamo
molte cose in comune, abbiamo radici cristiane in comune e numerosi aspetti
delle nostre culture sono in comune. Dobbiamo rinforzare il sentimento comune
di appartenenza. Lo dobbiamo .
Tuttavia, questo è anche il tempo dell’individualismo. Si dice che le persone
individuali sono persone ideali, indipendenti, che non hanno legami. Si afferma
che è una virtù il non avere legami, né con una società, né con una comunità
locale, né con una fraternità, neppure con i membri della stessa famiglia che
offrono di vivere insieme in famiglia, né con una persona attraverso il
sacramento del matrimonio, e persino neppure con Dio.
Ma non avere legami è un modo di perdere la speranza . « Alla base di questa
perdita di speranza c’è un tentativo di promuovere una visione dell’uomo
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separato da Dio, separato dal Cristo ». ( Papa Giovanni Paolo II, Ecclesia in
Europa 9 ).
Questa totale incomprensione della libertà ci ha portati alla situazione dell’uomo
di oggi. Di più, l’uomo, dato che « nessun uomo è una isola » (Thomas Merton),
è stato creato per vivere in relazione, per avere dei legami, e questo è qualche
cosa che non può essere evitato e dunque invece di una dipendenza da Dio si
sono costituiti nuovi legami : l’uomo indipendente si trova a dipendere dalle
passioni, dai beni materiali, dal denaro ed è tornato quindi ad essere dipendente .
Per quanto mi riguarda, e di questo sono convinto, ho una sola risposta a questa
sfida : restaurare la comunione con Dio in tutte le sue forme visibili e cioè
attraverso il sacramento del matrimonio, la famiglia cristiana, la vita di
fraternità, l’appartenenza alla Chiesa, l’appartenenza a Dio – tutte le forme di
comunione.
Nelle nostre fraternità dobbiamo vivere una vera vita fraterna, dobbiamo
sperimentare la vita fraterna, l’unione vitale degli uni con gli altri .
E’ una opportunità di testimoniare che il volgersi gli uni verso gli altri, il
ricercare una comunità, il vivere una vita fraterna è, per le vittime solitarie del
tempo dell’individualismo, la soluzione al problema della frammentazione della
società. E’ particolarmente importante che, quando ci troviamo a confrontarci
con il problema dell’invecchiamento dell’Ordine, noi possiamo offrire
l’esperienza di una comunità, di uno spirito fraterno. L’uomo del nostro tempo
soffre di indipendenza, di mancanza di relazioni umane, dunque noi gli offriamo
le nostre fraternità.
In tutta l’Europa, da molto tempo, la crisi riempie le prime pagine dei giornali.
Ma dobbiamo renderci conto che i problemi finanziari fanno sì che la diversità
non sia capita. Noi, qui in Europa, abbiamo un tesoro, questa grande varietà di
nazioni, ma possiamo anche vedere come questa grande varietà non sia per nulla
capita. C’è rivalità invece di collaborazione e complementarietà. Si portano in
primo piano le diversità mentre vengono spinte indietro le somiglianze, mentre
vengono messe a lato le radici ed i valori comuni. Il Nord contro il Sud, l’Ovest
contro l’Est. Partner possibili sono aizzati gli uni contro gli altri. Sotto un velo
superficiale fatto di sorrisi, covano profonde contraddizioni .
Certamente ci sono sfide particolari che l’Ordine deve affrontare, malgrado i
magnifici ed incoraggianti esempi di alcuni paesi nei quali si trovano fraternità
giovani e vive sia dell’OFS che della Gifra. Come tutta la Chiesa cattolica in
Europa, anche il nostro Ordine, soprattutto in alcuni paesi, vede diminuire il
numero dei suoi membri. Non dobbiamo ignorare questo problema
dell’invecchiamento, quando molte fraternità soffrono del fatto di essere tutto
salvo che attraenti, soprattutto per i giovani. Dato che i primi Ordini soffrono
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dello stesso problema, quella dell’assistenza spirituale è una sfida sempre più
importante .
Vediamo allora cosa noi, Francescani secolari, potremmo, possiamo e dobbiamo
fare. Ci sono molte sorgenti a cui possiamo attingere, ma io ritengo che, per noi,
la miglior fonte sia quella della Regola. E quando dico “noi” voglio dire che si
tratta non soltanto di ciascuno di noi preso individualmente ma anche delle
nostre fraternità, segni viventi della spiritualità francescana nel mondo.
Ricordiamoci che dobbiamo dare testimonianza e che dobbiamo rispondere alle
sfide del nostro tempo, sia individualmente che come fraternità. Non deve
mancare nessuno dei due aspetti.
« Tutti coloro che amano il Signore con tutto il cuore, con tutta l’anima e la
mente, con tutta la forza (Cfr. Mc 12,30) e amano i loro prossimi come se stessi
(Cfr. Mt 22,39), e hanno in odio i loro corpi con i vizi e i peccati, 3 e ricevono il
corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, e fanno frutti degni di
penitenza (Cfr. Lc. 3,8) Oh, come sono beati e benedetti quelli e quelle, quando
fanno tali cose e perseverano in esse; perché riposerà su di essi lo Spirito del
Signore ! » (Esortazione alla penitenza p.17)
E’ l’inizio. Amare il Signore, volgersi verso il Creatore invece di volgersi
soltanto verso il creato, volgersi verso gli altri invece che guardare solo a noi
stessi, fare penitenza, sforzarsi di mettersi in un cammino di conversione
permanente. Questa dovrà essere la base spirituale di tutto il nostro agire e senza
questa base non possiamo fare nulla. Come ho già detto prima, la
ristrutturazione della casa deve cominciare dalle fondamenta.
« 6. Sepolti e resuscitati con Cristo nel Battesimo che li rende membri vivi della
Chiesa, e ad essa più fortemente vincolati per la Professione, si facciano
testimoni e strumenti della sua missione tra gli uomini, annunciando Cristo con
la vita e con la parola. Ispirati a S. Francesco e con lui chiamati a ricostruire la
Chiesa, si impegnino a vivere in piena comunione con il Papa, i Vescovi e i
Sacerdoti in un fiducioso e aperto dialogo di creatività apostolica. » (Regola,
art. 6)
Quando, in Europa, la Chiesa è sempre meno rispettata, l’artico 6 della nostra
Regola assume una rilevanza particolare. Noi apparteniamo alla Chiesa ! Noi
dobbiamo mostrare che ne siamo membra. Non soltanto per mostrare che siamo
membri di una organizzazione formidabile che conta miliardi di membri e che è
presente in tutta Europa ed in tutto il mondo ma anche, e soprattutto, perché essa
è il corpo di Cristo. Confessare l’appartenenza alla Chiesa significa confessare
l’appartenenza a Cristo. In quanto organizzazione siamo molto lontani
dall’essere perfetti, altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di chiamare San
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Francesco e chiedergli : “Va e ripara la mia Chiesa che, come vedi, è in rovina” .
La nostra testimonianza è essenziale. Il nostro spirito fraterno e la nostra umile
partecipazione alla vita della società deve mostrare che la Chiesa non è
reazionaria, una accusa di cui è fatta spesso segno.
Dobbiamo rinforzare la Chiesa. L’Ordine Francescano Secolare non può esistere
senza o al di fuori della Chiesa. Quando amiamo l’Ordine, amiamo la Chiesa.
Quando ci preoccupiamo per l’avvenire dell’Ordine, ci preoccupiamo
dell’avvenire della Chiesa. Quando costruiamo le nostre fraternità, costruiamo la
Chiesa. Dobbiamo inserirci nelle diverse comunità ecclesiali, nelle parrocchie,
nelle diocesi , altrimenti le nostre fraternità non avranno nessun avvenire.
8. Come Gesù fu il vero adoratore del Padre, così facciano della preghiera e
della contemplazione l'anima del proprio essere e del proprio operare.
Partecipino alla vita sacramentale della Chiesa, soprattutto all'Eucaristia e si
associno alla preghiera liturgica in una delle forme della Chiesa stessa
proposte, rivivendo così i misteri della vita di Cristo.
7. (…) In questo cammino di rinnovamento il sacramento della Riconciliazione è
segno privilegiato della misericordia del Padre e sorgente di grazia . » (Règle
art. 7 et 8)
La partecipazione alla vita sacramentale della Chiesa è molto di più che un
comportamento pio e devoto, ma è anche molto di più che un aspetto solamente
spirituale. Partecipare alla vita sacramentale significa partecipare alla vita della
società, vivere una vita secolare che ha una base sacramentale profonda che è di
impatto sul nostro modo di agire, sui nostri atteggiamenti e sulle nostre risposte
alle sfide del nostro tempo.
Il battesimo è il primo riflesso sulla questione della protezione della vita .
Diventare figli di Dio è la decisione prima di Dio nei confronti dell’uomo. E’
l’espressione del “SI” di Dio alla vita. La nostra risposta è il nostro “si” al
primissimo richiamo di Dio invece di un “no” al dono della vita. Dobbiamo
accettare il dono di Dio, non rifiutarlo.
Nell’Eucaristia sperimentiamo la vera presenza di Gesù Cristo e la sua presenza
ci dà la forza per vivere in un mondo che ne nega l’esistenza. Tutta la nostra vita
deve brillare della gioia del Cristo. Osservate come sono tristi coloro che
vivono senza Dio. L’Eucaristia è il sacramento di comunione. Senza la presenza
reale del Signore, nessuna comunità può esistere.
Nel sacramento della riconciliazione possiamo testimoniare l’amore
misericordioso di Dio : quando Dio perdona i nostri peccati in un ambito
sacramentale, questo deve portarci a riconciliarci con noi stessi e con gli altri.
Questi tre aspetti vanno di comune accordo; riconciliarsi con Dio, con se stessi e
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con il prossimo. Senza i due primi aspetti non possiamo portare la pace alla
società, che è parte della nostra vocazione : essere portatori di pace . La
testimonianza francescana in caso di conflitto è quella di convincere piuttosto
che di vincere, sull’esempio di quanto Dio fa con noi.
« Dio ha creato l’uomo a sua immagine. A sua immagine li creò, uomo e donna
li ha creati. E Dio li benedisse e disse loro : « siate fecondi e moltiplicatevi».
(Genesi 1 : 27-28).
Vediamo l’immagine di Dio nella coppia, nella comunità, nella famiglia ? Oggi
si considera essere al pari con i tempi il vivere al di fuori del legame del
matrimonio, l’essere single, il convivere senza essere sposati, e questo
travisamento del concetto di indipendenza rende le persone solitarie anche se
vivono una vita sociale molto attiva. Il sigillo del matrimonio sembra oggi
essere un tesoro nascosto ma è soltanto Dio che può superare i problemi di una
tale portata . Cerchiamo di riscoprire e riscopriamo che Dio è il primissimo
esempio di comunità e di relazione familiare.
L’unzione degli infermi è il segno sacramentale della vita, l’espressione
dell’amore di Dio che, nella sua presenza reale, si pone sul fronte opposto della
eutanasia che, acriticamente, sottovaluta il valore della vita dei malati e degli
anziani.
La testimonianza della vita sacramentale dei francescani è la nostra risposta
concreta a queste sfide. L’approccio dei francescani secolari alla vita
sacramentale è molto di più che sperimentare la liturgia dei sacramenti nella
Chiesa ( l’edificio ). Questo fa soprattutto parte del nostro cammino
vocazionale. Affinché la potenza di Dio, trasmessa dai sacramenti, possa
divenire una realtà anche nel mondo, noi offriamo noi stessi quali strumenti del
Signore.
« 10. E unendosi all'obbedienza redentrice di Gesù, che depose la sua volontà in
quella del Padre, adempiano fedelmente agli impegni propri della condizione di
ciascuno nelle diverse circostanze della vita e seguano Cristo, povero e
crocifisso, testimoniandolo anche fra le difficoltà e le persecuzioni.
16. Reputino il lavoro come dono e come partecipazione alla creazione,
redenzione e servizio della comunità umana. » (Règle, article 10 et 16)
In questo momento la sfida dei politici è quella di trovare un equilibrio
economico. L’economia è comandata dai mercati finanziari e le aree lucrative
sono molto distanti dal lavoro manuale onesto e decente, dal lavoro duro e
laborioso dei contadini nei campi.
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Noi, francescani secolari, non ci sforziamo mai di raggiungere le classi alte della
società. Mentre i valori attuali del mondo sono virtuali, mentre nel mondo
anche il denaro è virtuale, Dio è molto concreto. Noi dobbiamo rispettare il
valore del lavoro onesto e fare del nostro meglio per vedere « i frutti del
lavoro ».
« 15. Siano presenti con la testimonianza della propria vita umana ed anche con
iniziative coraggiose tanto individuali che comunitarie, nella promozione della
giustizia, ed in particolare nel campo della vita pubblica impegnandosi in scelte
concrete e coerenti alla loro fede. » (Règle, article 15)
Questo è in stretta connessione con la questione della giustizia sociale, sia
all’interno dei nostri rispettivi paesi che tra i diversi paesi. Chi è ricco e chi è
povero ? Chi sono i nostri amici ? E quando citiamo la Regola, parlando delle
difficoltà dobbiamo evitare di pensare soltanto ai nostri bisogni personali alle
nostre persecuzioni personali. Dobbiamo sempre prendere posizione a favore
degli esclusi, delle minoranze, dei gruppi che attraversano grandi difficoltà. di
coloro che hanno perduto il lavoro, la casa, la famiglia, il denaro, la speranza,
la fede, e da ultimo, la coscienza di essere in grado di amare e di essere amati.
Dobbiamo vedere gli individui e gli interi gruppi, accettando il fatto che
ciascuno ha capacità diverse ed una missione personale da compiere.
Davanti a noi si apre anche un altro vasto orizzonte. La società soffre dei
problemi ecologici e ambientali. Cura del creato, inquinamento, esportazione
dei rifiuti, di tecnologie sottosviluppate dall’ovest verso l’est, inquinamento dei
mari, problemi gravi. Noi abbiamo già avuto esempi meravigliosi nel nostro
Ordine di come affrontare queste sfide.
L’high-tech ( nuove tecnologie) è troppo elevata . Si ha la tentazione a credere
che conosciamo tutto, che siamo Dio, che non abbiamo bisogno di Dio. Ci
separiamo da Dio. Ancor peggio, questa high-tech esclude numerose persone
della società. Non si è nessuno se non si ha un indirizzo di posta elettronica, un
conto in banca, un cellulare, una carta di credito. E questo colpisce intere fasce
di persone , soprattutto le più deboli : i più giovani, i più anziani ma anche
coloro che non possono permettersi queste cose. Esattamente quelli che
dobbiamo accompagnare. Spieghiamo loro che Dio non ci chiede un « ti amo »
sullo stile di Face-book, e prendiamo posizione difendendoli .
La vita civile è per noi un privilegio. Dobbiamo vivere le opportunità che la
società democratica ci offre, quando e dove le abbiamo. La cittadinanza attiva è
un dovere. Dobbiamo promuovere la pace, la giustizia, dobbiamo essere presenti
nella vita civile, nella vita pubblica e nella società .
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Essere – Agire
Vi devo ancora parlare di un problema fondamentale. Oggi l’agire precede
l’esistenza, ovvero l’essere. E’ il tempo della svalutazione dell’essere e del
dominio dell’agire. Nella società valgono solo coloro che sono attivi, che sono
produttivi. Più si produce, più si agisce, più si è rispettati.
Dobbiamo ristabilire il valore dell’essere. Dio è essere. « Io sono colui che
sono ». L’auto-determinazione di Dio non fa riferimento alle sue opere, alla sua
potenza creatrice. Egli è l’esistenza e questo è ciò che ritiene essere il concetto
più importante da trasmetterci, malgrado nessuno sia più attivo di Lui.
Dobbiamo riscoprire il valore di quelle creature di Dio che non sono produttive :
i bambini piccoli, le persone anziane i malati, gli handicappati. Essi hanno
valore non a causa di un sentimento di amore umano o di pietà cristiana. Hanno
valore perché, come tutti noi, sono immagine di Dio e, soprattutto, perché non
valgono meno degli altri.
Il valore delle creature – viventi o meno – non è basato sulla loro convenienza o
sulla loro utilità. Se non fosse così cosa sarebbero le arti, la natura con tanti
luoghi meravigliosi ?
« 18. Abbiano inoltre rispetto per le altre creature, animate e inanimate, che "
dell' Altissimo portano significazione” e si sforzino di passare dalla tentazione
di sfruttamento al francescano concetto di fratellanza. » (Règle, article 18)
Questo atteggiamento è una espressione della natura contemplativa della nostra
vocazione.
« 8. Gesù fu il vero adoratore del Padre, così facciano della preghiera e della
contemplazione l'anima del proprio essere e del proprio operare. (…) » (Règle,
article 8)
Vivere una vita contemplativa in uno stato di vita secolare ? Certo e questo non
soltanto è possibile ma è raccomandato. E’ una vera sfida - anche qui, in
Europa, un continente sviluppato sia a livello materiale che tecnico – scoprire il
valore dell’”essere” e di ammirare la potenza creatrice di Dio che ha creato tutti
e tutto quanto è attorno a noi. C’è un modo di vivere la vita contemplativa : è
quello di separarci dal mondo dedicandoci totalmente alla preghiera e fissando
in Dio non soltanto gli occhi spirituali ma anche quelli fisici, quelli del nostro
corpo. Ma c’é un altro modo, aperto a noi secolari : contemplare Dio in tutte le
sue creature e lodarlo per tutto ciò e per tutti quelli che incontriamo nel mondo,
dedicandoci a vivere uno stato di vita secolare in una famiglia, nel nostro lavoro
professionale , trovando i nostri impegni missionari nella famiglia, nel lavoro e
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nella comunità ecclesiale. E’ così che noi, francescani secolari, possiamo unirci
a San Francesco nel suo desiderio di essere sempre con il Signore, pur andando
nel mondo per amore degli altri. (Fioretti XVI)
« Quali portatori di pace e memori che essa va costruita continuamente,
ricerchino le vie dell'unità e delle fraterne intese, attraverso il dialogo, fiduciosi
nella presenza del germe divino che è nell'uomo e nella potenza trasformatrice
dell'amore e del perdono Messaggeri di perfetta letizia, in ogni circostanza, si
sforzino di portare agli altri la gioia e la speranza Innestati alla Risurrezione di
Cristo, la quale dà il vero significato a Sorella Morte, tendano con serenità
all'incontro definitivo con il Padre . » (Regola, articolo 19)
La nostra debolezza è la nostra forza. Non siamo potenti. Noi dobbiamo trovare
la nostra forza nella grazia del Signore, nell’esempio di vita di quei francescani
secolari che hanno testimoniato lo spirito francescano nel mondo, di Santa
Elisabetta di Ungheria, da San Luigi, re di Francia alla Beata Angela da Foligno
e via via agli altri francescani secolari dei nostri giorni, quali Laszlo Batthyany
– Strattmann, Konrad Adenauer e Franz Jägerstetter.
Noi apparteniamo ad un Ordine. Ordine significa che ciò che è primo occupa il
primo posto e ciò che è ultimo, l’ultimo. Tutte le cose hanno un loro posto. Noi
abbiamo certe priorità, abbiamo la casa costruita come si deve, costruita sulla
roccia.
Appartenere ad un Ordine è una grazia. Dobbiamo essere riconoscenti. Essere
francescani secolari è una vocazione, un modo di vivere nel quale possiamo
essere coscienti dei valori, nel quale abbiamo delle priorità. E’ la nostra
opportunità di affrontare le sfide dell’Europa di oggi.
Spesso pensiamo di essere deboli, di essere vecchi, di essere pochi e di come
potremmo prendere posizione . Non dobbiamo mai dimenticare che non siamo
soli. Anche se la nostra arca sembra fragile, noi siamo qui, dentro la Chiesa e
dentro l’OFS. Abbiamo il nostro Maestro, il Signore che ci invita : prendiamo il
largo .
DUC IN ALTUM !
Lisieux, 10 luglio 2012, Tibor Kauser
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