padre johannes maria, il rampollo di una famiglia di

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padre johannes maria, il rampollo di una famiglia di
PADRE JOHANNES MARIA, IL RAMPOLLO DI UNA FAMIGLIA DI BANCHIERI
CHE A 20 ANNI HA SCELTO DI FARSI CERTOSINO
da Cartusialovers' blog
Cari amici, voglio oggi proporvi un’intervista rilasciata, nel 2005, ad un
giornale tedesco, da un monaco certosino della certosa di Marienau.
Il religioso in questione è padre Johannes Maria di Augsburg, al secolo
Manfred Hausser, nato l’8 luglio del 1965 e discendente di una nota e ricca
famiglia di banchieri.
L’incontro avviene a seguito dello Spaziamento, a cui il giovane partecipa
con non poca impazienza, poichè desideroso di ritornare alla quiete della
sua cella monastica. Il silenzio e la solitudine sono una costante nella vita
di questo giovane che ha scelto di aderire all’Ordine religioso il più austero
della Chiesa Cattolica.
Una vita in silenzio
«Volevo una vita che mi conducesse nella profondità, e mi facesse arrivare a Dio. Trambusto e loquacità mi fanno male»- Queste le parole di
padre Johannes Maria, che aggiunge, «la questione della ricerca di Dio è andata gradualmente crescendo nella mia storia personale. Prima era
una curiosità, dopo una ricerca, e ora un impegno per la vita». La decisione di unirsi all’Ordine certosino avvenne all’età di 20 anni alla fine del
1985, quando egli abbandonò gli studi in giurisprudenza, e tra lo stupore e l’incredulità della facoltosa famiglia, il giovane entrò nella certosa
tedesca di Marienau. Quando fece ingresso al Noviziato era in compagnia di 10 giovani, di cui soltanto due hanno poi conseguito la professione
solenne.
La vita nel monastero non è facile. Non c’è il riscaldamento in inverno, ma solo una piccola stufa a legna in ogni cella. Lì, nella cella, in
completo silenzio e nella solitudine, fatta di digiuni, preghiera, lavoro e breve riposo notturno. Anche se gli estremi in certosa non vengono
accettati, coloro che praticano estremi digiuni ed anche coloro che non dormono a sufficienza vengono allontanati. Si richiede un equilibrio
difficile da raggiungere. A questo proposito il Maestro del Novizi aggiunge: «Dopo tre anni trascorsi nella cella non si può far finta di nulla, deve
rendersi conto fino a che punto si è disposti a spendere la propria vita alla ricerca di Dio». «In un tale confronto con se stessi, solo colui che ha
una incrollabile vocazione alla solitudine può perseverare», dice, in caso contrario, «la solitudine ed il silenzio diventano un inferno».
In certosa non c’è tempo per la pigrizia. La vita quotidiana di un monaco è chiaramente definita. Nella sua struttura di base, ci sono i tempi per
la preghiera e per gli intervalli di due o tre ore, anche di notte. Durante il giorno, il monaco ha a sua disposizione nella sua cella un giardino
privato ed anche un laboratorio per il lavoro. Padre Johannes ci racconta di aver realizzato al tornio alcune conchiglie di legno per ornare il suo
orticello, inoltre nella propria cella ogni monaco deve tagliarsi la legna necessaria per alimentare la stufa. Egli ci dice inoltre che «l’Ordine è
come una mamma che si prende cura di me, e sembra incredibile ma non ho mai percepito la sensazione di avere del tempo vuoto». Ho
effettuato da novizio gli studi di Teologia qui in monastero, difatti la certosa di Marienau ha ereditato la grande biblioteca della vecchia
“Rottenburger”dal vescovo Georg Moser.
«Le opere di intrattenimento e leggere, sono state da noi donate, abbiamo conservato la letteratura seria, la cui consultazione è consentita ai
monaci. Nonostante la nostra clausura, riceviamo un giornale della diocesi, con notizie dal mondo. È grazie ad esso che il Priore comunica alla
comunità le varie intenzioni di preghiera, e ciò che accade nel mondo», dice il maestro dei novizi. «Abbiamo inoltre una cappella all’esterno,
nella quale è consentito l’accesso a tutti i fedeli che lo desiderano, aperta a tutti i visitatori, anche alle donne, la cui visita è vietata nel
monastero». Solo due volte l’anno, genitori e fratelli dei monaci possono venire a fare visita in certosa ed eventualmente assistere alle funzioni
liturgiche dalla tribuna posta in Chiesa. Si conclude questa testimonianza, con la considerazione che l’aspettativa di vita dei monaci che vivono
in certosa, complice il regime alimentare puramente vegetariano, è in media di 82 anni e almeno dopo circa 50 anni di silenzio e vita claustrale
si verrà sepolti nella nuda terra avvolti nell’abito e con il cappuccio cucito in una fossa senza nè nome ne date.
Si congeda Dom Johannes Maria: «Una vera provocazione per chi è disposto a perdersi in Dio è la vita come certosino. Un avventura senza
limiti che chiunque che ama Dio con tutto il cuore può intuire».
da Chartreux.org
La solitudine
Noi certosini condividiamo alcuni valori monastici con gli altri monaci contemplativi, per esempio l’ascesi (veglie e digiuni), il silenzio, il lavoro,
la povertà, la castità, l’obbedienza, l’ascolto della Parola di Dio, la preghiera, l’umiltà. Altri, invece, ci sono propri.
La prima caratteristica essenziale della nostra vita è la vocazione alla solitudine, alla quale siamo chiamati in modo speciale. Il monaco
certosino cerca Dio nella solitudine.
«Il nostro impegno e la nostra vocazione consistono principalmente nel dedicarci al silenzio e alla solitudine della cella. Questa è infatti la terra
santa e il luogo dove il Signore e il suo servo conversano spesso insieme, come un amico col suo amico. In essa frequentemente l'anima fedele
viene unita al Verbo di Dio, la sposa è congiunta allo Sposo, le cose celesti si associano alle terrene, le divine alle umane». (Statuti 4.1)
La solitudine è vissuta a tre livelli :
1. la separazione dal mondo
2. la custodia della cella
3. la solitudine interiore, o del cuore
1. La separazione dal mondo si realizza mediante la clausura. Usciamo dal monastero solo per lo spaziamento (passeggiata settimanale). Non
riceviamo visite e non esercitiamo alcun apostolato all’esterno. Non abbiamo né radio, né televisione nel monastero. È il Priore che riceve le
notizie e comunica ai monaci ciò che non devono ignorare. Vengono così a crearsi le condizioni necessarie perché si sviluppi quel silenzio
interiore che permette all’anima di restare viglie alla presenza di Dio.
2. La Cella è un eremo con una sua struttura propria che garantisce al Certosino una solitudine il più possibile completa assicurandogli
comunque le necessità primarie. Ogni cella consiste in una casetta a un piano circondata da un giardinetto: qui il monaco trascorre da solo gran
parte della giornata, per tutta la vita. Per via della solitudine ognuna delle nostre case è anche detta deserto o eremo.
3. La clausura e la custodia della cella assicurano però solo una solitudine esteriore. Questo è soltanto un primo passo che cerca di favorire la
solitudine interiore o la purezza di cuore: allontanare dalla propria mente tutto ciò che non è Dio o non conduce a Dio. È a questo livello che il
Certosino si scontra con i capricci della propria immaginazione e le oscillazioni della propria sensibilità. Fintantoché il monaco discute con il
proprio "io", con la propria sensibilità, con i propri pensieri inutili, con i suoi desideri irreali, non è ancora centrato su Dio. È qui che fa
conoscenza della propria fragilità e della potenza dello Spirito e che apprende a poco a poco ad avere «…familiare quel tranquillo ascolto del
cuore che lascia entrare Dio da tutte le porte e da tutte le vie» (Statuti 4.2)
da «Cartusialover's
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