Costo energetico e rendimento della prestazione motoria.

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Costo energetico e rendimento della prestazione motoria.
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Costo energetico e rendimento della prestazione motoria.
A cura del Prof. Danilo Diana dell’IISS “A.Righi” Taranto
Concetto di Costo Energetico (CE).
Il CE rappresenta la quantità di energia necessaria per svolgere un determinato compito prestativo. L’energia
può essere misurata con diverse unità di misura ed è prodotta a seguito di reazioni chimiche che necessitano di un
combustibile e di un comburente. Per esempio nel caso di una fiamma accesa nella cucina di casa, l’energia
prodotta (calore) è funzione di due fattori fondamentali: un combustibile (il gas metano che esce dal fornello) e un
comburente (un altro gas chiamato ossigeno) che è contenuto nell’aria che respiriamo. Quindi per avere un’idea
dell’energia prodotta dal nostro fornello basterebbe quantificare il consumo di almeno uno dei due fattori.
Misurare l’ossigeno consumato dalla fiamma è piuttosto complicato per il metano è più facile, infatti esiste il
“contatore” del gas.
Nel caso del corpo umano il combustibile si chiama Acido Adenosintrifosfato (ATP) mentre il comburente è
sempre l’ossigeno (O2). L’ATP è un composto chimico che deriva dalla degradazione del cibo che ingeriamo con
gli alimenti, mentre l’O2 lo introduciamo con la respirazione e dopo aver attraversato le vie aeree (naso o bocca,
faringe, trachea, bronchi, polmoni) arriva alle cellule muscolari tramite il sangue. In queste cellule esistono degli
organelli detti Mitocondri in cui avvengono le due principali reazioni chimiche utili alla produzione dell’energia,
cioè alla sintesi dell’ATP. Queste reazioni di degradazione sono schematizzate qui di seguito in modo molto
semplificato:
1) Zuccheri (o Glucidi) + Ossigeno = Anidride carbonica + Acqua + Energia
2) Grassi (o Lipidi) + Ossigeno = Anidride carbonica + Acqua + Energia.
Siccome la misurazione dell’ATP è più complicata, se vogliamo sapere quanta energia
è stata prodotta per compiere una determinata prestazione motoria, basta misurare la
quantità (litri) di O2 consumato dall’organismo. Il “contatore” dell’ossigeno si chiama
Metabolimetro. Questo strumento viene utilizzato non solo per gli atleti, ma anche
per ottimizzare la pianificazione del carico di lavoro per i pazienti cardiopatici in
riabilitazione; per predisporre una più proficua, efficace e "piacevole" organizzazione
delle sedute in palestra per il fitness; oppure per ottimizzare le tabelle nutrizionali
nelle diete che accompagnano i programmi di dimagrimento. Si tratta di un
apparecchio che si applica con una mascherina alla bocca e al naso e serve per
misurare la quantità (o Volume in litri) di O2 presente nell’aria espirata rispetto alla
quantità di O2 entrata attraverso l’aria inspirata. Maggiore sarà questa differenza di volume di ossigeno e maggiore
sarà anche l’energia prodotta.
Bisogna considerare che l’energia serve non soltanto per la corsa, il salto, il nuoto o altra prestazione fisica, ma
serve anche per le funzioni di base del nostro organismo. Serve energia per far funzionare tutti gli organi vitali
come il cervello, il cuore, i reni, il fegato, i polmoni, ecc. E questo indipendentemente dalla prestazione sportiva.
Tutta questa energia viene fornita dal Metabolismo Basale e generalmente corrisponde a circa 3,5 ml/kg/min,
ovvero a circa 1764 kcal necessarie ogni giorno ad un soggetto adulto che pesa 70kg - in realtà questo valore
cambia in base all’età, al sesso, alle dimensione del corpo, alla temperatura dell’ambiente, alla razza, ecc. Quanti
litri di Ossigeno servono per produrre questa energia nell’arco della giornata? Facendo alcuni calcoli arriviamo a
1 Litro di O2/min = 5 kcal/min = 21000 J/min circa 353 litri (per un soggetto di 70 kg). Questa quantità
rappresenta il Volume di Ossigeno Basale (VO2basale), cioè
è l’energia giornaliera necessaria per le funzioni vitali del nostro corpo che corrisponde a circa 74 kcal/h
(chilocalorie l’ora). Tra queste funzioni vitali riveste particolare importanza la respirazione che in condizioni di
riposo (in stato di veglia con modesta attività fisica) richiede un consumo energetico, per il lavoro respiratorio, di
circa 60-80kJ/min pari all’1% del metabolismo basale. Questo lavoro aumenta al 25-30% del metabolismo basale
in caso di intensa attività fisica (11).
Il Metabolimetro misura tutto l’O2 necessario alla prestazione, ovvero la somma fra l’O2 necessario alle funzioni
basali (VO2basale) e quello necessario per il tipo di prestazione che l’individuo sta compiendo, per esempio la
corsa di resistenza. Trattandosi di atleti, in cui conta indagare la prestazione massima possibile, sarà necessario
rilevare il volume di ossigeno consumato durante uno sforzo massimo che chiameremo Massimo Volume di
Ossigeno (VO2Max). Questo parametro di potenza metabolica viene anche definito come Potenza Aerobica e
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rappresenta la spesa energetica massima, per unità di peso corporeo dell’atleta e per unità di tempo
(mlO2/kg/min), relativa ad una prestazione di tipo aerobico (protratta per almeno 6-7 minuti). Cioè è la quantità
di ossigeno necessario per produrre energia durante uno sforzo aerobico massivo senza significativi incrementi di
acido lattico. Quindi se volessimo calcolare il volume di ossigeno effettivamente consumato per la prestazione
(VO2netto), dovremmo sottrarre dal VO2max il VO2basale:
VO2 netto = VO2max – VO2basale (mlO2/kg/min).
È possibile trasformare questo valore di VO2netto in Potenza Metabolica (Watt/h) perché 1mlO2/kg/min =
24,42 W/h.
Per misurare correttamente l’energia necessaria per la prestazione di tipo dinamico è necessario distinguere il
tipo di prestazione. In generale possiamo distinguere due tipi di prestazione:
- quella a velocità costante (come la maratona, la marcia, il ciclismo, il nuoto di durata, ecc.) e
- quella a velocità variabile, dove sono presenti continue fasi di accelerazioni e decelerazioni, cambi di
senso e direzione (come nel calcio, pallacanestro, pallamano, ecc.).
IL CE QUANDO LO SPOSTAMENTO È A VELOCITÁ COSTANTE.
Se ci riferiamo ad una prestazione di corsa, il CE è la quantità di energia spesa per unità di distanza (Potenza
Metabolica), e per kg di peso corporeo dell’atleta. Per effettuare questo calcolo è necessario conoscere, oltre al
VO2netto, anche l’intensità della prestazione, cioè la velocità media (V in km/ora) della prestazione, dal suo inizio
al suo termine. Quindi:
CE = VO2netto / V [mlO2/kg/m = (mlO2/kg/min)/(m/min)].
Se la prestazione di cui si vuole conoscere il CE è di tipo aerobico (dai 5000m in su nel caso della corsa) è
necessario che la velocità corrisponda a quella di Soglia Aerobica, cioè quella velocità in cui non si verifica un
accumulo di acido lattico nelle cellule muscolari. Inoltre è necessario che tale velocità venga mantenuta per almeno
6 minuti. Nel caso in cui la prestazione fosse di tipo anaerobico (cioè talmente veloce da provocare accumulo di
acido lattico), il dispendio energetico dell’esercizio è rappresentato dalla somma della componente di origine
aerobica (rappresentata dal VO2netto) e della componente di origine anaerobica lattacida (rappresentata dal
lattato). Il contributo energetico fornito dal metabolismo anaerobico lattacido non è facilmente quantificabile;
presuppone la determinazione della lattatemia in condizioni basali (poco prima dell’inizio della prova: lattato
Tab.1
Tab.2
0,5
Valutazione energetica dell’esercizio fisico
Valutazione energetica dell’esercizio fisico
Marcia in salita di 2 km e discesa di 2 km;
Pendenza 15%; Velocità V = 3 km/h,
distanza d = 4 km; soggetto di massa m = 70 kg;
Consumo unitario salita (Tab.1) e+15 = 1,5 kcal/kg/km;
Consumo unitario discesa (Tab.1) e-15 = 0,3 kcal/kg/km;
CE = (e+15 • m • d/2) + (e-15 • m • d/2) =
= (e+15 + e-15) • m • d/2 = (1,5+0,3) •70 •2 = 252 kcal
Marcia in piano;
Velocità V = 5 km/h;
distanza d = 4 km;
soggetto di massa m = 70 kg;
Consumo unitario (Tab.1) e = 0,5 kcal/kg/km;
CE = e • m • d = 0.5 • 70 • 4 = 140 kcal
basale) e al termine della prova (lattato di picco) e la conversione delle millimoli (mM) di lattato accumulato
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(lattato di picco – lattato basale) in equivalenti di consumo di ossigeno (1mM di lattato accumulato corrisponde
all’energia prodotta da 3 mlO2/kg/min). Per la determinazione del CE in queste tipologie prestative si tende ad
avvicinare la durata dell’esercizio test a quella di gara. Le tabelle 1 e 2, indicano sull’ordinata il CE unitario della
marcia espresso in kcal/kg/km e della corsa in aerobia, espresso in kcal/kg/h, sulla base della pendenza del
percorso (+/- n); in ascissa è indicata la velocità in Km/h. Queste tabelle rappresentano un importante
riferimento per la valutazione energetica della prestazione relativa. Naturalmente si tratta del CE necessario per
mantenere la velocità della prestazione, non per raggiungerla.
Calcolare invece la potenza media (Watt) nel ciclismo durante la prestazione diventa molto più complesso a causa
di innumerevoli variabili biomeccaniche che intervengono nel gesto tecnico; ma anche di varie tipologie di
approccio allo studio da parte degli esperti. Indicativi sono gli approcci allo studio di Stefano Orazzini (12) e
David Gordon Wilson (13) che arrivano a formulare un’equazione, per il calcolo della potenza media nel ciclismo,
in cui inseriscono numerose variabili tra cui il rendimento degli organi di trasmissione meccanica, il fattore di
frenamento dell’aria, la pendenza del percorso, l’attrito al rotolamento delle ruote, ecc. Anche nel caso del nuoto
(14) le variabili sono numerose e complesse, tra cui citiamo il fattore di idrodinamicità, il fattore di galleggiamento,
la forma del corpo, la tecnica di nuotata, ecc.
IL CE NELLA CORSA A VELOCITÁ VARIABILE.
Per rappresentare l’intensità della prestazione in alcuni giochi sportivi come la pallacanestro e il calcio non si
può considerare la velocità degli spostamenti (come molti ancora fanno) perché bisogna tener conto della brevità
degli spostamenti e la forte presenza di accelerazioni-decelerazioni che si compiono per i cambi di velocità, per i
cambi di senso e di direzione. D'altronde è abbastanza intuitivo che, a parità di condizioni, per correre 100m in
linea nel tempo di 25” si ha un CE inferiore rispetto alla corsa sempre di 100m ma a navetta, compiendo cioè 5
volte un tratto di 20m avanti e dietro senza fermarsi, nello stesso tempo di 25”. Quindi il CE della corsa in
accelerazione è maggiore di quello a velocità costante, perché diventa quantitativamente importante l’energia spesa
per raggiungere una data velocità, oltre che per mantenerla. Se condividiamo questa impostazione, dovremmo
smettere di identificare la maggiore intensità nel gioco del calcio con la velocità degli spostamenti sul campo dei
giocatori. È sbagliato, quindi, identificare quello che i giornalisti definiscono “condizione atletica” del calciatore
con la velocità di spostamento in campo. La vero “condizione atletica” si misura con la POTENZA media rilevata
in campo tenendo conto dei cambi di senso e direzione, dei cambi di velocità, dei salti, ecc. Il rilevamento della
velocità di un calciatore si attua facilmente grazie ad alcuni software di video-analisi che sostanzialmente applicano
la relazione Spazio/Tempo, cioè trascurano l’accelerazione. Sarebbe più corretto sostituire la video-analisi con il
GPS che però necessita di essere indossato dal giocatore. Visto che in gara il giocatore non può indossare tale
dispositivo si effettuano rilevamenti in amichevole o in allenamento per indagare in modo scientificamente più
valido la prestazione. Il GPS fornisce dati istantanei relativi alla potenza erogata durante gli spostamenti (oltre che
alla Velocità) e questo consente di rappresentare meglio il CE.
Questa Potenza Metabolica Istantanea rilevata dal GPS rappresenta quindi l’entità dello sforzo (energia) compiuto
dall’organismo nell’unità di tempo, normalizzato in base al peso corporeo dell’atleta. Attraverso apposite
conversioni dei dati è possibile risalire dalla al CE partendo dalla registrazione della Potenza Metabolica.
Metabolismo energetico in relazione all’età.
Il metabolismo basale varia molto in base all’età. In particolare, nel bambino, a causa dei processi di crescita in
atto, il metabolismo basale risulta superiore rispetto all’adulto di circa il 20-30%. Nel caso di sport in cui si ottiene
la prestazione di eccellenza già in età infantile (pattinaggio di figura su ghiaccio, ginnastica artistica, ecc.) può
accadere che il costo energetico (CE) del metabolismo funzionale (cioè l’energia utile per la prestazione sportiva)
venga pagato a spese dell’energia necessaria per il metabolismo basale di cui l’organismo infantile si serve per i
processi di crescita. La conseguenza è la compromissione dello sviluppo corporeo oppure una minore capacità
globale di carico (6). Per quanto riguarda l’energia per la prestazione, nei bambini di 6-12 anni, il metabolismo dei
grassi è più efficiente del metabolismo degli zuccheri. Questo a causa di una maggiore presenza, nelle giovani
cellule, di enzimi specializzati nel metabolismo dei grassi, oltre che di una maggiore densità mitocondriale. Il
metabolismo basale rimane elevato fino alla prima età adulta e comincia a diminuire dopo i 30 anni di età. Tra i 60
e i 90 anni diminuisce di circa l’8-10% ogni dieci anni, l’attività fisica tende a rallentare questo calo. La
diminuzione dell’energia necessaria a garantire le funzioni vitali dell’organismo col progredire dell’età è la causa
principale dell’aumento di peso, per contrastare tale fenomeno diventa importante aumentare il metabolismo
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funzionale (cioè l’energia necessaria per l’attività fisica) e diminuire la quantità di cibo introdotto con
l’alimentazione.
Metabolismo energetico in relazione al sesso.
Dal confronto tra metabolismo basale nei due sessi emerge una chiara differenza, si osserva cioè che la donna
presenta un CE basale inferiore del 10% rispetto a quello dell’uomo. Le cause sono (5):
 Migliore isolamento termico della donna rispetto all’uomo. La maggiore quantità di tessuto adiposo
sottocutaneo della donna determina in essa una minore cessione di calore e quindi meno energia
necessaria per la termoregolazione.
 Il rapporto tessuto adiposo/tessuto muscolare nella donna è più alto che nell’uomo, cioè la percentuale di
grasso rispetto al peso corporeo nella donna è maggiore che nell’uomo. Ciò significa che siccome la
muscolatura (sia a riposo sia durante un carico fisico) presenta un consumo di ossigeno più elevato del
tessuto adiposo, nella donna, la minore percentuale di muscoli, determina un minore dispendio di energia.
 Gli ormoni maschili (steroidi androgeni) hanno un’azione stimolante sul metabolismo basale che gli
ormoni femminili non hanno. Tuttavia gli ormoni femminili sono responsabili di un più elevato
metabolismo dei grassi (metabolismo funzionale) durante prestazioni di resistenza.
Metabolismo e aspetti ambientali.
AMBIENTE FREDDO-CALDO. Come è noto il metabolismo basale subisce un aumento in condizioni di clima
freddo, dovuto all’attivazione del sistema di termoregolazione che deve produrre energia per mantenere la
temperatura corporea entro i limiti di vivibilità. Addirittura, in ambiente acquatico la perdita di calore del corpo
umano è 2-3 volte superiore rispetto all’aria (7). Tuttavia anche il caldo eccessivo (ipertermia) comporta un
aumento del metabolismo per favorire la dispersione del calore. Anche in questo caso il sistema maggiormente
coinvolto per evitare il superamento dei 41 gradi è fondamentalmente quello cardiocircolatorio. Ma attivazioni
metaboliche importanti per combattere il caldo avvengono anche, in fase di acclimatazione, per consentire
l’aumento della produzione di sudore (8) a livello delle ghiandole sudoripare.
AMBIENTE IN ALTITUDINE. Distinguiamo tra Adattamento all’altitudine e Acclimatazione all’altitudine.
Nel caso di una rapida salita a quote elevate, l’organismo reagisce alla carenza acuta di ossigeno con una serie di
meccanismi di aggiustamento che vengono definiti adattamento all’altitudine, in cui aumenta prima la
profondità e poi la frequenza della respirazione (9). Altri fenomeni di adattamento coinvolgono il sistema
cardiocircolatorio che aumenta la portata cardiaca attraverso l’aumento della frequenza cardiaca senza modificare
la gittata sistolica. Pertanto il metabolismo aumenta per garantire la maggiore spesa energetica a carico dei due
apparati (respiratorio e cardiocircolatorio).
Nel caso di un soggiorno prolungato in quota (oltre i 1500m), l’adattamento all’altitudine viene progressivamente
sostituito dal processo di acclimatazione all’altitudine. Dopo circa tre settimane di permanenza in altura i valori
metabolici generali tendono a normalizzarsi pur restando superiori a quelli possibili a livello del mare. In
particolare rimane elevato il metabolismo degli eritrociti che consente la formazione di un maggior numero di
globuli rossi. Di conseguenza aumenta anche il metabolismo del ferro che viene reso disponibile grazie ad una
maggiore sintesi di transferrina e dei suoi recettori. In pratica una lunga permanenza in altitudine comporta
fondamentalmente un aumento delle concentrazioni di eritrociti ed emoglobina nel sangue e di mioglobina nel
muscolo, ma anche l’incremento della formazione di nuovi capillari (capillarizzazione), di nuovi mitocondri ed
enzimi del metabolismo aerobico. Tutto ciò comporta un aumento della spesa energetica che mantiene elevato il
metabolismo generale.
AMBIENTE SUBACQUEO. Anche nel caso di attività subacquee la spesa energetica, e quindi il metabolismo
generale, subisce un incremento necessario per attivare i meccanismi di adattamento alla situazione specifica. La
prima reazione dell’organismo è alla pressione dell’acqua sugli organi per la respirazione localizzati principalmente
a livello del torace. Tale pressione diventa importante già a 1m sotto il livello dell’acqua. A questa profondità,
infatti, per consentire l’inspirazione (tramite boccaglio), i muscoli inspiratori dovrebbero sottoporsi ad uno sforzo
pari a quello necessario a spostare un peso di 200kg poggiato sul torace (10). L’autorespiratore grazie al gas
compresso in apposite bombole, consente al subacqueo di espandere il suo torace con maggiore facilità ma lo
espone a fattori di rischio tipici per la fase di compressione (discesa), isopressione (mantenimento
dell’immersione) e decompressione (risalita). La condizione di apnea determina una situazione di stress dovuto
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all’accumulo di anidride carbonica nei tessuti, allo sforzo fisico e alla temperatura dell’acqua che hanno un
comprensibile riflesso sulla spesa energetica e quindi sul metabolismo generale.
Concetto di Rendimento (RE).
Strettamente connesso al concetto di costo energetico risulta il concetto di rendimento o efficienza. Con tale
termine si indica la percentuale di energia spesa che viene effettivamente trasformata
Lavoro muscolare
in lavoro meccanico esterno riferito alla prestazione motoria. Cioè è il rapporto fra il
lavoro effettuato e l’energia spesa allo scopo.
Energia impiegata
Il rendimento del nostro organismo è sensibilmente inferiore al 100%, poiché gran
parte dell’energia consumata durante l’attività fisica viene dissipata sottoforma di
calore e solo una frazione minore viene trasformata in lavoro esterno. Mediamente, l’efficienza della locomozione
umana (camminare, correre, pedalare.) oscilla tra il 20 e il 30% che è molto simile al rendimento meccanico
automobilistico (il motore a GPL rende il 20%, quello a benzina 28%, il diesel 33%). Il Costo Energetico (CE)
della locomozione umana rappresenta un indicatore dello “stile” dell’atleta dal momento che il soggetto più
economico è quello con una “armonia” di movimento e una coordinazione neuromuscolare migliore. Per
“soggetto economico” (soggetto con alti livelli di rendimento) si intende colui che a parità di CE riesce a fornire
una prestazione superiore per durata o per intensità. Quindi le variabili che entrano in gioco nel concetto di
rendimento sono: il lavoro muscolare, la produzione di calore, gli attriti degli organi di trasmissione, la tipologia
della locomozione (marcia, corsa, nuoto, ciclismo), la tecnica esecutiva del gesto specifico. Tra le variabili
possiamo considerare il CE nella dinamica respiratoria; sappiamo infatti che l’energia necessaria per garantire la
respirazione arriva a costituire il 25-30% del metabolismo basale (11). Imparare a respirare e soprattutto esercitare
la muscolatura in modo specifico può migliorare il rendimento della respirazione per contribuire, come piccolo
tassello, al miglioramento del rendimento nella locomozione in generale.
Sul piano più specificatamente prestativo per meglio comprendere il concetto di rendimento, immaginiamo due
ciclisti (A e B) che pedalano con un CE uguale, tra i due, il ciclista A utilizza una bici con ruote quadrate mentre il
ciclista B corre su una bici normale. Chi di loro registrerà un rendimento maggiore? Nella corsa le ruote sono
rappresentate dagli arti inferiori e siccome la traiettoria è di tipo ondulatorio a causa della successione di salti, si
può dire che l’andatura è molto simile a quella del ciclista A
(con bici a ruote quadrate). Migliorare il rendimento nella
corsa, quindi, significa evitare le oscillazioni verticali del
baricentro durante la successione dei passi fino ad ottenere
una “forma” del gesto tecnico che sia la più “fluida”
possibile. Insomma il rendimento migliora col miglioramento della tecnica di corsa. Una buona tecnica consente, a
parità di velocità, di correre più a lungo (maggiore durata della prestazione o migliore resistenza), oppure, a parità
di CE, di correre più veloce (maggiore intensità o migliore velocità). Negli sport di situazione (pallacanestro,
calcio, pallamano, ecc.) la corsa si realizza con continui cambi di velocità (accelerazioni e decelerazioni), cambi di
senso e di direzione, per cui la misura del CE dovrà tener conto di
questi fondamentali. In pratica, a parità di velocità, correre 100m in
linea (come fa un velocista dell’atletica leggera) comporta un CE
inferiore rispetto ai 100m che si totalizzano correndo su e giù 5 volte un
tratto di 20m (come farebbe più probabilmente un calciatore). Tuttavia
gli adattamenti specifici a cui gli atleti e i giocatori si sottopongono in
allenamento possono determinare situazioni diverse, per
esempio: due calciatori che corrono le 5 navette di 20m nello
stesso tempo, potrebbero registrare un CE diverso. Per questo
motivo è un errore identificare l’intensità del carico di
allenamento del calciatore con la velocità (km/h). Ciò che
esprime meglio il parametro intensità, in questo caso, è la
potenza (watt).
Per capire in che modo la misura del Costo Energetico (CE) e
del Rendimento (RE) possano contribuire a migliorare
l’allenamento, e in definitiva la prestazione sportiva, possiamo
evidenziare uno studio pubblicato su ELAV Journal n.2
Giugno 2008 - WWW.ELAV.BIZ che è sintetizzato nelle tabelle 3 e 4. Un gruppo di 15 calciatori diciottenni di
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buon livello si è sottoposto a 8 settimane di allenamento. Nell’ambito dello stesso allenamento, un gruppo
svolgeva per 20-30 minuti un lavoro classico per la forza esplosiva basato su balzi e salti vari, mentre un altro
gruppo svolgeva un altro lavoro per la stessa durata di 20’-30’ prevalentemente con delle superfici instabili e
comunque con criteri di destabilizzazione anche in monopodalico (su un solo piede). I gruppi sono stati sottoposti
a test di Bosco su pedana dinamometrica sia prima che dopo le 8 settimane. Come era prevedibile il gruppo che ha
svolto il lavoro tradizionale per l’incremento della forza esplosiva ha ottenuto un miglioramento dell’elevazione di
circa il 5% (in rosso nella Tab.3). Di contro si nota l’assenza di miglioramenti nell’elevazione del gruppo che ha
usato l’instabilità. Se l’osservazione finisse qui concluderemmo che il lavoro sulla instabilità non sia efficace.
Tuttavia osservando la Tab.4 e notando cosa succede alla forza applicata sul terreno al momento del salto
(misurata col dinamometro), vediamo che i ragazzi allenatisi con i balzi tradizionali, hanno migliorato la loro forza
dell’11%. In altre parole la maggior forza costruita con i balzi ha determinato l’incremento dell’elevazione (+5,2%)
con un costo muscolare che è aumentato del 5,1%. I ragazzi che hanno svolto il lavoro sul disequilibrio, invece,
per saltare la stessa altezza hanno utilizzato meno forza (-9%), con un risparmio sul costo muscolare del 10%.
Cosa è successo a quei muscoli? Come hanno fatto quei ragazzi a saltare la stessa altezza se avevano meno forza?
La risposta sta nel fatto che il lavoro sul disequilibrio non serve ad incrementare la forza ma migliora
notevolmente la coordinazione intermuscolare e intramuscolare che sono fattori importanti per il controllo del
movimento. Il processo di allenamento, pertanto, non può basarsi semplicemente sull’incremento della forza (cioè
sul rendere disponibile maggiore energia), ma deve favorirne l’utilizzo migliore da parte del sistema nervoso
centrale (cioè utilizzare meglio l’energia disponibile). In altre parole, usando una similitudine, per far correre
veloce una macchina di formula 1 su una pista, non basta una buona macchina (motore, telaio, gomme,
meccanica, ecc.), serve anche un buon pilota e una strada scorrevole (priva di buche o detriti).
CONCLUSIONI
Tra i risultati osservabili nell’apprendimento motorio c’è l’efficacia del movimento che si traduce in una
diminuzione del CE realizzabile attraverso la costante ripetizione dell’esercizio. All’aumentare dell’efficacia del
controllo e della coordinazione (programmi motori), si riduce la quantità di energia richiesta per eseguire il
movimento. Una possibile misura dell’efficacia del risultato di apprendimento motorio potrebbe essere il tempo in
cui gli atleti sono capaci di continuare a svolgere una data quantità di attività. Si potrebbe anche chiedere loro di
valutare la propria percezione dello sforzo al termine della sessione di apprendimento. Tuttavia l’approccio ideale
prevede la misura esatta della spesa energetica.
Lo studio della spesa energetica nei vari gesti sportivi è una operazione sicuramente complessa, ma la tecnologia
viene incontro alle esigenze degli allenatori, attraverso diversi strumenti di misura ed elaborazione dei dati capaci
di fornire informazioni abbastanza precise, in tempo reale e sul campo, la cui preziosa utilità è importante per :
 migliorare il processo di allenamento finalizzando il lavoro in base al meccanismo energetico che si vuole
sviluppare, sperimentando vari mezzi di allenamento attraverso il dosaggio delle fasi attive (quantità e
intensità del carico) e la scelta delle pause (durata e modalità attiva o passiva). Quindi migliorare il giusto
equilibrio fra la prestazione e il riposo. Per favorire l’apprendimento di abilità e il condizionamento fisico,
l’istruttore deve conoscere l’entità dell’impegno fisico previsto dal compito motorio e quindi scegliere il
rapporto ottimale esercizio/riposo all’interno della stessa seduta ma anche tra le diverse sedute.
 migliorare la tecnica esecutiva del gesto specifico. Quando la prestazione si è stabilizzata perché si sono
raggiunti i limiti legati al condizionamento fisico, è possibile ottenere un ulteriore miglioramento prestativo
affinando la tecnica dell’esercizio. Il risultato sarà un migliore rendimento o efficacia del gesto.
 favorire il feed-back di apprendimento cioè l’azione correttiva del gesto tecnico o dell’andatura ritmica a
seguito di osservazioni fatte su esecuzioni precedenti. Il confronto fra il risultato ottenuto e le sensazioni
interne che lo hanno determinato alla luce dell’energia prodotta, permette di migliorare la correzione di
eventuali errori o più in generale di affinare quelle strategie che l’atleta mette in atto, anche tatticamente,
quando affronta le diverse variabili del compito motorio.
Prof. Danilo Diana (2ª edizione - Agosto 2016)
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BIBLIOGRAFIA
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Il costo energetico della corsa in prove continue e intermittenti. Antonio Falce. Documenti FIDAL
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Apprendimento Motorio e Prestazione (traduzione). R.A.Schmidt e C.A.Wrisberg. SSS Roma 2000.
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MAPPA RIASSUNTIVA DEGLI ARGOMENTI
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