2015 n°1 - Attivecomeprima

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2015 n°1 - Attivecomeprima
Nel mondo degli affetti. Della creatività. Del benessere.
Anno XXXII - n° 1 - maggio 2015
Sped. Abb. Post. 70% - Filiale di Milano - TAXE PERCUE (Tassa Riscossa) Uff. CMP Roserio - MI
“Caregiver”
attività di sostegno
per partner e caregiver
per il sovraccarico emotivo
nelle relazioni familiari
Ascolto,
aiuto pratico,
orientamento
per la paura e il
disorientamento
davanti
alla diagnosi
Gruppi di sostegno
psicologico
per armonizzarsi
con i cambiamenti
della vita
dopo il cancro
Consulenze individuali
psicologiche e mediche
per problemi particolari
di natura emotiva
e fisica
“Caro Figlio”
attività di sostegno
per figli dei pazienti
specifico
dai 12 ai 21 anni
Terapia medica
sistemica
per la prevenzione
e cura della fatigue
per rafforzare
l’organismo durante e dopo
le terapie oncologiche
Attività
psicofisiche,
creative, estetiche
per accrescere
l’armonia
mente-corpo
Risposte aperte
dei medici
“Dottore si spogli”
per saperne di più su
alimentazione, ricostruzione,
menopausa, malattia
e cure
Tutte le nostre attività sono gratuite*
*è gradita una libera offerta all’Associazione
Dal 1973 a sostegno globale delle persone colpite dal cancro
Editoriale
Da anni si parla di personalizzazione delle cure in Medicina e in particolare in Oncologia, più e più volte anche dalle pagine di questa rivista. Se ne
è parlato poche settimane fa anche al nostro Mini-Master in Management
e Supporto Globale del Paziente Oncologico, giunto quest’anno alla sesta
edizione.
ATTIVEcomeprima Onlus
Via Livigno 3,
20158 Milano
Tel 026889647
Fax 026887898
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www.attive.org
Fondatrice:
Ada Burrone.
Consiglio Direttivo:
Alberto Ricciuti, Arianna Leccese,
Caterina Ammassari, Maria Lisa
Di Latte, Claudio Fochi, Giovannacarla
Rolando, Bernardina Stefanon.
Collegio dei Sindaci:
Mauro Bracco, Flavio Brenna,
Luciana Dolci, Giusi Lamicela,
Carlo Vitali.
Comitato Scientifico:
Stefano Gastaldi, Paola Bertolotti,
Serena Ali, Fabio Baticci,
Franco Berrino, Nicoletta Buchal,
Chiara Caldi, Massimo Callegari,
Salvo Catania, Alberto Costa,
Francesco Della Beffa,
Roberto Labianca, Marina Negri,
Willy Pasini, Manuela Provantini,
Alberto Ricciuti, Giorgio Secreto,
Sandro Spinsanti, Paolo Veronesi,
Umberto Veronesi, Claudio Verusio.
Almeno due sono gli ambiti nei quali questo obiettivo si sta realizzando:
uno è quello biotecnologico, con la messa a punto di farmaci sempre più
specifici e indirizzati, al limite estremo, a riconoscere le caratteristiche
biomolecolari delle cellule tumorali di ogni singolo individuo e a intercettarle in modo selettivo. L’altro è quello che riguarda l’ascolto empatico
della persona, la valorizzazione delle sue istanze e il sostegno delle sue
risorse come conoscenza e strumento di valore imprescindibile per giungere
a una scelta più consapevole e condivisa del percorso delle cure.
Come scrive Sandro Spinsanti nel suo articolo, questo che stiamo vivendo
è un “delicato cambiamento culturale” nel quale siamo tutti coinvolti, professionisti della salute, cittadini e famigliari. Essere più aggiornati e bene
informati sugli strumenti diagnostico-terapeutici disponibili è di importanza
fondamentale per tutti, ma il loro uso, per potersi dire davvero “personalizzato”, richiede due cose: la disponibilità della persona a raccontarsi
e la disponibilità del medico ad ascoltarne il racconto. Solo così potrà trarre
quelle indicazioni preziose per rendere ancora più appropriate le sue prescrizioni, per aiutare la persona a ridurre la sofferenza fisica e psicologica
e per affiancarla nel coltivare la speranza di poter vivere attivamente il
tempo delle cure e della vita.
A parte le attitudini personali, per così dire, innate, è possibile comunque
favorire lo sviluppo di una capacità comunicativa più partecipata
ed empatica tra la persona malata e il proprio medico attraverso strategie di approccio innovative e nuovi metodi di formazione. Ne troviamo un
bell’esempio, nelle pagine che seguono, nell’originale ricerca/intervento
realizzato dalla Fondazione Quarta all’Istituto Tumori di Milano.
Tutto questo ci incoraggia a pensare che in Medicina e Sanità, a fianco
delle tradizionali categorie ‘maschili’ del prescrivere, del risolvere e del
combattere, stiano lentamente emergendo, come potenti fertilizzanti, le
categorie ‘femminili’ dell’ascoltare, del gestire e del prendersi cura. E forse
è un segno dei tempi, o almeno ci piace pensarlo, anche il fatto che poche
settimane fa, per la prima volta in Italia, sia stata eletta una donna alla
presidenza della FNOMCeO (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici
Chirurghi e degli Odontoiatri), la Dott.ssa Roberta Chersevani, specialista
in radiologia, esperta in radiodiagnostica senologica e docente alla Scuola
Europea di Senologia, alla quale va il nostro più sincero ‘buon lavoro’!
Per tradizione, ATTIVEcomeprima
Onlus offre la Presidenza Onoraria
al Sindaco di Milano.
Ringraziamo i nostri collaboratori e fornitori per il contributo alla realizzazione e alla qualità di questa rivista.
Un grazie particolare alla Fotolito ABC per l’omaggio degli impianti di stampa.
Per ricevere questa rivista basta inviare una libera offerta ad ATTIVEcomeprima Onlus.
3
Nel mondo degli affetti. Della creatività. Del benessere.
RIVISTA
ATTIVE
Viene offerta
a tutti coloro
che sostengono
l’Associazione
C O L L A N A D I G U I D E P R AT H E
P E R C A M M I N A R E N E L L A VI CI TA
,
D E D I C ATA A C H I V I V E
O CONDIVIDE
L’ E S P E R I E N Z A D E L C A N C R O
HE
C O L L A N A D I G U I D E P R AT VI CI TA
,
PER CAMMINARE NELLA
D E D I C ATA A C H I V I V E
O CONDIVIDE
L’ E S P E R I E N Z A D E L C A N C R O
COME E PERCHÉ
USARE IN RETE
LE
GUIDA n°2
COMPETENZE
IL CIBO
MEDICHE
E LA
PREVENZIONE
D E P R AT I C H E
C O L L A N A D I GA UR IE N E L L A V I TA ,
P E R C A M M I NC H I V I V E
D E D I C ATA A
O C O N D I V I D EA D E L C A N C R O
L’ E S P E R I E N Z
GUIDA n°1
UN MEDICO
SU MISURA
SALVO CATANIA
FRANCO BERRINO
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Anno XXXI - n° 2 - novembre 2014
GUIDA n°3
per
Istruzioni sartoriali A cura di:
cittadini esigenti
COLLANA
DI GUIDE PRATICHE
PER CAMMINARE
NELLA VITA
Dedicata a chi vive
o condivide
Ada Burrone
A UNA DONNA
COME ME
A una donna
come me
Messaggio
di Ada Burrone
alle donne
operate
a cura di
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A cura di:
SANDRO SPINSANTI
A cura di:
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LA FORZA
DI VIVERE
ALIMENTARE
IL BENESSERE
Franco Berrino
LA FORZA
DI CAMBIARE
Paola Bertolotti
LA TERAPIA
DEGLI AFFETTI
Stefano Gastaldi
Cofanetto
di 10 opuscoli
a cura di
ATTIVEcomeprima
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LO SPAZIO UMANO
TRA MALATO
E MEDICO
LA TERAPIA
DI SUPPORTO
DI MEDICINA
GENERALE IN
CHEMIOTERAPIA
ONCOLOGICA
di Alberto Ricciuti
Parlano i medici
le donne
gli psicologi
a cura di
ATTIVEcomeprima
Parlano medici,
pazienti, psicologi
a cura di
ATTIVEcomeprima
Edizione
FrancoAngeli
Edizione
FrancoAngeli/Self-help
(in italiano
e in inglese)
Edizione
ATTIVEcomeprima
Messaggio
di Ada Burrone
Edizione
FrancoAngeli
Self-help
...E POI CAMBIA
LA VITA
LA FORZA DI VIVERE
PER AFFRONTARE
CON ARMONIA
IL CAMBIAMENTO
di Ada Burrone
IL TRAUMA,
IL TEMPO
E LA VITA
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M’amo
non m’amo
Ada Burrone
M’AMO,
NON M’AMO
di Ada Burrone
(in italiano
e in inglese)
Edizione
ATTIVEcomeprima
Il Pensiero Scientifico
Editore
QUANDO IL MEDICO
DIVENTA PAZIENTE
La prima indagine in
Italia sui medici che
vivono o hanno vissuto
l’esperienza del cancro
a cura di
ATTIVEcomeprima
e Fondazione Aiom
Edizione FrancoAngeli
LETTERA AI MEDICI
DI DOMANI
LA DANZA
DELLA VITA
Le esperienze più
straordinarie della
mia esistenza
La paura è contagiosa,
ma lo è anche
la speranza
di Ada Burrone
di Ada Burrone
(in italiano
e in inglese)
Edizione
FrancoAngeli
(in italiano
e in inglese)
Edizione
ATTIVEcomeprima
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Potete richiederli tutti alla nostra Segreteria tel. 026889647 email: [email protected]
PAPAVERI
E FIORDALISI
La scuola della vita
a cura di
Ada Burrone
Edizione
FrancoAngeli
Sommario
Periodico trimestrale
Editoriale
pag. 03
AVVENTURA
La mia vita dentro un documentario di National Geographic /
Tania Militello
pag. 06
TRA MEDICO E PAZIENTE
Le parole curano / Alberto Ricciuti
pag. 08
VIVERE IL CAMBIAMENTO
Storia (appassionante) di un gruppo “singolare” /
Dina Barnett
pag. 10
IL LINGUAGGIO DEGLI AFFETTI
Aggressività Q.B. / Stefano Gastaldi
pag. 12
CAREGIVER
InsolitoFilm / Manuela Provantini
pag. 14
ANDAR PER STORIE
Marc & Bella Chagall / Giovannacarla Rolando pag. 16
LA MEDICINA CHE CI ASPETTIAMO
Etica dell’informazione / Sandro Spinsanti
pag. 18
NUTRIRE IL BENESSERE
La salute nel cavolo / Anna Villarini
Le ricette di Angela / Angela Angarano
pag. 20
pag. 22
PROFILI
Da una stella... all’altra! / Daniela Condorelli
pag. 24
Letti e piaciuti / a cura di Serena Ali
pag. 27
Sapevate che... / Benedetta Giovannini
pag. 27
-Alla Società Italiana di Psiconcologia
(S.I.P.O.)
Noi con gli Altri
pag. 28
-Alla F.A.V.O. (Federazione Italiana delle
Associazioni di Volontariato in Oncologia)
Le illustrazioni e fotografie contenute in questa pubblicazione sono esenti da licenza o coperti da licenze free di cui vengono correttamente citate le fonti.
Anno XXXII - N° 1
Maggio 2015
Sped. abb. post. 70%
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impegnano esclusivamente la responsabilità
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Redattore:
Caterina Ammassari
Hanno collaborato:
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Manuela Provantini, Alberto Ricciuti,
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Anna Villarini.
Proprietà della testata:
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ATTIVEcomeprima ONLUS
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Stampa: Tecnografica, Lomazzo (Co)
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n° 39 del 28/1/1984
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-All’Albo delle Associazioni,
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della Regione Lombardia
-Al Registro dell’Associazionismo
della Provincia di Milano
-Al Registro Anagrafico delle Associazioni
del Comune di Milano
-All’Albo delle Associazioni della Zona 9
del Comune di Milano
ATTIVEcomeprima aderisce
al movimento di opinione
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Qualsiasi avente diritto che non desiderasse essere incluso in questa pubblicazione può segnalarlo all’autore che provvederà a rimuovere completamente i
contenuti oggetto della segnalazione a partire dalla prossima edizione.
Avventura
La mia vita
dentro un
documentario
di National
Geographic
6
Tania lavorava da circa due anni alle Maldive come
biologa marina quando, all’inizio del 2014, le è stato
diagnosticato un tumore alla mammella.
È dovuta rientrare a Milano per le cure e, proprio in quel
periodo, ci ha conosciuto.
Il sole splende alto nel cielo, il mare è una tranquilla tavola blu,
ho addosso la mia muta con il logo del Manta Trust di cui vado
fierissima e sono pronta a partire per la prima giornata ufficiale
da volontaria.
Arrivare qui e far parte di questa bellissima iniziativa per me
era un sogno: significava poter dedicare il mio tempo alla
ricerca e alla protezione delle affascinanti mante.
Neanche il tempo di raggiungere il sito di immersione ed ecco
che avvistiamo un piccolo gruppo di “alieni nuotanti”. Questi
bellissimi animali sembrano non conoscere la paura dell’uomo e quella “strana creatura bipede con pinne di plastica”
che sono io viene accettata nel gruppo con noncuranza. Che
spettacolo della natura! Davanti a me sfilano a uno a uno
cinque esemplari tra i due e i quattro metri di lunghezza. Le
loro bocche spalancate, il loro nuoto leggero, quasi come un
volo di uccelli.
La mia “missione”: fotografare le loro pance. Non per vedere
se hanno mangiato troppo. Le fotografie delle pance delle
mante sono un efficace strumento di identificazione. Ogni
singola manta ha, infatti, sulla pancia un disegno a macchie
caratteristico, una specie di “impronta digitale”.
Grazie alla docilità di queste creature e alle condizioni meteo
Manta Trust è un’organizzazione
inglese senza scopo di lucro,
fondata nel 2011, che ha come
obiettivo studiare e preservare le
mante e loro cugine, le mobule,
dall’estinzione.
Negli ultimi decenni le popolazioni di mante e mobule in tutto il
mondo stanno diminuendo ad un
ritmo spaventoso, che potrebbe
portar loro presto all’estinzione.
I fattori che hanno determinato
questo trend sono molteplici,
ma tra questi un forte impatto
ha sicuramente avuto la pesca
selettiva, determinata dalla
continua richiesta per il mercato
asiatico delle branchie essiccate
di mante.
Per saperne di più: www.mantatrust.org www.facebook.com/
MantaTrust
favorevoli, oggi fare foto-identificazione è davvero un
gioco da ragazzi.
In breve, ho le foto di tutte e vengo raggiunta dal
gruppetto di turisti che accompagno. Anche per loro è
un’esperienza esaltante. La curiosità degli animali non
tarda a ripagarci: si avvicinano, alcuni di loro quasi ci
sfiorano, lasciandoci a bocca aperta e con il cuore che
batte all’impazzata. Che bella giornata!
La mia sveglia suona. Odio la sua suoneria, dovrei
davvero cambiarla. Sono le 6,30 del mattino e sì, stavo
sognando!
Mi alzo dal letto a castello rischiando di spaccarmi una
gamba... non riesco a trovare gli occhiali, ma dove li ho
messi?! Faccio una colazione veloce e mi fiondo al diving
center, dove i miei colleghi istruttori sono già al lavoro
(ma questi che fanno, dormono qui?). Mi comunicano subito che oggi sarò in barca con cinque turisti e iniziamo
a preparare le bombole e l’attrezzatura. Il Signor Brown
quanti chili vorrà in cintura? Cinque? No, sei. Sei? Sono
troppi! Ne metto cinque e ne preparo uno di riserva.
Carichiamo le bombole in barca e siamo pronti ad accogliere i clienti e far vivere loro un’avventura indimenticabile.
Destinazione finale: Aquarium, uno dei siti di immersione
più belli delle Maldive e dove è più facile incontrare le
mante. Si parte!
Il mare è agitato, il vento soffia forte e il cielo coperto
non promette niente di buono. E poi la chiamano
“the sunny side of life”, “il lato solare della vita”! Mah!
Arrivati al sito di immersione il capitano della barca urla
in maldiviano: “Tania, Tania, emmadi tibey!” ovvero
“Tania, c’è una manta!”. Fortuna che ho imparato qualche parola nella lingua locale...
Lascio l’altro istruttore a dare una mano ai turisti e in
tempo record mi infilo pinne e maschera e blup! Sono
in acqua. È freddissima! Appena tuffata mi accorgo di
aver dimenticato il boccaglio, ma non ho tempo per
tornare indietro perché la manta si sta già allontanando.
“Bene”- penso fra me e me - “allora farò snorkeling
senza snorkel!”.
Inizio a nuotare e dopo un paio di minuti intravedo una
macchia nera in acqua. È ancora troppo lontana per fare
delle foto della pancia, ma sono troppo eccitata
e inizio a fare foto all’impazzata. MILIONI di foto,
fino a rendermi conto di far fatica a respirare.
Finalmente raggiungo la manta. È un maschio. Ed
è terribilmente timido e veloce! “Dai, su su, carino,
vieni qui dalla zia, vieni vicino che ti devo fare la foto della pancia”. Non c’è niente da fare: invece di venire verso
di me, cambia direzione e si allontana di nuovo. Ma tanto
lo so che tornerà qui, perché qui è dove c’è più plankton.
In fondo, un anno e mezzo di mante e di Maldive saranno
servite a farmi capire che la sua fame e curiosità avranno la meglio? Ho ragione! Dopo qualche minuto, infatti,
il piccolo inizia a tornare verso di me. Finalmente un po’
di collaborazione! Appena è vicino abbastanza, prendo
un respiro lunghissimo e, pluf, sono sott’acqua e inizio a
scattare di nuovo. Forse ce l’ho fatta, forse ho una buona
foto questa volta!
Nel frattempo, i turisti mi raggiungono. Per loro l’emozione è alle stelle: il primo incontro con una manta! Un
gigante che ti entra nel cuore! La vediamo passare e poi
allontanarsi di nuovo verso il blu, lasciando noi poveri
umani a chiederci se si è trattato di un sogno.
Quando finalmente nel pomeriggio rientro in ufficio non
vedo l’ora di guardare le mie foto del mattino... Accendo
il computer, inserisco la schedina ed ecco... Cosa?!?
Tutte le foto sono blu oceano! Alla fine, dopo una serie
infinita di scatti, ne scovo due decenti. Purtroppo la
qualità è troppo bassa, le macchie di riconoscimento
sulla pancia si intravedono appena e non riesco a identificare la manta. Per fortuna qui ad assistermi c’è Guy, il
fondatore e direttore del Manta Trust (lui riconosce ogni
manta al volo! Incredibile!). Grazie al suo aiuto riesco a
identificarla: si tratta di Newton, un giovane maschio.
Cavoli! Io pensavo che Newton fosse uno scienziato, non
un corridore!
Inserisco i dati di oggi nel database, rispondo a un paio
di mail, leggo qualche articolo e la giornata finisce.
Sono stravolta e ho bisogno di riposare.
La vita di un biologo marino è dura, ma non te lo dice
nessuno in quei fantastici documentari...
Prima di andare a dormire voglio essere sicura di aver
preso una batteria di scorta per domani (fare milioni di
foto blu richiede un bel po’ di energia!). Do un’occhiata
alle previsioni delle maree e penso al giorno che verrà:
un’altra giornata là fuori, un’altra giornata in mezzo all’oceano, un’altra giornata con le mie amate mante...
Questo è davvero il lavoro più bello del mondo!
I mesi sono passati, le cure hanno fatto il loro
corso e ora Tania sta per “ripartire”: andrà alle
Seychelles a nuotare ancora una volta tra i
suoi amatissimi pesci.
Tania Militello.
Biologa marina.
7
Tra medico e paziente
Le parole
curano
8
Già da tempo ero a conoscenza dell’innovativa
ricerca/intervento che la Fondazione Giancarlo
Quarta Onlus stava realizzando all’Istituto
Nazionale dei Tumori di Milano, ma lo scorso
mese di ottobre, quando ho ricevuto una copia
fresca di stampa del volume “Anche le parole
curano” gentilmente donata dagli Autori, ho
avuto modo di apprezzarne ancora di più il
valore. Ciò che subito mi ha colpito, oltre al
rigore metodologico, è stata l’idea innovativa di
ribaltare l’abituale strategia di approccio allo
studio della relazione tra la persona malata e
il suo medico. In parole semplici: non “cosa ti
è dispiaciuto di quel medico e quali parole ti
hanno disturbato...”, ma “cosa ti è piaciuto di
lui e cosa ti ha fatto bene sentirti dire...”. Il tutto,
poi, utilizzato come restituzione gratificante e
illuminante allo stesso medico che, in un certo
senso, è stato messo in condizione, senza attività
formative d’aula, di imparare da se stesso e di
migliorare ulteriormente così la relazione coi suoi
pazienti.
Il tutto a vantaggio del malato, del medico e
delle sue abilità relazionali e, infine, della qualità delle cure che la stessa struttura ospedaliera
è in grado di offrire alle persone che ad essa si
rivolgono.
Per capire più nel dettaglio le ragioni che hanno
portato alla realizzazione del progetto, abbiamo rivolto alcune domande alla Dott.ssa Lucia
Giudetti Quarta e al Dott. Alan Pampallona,
autori del libro edito dalla stessa Fondazione.
Come è nata l’idea di intraprendere una ricerca
con questo disegno metodologico?
L’idea nasce dall’interrelazione di molteplici fattori. Per
usare un codice a noi caro, mutuato dalla teoria della
complessità, nasce come un’emergenza, ossia qualcosa
di nuovo che porta con sé tutti gli elementi che l’hanno
Fondazione Giancarlo Quarta
ONLUS
Fondata nel 2004 da Lucia Giudetti
Quarta, per onorare la memoria del marito,
la Fondazione Giancarlo Quarta Onlus
ha sede a Milano e si occupa di ricerca
scientifica in ambito clinico e sociale,
con particolare attenzione al malato
affetto da gravi patologie che cambiano
la qualità della vita.
La sua storia e le sue attività sono visibili
sul sito www.fondazionegiancarloquarta.it
generata, in cui però il risultato è qualcosa di più grande
e complesso della somma delle parti. In altre parole il
progetto è stato generato dalla sedimentazione di differenti saperi ed esperienze. Senz’altro la mia formazione
sia economica che psicologica, unita alla lunga e precedente esperienza professionale dedicata alla formazione
comportamentale delle risorse umane aziendali, hanno
costituito le fondamenta. Le esperienze, positive e negative, vissute negli anni in cui ho accompagnato e condiviso il percorso di malattia di mio marito, a cui ho dedicato
la Fondazione, sono state il catalizzatore e la motivazione
per cercare una modalità che fosse in grado di potenziare le capacità di relazione dei medici, in modo che non
si ripetessero le esperienze terribili che Giancarlo e io
abbiamo vissuto e che si diffondessero, invece, quelle
altre esperienze che, pur in momenti drammatici, ci
hanno fatto piacere e aiutato ad affrontare la situazione.
Poi l’apporto delle altre competenze ed esperienze degli
amici della Fondazione hanno dato origine a un disegno
metodologico, senz’altro innovativo e che si è rivelato
anche particolarmente efficace. I risultati del progetto
hanno infatti mostrato che dare soddisfazione, lavorare
sugli aspetti positivi, rinforzandoli, non solo permette di
far ripetere quanto di buono già espresso dai medici, ma
consente di innescare circoli virtuosi che, amplificandosi,
migliorano la qualità complessiva dell’intera struttura
ospedaliera.
Quali sono i punti di forza più significativi nella
relazione col medico emersi dalle interviste dei
4.000 pazienti che hanno partecipato alla ricerca?
Senz’altro i comportamenti relazionali mirati a dare
garanzie di continuità di rapporto e assistenza sono
molto apprezzati dai pazienti, in quanto sono determinanti a farli sentire sicuri e a creare fiducia nel medico
e nel percorso di cura. A questo proposito, per esempio,
ricordo che un paziente ha letteralmente detto che per
lui avere avuto il numero di cellulare del proprio medico
aveva lo stesso effetto di un ciclo di chemioterapia. In
realtà l’ampia casistica raccolta conferma la validità
del modello proposto che indica la situazionalità come
criterio di comportamento. Le persone, nel caso specifico
i pazienti e i loro cari, hanno bisogni relazionali differenti,
espliciti o impliciti, a seconda delle differenti situazioni
che stanno affrontando. Non esiste quindi un comportamento buono in assoluto, ma esistono comportamenti
che, con la massima probabilità, possono soddisfare il
particolare bisogno implicato in una particolare situazione. Solo attraverso un ascolto attivo del proprio interlocutore è quindi possibile adottare la condotta più efficace. È
anche vero che esiste una modalità ottimale di rapporto
che chiamiamo di guida o modellaggio, grazie alla quale,
attraverso l’uso di diverse o tutte le strategie comportamentali del modello, riesce a soddisfare l’intera gamma
di bisogni relazioni del paziente, inclusi quelli impliciti,
mettendolo quindi in grado di esercitare realmente la
propria autonomia decisionale. In questi casi, infatti, le
argomentazioni e i comportamenti del medico, riescono
via via a rendere il paziente consapevole della propria
condizione, a dargli fiducia nel piano di cura e nell’assistenza che riceverà, a farlo sentire compreso emotivamente e riconosciuto per ciò che realmente conta per lui.
Soddisfatte tutte queste condizioni e bisogni, il malato
potrà effettivamente decidere autonomamente di seguire
o meno le indicazioni e i consigli del medico.
Cosa è cambiato nella prassi quotidiana dei 135
medici che hanno partecipato allo studio?
I risultati della ricerca intervento IPPOCRATES indicano
che è cambiata la qualità relazionale adottata quotidianamente dai medici, ossia è aumentata non solo la
frequenza dell’uso di particolari comportamenti relazionali, ma anche la loro qualità e adeguatezza rispetto
agli specifici bisogni dei pazienti. È quindi cambiata la
capacità di attenzione dei medici rispetto al tema della
relazione in generale e all’interlocutore in particolare. Lo
studio ha infatti incrementato il livello di soddisfazione
dei medici per la loro attività relazionale, che
solitamente non trova riscontro ufficiale. Dal punto
di vista pratico la metodologia dello studio ha permesso ai medici, attraverso le parole dei pazienti,
di comprendere quali aspetti sono ritenuti importanti da
loro, quali sono le frasi che hanno più in mente, le cose
a cui tengono in determinate circostanze. Questi aspetti,
accompagnati dalle nostre note metodologiche, hanno
permesso di sistematizzare le esperienze relazionali e di
acquisire uno specifico know how, ossia di trasformare
queste conoscenze in comportamenti ed esperienze
positive e quindi di potenziare le abilità di relazione dei
medici coinvolti.
La metodologia utilizzata in questo studio ha
indiscutibilmente una valenza formativa per gli
operatori in ambito oncologico e non. Potrebbe
essere proposta come monitoraggio sistematico
della qualità della relazione di cura?
È proprio il percorso che stiamo intraprendendo con un
nuovo progetto di ricerca: A.S.C.L.E.P.I.O. (Analisi dei
Sistemi di Cura: Livelli di Efficacia relazionale e Parametri clinici – Indici Ospedalieri). In questi anni abbiamo
constatato, sia direttamente che attraverso lo studio della
vasta bibliografia in materia, come la qualità relazionale
incida su molti aspetti clinici, organizzativi ed economici.
Per fare solo qualche esempio le parole del medico possono creare aspettative positive o negative rispetto agli
effetti di un farmaco e queste aspettative sono in grado
di influenzarne gli effetti, aumentandone o riducendone
l’efficacia. O ancora, i livelli di compliance di un paziente
al percorso terapeutico sono in funzione della relazione
instaurata con il terapeuta, anche il contenzioso legale
ha a che fare con la qualità relazionale e potremmo
continuare. Insomma la relazione conta molto, anche se è raramente considerata come generatrice di
valore. Noi abbiamo e stiamo validando uno strumento
in grado di monitorare e valutare, in modo accurato e
complesso, la qualità relazionale nei sistemi di cura.
Il passo successivo che vogliamo fare è di misurare
quanto vale e incide la relazione rispetto ai principali
indicatori utilizzati per il governo dei sistemi sanitari. In
tal modo potremmo fornire degli strumenti di diagnosi,
di decisione e di azione ai medici, agli amministratori e,
in generale, agli operatori sanitari.
Credo che in un mondo come il nostro, dove le
capacità competitive continuano a essere considerate il valore di riferimento per lo sviluppo e il
buon funzionamento del sistema sociale, questo
lavoro offra un bell’esempio di come, al contrario, le strategie cooperative, proprio perché fondate sulla persona umana come risorsa, possano
essere più efficaci nello sviluppare solidarietà sociale, ridurre i conflitti, migliorare
la qualità della vita del malato e dello
stesso medico e, verosimilmente, contribuire
persino al buon esito delle terapie.
Alberto Ricciuti.
Medico di medicina generale. Presidente di Attivecomeprima.
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Vivere il cambiamento
Storia (appassionante)
di un gruppo “singolare”
Avrete sentito parlare dei nostri gruppi di sostegno psicologico: ne avete letto
sulle pubblicazioni di Attivecomeprima o forse avete frequentato i nostri Mini Master
per apprenderne la metodologia di conduzione. Questa volta vi proponiamo
l’esperienza diretta di chi li ha vissuti in prima persona: Dina Barnett.
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Non è facile decidere di chiedere aiuto.
Ci si deve guardare dentro e, non senza grande angoscia,
va affrontata una realtà che, da sole, dopo una diagnosi di
cancro, è difficile da elaborare. Invece, guidate da persone
competenti, con accanto qualcuno che ha vissuto la tua
stessa esperienza, la sofferenza diventa più comprensibile e
accessibile, l’accettazione appare incredibilmente più concreta, addirittura fattibile.
Capita che, a un certo punto, qualcuna smetta perfino di
chiedersi “perché a me?” e, nello stesso tempo, ci si renda
conto che queste cose non succedono solo agli altri e che gli
altri siamo anche noi. Occorre guardare avanti, smettere di
voltarsi indietro e di farsi venire, oltretutto, anche il torcicollo.
È così che siamo arrivate alle porte di Attivecomeprima. Sei
donne, tutte diverse, ma con un medesimo destino. Le nostre
strade qui si sono incontrate, forse non per caso, e pian piano
timidamente si sono intrecciate, nella più totale condivisione.
Via via, con nodi più stretti, tinti di colore e di risate, di pianti
e di patimenti, di segreti e di liberazioni, un percorso intenso
eppure meraviglioso ci ha portato, dopo la tragedia, a rinnovare la volontà di vivere, più di prima e meglio di prima.
Ecco cosa succede quando si entra a far parte dei gruppi di
sostegno psicologico, ecco cosa è successo a noi: nell’accogliente sede dell’Associazione abbiamo trovato competenza, serenità, delicatezza e comprensione. E proprio in
questa atmosfera di estrema considerazione del nostro dolore, a un certo punto, abbiamo intravisto distintamente uno
spiraglio, sempre più grande, sempre più consistente, nel
quale alimentare un nuovo entusiasmo. Alla fine di questo
primo viaggio, il nostro legame era diventato magicamente
forte e decisivo per continuare.
Che viaggio abbiamo fatto?
Abbiamo guardato in faccia il nostro dolore.
Una realtà incancellabile che viene negata e rifiutata con
insistenza. Perché fa male. Pur di fronte all’inconfutabile concretezza di quanto accaduto, sembra più tollerabile lasciare
un muro tra i fatti e la vita di ogni giorno. Cosa che aggiunge
dolore al dolore. Ci siamo ascoltate e abbiamo ascoltato le
altre. Quel guardarsi dentro che normalmente sembra troppo
nel gruppo diventa lo sfogo, lo scarico, a volte un’esplosione.
Di pianto ma anche di risate, perché no? Abbiamo solo di che
piangere? Accidenti, no... È qui che, a grande sorpresa, ci si
rende conto che non c’è solo il nero, ma che ci sono anche
sfumature di rosa. Si scopre che, malgrado le apparenze,
c’è perfino chi riesce a essere instancabilmente ottimista.
E allora ti viene voglia di esserlo altrettanto. Come Claudia,
sempre generosa nel perdonare, nel trovare il lato positivo.
“Sto imparando sempre più a vivere giorno per giorno” dice
con quegli occhi blu luccicanti di speranza.
Abbiamo “confessato” paure paralizzanti.
E non ci hanno obbligato con la pistola alla tempia...! Così ci
siamo liberate di qualcosa che fino a quel momento ci teneva
ancorate coi piedi quasi sotto terra, come incastonate nel
cemento. Come si fa a guardare avanti, ad andare avanti?
Perché è questo che bisogna tenacemente inseguire. La vita
continua e allora perché ci siamo tutte bloccate alla fermata
dell’autobus “Semi-Vita”?
Per di più senza alcuna motivazione a salire su uno degli
autobus che stanno passando. Solo dopo che quell’angoscia
fitta è rivelata, ci si accorge che ci si sente straordinariamente meglio, prodigiosamente più leggere. Un peso in meno,
anzi un macigno in meno. Ecco, questa è la vera scarcerazione dalla propria prigionia, che nasce dalla condivisione: poter
esprimere qualcosa che non si era mai state in grado di dire
ad alcuno e che all’improvviso si riesce a confidare a persone
che fino a quel momento in fondo erano estranee. Dopo aver
ascoltato e pianto con te il tuo dolore, le altre donne se ne
caricano un pezzetto sulle proprie spalle, si rivelano come un
nido tiepido di comprensione e di contenimento. Ti tengono
dentro e ti rendono quella pena finalmente sopportabile.
Come Paola che voleva solo sentirsi in un porto sicuro da cui
“osservare la tempesta pian piano affievolirsi”.
Abbiamo condiviso molto di più della semplice
malattia.
Quello era solo il punto di partenza. Così ci siamo accorte che
era facile, anzi gradevole, parlare, parlarsi, raccontarsi, aprirsi
come i fiori accarezzati dal primo sole primaverile.
Abbiamo raccontato - tra pianti e risate - dei figli, dei mariti,
dei compagni, dei genitori, di queste famiglie tutte sgangherate, tutte attraversate da problemi piccoli o meno piccoli.
Quanto è stato bello sentirsi dire: “Tranquilla, non sei l’unica”.
Perché questo è uno dei sentimenti con cui si fa veramente
fatica a venire a patti.
Nei momenti di crisi, a qualsiasi punto della propria vita, ci
si sente tremendamente sole. Invece ad Attivecomeprima
si diventa, da subito, parte di un’accogliente realtà che,
quarant’anni fa, Ada Burrone ha creato, avendo capito
intuitivamente, quali fossero i veri bisogni di chi si trova a
vivere una delle esperienze più destabilizzanti dell’esistenza.
Siamo riuscite a comprendere il messaggio che lei ha voluto
lasciarci: “Vivi ogni giorno come se fosse il primo ma anche
come se fosse l’ultimo della tua vita”.
Come Sandra, sempre attenta alle esigenze di ognuno, sempre indaffaratissima a far quadrare le ore e i minuti della sua
giornata, dividendosi tra molti più impegni di quanto qualsiasi
essere umano sia in grado di gestirsi in 24 ore. Viaggia con
il post-it della sua giornata attaccato al cruscotto della macchina... Trova comunque il tempo di chiamarti, per chiederti
come stai, magari ha il fiatone perché in quel momento sta
riempendo il carrello della spesa con una mano mentre con
l’altra sta compilando il verbale della riunione della classe del
figlio. Meno male che esiste l’auricolare! Magnifica Sandra.
Grazie a chi l’ha inventata.
Abbiamo davvero riprogettato l’esistenza.
Abbiamo davvero deciso di vivere.
Che sensazione straordinaria ed elettrizzante scoprire di
poterlo ancora fare. Di volerlo ancora fare. Così è nato il Clandipalusa. Un nome che raccoglie in un unico, caldo abbraccio
tutte noi: CLAUDIA, ANNA, DINA, PAOLA, LUCIA, SANDRA. Ci
siamo trovate anche un motto: “She turned her can’t into
cans & her dreams into plans” ovvero “Lei ha trasformato i
suoi ‘non posso’ in ‘posso’ e i suoi sogni in progetti”.
In questo modo siamo giunte al nostro progetto più
ambizioso... fare qualcosa di concreto per sostenere
e far continuare il lavoro dell’Associazione, per l’immensa gratitudine che tutte sentivamo e per averci
ricondotto alla vita.
Dopo tanto dolore e poca voglia di guardare avanti, eravamo decise come un treno ad alta velocità. Sentirsi così è
inebriante, non offre solo una debole speranza. Volevamo
dimostrare che è vero: avevamo ritrovato la voglia di vivere, la
forza di vivere. Volevamo dire, gridare, che eravamo ancora
vive, non solo sopravvissute. Mai come ora aveva avuto
così importanza quella frase di Ada: “Il tempo non è nelle
nostre mani. Il modo di vivere sì”. Abbiamo voluto raccontare
questa nostra trasformazione all’evento di beneficenza dell’8
Giugno 2014 “Sfilata di Modelle Speciali”.
L’evento.
È stato un momento indimenticabile della nostra rinascita. Ci
siamo ritrovate non soltanto in sei ma molte di più: le modelle, le truccatrici, le fotografe, le video-maker, le presentatrici
e tutto il consistente gruppo di aiutanti, mascherine, amiche,
sorelle. Tutte, ma proprio tutte, condividevano quel messaggio di speranza, di vita, di gioia che volevamo trasmettere
all’universo. Una scarica di emozioni positive, una doccia di
sensazioni energiche, elettrizzanti, la certezza di aver creato
un legame indissolubile, una profonda armonia, una solidarietà al di là della malattia, un’unione per la vita.
Quanto ci ha fatto bene fare del bene. Quanto è stato curativo
immergersi in questo meraviglioso mare di amore.
All’evento le modelle erano vestite tutte nello stesso modo
(pantaloni e maglietta blu) e, quando sono salite sul palco,
l’attenzione si è soprattutto concentrata sui loro visi e sulle
loro magnifiche acconciature. Ai piedi avevano delle ballerine
verdi. Poi c’era Mariella, l’unica che a giugno faceva ancora
la chemioterapia e non aveva più i suoi lunghi capelli. Le
era stato dipinto un tatuaggio sulla testa, un fiore bellissimo.
È uscita per ultima dal fondo del teatro, sulle note di Casta
Diva, indossando un abito e un cappello bianco. Ai piedi solo
un nastro verde.
La mostra fotografica.
Dovevamo chiudere il cerchio. Le modelle durante la sfilata
erano state truccate e pettinate “al buio”, cioè senza potersi
guardare allo specchio fino alla fine. Così una volta pronte,
la nostra fotografa ha potuto immortalare dietro le quinte
la loro sorpresa e il loro stupore. Da qui l’idea di
una mostra fotografica di questi scatti straordinari:
“Scarpette verdi”.
Il verde simboleggia ovviamente la speranza che la
nostra strada continui. Noi la percorriamo così.
Dina Barnett.
Co-fondatrice di Clandipalusa.
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Il linguaggio degli affetti
Aggressività
Q.B.
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Siamo abituati a considerare l’aggressività come
qualcosa di prevalentemente negativo, ma non
è così. Possiamo usarla male, certo, e allora
diventa negativa, ma in genere è uno strumento
necessario per vivere e per crescere. Dobbiamo
quindi imparare, col tempo, a maneggiarla e a
comprenderla, in noi stessi e negli altri.
Possiamo utilizzare molte forme di aggressività.
La più evidente è l’aggressività diretta, quella che
si vede, che tutti possono subito individuare.
I gesti e i toni aggressivi suscitano in noi una immediata sensazione di allarme. Tendiamo quindi a
reagire, molto spesso allo stesso modo. “Perché
hai risposto male alla cassiera?”, “Ma non hai
sentito con quale tono mi ha detto di avanzare
in coda?”. Anche gli atteggiamenti fisici possono
essere aggressivi: “Quel cretino ha parcheggiato
in modo tale da occupare due posti con la sua
auto”, “quella signora ha appoggiato le sue borse
sul bancone del bar, togliendo spazio a tutti gli
altri clienti”, “ha attraversato tutta la stanza
pestando i piedi come in una parata militare, protesa verso me con le spalle rigide e uno sguardo
di fuoco”...
Possiamo essere aggressivi anche in modo
indiretto, senza dare in escandescenze. Per
esempio, se siamo arrabbiati con qualcuno possiamo diventare freddi, apparentemente anche
accondiscendenti, ma in sostanza ostili. “Cosa
vuoi mangiare?”,“fai tu” (detto come se non
importasse nulla del cibo), oppure “ti va di uscire
stasera?”, “non lo so” (detto, anche qui, con un
tono distaccato) e così via.
L’aggressività può, certo, fare danno. A volte anche involontariamente. “Correva come un matto
per arrivare per primo dalla maestra e non si è
accorto di avere urtato una bimba più piccola e di
averle fatto male”. A volte si ritorce contro chi è
aggressivo: “Mi sono così arrabbiato che ho dato
un pugno al muro e mi sono quasi rovinato una
mano”.
È dunque una qualità che va utilizzata con sapienza e intelligenza perché, proprio come
un martello o un coltello, può essere usata
per costruire o per distruggere.
L’aggressività è utile, serve a regolare le
relazioni umane. A volte basta un segnale
aggressivo, per fermare
un’azione che potrebbe
fare danni. È capitato a tutti
di dire a qualcuno “non
provarci!”, oppure anche
“allontanati!” e di riuscire
così a evitare di aprire un
litigio colossale o peggio.
Anche se spiacevoli, questi L’AGGRESSIVITÀ DEGLI ADOLESCENTI
segnali aggressivi sono un Come comprenderla e affrontarla
di Stefano Gastaldi e Paola Di Pietro
avvertimento che può far
Edizioni Mondadori
riflettere l’altro, può fargli
cambiare atteggiamento o anche, più semplicemente, può indurlo a lasciarci in pace perché
siamo di pessimo umore o troppo arrabbiati con
lui e se si avvicinasse di più potrebbe pagarne le
conseguenze.
Infinite volte si usano, soprattutto con le persone
più vicine, segnali aggressivi e lo si fa per avvertirle di come si sta, di come ci si sente, di un
disappunto o di una rabbia, e così via.
Se, ad esempio, rientrando a casa avvertiamo
una cappa di piombo e siamo accolti in modo
scontroso capiamo subito, senza tanti ragionamenti, che c’è qualcosa che non va, che ci sono
temporali in vista, ma non è detto che ci riguardino, che sia colpa nostra. L’aggressività e la
scontrosità dei famigliari segnala soprattutto che
sono “avvelenati”, che hanno un male emotivo
che li affligge e li fa arrabbiare. Dunque il segnale
funziona, fa capire subito qualcosa, anche se non
si sa nulla dell’origine di quel “male”.
Non è facile restare calmi, perché l’aggressività risveglia sempre una risposta. L’aggressività
sembra dire cose più o meno così: “È colpa tua!”,
“sei cattiva”, “ti odio!” “ti voglio fare male!” e così
via. Fa nascere quindi un sentimento di colpa,
oppure fa paura o rabbia. Se si seguono queste
reazioni emotive prima di aver bene capito cosa
succede, si può sbagliare tutto e si peggiora la
situazione. Sarebbe necessario, quindi, ragionare,
ma se ci sentiamo aggrediti un impulso interiore
ci porta a reagire rapidamente, ed è un
impulso arcaico, collegato ai nostri sistemi
naturali di difesa. La reazione può essere
di contrattacco o di ritiro. Metterci qualche
pensiero in mezzo è fondamentale.
Stefano Gastaldi.
Psicologo e psicoterapeuta. Conduce in Associazione il gruppo “La terapia degli affetti”.
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Caregiver
InsolitoFilm
Carlo Prevosti e Stefano Zoja, giovani videomaker fondatori, insieme ad altri due soci, di
InsolitoCinema, stanno lavorando alla realizzazione di un documentario sui caregiver delle
persone colpite dal cancro.
A loro va il grazie dell’Associazione per aver
creato il video che ci ha permesso di entrare a
far parte dei vincitori del concorso Progetti per
le Donne Expo Milano 2015.
“Questa è la naturale prosecuzione del nostro
rapporto con voi, qui c’è un lavoro, un ambiente,
della gente che ci piace, c’è tutto” dice Carlo.
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Come siete venuti a conoscenza di Attivecomeprima?
S: Nel 2013 eravamo alla ricerca di materiale per la
nostra idea: un documentario che stesse a cavallo tra
impegno politico, il tema dell’eutanasia, e il rapporto con
la morte. Temi decisivi per tutti e, contrariamente alla
riverenza e al timore con cui solitamente li si accosta,
noi volevamo concentrarci maggiormente sul fatto che
la morte possa essere un momento di riacquisizione del
senso della vita. Il documentario non si basa sull’idea
della morte come annichilimento ma la vuole esplorare
come un’occasione per trarre nuova linfa per la carica
vitale. Inizialmente avevamo pensato di occuparci dei
malati terminali, poi siamo arrivati al cancro e il professor
Claudio Verusio, amico di famiglia, che aveva seguito mia
madre durante la malattia, ci ha detto “dovete parlare
con Ada”.
C: Era un bel giorno di marzo, c’erano i fiori e all’entrata
abbiamo notato il vostro poster con scritto La Forza di
Vivere... molto edificante. Abbiamo incontrato Ada. Ci è
stata ad ascoltare per un’ora e alla fine ci ha raccontato
di che cosa si occupa l’Associazione. Ci ha detto, tra le
righe, che forse avremmo potuto concentrarci sul fatto
che c’è sempre qualcuno accanto a chi si ammala. Qualcuno che, non essendo il protagonista diretto della storia
e non avendo scelto, potrebbe non essere pronto a vivere
questo tipo di esperienza.
È stata Ada a proporvi questa possibilità?
S: Non l’ha proposta, è stato qualcosa di molto più sottile.
Quando siamo usciti, eravamo sugli scalini, ci ha sorriso
e ha detto: “Vi auguro di fare un lavoro originale”. Forse
coglieva che era importante riuscire a dire qualcosa di
nuovo, perché di documentari sui malati di cancro ce ne
sono diversi. Sono sicuro che Ada avrebbe preso qualsiasi
nostra idea e l’avrebbe supportata. Questi momenti hanno
contribuito in maniera forte alla costruzione del nostro
attuale progetto. Poi c’è questo posto, le vibrazioni che
ho sentito, la gente che sorride... Non so se fosse Ada,
se siete voi, ma questo è ciò che ho avvertito entrando la
prima volta ad Attive e quelle successive.
Come avete sviluppato il vostro progetto?
S: Abbiamo preso contatto con moltissime istituzioni. Uno
degli aspetti fondamentali che presentiamo proponendo
la nostra idea è che mediamente una persona su tre vive
una qualche forma di cancro nella vita, magari non la
più grave, magari la supera e chiunque potrebbe trovarsi
a fare il caregiver. Tutti, in modo diretto o indiretto,
potrebbero avere a che fare presto o tardi con il cancro
e la nostra società è ancora imbarazzata o scarsamente
capace di maneggiare la tematica. Quando se ne parla,
lo si fa sempre in termini di metafore belliche, non c’è
mai, anche linguisticamente, un atteggiamento sufficientemente distaccato, predomina sempre il panico o
la rimozione. La vita non è un mondo di lacrime, è un
viaggio bellissimo, nel quale accadono anche delle cose
pessime. Possono capitare, non capitare o capitare
tardi. Il punto è che quando accadono, molti si trovano
disarmati e spaventati.
Quindi il contrario della guerra non è la pace ma
l’accettazione...
S: Esatto! Non mi ricordo chi di voi, a un certo punto di
questo progetto abbia detto: “Anche nei casi peggiori
quando parliamo di un cancro inguaribile non è detto
che sia incurabile”. Iniziamo a distinguere la guarigione
dalla cura.
C: L’idea non è di fare qualcosa di “buonista”, in cui passiamo il messaggio che se hai una persona accanto che
si prende cura di te allora guarisci. La prospettiva è di far
vedere come la cura possa darti la speranza necessaria
per avere la consapevolezza, per essere nel momento
e gustarsi la giornata perché, ad esempio, oggi è bel
tempo e ci sono venti gradi.
La speranza, come la intendeva il professor Franco Fornari, non è tanto nella guarigione ma nella
capacità di fare progetti di vita...
S: Essere un caregiver non è una favola, è un’avventura
nella quale ti metti in gioco in prima persona in maniera
fortissima e può produrre reazioni negative. Ad esempio,
le coppie possono lasciarsi. Il documentario non ha lo
scopo di fare il santino del caregiver ma di mostrare
delle storie reali e raccontare anche le situazioni di ambivalenza. Mi piacerebbe tantissimo che questo documentario avesse l’utilità di far sì che le persone abbiano un
po’ meno paura.
Veniamo da una cultura in cui si è sempre saputo
che di cancro si muore. Forse si potrebbe iniziare a
pensare che di cancro si può anche vivere... Come
avete intenzione di strutturare il documentario?
S: Pensiamo a tre storie di coppie “ammalato-caregiver”,
con qualunque rapporto di parentela (compagno-compagna, madre-figlio ecc.). Sarebbe bello fossero diverse tra
loro per avere maggiore rappresentatività, anche rispetto
al tipo di tumore. Il presupposto di questo lavoro è che si
stabilisca un rapporto d’intimità e complicità tra noi e le
persone intervistate. Questo accade incontrandole diverse volte senza filmare e conoscendole. L’idea sarebbe di
seguirle per un lasso di tempo necessario alla narrazione
filmica, con un inizio, una traiettoria e una fine. Possibilmente avendo accesso anche ai loro momenti privati e
alla loro casa, perché il punto d’interesse del film è mostrare, più che la storia del cancro, la storia della
coppia e della loro relazione. Addirittura all’inizio
avevamo immaginato una versione nella quale
non si sarebbe mai vista la persona ammalata,
per incentrare il documentario esclusivamente sul caregiver. Poi abbiamo deciso che così sarebbe stato un po’
troppo estremo e che poteva essere importante tenere
come oggetto del racconto il rapporto tra le due persone,
più che la malattia.
C: L’idea narrativa è che la storia venga raccontata
secondo la prospettiva del caregiver che ne è il protagonista e che normalmente tutti vedono come figura
secondaria. Abbiamo creato un trailer, con lo scopo di
dare un’idea del progetto a possibili finanziatori, in cui la
voce narrante è quella del caregiver. Quella del paziente
la si sente solo nei dialoghi.
Avete già trovato le tre coppie?
C: Con la maggior parte delle persone che abbiamo
incontrato c’è stata una bella apertura. Forse perché
sono tutte state “presentate” da voi o da altre Associazioni. La particolarità di questo progetto è che siamo
partiti con un’idea e dobbiamo andare a cercare la storia.
Generalmente invece c’è una storia e devi capire come
raccontarla. La cosa complicata è narrare la vicenda
mentre sta accadendo ed essere accettati dalle persone
che la vivono, anche nei momenti in cui sono veramente
provati. Potremmo sentirci invadenti, così come loro
potrebbero sentirsi invasi.
S: È un lavoro che richiede tempo e per il quale dobbiamo trovare dei finanziamenti. Non siamo ancora riusciti
a partire con le riprese. La ricerca di storie andrà quindi
posticipata a quando saremo nella condizione di girare
materialmente il filmato.
Con i due protagonisti del vostro trailer ci siete
riusciti...
S: Infatti, per com’è andata fino ad oggi, siamo diventati
più ottimisti e fiduciosi. All’inizio ci sembrava un progetto
totalmente folle ma in realtà tutti ci hanno ascoltato, ci
hanno aperto le porte, una prima conoscenza è
stata possibile: la gente è rimasta incuriosita dal
progetto. Forse perché le coppie paziente-caregiver hanno bisogno di raccontarsi e di sentirsi
ascoltate.
Manuela Provantini.
Psicologa e psicoterapeuta, assistente alle ricerche e alla progettazione delle attività.
Conduce in Associazione il gruppo dedicato ai caregiver.
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Andar per storie
Marc & Bella
Chagall
L’amore
non è amore
se non ci si sente
ardere e volare.
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Milano, Piazzetta Reale. In fila ordinata, centinaia di
persone che attendono e lei: Bella Rosenfeld, affascinante e affascinata moglie che, mano nella mano
del marito, “fluttua” nel manifesto della mostra
allestita a Palazzo Reale (settembre 2014 - febbraio
2015). Dedicata a Marc Chagall la retrospettiva, di
grande importanza mondiale, va dal 1908 al 1985.
Nati in Bielorussia da famiglie ebree osservanti,
quella di lui commercianti quella di lei gioiellieri,
quando si conoscono, nel 1909, presentati da un’amica, Marc è un pittore ventitreenne, promettente e
squattrinato, lei una brillante studentessa quindicenne, nata a Vitebsk nel 1895. Immediatamente, per
tutti e due scocca la scintilla. Un colpo di fulmine
che durerà tutta la vita. Chimica dell’amore? Incontro di anime? Certamente l’inizio di una magica
storia d’amore senza fine.
Del loro primo incontro Bella racconta come da
subito è colpita da Marc, strano ragazzo riccioluto
e spettinato, dagli azzurri, occhi di volpe. Lui nella
sua autobiografia scrive come, dal primo istante, la
giovane dai grandi occhi neri e dalla pelle d’avorio
lo affascini. Bella sarà il suo grande amore e la sua
perpetua fonte ispiratrice. Negli anni del loro fidanzamento, Bella frequenta l’Università di Mosca, cosa
normalmente proibita ai figli degli Ebrei e si laurea,
con lode, in Letteratura. Tornata a Vitebsk, lavora
con successo in teatro, sua grande passione, fino al
matrimonio con Chagall. Lui inizia il ciclo dei quadri
dedicati all’amore. I dipinti rivelano l’inimitabile incanto e la poesia dell’artista, che, tornato da Parigi,
dove ha vissuto quattro anni, nell’estate del 1915,
riesce finalmente a coronare il loro sogno d’amore,
sposando Bella. Trascorrono la luna di miele in campagna. Qui con i loro “abbracci” entrano in empatia
con la natura, emulandone la potenza e la pace. Nel
1916 nasce Ida, la loro unica figlia e nel 1917 si
trasferiscono a Pietrogrado.
Chagall attraverso le sue opere racconta, anche se
in modo onirico e surreale, il quotidiano. Dipinge
sullo sfondo scene e paesaggi russi, della tradizione
ebraica, candelabri a sei bracci, fiori, isbe, chiese
con le cupole a cipolla e oggetti casalinghi. Molto
frequente è la pendola che, presente in tutte le
case, scandisce il tempo e la vita che scorrono e
quando l’artista vuole sottolineare con che velocità
volano via, la dota di ali.
“La passeggiata”, del 1917, è l’opera scelta per il
manifesto della Mostra milanese. La donna in volo,
tenuta per mano dal marito che ha, nell’altra mano,
un uccellino, simbolo della loro sintonia con la natura, è Bella, l’amatissima. Lei, splendida, intelligente,
ricca di grazia e di dolcezza, corrisponde l’amore di
Marc con la stessa intensità. L’artista, rappresentato
al centro della tela, ha un largo sorriso che esprime
tutta la sua felicità. Bella pare un angelo che si libra
nell’aria, Marc, che cammina sul prato, sembra potersi staccare da terra. Si trovano su due piani fisici
L’immagine di fianco è tratta dal sito http://www.cuneoannunci.it, quella dlla pagina precedente è tratta dal sito: http://www.katarte.it
diversi ma l’amore che li lega tanto profondamente,
va oltre i limiti imposti dalla natura, ha qualcosa di
trascendente.
“L’amore non è amore se non ci si sente ardere e
volare” scrive Bella nell’autobiografia. In questa troviamo anche uno spaccato del loro quotidiano: “Non
riesco a stare ferma. Ti sei gettato sulla tela che
vibra sotto la tua mano. Intingi i pennelli. Il rosso, il
blu, il bianco, il nero schizzano. Mi trascini nei fiotti
di colore. Di colpo mi stacchi da terra, mentre tu
prendi lo slancio con un piede, come se ti sentissi
troppo stretto in questa piccola stanza. Ti innalzi,
ti stiri, voli fino al soffitto. La tua testa si rovescia
all’indietro e fai girare la mia. Mi sfiori l’orecchio e mormori...”.
Uniti nelle opere e nella vita, negli anni
seguenti le loro esistenze si intersecano
con le situazioni politiche che sconvolgono il
mondo, tra le grandi guerre. Emigrano in Lituania,
poi in Germania e nel 1924 si trasferiscono a Parigi.
L’avvento del nazismo costringe la famiglia Chagall,
nel 1941, a fuggire negli Stati Uniti.
Pochi anni dopo, nel 1944, Bella muore per una
infezione virale e Marc sprofonda in un grave stato
depressivo. Per quasi un anno non dipinge ma
quando riprende, spronato dalla figlia e da Valentina
Brodskaja, che sposerà nel 1952, Bella ricomincia a
volare. C’è ancora la pendola ma ora, senza l’amata,
il tempo e la vita smettono di scorrere. È l’amore
che rende leggeri e dona le ali e senza amore, per
lui, la vita è insopportabile.
Chagall muore a Saint Paul de Vence. Ha 97
anni ed è sopravvissuto a Bella quarant’anni.
La loro storia amorosa ricorda quanto scritto
nel Cantico dei Cantici: “Forte come la morte
è l’amore”.
Giovannacarla Rolando.
Membro del Consiglio Direttivo di Attivecomeprima.
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La medicina che ci aspettiamo
Etica
dell’informazione
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Una storia che risale a un secolo fa, eppure attualissima. Presa dal teatro, ma modellata su ciò che
succede nelle corsie d’ospedale e al capezzale
dei malati. Si tratta di una pièce teatrale di uno
dei grandi drammaturghi del XX secolo: l’austriaco
Arthur Schnitzler. È stata messa in scena per la
prima volta a Vienna nel 1912, ma ha talmente
scandalizzato le autorità del benpensante impero
austro-ungarico che ne hanno proibito la rappresentazione. In Italia è andata in scena per la prima volta
nel 2005, al Piccolo Teatro di Milano, con la regia di
Luca Ronconi. Stiamo parlando del dramma Il Professor Bernhardi. Primario in un grande ospedale di
Vienna, il dottor Bernhardi si trova di fronte un caso
delicato: una giovane donna sta morendo per setticemia, in seguito a un procurato aborto. Il cappellano, chiamato dalle infermiere, si dispone ad andare
a impartirle l’estrema unzione. Ma il Prof. Bernhardi
si oppone. La paziente, infatti, ha un miglioramento
soggettivo e si illude che stia guarendo; il medico
non le vuole togliere l’illusione. Si instaura un duro
confronto. Mentre stanno discutendo che cosa sia
giusto fare, la ragazza muore, disperata, dopo aver
appreso della presenza e delle intenzioni del prete.
Nello scandalo dell’epoca era presente una non irrilevante componente religiosa. Il Prof. Bernhardi del
dramma, infatti, è ebreo; la sua ostilità all’intervento
pastorale è stata vista in chiave anticattolica. Ma
c’era di più in ballo: ce ne accorgiamo ripercorrendo
la vicenda a un secolo di distanza. Il comportamento
del medico si ispira a una laica pietas che stava
prendendo il posto di ciò che la religione riteneva
doveroso, dando la priorità alla salvezza dell’anima.
Mentre la religione tende a svelare il momento
della morte (l’Apparecchio alla morte, redatto da S.
Alfonso Maria de’ Liguori, era una pratica devozionale tutta centrata sulla consapevolezza del momento supremo), la nuova etica favorisce invece la
negazione, il nascondimento. Il corpo professionale
medico si è sintonizzato sul cambiamento culturale
e ne è diventato il principale protagonista. Invece
di accettare il cambio di scena quando il contrasto
della morte non era più possibile – sintetizzato nella
frase fatidica: “Non c’è più niente da fare: chiamate
il prete” – il medico si è sempre più ritenuto investito di un compito di tutela. Sul modello del Prof.
Bernhardi, appunto. Attenuare le diagnosi, nascondere le prognosi infauste, mentire al paziente (ma
informare i congiunti) è diventato sempre più spesso
il comportamento a cui i professionisti sanitari si
sono attenuti.
Poi venne la bioetica. Il movimento culturale che
privilegia l’autonomia della persona, in tutte le fasi
della malattia, si dissocia dall’approvazione della
bugia pietosa. Promuove il diritto dell’individuo a
essere protagonista consapevole – a condizione che
lo voglia! – di tutto il percorso di malattia e di cura.
Compreso il faccia a faccia con la propria morte.
Questo delicato cambiamento culturale è quello
che stiamo vivendo. Professionisti sanitari da una
parte e cittadini dall’altra (nonché familiari, non più
autorizzati a interporsi come cuscinetto, gestendo
le informazioni in modo paternalistico). È un percorso contrastato, perché rischia di buttare a mare
le buone ragioni di una pietas protettiva. Diffidiamo
delle scorciatoie. Una ricetta sempre applicabile è:
parliamo spesso e apertamente con le persone di riferimento di ciò che vorremmo quando sarà il nostro
turno di ricevere notizie sgradevoli sulla parabola
della nostra vita.
19
Sandro Spinsanti.
Psicologo, direttore Istituto Giano - Roma.
Nutrire il benessere
La salute
nel cavolo
Le crucifere sono un’importante famiglia di verdure
(cavoli, broccoli, rucola, crescione, rapa,
ravanello, broccoletti o cime di rapa, cavolo-broccolo,
cavolfiore, sedano-rapa, senape, rafano ecc.)
20
Già gli Etruschi, ottimi agronomi, coltivavano le
crucifere, chiamate così per il caratteristico fiore
con i petali a croce. Le crucifere sono un’importante
famiglia di verdure (cavoli, broccoli, rucola, crescione, rapa, ravanello, broccoletti o cime di rapa,
cavolo-broccolo, cavolfiore, sedano-rapa, senape,
rafano ecc.) caratterizzate da un gusto amarognolo
e leggermente piccante e con un particolare odore
di zolfo quando vengono cotte.
Delle crucifere si mangia tutto: i germogli (cavolini
di Bruxelles), i fiori (cavolfiore, broccolo e broccoletto), le foglie (cavolo cappuccio, verza, cavolo nero,
crescione e rucola), le radici (ravanello, sedano rapa
e rafano) e i semi (senape). Ogni parte della pianta
concentra i nutrienti in modo diverso e consumarle
tutte arricchisce di nutrienti il nostro corpo.
La maggior parte di questi ortaggi si raccoglie in
autunno e in inverno, ma se ne trovano anche nel
periodo primaverile ed estivo, come nel caso della
rucola e del ravanello.
Le crucifere sono ricche di vitamine tra cui i carotenoidi, la vitamina K, la vitamina C e l’acido folico.
La presenza di vitamina K non le rende adatte a
un consumo elevato in chi assume farmaci anticoagulanti. Importante è anche la concentrazione di
fibre che nutrono la flora batterica, fanno funzionare
meglio l’intestino e creano una barriera al passaggio
delle sostanze tossiche che possiamo ingerire con il
cibo. Buono anche il contenuto di ferro che diventa
ben assorbibile grazie alla presenza di vitamina
C. Le crucifere, inoltre, contengono delle importanti
molecole: i glucosinolati che sono responsabili del
caratteristico odore di zolfo, dopo la cottura. Queste
molecole sono prodotte dalla pianta per difendersi
dall’attacco di batteri, vermi, funghi e parassiti e,
quindi, sono più concentrate nelle crucifere di stagione che vengono coltivate nei campi, rispetto a quelle
di serra, dove la pianta non ha la necessità di difendersi dai vari parassiti perché cresce in un ambiente
protetto. Possiamo assorbire i glucosinolati solo in
seguito alla rottura della parete della cellula e
questo avviene principalmente attraverso una
attenta masticazione. Questi elementi inducono
nel nostro corpo una serie di reazioni che aiutano
il fegato a smaltire le sostanze tossiche. In dosi
elevate, inoltre, sono estremamente nocivi per le cellule tumorali tanto che in alcuni casi sono in grado di
bloccarne la crescita e causarne la morte. Numerosi
studi sembrano suggerire che il consumo frequente
di crucifere sia in grado di ridurre il rischio di sviluppare diversi tipi di tumori, tra cui quello dello stomaco,
del colon e del polmone.
I cavolini di Bruxelles sono particolarmente ricchi
di acido folico, molto prezioso in gravidanza per
prevenire la spina bifida; mentre alcuni studi hanno
evidenziato che il cavolo ha proprietà curative nelle
mialgie e sciatalgie per la sua capacità antinfiammatoria. In questo caso non serve mangiarlo: infatti,
basta applicare le sue foglie sulla parte dolorante
fermandole con una fascia, tenerle anche tutta una
giornata e cambiarle di quando in quando. Il dolore
lentamente si ridurrà in maniera permanente!
Le crucifere, però, possono interferire con la
funzione della tiroide. Gli isotiocianati che contengono ostacolano infatti l’assorbimento dello iodio
da parte della ghiandola e inibiscono la sintesi
dell’ormone tiroideo. Questo può peggiorare
l’ipotiroidismo in chi ne consuma dosi massicce
per lungo tempo. Tuttavia, attraverso la cottura, gli
isotiocianati vengono in parte disattivati, mentre la
fermentazione ne aumenta l’attività. Comunque,
un consumo normale non sembra avere effetto
negativo sulla tiroide.
I princìpi attivi delle crucifere si disperdono facilmente nell’acqua, perciò sono ottime nei minestroni
(dove si recuperano anche i liquidi), appena scottate
o cotte al vapore. Se non si hanno problemi di tiroide, sono squisite anche mangiate crude: il cavolfiore
per il pinzimonio, la rucola, il ravanello, il crescione,
il cavolo e la senape per delle fresche insalate.
Le crucifere sono verdure utilizzate anche per fare
centrifugati ma è bene unirle anche ad altre verdure come, ad esempio, le carote perché altrimenti il
sapore risulterebbe troppo forte.
Un loro consumo eccessivo può favorire problemi
di flatulenza e meteorismo. Cautela perciò
nelle persone soggette a questi fastidi.
È possibile comunque “rieducare” il proprio
intestino iniziando con un consumo frequente ma in modeste quantità.
Anna Villarini.
Biologa specializzata in scienze dell’alimentazione.
21
COLLANA
DI GUIDE PRATICHE
PER CAMMINARE
NELLA VITA
Dedicata a chi vive o condivide
l’esperienza del cancro
Frittata di farina di ceci
ai porri e tarassaco
A cura di Attivecomeprima
Sono disponibili in Associazione
i volumetti, pubblicati in italiano e in
inglese, di una collana pensata per essere
un pratico strumento per accompagnare
chi cerca risorse per vivere pienamente la
vita, al di là della malattia.
N°1 UN MEDICO SU MISURA
Istruzioni sartoriali per cittadini esigenti
di Sandro Spinsanti
N°2 IL CIBO E LA PREVENZIONE
(Foto 1) Ingredienti:
250 g di farina di ceci
2 ceppi di tarassaco
1/2 c di purea di umeboshi
1 pizzico di sale
5 c di olio extra-vergine d’oliva
Una macinata di pepe
di Franco Berrino
N°3 COME E PERCHÉ USARE IN RETE
LE COMPETENZE MEDICHE
di Salvo Catania
N°4 LA MALATTIA COME
EVENTO FORMATIVO
di Paola Bertolotti
N°5 SESSUALITÀ E FERTILITÀ
DOPO LE CURE ONCOLOGICHE
di Bernardina Stefanon
N°6 QUANDO UN FAMIGLIARE SI AMMALA
di Manuela Provantini
N°7 LA VITA FINO IN FONDO
di Nicoletta Buchal
UI TA M EN TE
SC AR IC AB ILI GR AT
G
DA L SI TO AT TIV E. OR
Si ringrazia Eisai per la realizzazione
(Foto 2) Preparazione:
Mettete la farina di ceci in ammollo con due volte e mezzo
d’acqua (circa 650 ml) per una notte.
Pulite bene il tarassaco e sbollentatelo.
Pulite il porro, tagliatelo a rondelle e passatelo in padella
con un cucchiaino d’olio.
Aggiungete alla farina di ceci le verdure, 2 C di olio, 1/2 c
di umeboshi, il pizzico di sale e il macinato di pepe.
Mettete tutto in una teglia di cm. 25 di diametro,
ricoperta di carta forno, infornate in forno preriscaldato
e fate cuocere per 35 minuti a 180°.
Foto GiòArt
Orecchiette alla rucola
e foglie di ravanelli
Insalata di farro
(Foto 1) Ingredienti:
200 g di farro decorticato
3 cipollotti
6 cavolini di Bruxelles
3 ravanelli
1/2 cipolla di tropea
1 C di capperi
Q.b. olio d’oliva extra-vergine
(Foto1) Ingredienti:
250 g di orecchiette fresche
1 mazzo di rucola
1 mazzo di foglie di ravanello
1 spicchio d’aglio
3 c di olio extra-vergine
(Foto 2) Preparazione:
Lavate bene le foglie di rucola e di ravanello.
Mettete a bollire sul fuoco una pentola con sufficiente
acqua, unite le varie foglie e le orecchiette.
Cuocete per circa 8 minuti.
Scolate e mettete in una padella con olio e uno spicchio
d’aglio. Fate insaporire e servite.
(Foto 2) Preparazione:
Cuocete il farro per un’ora in pentola a pressione.
Sbollentate i cavolini, tagliateli a spicchi
e passateli in padella con l’olio d’oliva.
Affettate i ravanelli e la 1/2 cipolla e marinateli
in aceto di umeboshi.
Affettate a rondelle i cipollotti e passateli in padella
con l’olio d’oliva.
Scolate il farro e conditelo con tutte le verdure e i capperi
(si possono cambiare le verdure secondo i gusti).
Angela Angarano.
Assistente cuoca nella ricerca Diana.
Profili
Da una stella...
all’altra!
Quest’intervista di Profili non è come le altre, ha una storia, una bella storia di amicizia. Che vorremmo condividere con voi.
Nasce da un appunto di Ada in una sua cartellina. C’è un suggerimento,
contattare un astronauta italiano, bella persona, con cui approfondire temi
unici. E c’è una mail: è quella di Fulvia Tombolini. Cercando online scopro
che la sua famiglia è nelle Marche dal 1921, dove produce con passione un
Verdicchio famoso in tutto il mondo.
Le scrivo, può darsi che ricordi quella chiacchierata
con Ada che le ha portate sulle stelle e che mi dia i
riferimenti del suo amico astronauta per contattarlo.
Fulvia è un vulcano di creatività, idee e affetto per
Ada: mi travolge con la passione della sua amicizia. Ricorda bene, ma l’astronauta ora è difficile
da raggiungere e allora... allora c’erano altri nel
cuore e nei progetti di Ada. Come qualcuno fortemente legato al mondo di Fulvia, qualcuno che
ci proietta verso il mantra di quest’anno: EXPO.
Accade così che da una stella si passa a un’altra e mi ritrovo a chiacchierare con un giovane
pieno di entusiasmo e passione, che la terra la
ama e la rispetta.
Figlio d’arte, se così si può dire, di quell’Oscar
Farinetti, proprietario della storica cantina
Fontanafredda nelle Langhe e fondatore di Eataly, la catena
di prodotti agroalimentari ed enogastronomici di alta qualità
ormai nota in tutto il mondo. Lui è Andrea Farinetti, 25
anni, enologo, alla guida dell’altrettanto storica cantina di Borgogno, nel cuore di Barolo, paesino delle
Langhe dove nasce uno dei vini italiani più apprezzati.
Nelle sue parole piene di passione per la vita,
per il suo lavoro e per l’Italia con la sua
unicità si può leggere un messaggio forte
sulla nostra di unicità, sul valore delle cose
semplici e sane. Quelle che contano. Una
distesa di filari baciata dal tramonto, lo
svolgersi delle colline a perdita d’occhio,
il ricordo profumato e magico di una
vendemmia e, perché no, un bicchiere
di vino in buona compagnia.
Andrea Farinetti
e Fulvia Tombolini
la sensibilità verso la terra è aumentata e sono sempre
più coloro che hanno deciso di lavorarla con rispetto. Un
vantaggio per noi e per il futuro del pianeta.
Cibo e agricoltura sono cose serie. Essere amici della terra
significa smettere di usare concimi e diserbanti che fanno
male all’ambiente, al prodotto e a noi stessi.
Mio padre dice spesso che noi giovani dovremmo essere
arrabbiati con la sua generazione per ciò che ci ha lasciato; io credo che siamo noi oggi a dover pensare ai figli dei
nostri figli regalando loro un paese migliore, un pianeta
sano.
Come passi le tue giornate? Hai passioni
al di là del lavoro?
Chi è Andrea Farinetti?
Sono nato ad Alba, tra i vigneti. Mio nonno era di Barbaresco e mia nonna di Barolo, come potevo non occuparmi
di vino? Ho frequentato lì, per sei anni, una delle poche
scuole enologiche d’Italia e poi mi sono subito confrontato
con il mondo del lavoro entrando in un’azienda vinicola.
Ho portato la freschezza e lo spirito di un giovane venticinquenne in un’azienda storica che di anni ne ha 250!
Lavorare con le mani e capire fino in fondo il mondo
dell’agricoltura è ciò che ha orientato da subito le mie
passioni. E ora che mi occupo anche di cibo, oltre che di
vino, sono più che mai convinto che la fortuna del nostro
secolo sia l’agroalimentare che, insieme agli altri patrimoni
italiani, ci aiuterà e ci salverà.
Cosa intendi quando dici che cibo e terra
ci salveranno?
L’Italia è piccolissima rispetto alla superficie mondiale e
noi siamo pochi ma la nostra è una posizione strategica,
facile da raggiungere e ottima per esportare. Il nostro
paese è bagnato da quattro mari ed è percorso da monti
da Nord a Sud; le correnti d’aria che vengono dal mare e
che si scontrano con quelle di colline e montagne creano
microclimi speciali in ogni angolo. La nostra ricchezza è
l’incredibile biodiversità che fa sì che ogni zona abbia la
vocazione alla produzione di un prodotto speciale e unico
che non sarà mai uguale da nessun’altra parte. È così,
siamo unici: siamo il Parmigiano Reggiano, il prosciutto di
Parma, il Chianti, il Barolo, la mozzarella di bufala. L’agroalimentare ci salverà perché sempre di più tutto il mondo
vuole mangiare come noi. Per lavoro viaggio molto e vedo
ogni giorno l’occhio di riguardo che molti hanno per noi:
tutti vorrebbero essere un po’ italiani. Questa è un’opportunità per il futuro.
Questo ci porta a una riflessione sull’unicità
di ognuno di noi e sul valore della salute.
Una delle fortune dell’agroalimentare oggi è che
Sono giornate molto semplici, tra casa e cantina. La verità
è che ho avuto la fortuna di fare un lavoro che è la mia
passione; mi sono avvicinato a questo mondo a quattordici
anni e continuo a cercare di fare esperienza, di capire.
Sono davvero concentrato su questo, non ho molti altri
interessi.
Di recente, con altri dodici produttori di vino abbiamo
lanciato il progetto Vinolibero che mira a traghettarci nel
futuro lasciando un pianeta migliore. L’idea è prendere il
meglio dall’agricoltura biodinamica, biologica e integrata,
ma anche liberarsi dalle carte e dalla burocrazia. I claim di
Vinolibero sono: no concimi e no diserbanti in campagna
e meno solfiti in cantina, i tre mali della nostra viticoltura.
All’estero, ma anche in Italia, c’è una fantastica accoglienza nei confronti di questo progetto.
EXPO è sulla bocca di tutti, così come educazione
e cultura alimentare: cambierà qualcosa?
Sta già cambiando! In questo le mode, come i programmi televisivi sul food, sono positivi perché coinvolgono
la gente; per molti anni non siamo riusciti ad arrivare al
consumatore, ad avvicinare le persone al mondo del cibo
e ce l’ha fatta Masterchef: bene! Adesso tocca a noi fare
educazione il meglio possibile.
C’è già parecchia attenzione: anche la grande distribuzione sta andando verso la qualità del prodotto italiano.
Avere EXPO a Milano è stata una fortuna, la mossa vincente: da oggi la gente sarà sempre più consapevole del
valore dell’agroalimentare di qualità italiano. È un grande
cambiamento.
A proposito di cambiamento, cosa ti fa venire
in mente questa parola rispetto al tuo modo di
essere?
È fondamentale. Se si rimane sempre uguali si
sbaglia; chi non cambia rimane dov’è. Bisogna
ascoltare gli altri, sentire le loro opinioni.
E non aspettare il cambiamento, ma cercarlo.
Daniela Condorelli.
Giornalista.
25
RINGRAZIAMO
PER IL SOSTEGNO
Fondazione Cariplo, Farmindustria, Fossil,
Banca Intesa SanPaolo, Janssen Cilag,
Fondazione Banca del Monte di Lombardia,
Banca Popolare di Milano, Roche Spa per il
loro generoso contributo alla realizzazione dei
progetti di Attivecomeprima a sostegno della
persona colpita dal cancro e dei suoi famigliari.
Fondazione Umberto Veronesi per il contributo alla realizzazione del nostro VI “Mini-Master
in management e supporto globale del paziente
oncologico”.
Gli organizzatori della “Prova di Gigante IX
Trofeo Christian Valentini”, gli sponsor:
Generali Investments Europe, Podranska
Banka, Sideuro, Warren Real Estate, Mab.Q,
DGPA&Co e tutte le persone che, in ricordo di
Christian, ci aiutano con la loro generosità a far
“vincere la vita”.
IPSEN SpA per aver contribuito alla realizzazione del secondo numero della rivista
ATTIVE 2014.
Grazie di cuore inoltre a: Comune di Milano,
ACIMIT, EISAI srl, Elma Research, Kyowa
Hakko Bio srl e a tutti coloro che con libere
offerte contribuiscono a mantenere in vita
Attivecomeprima.
IL TUO CONTRIBUTO
CI DARÀ PIÙ FORZA
PER AIUTARE
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“a sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità
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10 80 10 70 15 1
L’8 per mille e il 5 per mille non sono in alternativa:
puoi sceglierli entrambi.
Ringraziamo i finanziatori istituzionali,
le aziende e chi, anche con un piccolo
contributo, sostiene il nostro lavoro.
Letti e piaciuti
a cura di Serena Ali
Sapevate che...
a cura di Benedetta Giovannini
consulente enogastronoma
IL RITRATTO DELLA SALUTE
Alla faccia del cancro
di Chiara Stoppa (con Matia Fabris)
Edizioni Mondadori
16,00 €
Chiara Stoppa, attrice, ha solo ventisei anni quando, nel 2005,
le viene diagnosticato un tumore. Dopo aver inizialmente vissuto
l’esperienza della malattia come sotto una campana di vetro,
comincia a pensare a cosa dire ai suoi amici, alle persone a lei
care, a come salutarle per sempre. Dopo un anno di terapie,
quella stessa campana di vetro si infrange: Chiara decide che
è meglio alzarsi dal letto e riprendere possesso del proprio corpo. Decide, insomma, che è meglio
vivere. In questo racconto, in cui la paura non riesce mai a spegnere del tutto la speranza, la protagonista si mette in gioco con l’umiltà di dire che la sua è solo una delle scelte possibili. Un tumore ti
cambia: cambia la tua routine, il tuo modo di vivere e di stare con gli altri. Ma si può scegliere come
relazionarsi con esso, ascoltando il proprio corpo per decidere quale sia la soluzione più adatta. Dalla
sua esperienza Chiara Stoppa ha tratto un monologo teatrale e quel testo è diventato un libro scritto
a quattro mani con Matia Fabris.
CHI HA SPOSTATO
IL MIO FORMAGGIO?
di Spencer Johnson
Edizioni Sperling & Kupfer
14,50 €
Una semplice parabola che rivela una profonda verità sul cambiamento. Una storia divertente e istruttiva su quattro personaggi
che vivono in un “Labirinto” e sono alla costante ricerca di un
“Formaggio” che li nutra e li faccia vivere felici. Spencer Johnson
ci parla di cose semplici usando una simbologia in cui il “Labirinto”
rappresenta la nostra vita - con il suo cammino mai lineare - e il
“Formaggio” ciò che per noi è importante e che ci fa vivere bene. “Chi ha spostato il mio Formaggio?”
non è un manuale di comportamento e neanche un pesante libro di psicologia. È un volumetto che si
legge in poco tempo, una favola adatta anche ai bambini. Il libro non contiene concetti rivoluzionari, ci
dice cose che dovremmo già sapere ma che, nei momenti di difficoltà in cui qualcuno o qualcosa ha
spostato il nostro “Formaggio”, non abbiamo la lucidità di considerare.
IL GRUPPO TRA MENTE E CORPO
Percorsi terapeutici
a cura di Barbara Rossi
Edizioni FrancoAngeli
28,00 €
Fin dai tempi antichi, l’uomo si è interrogato sulla relazione tra il
corpo e l’anima, il corpo e la mente, tra fattori somatici e fattori
psicologici. Pur riconoscendone la relazione e l’interrelazione, per
molto tempo il “corpo” è rimasto una presenza silenziosa. Questo
libro, partendo da una revisione di alcuni princìpi teorici, esplora
l’utilizzo di alcune tecniche di gestione del gruppo. Il volume si
rivolge a operatori che si occupano a vari livelli di percorsi psicoterapeutici, di benessere e di salute. Al
progetto hanno collaborato anche gli specialisti di Attivecomeprima che, nel capitolo “Attivecomeprima
Onlus: affrontare il cancro in gruppo”, hanno raccontato come si svolgono i gruppi di sostegno psicologico (per persone malate di cancro e caregiver) e di danza-terapia, basati su un originale metodo di
supporto globale che caratterizza il lavoro quotidiano dell’Associazione da oltre quarant’anni.
1 I fondi di caffè, in cucina, aiutano a eliminare l’odore
che lasciano aglio, cipolla e pesce. Strofinate quindi
con i fondi le mani, insaponatele e, dopo un leggero
massaggio, sciacquatele.
2 Ancora caffè. Uno degli elementi più importanti della
cucina è il frigorifero. La sua igiene è indispensabile.
Nonostante la pulizia che regolarmente facciamo,
talvolta accade che, aprendolo, si avvertano cattivi
odori. Un buon antiodore naturale è il caffè: basta
metterne un po’ (macinato) in un contenitore chiuso,
ma con coperchio forato, su un ripiano del frigorifero.
3 Un tè per deodorare. Se la pentola in cui avete cucinato
il pesce ha conservato un cattivo odore, provate a strofinare l’interno con la bustina di tè che avete bevuto.
4 Cappelli di feltro. Quando dobbiamo riporli, controlliamo che non ci siano macchie d’umidità. Se ne vedete
qualcuna, strofinatela con carta vetrata finissima.
5 Ombrelli. È il momento di riporli, sperando di avere
un tempo bello e asciutto... Per ritrovarli in ottimo
stato l’autunno successivo, bisogna lavare gli ombrelli
con una soluzione preparata con metà acqua e metà
aceto. Si rimuoveranno così aloni e macchie lasciate
da pioggia e polvere. Lasciate asciugare all’aperto.
6 Scarpe di camoscio. Per togliere eventuali macchie
o ridare splendore alle vostre scarpe, specialmente
se chiare, mettetele per alcuni istanti sopra al vapore
di una pentola d’acqua in ebollizione. Una volta che
la pelle di camoscio si sarà inumidita, spazzolatela
energicamente con l’apposita spazzola di gomma.
Attente però: è necessario che puliate tutte e due le
scarpe o stivali, in questo modo eviterete di creare
aloni o ulteriori macchie sulla pelle di camoscio.
7 Candele perfette. È piacevole, nella bella stagione,
cenare all’aperto a lume di candela. Avete acquistato
delle candele di diametro di poco più
grande rispetto a quello del vostro
porta candele? Non insistete a forzarle per farle entrare, si romperanno! Piuttosto, immergete l’estremità in acqua calda appena prima
di inserirla nel candeliere:
entrerà facilmente.
8 Ciliegie. Una tira l’altra
e a volte tirano anche le
macchie! Lavate la
macchia immediatamente con acqua
e sapone, tamponatela con un po’
di latte, lasciate
agire e dopo una o
due ore risciacquate.
con
Noi
gli altri
1 maggio - 31 ottobre 2015. Expo, Milano.
Progetti per le Donne Expo Milano 2015
Ci saremo anche noi!
20-21 marzo / 17-18 aprile. Sede di Attivecomeprima
edizione
6° Mini Master
2015
Si è tenuta in Associazione la sesta edizione del MINIMASTER IN MANAGEMENT E SUPPORTO GLOBALE DEL
PAZIENTE ONCOLOGICO rivolto a oncologi, medici di
medicina generale, psicologi, infermieri e operatori che
lavorano in ambito oncologico.
14 e 28 gennaio 2015. Cologno Monzese (Mi)
Conferenza Unicredit
Attivecomeprima ha partecipato a due giornate di comunicazione, in video conference, rivolte ai responsabili
delle risorse umane presso Unicredit, nell’ambito di
un’iniziativa di prevenzione cardiologica e oncologica
realizzata dal gruppo a favore di tutti i suoi dipendenti.
Sul sito Rete del dono
Rete del Dono
Grazie a RETE DEL DONO abbiamo raccolto circa 1.500
euro a sostegno del nostro progetto “Caro Figlio”!
Questo specifico progetto è rivolto ai figli adolescenti
(fino a 21 anni) di pazienti oncologici.
Aiutateci a raggiungere la nostra meta: 5.000 Euro!
www.retedeldono.it
14 dicembre 2014. Reggio Emilia
Maratona di Reggio Emilia
Grazie di cuore a Marco Maggioni che ha corso per
Attivecomeprima la Maratona di Reggio Emilia e a tutti
coloro che ci hanno sostenuto per arrivare, insieme, al
“traguardo”!
29
14 marzo 2015. Courmayeur. Pista “Aretù”
Prova di Gigante
IX Trofeo Christian Valentini
a favore di Attivecomeprima Onlus
Un grazie di cuore agli organizzatori, agli sponsor:
Generali Investments Europe, Podranska Banka,
Sideuro, Warren Real Estate ltd, Mab.Q, DGPA&Co
e ogni persona che, in ricordo di Christian, ha offerto il proprio
contributo per aiutarci a far “Vincere la Vita”.
con
Noi
gli altri
25 novembre 2014. Roma
Dedicato ad Ada Burrone
Nella sede di Farmindustria, è stato presentato il libro
“Donne e tumori. Aspetti clinici, psicopatologici e
terapeutico-assistenziali” realizzato da O.N.Da, edito
da FrancoAngeli e disponibile nelle librerie. Il volume è
stato dedicato ad Ada Burrone e Mario Sideri, due figure che hanno lavorato per tutta la vita, seppur in ambiti
differenti, in campo oncologico.
22 novembre - 31 dicembre 2014. Showroom AMICI
GRANIEVAGHI, Via Lomazzo 11, Milano.
Scarpette verdi
Il CLANDIPALUSA ha organizzato una bellissima mostra
fotografica, con gli scatti più sorprendenti della “Sfilata
di Modelle Speciali”, dal titolo “Scarpette Verdi”.
30
Prossimamente
Sulle reti TV e radio.
Uno Spot per Attive
Attivecomeprima tornerà in onda con lo spot realizzato in collaborazione con Mediafriends, per la campagna sms solidale
2015. Il nostro grazie va a Carlo Gargiulo per esserne stato il
testimonial e agli amici di Mediafriends per averlo realizzato!
31
Run Life
Domenica 13 settembre 2015. Parco Nord di Milano
Run & Life 2015
All’interno del Festival della Biodiversità si terrà la seconda
edizione della RUN&LIFE, corsa naturale non competitiva in
favore di Attivecomeprima.
Dopo il grande successo di partecipazione dell’anno scorso,
vi aspettiamo ancora più numerosi per correre, insieme, la
Forza di Vivere!
Per informazioni e acquisto biglietti:
www.attive.org
[email protected]
02-6889647
www.facebook.com/attivecomeprima.onlus
Le nostre attività
Ascolto telefonico, accoglienza,
orientamento e aiuto pratico
La prevenzione a tavola
incontri di gruppo su alimentazione e prevenzione
esperti della Ricerca Diana (Istituto Tumori Milano)
Consulenze telefoniche
di psicologi, medici ed altri esperti
Armonizzazione mente corpo
attraverso la danza
Nicoletta Buchal (medico/psicoterapeuta)
Primo incontro
riservato alle persone che
si rivolgono per la prima volta all’Associazione
Somatic Experiencing
Marina Negri (fisioterapista),
Chiara Covini (operatore corporeo)
Felicita Bellomi (fiduciaria) e una psicologa
Supporto psicologico individuale
Tecniche di Hatha Yoga
per pazienti e famigliari
Maria Grazia Unito (insegnante)
Gruppi di sostegno psicologico
Arte Terapia
rivolti ai pazienti prima, durante
e dopo le terapie oncologiche
Mimma Della Cagnoletta (psicoterapeuta)
32
Paola Bertolotti (psicologa/psicoterapeuta),,
Stefano Gastaldi (psicologo/psicoterapeuta),
Elena Bertolina (recorder)
Caregiver
sostegno psicologico rivolto a famigliari,
partner e persone vicine al paziente
La mente intuitiva
Vittorio Prina (docente di processi intuitivi)
Manuela Provantini (psicologa/psicoterapeuta),
Caro Figlio
sostegno psicologico rivolto ai figli dei pazienti.
Specifico dai 12 ai 21 anni
Laboratorio di pittura su ceramica
Ornella Bolzoni (insegnante)
Manuela Provantini (psicologa/psicoterapeuta)
Supporto medico generale
ai pazienti in terapia oncologica
La forza e il sorriso
Alberto Ricciuti (medico)
per migliorare la valorizzazione di sé
attraverso il trucco
Dottore si spogli
Progetti, studi e ricerche
i medici rispondono alle domande su malattia
e cure: incontri di gruppo e individuali
(esperte di estetica del viso del Progetto Unipro)
con Università, Fondazioni, Aziende,
Ospedali e Istituti di Ricerca.
Salvo Catania (chirurgo oncologo),
Giorgio Secreto (endocrinologo),
Bernardina Stefanon (ginecologa oncologa)
PER MAGGIORI INFORMAZIONI TEL: 026889647 EMAIL: [email protected]
Lo Spettacolo del Cambiamento
Un percorso cinematografico
condotto dall’équipe di Attivecomeprima,
per riflettere insieme sui temi della vita.
NUOVA ATTIVITÁ!
Prossimamente
sui nostri schermi!
C’è qualcuno
che può aiutare te
e i tuoi genitori,
proprio in questo momento.
Attivecomeprima Onlus, che da sempre aiuta i malati di cancro
e i loro familiari, ha aperto un servizio specifico per i loro figli dai
12 ai 21 anni.
Il servizio è rivolto:
• ai figli in età adolescenziale e nella prima età adulta, per aiutarli
ad affrontare la malattia del genitore in una fase della vita già di
per sé complessa e delicata.
• ai genitori, per ogni problema di relazione e di comunicazione
con i loro figli, di qualsiasi età.
Il servizio è gratuito.
La nostra sede è a Milano.
Di seguito l’elenco delle città dove potete trovare
uno o più specialisti che hanno partecipato
alle nostre attività di formazione.
ITALIA:
Adro (BS)
Ancona
Andora (SV)
Aosta
Arona (NO)
Ascoli Piceno
Asti
Aviano (PN)
Biella
Bologna
Bolzano
Brescia
Brindisi
Brugherio (MB)
Casarano (LE)
Castellanza VA
Ceranesi (GE)
Chieti
Civitanova Marche (MC)
Codogno (PV)
Conegliano (TV)
Crema (CR)
Cremona
Cuneo
Desio (MB)
Desulo (NU)
Firenze
Foggia
Forli
Formigine (MO)
Genova
Grosseto
Inverigo (CO)
Lainate (VA)
Lecce
Lecco
Livorno
Marsala (TP)
Merate (LC)
Mestre (VE)
Messina
Mirano (VE)
Modena
Monfalcone (GO)
Monterotondo (RM)
Mortara (PV)
Napoli
Oggiono (LC)
Padova
Parma
Pavia
Perugia
Piacenza
Pietra Ligure (SV)
Pisa
Pordenone
Potenza
Prato
Ragusa
Reggio Calabria
Reggio Emilia
Riccione (RN)
Rimini
Roma
Sanremo (IM)
Seriate (BG)
Siena
Terni
Tivoli (RM)
Torino
Trapani
Treia (MC)
Trento
Treviglio (BG)
Treviso
Varese
Verolanuova (BS)
Verona
Vicenza
Villa Adriana (RM)
Lega Italiana per la
Lotta Contro i Tumori
Istituti Oncologici
e Ospedali
ESTERO:
Rio de Janeiro
Atene
Lipsia
Lugano
altre Associazioni
Specialisti del settore
PER MAGGIORI INFORMAZIONI:
Via Livigno, 3 - 20158 Milano - T +39 02 688 96 47 - email: [email protected] - www.attive.org
MM3 fermata Maciachini - Bus 82, 90, 91