2011 n°1 - Attivecomeprima Onlus

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2011 n°1 - Attivecomeprima Onlus
Nel mondo degli affetti. Della creatività. Del benessere.
Anno XXVIII - n° 1 - maggio 2011
Sped. Abb. Post. 70% - Filiale di Milano - TAXE PERCUE (Tassa Riscossa) Uff. CMP Roserio - MI
Accoglienza, ascolto,
orientamento e aiuto pratico
dal lunedì al giovedì ore 9/17,30
Armonizzazione mente-corpo
attraverso la danza
lunedì ore 15,30/16,30
(Nicoletta Buchal medico/psicoterapeuta)
Consulenze telefoniche
di psicologi, medici ed altri esperti
dal lunedì al giovedì ore 10/16
Tecniche di Feldenkrais
martedì ore 16/17 riservato a chi sta
frequentando i gruppi di sostegno psicologico
(Marina Negri - fisioterapista)
“Primo incontro” riservato alle persone che si
rivolgono per la prima volta all’Associazione
martedì ore 15/17,30
(Felicita Bellomi – fiduciaria,
Manuela Provantini - psicologa clinica
Paola Malinverni - neuropsicologa clinica)
Tecniche di Hatha Yoga
lunedì, giovedì ore 10/11,
mercoledì ore 16/17
(Maria Grazia Unito - insegnante)
Supporto psicologico individuale
per pazienti e caregiver
su appuntamento
Gruppi di sostegno psicologico rivolti ai pazienti
lunedì, martedì e giovedì ore 14,30/16
(Paola Bertolotti, Stefano Gastaldi - psicologi psicoterapeuti, Ada Burrone, Lucia Totaro, Elena Bertolina,
Marina Negri, Isabel Garcia Cruz - fiduciarie)
Gruppi di sostegno psicologico per caregiver
(famigliari, partner e persone vicine al paziente)
lunedì ore 12,30/14
(Manuela Provantini - psicologa clinica
Oscar Manfrin - recorder)
Supporto di medicina generale in chemioterapia
martedì e giovedì su appuntamento
(Alberto Ricciuti - medico)
“Dottore si spogli” i medici rispondono
alle domande su malattia e cure:
lunedì e/o martedì ore 15/17
(Massimo Callegari - chirurgo plastico,
Salvo Catania - chirurgo oncologo,
Giorgio Secreto - endocrinologo
Franco Berrino - epidemiologo, esperto
in alimentazione)
La prevenzione a tavola
corso teorico e pratico di alimentazione e salute
mercoledì ore 10/14,30
(esperti della Ricerca Diana)
La mente intuitiva
giovedì ore 14/17,30
(Vittorio Prina – designer)
Tecniche di rilassamento
e di immaginazione guidata
martedì ore 11/12
(Paola Bertolotti - psicologa psicoterapeuta)
Il Coro
martedì ore 16,15/17,30
(Arsene Duevi - musicista, compositore)
“La forza e il sorriso” per migliorare
la valorizzazione di sé attraverso il trucco
lunedì ore 14,30/17
(esperte di estetica del viso del Progetto Unipro)
“Il tesoro nascosto” incontro riservato
a fiduciarie e collaboratrici:
il primo mercoledì del mese ore 15/17,30
(Ada Burrone)
Giornate di formazione per psicologi,
medici , fiduciarie e altri operatori.
Progetti, studi e ricerche con
Università, Fondazioni, Aziende
e Istituti di Ricerca.
Per informazioni rivolgersi alla segreteria dell’Associazione: [email protected] - 026889647
Dal 1973 a sostegno globale delle persone colpite dal cancro
Editoriale
Cari lettori,
Attivecomeprima Onlus
Via Livigno 3,
20158 Milano
Tel 026889647
Fax 026887898
[email protected]
www.attive.org
Consiglio Direttivo:
Ada Burrone, Alberto Ricciuti,
Arianna Leccese, Anna Dal Castagné,
Giovannacarla Rolando.
Collegio dei Sindaci:
Mauro Bracco, Flavio Brenna,
Luciana Dolci, Giusi Lamicela,
Carlo Vitali.
Comitato Scientifico:
Stefano Gastaldi, Paola Bertolotti,
Fabio Baticci, Franco Berrino,
Nicoletta Buchal, Massimo Callegari,
Salvo Catania, Alberto Costa,
Francesco Della Beffa, Maurizio Nava,
Marina Negri, Willy Pasini,
Manuela Provantini, Alberto Ricciuti,
Giorgio Secreto, Paolo Veronesi,
Umberto Veronesi, Claudio Verusio,
Eugenio Villa.
quest’anno la nostra rivista compie 28 anni; 28 anni nei quali
siamo riusciti, anche nei momenti economicamente più difficili,
a mantenerne la periodicità e la qualità anche grazie alla
disponibilità di chi ci ha regalato ore di lavoro prezioso e materiali
di alta qualità a costi ridotti.
In questo numero troverete alcune novità: una nuova rubrica
tenuta da Sandro Spinsanti, uno dei più autorevoli esperti di
bioetica, su temi di grande attualità che coinvolgono tutti e inoltre,
nello spazio dedicato all’alimentazione, si aggiungerà il contributo
di nuovi collaboratori che propongono sia ricette di facile
esecuzione sia informazioni utili sulle proprietà “terapeutiche”
degli alimenti.
E non solo: il nostro sito è stato completamente rinnovato.
Visitatelo! www.attive.org
La mia riconoscenza va a quanti ci hanno affiancato e sostenuto
nel costante sviluppo del nostro lavoro con il loro contributo
pratico ed economico e alle persone coraggiose che, quotidianamente,
ci dimostrano la capacità di vivere al meglio la vita anche nella
malattia.
È merito di tutti se il nostro agire ha consensi e riconoscimenti
da più parti e se la nostra Associazione ha ottenuto il massimo
punteggio di regolarità dal controllo effettuato dall’Agenzia delle
Entrate.
Ad ognuno di voi un grande abbraccio.
Per tradizione, il Sindaco
di Milano è Presidente Onorario
di ATTIVEcomeprima.
Ringraziamo i nostri collaboratori e fornitori per il contributo alla realizzazione e alla qualità di questa rivista.
Un grazie particolare alla Fotolito ABC per l’omaggio degli impianti di stampa.
Per ricevere questa rivista basta inviare una libera offerta ad Attivecomeprima Onlus.
Pubblicazioni
Rivista ATTIVE
scaricabile
dal sito
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* Riservati agli psicologi e alle fiduciarie che partecipano ai nostri incontri formativi
Sped. Abb. Post. 70% - Filiale di Milano - TAXE PERCUE (Tassa Riscossa) Uff. CMP Roserio - MI
Alimentare
il Benessere,
Franco Berrino
La forza
di cambiare,
Paola Bertolotti
La trapia
degli affetti
Stefano Gastaldi
Edizione
FrancoAngeli
Self-help
La Forza
di Vivere
Cofanetto
di 10 opuscoli
a cura di
ATTIVEcomeprima
scaricabile
dal sito
www.attive.org
Il gusto di vivere
di Ada Burrone e
Gianni Maccarini
Edizione Oscar
guide Mondadori
La terapia
di supporto di
medicina
generale in
chemioterapia
oncologica
di Alberto Ricciuti
Edizione
FrancoAngeli
Lo spazio umano
tra malato
e medico
Parlano medici,
pazienti, psicologi
a cura di
ATTIVEcomeprima
Il Pensiero Scientifico
Editore
Per informazioni sulle pubblicazioni tel. 026889647
La forza di vivere
Per affrontare
con armonia
il cambiamento
di Ada Burrone
(in italiano
e in inglese)
Edizione
ATTIVEcomeprima
...e poi cambia
la vita
Parlano i medici
le donne
gli psicologi
a cura di
ATTIVEcomeprima
Edizione
FrancoAngeli/Self-help
M’amo,
non m’amo
di Ada Burrone
(in italiano
e in inglese)
Edizione
ATTIVEcomeprima
scaricabile
dal sito
www.attive.org
Quando il medico
diventa paziente
La prima indagine in
Italia sui medici che
vivono o hanno vissuto
l’esperienza del cancro
a cura di
ATTIVEcomeprima
e Fondazione Aiom
Edizione FrancoAngeli
Lettera ai medici
di domani
La paura è
contagiosa,
ma lo è anche
la speranza
di
Ada Burrone
La danza
della vita
Le esperienze più
straordinarie della
mia esistenza
di Ada Burrone
(in italiano
e in inglese)
Edizione
FrancoAngeli
Getty images - Laura Ronchi
Anno XXVII - n° 2 - Ottobre 2010
Riprogettiamo
l’esistenza,
Decido di vivere,
La cura degli
affetti
Testi utilizzati per
la conduzione dei
gruppi di sostegno
psicologico*
A una donna
come me
Messaggio
di
Ada Burrone
alle donne
operate
Viene offerta
a tutti coloro
che sostengono
l’Associazione
Sommario
Periodico trimestrale
Anno XXVIII - N° 1
Maggio 2011
Sped. abb. post. 70%
Filiale di Milano
La rivista è posta sotto la tutela delle leggi
della stampa. Gli articoli pubblicati
impegnano esclusivamente la responsabilità
degli autori. La riproduzione scritta
dei lavori pubblicati è permessa solo dietro
autorizzazione scritta della Direzione.
Direttore responsabile:
Ada Burrone
Vice Direttore:
Paola Bertolotti
Redazione:
Caterina Ammassari,
Cristina Ferrario,
Francesca Guatteri.
Hanno collaborato:
Angela Angarano, Paola Bertolotti,
Nicoletta Buchal, Ada Burrone,
Stefano Gastaldi, Benedetta Giovannini,
Paola Malinverni, Lorenzo Marini,
Cristina Nava, Ugo Pastorino,
Manuela Provantini, Sandro Spinsanti,
Alberto Ricciuti, Anna Villarini.
Proprietà della testata:
© Ass. ATTIVEcomeprima Onlus
Direzione, Redazione, Amministrazione:
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Progetto grafico e impaginazione:
Alessandro Petrini 0258118270
Fotolito: ABC, Milano Tel. 025253921
Stampa: Tecnografica, Lomazzo (Co)
Tel. 0296779218
ATTIVEcomeprima ONLUS
Autorizzazione del Tribunale di Milano
n° 39 del 28/1/1984
Editoriale
pag. 03
AVVENTURA
Il collezionista di attimi / Lorenzo Marini
pag. 06
VIVERE IL CAMBIAMENTO
Lo straordinario delle piccole cose / Paola Bertolotti
pag. 08
IL LINGUAGGIO DEGLI AFFETTI
Le eredità che ci rendono ricchi / Stefano Gastaldi
pag. 10
CAREGIVER
Una situazione curiosa / Manuela Provantini
pag. 12
LE VOSTRE LETTERE
Cara Ada / Ada Burrone
pag. 14
TRA MEDICO E PAZIENTE
Un aspetto scientifico dell’Associazione / Alberto Ricciuti
pag. 16
NUTRIRE IL BENESSERE
L’alimentazione in primavera / Anna Villarini
Le ricette di Angela / Angela Angarano
pag. 18
LA MEDICINA CHE CI ASPETTIAMO
Le regole del gioco / Sandro Spinsanti
pag. 22
LA FORZA DELLA VITA
La catena con l’anello... invisibile/ Nicoletta Buchal
pag. 24
PROFILI
Ugo Pastorino / Cristina Nava
pag. 26
Sapevate che... / Benedetta Giovannini
pag. 29
Una lettera che parla al futuro / Ada Burrone
pag. 30
Noi con gli Altri
pag. 34
L’Associazione è iscritta:
-All’Albo delle Associazioni,
Movimenti e Organizzazioni delle donne
della Regione Lombardia
-Al Registro dell’Associazionismo
della Provincia di Milano
-Al Registro Anagrafico delle Associazioni
del Comune di Milano
-All’Albo delle Associazioni della Zona 9
del Comune di Milano
-Alla Società Italiana di Psiconcologia
(S.I.P.O.)
-Alla F.A.V.O. (Federazione Italiana delle
Associazioni di Volontariato in Oncologia)
ATTIVEcomeprima aderisce
al movimento di opinione
“Europa Donna Italia”
Avventura
Il collezionista
di attimi
L’attimo fuggiva,
oh, che altro può fare
un attimo.
Carlo Emilio Gadda
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Qualcuno dovrebbe scriverlo.
Qualcuno che ama la dolcezza e i tramonti.
La malinconia e l’autunno.
Qualcuno dovrebbe cominciare dal titolo:
La Mappa dei Tramonti. Che i tramonti non sono
tutti uguali, né capitano tutti allo stesso modo.
Sono tanti quanti sono gli uomini, tanti quanti
sono gli stati d’animo.
Diversi come ogni fiocco di neve, come ogni
fioritura di primavera, come l’acqua che scorre
nei ruscelli del mondo.
Sempre uguale ma mai la stessa.
Il tramonto è il punto preciso dove il tempo ha il
suo giro di boa. È il cambio di guardia tra il giorno
e la notte.
E qualcuno dovrebbe scriverlo, questo libro che ci
spiega dove andare, come e con chi. Un libro che
ci spiega qual è la stagione ideale o quali sono i
profumi di quel posto. Un libro che ci suggerisca
che musiche ascoltare e che autori leggere, mentre ci guardiamo quel tramonto. Insomma, ci sono
libri sulle cascate, sulle rovine archeologiche, sulle case dei pigmei. Libri sulle stazioni ferroviarie,
sulle stazioni balneari e sulle coltivazioni di liquirizia. Ma non un libro sui tramonti. Anche quando
ritorni da un viaggio o da una vacanza speciale;
tutti a chiederti del cibo, della gente, del servizio o del mare. Mai nessuno che ti chieda: “E i
tramonti, com’erano i tramonti?” E lo sai perché?
Perché a quell’ora la gente si fa la doccia. Nel
momento più magico del giorno tu sei li chiuso
tra i tuoi pensieri e uno shampoo, tra l’acqua che
scorre e un bagnodoccia. Fuori, i colori si fondono
in un magma luminoso che incanta le anime e
innalza i sentimenti. Dentro, gli uomini si dimenticano della loro vera natura. Fuori, al tramonto, è
il momento ideale per meditare, leggere, scrivere
una lettera d’amore, ascoltare l’intermezzo della
Cavalleria Rusticana o l’ouverture del Tannhauser,
rovinarsi con i ricordi, calmare la mente, sintonizzarsi con l’anima. No, non solo la nostra ma
quella del mondo.
Insomma, se ci fosse questa benedetta Guida Sovrana ai Tramonti, questa Collezione Geografica di
Attimi, questa Locazione Poetica dei Sentimenti
sarebbe tutto più semplice.
Oggi uno va nel reparto turismo e geografia della
più fornita tra le librerie e ci trova un posto vuoto.
Uno solo tra le mille guide, mille libri fotografici,
mille carte geografiche e tutte che parlano di
luoghi. Nessuna di tempi.
Associare spazio e momento, dove e quando,
geografia e storia. Unire le indicazioni poetiche
e quelle tecniche: questo dovrebbe fare la Guida
Ragionata ai Tramonti del Mondo.
Che uno la prende, la sfoglia, apre a caso e decide di partire. Che uno ci trova, per esempio l’isola
di Santorini, Egeo. Luogo indicato: punta occidentale estrema. Località Oia. Periodo ideale: maggio
e ottobre. Suggerito un thè freddo e un foulard di
seta perché è un tramonto ventoso, vivace e neo
classico. Nell’aria profumi al rosmarino, cetriolo e
Alba sull’Himalaya
Acquarello di Tiziano Terzani, 2001
ouzo. Lettura consigliata: Venti poesie d’amore e
una canzone disperata di Pablo Neruda.
Oppure. Deserto indiano del Kashmir, al confine
col Pakistan. Periodo indicato ottobre e novembre, temperatura al sole sul suolo +17/25°,
rapide escursioni termiche. Suggerito scialle di
pashmina. Caratteristiche psicologiche: malinconico, speziato, drammatico. Profumo al
dattero e curry. Lettura consigliata: Petali sulle
ceneri di Tagore.
O ancora. Giardini imperiali di Kioto, Giappone.
Periodo indicato: aprile. Temperatura al sole sul
suolo +15/18°. Il tramonto è delicato, sensibile,
introverso, rosa pallido. In presenza di vento, una
delicata pioggia di petali di pesco. Profumo di thè
verde, mandorle, bambù. Lettura raccomandata:
Niji (Arcobaleno) di Banana Yoshimoto.
O infine. Manarola, riviera di levante, Liguria. Periodo consigliato: tutto l’anno ma ideale è settembre. Luogo consigliato: gozzo tipico dei pescatori.
Musica: Te vì di Caetano Veloso. Libro consigliato:
Non me la danno mai di Dario Vergassola.
Insomma una guida per i collezionisti di tramonti,
per gente che ama starsene lì, fissando il vento
e il futuro, perdendosi nel rosso e nelle nuvole,
immergendosi oltre il mare e l’orizzonte.
Perché è lì il luogo dove nascono i sogni. Le idee.
La creatività.
Nel luogo senza luoghi e nel tempo senza
tempi. Che nel tramonto tutto è perennemente
in fluttuazione e un attimo è già un’eternità.
Lorenzo Marini
Creativo pubblicitario
7
Vivere il cambiamento
Lo straordinario
delle piccole cose
8
Quanto tempo è passato dalla prima volta che
sei venuta in Associazione?
Sono passati quasi cinque anni, ma mi sembra un tempo
molto, molto più lungo in quanto dopo la mia malattia sono
cambiata velocemente e considerevolmente.
Le cose importanti e che contano veramente ora sono diverse
rispetto al passato; penso che questo sia accaduto perchè
la malattia mi ha costretto a prendere coscienza che, seppur
giovane e fino ad un secondo prima sana come un pesce,
ho rischiato di veder scivolar via la mia vita in un attimo, per
qualcosa di “sconosciuto e oscuro” che si era insinuato, a mia
insaputa, dentro di me.
È cambiato, è rallentato lo scorrere della vita e delle giornate
e questo mi ha consentito di avere il tempo di pensare di più,
di chiedermi in che modo avevo vissuto la vita fino a quel
momento e se ne ero soddisfatta.
Come se mi venisse tolto un velo davanti agli occhi, mi sono
resa conto che fino ad allora avevo vissuto un po’ “ingessata”;
tutti si aspettavano che mi comportassi come un “bravo soldatino” rispettoso e ubbidiente, sempre a disposizione degli altri,
ma con poco tempo per ascoltare le mie esigenze.
care di cogliere realmente l’essenza delle cose, ma soprattutto
di comprendere che la nostra vita, lunga o corta che sia, è
sempre troppo breve per essere sprecata vivendola magari al
rallentatore o attraverso gli occhi di qualcun altro, dal quale ti
aspetti che ti dica chi e come devi essere, finalizzando i tuoi
comportamenti solo a questo.
Certo è più semplice e sicuro vivere in punta di piedi, come
ho fatto io fino a ora, ma vuoi mettere cosa significa vivere le
emozioni a tutto tondo e sentirti viva come mi sento io oggi? Il
rischio di soffrire per voler essere più autentica è ampiamente
ripagato dal fatto che anche i pochi momenti di felicità vera,
mi fanno sentire in paradiso… ed è una fantastica sensazione.
Ora io mi permetto di godere di un bellissimo tramonto, di
ascoltare un brano musicale, di osservare un dipinto, di fare
una risata tra amici, di un sorriso che mi viene rivolto.
Non potevi o non volevi deludere qualcuno?
Entrambe le cose. Adesso, anche se non è poi così semplice
cambiare, riesco a capire cosa è giusto per me, mi ascolto con
maggiore attenzione e ho una gran voglia di fare cose che mi
fanno sentire bene, indipendentemente da quello che pensano
o si aspettano gli altri.
Non ho più voglia di perder il mio tempo a inseguire cose
“inutili” o cose che non mi “lasciano” nulla; resta inteso
che in tutto ciò che faccio cerco, nel limite del possibile, di
non far soffrire gli altri anche se mi rendo conto che a volte
è inevitabile.
Questa sorta di egoismo mi sta permettendo di vivere in modo
più pieno e appagante consentendomi di provare emozioni
molto profonde sia nel bene sia nel male, sconosciute fino a
ora, ma che mi fanno dire “sono viva!”.
Cos’è che fa sembrare “straordinario” tutto ciò?
Lo straordinario è che ho deciso di farlo prendendomi tutto il
tempo necessario per godermelo e osservare più in profondità
quanto accade; ed è soltanto in questo modo che riesco a
cogliere la vera essenza dei gesti e delle cose.
Per fortuna o per sfortuna, il mio precedente vissuto legato ad
un evento dolorosissimo accaduto anni fa: una perdita prematura di un famigliare al quale ero legatissima, mi ha insegnato
a non avere paura di morire, o meglio a far sì che la paura di
morire non fermasse la mia vita.
Semmai posso avere paura di soffrire fisicamente. Paura che
penso abbia anche la maggior parte delle persone che vivono
o che hanno vissuto l’esperienza della malattia.
Certo che apprezzando la vita come sto facendo, mi dispiacerebbe doverci rinunciare, ma se questo sarà il mio destino
almeno voglio presentarmi all’appuntamento senza alcun
rimpianto, avendo impreziosito ogni giorno della mia vita come
se fosse l’ultimo, non vergognandomi di esprimere i miei
sentimenti. Ho imparato a dire “ti voglio bene” con naturalezza
quando ne sento la necessità; questo ha fatto sì che anche chi
mi ama sia riuscito a fare altrettanto con me.
Forse non è proprio egoismo, ma un po’ più rispetto
di te stessa.
Lo vorrei tanto e, se fosse così, so che lo devo per assurdo a
un periodo buio, ma che mi ha cambiato senza dubbio in meglio. Un consiglio che oggi mi sento di poter dare, a chiunque,
è quello di fermarsi ad osservare quanto ci sta intorno e cer-
Cosa sei riuscita a dimenticare della malattia?
Della malattia fortunatamente sono riuscita a dimenticare la
sofferenza fisica, anche perchè ho retto bene il periodo tra
l’intervento e le cure. Purtroppo ci pensavano gli altri a farmi
sentire ammalata, grazie ai loro sguardi dispiaciuti indirizzati
alla mia testa pelata. Questo è un altro insegnamento che ho
Brigida ha 46 anni e lavora in un Istituto Bancario
Svizzero. Con semplicità e leggerezza ci parla di come è
cambiata in meglio la sua vita dopo il cancro e quale è
stata la strada per riuscire ad apprezzarne ogni sfumatura e ogni aspetto, riuscendo a lasciare sullo sfondo, senza
negarli, gli aspetti più dolorosi di questa esperienza.
avuto dalla malattia, perché anch’io prima, inconsciamente,
facevo lo stesso; oggi fortunatamente non capita più, perché
so che cosa si prova e che ogni sguardo brucia più della
chemioterapia.
Mi ha aiutato a superare la malattia senza dubbio la grande
forza che fino ad allora non sapevo di avere, ma soprattutto
la mia meravigliosa famiglia che mi è stata vicino in ogni
momento, evitando però di compiangermi e di soffocarmi.
Mi conoscono bene e sanno che, se mi avessero soffocato, mi
avrebbero soltanto innervosito.
Purtroppo durante la malattia e visto il mio carattere, non
ho voluto e potuto esprimere i miei mutevoli stati d’animo
perchè non volevo far soffrire nessuno più di quanto non
soffrisse già.
La mia salvezza e valvola di sfogo è stato l’incontro con
“Attivecomeprima”. Per molti può sembrare un paradosso,
voler dimenticare qualcosa e andare ancora di più a guardarci dentro, ma lì ho imparato che non è così, anzi è vero
il contrario e cioè che più neghi la paura, più ti perseguita.
Il primo incontro di gruppo è stato molto impegnativo emotivamente, anche se io ero convinta, dall’alto della mia forza, di
essere una roccia; abbiamo parlato tutte della nostra esperienza
di malattia e questo mi ha fatto soffrire molto, soprattutto vedere
quasi tutte le altre mie compagne piangere per la loro esperienza…anche perché io non sono mai riuscita a farlo. L’unico
momento in cui l’ho fatto è stato quando ho scoperto di avere
perso un’amica, una sorella, una complice nella battaglia contro
il male: Monica; in quel momento ho pianto perché mi mancava,
ma soprattutto perché non era giusto che se ne fosse andata
quella che tra noi era la più delicata, spaventata e fragile.
Visto che sono credente non riuscivo a capire perché un Dio
giusto, avesse deciso di separare una splendida persona dal
suo amatissimo marito e dalla sua unica e stupenda bimba.
A parte questa triste parentesi che si è comunque trasformata in qualcosa di positivo, sia in passato sia oggi entrare ad
“Attive” mi provoca una reazione strana: è come se qualcuno
mi attaccasse ad una presa di corrente e per tutto il tempo in
cui io rimango lì, mi ricarico di una grandissima e luminosa
energia; è meraviglioso per chiunque varchi quella soglia,
vedere e “sentire” tanti caldi e avvolgenti sorrisi.
Non viene fatta alcuna differenza, chiunque necessita di
aiuto e supporto viene accolto, ascoltato e trova sempre
due braccia che si tendono per condividere il peso del
dolore e della sofferenza e due occhi sorridenti che trasmettono amore e speranza.
C’è qualcosa che ancora ti spaventa?
Quello che ancora oggi, ogni tanto, mi spaventa è pensare alla
sofferenza fisica che potrebbe ripresentarsi nel caso la malattia
decidesse di volermi “incontrare ancora”. Però ogni volta che
questo pensiero si affaccia, cerco di chiuderlo nel fatidico “cassetto” che durante gli incontri di gruppo ho imparato a utilizzare.
In questo cassetto l’unica cosa che faccio fatica a riporre, ma
so che devo farlo, è il pensiero che il tempo passa e la persona
in assoluto più importante della mia vita si sta avvicinando alla
fine terrena. Questa persona è mia madre e so che il Padre
supremo, quel giorno, la prenderà per mano e le consentirà di
godere di tutte quelle cose che non ha potuto assaporare in vita
perché sottoposta a privazioni, doveri e obblighi; è la persona
che in assoluto mi ha insegnato meglio ad apprezzare le cose
realmente importanti nella vita di ognuno di noi.
9
I tuoi valori, i tuoi ideali, sono cambiati?
I valori di fondo della mia vita, dopo questa esperienza, sono
rimasti gli stessi, ma sono io che non sono più la stessa e
francamente amo molto di più la Brigida di oggi rispetto a
quella di anni fa.
Sono letteralmente rinata e questa rinascita mi consente di
assaporare ogni novità, nello stesso modo in cui lo fa un bimbo
che ogni giorno scopre qualcosa di diverso.
Non avendo figli, i miei progetti per il futuro riguardano soprattutto il mio benessere e poi quello di coloro che mi stanno
intorno; io ho bisogno di continuare a sentirmi viva come
mi sento ora, ogni giorno devo scoprire qualcosa di nuovo e
diverso, dentro o fuori di me, per consentirmi di continuare a
crescere ed ad assaporare la vita attimo per attimo, sia che
essa duri ancora due anni o cinquanta.
Voglio ringraziare con tutto il cuore coloro che hanno contribuito a questa rinascita, la mia amatissima famiglia, i miei amici
“veri”, tutti coloro che ho conosciuto ad Attivecomeprima e
anche tutti coloro che mi hanno affiancato anche solo per un
momento, perché è grazie ad ognuno di loro se sono diventata
quella che sono ora.
Mi sento migliore ma non avrei potuto diventarlo se
non fossi stata disposta a guardare in faccia la realtà
di ciò che mi è accaduto e a cambiare me stessa.
Paola Bertolotti. Info
Psicologa
autoree psicoterapeuta.
Conduce in Associazione i gruppi di sostegno psicologico “Riprogettiamo l’Esistenza” e “Decido di vivere”.
Il linguaggio degli affetti
Le eredità che
ci rendono ricchi
10
Franco Fornari morì all’improvviso, dopo essersi
sentito male all’Università Statale di Milano, dove
insegnava con grande successo e seguito.
Sono passati 25 anni, ma per chi ebbe la fortuna
di incontrarlo e conoscerne il pensiero e l’umanità,
questo tempo non ha scolorito il ricordo di una persona così capace di trasmettere intelligenza, affetto,
amore per la vita e per l’uomo.
La psicoanalisi e la cultura in generale gli devono
tanto. Le sue idee hanno attraversato e condizionato
una generazione di intellettuali, psicoanalisti, psicologi, sociologi. Anche solo un elenco succinto dei suoi
contributi alla nostra cultura occuperebbe molto più
spazio di quello di cui dispongo per questo articolo.
Ne vorrei citare soltanto alcuni, per dare un’idea
della vastità della sua incessante ricerca.
Partirò dagli scritti sul senso della guerra e sul
conflitto atomico tra superpotenze mondiali. Fornari
crebbe intellettualmente nel dopoguerra, drammaticamente segnato dalla divisione planetaria tra Stati
Uniti e Unione Sovietica.
La guerra era da lui vista come una malattia
dell’umanità, una patologia affettiva per la quale gli
uomini mettono il loro male dentro il nemico e cercano così di ucciderlo nell’altro.
La situazione della escalation atomica, che determinava la prospettiva della distruzione totale del
pianeta, conduceva secondo Fornari, allo scacco
del desiderio di vincere e di uccidere il nemico,
perché ciò avrebbe portato anche alla propria
sconfitta. Proprio questo scacco poteva essere,
secondo Fornari, la spinta verso la necessità della
pace, intesa come strumento di sopravvivenza e di
crescita della specie umana. L’Europa, stretta nel
conflitto tra superpotenze, era inoltre da lui vista
come ammalata, un po’ come accade a un figlio
stritolato dalla lotta tra i suoi genitori.
Le sue idee erano così innovative e trasformative
da creare intorno a lui polemiche e divisioni. In
particolare, la comunità psicoanalitica italiana reagì
inizialmente anche con aspre critiche al suo pensiero. Cesare Musatti stesso, che fu tra i padri fondatori
della psicoanalisi italiana e che era stato il maestro
di Fornari, prese a caldo le distanze con dolore e
apprensione da quel pensiero, che vide in grado di
modificare la psicoanalisi e i suoi concetti di fondo.
Fornari amava Freud e lo rileggeva incessantemente,
trovando nei suoi scritti nuove prospettive. Diceva,
essendo lui piacentino, che “Freud è come il maiale:
non si butta via niente”.
A differenza di Freud, che credeva che l’educazione
dei bambini, dovendo moderarne gli istinti, portasse
necessariamente a creare un contrasto tra la cultura
e la natura, Fornari credeva che la cultura portasse
la natura a svilupparsi, un po’ come accade quando
gli uomini selezionano i semi da piantare nei campi
tra quelli che esistono spontaneamente nella selva.
Questa idea rovesciava il concetto freudiano del
“disagio della civiltà” e avrebbe portato a una
nuova visione dell’Inconscio e a nuove prospettive
nella psicoanalisi.
Proprio a partire da alcune osservazioni di Freud sui
sogni, Fornari sviluppò l’idea centrale del suo pensiero, vale a dire che gli esseri umani nascono già in
grado di simbolizzare il mondo in termini affettivi e
che questa loro capacità si associa via via alla conoscenza che il bambino acquisisce nell’incontro con la
vita e allo sviluppo delle capacità cognitive.
Questa idea ci porta sostanzialmente a riconoscere l’inconscio affettivo in ogni manifestazione del
pensiero umano, a rintracciare negli affetti il motore decisionale delle azioni degli uomini e a poter
leggere nella cultura e nelle organizzazioni umane la
presenza di potenti orientamenti affettivi.
Le conseguenze di questa idea sono di una portata
immensa, non solo per la psicoanalisi (e si spiegano
con ciò le divisioni e le polemiche che il pensiero di
Fornari causò all’inizio: si pensi solo che per la psicoanalisi classica il concetto di Inconscio è collegato
all’idea di qualcosa di non conoscibile, mentre nella
nuova visione introdotta da Fornari l’Inconscio parla
incessantemente nel linguaggio e può essere riconosciuto in esso), ma anche per la socioanalisi, per la
psicologia evolutiva, per la sociologia…
Fornari studiò le grandi questioni della vita.
Si interessò alle vicende della nascita, alle quali
dedicò il suo libro forse più bello e vibrante (“Il codice
vivente”). In quel periodo avviò una collaborazione
tra Università e Ospedale Vittore Buzzi di Milano,
mandando molte sue allieve a lavorare in Ostetricia.
Si interessò anche all’esperienza di chi si ammala di
cancro, perché conobbe Ada Burrone e avviò con lei
e con Attivecomeprima una collaborazione che
durò, direttamente e indirettamente, fino alla fine
della sua vita. Il suo libro Affetti e Cancro è ancora oggi un punto di riferimento per chi desideri
entrare con uno sguardo profondo nel lavoro di aiuto
alle persone ammalate e ai loro famigliari.
Negli anni in cui Fornari collaborò con Attivecomeprima, diede un contributo importante allo sviluppo
dell’Associazione: fu il padre della Terapia degli
Affetti, ci orientò a fare la prima indagine dell’Associazione sull’esperienza delle persone ammalate
di cancro (indagine sostenuta dal Ministero della
Sanità), guidò il Comitato Scientifico e ci aiutò molto
a mettere in forma le osservazioni e i pensieri che, a
partire dalle osservazioni di Ada Burrone, svelavano il
senso più intimo e profondo della storia di chi vive il
trauma della malattia.
Come sempre accade per chi dona all’umanità un
pensiero generativo, i suoi sviluppi seguono ancora
oggi mille strade.
Tra quelle che conosco da vicino, vorrei anche menzionare la crescita di una esperienza clinica e teorica
molto avanzata nel campo degli studi sull’adolescenza, portata avanti dal gruppo di psicoterapeuti
dell’Istituto Minotauro di Milano, che nacque intorno
a Fornari poco prima della sua morte.
Attivecomeprima, il Minotauro, sono solo esempi di
come un pensiero generoso, profondo e innovativo
abbia potuto lasciare un bene che non richiede atti
di adesione fideistica, ma aiuta a illuminare strade
difficili, a vedere con maggiore chiarezza le verità
affettive e i processi di adattamento, sopravvivenza e crescita nell’esperienza degli uomini
che vivono il trauma della malattia e o nei
giovani che entrano in una nuova fase
trasformativa della vita.
Stefano
Gastaldi.
Info autore
Psicologo e psicoterapeuta. Conduce in Associazione il gruppo “La terapia degli affetti”.
11
Caregiver
Una situazione
curiosa
Le persone vengono a conoscere Attivecomeprima,
indirizzate dai loro medici, dai pazienti da noi seguiti,
dai mass media ecc. Sono accolte in quello che
viene definito “Primo Incontro”. Qui si ascoltano
bisogni, paure, speranze e si aiuta a mettere un po’
di ordine nei pensieri e nelle emozioni e si cerca di
capire cosa l’Associazione può fare per loro.
Come molti sanno, tra le varie attività, un peso
importante è dato dai gruppi di sostegno psicologico
a cui, generalmente, le persone vogliono partecipare
per un desiderio di condivisione e confronto con
12
altre persone che stanno vivendo situazioni simili.
Quando si descrive loro l’attività dedicata ai caregiver (coloro che si prendono cura delle persone
ammalate), accade però una situazione curiosa.
Le persone ammalate tendono a descrivere il famigliare che sta loro vicino come una persona poco
disponibile a questo tipo di lavoro; si sentono frasi
tipo: “No, mio marito non può…lui lavora…”, “Non
è il tipo, non fa per lei…”, “Non è una persona che
ama parlare di sé…”. E molto spesso non riportano
al proprio caro l’informazione che hanno ricevuto.
In alcuni casi, accade che siano proprio i famigliari
(coniugi, conviventi, genitori, figli, amici…) a mettersi in contatto con Attivecomeprima e non le persone
colpite direttamente dalla malattia.
Arrivano all’incontro con la speranza di avere
qualche “dritta” su come alleviare la sofferenza del
proprio caro, sul cosa sia giusto dire o non dire, sui
comportamenti che si devono adottare con alcuni
medici, su come continuare a vivere la propria vita
senza sentimenti di colpa e su tutto quello che è
necessario sapere intorno alla malattia, alle cure e
alla qualità di vita.
È durante questo incontro che si prospetta loro
l’idea che esistono altre persone nella medesima
condizione, che c’è la possibilità di condividere
questa esperienza in uno spazio a loro dedicato.
Qui si è aiutati a ricaricarsi e ad abbandonare il
sentimento di impotenza che li accompagna e che
spesso impedisce loro di condividere le difficoltà dell’altro facendo correre il rischio di apparire
superficiali e menefreghisti, bloccandoli nelle scelte
per la paura di sbagliare.
A questo punto, come per incanto, danno immediatamente la loro adesione al gruppo. Certo alcuni di
loro si mostrano dubbiosi perché non si sentono
in grado di parlare di sentimenti ed emozioni con
perfetti sconosciuti ma si concedono la possibilità
di provare e al termine del percorso sono proprio
le stesse persone che si dicono soddisfatte del
lavoro svolto.
Sembrerebbe quindi che, così come esiste per
i famigliari la difficoltà a ritagliarsi del tempo da
dedicare a se stessi perché emergono sentimenti di
colpa nei confronti del proprio caro, esiste probabilmente una volontà, da parte delle persone colpite
direttamente dalla malattia a non voler “pesare”
ulteriormente sul famigliare dandogli anche l’incombenza di partecipare a dieci incontri a cadenza
quindicinale, a cui magari può aderire solo dopo
aver chiesto dei permessi al datore di lavoro.
Forse risulterebbe più facile pensare che se i famigliari dedicassero maggior tempo a sé potrebbero
evitare di avere i pensieri centrati solo sulla malattia
e la sofferenza e finirebbero col diventare anche
un rifornimento di energia positiva per la persona
colpita dal cancro.
Allo stesso modo, la persona ammalata potrebbe evitare la sensazione di “sentirsi di peso” se
pensasse che, per il caregiver, frequentare un
gruppo di sostegno è una scelta centrata
principalmente sul proprio benessere e che
inevitabilmente si rifletterà sul benessere e
sulla qualità di vita di entrambi.
Manuela Provantini.
Info autore
Psicologa, assistente alle ricerche e alla progettazione delle attività.
Conduce in Associazione il gruppo dedicato ai caregiver:
13
Le vostre lettere
foto Paolo Liaci
a cura di Ada Burrone

Ada cara, ti mando un
mio scritto a nome di tutto il gruppo
“Decido di Vivere”.
Vania
14
Alla Paola e a Marina
accoppiata sopraffina
dedichiamo questi versi:
...che non vadano MAI persi!
Sono un prezioso scrigno
che sta là in via Livigno.
Una fonte di energia
che regala allegria.
Certo anche riflessione
mista a introspezione
nel momento di lettura
e sconfiggi la paura.
Poi rilassi corpo e mente, con che
cosa? Sorprendente!!!
Feldenkrais una scoperta!
Con Marina quale esperta.
Ci regala nuovi appigli,
ma ahimè quanti sbadigli:
la tensione vola via,
così dice, così sia.
E vai di test e di disegni:
si rivelano gli ingegni,
tranne ahimè la scrivente
che d’artista non ha niente.
Tra alberi e ritratti
si colora come matti.
Ah!!! Che passi da gigante.
Date dieci a tutte quante.
E per voi ragazze care
un regalo da indossare.
No non è un barbatrucco.
Rimarrete sì di stucco!!!
Poi si mangia e si festeggia.
Alla vita orsù si inneggia
con dolciumi e moscato
qual delizia pe’l palato.
Rosa, Astrika, Patrizia,
(sono proprio ‘na delizia);
Tina, Vania con Donata
(una terna prelibata).
E continua questa lista
con Alida la regista,
poi ci aggiungo anche Maria:
(sono er mejo che ci sia).
A Paola e a Marina,
rispettando orsù la rima,
noi diciamo tutte in coro:
“Brave, ottimo lavoro!”
...E non mangiate troppo mais,
bensì fate... feldenkrais!!!
Grazie, Vania, del tuo simpatico dono!

Cara Ada,
il nostro incontro telefonico risale
a qualche tempo fa; ho ricevuto i
tuoi preziosi libri e i dieci opuscoli di
Attivecomeprima.
Ho letto cose assolutamente condivisibili. Creativa e molto significativa mi è
sembrata la grafica del testo “La forza
di vivere” dove si comprende pienamente come, da quelle piante spinose,
può nascere un fiore se solo tu lo vuoi.
Vedi io, stranamente, quando nove anni
fa sono stata operata, non sono stata
troppo traumatizzata dalla perdita della
mammella, se non pensando alla sofferenza e alla privazione che avrebbe
avuto mio marito. Ma lui è stato un
angelo e mi ha amato ancora di più.
Da parte mia, con questa sicurezza,
ho continuato a pensare alla vita, che
comunque prevaleva su tutto.
Certo, all’inizio della mia storia la prognosi era abbastanza fausta, anche
se poi le cose non sono andate così:
metastasi ossee, poi al fegato e tanta
chemioterapia.
Dopo l’ultima tac sto facendo la radioterapia e poi riproveremo con un altro
protocollo.
Dopo lo sgomento iniziale mi sono però
presto ripresa, il mio asso nella manica è il colloquio con Dio che sempre
funziona. Lui c’è sempre, pronto ad
accogliermi anche e proprio quando mi
sento disperata e impotente.
Io sono serena intimamente. Ho un po’
paura del dolore ma ci sono i farmaci
che aiutano e, come ho detto, l’insostituibile sostegno spirituale. Soprattutto
in questi ultimi tre anni, oltre l’aggravarsi della mia malattia, si è aggiunta
la morte per cancro di mio marito che
si era ammalato subito dopo di me.
Io ho ripensato alla mia vita e ringrazio
per tutto quello che mi è stato donato:
amore, famiglia, professione, figli e,
ora, nipoti... Certo non vado a rammaricarmi perché non ho avuto questo o
quell’altro.
Non è che la mia vita sia stata una
tavola da bigliardo: ha avuto gli alti
e i bassi come quella di tutti. Io amo
immensamente la vita e ho chiesto al
Signore una proroga ancora, finché Lui
vorrà, ma la mia certezza ora è che
non importa quando arriverà questo
momento perché so dove porterà alla
fine il treno della mia vita. La malattia
è stata per me e per mio marito la
nostra salvezza: ci ha fatto raggiungere
la percezione del senso, del significato
della vita e questo non vuol dire non
tenere in contro il percorso quotidiano, ma vederlo più ricco di colori e di
bellezze.
So che questa mia testimonianza potrà
lasciare qualcuno, o più d’uno, indifferenti o scettici e me ne scuso, ma ho
scelto di farlo con parole sincere.
Mi fa felice averti risentito dopo
tanti anni dall’inizio della mia storia
e ti auguro di cuore tutto il bene del
mondo.
Carla, Rovigo
La tua lettera, Carla, parla di te
e della tua forza d’animo più che
della tua condizione fisica causata
dalla malattia e non certo facile da
reggere.
Il tuo spirito è al di sopra di quanto
sta accadendo al tuo corpo. Si sente
che sei sincera, anche se come tu
dici non per tutti può essere semplice comprendere come tu riesci a
trasformare la sofferenza in accettazione serena. Sei consapevole
di quanto ti sta accadendo e potrà
accaderti e, nonostante ciò, riesci
a vivere il presente e sentirti nella
vita al di là delle sue dure prove a te
riservate.
Ti ringrazio per avere aperto il tuo
cuore a me e a chi ti leggerà.

Ho da poco concluso il ciclo
di terapia che mi era stato prescritto
dopo la diagnosi di carcinoma della
prostata. Dal punto di vista fisico non
mi posso certo lamentare: tutti gli
esami di controllo, dalla scintigrafia
alla PET, sono negativi. Ho anche la
fortuna di avere accanto a me una
moglie e due figli stupendi che non
mi hanno mai lasciato solo e di avere
sempre incontrato medici capaci e
preparati. Allora perché non mi sento
ancora bene? Non so con chi parlare
di questo mio stato d’animo che non
capisco e che non mi fa vivere con
serenità questo mio tempo dopo la
malattia.
Mario - Catania
Caro Signor Mario,
è un bisogno comune quello di
esprimere liberamente i nostri dubbi
e i nostri disagi più profondi.
Occorre coraggio per chiedere aiuto
e lei lo ha trovato.
Anche se il cancro è diventata una
malattia sempre più curabile e lei
sta bene fisicamente, il “tarlo” della
paura permane.
Considerata la distanza tra noi la
invito a chiamarci.
Anche se solo telefonicamente
potremo accogliere i suoi pensieri
e, insieme, trovare la strada per
abbandonare quelli che non la
lasciano sereno. Potremo anche
segnalarle tra i nostri collegamenti
operativi chi la potrà eventualmente
aiutare da vicino.

Ciao Ada carissima,
come stai? Io bene, ho da poco
festeggiato il 9° anniversario dall’intervento e sono felicissima di esserci
ancora e di esserci con una discreta
salute.
Sai, un vecchio saggio qui mi ha
detto: “Hai fatto un ottima cosa a
venire a vivere in Liguria, perche qui
si vive doppio”. In effetti ha ragione
perché si passa molto tempo all’aria
aperta, circondati da panorami
stupendi, appena esce un raggio di
sole si va in spiaggia, in bicicletta, a
passeggiare nei boschi, i ritmi di vita
sono più rallentati e le cattive notizie
non ti raggiungono, tutto intorno a
te è calmante e rassicurante, e se
hai una preoccupazione si stempera
nella bellezza che ti circonda. Persino
il tragitto per andare a lavorare è
un’esperienza sensoriale, io lavoro a
Genova e faccio l’autostrada rischiando un incidente ad ogni curva per
osservare la bellezza del panorama.
Dovresti vedere nei giorni nuvolosi,
quando il mare è grigio ferro, lo
spettacolo dei raggi che penetrano e
formano degli spot d’argento abbagliante, alle volte arrivo alle lacrime
per l’emozione. Ti devo ancora mille
e mille volte ringraziare perché mi
hai aiutato a credere che si poteva
ancora vivere e nel mio caso, io ho
pure esagerato e non solo vivo come
prima, ma meglio anzi “meglissimo”
di prima.
Vivere qui è uno stupore continuo.
È come se i miei sensi, per anni
sopiti, si fossero risvegliati in un
tripudio di sentire, vedere, odorare,
toccare, assaporare. “Sento” il mio
corpo in tutte le sue meravigliose
funzioni mentre reagisce a tutta questa bellezza e armonia. Credo che
chi vive nelle grandi città, alienato da
tutto questo, dovrebbe fuggire “ora e
subito”.
Nel frenetico modo di vivere delle
grandi città il corpo smette di esistere, comandato da un cervello
“despota” che lo obbliga a non riposare, a mangiare senza assaporare
perché non c’è tempo, a non vedere
i colori, se non le tonalità che vanno
dal bianco al nero con una predilezione per il grigio, lo stesso grigio
che hai sopra, sotto e ai lati. “Lui”
decide anche quando è ora di fare
movimento, ovviamente in palestra
fra altri corpi sudati e schiavizzati.
È sempre lui che lo persuade che è
degno di attenzione e amore solo se
è bello, in forma, ben vestito, sano e
instancabile.
Lo convince che il suo scopo sia
solo quello di riflettere un’immagine
vincente.
Il contatto con la natura invece ti
porta in una dimensione dove non
sei tu il centro di tutto ma, per una
volta sei solo uno spettatore della
meraviglia che ti circonda. Davanti
alla maestosità del mare abbandoni
finalmente i tuoi sensi e il tuo vero io
affiora in un vulcano di emozioni che
non sapevi nemmeno di avere.
Il tuo corpo si ribella al “despota”
e con una fame insaziabile annusa,
assapora, guarda, tocca e una
calda e rassicurante gioia pervade il
tuo cuore.
Davanti a tutta questa bellezza, la tua
di “bellezza” e “perfezione” non è più
così importante e non lo è neanche
quella degli altri, perché nessuno può
essere bello e perfetto come il mare.
Di fronte a lui siamo tutti uguali, nessuno può dire “è solo mio”, nessun
tiranno lo può comandare,
nessun magnate lo può comprare,
nessun prepotente lo può sfidare.
Meraviglioso mare…..nelle tue onde
mi perdo e finalmente mi ritrovo.
Arianna, Bergeggi SV
Amica mia cara,
leggerti mi fa sentire lì con te ad
ammirare e a godere la stupenda
natura della Liguria.
Sei stata davvero brava a dar forma
ai desideri che tu già manifestavi
durante il lavoro dei gruppi.
Sono contenta per te e con te.
So che tuo marito ti ha sempre
gioiosamente accompagnata nel
percorso.
Vi penso felici e vi abbraccio.
Per i vostri quesiti vi ricordiamo i nostri recapiti:
ATTIVEcomeprima via Livigno, 3 - 20158 Milano Tel 026889647 mail: [email protected]
Per parlare con Ada potete telefonare il lunedì e il mercoledì dalle h. 14,00 alle h. 17,00. 15
Tra medico e paziente
Un aspetto scientifico
dell’Associazione
Oggi esiste un consenso pressoché unanime sulla natura
complessa dei problemi della salute, ciò di cui invece si sente
maggiormente il bisogno è di strumenti concreti che consentano
di gestire tale complessità e dare risposte non solo scientificamente fondate, ma anche appropriate al contesto personale
nel quale il problema di salute è emerso ed è vissuto. Tutto ciò
è particolarmente evidente in un’area come l’oncologia per la
natura dei problemi di cui si occupa e che coinvolgono non solo
il malato, ma anche il suo contesto affettivo e sociale. Queste, in
breve, sono le ragioni che ci hanno spinto a realizzare nel 2010
il Mini-Master rivolto agli oncologi e che quest’anno ripeteremo.
16
Ogni incontro ha visto la partecipazione attiva, attraverso
interazioni continue e confronti coi docenti, degli oncologi-medici
che provenivano da differenti strutture ospedaliere italiane.
I punti di convergenza sono stati numerosissimi.
In primo luogo si è sottolineata la necessità di porre più attenzione
alla qualità di vita del malato.
L’obiettivo terapeutico, infatti, non è solo quello di “risolvere la
malattia”, ma è anche quello di aiutare il paziente a stare bene.
Sicuramente occorre comunicare in modo appropriato, ma per
sviluppare una relazione non solo corretta ma anche buona,
occorre disponibilità all’ascolto e capacità empatica. È così che
l’oncologo può ottenere contemporaneamente un miglioramento della qualità del suo rapporto col paziente, una maggiore
aderenza alle cure e un arricchimento di se stesso, come uomo
e come professionista.
Questo significa, concretamente, porre la persona al centro della
cura. E non solo la persona del malato, ma anche quella del
medico, vera e propria risorsa terapeutica per instaurare una
relazione di fiducia che possa aiutare il paziente a “dare corpo”
alla speranza. La persona viene prima del paziente e l’ascolto,
strumento essenziale a disposizione del medico, è possibile
anche in condizioni di ridotta disponibilità di tempo.
Al di là di questo, è comunque l’atteggiamento empatico del
medico che il paziente percepisce.
Si è anche e inevitabilmente rilevato che l’organizzazione del
nostro Sistema Sanitario non facilita tutto questo: esige efficienza
ed efficacia in tempi stretti (da una recente indagine, il tempo
medio di una visita oncologica è 8 minuti) ed i medici, non solo
in ambito oncologico, soffrono sempre di più per questo condizionamento che vivono come una sorta di “dittatura culturale”
alla quale non possono sottrarsi. Sono sempre più oppressi da
compiti burocratici che erodono ogni giorno di più il tempo da
dedicare al mestiere di medico e, ciò che è più grave, ne indeboliscono le motivazioni. Gli stessi oncologi presenti ammettono
di percepire sempre più lontano il paziente a causa dell’assunzione di un ruolo sempre più “tecnico” e meno “medico”.
Ed è per questo complesso di ragioni che sempre più spesso
i pazienti si rivolgono a centri o a professionisti extra-ospedalieri
per trovare una risposta ai loro bisogni. E, nella maggior parte
dei casi, senza informarne l’oncologo.
Le conseguenze di tutto questo, lungi dal comportare un
effettivo “risparmio” di spesa pubblica, sul medio-lungo periodo
aumentano verosimilmente i costi.
La soluzione più naturale sarebbe che l’ospedale fornisse, al
suo interno, un servizio di medicina di supporto per il malato
oncologico. Si eviterebbero così la “dispersione” del paziente e
le situazioni conflittuali che a tutti i livelli ne possono derivare.
Da questo punto di vista, è stato molto apprezzato uno strumento
pratico che consente al medico di dare concretezza all’obiettivo
di mettere la persona al centro delle attenzioni.
Si tratta della Terapia Sistemica di Supporto per la prevenzione
e la cura della fatigue. Questo metodo di lavoro è nato da una
rilettura in chiave sistemica di conoscenze già acquisite e
condivise in medicina e in oncologia, che consente di comprendere come i fondamentali equilibri fisiologici e la biochimica del
metabolismo energetico dell’intero organismo vengano più
o meno pesantemente disorganizzati dalle terapie oncologiche.
Ne è scaturito un coerente approccio terapeutico che, agendo in
sinergia con le terapie oncologiche, potrebbe essere promosso
come parte integrante delle cure.
Il Master, inoltre, ha offerto ai partecipanti anche qualcosa di unico
e di insolito in corsi di questo tipo: la testimonianza diretta di
pazienti e caregiver appositamente invitati, sui loro vissuti, le loro
difficoltà durante il percorso delle terapie e nella comunicazione
tra loro stessi e con i loro medici curanti. La riflessione a più
voci che ha preso vita tra i presenti, è stata un’esperienza molto
intensa e coinvolgente, ricca di contenuti umani e di aspetti etici
e metodologici che sono stati esaminati e approfonditi.
Si è aperta così una lunga riflessione relativamente all’ambito
dell’odierna medicina, nella quale sembra mancare la figura
del medico-umanista. L’amplificazione dei sistemi di cura ha
spinto ad una formazione sempre più tecnica e meno umana; da
qui, il sempre maggiore ricorso alle medicine non convenzionali
(60-70% dei pazienti oncologici in Italia) che, al di là dei metodi
utilizzati, danno comunque più spazio alla relazione col paziente.
Ma il medico è professionista e uomo insieme. E l’Università
dovrebbe proporre percorsi formativi più strutturati in tal senso.
Si sottolinea peraltro, all’interno dei corsi di laurea, la carenza
della medicina generale come base formativa, a prescindere
dalla specialità scelta e successivamente intrapresa.
Nella pratica, infatti, lo studente del corso di Laurea in Medicina, nel secondo triennio, entra già nella clinica universitaria
nella quale, dopo la laurea, si specializzerà come professionista.
Lo sguardo clinico dovrebbe essere prima medico e, in un
secondo tempo, oncologico.
Bisognerebbe investire non solo sulla ricerca, ma anche e di più
sulla figura del medico, e qui dell’oncologo in particolare, come
risorsa: il paziente dovrebbe poter trovare tutte le competenze
di cui necessita in alleanza tra loro, senza essere costretto ad
andarle a cercare in mille specialisti tra loro estranei e sentirsi
così scisso tra chi cura la malattia e chi risponde ai suoi bisogni.
Ribaltare un’organizzazione sanitaria - ma anche e soprattutto
formativa - già precostituita, è molto difficile. Andrebbe rivista e
ripianificata la formazione dei giovani medici e, nel contempo,
bisognerebbe risvegliare nei medici, non più giovani e già
formati, un orientamento clinico globale e non solo specialistico
sul malato.
Questi, molto in sintesi, sono alcuni dei più significativi temi
emersi dalle riflessioni degli oncologi che hanno partecipato
al Mini-Master.
Ma un’ultima riflessione di grande importanza, raccolta dalla
discussione, vede in primo piano un’esplicita richiesta di
sostegno psicologico, per evitare la sindrome del burn-out,
cioè, come recita una sua definizione, “l’esito patologico di un
processo stressogeno che colpisce le persone che esercitano
professioni d’aiuto, qualora queste non rispondano in maniera
adeguata ai carichi eccessivi di stress che il loro lavoro li porta
ad assumere”.
Attivecomeprima Onlus con
il Patrocinio di AIOM Lombardia,
CIPOMO Nazionale,
Comune di Milano-Settore Salute,
organizza la seconda edizione del:
Mini-Master in Management
e Supporto Globale
del Paziente Oncologico
in corso di accreditamento ECM*
consiste in quattro moduli di due giornate
ognuno, sui seguenti temi:
6-7 Maggio 2011
Prevenzione e cura della fatigue:
metodo e strumenti
24-25 Giugno 2011
L’alimentazione durante e dopo
le terapie oncologiche
14-15 Ottobre 2011
Stili di vita, quotidianità
e vissuto del malato oncologico
Nello specifico, pur lavorando in differenti realtà operative,
tutti gli oncologi presenti sono accumunati dall’esigenza di
assicurare, alle varie figure professionali del reparto (medici,
infermieri, etc..), un supporto psicologico, praticamente assente
in ciascuna delle realtà descritte. Alcune figure professionali
non lavorano al meglio delle proprie possibilità proprio perché
appesantite, sovraccariche emotivamente, senza la possibilità
di dedicare uno spazio a se stesse.
25-26 Novembre 2011
Second opinion, partecipazione
alle scelte e gestione dei conflitti
A tal proposito si è ipotizzato, quale progetto pilota, l’organizzazione di un lavoro appositamente strutturato rivolto agli
oncologi che ne avvertono l’esigenza. Un incontro preliminare in
tal senso si è svolto il 22 gennaio u.s., nella sede di Attivecomeprima, con gli oncologi del Mini-Master e altri sono già stati
programmati.
Da ultimo, una nota personale. Noi medici siamo abituati alle
situazioni paludate dei congressi, dove ognuno va vestito e protetto dal suo ruolo. Ciò che è stato particolarmente emozionante
qui invece, è l’essersi trovati tra colleghi a ragionare insieme
sul proprio lavoro. Non solo arricchendosi reciprocamente su
alcuni contenuti tecnici del mestiere, ma anche mettendosi un
po’ allo specchio, incontrando lo sguardo e le parole di pazienti
che ci hanno donato il loro vissuto, esplorando le altezze
e le profondità del proprio “essere medico” mettendole
a confronto l’un l’altro, riscoprendo quel clima, per così
dire, di fraternità professionale che mi ha ricordato un po’
l’entusiasmo e la freschezza degli anni di Università.
Coordinatore del corso: Ada Burrone
17
Il corso, riservato a un numero massimo di 20
oncologi, si terrà presso Attivecomeprima Onlus
in via Livigno 3 a Milano.
L’iscrizione è gratuita, comporta l’obbligo di
frequenza a tutti e quattro i moduli e verrà
accolta fino ad esaurimento dei posti disponibili.
Il programma dettagliato è visibile e scaricabile
sul sito: www.attive.org
Per iscriversi è possibile scaricare il modulo dal sito
e inviarlo compilato e firmato alla segreteria di
Attivecomeprima - mail:[email protected],
fax 026887898
*la precedente edizione ha ottenuto 50 punti ECM
Alberto Ricciuti. Medico
Info autore
di medicina generale.
Responsabile in Associazione del Supporto di Medicina Generale durante la chemioterapia.
Nutrire il benessere
L’alimentazione
in primavera
18
Le persone si “risvegliano” dal torpore e dal freddo invernale, torna la voglia di uscire, di camminare all’aria
aperta, di mangiare cibi rinfrescanti; in altre parole
tornano l’energia e il buon umore, e viene lasciato alle
spalle lo stress invernale e la malinconia.
Corpo e mente “rifioriscono” esattamente come fa la
natura. Per la filosofia orientale dei cinque elementi,
siamo nel periodo dell’energia Fuoco: sentiamo il Fuoco nell’aria e sulla nostra pelle e lo avvertiamo come
sensazione forte nei nostri corpi. Lo ritroviamo spesso
come sapore nella cucina dei Paesi più caldi, dove le
spezie sono un ingrediente fondamentale.
E, come sempre, sia che abbiamo una visione più orientale che più occidentale della vita, l’alimentazione, gioca
un ruolo fondamentale anche in questa stagione.
Questo è certamente il momento migliore per mangiare cibi semplici e naturali, cosa in apparenza molto
difficile nel caos dell’alimentazione moderna, troppo
ricca di cibi e preparazioni che influiscono in modo
molto negativo sull’energia ritrovata della primavera.
E allora per prima cosa è importane abbandonare
l’eccessivo consumo di carni, salumi e formaggi (che
troppo spesso caratterizza il periodo invernale), ridurre
le fritture, lo zucchero, i dolci e gli snack sia dolci che
salati, le bevande alcoliche e anche quelle zuccherate, il burro, le margarine, le panne varie o le
salse tipo maionese. Anche il latte non ci aiuta se
vogliamo alleggerire e ripulire il nostro intestino,
per cui sostituiamolo con bevande vegetali a base
di cereali oppure con yogurt rigorosamente bianco
(ma non troppo frequentemente).
La natura in questa stagione ci offre una gamma
vastissima di verdure e frutta ma il cibo base resta
sempre il cereale integrale abbinato a un legume
possibilmente fresco.
Tutte queste meraviglie offerte dal mondo vegetale sono
ricche di sostanze antiossidanti, che danno una mano al
corpo a uscire dagli eccessi invernali.
Iniziamo dalla base della nostra alimentazione:
i cereali.
Devono essere sempre consumati integrali, solo così
diventano un aiuto importante per la nostra salute.
Tra i cereali integrali il riso nelle sue svariate forme la
fa sempre da padrone.
Ma oggi proponiamo un piatto a base di orzo che,
tra tutti i cereali, è senza dubbio il più rinfrescante.
Da 9.000 anni è diffuso nel bacino mediterraneo.
Ippocrate lo considerava già dal 460 a.C. un alimento
astringente e decongestionante. Oggi sappiamo che
contiene vitamina PP, fosforo, calcio, ferro, magnesio
e potassio. Inoltre contiene ordeina una sostanza con
proprietà antisettiche intestinali.
Quello perlato è troppo raffinato, il decorticato è senza
dubbio più nutriente.
Tra le verdure alcune si distinguono per le loro
proprietà depurative e disintossicanti, utili durante la
primavera. Tra queste ne citerò due che crescono in
maniera spontanea: il tarassaco e l’ortica.
Il tarassaco contiene un principio attivo, la taraxacina,
che stimola il flusso della bile con effetto detossicante.
La primavera
è la stagione
in cui l’organismo
si rinnova.
Chiamato anche radicchio o dente di leone, è un’erba
selvatica ricca di caroteni e minerali (tra cui il calcio);
vengono colte le foglie, i germogli e il colletto della radice.
Si può mangiare subito in insalata, lessato oppure essiccato per farne tisane ma, in questo caso, viene utilizzata
la radice che si raccoglie in autunno.
L’ortica, che proponiamo nella zuppa, è una pianta
selvatica urticante per la pelle, se toccata. Si utilizzano, in
cucina, le foglie più giovani che vengono raccolte facendo
uso di guanti. L’ortica è ricca di vitamina C, azoto e ferro.
In molte culture viene impiegata per arrestare la caduta
dei capelli e questo la rende un buon alimento anche
in novembre. Era già utilizzata come pianta medicinale
dagli antichi Greci per combattere la diarrea, per le sua
proprietà diuretiche, cardiotoniche e antianemiche. In
cucina può essere usata nei risotti, per condire la pasta,
nei minestroni o per fare frittelle. Una volta cotta perde
tutto il suo potere urticante.
Non ci dimentichiamo poi, che in primavera iniziamo a
trovare i frutti di bosco: lamponi, mirtilli, more, ribes e
fragoline di bosco.
Sono ricchi di vitamina C e di antociani che, oltre a
conferire il caratteristico colore che va dal rosso rubino
al nero splendente, sono degli ottimi antiossidanti e
sembrano proteggere dalla fragilità capillare, dai vari
processi di invecchiamento cellulare provocati
dall’ossigeno, tra cui i processi infiammatori e
le mutazioni del DNA che sono importanti fattori
di rischio per malattie cardiovascolari, tumori e
svariate forme di demenze senili
Qualche consiglio pratico:
In primavera è bene adottare cotture brevi facendo
saltare velocemente i cibi così da non rovinare le preziose
sostanze che i cibi vegetali contengono. Anche la cottura
al vapore è particolarmente indicata in questo periodo
dell’anno, ma l’ideale è il crudo: primavera e anche estate
sono le stagioni per eccellenza delle insalate.
Qualche piatto buono da consumare in primavera
Quelli che seguono sono semplici suggerimenti per i pasti
principali. La fantasia è sempre benvenuta.
- Orzo o Riso integrale con verdure in zuppa o in insalata
- Cuscus con legumi freschi
- Miglio con lenticchie rosse
- Farro e ceci o insalata di farro
- Spaghettini di riso
- Pesce con riso basmati integrale
- Pasta di farro con verdure
- Risotto ai frutti di mare
- Pasta con le vongole
- Crema di cipolle
- Crema di carote
Come si vede anche il pesce è un buon alimento estivo
certamente per la presenza di acidi grassi omega-3 che
sono antinfiammatori, stimolano le nostre difese immunitarie e puliscono le nostre arterie dai depositi di grasso.
A tutti questi piatti si può accompagnare un
dolce, per esempio kanten di frutti di bosco.
A tutte e tutti BUON APPETITO con tanta fantasia
e le ricette di Angela.
Anna Villarini
Biologa specializzata in scienze dell’alimentazione
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Le ricette
Orzo e Riso
Primavera
Ingredienti:
200 g di orzo perlato
100 g riso integrale
1 cipolla
1 carota
250 g di piselli sgranati
2 C. olio di oliva extra
vergine
2 c. di prezzemolo
tritato
50 g germogli di soia
(Foto 1) Lessate l’orzo e il riso per
45 minuti con l’acqua leggermente
salata (2 parti acqua 2 parti
cereali).
(Foto 2) Fate rosolare la cipolla
e la carota a dadini con l’olio,
(Foto 3) aggiungete i piselli
e i germogli di soia, aggiungere
un mestolo d’acqua e cuocere
a tegame coperto.
(Foto 4) Unite l’orzo e il riso,
aggiustare il sale e cuocere finché
l’acqua sarà consumata.
(Foto 5) Lasciate riposare qualche
minuto
(Foto 6) e servire spolverando con
il prezzemolo tritato.
q.b. sale marino
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di Angela
Foto GiòArt
Zuppa di miso
con ortiche
Ingredienti:
200 g cimette di ortiche
1 cipolla bianca novella
1 carota
1 gambo di sedano
2 C. miso d’orzo
2 C. olio extra vergine
di oliva
q.b. sale marino e pepe
(Foto 1) Tagliare la cipolla a fettine, il sedano e la carota a dadini
e fatele saltare in un tegame con
poco olio e un pizzico di sale.
(Foto 2) Aggiungere una tazza
d’acqua per persona, coprite e fate
bollire a fuoco lento per 15 minuti.
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(Foto 3) Unite le cimette di ortica
e proseguite la cottura per altri
5 minuti.
(Foto 4) Con un po’ di brodo della
zuppa, sciogliere in una scodella
1 cucchiaino di miso a testa
(Foto 5) tornate a versarlo
nella zuppa.
(Foto 6) Lasciare riposare qualche
minuto e servire.
Angela Angarano
Assistente cuoca nella ricerca Diana
La medicina che ci aspettiamo
Le regole
del gioco
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Un’infermiera mi ha raccontato un episodio della
sua vita professionale che è rimasto profondamente
impresso nella sua memoria. È stata la prima volta
che, completata la sua formazione, è entrata in
sala operatoria. Doveva assistere le colleghe che
stavano preparando una paziente per un intervento
di asportazione del colon retto. Dopo l’operazione,
la signora si sarebbe trovata con un ano preternaturale e la sua esistenza sarebbe stata condizionata
dal sacchetto per le feci. La preparazione andava
un po’ per le lunghe e la signora si è spazientita.
Ha esclamato: “Ma che cosa è tutta questa preparazione per delle emorroidi...!”. L’infermiera
ricorda ancora lo sguardo che si sono scambiate le
colleghe: evidentemente alla signora i medici non
avevano detto quale era la sua patologia (un carcinoma, non delle banali emorroidi) e quanto sarebbe
stato demolitivo l’intervento che le avrebbero fatto.
Ma le infermiere non erano autorizzate a fornire
le informazioni. Alla fine la paziente ha subito un
rimbrotto da parte della caposala: “Ma signora:
se il medico ha detto di fare così, non si discute!”.
Vent’anni fa - a tanto risale l’episodio - questo
modo di fare non era percepito come cattiva
medicina. Al contrario: proteggere il malato dalle
“cattive notizie” veniva considerato un dovere del
medico, il quale, eventualmente, comunicava ai
famigliari la vera diagnosi, riservando quella di
comodo - spesso delle vere e proprie menzogne,
a fin di bene - al malato. Il codice deontologico
dei medici non parlava di un obbligo di informare
il malato stesso, né presupponeva un diritto della
persona malata di conoscere diagnosi e prognosi.
Tantomeno prevedeva un obbligo del medico di
chiedere il consenso del paziente a un intervento.
Neppure in casi come quello a cui aveva assistito
la giovane infermiera, che avrebbero modificato
la vita della persona per sempre. Le decisioni le
prendeva il medico “in scienza e coscienza”: non
erano di competenza del malato.
Queste erano le regole in vigore fino alla revisione
del codice deontologico dei medici del 1995.
A non più di 15 anni risale la formulazione esplicita
dell’obbligo del medico di informare il malato
(non il familiare di riferimento!) e di ottenere il suo
consenso a qualsiasi intervento sul suo corpo.
Oggi, se un medico procedesse in questa maniera non informando il paziente e presupponendo il suo
assenso all’intervento terapeutico egli ritenga più
opportuno - incorrerebbe in sanzioni legali.
E soprattutto sarebbe disapprovato dal punto di
vista morale. Nel giro di pochi anni le norme di
riferimento - sia deontologiche che civili - sono
cambiate. La medicina, come qualsiasi altra interazione sociale tra più soggetti ha bisogno di regole
condivise. Chiamiamole pure “regole del gioco”.
Non si potrebbe giocare una partita se alcuni colpissero il pallone riferendosi alle regole del calcio
e altri a quelle della pallacanestro. Allo stesso
modo abbiamo bisogno di regole chiare e condivise in medicina. La partita che si gioca su questo
campo ha per posta, infatti, la vita. E - non meno
importante - la qualità della vita, ovvero ciò che
ogni persona ritiene importante per se stessa.
L’etica in medicina in un blog
Si discute di “etica del quotidiano” in medicina e soprattutto
dei nuovi rapporti che si vanno costruendo tra professionisti
sanitari e cittadini nel nuovo blog La medicina si racconta,
curato da Sandro Spinsanti sulle pagine dell’edizione on-line
della rivista Famiglia Cristiana (www.famigliacristiana.it).
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Sandro Spinsanti
Direttore Istituto Giano – Roma
La Forza della Vita
La catena con
l’anello invisibile
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Ad Attivecomeprima si creano legami forti e solidali
con le amiche del proprio gruppo nel percorso difficile
di riemersione dal buio verso la vita, in cui il primo
elemento in comune è il cancro, per poi arricchirsi con
la condivisione, l’alleanza, la complicità e l’affetto.
Nascono poi altri gruppi con le varie attività, altri legami
che fanno crescere la rete degli affetti in una lunga e
solidale catena.
Così, la perdita di una amica del proprio gruppo diventa
un dolore amplificato, e la catena improvvisamente
sembra perdere un anello e indebolirsi.
Pochi giorni fa se n’è andata Roberta e per dare voce
al suo messaggio di coraggio, di consapevolezza, di
accettazione e di amore per la vita, voglio pensare non
a una catena spezzata ma a una catena sempre salda
con un anello... invisibile.
Le amiche del gruppo di Attive hanno voluto donare
una lunga testimonianza che abbiamo pensato di
pubblicare perchè rappresenta non solo un percorso
d’amore e di amicizia ma che continuerà a fare vivere
Roberta nel cuore di chi l’ha amata e di chi la conoscerà attraverso questo scritto.
“La nostra Roberta non c’è più.
Il nostro cuore spezzato non sa più come riempire la
voragine che si è aperta tre giorni prima con l’inaspettata e triste notizia.
Il nostro cuore non riesce ancora a trovare le parole
giuste per dirlo alla nostra mente che con gli occhioni
spalancati per lo shock sbatte le ciglia incredula, non
può essere vero.
Non può essere vero - si ripete - che la nostra Roberta
non sia più qui con noi.
Eppure è così.
Dalle porte della chiesa continua a riversarsi gente, ma
non gente qualunque, sono tutti amici di Roberta! La
piazza non riesce a contenere il fiume di amici e parenti che la chiesa è riuscita solo in parte ad accogliere
durante la funzione.
Eppure Roby non c’è più.
Il suo ultimo viaggio TERRENO prende forma davanti ai
nostri occhi, la scia di profumo dei fiori che avvolgono
la sua ultima ‘dimora’ sfiora i nostri visi. Un mutuo
‘ciao’ si legge negli occhi di tutti i presenti ma noi
non abbiamo bisogno di guardarci per capire qual è il
nostro messaggio prima che sparisca dietro l’angolo
‘arrivederci Roby, ci rivediamo ai nostri incontri’.
Poi, mentre la scia si allontana e la piazza si svuota,
noi, rimaste immobili al freddo, senza proferire parola,
ci chiudiamo in un cerchio e ci stringiamo le mani, il
dolore si è affievolito un pochino e i nostri cuori sono
stati riscaldati dall’energia e dall’amore così palpabile
e profondo che ognuno ha sentito liberarsi durante la
funzione, all’interno della chiesa.
Nonostante questo le lacrime non tardano a scendere.
Perché quando vuoi bene ad una persona e questa
persona ti lascia per sempre, per quanto ti possa convincere che sia in un posto migliore e sicuramente è
proprio lì con le sue nuove ali da angelo, per quanto tu
sia certa che ci abbia lasciato serenamente, non puoi
non pensare che sarebbe stata meglio vicina ai suoi
figli e a suo marito, e non puoi non soffrire e piangere
per il vuoto che lascia... ci vuole tempo per ripensare
a lei e sorridere o addirittura ridere degli innumerevoli
momenti passati insieme, e godere degli insegnamenti
che ti ha trasmesso.
Ma ecco che non passano molti minuti e l’immagine di
Roberta sopra le nostre teste ci permette di abbozzare
un timido sorriso: lei, con le mani sui fianchi e l’aria di
finto rimprovero.
Forse incredula si è allontanata dai suoi cari ed è tornata da noi per dedicarci qualche minuto? Ce la siamo
immaginata così, sopra le nostre teste, che agitava
verso di noi il suo ditino di biasimo. Se avesse potuto
parlare lei... Oh, quante ce ne avrebbe dette!
Lei che fino all’ultimo non ha mai creduto che fosse
davvero ‘l’ultimo’.
Lei che fino all’ultimo ci inviava messaggi rincuoranti,
lei che fino all’ultimo progettava, che ha lasciato nei
cuori di tutte le persone che l’hanno amata la sua
forza inesauribile in primis, ma anche il suo coraggio,
il suo calore e la sua esclamazione di incoraggiamento
che ora rimbomba nelle nostre teste ad ogni difficoltà:
‘Forza! Ce la puoi fare!’
Lei, Roby, che è tutte queste cose e tanto altro ancora
sta agitando quel ditino e ci sta dicendo che dobbiamo
asciugare quelle lacrime, la nostra amicizia - ci ricorda
- non finisce qui, il rubinetto inesauribile di risorse, affetto ed incoraggiamento che ognuna di noi ha donato
all’altra in questi ultimi anni deve avere una continuità,
e la forza che ci ha trasmesso non deve essere vana:
dobbiamo farla nostra ed insegnarla a chi incontreremo
sul nostro cammino: NON DEVE FINIRE QUI.
Cara Ada, care Attive,
Chi vi racconta questa storia è un gruppo di donne che
da Attive ha avuto un dono inestimabile .
Silvia, Susy, Silvana, Tina, Patrizia, Laura... insieme a
Roberta ci siamo trovate e ritrovate nell’ultima tappa
del nostro viaggio di ‘condivisione’ del percorso proposto da Attive ‘la terapia degli affetti’.
Da lì non ci siamo più lasciate.
A percorso concluso, infatti, non potendo tutte partecipare alle altre attività dell’Associazione ci siamo
inventate una soluzione.
DOVEVAMO inventarci qualcosa per rimanere unite!
La nostra idea è stata creare un circolo di lettura.
Le nostre intenzioni erano serie: un circolo rispettabile,
serio, disciplinato da regole bene precise. Ma già al
primo incontro ci siamo rese conto che non potevamo
che desiderare quello che spontaneamente ha preso
forma: un bel circolo casereccio che circolo ormai non
si poteva più definire: i nostri incontri si erano trasformati in un pretesto per aprire a turno le nostre case ed
accogliere e coccolare le nostre amiche, un pretesto
per passarci i titoli dei migliori libri, un pretesto per
ingolosirci con dolci fatti in casa, salatini, e per regalarci fiori; è stata proprio Roberta ha lanciare questa idea,
si presentava ogni volta con un fiore diverso, le rose la
prima volta, i girasoli la volta successiva... e così via.
Ma soprattutto gli incontri erano diventati un pretesto per continuare ciò che avevamo imparato ad
Attive: raccontarci, condividere le nostre vite senza
avere paura di essere giudicate, supportarci
nel bene e nel male.
Nessuna di noi in questi mesi, nonostante i vari
impegni familiari e di lavoro, si è mai tirata indietro
davanti alle richieste di aiuto: siamo passate attraverso
ricoveri in ospedale, esami dagli esiti incerti, paure di
ogni tipo. Ma ci sono state anche belle notizie e allarmi
rientrati ed ognuna di noi ha gioito e festeggiato con
ogni cellula del proprio corpo come se la bella notizia la
riguardasse in prima persona.
Viviamo con la consapevolezza e la certezza che la
parola di conforto che arriva dal gruppo ha origine dal
profondo del cuore e ha un valore aggiunto: arriva da
chi sa, da chi ha vissuto o sta ancora vivendo la stessa
esperienza e gli stessi dubbi e paure.
Roberta non si è mai risparmiata, generosa come
poche, anche dal letto di ospedale, appena poteva rispondeva alle nostre mail, addirittura si rincresceva e si
scusava di non poter partecipare fisicamente al nostro
ultimo incontro per via di un esame o ricovero imprevisto, ed elargiva come sempre le sue virtuali pacche
sulle spalle a tutte.
‘QUANDO E SE ARRIVERA’ IL MOMENTO DEVI DIRE
LORO QUANTO SONO STATE IMPORTANTI PER ME’
hai fatto promettere a tuo marito.
Anche tu sei stata e sei così importante per noi... non
lo vedi ora dal tuo posto privilegiato sulla nuvola?
Ciao Roby ti aspettiamo al nostro prossimo incontro.
Mamma Susy preparerà la crostata ed i suoi preziosi
appunti e commenti sul libro letto, Patrizia porterà i fiori
del suo amato giardino, la dolce Silvana passerà come
sempre a ritirare i salatini, Silvia la presidentessa del
circolo porterà cioccolatini e sgriderà tutte - tranne la
diligente Susy - per non aver letto con attenzione o fino
in fondo l’ultimo libro ma poi magnanima ci leggerà
il passaggio migliore, l’inarrestabile Laura ci porterà i
suoi racconti di vela dal sapore di mare e di libertà e
Tina ci delizierà con i racconti dei suoi splendidi figli e
delle sue capriole di madre, moglie, donna in carriera e
generosa amica.
E grazie Attive, ci hai donato il nostro gruppo,
ci hai donato risorse inesauribili ed insostituibili.
Grazie Attive, ci hai donato Roberta”.
Una poesia che è stata letta quel giorno, per ricordarla,
finiva con queste parole:
...Puoi piangere e chiudere la mente,
svuotarti e tornare indietro
oppure puoi fare ciò che avrebbe voluto lei:
sorridi, apri gli occhi, ama e vai avanti.
Anonimo
Nicoletta Buchal.
Medico e psicoterapeuta. Conduce in Associazione
il gruppo “Armonizzazione mente-corpo attraverso la danza”.
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Profili
a cura di Cristina Nava
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Ugo
Pastorino
Ho incontrato il Professor Ugo Pastorino, direttore della Divisione di Chirurgia Toracica
dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, nella sede di Attivecomeprima in una calda
giornata di luglio. In giugno è stato presentato il libro fotografico “Still aLive “ (Skira editore),
da lui curato con la collaborazione di Gianfranco Maraniello.
In questo volume si raccontano 33 storie di chi ha vissuto e vive dopo l’incontro con il cancro.
Sono 33 ritratti, interpretati dagli obiettivi di 23 fotografi. Un piccolo, grande libro che
porta un messaggio positivo ai malati e ai loro famigliari. Vediamo di scoprire qualcosa di
più sull’ideazione e sulla realizzazione di questo interessante progetto.
Professor Pastorino, ci può raccontare come è
arrivato ad interessarsi del cancro ai polmoni?
A partire dal terzo anno di università, ho iniziato a
lavorare ad una tesi sulle cause del tumore ai polmoni.
Questo studio è continuato, con Franco Berrino, per
più di sei anni e ci ha permesso di conoscere molto
profondamente non solo la problematica di questo
tumore e delle sue cause, ma anche di imparare molto
sulla metodologia della ricerca scientifica.
Questa malattia mi incuriosiva e interessava perché
è stata - di fatto - “inventata” dall’uomo. Sino al
secolo scorso non esisteva e nei testi di patologia
medica di fine ‘800 e primi ‘900 era descritta come
una malattia rara.
La sua crescita esponenziale è iniziata dopo la prima
guerra mondiale, con lo sviluppo del consumo di
massa delle sigarette.
L’uso del tabacco è noto all’uomo da più di cinque
secoli, ma rimane sporadico sino alla produzione
industriale della sigaretta. La problematica del cancro ai polmoni insorge con una curva che segue di
venti/trenta anni la diffusione di massa del vizio del
fumo. Il consumo negli Stati Uniti, per gli uomini,
inizia nel 1930. L’Europa del nord segue a breve
distanza. Nel sud Europa comincia dopo la seconda
guerra mondiale.
Il picco d’incidenza dei tumori è raggiunto quindi negli
anni ’60/’70 nei paesi americani e nord europei, mentre da noi è arrivato in tempi più recenti e con minor
frequenza, specialmente per le donne che, per ragioni
essenzialmente culturali, non hanno mai raggiunto
percentuali di uso paragonabili a quelle maschili.
La causa principale di questo tumore è indubbiamente il fumo e le misure anti-tabacco sono le prime da
attuare per combatterlo.
Ma com’è arrivato alla scelta di diventare chirurgo
oncologico e toracico?
Ero ancora studente universitario quando sono
entrato all’ Istituto, dove per tre anni ho lavorato alla
tesi. Subito dopo la laurea sono riuscito ad andare
all’estero (Inghilterra, Stati Uniti e Francia) sempre
per due o tre mesi ogni anno e lavorare così in tutti i
centri di chirurgia toracica più importanti. Questo mi
ha permesso di sviluppare amicizie e collaborazioni
per ricerche e studi, specialmente in Francia, che
continuano ancora adesso.
Mi sono sempre interessato agli aspetti più innovativi
legati alla chirurgia ricostruttiva e di conservazione del
polmone, più che a quella demolitiva. Ho cercato di
portare in Italia tecniche che, in altri paesi del mondo,
si usavano da moti anni.
Nello stesso tempo mi sono sempre occupato delle
cause del tumore, di epidemiologia, di chemio-prevenzione, di esperimenti e ricerche per prevenire il cancro
attraverso la somministrazione di sostanze naturali o
di farmaci. Tutte queste esperienze hanno portato alla
formazione del registro nazionale delle metastasi, che
ha stabilito criteri di prognosi e categorizzazione dei
malati validi tuttora, a distanza di 15 anni.
Ci vuole parlare della diagnostica per il tumore
ai polmoni?
È un campo di grande interesse, che ha possibilità
concrete di tradursi in una riduzione della mortalità,
come si è visto per altri tumori. A questo scopo è
necessario che interagisca con la ricerca biologica. Il
cancro è una malattia molto eterogenea, varia e composta. È fatta di realtà biologiche molto diverse, alcune
delle quali sono rappresentate dai tumori a lenta
crescita, dei quali è possibile la diagnosi precoce.
Purtroppo non sempre il cancro si sviluppa attraverso
una serie di tappe in cui è possibile intercettarlo. Strumenti molto sensibili, come la tac a spirale, ci permettono di riconoscere lesioni di 2/3 mm che, il più delle
volte, sono poco evolutive, mentre la maggior parte dei
tumori che causano mortalità è a crescita rapida.
L’esperienza in questo campo ci ha insegnato molto
e oggi stiamo sviluppando progetti di altre metodiche
diagnostiche. Queste hanno l’obiettivo di essere sempre più selettive e arrivare così a cure personalizzate.
Si vogliono individuare quelle che sono le componenti
genomiche della malattia, per poter applicare trattamenti che ne possano bloccare la crescita.
La strada da seguire è sempre più verso terapie
selettive, che interrompano il processo di crescita del
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tumore e che possano addirittura indurre la cellula tumorale a non svilupparsi, a modificare il suo messaggio. Il futuro noi pensiamo possa essere questo, con
sempre meno chirurgia.
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Come nasce il libro “Still aLive”?
Ci può raccontare da dove è partita questa idea?
Nel periodo in cui lavoravo sulla possibilità di sperimentare il trapianto polmonare, mi capitava di andare
spesso a Bergamo, al reparto di cardiochirurgia
Barenzani. Attraversavo di notte i corridoi tappezzati
di foto con grandi volti sorridenti di bambini che erano
stati operati lì. Era molto bello e iniziai ad accarezzare
l’idea di fare un giorno una cosa del genere in Istituto.
Nell’oncologia però le situazioni sono differenti e mi
chiedevo come poterle raccontare. Sinceramente non
riuscivo a capire come fare.
Anni dopo ho incontrato Giuseppe Marianello, un
artista e scultore. Aveva contribuito alla progettazione
del nuovo hospice per le cure palliative, coinvolgendo
anche altri artisti e sforzandosi di migliorare il luogo
con l’aiuto dell’arte. Ha accolto con entusiasmo l’idea
di narrare alcune storie emblematiche sulla complessità del cancro. A 23 fotografi è stato affidato il
compito di realizzare, in assoluta libertà, delle immagini per raccontare una o due storie di chi aveva avuto
nella sua vita l’annuncio di un male incurabile e, con
motivazioni diverse, aveva affrontato la strada lunga e
difficoltosa verso una soluzione. Ci vogliono molta forza e coraggio, perseveranza e pazienza nella malattia.
Il tempo deve averlo anche il medico, per l’ascolto:
l’alleanza tra medico e paziente é la cosa più importante, in quanto permette di individuare ed affrontare
per tempo i nuovi problemi che possono insorgere
lungo il percorso. Compagni di viaggio ben attrezzati
per un lungo viaggio, insomma.
E qual è, in questo contesto, il significato
dell’arte?
L’arte aiuta a superare le grandi difficoltà della vita.
Tutte le forme d’arte ci permettono di comunicare più
profondamente, di percepire il dolore e l’angoscia,
oltre che la gioia. L’idea di “Arte in Reparto” è stata
quella di realizzare immagini che divenissero parte di
questo, con grandi pannelli esposti nei corridoi e nelle
camere. L’umanizzazione dei luoghi di cura serve a
tutti: malati, parenti, medici e infermieri.
A tutti quelli che passano gran parte della loro
vita a contatto con la sofferenza, in luoghi intrisi di tristezza, ma che con poco si possono
rendere migliori. Avere bellezza intorno è fon-
damentale per chiunque e a maggior ragione per chi
soffre e per chi lì lavora, portando il carico di domande
e di paure che sono generate dalla malattia.
L’arte è una terapia, che può migliorare l’ambiente
e renderlo più sereno. Sono convinto che l’arte
aiuta a vivere.
L’arte, per uno scopo simile, si può avere gratuitamente. Mi piacerebbe molto che nella costruzione del
nuovo Istituto fossero coinvolti artisti sensibili e che
l’Art Therapy venga inserita nel protocollo.
C’è un terreno comune tra arte e medicina, qualcosa
che va nella stessa direzione…
Ci regala un’immagine del futuro?
Per l’Istituto questo è un momento molto positivo e
di grande cambiamento. C’è l’idea del nuovo. È una
fase in cui sono importanti i contributi creativi di tutti,
anche se solo una piccola parte di quello che si sogna
dovesse divenire realtà.
Provare a pensare a modi diversi di fare medicina è
molto importante. Sono convinto che l’arte possa rappresentare una sorta di medicina dell’anima e ho sperimentato personalmente come un rapporto diretto con
la creatività e la capacità espressiva, aiuti a superare i
momenti difficili della vita di tutti, anche dei medici. La
chirurgia toracica è molto pesante e difficile, nel mondo sono pochissimi quelli che scelgono questo campo,
molto estenuante. Grandissimi cambiamenti sono
legati al suo sviluppo e io mi auguro che la chirurgia
demolitiva possa sempre meno essere utilizzata.
Non si finirebbe mai di ascoltarlo…
...parla della figlia, sin da piccola sua compagna
di viaggi e che desidera possa avere una crescita
culturale al di fuori del paese. Ritiene la formazione dei
giovani importante e riconosce come sia molto difficile
in Italia, dove si è persa la cultura del merito.
Racconta dell’amore per la cultura del bello e del
buono della tradizione italiana.
Oltre all’arte, la sua grande passione è la cucina,
come forma di stare bene insieme, di convivio a tavola
e di piacere nel preparare il cibo per altri.
Lo inseguiamo volentieri quando ricorda della sua
infanzia in Liguria, tra serre e mare…
www.arteinreparto.com è il sito dedicato al libro, che presto
diverrà una tribuna aperta, dove si raccoglieranno le esperienze di arte e medicina, dove troveranno spazio le storie
emblematiche di chi si è cimentato con la malattia e la
sofferenza. Si sta ideando un concorso, per proporre
organizzazioni diverse degli ospedali tramite l’arte.
Cristina Nava.
Giornalista.
Sapevate che...
a cura di Benedetta Giovannini
consulente enogastronoma
1 - La distrazione, a volte, si paga molto cara: il capo di lana
che tanto ci piace, messo in lavatrice e lavato ad una temperatura sbagliata si infeltrisce. Come possiamo rimediare?
Se l’infeltrimento è leggero si può mettere a bagno il capo
in acqua e ammoniaca in dose uguale e lasciarvelo per
circa 2 ore prima di risciacquare bene.
Se invece ci sembra irrecuperabile, proviamo a metterlo in
una bacinella con 10 litri d’acqua tiepida insaponata a cui
avremo aggiunto mezzo cucchiaio di alcool, 1 di trementina
e 3 di ammoniaca e lasciamola a bagno per un giorno
intero.
2 - Per togliere le macchie di ruggine sappiamo che dobbiamo
trattarle con succo di limone. Per avere un risultato migliore, inumidiamo leggermente la parte macchiata, ricopriamola con del sale fino e quindi con il succo di limone. Lasciarla
asciugare alla luce, possibilmente al sole e quindi lavare.
3 - Calze elastiche: ricordatevi che vanno lavate in acqua saponata tiepida. Risciacquare bene, asciugare in un panno
ruvido ma non mettere mai sul calorifero.
4 - Se nella dispensa della cucina si trova qualche farfallina che
vola, per eliminarle, bisogna preparare dei sacchetti di tulle
e riempirli con foglie d’alloro, chiodi di garofano e grani di
pepe.
5 - Avete ricevuto dei tulipani in regalo? Prima di metterli nel
vaso, aggiungete all’acqua un poco di alcool. Vedrete che
rimarranno dritti per più tempo.
6 - Per assicurarvi che il caffè mantenga un aroma persistente
vi consiglio di conservarlo in frigorifero in un barattolo a
chiusura ermetica.
7 - Per mantenervi le mani vellutate lasciate intiepidire l’acqua
di cottura della pasta o quella di bollitura delle patate, quindi immergetevi le mani. L’amido fa bene alla pelle e renderà
le mani veramente morbide.
8 - L’uovo è un alimento sano e nutriente anche per le nostre
piante. Mettiamo da parte tutti i gusci delle uova che usate
in cucina, poi essicchiamoli nel forno e infine polverizziamoli
in un frullatore. La polvere così ottenuta è un vero e proprio
ricostituente per le piante.
9 - Una tazza di tè leggero, non zuccherato e
rigorosamente freddo, una volta ogni
quindici giorni curerà le vostre azalee.
Concimando, infatti, la terra di questa
pianta con del tè l’azalea crescerà più
velocemente e forte. Non far rimanere,
naturalmente, acqua nel sottovaso.
10 - Avete una spina di rosa o, più
prosaicamente, di carciofo infilata
sotto la pelle? Invece di trafficare
con un ago provate a stenderci
sopra un velo di colla. Quando
sarà perfettamente asciutta
strappate la pellicola
che si è formata e
insieme a quella
verrà via anche la
spina. Senza dolore!
Attivecomeprima Onlus è la prima
associazione italiana fondata nel
1973 da una ex paziente,
Ada Burrone, per migliorare
la qualità della vita del malato
oncologico e dei suoi famigliari.
Si avvale di un proprio metodo di
lavoro sistematico e trasmissibile,
capace di ridurre la sofferenza
fisica e psicologica durante
e dopo le terapie oncologiche,
con particolare riguardo alla
chemioterapia e ai suoi pesanti
effetti collaterali.
Nata inizialmente per le donne
colpite dal cancro al seno, ha
negli anni, esteso le sue attività
di sostegno globale a tutti
i pazienti oncologici.
Il suo obiettivo fondamentale
è quello di aiutare le persone
colpite dal cancro ad affrontare
le sfide che esso propone
e a sentire la vita anche nella
malattia, contribuendo così anche
al buon esito delle terapie.
w w w . a t t i v e . o r g
29
Una lettera che
parla al futuro
30
Lettera
ai medici
di domani
La paura
è contagiosa,
ma lo è anche
la speranza
Ada Burrone
Un breve estratto dell’ultima pubblicazione che potete scaricare
dal nostro sito: www.attive.org
Questo scritto nasce dal suggerimento di un
medico, uno tra i tanti che ho conosciuto da vicino,
lavorando insieme a loro in favore delle persone
colpite dal cancro.
Questi medici hanno manifestato una comune esigenza: quella di ottenere anche una preparazione che porti
a evitare il rischio di sovraccarico emotivo o anche di
burn-out, causato dall’intenso lavoro che non lascia
spazio a se stessi e dall’enorme quantità di dolore
talvolta presente nella relazione di cura.
Ciò mi ha fatto riflettere sulla necessità di una specifica
formazione in tal senso, a partire dagli studi universitari.
Per questa ragione ho pensato di rivolgermi a voi, medici di domani, con l’unico intento di farvi da specchio,
di fornirvi elementi di riflessione.
Al di là del cancro, ho vissuto esperienze fisiche
difficili e più volte a rischio di vita, che mi hanno
messa a confronto sia con bravi medici, sia con bravi
laureati in medicina.
Da tutti loro ho ben compreso che il vostro è un compito estremamente delicato.
L’ho letto negli occhi di quegli specialisti che, non reggendo la realtà altrui, si trinceravano dietro il loro ruolo.
E quando il ruolo sovrasta l’uomo, l’incomunicabilità è
inevitabile. Si parla tanto di empatia, di umanizzazione
della medicina, del rapporto medico paziente… si parla
invece troppo poco di come si vive e della morte: due
realtà comuni a tutti.
Come una volta il cancro, ancora oggi la morte è un
tabù. I tabù spaventano e, più si evitano e si rifiutano,
più essi ci inseguono e ci tormentano.
Forse ci sentiremmo più liberi e più forti se riuscissimo ad includere nel bagaglio della nostra vita anche
la morte come interlocutore attendibile. Anche se voi
siete troppo giovani per averla nella mente e nei vostri
pensieri, dovrete incontrarla nella professione ed è pertanto necessario che possiate pensare ad essa come
a una realtà, che non sempre riuscirete a contrastare
o impedire. Ma quella morte non è un fatto a sé: è
l’esperienza vivente di una persona che a voi chiede
qualcosa, che non è solo la guarigione.
Credo fortemente che l’accettazione della finitezza ci
aiuterebbe a metterci a confronto con noi stessi e in
empatia con chi soffre.
E per il medico, che ha il compito di curare, prima
ancora che di guarire, è forse un buon antidoto
contro l’impotenza.
Ho visto che chi riesce ad esorcizzare la paura della
morte, vive meglio.
E sostengo che vivere meglio è già vivere di più.
Pur rendendomi conto di non aver nulla da aggiungere
al vostro sapere, vi racconto alcuni episodi che ho
vissuto come paziente, come figlia di paziente e come
“compagna di viaggio” di decine di migliaia di donne e
di uomini che ho incontrato nel lavoro di ogni giorno e
che nel loro percorso di malattia hanno chiesto aiuto.
Parlando lo stesso linguaggio delle persone che
vivono l’esperienza della malattia, si apre con loro
la strada della spontaneità, che permette ai pesi interiori di emergere e di essere espressi liberamente.
Tutti parlano della paura: quella dell’incognita, del
futuro. La paura di soffrire più che di morire.
Le persone che hanno un medico che le ascolta, che
sentono umanamente alleato, che permette loro di
esprimere ciò che veramente provano, quando parlano
di lui hanno gli occhi che si illuminano e il loro sguardo
è pieno di energia.
Altre invece che non hanno un punto di riferimento
umano e che trovano soltanto lo specialista che cura la
malattia, hanno lo sguardo spento, che vaga nel vuoto.
Tutti nella vita abbiamo bisogno di riferimenti buoni e
sicuri e, quando ci ammaliamo, questo bisogno diventa
ancor più forte. Cerchiamo chi ci permette di esprimerci in modo libero e autentico, chi accoglie i nostri timori
e le nostre ansie e le condivide senza minimizzare e
senza drammatizzare.
La condivisione del dramma, a differenza della negazione, aiuta a sdrammatizzare.
Abbiamo bisogno soprattutto di chi ci aiuta a stare
bene nel presente e di sentire che è con noi nel bene
e, se dovesse accadere, nel male.
Di solito, quando incontro i pazienti e i loro famigliari, li lascio o li invito a parlare di ciò che sta a
loro più a cuore.
Da parte mia, mi rendo conto che non servono tante
parole: l’ascolto è già di per sé una cura e, per ascoltare, è necessaria l’apertura d’animo e la disponibilità
ad accogliere ciò che l’altro esprime. Ciò aiuta molto
anche quando il tempo a disposizione è breve.
Finiamo spesso per parlare della morte, di come ognuno la immagina, di chi addolora lasciare, specie se si
hanno figli piccoli.
Ogni volta mi colpisce il fatto che tutti si sentano
più alleggeriti dopo aver affrontato i fantasmi che
tenevano dentro.
31
IL TUO CONTRIBUTO
ci darà più forza
per aiutare
Bonifico Bancario
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SWIFT:
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Via Livigno 3 – 20158 Milano
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5 per mille
Nella dichiarazione dei redditi firma nel riquadro:
“a sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale”
e inserisci il codice fiscale di Attivecomeprima Onlus:
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Sono venute a trovarci:
Barbara Saba (a sinistra), Direttore
Generale Fondazione Johnson &
Johnson e Giulia Ligresti, Presidente
Fondazione Fondiaria SAI.
Le due Fondazioni sono state
i maggiori finanziatori dei lavori di
ristrutturazione della nostra sede.
Mancano ancora circa 90 mila Euro
per completare il pagamento delle
opere realizzate.
Grazie a chi vorrà dare il proprio
contributo.
L’8 per mille e il 5 per mille non sono in alternativa:
puoi sceglierli entrambi.
“Le erogazioni liberali a favore di ATTIVEcomeprima
Onlus sono deducibili/detraibili ai sensi di legge”.
I nostri maggiori sostenitori 2010
Comune di Milano
Fondazione Fondiaria SAI
Fondazione Johnson & Johnson
Fondazione Cariplo
Banca Popolare di Milano
Credit Suisse Italy
Dompé Farmaceutici
Ge Capital Services
Gruppo Re
JPMorgan Chase Bank
Podravska Banka
Net Present Value
Roche
Susan G. Komen Italia
Besozzi Elettromeccanica
Ringraziamo i finanziatori istituzionali, le aziende
e le persone che, con liberi contributi, sostengono
Attivecomeprima Onlus e la sua “Mission”.
Letti e piaciuti
a cura di Paola Malinverni
Byron Katie
Mille nomi per la gioia
Vivere in armonia
con la realtà delle cose
Edizioni Il Punto d’Incontro
€ 14,90
Byron Katie non è un’esperta dei classici della spiritualità,
ma ne conosce benissimo la gioia e la serenità e conosce la
mente: in che modo ci fa soffrire e come possiamo usarla per
essere liberi. Dopo anni di profonda depressione e disgusto
per se stessa, si “risveglia alla realtà” e decide di mettersi
a disposizione di chiunque voglia mettere fine alla propria
sofferenza indagando i pensieri che la creano. Nasce, così,
questo libro che seleziona una serie di brani provocatori
tratti dal Tao Te Ching, attraverso i quali Katie affronta
diversi temi: la vita e la morte, il bene e il male, l’amore, il
lavoro, l’appagamento. Un testo straordinario, uno
sguardo vivido e illuminante sulla vita di tutti noi.
Matthieu Ricard
Il gusto di essere felici
Edizioni Sperling Paperback
€ 10,50
Per Sant’Agostino la felicità è “la gioia che scaturisce dalla
verità”, per Aristotele “non si riesce a trovare accordo, e
le spiegazioni dei saggi e del popolo sono inconciliabili”.
Ma che cos’è la felicità? Matthieu Ricard, monaco buddista francese, la posiziona al primo posto nella classifica
dei sentimenti. Un ritratto magistrale e profondo di questo
concetto così vago e sfumato viene presentato in un libro
che è anche una guida pratica per migliorare la propria
esistenza. Apprendere il meccanismo che genera costruzioni mentali che sovrapponiamo alla realtà significa porre
fine alle nostre sofferenze: liberi di godere la vita investendo correttamente le nostre energie verso la felicità.
Ugo Pastorino e Giuseppe Maraniello
Still aLive
33 storie di chi ha vissuto e vinto la lotta
contro il cancro
Edizioni Skira
€ 40,00 (prezzo disponibile online)
Parole, testimonianze, ma non solo, fotografie di volti che
hanno deciso di raccontarsi, condividendo la propria esperienza di malattia e di guarigione. 33 storie di donne e uomini
che hanno vissuto e vinto la lotta contro il cancro, interpretate
da 23 grandi fotografi, che hanno conosciuto gli ex-pazienti
e ne hanno “scrutato l’animo”, raccontate da un oncologo
Ugo Pastorino e un artista Giuseppe Maraniello. Esperienze
diverse, ma con un unico denominatore comune: tutti hanno
ricevuto, in qualche fase della propria malattia, la notizia di non
poter guarire, una morte annunciata a breve o medio termine.
Il tempo sarà l’unica misura affidabile della loro guarigione,
ma anche una rappresentazione concreta della vita ritrovata.
con
Noi
gli altri
6 novembre 2010
Milano, Auditorium “Giorgio Gaber”
La prevenzione e la cura della fatigue nel paziente
oncologico e non, con un approccio sistemico:
strumenti e metodo
Attivecomeprima Onlus e ASL di Milano hanno promosso e organizzato un evento con accreditamento ECM rivolto a: medici di
medicina generale, oncologi, infermieri, assistenti sanitari, fisioterapisti e psicologi.
15 Dicembre 2010
Roma, Open Colonna
10 anni della Fondazione Johnson & Johnson
Premiazione di Attivecomeprima in occasione della serata
Celebrativa
34
Da sinistra Gabriella Stalio, nostra fiduciaria - Sharon Kathrin D’Agostino,
Vice Presidente Worldwide Corporate Contributions and Community Relations
Johnson & Johnson - Maria Di Ottavio, nostra fiduciaria - Bruno Azzolini, Direttore
Divisione Biopharmaceutical-Janssen Cilag spa - Milano
16 dicembre 2010
Milano, Ospedale Fatebenefratelli
Presentazione della collana
“Io vado avanti”
organizzato da O.N.D.A.
Da sinistra: Ada Burrone
Luigi Corradini, Direttore Generale A.O. Fatebenefratelli
Luisella Ferrari, psicologa A.N.D.O.S.
29 marzo 2011
Milano, Sala Alessi, Palazzo Marino
Milano premia l’impegno di Attive
Nella cornice della Sala Alessi di Palazzo Marino, l’Assessore ha
consegnato ad Ada Burrone un riconoscimento ufficiale all’impegno
mostrato in quasi 40 anni dalle persone che hanno collaborato
con Attivecomeprima per sostenere sempre con entusiasmo
“la Forza di Vivere”.
Al centro: Giampaolo Landi di Chiavenna, Assessore alla Salute del Comune
di Milano e Paolo Favini, Direttore Politiche per la Salute del Comune di Milano.
26 febbraio 2011
Courmayeur
V Trofeo Christian Valentini
a favore di Attivecomeprima
Un grazie affettuoso a Enrica e Maurizio Dallocchio che ormai
da 5 anni organizzano la gara con impegno e passione e a tutti
gli amici che hanno contribuito.
Ringraziamo gli sponson:
BESOZZI ELETTROMECCANICA srl
Costruzione Motori Elettrici
Francesco Sisto Besozzi
DGPA & co
Maurizio Dallocchio
E CAPITAL PARTNERS
Michele Calcaterra
GRUPPO RE
Franco Alemani
MAB.q
Egidio Maggioni
PODRANSKA BANKA
Miljian Todorovic
SA Santandrea luxury houses
Armando Borghi
SIDEURO Commercio Prodotti
Siderurgici
Piero Mancuso
Ringraziamo inoltre:
Gioielleria Aurum e Rolex Italia
Gruppo Paglieri
Carlo Gattoni
Borgo Santa Giulia
24 gennaio 2011
Milano, Centro Congressi Fondazione Cariplo
La lezione di una vita
Giornata in ricordo del Professor Gianni Ravasi, pioniere nella lotta
al tumore, innovatore della chirurgia toracica, grande promotore
e sostenitore dell’associazionismo.
del potere al tabù del cancro.
o notevolLe Associazioni, con la loro azione, hann
i Ravasi
Vorrei dire tante cose ricordando Giann
a migliorare la qualità della
sia
ibuito
contr
e
ment
ciò che dice
al mondo
uomo, medico, amico ma se penso a
vita del paziente sia ad offrire un aiuto
assenti
to e riconosciuto i benefici
Sant’Agostino e cioè che i morti non sono
accol
ha
ne
che
ogico
oncol
dico: Grazie
ma solo invisibili, mi rivolgo a lui e gli
individuali e collettivi.
che tu hai
Gianni! Grazie per l’amore per la vita
a, per chi
L’unione di questi due aspetti rappresent
poter
espresso e trasmesso.
di
zia
garan
la
o,
cancr
del
vive l’esperienza
ssociaRiguardo il tema di oggi sul significato dell’a
nella cattiva sorte, il necese
a
buon
nella
ere,
otten
se osservo
zionismo faccio prima una considerazione:
per alleviare la sofferenza fisica e
nte oncologico sario sostegno
l’allungamento del tempo di vita del pazie
psicologica.
in rapporto
e il suo miglioramento esistenziale oggi,
tra unione colSottolineo, infine, l’importanza di un’al
il
e
io
alata
amm
sono
mi
a quarant’anni fa quando
le Associazioni.
tra
quella
cioè
e
ativa
vedo
labor
solo,
e
paziente si sentiva condannato, mortificato
con nomi e
Ne è testimonianza qui oggi, come pur
due aspetti.
ciazioni
che questo cambiamento positivo tocca
Asso
più
enti,
differ
tive
caratteristiche opera
tto scientifico
Il primo, ed essenziale, riguarda l’aspe
e per raggiungere un obietinsiem
are
lavor
no
posso
e e mediche,
con l’evoluzione delle terapie chirurgich
tivo comune.
e.
nzion
preve
la
e
ce
preco
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diagn
la
e sinergica
Ritengo sia questa sentita e concreta azion
o
uman
tto
l’aspe
rda
umano e
lavoro
un
di
po
Il secondo, non trascurabile, rigua
svilup
l’essenza per il futuro
na nella sua
con l’attenzione e il sostegno alla perso
terizzato dall’alleanza e stimolato dal
carat
tifico
scien
interezza emotiva, fisica e psicologica.
nostro amore per gli altri.
gran parte
Questi due elementi, insieme, hanno tolto
Estratto dell’intervento di Ada Burrone
22 gennaio 2011
Milano, nella nostra sede
Giornata di confronto con gli oncologi
che hanno partecipato alla prima edizione
del nostro Mini Master.
è presente l’Assessore alla salute del Comune di Milano
Avv. Giampaolo Landi di Chiavenna che ha sostenuto l’iniziativa.
35
Dal 1973 aiutiamo le persone
colpite dal cancro a sentire
la vita anche nella malattia
Devolvi il 5 x 1000
ad ATTIVEcomeprima Onlus
C.F. 10801070151
w w w . a t t i v e . o r g