Testimonianze di una vita vissuta tra le fotografie

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Testimonianze di una vita vissuta tra le fotografie
Testimonianze di una vita vissuta tra le fotografie Saggio in catalogo di Cristina Kahlo Nel 2004 furono aperti diversi bauli che facevano parte del fondo del Museo Frida Kahlo e contenevano documenti, libri, disegni, tessuti, lettere e numerosissime fotografie. L’evento suscitò grandi aspettative e curiosità in tutto il mondo. I materiali non erano stati resi pubblici perché lo stesso Diego Rivera, poco prima di morire nel 1957, aveva chiesto espressamente che i bauli fossero aperti quindici anni dopo la sua scomparsa. Gli anni erano poi diventati cinquanta per decisione di Dolores Olmedo. Nei tre successivi, i materiali ritrovati furono classificati e restaurati e finalmente, nel 2007, una piccola parte di questo patrimonio fu esposta in occasione della mostra, allestita nel Museo Frida Kahlo, intitolata appunto “Tesoros de la Casa Azul”. Tra le cinquemila fotografie rinvenute nelle casse, oltre a una vasta collezione di immagini delle famiglie Kahlo e Rivera, c’erano anche i ritratti di alcuni protagonisti della storia del Messico, come il presidente Porfirio Díaz, il rivoluzionario Emiliano Zapata e Venustiano Carranza, mentre le effigi di Stalin e Trotskij convivevano con le immagini industriali della Ford Motor Company. Furono scoperte anche fotografie di Man Ray, Edward Weston, Tina Modotti, Hugo Brehme, Manuel e Lola Álvarez Bravo, Nickolas Muray, Carl Van Vechten, Martin Munkácsi, Brassaï e altri maestri dell’obiettivo. Rivestono un particolare interesse anche i tanti autoritratti di Guillermo Kahlo conservati dalla figlia Frida, tra cui una piccola stampa che lo ritrae nudo, svelandone il senso dell’umorismo e la simpatia. Questi documenti sono la testimonianza che la passione di Frida Kahlo per gli autoritratti fu fortemente influenzata dall’aver visto il padre ritrarsi continuamente. Fra i tesori fotografici spiccano anche tre scatti datati 1929 e firmati da Frida in qualità di autrice. I primi due rivelano la chiara influenza estetica e compositiva del fotografo nordamericano Edward Weston, il terzo è un ritratto del giovane Carlos Veraza. Prima grazie a Guillermo e in seguito tramite i giornalisti e i fotografi che frequentarono gli stessi luoghi in cui vissero Kahlo e Rivera, questa coppia affascinante e controversa mantenne un rapporto costante con la fotografia, che è all’origine degli innumerevoli scatti di cui è protagonista. Oltre alla collezione del Museo Frida Kahlo, il patrimonio iconografico che li riguarda si compone infatti di immagini appartenenti ad altre raccolte. La collezione di Leo Eloesser, medico e amico personale di Frida, è conservata nel Museo de la Filatelia di Oaxaca e comprende foto e lettere, mentre la galleria newyorchese di Spencer Throckmorton custodisce diverse immagini di Frida e di altri artisti latinoamericani. Salomon Grimberg raccoglie e studia con passione qualsiasi immagine della pittrice giunga tra le sue mani. La collezione di Vicente Wolf comprende fotografie di Rivera e Kahlo colti in diversi momenti della loro vita quotidiana. Questi sono solo alcuni esempi del forte fascino personale suscitato dai due artisti, che si sommava al crescente interesse esercitato dalla loro opera. Altri documenti fanno parte degli archivi personali dei fotografi, come nel caso di Nickolas Muray che, nell’arco di dieci anni, ritrasse Rivera e soprattutto Frida in diverse occasioni, immortalandola in alcune delle sue foto più belle e leggendarie. Da tutto ciò emerge l’importanza della fotografia nell’epoca e nella vita di Diego Rivera e Frida Kahlo. La pittrice imparò da bambina a posare davanti all’obiettivo del padre Guillermo e, cosa ancor più significativa, il suo contatto quotidiano con la fotografia d’autore la spinse persino a considerare l’idea di utilizzare l’immagine fotografica come mezzo di espressione creativa. La vasta iconografia relativa a Frida Kahlo e Diego Rivera è un documento prezioso della storia e degli interessi dei due artisti e fornisce un quadro affascinante dell’epoca in cui vissero, della loro famiglia e dei loro affetti. Wilhelm Kahlo arriva in Messico. La fotografia prima della Rivoluzione Nato a Pforzheim, in Germania, nel 1891 il giovane Carl Wilhelm Kahlo Kaufmann partì dal porto di Amburgo a bordo di una nave da carico diretta a Veracruz, in Messico. Aveva diciotto anni. Giunto a destinazione, dopo aver notato la difficoltà dei messicani a pronunciare il suo nome, decise di farsi chiamare Guillermo. Da allora sarà conosciuto come Guillermo Kahlo. Tre anni dopo l’arrivo in Messico richiese la cittadinanza motivando con queste parole la propria decisione: “Per i sentimenti d’affetto e vicinanza che nutro nei confronti del Messico ho deciso di stabilirmi definitivamente nella Repubblica.”1 Fu il presidente Porfirio Díaz a firmare il certificato di cittadinanza di Kahlo, il quale allora dichiarava di svolgere la professione di commerciante. A Città del Messico trovò lavoro in negozi gestiti da immigrati tedeschi; per un certo periodo fu contabile della cristalleria Loeb e successivamente fu assunto nella gioielleria La Perla. Proprio in questo periodo conobbe la prima moglie, da cui ebbe María Luisa e Margarita, le prime delle sue sei figlie. Rimasto vedovo nel marzo del 1897, dopo tre mesi sposò Matilde Calderón, madre di Matilde, Adriana, Frida e Cristina. Non esistono prove che Kahlo avesse studiato fotografia in Germania prima di partire per il Messico, né che avesse appreso la tecnica dal padre della seconda moglie, che era un dagherrotipista. Data la sua curiosità artistica e il suo spirito imprenditoriale, sono propensa a credere che fosse un autodidatta. Si sa con certezza, invece, che Guillermo Kahlo non tornò mai nel suo paese d’origine. In Messico si formò una famiglia, ebbe sei figlie e sviluppò una passione per quella che poi divenne la sua professione: la fotografia. Il primo incarico professionale come fotografo risale all’incirca al 1899, quando gli fu chiesto di documentare la costruzione dell’edificio che avrebbe ospitato Casa Boker, un importante negozio di ferramenta della capitale. A partire da allora Kahlo si specializzò in fotografia d’architettura, un campo ancora inesplorato in Messico. Grazie all’alta qualità estetica e tecnica, le fotografie di Guillermo Kahlo furono pubblicate regolarmente sulla rivista “Mundo Ilustrado”, uno dei primi settimanali messicani, all’inizio del Novecento, a corredare i propri articoli di cronaca nazionale con stampe e fotografie. Il 1904 fu un anno cruciale nella carriera di Kahlo. Roberto Boker, l’imprenditore che gli aveva commissionato il primo lavoro, lo contattò nuovamente per comporre un album con delle foto di Città del Messico da regalare ai clienti, sia messicani sia stranieri. L’album, intitolato Mexiko 1904, conteneva quarantotto stampe fotografiche al platino, tutte realizzate personalmente dall’autore. Contemporaneamente alla pubblicazione di Mexiko 1904 Kahlo fu 2 contattato da José Yves Limantour, ministro delle Finanze del governo di Porfirio Díaz, il quale gli commissionò un registro fotografico dei monumenti e degli edifici federali da realizzare nell’ambito delle celebrazioni del centenario dell’indipendenza del Messico. L’incarico, della durata di quattro anni, lo portò a visitare tutti gli Stati della Repubblica messicana, portando con sé una pesante e ingombrante macchina fotografica e tutta l’attrezzatura, incluse le fragili lastre di vetro da 11 x 14 pollici. Per quanto ne sappiamo, si occupò di tutto da solo e non ebbe neppure un assistente. In molti casi, per ottenere l’angolazione desiderata, saliva sui tetti o faceva costruire dei ponteggi di varia altezza su cui trasportava tutta l’attrezzatura. Nessun altro fotografo messicano dell’epoca si avventurò in un’impresa di simile portata. Si trattò di un lavoro complesso e faticoso non solo per il viaggio in sé, ma anche per le condizioni di salute di Kahlo che sin da giovane soffriva di attacchi epilettici. Le millenovecento lastre fotografiche frutto di tanto impegno rappresentano una risorsa senza precedenti e grazie a esse Guillermo Kahlo diventò il primo fotografo ufficiale del patrimonio culturale del Messico. Kahlo durante la Rivoluzione Guillermo Kahlo visse anni di importanti cambiamenti nella vita del paese: dalla pacificazione imposta dal porfiriato all’inizio della Rivoluzione messicana. Quei cambiamenti influenzarono la sua vita privata e professionale. L’intensificarsi del conflitto interruppe bruscamente la fiorente attività che egli aveva svolto durante il governo Díaz. In questo senso, la sua carriera si concluse proprio quando aveva raggiunto il suo culmine. Frida sosteneva di essere nata nel 1910 insieme alla Rivoluzione messicana. Sappiamo però che si tratta di un dato falso, a partire dal quale l’artista costruì il proprio mito, visto che il vero anno di nascita era il 1907. Frida dunque nacque tre anni prima dello scoppio del conflitto armato, che avrebbe lasciato il padre senza lavoro. Non potendo più occuparsi di fotografia di architettura, Guillermo dedicò parte del suo tempo ai ritratti, per lo più dei suoi familiari. Collaborò occasionalmente con le riviste “México” e “Tricolor”, dirette da Francisco Monterde che lo descrisse con queste parole: “Conobbi don Guillermo nel 1915, quando ero segretario di redazione della rivista ‘México’ e caporedattore della rivista illustrata ‘Tricolor’. Poiché dovevo riempire la maggior parte delle pagine di entrambe le pubblicazioni con fotografie di paesaggi ed edifici e ritratti di personaggi, selezionati con cura, mi rivolsi spesso a don Guillermo. Il suo archivio eccellente e la sua grande bontà mi salvavano sempre. Ricordo un uomo sobrio, brizzolato, con modi misurati; possedeva la rara dote di saper ascoltare, comprendere ciò che gli si chiedeva e rispondere con efficacia fornendo fotografie eseguite ad arte.” Kahlo non era una persona particolarmente socievole. La figlia Frida lo chiamava affettuosamente “Herr Kahlo” e lo descriveva come un uomo “interessante, che si muoveva con una certa eleganza, tranquillo, operoso, coraggioso e con pochi amici”. Nel 1951 raffigurò il padre in un famoso dipinto, basandosi su uno degli autoritratti che Guillermo Kahlo era solito realizzare. In calce all’opera scrisse con ammirazione: “… Ho dipinto mio padre Wilhelm Kahlo, di origini tedesco‐ungheresi, artista fotografo di professione, generoso, intelligente e persino coraggioso perché lottò contro Hitler, soffrì di epilessia per settant’anni e non smise mai di lavorare. Con ammirazione, sua figlia Frida Kahlo”. Anche in questa dedica si nota un errore, giacché il padre era sì tedesco ma si era trasferito in Messico per ragioni personali nel 1891 e, non essendo mai tornato in patria, non ebbe a che fare con Hitler, che fu cancelliere del Reich dal 1933 al 1945. 3 Durante la Rivoluzione, la fotografia acquisì una sfumatura politica e una funzione documentaria, un genere nel quale si distinsero i fratelli Casasola, titolari della Agencia de Imágenes. Attraverso le loro fotografie delle rivoluzionarie messicane “si forma una nuova immagine della donna, che non si occupa delle faccende domestiche e abbandona la sua espressione timida. Si tratta in molti casi di una donna che non ha paura di sorridere e guardare l’interlocutore e svolge un ruolo attivo nel processo rivoluzionario”. Frida Kahlo si identificava completamente con questa nuova donna messicana. La fotografia messicana intraprende nuove strade. Tina Modotti ed Edward Weston Nei primi anni venti del Novecento la fotografia messicana si incamminò verso nuove direzioni. L’arrivo nel paese del fotografo statunitense Edward Weston e della sua compagna italiana Tina Modotti segnò una vera rivoluzione nel concetto e nell’estetica della fotografia locale. Tina Modotti aveva conosciuto Weston nell’atelier del marito, il pittore canadese Roubaix de L’Abrie Richey, quando la coppia viveva a Los Angeles. Robo, come lo chiamavano gli amici, si era fatto convincere dal poeta messicano Ricardo Gómez Robelo a organizzare una mostra di artisti che vivevano in California, tra cui anche Edward Weston. In quegli anni il Messico postrivoluzionario appariva come un paese carico di energia creativa. Robo, incaricato di coordinare la mostra che doveva essere allestita nelle sale dell’antica Academia de San Carlos, giunse a Città del Messico nel 1921, ma di lì a poco morì senza riuscire a realizzare il suo sogno. Tina Modotti fu dunque obbligata ad andare in Messico per occuparsi dei funerali del marito e aiutare Gómez Robelo nell’organizzazione della mostra rimasta in sospeso dopo la morte di Roubaix. Dopo poche settimane, tuttavia, dovette tornare in California per la morte improvvisa del padre. In un breve lasso di tempo era rimasta vedova e orfana di padre. Il ritorno negli Stati Uniti segnò l’inizio di una nuova fase nella vita di Tina Modotti, caratterizzata dalla storia d’amore con Weston e dall’interesse per la fotografia. Spinti da quello che la donna aveva visto e conosciuto, i due decisero di trasferirsi in Messico dove, tra l’altro, i lavori di Weston avevano ricevuto un’ottima accoglienza da parte degli artisti locali. Modotti si lasciò alle spalle la carriera di attrice per diventare l’allieva, l’assistente e la modella del fotografo statunitense in un paese che offriva a entrambi grandi opportunità professionali e creative. Gli anni in cui Edward Weston e Tina Modotti lavorarono in Messico contribuirono alla nascita di una nuova forma di realismo e aprirono la strada a una fotografia fondata su valori puramente estetici, non più vincolata alla funzione documentale. La coppia fu accolta subito bene dall’ambiente artistico, che contava tra le sue personalità principali e più influenti anche Diego Rivera. L’artista, che all’epoca era ancora sposato con Guadalupe Marín, attribuiva un grande valore alla fotografia, che equiparava alle altre forme d’arte con parole visionarie: “Oggi la nostra sensibilità non si fa più ingannare dalla novità del funzionamento della macchina fotografica. Noi uomini moderni percepiamo chiaramente la personalità di ciascun autore anche in fotografie scattate nelle stesse condizioni di tempo e di spazio. Riconosciamo la sensibilità del fotografo allo stesso modo in cui percepiamo quella di un pittore, di un disegnatore o di un incisore. In realtà la macchina e le manipolazioni della camera oscura sono una tecnica come il colore a olio, la matita o l’acquerello e ciò che conta maggiormente è l’espressione della personalità umana che di quella tecnica si serve.” 4 Weston esercitò un’influenza dirompente sulla fotografia messicana, ma è altrettanto vero che anche la cultura e l’arte popolare nutrirono la sua creatività. Fu in Messico, infatti, che nel 1925 realizzò una delle sue immagini più audaci e famose: un water bianco che si trasforma in una scultura moderna, la bellezza della sua forma messa in risalto dalla composizione dell’autore. Anche Tina Modotti intraprese la professione di fotografa e, insieme a Weston, fu incaricata da Anita Brenner di realizzare le immagini per il volume Ídolos tras los altares. Successivamente le fu chiesto di documentare le opere dei muralisti messicani. Tra questi Diego Rivera, che di certo ammirava il suo lavoro, ma rimase anche colpito dalla sua intrigante bellezza. La fotografa Lola Álvarez Bravo descriveva la collega italiana come “… una donna bellissima, molto raffinata, dal portamento stupendo. Ciò che più colpiva era il suo modo di camminare, armonioso e sinuoso. Non l’ho più rivisto in nessun’altra. Così si spiega la bellezza delle fotografie in cui compare nuda”5. Modotti, a sua volta, ricambiò l’ammirazione di Rivera con un ritratto in cui l’artista posò con un gattino sulla spalla in un gesto pieno di tenerezza. La macchina fotografica come testimone. La fotografia nella vita di Frida Kahlo e Diego Rivera Sebbene si fossero conosciuti alla Escuela Nacional Preparatoria, fu solo nel 1928, un anno dopo la separazione del pittore da Guadalupe Marín, che Frida Kahlo e Diego Rivera si incontrarono di nuovo a casa di Tina Modotti. Quando si sposarono nel 1929, Tina lo raccontò a Weston, che era tornato negli Stati Uniti, in una lettera: “… Ti ho detto che Diego si è sposato? Lo ha fatto. Una ragazza incantevole di diciannove anni, di padre tedesco e madre messicana. Pittrice. Vedremo come andrà!” La fotografia scattata da Víctor Reyes, all’interno dello studio nel popolare Barrio de Coyoacán, immortala la coppia subito dopo il matrimonio. Un dato curioso, che non possiamo ignorare, riguarda il fatto che Guillermo Kahlo, malgrado dedicasse molto tempo ai ritratti di famiglia, non abbia mai fotografato il genero, né la figlia insieme al marito. L’amicizia con Tina Modotti, l’influenza estetica di Weston e l’esperienza paterna fecero sì che, nello stesso anno in cui sposò Rivera, Frida Kahlo contemplasse l’idea di usare la fotografia come mezzo espressivo. Lo dimostrano tre fotografie conservate nel Museo a lei intitolato. Due di esse rivelano la chiara influenza di Modotti e Weston soprattutto nella disposizione degli oggetti. La prima, firmata Frida Kahlo e datata 5 aprile 1929, raffigura un cavallo di cartapesta che tira un carretto di legno, collocati sopra un petate. L’autrice aggiunse drammaticità all’immagine mettendo in primo piano una bambola di pezza che sembra essere caduta dal carretto. La seconda, meno narrativa della precedente, mostra diversi utensili da falegname che formano una composizione estetica grazie al suggestivo gioco di luci e ombre. Il ritratto del giovane Veraza, invece, rimanda chiaramente allo stile di Guillermo Kahlo. Negli anni trenta, i diversi percorsi della fotografia d’autore e di quella documentaria erano ormai chiaramente definiti. Tra i messicani che si formarono a partire dall’impostazione estetica lasciata da Edward Weston e Tina Modotti nel loro passaggio nel paese figurano autori come Manuel Álvarez Bravo, “il poeta dell’immagine”, come lo definiva Xavier Villaurrutia. È sua la fotografia intitolata Frida e la sfera di vetro. Tra le tante che Álvarez Bravo scattò alla pittrice quella in cui si osserva un maggiore simbolismo la ritrae accanto a un abito bianco appeso a un gancio, un’evidente allegoria del dipinto Il mio vestito è appeso là eseguito da Frida nel 1933. 5 Lola Álvarez Bravo, all’epoca moglie di Manuel, oltre a essere una cara amica di Frida fu una delle prime donne messicane a dedicarsi professionalmente alla fotografia. Ritrasse molti personaggi della cultura, incluso Diego Rivera, ma quello di Frida fu un caso particolare. Conosciamo, infatti, almeno una cinquantina di immagini della pittrice, per cui la donna nutriva una profonda ammirazione. Ricordiamo le sue parole: “Già prima di sposarsi, Diego e Frida venivano a trovarci nella casa di Chapultepec e iniziai a essere molto amica di Frida. Da allora la ammirai molto. È la donna che più mi ha colpito …”7 Lola fotografò l’amica in molte occasioni; un riferimento diretto alla sua opera pittorica è evidente in Frida davanti allo specchio, che rimanda all’idea del dipinto Le due Frida. Tra i fotoreporter che seguirono quanto accadeva nelle case di Diego e Frida vi furono gli Hermanos Mayo. Nelle loro immagini documentarie Diego Rivera appare sempre impegnato in qualcosa: in una foto del 1948 è ritratto mentre detta le sue memorie, in altre è assorto nel lavoro. Il fotografo di origini colombiane Leo Matiz immortalò diversi momenti e aspetti della coppia. Il suo archivio include immagini di Rivera che dipinge i murales dell’Instituto Nacional de Cardiología e altre che lo mostrano sorridente mentre balla con Rosa Rolanda. La rivista “Así” pubblicò un articolo intitolato “La escuela de la vida: Frida Kahlo y sus alumnos” corredato dalle fotografie di Matiz che mostravano Frida Kahlo con i suoi allievi intenti a dipingere i muri della pulquería “La Rosita”. Legata alla fotografia sin da bambina, Frida Kahlo sembrava sempre a suo agio davanti all’obiettivo e un altro esempio del piacere con cui posava ci viene dalle foto di Nickolas Muray, che conobbe tramite l’artista messicano Miguel Covarrubias. Muray, di origini ungheresi, fu un pioniere della fotografia a colori e lavorò per riviste quali “Harper’s Bazar” e “Vanity Fair”. Affascinato dalla stravagante personalità di Frida, Muray ebbe una relazione sentimentale con la pittrice e la ritrasse spesso in immagini straordinarie, la più famosa delle quali è senz’altro Frida con rebozo magenta, che nel tempo è diventata una vera icona. La pittrice, che riceveva le fotografie per posta, scrisse all’amante che viveva a New York per ringraziarlo: “Ho ricevuto la foto meravigliosa che mi hai mandato, mi sembra ancora più bella che a New York. Diego dice che è così bella da sembrare un Piero della Francesca. Per me è qualcosa di più, un tesoro, e mi ricorderà per sempre quella mattina che abbiamo fatto colazione insieme nella drogheria del Barbizon Plaza e poi siamo andati nel tuo studio a fare fotografie, tra cui questa. Adesso è qui vicino a me. Tu resterai per sempre in questo rebozo magenta.”8 Frida custodiva gelosamente le sue fotografie e ne parlava con affetto. Nelle centinaia di fotografie che ritraggono Frida Kahlo, un elemento in particolare ha attirato la mia attenzione: le sue mani. Era come se sapesse sempre come e dove collocarle. Lo si osserva con chiarezza nelle tante immagini che le dedicò Muray. Le mani adornate con gli anelli tradizionali tengono un cigarillo, sfiorano un cervo, sollevano una statuina o sono delicatamente poggiate in grembo: la loro naturalezza è una delle caratteristiche per cui la pittrice appare sempre spontanea e a suo agio. Tra gli autori che ritrassero Frida Kahlo e Diego Rivera, realizzando immagini di grande valore estetico, non possiamo non ricordare, tra i tanti amici e artisti, Carl Van Vechten, Gisèle Freund, Lucienne Bloch e Rosa Rolanda. L’archivio che riguarda la coppia comprende anche le foto di Frida bambina con le sorelle e altri membri della famiglia scattate dal padre Guillermo. Diversi momenti della loro vita sono fissati in queste immagini che con tutta evidenza erano preparate con cura. Nel 1932 Guillermo Kahlo rimase vedovo di Matilde, la sua seconda moglie, e in quello stesso 6 anno realizzò uno dei ritratti più belli ed emblematici della figlia Frida. Datato 16 ottobre 1932, lo scatto ci mostra Frida con le braccia incrociate e un rebozo sulle spalle che posa per il padre addolorato. Pieno di amarezza per la morte della sua compagna di vita, Guillermo Kahlo abbandonò bruscamente l’attività fotografica, dedicandosi soltanto alla lettura e alla pittura. Visse gli ultimi anni della sua vita nella casa della figlia Matilde e morì per un infarto nel 1941. Negli anni quaranta, un altro membro della famiglia Kahlo decise di dedicarsi alla fotografia: Antonio Kahlo, mio padre, che sin da bambino la pittrice chiamava con affetto “Toñiquis Miquis”, catturò belle immagini di sua zia Frida, tra cui una che si distingue tra le tante che conosciamo della pittrice. La si vede con i capelli sciolti, senza nastri né fiori in testa, mentre fuma un cigarrillo seduta nella terrazza della Casa Azul, con indosso un semplice abito indio. Un simile ritratto poteva scaturire solo dalla familiarità quotidiana e dall’affetto che legavano l’autore e la modella. Nel 1986 un progetto nato dalla passione per la fotografia fece riunire le famiglie Rivera e Kahlo. Juan Rafael Coronel Rivera, nipote di Diego, e io, Cristina Kahlo Alcalá, figlia di Antonio e pronipote di Frida, decidemmo di fondare insieme la Fotogalería Kahlo‐Coronel: un’idea pionieristica, giacché si trattava della prima galleria privata del paese specializzata nell’esposizione e diffusione delle opere di fotografi messicani e stranieri attivi a Città del Messico. Nei suoi cinque anni d’attività la galleria fece storia e la sua chiusura, per quanto triste, ci lasciò il ricordo di magnifiche esperienze e arricchì la nostra conoscenza del mondo della fotografia. Juan, oltre che studioso e scrittore, dedica parte del suo tempo e della sua creatività alla fotografia. Per parte mia, ho vissuto sin da bambina circondata dalle macchine e dalle fotografie di mio padre Antonio e da allora sono convinta che ogni immagine racconti una storia: è questa la magia della fotografia. 7