bozza manifesto della formazione finanziata delegata dalla regione

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bozza manifesto della formazione finanziata delegata dalla regione
BOZZA MANIFESTO DELLA FORMAZIONE FINANZIATA DELEGATA
DALLA REGIONE QUALE SUPPORTO ALLE POLITICHE ATTIVE DEL
LAVORO
(WORK IN PROGRESS)
1.- Premessa
Parlare di Politiche del Lavoro oggi significa parlare dello sviluppo futuro del nostro territorio. La
complessità dell’attuale momento economico, unito all’endemica emergenza occupazionale della
Capitanata, rende questa materia uno degli assi portanti dell’azione amministrativa ed istituzionale
che l’Amministrazione provinciale intende portare avanti a favore del mondo del lavoro. Diciamo
mondo del lavoro e non mercato del lavoro per una profonda e radicata convinzione. Pensiamo che il
lavoro sia un diritto ed insieme un dovere e che il lavoratore non possa essere considerato una merce,
pena la perdita di qualunque prospettiva di crescita economica, civile e sociale di una comunità.
Da questo punto di vista i prossimi anni saranno cruciali. Il trasferimento, seppur parziale, alle
Amministrazioni provinciali delle deleghe in materia di Formazione Professionale, impone
evidentemente di elevare il livello del confronto, utilizzando il canale delle Politiche Attive del
Lavoro – di cui la Formazione Professionale è componente essenziale – come strumento per
costruire uno sviluppo stabile per la Capitanata.
2.- L’impegno della Provincia: una revisione culturale e metodologica della formazione
professionale
Con l’attuale quadro di competenze e progressivamente con quelle che ci verranno trasferite dalla
Regione riteniamo doveroso lavorare ad una revisione culturale e metodologica del sistema di
formazione professionale.
C’è un giudizio unanime e condiviso che valuta gran parte della formazione professionale del nostro
Paese come un apparato autoreferenziale, più attento e preoccupato delle logiche interne che a quelle
del territorio.
E d’altra parte c’è una consapevolezza diffusa e condivisa che il sistema della Formazione
Professionale, finalizzato allo sviluppo del capitale umano con azioni di qualificazione e
riqualificazione, non è un elemento a sé stante e tanto meno aggiuntivo rispetto alle dinamiche
infrastrutturali e di competitività del territorio, al contrario è funzionale e finalizzato allo sviluppo
del tessuto imprenditoriale e sociale del territorio. Ma per essere fino in fondo un servizio del e al
territorio la formazione professionale va ancorata ai bisogni e alle vocazioni economico - produttive
delle comunità di riferimento.
3.- Primo presupposto della revisione: ancorare la formazione professionale agli strumenti di
programmazione territoriale
Tali bisogni e vocazioni trovano una loro organica declinazione negli strumenti di programmazione
attivati sul territorio, primo tra tutti la Pianificazione Strategica di Area Vasta. Le cosiddette “dorsali
dello sviluppo”, i “progetti bandiera” individuati all’interno dei Piani Strategici rappresentano un
riferimento da cui non può prescindere una formazione professionale che non voglia tradire la sua
mission.
Ribadisco: l’ancoraggio alla Pianificazione Strategica di Area Vasta è per noi la scelta che la
formazione professionale deve perseguire. Perché i settori che saranno i destinatari degli ultimi
finanziamenti del ciclo di risorse comunitarie, per esprimere appieno le proprie potenzialità,
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necessiteranno di un “capitale umano” all’altezza di una sfida che possiamo definire di portata
epocale. Turismo, agroindustria, agroalimentare, gestione dei beni culturali, solo per fare qualche
esempio di segmenti nei quali la Capitanata può recitare un ruolo di leadership, tanto nel quadro
regionale quanto sulla scena nazionale, chiedono alla formazione di dotarli di competenze, da quelle
apicali a quelle operative, adeguate.
4.- Secondo presupposto della revisione: dar vita ad un Patto formativo locale
Programmare e implementare politiche formative, in integrazione con quelle del lavoro, per
accompagnare strategie di sviluppo e innovazione da una parte e integrazione di politiche, dall’altra,
e mettere insieme risorse economiche, di capitale sociale ed umano, naturali e storico-culturali
assumendo come riferimento il territorio, rappresenta un impegno molto gravoso, che si può
realizzare solo attraverso un percorso pattizio condiviso, fondato su intese coalizionali forti.
E’ un impegno che implica, cioè, un coinvolgimento attivo e plurale da parte di soggetti diversi e di
diversa natura, stretti tra loro da un PATTO. Un patto formativo.
Un patto formativo per la provincia di Foggia che costituirebbe, allo stesso tempo, una politica, una
strategia ed un progetto in grado di dare continuità e valore alla logica dell’integrazione tra le
politiche attive del lavoro e le iniziative locali per lo sviluppo.
4.1.) Definizione
Il PF è definibile come modalità innovativa e sperimentale per la gestione dei processi formativi che
consente agli attori di un sistema di sviluppo locale di intervenire in chiave negoziata e cooperativa
sui fattori e sui processi di valorizzazione del capitale umano.
Il PF che si intende costituire infatti è:
•
Un modello coalizionale e negoziato di programmazione ed attuazione della
formazione che si avvale di contributi apportati dagli attori pubblici e privati, oltre che dei soggetti
della filiera formativa.
•
Un percorso partenariale, programmatorio ed amministrativo attraverso il quale sono
impostate delle attività in conformità con obiettivi prestabiliti e sulla base di meccanismi di
valutazione e controllo sulla realizzazione delle iniziative.
Il PF è uno strumento idoneo a legare politiche attive del lavoro, in particolare quelle formative e
sviluppo locale sostenibile perché poggia su tre tipologie di fattori:
•
le istituzioni locali, i processi di governance delle politiche attive del lavoro e
della formazione ed innovazione istituzionale nell’ambito dell’avviato processo di decentramento e
devolution;
•
le dinamiche del sistema produttivo, i fabbisogni delle imprese, i trend di sviluppo
dei cluster produttivi;
•
i territori quale luogo reale di integrazione delle politiche e quale ruolo di
ricomposizione unitaria delle strategie di sviluppo.
Si consideri, inoltre, che il PF rappresenta un’occasione per sviluppare e rafforzare negli stakeholder
di settore la capacità di progettazione, di governo e di gestione delle politiche di sviluppo locale ed
in particolare la capacità di programmazione e di utilizzo delle risorse del Fondo Sociale Europeo.
Impegno prioritario per la Provincia nei prossimi mesi sarà quello di dar vita al Patto, elaborando,
anche sulla base di azioni di successo in questa materia realizzate in altri contesti, e sperimentando
modelli attuativi concreti di prassi negoziali e cooperative,.
Il PFL che si propone dunque è un Patto con una forte vocazione territoriale, quindi strettamente
legato ad una politica/modello di sviluppo del territorio, in grado di accompagnare gli altri strumenti
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di programmazione negoziata in essere (patti territoriali, progetti integrati, accordi di programma,
ecc.).
4.2.) Finalità e risultati attesi
Il PFL della Capitanata dovrebbe quindi essere finalizzato a:
Rafforzare le sinergie e la complementarità tra sistema di Istruzione e
Formazione Professionale ed altri settori d’intervento, quali l’occupazione, la ricerca e
l’innovazione.
Contribuire a costruire uno spazio europeo dell’istruzione e della formazione,
quale volano per uno sviluppo del territorio basato anche sulla cooperazione inter-territoriale
nazionale e transnazionale.
Fare dell’apprendimento permanente una realtà. Le strategie in materia di
apprendimento permanente dovrebbero mirare a garantire che tutti i cittadini acquisiscano le
competenze chiave di cui hanno bisogno in una società basata sulla conoscenza e che si creino
contesti di apprendimento aperti, attraenti ed accessibili.
I risultati che Il Patto Formativo dovrebbe perseguire possono essere così enunciati:
1.
l’aumento dei tassi di occupazione e di attività della forza lavoro, in particolare
delle categorie svantaggiate;
2.
il miglioramento della qualità della forza lavoro e dell’occupazione, nonché della
produttività del lavoro;
5.- Ruolo della Provincia
Le strategie operative della Provincia per il breve e medio periodo dovranno tenere conto delle
priorità seguenti:
a)
Coordinamento interassessorile.
Occorrerà adoperarsi perché da un punto di vista politico e gestionale gli assessorati alle politiche
del lavoro e formazione professionale, alle politiche sociali ed ancora alle attività produttive, alla
pianificazione strategica agiscano in stretto coordinamento al fine di proporre una politica di
programmazione e di sviluppo unitaria, giacchè una corretta programmazione di sviluppo deve tener
conto di tutti gli aspetti che concorrono allo stesso e che da esso traggono impulso creando in tal
modo un circuito virtuoso.
b) Completamento delle deleghe
Ci si dovrà adoperare da subito perché il trasferimento delle deleghe dalla regione sia completo
perché la programmazione e il governo dello sviluppo locale possa contare su tutte le opportunità e
gli strumenti.
c) Rilancio dei servizi per l’impiego mediante il potenziamento delle competenze degli addetti
La Provincia dovrà sostener uno sforzo straordinario per attuare interventi che contribuiscano al
decollo definitivo dei servizi per l’impiego, con riferimento soprattutto alle risorse umane impegnate
nella filiera, alle risorse strumentali, alle risorse informative, all’immagine esterna.
Presupposto di ogni intervento per il rilancio dei servizi è la mappatura, reale ed accurata,
degli attori coinvolti nella filiera dei servizi del lavoro, in riferimento al servizio erogato, al
processo del lavoro, al sistema organizzativo, alle competenze espresse.
E’ necessario dunque realizzare un censimento dei soggetti che operano per l’offerta di
servizi di orientamento e di consulenza, con l’analisi approfondita e l’identificazione delle
competenze utilizzate.
Questo permetterà la definizione di un patrimonio di dati, ottenendo in particolare:
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- la mappa dei soggetti che agiscono nel mercato del lavoro e le loro caratteristiche
strutturali (servizio, organizzazione, processo),
- la mappa dei servizi erogati (da chi, con quali modalità),
- la definizione delle competenze attivate nell’erogazione di possibili servizi eccellenti
(eventuali casi di buona prassi).
Il profondo mutamento del quadro istituzionale e l’evoluzione normativa ed organizzativa
conseguente alla riforma in atto focalizzano l’esigenza di azioni formative forti destinate agli
operatori della filiera, che non possono restare statici nelle loro competenze, per approfondire
conoscenze e competenze in riferimento ad attivita’ cardini quali ad esempio la gestione dei
processi tecnologici e delle banche dati, l’orientamento, l’attività di accesso al mondo del lavoro
(stages e tirocini), le forme di ingresso al mercato del lavoro che non siano propriamente assunzioni
(contratti di lavoro
interinale o
di collaborazione), la riqualificazione professionale,
l’incentivazione dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro ecc.
Di pari passo si rende pertanto anche necessaria un’importante opera di
informazione/formazione sullo sviluppo degli strumenti tecnologici, a supporto delle esigenze degli
operatori della filiera (sistema di accesso integrato per la fruizione dei servizi per il lavoro).
La comprensione dell’importanza enorme che rivestono tali nuovi sistemi, la definizione
delle esatte metodologie del loro utilizzo nei servizi per l’impiego, le logiche che guidano
l’implementazione delle basi di dati, la necessità di standardizzazione delle informazioni,
incentivano infatti la necessità della familiarità con i nuovi strumenti informativi da parte degli
operatori del sistema.
d) Analisi dei fabbisogni occupazionali e formativi
Quest’ultima priorità merita una trattazione particolare perché coinvolge direttamente e
operativamente il mondo della formazione professionale.
d.1 Soggetti e funzioni dell’analisi dei fabbisogni
Il processo di programmazione della formazione professionale trova la sua plausibilità e il suo
fondamento in una organica ricorrente scientifica analisi dei fabbisogni occupazionali e formativi
del sistema economico e produttivo locale.
Un’analisi che deve contare su tre approcci:
- la rilevazione (cioè la raccolta/sistematizzazione di esigenze espresse in modo esplicito dal sistema
produttivo)
- l’analisi: (individuare, interpretare e sistematizzare i bisogni esistenti allo stato latente, ma non
ancora espressi);
- l'anticipazione ( prefigurare bisogni che oggi non esistono ma che domani potrebbero esistere se si
verificassero certe condizioni
Abbiamo parlato di “processo”, perché la programmazione non è un atto dirigistico del soggetto
pubblico ma un’attività governata dal soggetto pubblico, realizzata, però, da attori diversi con ruoli e
funzioni diverse.
Nel processo programmatorio possiamo distinguere, infatti, una fase strategica (propria della
Regione e della Provincia per il suo territorio, nel rispetto naturalmente degli indirizzi regionali) e
una attuativa (propria degli organismi accreditati).
L’una e l’altra fase sono supportate dall’analisi dei fabbisogni.
Nel primo caso, quello di competenza della Provincia, l'analisi del fabbisogno è finalizzata a
individuare orientamenti e indicazioni da trasferire negli avvisi pubblici.
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Nel secondo caso, quello dei soggetti attuatori, l'analisi del fabbisogno
è finalizzata a supportare
l’elaborazione di un progetto formativo che rappresenta la risposta dal basso agli orientamenti e alle
indicazioni dell’avviso pubblico.
d.2. - Analisi dei fabbisogni per la programmazione del sistema
La prima fase è finalizzata a definire le politiche formative, cioè le grandi scelte prioritarie in termini
di settori ed aree professionali, di tipologie di interventi e di categorie di destinatari da privilegiare.
Il livello di priorità è dato, soprattutto, dal volume di risorse finanziarie che vengono destinate a
tali variabili, naturalmente nell’ambito dei limiti posti dal POR e dalle deleghe regionali.
Se la definizione delle politiche significa in ultima analisi effettuare delle scelte di allocazione di
risorse è evidente che tale operazione risulterà maggiormente "fondata" e "corretta" quanto più sarà
stata accurata l'indagine relativa alla situazione per la quale devono essere effettuate le scelte. Se le
politiche in questione sono quelle relative alla formazione professionale, e quindi la necessità di
adottare "offerte formative" adeguate sotto il profilo quantitativo e tipologico, occorrerà supportare
tali scelte con l'analisi della "domanda" o "fabbisogno" di formazione di un determinato territorio
L'individuazione dei fabbisogni formativi di un territorio avviene
mediante l'analisi e la valutazione congiunta ed integrata di tre aree
- il sistema economico (le vocazioni produttive dei singoli territori e delle condizioni per il loro
sviluppo)
- il sistema produttivo-occupazionale, (la strutturazione del sistema produttivo e del mercato del
lavoro e le direttrici della sua possibile espansione)
- il sistema di valori e di attese nei confronti del lavoro e della formazione al lavoro della
popolazione.
Abbiamo precedentemente sostenuto la necessità di ancorare la formazione agli strumenti di
Programmazione dello sviluppo territoriale. Questo ancoraggio si realizza solo se vengono
evidenziate, mediante questa scientifica attività che abbiamo sommariamente descritto, le
implicazioni delle azioni programmate sul piano dell’occupazione, quali-quantitativa,
Notevole importanza in questo percorso per dare orientamenti alla programmazione delle politiche
attive del lavoro, in particolare della formazione, è il ruolo sia dell’Osservatorio Provinciale del
Mercato del Lavoro, strumento di ascolto del territorio che si avvarrà dell’attività dei CPI, sia
dell’Osservatorio delle politiche sociali con le sue analisi socio-economiche.
d.3. - Analisi dei fabbisogni per la progettazione formativa
Anche a fondamento di ogni progetto formativo elaborato dai soggetti accreditati c'è l'analisi del
fabbisogno, come a fondamento della definizione delle politiche formative.
Lo spettro dell'analisi è, però, nel progetto più circoscritto che nella fase della programmazione
strategica, realizzata dalla Provincia.
Non riguarda, infatti, l’analisi della struttura e della dinamica sociale ed economica del territorio. Il
suo scopo è piuttosto quello di sondare, nell’ambito delle indicazioni prioritarie stabilite dalla
Provincia, la necessità di occupazione aggiuntiva o di nuovi compiti da parte del sistema produttivo
locale; necessità attuali, o secondo ragionevoli parametri di sviluppo o evoluzione, a breve medio
periodo.
Occorre chiaramente precisare che l’analisi del fabbisogno occupazionale e formativo non è per una
struttura accreditata un compito aggiuntivo, o tanto meno estraneo alla sua mission.
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Al contrario è un momento definitorio della identità di un ente di formazione. Infatti un soggetto
formativo non è tale solo perché eroga formazione, ma perché è capace di leggere le esigenze di
occupazione e occupabilità del territorio e predisporre un progetto per soddisfare tali esigenze.
Questa peraltro è la logica dell’accreditamento che prevede tra gli altri requisiti “sistematiche
relazioni con il territorio”.
In altri termini un soggetto viene dichiarato idoneo a fare formazione solo se ha dimostrato di vivere
nel e in funzione del territorio in cui e per cui svolge la sua attività.
Non una sede di formazione a prescindere dal territorio dove opera, ma una presenza nelle comunità
di riferimento per le quali opera.
Come la pianificazione di politiche formative che non sia preceduta da una rigorosa attività di
ricerca espone il soggetto pubblico che le elabora ad una pericolosa navigazione a vista, a mancanza
di riferimenti certi e alla accettazione acritica di quanto gli venga proposto dal basso, così un
progetto elaborato da un soggetto accreditato, che non poggi su una seria analisi del fabbisogno, è
privo di credibilità e può rappresentare solo una opportunità per chi lo propone, non certo per i
destinatari finali: giovani e adulti, uomini o donne, occupati e disoccupati, o soggetti a rischio di
esclusione.
Quello che abbiamo di fronte è dunque il tempo della scelte. Un tempo in cui dare una prospettiva
alle nostre popolazioni. Un compito per il quale occorrerà il contributo di tutti i soggetti che a vario
titolo operano nel campo dell’occupazione. Vogliamo trasformare il vecchio concetto di
“concertazione” in collaborazione operativa. Istituzioni, organizzazioni datoriali, organizzazioni
sindacali, Enti di Formazione (che saranno chiamati ad un notevole salto di qualità sul piano
dell’offerta), dovranno operare in maniera sinergica, incanalando i propri sforzi in un’unica
direzione.
Siamo per questo pronti ad una approfondita fase di ascolto e di confronto, dalla quale dovranno poi
scaturire le “linee di vetta” da seguire, nel solco dei nostri convincimenti valoriali. La nostra idea di
occupazione è quella di un sistema che sappia stare sul mercato senza dimenticare i dettami della
dottrina sociale della Chiesa; che sappia mutuare le idee positive della riforma “Biagi” per allargare
ed aumentare le possibilità di accesso al mondo del lavoro senza comprimere i diritti.
Parte oggi questa grande opportunità. Noi siamo pronti ad affrontarla, con le idee chiare e con la
voglia di operare per offrire una speranza di cambiamento ai nostri cittadini.
Diamoci tutti una mano!
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