Il colore del mare

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Il colore del mare
Il racconto che stai per leggere fa parte di “Storie in città”
un progetto dell’Assessorato alla Cultura del Comune di
Civitanova Marche ed è uno dei cinque selezionati tra i circa
60 racconti arrivati per il primo concorso letterario “Storie
in città”.
Dopo averlo letto, potrai liberare questo libricino per la
città e permettere così ad altri di leggerlo.
Oppure potrai adottarlo e tenerlo con te.
Potrai segnalare e seguire il suo viaggio sulla pagina facebook
dell’evento “Storie in città”
Disegno in copertina di Riccardo Ruggeri
Stampato in 1000 copie su carta ecologica e riciclata
Luglio 2013
Le storie che troverai in giro per la città sono:
Tornando all’inizio di Camilla Bottin (Este PD)
Miko e la neve di Vittorio Caratozzolo (Trento)
La farfallina di Tommaso Casale (Roma)
Sezione Under 20
Un attimo bellissimo di Matteo Gentili (Civitanova Marche MC)
Il colore del mare di Cloe Mezzaluna, pseudonimo di Claudia
Giancola (Civitanova Marche MC)
Divertiti a scovarle!
La Giuria composta dalle 5 autrici della prima edizione
invernale e dal Presidente della Biblioteca Comunale Silvio
Zavatti di Civitanova Marche
Barbara Cerquetti
Fausta Rita Sardi
Federica Senigagliesi
Natalia Tessitore
Giuseppina Vallesi
Presidente
Marco Pipponzi
Il colore del mare
Di che colore è il mare?
L’odore acre, di profondità ignote, vite e sale,
s’infiltra sotto la fronte e lascia i pensieri a
galleggiare nella schiuma. Romba furastico, o
mormora segreti al vento. Accarezza la pelle con
onde dolci o brusche.
Mare che inghiotte i ricordi, e quando meno te
l’aspetti li riflette sulle sue indomite creste.
E torni a quand’eri bambino. Castelli di sabbia,
palette, una palla in alto nel cielo. Torni a
quand’eri giovane. Le corse, le risate, i baci
sott’acqua.
Poi ti ritrovi così, ad ammirare quel dio che ti
conosce a menadito, e ti accorgi di non sapere
neanche quale sia il suo vero colore.
Claudio scosta dal viso i riccioli dello stesso colore
della sabbia. Quell’ora del mattino è perfetta
per andare a pensare sulla riva: la spiaggia
libera è vuota e spianata, liscia come un’onda
dorata distesasi sul terreno e lì cristallizzata dal
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sole. Alle spalle dell’uomo, il Viale Giacomo
Matteotti si gode l’ultimo paio d’ore di quiete,
prima di essere assalito da un’infinita quantità
di mezzi e bagnanti.
Egli lascia scorrere gli occhi scuri sulla superficie
quieta del mare, come ogni giorno da tre anni.
Tutto è iniziato da quando un suo alunno
ha scritto, in uno di quei temi innocenti da
elementari – “Racconta una giornata d’estate
con la tua famiglia” – , di non conoscere il
colore del mare. Da quel momento la sua vita è
stata stravolta.
Si è dimesso, allontanato dalla famiglia e dalla
compagnia altrui.
– Per colpa tua mi faccio schifo da solo. Come
mi sono ridotto… – Una voce interrompe
l’uomo, che si volta e vede che quel giorno non
è solo sulla spiaggia. Altre tre persone hanno lo
sguardo immerso – e perso – nel mare.
– Come sono finito qui, a soffrire per una come
te? Perché ti ho permesso di cambiarmi?– Niko
sferra un calcio alla sabbia, che fugge da tutte
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le parti e si rifugia lontano, o sulla pelle lattea,
o sul costume Quiksilver troppo sgargiante. –
Guarda, guarda che schifo.
Al ragazzo pare che perfino gli scogli possano
deriderlo. Per far piacere alla sua ragazza- ex
da quella mattina- si è comprato quel costume
costoso, si è tagliato i capelli col doppio taglio
alla moda, ha iniziato a fumare. Ora che gli resta?
Lei se n’è andata, dicendogli che è un debole.
Un debole… Lei chiama debolezza l’amore.
E quell’uomo, si può sapere perché continua a
fissarlo dietro i ridicoli occhialetti squadrati?
Giovinezza, maturità, vecchiaia. Ormai Um­ber­­to
le ha passate tutte. Quei due sul ciglio della riva
che si osservano non immaginano cosa li attende.
Restringersi pian piano, sentire i muscoli e
la pelle raggrinzirsi e contrarsi attorno a uno
scheletro sempre più fragile. Avere più cose da
ricordare, che da vivere. E pochi che ti vogliono
sopportare.
Però, c’è proprio bisogno di rinchiuderlo in
una prigione di riposo? Lui, che ha combattuto
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con la Resistenza, che conosce a memoria la
“Canzone degli Sfollati di Civitanova Marche”.
Lui, che ha lavorato tanto la sua campagna da
avere la pelle proprio come lei, scura come terra
e solcata da rughe in cui non germogliano che
sudore e affanni.
Allora perché suo figlio non gli permette di
morire in pace? Non ha guadagnato una fine
dignitosa?
Preferisce morire mentre lavora la sua terra,
vecchio e malato, piuttosto che vivere più a
lungo ma come una bestia debole e bisognosa.
– SIGNORINA MA COSA FA?
In 53 passi la zona profonda, in altri 2,35 metri
gli scogli, poi il mare aperto. Quanto sarà
dolce perdersi in quell’azzurro? Tanto ormai a
che serve trascinarsi per le strade? È finita: ha
fallito, è una fallita. Perché dovrebbe ancora
sostenere il peso di quel corpo smunto e di
quella mente inutile? No, non è vero. Non ha
il coraggio neanche di suicidarsi. Però le piace
fingere, avere la sensazione di potere su qualcosa,
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quando tutto il resto le è sfuggito via.
Dopo aver passato i suoi migliori anni ad
ammazzarsi di studio, dopo aver rinunciato
a momenti di infantile spensieratezza, e aver
rifiutato la possibilità di costruirsi una famiglia,
cosa ha ottenuto? Niente. Il posto per cui ha
lottato tutta la vita è andato ad un altro, il figlio
del direttore, che non sa un centotrentasettesimo
di quello che sa lei!
Jessica contempla i riflessi che le danzano
attorno, screziati e freddi. La gonna ormai è
interamente immersa nell’acqua, e si allarga
attorno al suo corpo come un fiore tremulo.
Voci concitate le solleticano l’orecchio, ma non
ci fa caso. Quando si volta per tornare indietro,
però, vede che tre persone la fissano sconcertate.
– Torni a riva, coraggio – esclama Claudio col suo
tipico tono flemmatico, la mano tesa verso la
donna. – Non ne vale la pena, mi creda.
– È VERO SIGNORINA – aggiunge il vecchio
al suo fianco. – COSA LE VIENE IN MENTE?
Jessica osserva quei tre strani tipi, disdegna
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la mano dell’uomo e fuoriesce dall’acqua
lasciandoli indietro. – State tranquilli, non
ho intenzione di suicidarmi – tenta di farla
breve col tono perentorio e distaccato che si
è abituata ad adoperare con tutti. Il fatto che
abbia bisogno di aiuto non significa che accetti
di essere aiutata.
– Anche perché, insomma, annegare in un mare
così basso è una pessima scelta – interviene il
ragazzo, primo a raggiungerla. Niko la fissa
sprezzante, tutta l’ansia di poco prima dissolta
nella calura estiva. – È molto più pratico e
rapido buttarsi da un palazzo, o farsi investire –
anche se ci sono meno garanzie. Ecco sì forse la
scelta migliore è spararsi. Anche se io, dovendo
scegliere, mi avvelenerei.
– SEI IMPAZZITO GIOVANOTTO? –
Umberto gli posa la mano callosa su una
spalla e lo scuote come per scrollargli quei
pensieri di dosso. Ai suoi tempi i giovani non
si permettevano di dire certe sciocchezze! –
PURE LEI SIGNORINA. AI MIEI TEMPI
SI COMBATTEVA PER PROTEGGERE LA
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VITA, ORA LA BUTTATE VIA?
Niko solleva un sopracciglio, e si libera dalla
presa. – Nonno mi dispiace, ok? Ma adesso non
mi partire con un racconto di guerra.
Fortunatamente Umberto ormai è avvezzo a
simili comportamenti, e si limita a sospirare. –
LE GUERRE HANNO AMMAZZATO PURE
IL RISPETTO…
– Sì, sì…
– Su, ragazzo, regola i toni.
– Emh… – Jessica distoglie lo strambo gruppo
da eventuali moralismi. – Mi dispiace di avervi
turbato, davvero, ma ora tornate pure alle
vostre occupazioni senza pensare a me.
– Allora perché era in mezzo al mare?
– Problemi di lavoro. E perché invece voi
tre? Gita in famiglia?
I tre si guardano riluttanti e negano in sincrono.
– A dir la verità non ci conosciamo neppure.
Umberto si fa coraggio. – FUGGO DA PARENTI
CHE MI VOGLIONO RINCHIUERE.
– Casa di riposo? Brutta storia mi sa.
– Tu ragazzo?
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– Non sono affari vostri.
– Tu sai di noi, devi dire qualcosa anche tu.
– CHE MALEDUCATO.
Niko sbuffa esasperato e dice col suo tono
neutro. – Problemi personali, contento vecchio
urlante?
– EH I PRIMI AMORI, MI RICORDO…
– dice per punzecchiarlo, e infatti ottiene
un’occhiataccia.
Claudio per prevenire altri dissapori parla: – Io
vengo sempre qui: cerco il colore del mare.
Gli altri si voltano titubanti. – Secondo voi qual
è? – PER ME VERDE, COME LA TERRA –
grida Umberto, che in realtà è un po’ sordo. –
INFATTI SONO LA TERRA E IL MARE A
NUTRIRCI.
– Per me azzurro, come il cielo. D’altronde
sono entrambi infiniti, e ci catturano.
Claudio non è convinto, sente mancare qualcosa.
Lo sguardo di tutti cade sul ragazzo. – Per me…
Non me ne interessa un fico secco ripieno di
cozze.
– Bleah, che orrore.
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– E l’ho detto in modo gentile.
– INVECE È UN DUBBIO BIZZARRO!
– Bizzarro e inutile, infatti– capitola Niko.
– “Nulla è più necessario del superfluo” diceva Oscar
Wilde.
– Ma stiamo scherzando? – Il ragazzo fa per
andarsene, ma appena si volta ha uno scatto.
– Per me è grigio, non vuole che scopriamo
molto su di lui – esclama una ragazza sui
vent’anni, la voce che esce in continuo sussurro
e pare scortata dalle corte ciocche corvine che
vi s’agitano attorno. – Forse anche lui, come le
persone, ama avere dei segreti, che però ogni
tanto deve svelare altrimenti si sente solo ed
incompreso.
La sorpresa aleggia tra i quattro: quando è
arrivata?
Forse non avrebbe dovuto unirsi a loro. Tuttavia
Veronica non ce l’ha fatta più a correre: per la
prima volta, si è fermata.
Si allena ogni giorno per poter coronare il
suo sogno di diventare un’esperta calciatrice.
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Certo non è un sogno che molti definirebbero
“femminile”, né è semplice da accettare. È
più facile sentire desideri come diventare
una cantante, un’attrice, modella, stilista,
dottoressa… Chi lotterebbe mai per qualcosa
che non solo è difficile, ma di certo non
permetterebbe una stabilità economica? Pur
divenuta esperta, lei dovrebbe comunque
continuare a fare un altro lavoro per vivere.
Le è sempre sembrato che i commenti, gli
scherni e i sospiri altrui non la abbattessero.
Eppure si sono accumulati, negli anni, e pesano.
Pesano tanto, che Veronica ha fermato la sua
corsa. Si è arresa?
Ha bisogno di distrarsi per non crollare.
– Non saprei, mi sembra una tinta po’ triste per
il mare.– Il maestro è il primo a riprendersi.
Dentro sente sbocciare qualcosa che non prova
da molto tempo: la gioia di confrontarsi coi
giovani, così imprevedibili e sorprendenti. Gli
è mancata.
– Anche secondo me. Ripeto che è azzurro.
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– PERCHÉ NON VERDE?
Niko esplode. – Basta! Siete una combriccola di
matti? Che importanza ha? Siamo tutti venuti
qui sulla spiaggia per rifugiarci dai problemi, e
voi ne create un altro così insulso e insensato?
– Appunto! – L’uomo perde la calma, schiacciato
da quel tormento che cova dentro da tre anni. –
Se non conosciamo neanche una cosa così semplice, come
possiamo risolvere altri problemi?
– Allora ve lo dico io questo dannato colore! –
Sbotta il ragazzo, e spalanca le braccia. – Non
esiste! Ecco, contenti? È trasparente, il mare è
trasparente come tutte le acque!
L’affermazione cala spietata come una scure,
azzittendo tutti. Niko crede, soddisfatto,
di averli abbattuti. Ma gli occhi di Claudio
brillano.
– Certo… Non ha colore, o meglio, ha il colore di tutto
e niente. il colore della vita stessa che ci si rispecchia.
È così semplice! – Gli altri si guardano, e sentono
una piacevole soddisfazione scaturire in loro.
– Forse anche gli altri problemi sono come questo:
molto più risolvibili di quanto appare.
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– I vostri problemi da folli forse sì.
D’improvviso l’aria è attraversata da un
lamentoso stridio di freni, seguito da una
voce. – Papà! Papà ti ho trovato! – Un uomo
di mezz’età corre verso di loro, e per poco non
inciampa nell’aiuole verdeggianti della piazzetta
antistante la spiaggia. Si ferma ansimante
davanti ad Umberto, incurante degli altri. – Ti
ho cercato… ovunque…
– PER PORTARMI IN PRIGIONE?
– Perché non capisci? Non voglio liberarmi di te!
– QUINDI PERCHÉ?
Quello si arrende, e lo abbraccia. – Lo sai, ho
perso il lavoro da poco, ho rischiato il divorzio
con Martina, e mamma manca solo da un anno.
Non è che non ti voglia nella mia vita, tutto il
contrario. Ora, proprio non ce la farei a perderti.
Umberto socchiude gli occhi. Ci sono momenti
in cui un vero uomo non è chi difende la dignità
e l’orgoglio, ma chi li sacrifica per chi ama. –
MA VOGLIO STARE VICINO AL MARE.
– Sì, sì. Starai proprio qui davanti, a Villa
Letizia.
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I due si allontanano sotto braccio. Jessica inter­
viene solo quando ormai sono distanti. – Una
famiglia… E io vi ho rinunciato, per nulla.
– Signorina, non è vecchia, non disperi.
– E se pure non avrà una famiglia così, potrà
avere altro. Magari, un sogno che riuscirà a
coronare.
– Oh no, il mio sogno ormai è irrealizzabile.
– Allora cambi sogno.
Jessica raddrizza le spalle. Non ci aveva mai
pensato: un’alternativa. – Forse…
– Tranquilla. Siamo noi qui i giovani senza futuro.
– Non puoi dirlo. Potrà non sembrarti, ma hai
davvero tutta una vita davanti. E buttarla all’aria
per un problema è un insulto alla tua intelligenza.
– Niko si sente punto nel vivo, e finalmente è
toccato quando lui aggiunge: – Devi solo ricordare
che, comunque vada, l’importante è essere soddisfatti
di ciò che si ha e di quel che si è.
– Giusto! – esclama Veronica. Lei è felice del suo
desiderio? Assolutamente. Perciò tutto il resto
deve venire dopo. Una scarica di adrenalina la
pervade, e ricomincia a correre. Verso il mare.
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“Soddisfatti di quel che si è” pensa Niko. In
un istante tutto gli si chiarisce. Il rancore e la
delusione si dissolvono. – Bagno liberooo! –
urla scagliandosi verso le onde. Ma non prima
d’essersi sfilato l’odiato costume: ora sì che è lui
stesso!
Claudio osserva i giochi di luce sugli schizzi
d’acqua e tra i granelli di sabbia sparsi al vento.
Il mare è stato la fine di tutti i loro percorsi,
e l’inizio della nuova strada che hanno saputo
trovare.
Perché forse il segreto è proprio quello.
La felicità ha un colore invisibile, come il mare.
Perciò non serve dannarsi ad inseguirla o a
tentare di raggiungerla: bisogna, semplicemente,
viverla.
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