Storie dal mondo emergente

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Storie dal mondo emergente
INVESTMENT MANAGEMENT
COMMENTO | 4 GIUGNO 2013
Storie dal mondo emergente
Il denaro torna a casa
Le politiche monetarie espansive delle banche centrali di Stati Uniti
e Giappone continuano a dare adito ad allarmanti discorsi di “guerre
valutarie”. La paura è che ondate di dollari e yen freschi di zecca
si riversino sui mercati emergenti in più rapida crescita, spingendo
al rialzo le divise, indebolendo le esportazioni e creando bolle
speculative locali. In questo scenario, che rappresenta tuttora un
tema centrale durante i vertici finanziari globali, i leader dei mercati
emergenti assumono il ruolo di Re Canuto, il sovrano che tentò
invano di domare la furia delle onde.
AUTORI
Team di gesTione azionario
emergenTe globale
È vero che il capitale insegue la crescita, ma dopo la rapida espansione dell’ultimo
decennio le grandi economie emergenti stanno ora rallentando. Dall’India al Sudafrica
le autorità politiche tentano con scarso successo di attirare una maggiore quota di
flussi di capitale globale per finanziare i crescenti disavanzi delle partite correnti. Le
statistiche più significative indicano che lo scorso anno la crescita delle riserve in valuta
estera dei paesi emergenti si è praticamente arrestata. Nell’ultimo decennio, queste
riserve sono aumentate a un tasso medio del 25%, passando da $570 miliardi nel 2000
a ben $7000 miliardi nel 2011. Nell’ultimo anno tuttavia la crescita è enormemente
rallentata, raggiungendo a malapena il 5%.1
L’idea che il denaro continui ad affluire nei mercati emergenti rivela una scarsa
conoscenza del quadro complessivo globale, che vede un calo drammatico dei flussi
transfrontalieri di capitale, scesi del 60% rispetto al picco del 2008.2 Le quote maggiori
di tali flussi riguardano i prestiti bancari, il commercio e gli investimenti diretti esteri,
che evidenziano un rallentamento su scala mondiale. I dati diffusi dall’International
Institute of Finance (Iif) mostrano che nel 2007 i flussi bancari e commerciali avevano
da soli raggiunto un picco del 4,5% del Pil globale, per poi scendere all’attuale 1,5% del
Pil.3 Gran parte del denaro giapponese e statunitense resta ora all’interno dei confini
nazionali, o addirittura ci ritorna.
I media tuttavia tendono a concentrarsi sulla quota relativamente ridotta di flussi
di capitale rappresentata dagli investimenti finanziari che dominano la stampa
internazionale perché incidono sulle quotazioni azionarie e obbligazionarie. Durante
l’intero anno scorso, gli investimenti finanziari hanno continuato ad affluire nei
mercati emergenti a un ritmo vivace. Ora che i flussi verso i mercati azionari emergenti
vanno riducendosi, i mutamenti più ampi dovrebbero presto risultare evidenti a tutti.
Fonte: World Economic Outlook Fmi. Dati ad aprile 2013.
Fonte: International Institute of Finance. Dati ad aprile 2013.
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Fonte: International Institute of Finance. Dati ad aprile 2013.
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ad Uso esClUsiVo degli inVesTiTori ProFessionisTi. VieTaTo l’UTilizzo Presso il PUbbliCo.
STORIE DAL MONDO EMERGENTE
Tali mutamenti emergono con chiarezza dai dati dell’International
Institute of Finance e dell’Fmi. Tra il 2002 e il 2007, gli afflussi
netti di capitale privato nei mercati emergenti sono saliti alle stelle,
passando da $100 miliardi a $970 miliardi. Dopo il crollo accusato
nel 2008 e poi nuovamente nel 2009, questi flussi hanno recuperato
solo parte del terreno perduto a quota $770 miliardi circa e il loro
ruolo si è enormemente ridimensionato. Misurati come quota
dell’economia, secondo i dati Fmi i flussi netti di capitale privato
hanno raggiunto il picco nel 2007, attestandosi al 4,35% del Pil dei
mercati emergenti, per poi crollare allo 0,51% nel 2012, soprattutto
a causa del calo dei prestiti provenienti da banche e altri creditori
occidentali4 (cfr. Figura 1). L’ottimismo che nel corso dell’ultimo
decennio aveva spinto importanti banche occidentali a distribuire
prestiti in tutto il mondo è svanito per fare posto a criteri di
finanziamento più stringenti, dalla California ai mercati emergenti.
Un analogo calo è stato rilevato sul fronte dei flussi commerciali,
che ha indotto a parlare di “deglobalizzazione”. Nell’ambito
delle regioni emergenti, mentre la crescita delle esportazioni
è rallentata le importazioni hanno continuato a esibire
tassi di espansione sostenuti, riducendo i saldi delle bilance
commerciali. Il surplus aggregato delle partite correnti dei
mercati emergenti è sceso al di sotto del 2% dal 4% del Pil
nel 2007.5
Queste tendenze determinano un’inversione delle condizioni
dell’ultimo decennio, che aveva visto i capitali esteri accorrere
nelle economie emergenti, spingendo al rialzo il valore delle
rispettive monete e causando la crescita esplosiva delle riserve
valutarie di tali paesi. Tale crescita ha cominciato a rallentare
verso la fine del 2010, allorché il ministro brasiliano delle finanze
Guido Mantega — combattendo, come si suol dire, la “guerra
precedente” — per primo avvertì allarmato che la politica della
Fed avrebbe potuto scatenare una “guerra valutaria”.
Il tema della guerra valutaria continua ad agitare la comunità
finanziaria, sebbene nella maggior parte dei paesi i fattori che
allarmavano Mantega non esistano più. Dal 2011, le valute dei
mercati emergenti si sono in media deprezzate del 10% circa
rispetto al dollaro, mentre il real brasiliano è sceso del 20%
circa.6 Attualmente persino la crescita delle riserve in valuta
estera della Cina —che nel primo decennio del nuovo secolo
aveva raggiunto tassi di gran lunga superiori a quelli degli
altri mercati emergenti —ha accusato un significativo calo. Il
riequilibrio globale dei flussi di capitale sta riducendo l’offerta di
credito nei mercati emergenti, frenando l’espansione economica
della regione. Si tratta di una dinamica inversa a quella osservata
lo scorso decennio, durante il quale i crescenti surplus delle
partite correnti e dei movimenti in conto capitale avevano
determinato un incremento record del credito nei
paesi emergenti.
Dato che le macchine da conio delle banche centrali non si
fermano, permane una domanda: dove si dirigerà il denaro? Le
autorità non possono certo ritenere che affluirà in blocco nei
paesi emergenti, come è avvenuto nei primi dieci anni del nuovo
Fonte: Fmi, Iif. Dati ad aprile 2013.
Fonte: Fmi, Iif. Dati ad aprile 2013.
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Fonte: FactSet, Bloomberg. Dati a maggio 2013.
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Figura 1: L’afflusso massiccio di capitali nei mercati emergenti è terminato
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Altri flussi finanziari privati netti
Investimenti diretti netti
Flussi privati di portafoglio netti
Totale flussi finanziari privati netti
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Fonte: Fmi, World Economic Outlook. Dati ad aprile 2013.
ad Uso esClUsiVo degli inVesTiTori ProFessionisTi. VieTaTo l’UTilizzo Presso il PUbbliCo.
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IL DENARO TORNA A CASA
millennio. Quello fu un periodo eccezionale di rapidissima
espansione per tutte le economie emergenti, che attirarono
enormi flussi di nuovi capitali. Il cieco ottimismo sulla crescita
di altri importanti mercati emergenti si è ora affievolito giacché
molte delle stelle dell’ultimo decennio sono ora alle prese con
seri problemi strutturali. Sembra anzi sempre più probabile che
nei prossimi anni le economie di Brasile, Russia e Sudafrica,
gravate da tassi d’investimento perennemente bassi e da
settori manifatturieri agonizzanti, esibiranno una dinamica
congiunturale inferiore alla media.7
I flussi di capitale restano tuttavia elevati e continuano a
esercitare pressioni al rialzo sulle valute di alcune economie
emergenti, tra cui Filippine, Tailandia e Turchia. Tali
pressioni sono espressione del successo di questi paesi, che
esibiscono fondamentali economici solidi e un’accelerazione
degli investimenti domestici. Il quadro si presenta dunque
nel complesso positivo, giacché è naturale che alcune valute si
apprezzino mentre altre si indeboliscano per motivi legati ai
fondamentali economici. Attratto dalla ripresa congiunturale
di Stati Uniti e Giappone, il capitale globale ha inoltre
riscoperto questi due paesi imprimendo forte slancio ai rispettivi
mercati azionari.
aumento e che superano le aspettative. Finora gran parte del
denaro proveniente da Stati Uniti e Giappone sta ritornando
nei paesi di origine, mentre nei maggiori mercati emergenti Re
Canuto non deve affrontare alcuna minaccia di inondazione.
Morgan Stanley Investment
Management8
Morgan Stanley Investment Management (MSIM), assieme alle
consociate specializzate in servizi di consulenza finanziaria, vanta
un organico formato da 558 professionisti dislocati in tutto il
mondo e al 31 marzo 2013 controllava un patrimonio complessivo
di 341 miliardi di dollari. MSIM offre strumenti d’investimento
strutturati per generare rendimenti di lungo termine superiori, un
servizio d’eccellenza e una vasta gamma di soluzioni finanziarie
dedicate a un portafoglio di clienti estremamente variegato,
tra cui figurano governi, istituzioni, grandi aziende e privati di
tutto il mondo. Per maggiori informazioni inviare un’e-mail
a [email protected] o consultare il sito www.
morganstanley.com/im
Insomma, dove si dirigerà il denaro? Il dato reale è che la
liquidità in eccesso delle banche centrali di Stati Uniti e
Giappone non deve necessariamente riversarsi all’estero. Si
dirigerà verso aree che presentano prospettive di crescita in
Fonte: Fmi, World Economic Outlook. Dati ad aprile 2013.
Fonte: patrimonio gestito al 31 marzo 2013.
Morgan Stanley Investment Management (MSIM) è la divisione di
asset management di Morgan Stanley. Gli attivi sono gestiti dai team
rappresentanti le diverse entità giuridiche di MSIM; i team di gestione di
portafoglio lavorano principalmente dagli uffici di New York, Filadelfia,
Londra, Amsterdam, Singapore e Mumbai. Le cifre si riferiscono al
patrimonio totale gestito/amministrato da MSIM.
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ad Uso esClUsiVo degli inVesTiTori ProFessionisTi. VieTaTo l’UTilizzo Presso il PUbbliCo.
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STORIE DAL MONDO EMERGENTE
ad Uso esClUsiVo degli inVesTiTori ProFessionisTi
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