Mediterraneo, l`asso non diventi due di briscola

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Mediterraneo, l`asso non diventi due di briscola
Mediterraneo, l'asso non diventi due di briscola
IL SECOLO XIX - 24 Luglio 2009
La Conferenza di Milano sul Mediterraneo si chiude con un risultato positivo perché rilancia
l'idea stessa del Mare Nostrum quale elemento imprescindibile nella determinazione degli
interessi nazionali. Ma purtroppo è stata anche l'occasione per tornare a dividere internamente
il Paese, perché Milano è stata formalmente indicata quale sede del Segretariato Economico
previsto nell'ambito degli Accordi di Barcellona. E questa candidatura è la terza che l'Italia
presenta, dopo quelle di Genova e Palermo: la prima forte della sua storica vocazione di porta
verso il sud, come della sua dotazione infrastrutturale, la seconda forte di una impareggiabile
posizione geografica e di una storica abilità nel miscelare insieme storie, genti e culture.
Insomma, proprio ora che con l'apertura del nuovo europarlamento l'intero processo di
Barcellona riprenderà la strada irresponsabilmente interrotta, il nostro Paese rischia di
autoemarginarsi per eccesso di zelo.
Il Mediterraneo è un affresco complesso, la cui straordinaria ricchezza è data proprio dalla sua
eterogeneità, come ricorda il grande storico Fernand Braudel che ne fece il centro delle sue
passioni e l'oggetto principale dei suoi studi. Quando gli chiesero cosa rappresentasse per lui il
Mediterraneo, senza indugio rispose: «Mille cose insieme», elencando il lungo corollario di
reciproche contaminazioni fra le diverse sponde, sia sotto il profilo ambientale, che umano. Fin
dall'antichità quindi, le dinamiche che ne hanno ispirato l'evoluzione si sono basate su una
composizione degli interessi, che se prima correvano a fil di spada, oggi si confrontano in
termini di strategie geopolitiche ed economiche.
La stessa Ue che ha varato il processo di Barcellona, intendendolo non solo come un'area di
libero scambio, ma anche come una naturale zona di compensazione fra un'Europa sempre più
energivora e una sponda sud sempre più affidabile nel soddisfarne la domanda, ha sempre
ritenuto imprescindibile anche un processo di reciproca contaminazione per avvicinare genti,
culture e costumi. Passata la moda che ha ispirato la retorica dello "scontro di civiltà", si scopre
finalmente che l'incontro fra i popoli e il confronto fra le loro culture può divenire il preludio di
una nuova stagione di armonia e di rispetto fra religioni, abitudini, storie e costumi.
Questo processo ambizioso, che al suo compimento vedrà la nascita di una regione con oltre
seicento milioni di abitanti, deve essere però governato e deve esprimere una strategia
condivisa, frutto inevitabilmente di un compromesso, e virtuosa nella sua capacità di far
crescere l'intera area in maniera omogenea. Ecco quindi che in questo scenario prende corpo
una competizione fra le diverse strategie messe in campo da quei Paesi che ambiscono alla
guida di questo storico processo. La sponda nord incarna tre visioni diverse rappresentate
rispettivamente da Francia, Spagna e Italia: mentre la prima conta su una supremazia
tecnologica e infrastrutturale di sistema, e la Spagna gioca la sua carta di Paese in forte
crescita, non solo economica ma anche in termini di influenza, l'Italia resta la favorita nelle
relazioni con i Paesi della sponda sud. Non solo perché non deve scrollarsi di dosso il pesante
fardello dell'eredità coloniale, che ad esempio rende la Francia ancora tremendamente
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influente, però lontana dai loro cuori, ma soprattutto perché l'immagine dell'Italia ha viaggiato
per decenni sulle gambe dei nostri lavoratori, dei nostri imprenditori, tecnici ed anche militari, i
quali si sono sempre distinti per la loro capacità di mediare, assecondare, comporre,
condividere, rispettare.
Questa percezione, largamente diffusa lungo tutto il bacino di questo splendido mare, è
certamente il nostro asso nella manica, ma deve essere giocato con cura, perché la "voglia di
Italia"è grande, proprio perché noi non siamo vissuti come coloro che impongono, ma che
propongono, non come coloro che manifestano malcelata sufficienza, ma anzi condivisione di
obiettivi, insomma partner e non azionisti di maggioranza. E potersi affermare come punto di
riferimento e di mediazione degli interessi all'interno di questo complesso, ma affascinante
mosaico, consentirebbe di saldare un patto con le future generazioni di italiani, alle quali offrire
solide prospettive di serenità sociale in un contesto allargato e di prosperità economica.
Ma siamo all'ultima mano e la politica deve decidere come giocare le carte del Paese in questa
sfida così importante e per farlo al meglio è bene che si accordi internamente per evitare di
consolidare quell'idea di pressapochismo, a volte immeritata, che ci perseguita in ambito
internazionale.
La Spagna ha candidato Barcellona e la Francia ha candidato Marsiglia, quindi si scelga una
città italiana, lo si faccia con un confronto interno anche serrato, ma con la consapevolezza che
una volta proposto il nome non si rimanga vittime del fuoco amico. Anche per sgomberare il
campo dal timore che questa competizione fratricida fra le nostre città, sia il preludio di una
versione fuori controllo del federalismo verso il quale sembriamo procedere. Le altrui
esperienze ci insegnano che il federalismo nasce come composizione degli interessi di una
comunità che gode al suo interno di vaste autonomie, speriamo quindi che questa situazione
non sia invece il preludio di una battaglia fra aree del Paese, attività prediletta dalle nostre parti,
dalla quale inevitabilmente usciremmo tutti perdenti.
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