8 luglio - Margutte
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8 luglio - Margutte
L’8 luglio è la giornata di prova di resistenza della mamma, che ha un curioso modo di dimostrare la sua stanchezza: progressivamente inclina il busto verso sinistra. Quando l’inclinazione rischia di compromettere la passeggiata, decidiamo di rientrare in hotel. In effetti la visita alla città si rivela impegnativa: partiamo alla volta del Tokyo International Forum, il fantascientifico centro congressi così definito dalla Lonely planet: ”Sembra una nave di vetro che solca le acque della metropoli (…)”. Dopo il trasferimento della sede del governo da Yarakucho a Shinjuku ovest, è stato bandito un concorso internazionale (vinto da un architetto uruguayano) per la costruzione di un centro culturale e il Tokyo International Forum ne è il risultato. Ci siamo avvicinate con il futuro presente negli occhi e una sorta di reverenza per tanta ardita bellezza, ma abbiamo iniziato la visita dalla statua di Ota Dokan, il fondatore del primo castello Edo: è il simbolo del vecchio edificio del governo ed è sistemato come se guardasse in direzione del Palazzo imperiale. Abbiamo percorso i corridoi sospesi in leggera pendenza, fino al settimo piano ed abbiamo scattato tante foto, scoprendo ogni volta un’angolazione interessante. 1 Cominciamo a verificare con i nostri occhi la compresenza di tradizione e modernità: dal Tokyo International Forum si vede la ricostruzione di uno dei primi edifici adibito ad uso ufficio, dopo la Restaurazione Meji, il museo d'arte Mitsubishi Ichigokan. Le guide dicono che sia stato creato per far rilassare impiegati e uomini d’affari durante la pausa pranzo. E’ la profezia dell’idiota di Dostoevskij adattata al toyotismo: “La bellezza salverà il mondo”. Oppure un modo per non far pesare troppo la richiesta di totale dedizione all’azienda. Dai corridoi sospesi si vedono anche i treni, dal momento che siamo vicini alla Tokyo station. Eccoli: veloci, silenziosi, puntuali, puliti e ordinati. Insomma, perfetti. Per lo scherzo di un destino con il senso dello humour sviluppato, in quei giorni al Forum è in corso un congresso sull’alta velocità: non ho resistito e ho immortalato il logo per i miei amici NoTav, dei quali condivido , del resto, la lotta. Prendersi in giro rientra nella filosofia del motto anarchico “Una risata vi seppellirà”, no? 2 Usciamo dal centro congressi e ci dirigiamo verso la Tokyo station, curiosando per le vie, cogliendo aspetti della vita cittadina decisamente inediti per noi. L’immagine più sorprendente è quella di un signore che sega un grosso blocco di ghiaccio all’interno del proprio furgoncino. Davanti all’ufficio turistico ci accolgono due mucche, residuo di una passata manifestazione di allevatori. In lontananza si annuncia la stazione giapponese più frequentata per numero di treni al giorno, secondo Wikipedia. E stata costruita agli inizi del ‘900 e presenta una singolare somiglianza con la stazione di Amsterdam. In prossimità delle strisce pedonali, sul lato opposto ci stupisce vedere un gruppetto di donne vestite con il kimono. 3 Proseguiamo la nostra passeggiata per andare al ponte Nihonbashi, parola che significa proprio "il ponte del Giappone". Costruito in legno nel 1600, è stato ricostruito in pietra durante il periodo Meji, ma ci interessa perché è il marcatore del miglio zero della rete autostradale nazionale del Giappone fin dal periodo Edo. Facciamo fatica a trovarlo, la strada da percorrere, per la mamma, si prospetta lunga: per fortuna, un signore che lavora nei pressi si offre di accompagnarci. Purtroppo negli anni ’60 è stata costruita una sopraelevata proprio sopra al ponte e la vista ne risente. Ha due tradizioni suggestive, proprio nel mese di luglio: il quarto sabato la cittadinanza lo ripulisce per bene e avviene l'uchimizu, che prevede che uomini vestiti in yukata gettino acqua sulla pavimentazione, come facevano i negozianti del periodo Edo per non far alzare la polvere. Dopo la sosta per il pranzo, ci dirigiamo verso i giardini imperiali: Wikipedia dice che si estendono su una superficie di 23.000 m² e che in passato sono stati valutati per una cifra superiore al valore di tutti gli immobili della California. Il Palazzo Imperiale, o castello di Edo, è circondato dal fossato originale. Vi si accede da porte imponenti e numerose torri di guardia si affacciano sul muro di cinta. Un tempo era la residenza dello shogunato Tokugawa, ma poi l’imperatore ne fece la propria dimora, trasferendosi da Kyoto. Leggere il romanzo storico “Musashi” di Eiji Yoshikawa ricostruisce l’atmosfera di fervore edilizio che portò Tokyo a sostituire Kyoto in veste di capitale del Giappone. 4 Iniziamo la passeggiata sotto una pioggerella che va e che viene e che rende romantica la vista di una vegetazione molto curata. Un riuscito contrasto fra la possente massicciata del castello e la leggiadria delle composizioni floreali. La passeggiata sarà lunga e non comprenderà l'ala ancora abitata dall'imperatore, che viene aperta al pubblico solo due volte l'anno: a Capodanno e per il compleanno dell'imperatore. Andiamo a zonzo senza una meta precisa: gli alberi presenti nei giardini orientali del palazzo imperiale rappresentano le province del Giappone. . 5 Immancabili i laghetti con la flora e la fauna acquatica. Questi sono popolati da carpe panciute, baffute e coloratissime. Percepiscono la presenza dei visitatori e si avvicinano al pelo dell'acqua, in una sorta di riflesso pavloviano, nonostante sia fatto espresso divieto di nutrirle. La carpa, koi, è un pesce ornamentale che “decora” gli stagni e le fontane dei giardini giapponesi. Le varietà colorate, nishikigoi (“carpa di broccato”) sono costosissime. La nota curiosa è che dai vari incroci e mutazioni della Carpa Prussiana si è arrivati al comune pesce rosso. Le prime carpe koi colorate furono mostrate all’annuale esposizione di Tokyo, nel 1914 e da allora si sviluppò l’interesse per questo tipo di pesce ornamentale. Gli allevatori di carpe koi amano definirsi “commercianti d’arte”. Esiste anche una festa dedicata a questi pesci, in onore dei quali si appendono carpe in tessuto o di carta sui tetti delle case. La leggenda le ha fatte diventare simbolo di audacia e impassibilità di fronte alla morte, qualità indispensabile per un samurai. La tradizione vuole che la carpa, nemmeno sul tagliere, tremi. Spesso viene ne viene richiesto il tatuaggio. Oltre alle ninfee ci sono gli iris: alcuni addetti, sotto una capannuccia di teli blu, si danno da fare per dividere dei cespi e trapiantarli in zone programmate, probabilmente dal "designer" dei giardini. 6 Infine il boschetto di bambù, il mio preferito. Gli edifici delle guarnigioni dei samurai a difesa dell’incolumità del loro signore, coesistono con uno sfondo di architettura contemporanea. 7 Naturalmente, questa è una minima parte dei giardini, dal momento che la pioggerella è diventata pioggia vera e propria e decidiamo di cercare l’uscita. O almeno un luogo riparato, come ad esempio il negozietto dei souvenir e delle cartoline. Ci sono anche i timbri per stampare su libri o semplici fogli di carta il logo del sito visitato. Li ritroveremo spesso. 8 Ci congediamo dal delfino stilizzato a guardia, anche lui, dell’imperatore e prendiamo la metro per tornare in hotel. Usciremo più tardi, senza la mamma, per andare all’incrocio pedonale più trafficato al mondo, a Shibuya, per questo detto anche “la mischia”. Di fronte alla stazione è stata eretta una statua a Hachiko, un cane akita, diventato famoso per il film con Richard Gere, che racconta una storia di fedeltà che ripropone l’archetipo mediterraneo del cane Argo. Non posso non andare: affronterò stanchezza e pioggia insistente per una foto accanto ad Hachiko. La statua si trova davanti alla stazione presso la quale Hachiko ha aspettato, fino alla morte il suo "padrone", che lo aveva preceduto senza che lui lo sapesse. Nei pressi della statua, il mondo. Ogni cinque minuti truppe di persone, in maggioranza giovani, attraversano in entrambe le direzioni il crocicchio che porta a strade caratterizzate da pura follia consumistica. Parte delle truppe si ferma davanti alla stazione e nei pressi della statua alla fedeltà canina per appuntamenti con altri o per digitare sui cellulari. Altri percorrono a gruppi chiacchierando o individualmente con un certa fretta , le suddette strade. In questa indescrivibile esperienza ho avuto modo di sfatare il mito della gentilezza dei Giapponesi. Se si mettono diligentemente in fila ad aspettare, quando scatta il verde, pur di passare, si fanno avanti, anche a forza di spintoni. Sull’incrocio si affacciano grattacieli che sono schermi giganti di pubblicità luminosa e chiassosissima. Sotto, un fermento di "umanità" vociante che avanza compatta verso non si sa cosa: i negozi sono un turbinio di proposte urlare da ragazzotti-sandwich. Visto, trovata la statua del cane fedele, fatte foto e fuggite. 9 In questo angolo di caos e di artificio, illuminato a giorno, tornando alla stazione della metro per lasciarmelo alle spalle, noto una statua che mi ricorda la fontana della goj di Mondovì. Mi pare un paradosso: una statua che celebra i giochi all’aria aperta dei bimbi in un’atmosfera che più artificiale non è possibile. 10 Arrivate a Shinagawa, risulta insolito, per noi, acquistare frutta e verdura come se si fosse al mercato, nell'atrio di una stazione, ma forse ci si arriverà. La cultura dei "non-luoghi" è una realtà da tempo. Accanto alla stazione di Shinagawa ci sono moltissimi negozi, anche di alimentari: la loro particolarità è l’impacchettamento di ogni merce venduta. I Giapponesi sono dei maestri nel confezionare pacchi e nell’insacchettare ogni oggetto: le borse di plastica più economiche hanno delle piccole ali per chiudere bene, al di sotto dei manici, gli oggetti contenuti. Le borse più “stilose” hanno addirittura dei bottoncini . Ecco una panoramica dell’abilità nell’impacchettare ogni oggetto in un supermercato alimentare. 11