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Vogliamo anche le rose
Anno 2007
Durata
85
Origine
ITALIA, SVIZZERA
Colore
B/N-C
Genere
DOCUMENTARIO
Specifiche tecniche 35 MM
Produzione MIR CINEMATOGRAFICA S.R.L. CON RAI CINEMA, IN COPRODUZIONE
CON VENTURA FILM E RTSI-TELEVISIONE SVIZZERA, IN ASSOCIAZIONE CON FOX
INTERNATIONAL CHANNELS ITALY CULT
Distribuzione MIKADO
Data uscita 07-03-2008
Regia
Alina Marazzi
Attori
Anita Caprioli
(voce narrante)
Teresa Saponangelo (voce narrante)
Valentina Carnelutti (voce narrante)
Soggetto
Alina Marazzi
Musiche
Ronin
Montaggio
Ilaria Fraioli
Scenografia
Gaia Giani
Trama:
La regista Alina Marazzi ripercorre gli anni della liberazione sessuale femminile e per farlo usa
immagini di repertorio, filmati in super8, immagini delle Teche Rai e della Cineteca di Bologna,
film sperimentali di Adriana Monti, Loredana Rotondo e Alfredo Leopardi, testi tratti dai diari
dell'Archivio di Pieve Santo Stefano. Non mancano lettere e conversazioni con le testimoni di
quegli anni, foto dell'epoca, fotoromanzi e riviste. Ma tutte queste immagini vengono intercalate a
tre percorsi individuali vissuti a Roma, quelli di Anita, Teresa e Valentina, che scrivono le loro
memorie nel 1967, nel '75 e nel '79. Anita viene da una famiglia borghese, si sente stretta nelle
maglie dell'educazione cattolica impartitale dai suoi genitori e si iscrive all'università proprio
quando stanno esplodendo i fermenti del '68. Teresa arriva a Roma da un paesino della provincia di
Bari per sottoporsi a un aborto clandestino. Infine, Valentina, è una ragazza politicamente attiva che
frequenta il collettivo di via del Governo Vecchio. Prestano loro la voce tre attrici, Anita Caprioli,
Teresa Saponangelo e Valentina Carnelutti, ma i volti sono quelli di ragazze dell'epoca, immortalate
in casalinghi super8. Anita, Teresa e Valentina nella pagine dei loro diari raccontano di se stesse,
della loro vita, dei loro corpi e dei rapporti con gli uomini, delle loro frustrazioni e della loro
incapacità ad esprimersi. Attraverso il loro sguardo e la loro presa di coscienza riviviamo quella
rivoluzione.
Critica:
Dalle note di regia: "Il film immagina gli eventi narrati nei diari ricorrendo a materiali di repertorio
dell'epoca, accostandoli, forzandoli ed esaltandoli in una libera interpretazione che vuole andare al
di là della ricostruzione storica per cogliere il più possibile tutta la verità emotiva e esistenziale di
cui la storia è fatta. (...) Di quanto esigeva il celebre slogan "Vogliamo il pane, ma anche le rose",
con cui nel 1912 le operaie tessili marcarono con originalità la loro partecipazione a uno sciopero di
settimane nel Massachusetts, forse il necessario, il pane, è oggi dato per acquisito. Ma le donne si
sono battute per un mondo che desse spazio anche alla poesia delle rose. Ed è una battaglia più che
mai attuale."
Ulteriore tappa di un percorso di genealogia femminile partito nel 2002 con l’indimenticabile
Un'ora sola ti vorrei, proseguito con la clausura come scelta d’amore assoluto in Per sempre,
Vogliamo anche le rose riprende un celebre slogan del movimento delle donne, coniato nel 1912
dalle operaie tessili del Massachusetts in sciopero: non solo il pane ma anche le rose, la fantasia, la
libertà. La cineasta milanese fa i conti con il femminismo, le sue parole d'ordine, le conquiste mai
definitive. Strenua nel definirsi documentarista per la libertà e i tempi lunghi di elaborazione,
prosegue la sua ricerca di “madri” simboliche. In una mescolanza di materiali di repertorio privati (i
super8) e pubblici (cineteche e archivi), di film sperimentali e rari filmati underground ma usando
anche testi scritti, come i diari dell’Archivio di Pieve Santo Stefano, le lettere o le conversazioni
con le testimoni di quegli anni, infine attraverso le foto, il materiale d’animazione, i fotoromanzi e
le riviste.
Un film di montaggio, dunque, che fa storia degli anni ‘60-‘70, anni così vicini così lontani,
andando verso esistenze consumate in una lotta interiore, oltre che nelle grandi manifestazioni di
piazza per il divorzio e l’aborto, ma ancor prima nella conquista del diritto a un’esistenza autonoma,
a un’identità che non si definisca solo in quella di moglie e madre, ancella del focolare e regina
della casa. Temi già toccati da Giovanna Gagliardo nei due capitoli di Bellissime, ma qui coniugati
anche in termini di quel prezzo personale che è stato necessario pagare per una liberazione tuttora
incompiuta e forse mai del tutto realizzabile in un paese patriarcale come è il nostro, anzi che viene
oggi di nuovo messa in discussione persino in Parlamento. Alina Marazzi non fa sociologia ma
sceglie appunto uno sguardo personale attingendo a tre diari di Pieve, rivisti insieme alla scrittrice
Silvia Ballestra. Queste tre donne, chiamate Anita, Teresa e Valentina dai nomi delle tre giovani
attrici (Caprioli, Saponangelo e Carnelutti) che hanno prestato loro la voce e le inflessioni
dell’anima, scrivono nel 1967, nel ‘75 e nel ‘79, coprendo oltre un decennio di storia dell’identità
femminile (e non solo), dalla ribellione del ’68 alla stagione del ’77 fino ai primi segni del riflusso
incombente. Anita è una donna di estrazione borghese che si sente oppressa dall'educazione
cattolica e si iscrive all’università mentre esplode il ‘68. Teresa vive in provincia di Bari e viene a
Roma per praticare un aborto clandestino con l’aiuto dell’Aied. Valentina infine è una ragazza
politicamente impegnata. Non hanno un volto ma tutti i volti delle ragazze che lottarono per i diritti
che il documentario elenca nelle sue ultime immagini. È utile, direi indispensabile per tutti
ricordarli.
Dopo aver ricostruito il rapporto mancato con sua madre Liseli, morta quando lei aveva otto anni
dopo un doloroso percorso di depressione e ricoveri in cliniche psichiatriche, passata poi attraverso
l'esperienza di Per sempre, film sulla clausura come scelta d'amore assoluto e quasi anacronistico,
(www.fice.it)
Repetitia iuvant. E così, se qualcuno (o qualcuna) ha mancato il passaggio sugli schermi di
Vogliamo anche le rase, il bel documentario - ma è molto di più - di Alina Marazzi, può rifarsi
adesso grazie al dvd che esce edito da Dolmen. Vista nel contesto del nuovo documentario italiano,
Alma Marazzi ha un talento speciale per raccontare storie vere con materiali veri. Dal ritratto
doloroso e bellissimo che ha costruito su sua madre in Un’ora sola ti vorrei a questo percorso su
venti anni che, dice lo strillo di copertina, «hanno cambiato la nostra vita». Onestamente e
affettuosamente, Alina Marazzi con questa frase rende onore a chi quei venti anni e poco più li ha
vissuti lottando, ma si riferisce anche a chi, delle battaglie di quegli anni, ha beneficiata in seguito una cosa che la cineasta milanese ripete in ogni incontro con la stampa, parlando delle cose che ha
scoperto, lei delle generazione più giovane, su quei formidabili anni. «Formidabili» anni, nel senso
vero che facevano paura, quando la contraccezione era ancora un reato, la potestà era «patria», era
accettato di delitto d'onore, non c'era il divorzio e l'aborto era un orrore da attraversare
clandestinamente.
Il percorso attraverso cui Alina Marazzi ricostruisce quegli anni e quelle vicende che avrebbero
portato a un nuovo diritto di famiglia, alla legge 194 sull'aborto, alla legalizzazione della pillola,
sono i diari di tre ragazze: Anita, che parla nella Milano del 1967 con la voce di Anita Caprioli;
Teresa, che racconta dalla Bari del 1975 con la voce di Teresa Saponangelo; e Valentina, dalla
Roma del 1979, con la voce di Valentina Carnelutti. I diari - autentici e toccanti - registrano lo
stesso senso di smarrimento, le stesse paure, le stesse inadeguatezze di fronte al sesso, ai sentimenti,
all'aborto. Bravissima nel mescolare pathos, materiali di repertorio, interviste, stacchi pubblicitari,
animazioni e testimonianze, Alina Marazzi ci offre assieme un avvincente percorso storico e uno
stato d'animo: di fronte al quale le ragazze più giovani guarderanno (speriamo) le loro madri, che
erano ragazze allora, con un occhio diverso
(Irene Bignardi, da Il Venerdì di Repubblica, 18 luglio 2008)
Partendo da tre diari al femminile contenuti in quell’eccezionale archivio della diaristica sito a
Pieve Santo Stefano, Alina Marazzi propone un’antologia selezionata dell’immagine femminile a
cavallo tra i 60 e i 70, quando le donne iniziarono a reclamare per l’appunto il pane ma anche le
rose (così si chiamava una rivista importante dell’epoca). Tre voci fuori campo (Anita Caprioli,
Teresa Saponangelo, Valentina Carnelutti) leggono i diari, il montaggio ci tuffa in un mare di
sensazioni e ci fa capire come nel periodo frettolosamente liquidato come “anni di piombo” siano in
realtà fioriti cento fiori e si sia definitivamente messo da parte un modo di essere sessisti e un
costume repressivo e oppressivo. Ci si diverte, si ride, si pensa, tra cartoni animati e testimonianze
accuratamente selezionate. E si pensa anche a quanto sia retrogrado e oscurantista pensare di
cancellare oggi le conquiste di quegli anni, sulla base di un neoconservatorismo insopportabilmente
retrogrado e moralista. Grande ritorno di Alina Marazzi al documentario che lavora sul materiale
d’archivio, dopo il personalissimo e geniale Un’ora sola ti vorrei. Vari festival, e adesso
un’importante uscita in sala. Da sostenere.
(Steve della Casa, Film TV)
Lo chiedevano, con geniale sintesi, già nel 1912 le operaie del Massachusetts in sciopero. Ora è il
titolo del bellissimo film inchiesta di Alina Marrazzi che racconta, mescolando pubblico e privato
del femminismo in Italia prima durante e dopo le conquiste civili anni 60-70 che alcuni ora
vorrebbero restituire al mittente. Attraverso i diari veri di tre donne invisibili che confidano sogni ed
incubi (una borghese dal destino segnato, una ragazza che ha abortito e una girl del ' 77) il film dal
magico montaggio a presa rapida d' inconscio, è un istruttivo viaggio nel pianeta donna attraverso
spezzoni d' epoca, interviste, chiacchiere, cartoon, spot, riuniti in armonia con stile e sensibilità non
comuni. Più che un documentario, qualcosa che ripensa ed elabora i materiali riuscendo a dare l'
impressionante ritratto della condizione femminile in un «onorato» paese che fu. Voto 8
(Maurizio Porro, da Il Corriere della Sera, 14 marzo 2008)
Note: - NOMINATION MIGLIOR MONTAGGIO E MIGLIOR DOCUMENTARIO AI
NASTRI D’ARGENTO 2008
NOMINATION MIGLIOR DOCUMENTARIO DAVID DI DONATELLO 2008
Per vedere il trailer:
http://www.mymovies.it/trailer/?id=49593
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