Dai geni mutati al letto del paziente

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Dai geni mutati al letto del paziente
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FIRC-PREMIO GUIDO VENOSTA
Brunangelo Falini
Dai geni mutati
al letto del paziente
Armando Rotoletti
Il premio che FIRC assegna ogni due anni
a un ricercatore che ha ottenuto risultati
eccellenti per i pazienti è andato
a uno degli ematologi italiani di punta
Brunangelo Falini
nel suo giardino di Perugia
I
a cura di FABIO TURONE
l giorno in cui il Presidente Giorgio Napolitano mi ha conferito il
premio intitolato a
Guido Venosta è stato
di sicuro uno dei più belli
della mia vita: essere premiato dal capo dello Stato,
avendo accanto a me mia
moglie Gabriella e le mie figlie Lorenza ed Eugenia, è
stata davvero un’esperienza
che ha lasciato il segno”: c’è
ancora un’eco dell’emozione
provata, nella voce di Brunangelo Falini. “La presenza
della mia famiglia ha avuto
un significato particolare
perché il mio percorso professionale non sarebbe stato
possibile senza il loro fondamentale sostegno”. Un percorso professionale che,
come recitano le motivazioni del prestigioso riconoscimento, è stato costellato di
“studi innovativi e creativi
“
sul genoma delle leucemie
acute mieloidi e della leucemia a cellule capellute che
hanno portato risultati concreti per la diagnosi e la terapia antileucemica personalizzata”.
UNA CARRIERA
INTERNAZIONALE
Nato nel 1951 a Perugia,
dopo la laurea in medicina e
la specializzazione in medicina interna nel capoluogo
umbro, Brunangelo Falini ha
condotto ricerche all’Università della California del Sud
a Los Angeles, grazie a una
“
IL PREMIO
borsa di studio della NATO, e
poi a Oxford, in Inghilterra,
dove ha cominciato nel 1982
a occuparsi di anticorpi monoclonali. Ai tumori del sangue comincia a dedicarsi
dopo il ritorno in Italia,
nella natìa Perugia, dove
oggi è professore ordinario
di ematologia all’Università
degli studi e dirige il reparto
di ematologia dell’Ospedale
Santa Maria della Misericordia. È lì che ha avviato diversi filoni di ricerca che lo
hanno portato, insieme al
suo gruppo, a pubblicare
sulle più importanti riviste
”
Il Premio è stato istituito nel 1996 e dal
1998 è stato intitolato a Guido Venosta,
storico presidente di AIRC e FIRC, ideatore
del premio stesso. Da allora è assegnato
con cadenza biennale a ricercatori italiani
che si sono particolarmente distinti
nell'ambito della ricerca per lo sviluppo di
mediche del mondo e a provare la profonda soddisfazione di riuscire a trasferire in
pochi anni le proprie scoperte dal laboratorio al letto del
malato.
La prima scoperta importante, per la quale ha ricevuto nel 2010 un altro premio internazionale prestigioso, il José Carreras Award,
ha riguardato la mutazione
di un gene, chiamato NPM1,
che nei malati di leucemia
acuta mieloide ha permesso
di modificare radicalmente
l’approccio diagnostico e terapeutico alla malattia.
nuovi approcci terapeutici alle neoplasie.
Accompagnato da un assegno di 50.000
euro, è stato in passato assegnato a clinici
e ricercatori del calibro di Stefano Piccolo,
Lisa Licitra, Vincenzo Bronte, Ruggero De
Maria, Lorenzo Moretta, Alberto
Mantovani, Pier Paolo Di Fiore, Fortunato
Ciardiello, Gianpaolo Tortora, Massimo
Santoro, Pier Giuseppe Pelicci e Vincenzo
Mazzaferro.
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Oggi è uno
strumento
fondamentale perché aiuta a
definire con precisione la
prognosi per ciascun malato: “Non è ancora stato trovato un farmaco mirato, ma
lo studio molecolare di questa particolare mutazione
permette di prevedere l’efficacia della chemioterapia
riservando così l’opzione
del trapianto di midollo –
che espone a rischi molto
maggiori – solo ai casi in
cui la chemioterapia non risulta efficace” spiega Falini.
“Oggi questo esame è raccomandato dalle linee guida
internazionali per la cosiddetta stratificazione diagnostica, che permette appunto
di individuare l’approccio
terapeutico più adatto a ciascun paziente”. Ma non
solo: “Grazie all’uso di spe-
Il Presidente
Giorgio Napolitano,
Umberto Veronesi
e Brunangelo Falini
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cifiche sonde capaci di individuare la mutazione del
gene NPM1 oggi abbiamo
anche la possibilità di vedere in tempo reale l’effetto
delle cure e di tenere sotto
controllo il rischio di una
recidiva dopo la chemioterapia, scoprendola in genere tre o quattro mesi prima
rispetto a quanto avveniva
in passato: in questo modo
si possono riprendere tempestivamente le cure”.
MUTAZIONI CHIAVE
L’altro filone di ricerca in
cui l’ematologo umbro ha lasciato il segno – e che gli è
valso l’assegnazione del premio intitolato a Karl Lennert, luminare tedesco dell’ematologia e padre della classificazione dei linfomi – è
quello degli anticorpi monoclonali e della caratterizzazione molecolare dei linfomi. È stato lui infatti a sco-
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prire che la mutazione del
gene BRAF è all’origine della
leucemia a cellule capellute,
che quindi può essere sconfitta con una terapia a base
di specifici inibitori. Poiché
si sapeva da tempo che lo
stesso gene BRAF si presenta
in forma mutata anche nel
melanoma, erano già stati
messi a punto e approvati
dei farmaci
mirati: “Abbiamo quindi
avviato una
sperimentazione clinica
su un piccolo
gruppo di 28 malati di leucemia a cellule capellute con
farmaci fino ad allora usati
per il melanoma, ottenendo
un risultato davvero incoraggiante: oltre il 90 per cento di
loro ha avuto un miglioramento netto e una normalizzazione dei valori ematici,
cosa che ha eliminato la ne-
cessità di trasfusioni per i
malati che dipendevano da
esse. Nel 30 per cento dei
casi, poi, c’è stata una remissione completa della malattia. Quello che è importante
sottolineare è che anche
quando la malattia non
scompare del tutto si riesce a
cronicizzarla”.
I risultati preliminari di
questa sperimentazione,
finanziata da
AIRC nell’ambito dei
Programmi 5
per mille,
sono in corso di pubblicazione ma sono già stati resi
noti alla comunità scientifica: “Nel giugno scorso abbiamo avuto l’onore di presentarli in una sessione plenaria del congresso della Società europea di ematologia” ricorda con giustificato
orgoglio Falini.
In tre casi
su dieci
la remissione
è completa
GENNAIO 2015 | FONDAMENTALE | 35