Sulle Ali Dell`Intento - Associazione ALEB
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Sulle Ali Dell`Intento - Associazione ALEB
Sulle Ali Dell’Intento Di Marco Bove Se non riesci… prova col cuore Ogni Maestro sa di essere prima di tutto un allievo dello spirito Edizioni Aleb 1 SOMMARIO PROLOGO .............................................................................. 3 In Messico ............................................................................. 48 I Toltechi ............................................................................... 69 Rientrando in Messico ............................................................. 88 Auto-Guarigione................................................................... 102 In Perù................................................................................ 114 Tornato a Roma.................................................................... 146 In India............................................................................... 151 Tornato a casa ...................................................................... 199 In America........................................................................... 206 Ora si metabolizza ................................................................ 233 Atene .................................................................................. 238 Cina Tibet Nepal India.......................................................... 240 EPILOGO........................................................................... 322 2 PROLOGO A d essere sincero il mio primo libro “Il Gioco”, mi sembra che abbia smosso un po’ di curiosità, quindi eccomi di nuovo qui a scrivere. Indubbiamente i più grandi momenti di crescita avvengono in solitudine. Vedendo le ombre che albergano dentro noi, ci si può realmente conoscere. Chi scappa dalla solitudine fugge da tutto ciò che è irrisolto. Certo forse qualcuno li fuori ci può aiutare, ma solo se siamo disposti a comprenderci nel nostro più intimo, senza nasconderci dietro false ed ipocrite maschere. Quando iniziamo a vedere chiaro capiamo di non essere mai soli, la meraviglia del mondo che ci circonda ce lo comunica nella semplicità della sua natura evolutiva. Quando questo avviene, allora, e solo allora è giunto il momento di andare tra la gente. Solo vedendo e 3 comprendendo le ombre, possiamo vedere da dove proviene la luce. Per chi non abbia letto, il primo libro “il Gioco” ricordo che è stato scritto dall'autore con un Intento specifico di “ricapitolazione”. La ricapitolazione è un’antica tecnica sciamanica per recuperare l'energia dispersa, in quel concetto spazio temporale che è il container del nostro vissuto. Il tempo e lo spazio sono la stessa cosa e noi ne rappresentiamo, in tutte le nostre forme, la macchina del tempo. Quindi l'Intento del libro è stato ricapitolare, prendendo coscienza delle esperienze fatte, trasformandole al di là del corpo emotivo in consapevolezza. La consapevolezza è l'acquisizione tramite anche l'esperienza diretta, dello spazio venutosi a creare dal rivedere un qualsiasi evento da una nuova visione,da un nuovo punto di vista non considerato in precedenza, in sintesi è un anello aperto. In questo modo cade un vecchio schema mentale ed energetico, dando spazio al nuovo 4 paradigma, il quale pervade la nostra mente costringendo l'intento, a farci fare la nuova esperienza in cui crediamo fermamente, in quanto appena ridefinita ed ampliata dentro di noi. Spesso questa esperienza è dilazionata nel tempo prima di manifestarsi, sia per la sua originalità sia per il suo contrasto nella massa critica. Ogni pensiero è già materia nell'istante in cui è formulato. La manifestazione tangibile dei nostri pensieri però passa per un processo evolutivo, a cui per la maggior parte dei casi si partecipa solo come testimone. Solo se si ha un briciolo di consapevolezza dell'essere un frammento di un corpo infinito, e che tutto è, e resta ciò che siamo in grado di osservare, comprenderemo che ciò che osserviamo siamo noi sotto forme infinite di manifestazioni, allora e solo allora si riesce ad evolversi facendo realmente tesoro di qualsiasi evento governi la nostra vita, nel bene e nel male. L'autore nel libro “Il Gioco”, in maniera molto semplice, raccontando una storia che ruota in torno alle mura 5 del San Gallo di Roma, prende spunto per mettere l'attenzione su aspetti fondamentali per la comprensione del se, come lo stato d'animo che ci governa e l'importanza di tenersi centrati in una vibrazione di cuore. Sono notevoli gli esempi che rendono palese come l'Intento muova le cose intorno a noi nel bene e nel male dei nostri pensieri. L’intento passa direttamente per i nostri occhi e lasciandolo fluire al di la delle cose, ci porta a vedere come l’energia si muove. Oggi giorno è quasi divenuto un luogo comune dire che il simile attrae il suo simile. In effetti, in un circuito free-energy, dove si sfrutta sia il campo elettrico sia il campo magnetico, inducendo una sorgente d’energia ad una bobina in rotazione e sfruttando dei condensatori senza utilizzare resistenze, accade che viene attratta la forza opposta che a sua volta riversandosi lentamente nel condensatore stesso ne rallenterà la portata massima, attraendo a se infine il polo di natura uguale per mezzo della saturazione del condensatore stesso. Questo accade per via del 6 campo magnetico indotto dalla rotazione e dal rivestimento della bobina in rame che è un materiale altamente conduttivo. A questo punto la forza si riverserà di nuovo nel condensatore, aumentando sempre più la portata della sorgente stessa. Questo modello è realizzabile con una logica non lineare ma ciclica, al di la del tempo e dello spazio, creando una spirale evolutiva di energia infinita . La scienza ce lo dimostra con la fisica quantistica e la religione con la fede. All'essere umano che incarna entrambi gli aspetti non rimane che la volontà. Beati gli uomini dotati di buona volontà disse qualcuno. Per realizzare i nostri reali bisogni, ed esprimere in pieno le nostre potenzialità e predilezioni naturali, non dobbiamo mai smettere di sognare ad occhi aperti, non permettendo mai al bambino interiore, che non è altro che un esploratore, di smettere di sognare. La semplicità, la fantasia e la purezza di quel bambino è il vero potere personale di ognuno di noi. Tendendo a definire ciò che è eternamente indefinibile, in quanto muta 7 continuamente ovvero tutto ciò che è possibile osservare, non facciamo altro che definire noi stessi, ed il limite della nostra percezione. Noi siamo il nostro corpo e possiamo canalizzare qualsiasi forma vogliamo, per questo i bambini s’identificano in vari personaggi, per prenderne le caratteristiche da cui sono attratti. Ora più che mai anche se non siamo più bambini, abbiamo sempre il bisogno di riconoscerci confrontandoci nel mondo, fino a che non faremo realmente nostri quei valori che sentiamo nella nostra parte più profonda.. Qui nasce l’esigenza di forgiare il nostro corpo energetico, dando modo allo stesso di mantenere la consapevolezza in evoluzione ed armonia con ciò che ci circonda. Ciò che veramente conta, qualsiasi forma mentis utilizziamo, è stare in armonia col processo d’evoluzione il quale realmente ci nutre e ci da la forza vitale per portare a compimento il suo stesso programma che è il perpetrarsi della vita La forza è una richiesta d’energia che perpetriamo tramite la volontà , ed è la 8 forza stessa che ci guiderà per trovare ulteriore forza per proseguire sul nostro cammino. Ogni azione compiuta, ogni pensiero, può e deve essere una richiesta di forza, così facendo agganceremo quella meravigliosa magia che spinge per farci evolvere. Evoluzione significa vita e continuità!… di certo non è morte o fine come la cultura ad anello chiuso cerca di indottrinarci, con le sue ragioni effimere. Di solito, mi viene da ridere, quando sento dire affermazioni, come quella ascoltata in una conferenza, dove una dottoressa in Fisica e Reki Master, disciplina Giapponese per l'induzione dell'energia a scopo di guarigione tramite l’imposizione delle mani e l’uso dell'intento abbinato ad alcuni simboli ed immagini, afferma con vera convinzione che gli strumenti acquisiti, vanno assolutamente usati per come vengono trasmessi. Ma stiamo scherzando?!...e l'evoluzione ?! Non ce la vogliamo mettere !?...e l'intuito personale ?!...e che poi si debba passare per 9 una forma d’ego?! E che problema c'è?!… se fosse solo un “trip” individuale, non funzionerebbe nell’oggettivo...se invece dà risultati! Allora di cosa stiamo parlando!?....come al solito ognuno cerca di confermare se stesso e lo strumento che usa, in questo non c'è nulla di male fino a che non si prevarica il prossimo, motivo per cui dico di rimanere con i piedi per terra e di non dimenticare che ciò che veramente conta è l'intento e non la forma che usiamo per pregare, è l'intento e non il rito che eseguiamo, qualsiasi esso sia, dall'accendere una candela a muovere il corpo. L'azione che noi compiamo crea un vortice, che muove dei filamenti che stanno sotto l'ombelico che ci collega con una forza che ci guida più facilmente verso la realizzazione della preghiera offerta. Questa forza nell'uomo è chiamata Volontà, e si muove a spirale come un vortice, risucchiandoci dentro tanto quanto è forte il nostro credo. Motivo per cui disciplina ed autocontrollo sono alla base di un percorso evolutivo. Solo innaffiando ogni giorno una 10 pianta e dandogli la giusta luce, la manteniamo forte e rigogliosa. Il pensiero positivo ne è il conseguente atteggiamento; è alla base di qualsiasi religione e disciplina. Questo vale per ogni nostro singolo pensiero, ecco che nasce l'esigenza di un osservatore interiore, per relazionare pensiero, emozione e manifestazione oggettiva, qualcuno disse: “così dentro così fuori”. Siamo responsabili del nostro mondo interiore, tanto quanto quello esteriore. L'energia è attenzione e l'intento ne dà la direzione ....a noi saperla seguire tenendo il cuore e la mente aperti, non indietreggiando dove cadiamo ma rialzandosi sapendo che si va tanto in basso quanto in alto. L'unico modo che abbiamo per tenere alta la nostra consapevolezza, è riprendersi continuamente l'energia dispersa, fosse anche solo con la consapevolezza del respiro, di percepire il qui ed ora senza proiettare degli inutili dialoghi interiori, forti del fatto che ci siamo e stiamo ancora giocando la nostra occasione, forse unica e proprio per questo dandogli il giusto valore fino 11 all'ultimo istante. Per sua natura la consapevolezza sale e scende continuamente per creare quel vortice di contrasto, data dal paragone di due punti di vista diversi che inevitabilmente si fonderanno, espandendo sempre più la nostra percezione della realtà. La felicità e l’amore sono uno stato d'animo, il quale si può richiamare con gran semplicità, senza dover, necessariamente passare per la realizzazione di una aspettativa, non è altro che la conseguenza di una pienezza totale dell’essere, in totale equilibrio con tutto ciò che lo circonda. Se ci bastasse il semplice fatto stesso di essere vivi e continuassimo a credere fermamente, di poter realizzare tutti i nostri sogni, allora continueremmo ad attrarre a noi la realizzazione degli stessi, come una particella attira il suo simile nell’aggregazione di una molecola. Un atteggiamento diverso non solo ci fa essere infelici, ma attrae a noi per legge di risonanza sempre più situazioni per confermare il nostro stato d'infelicità ed insoddisfazione. Non avere niente e sentire di poter 12 fare tutto!... questa è la grande alchimia, non per questo bisogna spogliarci dei nostri beni, ma spesso nella nostra cultura o religione dogmatica si. Purtroppo spesso è frainteso il reale significato di fare ciò che vogliamo, come imporre la nostra idea sul prossimo...non è assolutamente così anzi ognuno di noi, senza ombra di dubbio, realizza pienamente se stesso nell'armonia totale con ciò che lo circonda, anzi è proprio questo il nocciolo della questione, cominciare a guardare il nostro prossimo come una estremità di noi stessi. L’autorità c’impone una sorta di dittatore, ma non è rifiutandola ed imponendo il nostro dittatore interiore che andiamo oltre, bensì accettandola dandone un punto di vista più elevato, in questo modo andremo oltre il “dovere” trovandone il giusto valore, risvegliando quella vocina che è il nostro veggente interiore. Perchè giudicare o colpevolizzare? La strada giusta è comprendere e capire che il modo migliore per ottenere la pace, è la manifestazione per la pace e non contro la guerra. 13 Qualcuno disse: “Se ti colpiscono porgi l'altra guancia” è una metafora dal punto di vista oggettivo, ma dal punto di vista soggettivo, è una realtà energetica, più si parla male del nemico e più gli si dà potere...allora aprire il cuore e comprendere le motivazioni altrui, qualsiasi esse siano, non solo spesso ci fa imparare qualcosa di nuovo ma ci difende nel caso in cui quella forma ci preda dal punto di vista emotivo, cambiandone così la corrente a nostro favore. Questo accade in quanto il potere del cuore valica la nostra immaginazione muovendo eventi sottili e non, basti pensare che si è notato chiaramente che il cuore percepisce una intenzione affettiva 5 secondi prima di pensarla coscientemente, il suo ritmo cardiaco cambia in maniera evidente, proiettandosi in quello che accadrà. Ad esempio, se pensiamo di toccare una persona, 5 secondi prima il cuore già sa. Motivo, per cui si parla spesso in molte tradizioni e discipline, di arrivare a profetizzare gli avvenimenti tramite la via del cuore. Questa è la strada della guarigione e 14 dell'auto-guarigione, il tutto passa per un processo d'armonizzazione. Il potere di ognuno di noi sta nel mantenere fede in questa consapevolezza, vedendo il mondo cambiare in meglio davanti ai nostri occhi. Inizialmente a cambiare è il mondo che ci circonda, le amicizie, gli affetti, il lavoro, tutto troverà una nuova posizione di cuore, man mano il tutto comincerà ad espandersi ed a venire a contatto col sociale, qui potrà sembrare più dura, ma siamo sempre di più e la massa critica di questa “rete naturale” che si sta creando, ci sosterrà fino al compiersi del suo epilogo. Le pratiche che si possono fare?! Ce ne sono un’infinità, ognuno deve trovare la più affine a se stesso, io per quanto mi riguarda ne ho trovata una che ha reso e rende ancora ad oggi l'esperienza semplice e costruttiva. Tramite l’esecuzione di una forma fisica, contatto una matrice di luce, da cui il corpo fisico attinge direttamente informazioni a secondo l’intento espresso prima dell’esecuzione della forma stessa. In questo modo in seguito, ritroveremo la “luce”e quindi le informazioni 15 richieste e cristallizzate nel corpo fisico. A questo punto tramite l’ascolto, l’attenzione del mondo esterno e la meditazione, pian piano questi infinitesimali cristalli si scioglieranno divenendo pensieri intuitivi e lucidi alla mente razionale. In questa matrice è contenuta la consapevolezza espansa, di tutto quello con cui sono venuto a contatto, cercando sempre di unire e mai di dividere, cercando di comprendere anche li dove mi è stato più difficile. Questa forma diviene il nostro corpo energetico, il quale ogni volta che viene richiamato tramite l’Intento, passando per la ritualità di movimento o di frase, verrà a noi portandoci il massimo della consapevolezza che noi abbiamo trasferito in quella specifica impronta energetica, ridandoci il giusto centro per perseguire i nostri obbiettivi e la guarigione del corpo fisico che ne è l’intento intrinseco primario. E’ una specie di Backup della nostra conoscenza, dove l’informazione, prima è trasferita al server e poi in seguito, quando più lo desideriamo, possiamo riprenderla a nostro 16 piacimento, basta un semplice Link. Qualsiasi ritualità usiamo va bene, ciò che conta è la consapevolezza con cui compiamo le nostre azioni e l’intento che ci mettiamo, cercando di mantenere il “rispetto” e la “sapienza”, coscienti che tutto ciò che ci circonda è già pregno di un suo Intento specifico. Una ritualità interessante da praticare giornalmente, potrebbe essere semplicemente già il camminare, respirando con consapevolezza ed attenzione. Agendo, in questo modo, rimuoveremo la nostra storia personale, la quale rimane, nel tempo, imprigionata nelle nostre gambe come energia ristagnante, accumulata durante il nostro vissuto. Camminando “consapevolmente” e quindi con “Intento specifico”, quest’energia ed informazioni (luce), si muovono tramite il sistema dei tendini e della circolazione sanguigna, ridistribuendosi e portando nuove comprensioni alla mente, la quale “mente” osserva i nostri nuovi pensieri da altri punti di vista, di là dello stato d’animo di, quando gli eventi, in effetti, sono rimasti intrappolati nel nostro corpo 17 fisico, per via dello stato d’animo e delle nostre emozioni. L’energia che andremo a smuovere, non farà niente altro che risalire verso l’alto andando a sollecitare altri centri fisici od aree di consapevolezza, in cui potrebbe esserci altra energia “ristagnante”, dovuta sempre all’ esperienza, sotto forma d’informazione o luce. Ad esempio la nostra volontà, è sita nel ventre sotto l’ombellico, ed è proprio questo centro che ci connette con l’Intento. Invece lo stato emotivo, tende ad addensarsi nella bocca dello stomaco, il famoso “plesso solare”, o ancora più semplicemente il “diaframma”, il quale rimane “costretto” o chiuso dalle emozioni negative, ma si apre come un fiore che ruota, mostrando i suoi meravigliosi petali, nella accettazione e comprensione delle stesse emozioni che lo hanno “costretto” alla chiusura. Con questi due centri in armonia fra loro, finalmente si può accedere alla felicità, ed al centro del cuore che sta li ad indicarci la via mostrandoci chiaramente i nostri reali bisogni. In qualsiasi 18 occasione, possiamo lavorare sulla coscienza e su noi stessi, grazie a tutte le azioni compiute nel nostro quotidiano, sfruttandone il pensiero circostanziale e l’intento che mettiamo nel nostro agire. Inoltre anche l’interazione con le macchine ci può aiutare a muovere consapevolezza, basti pensare oggi giorno al continuo utilizzo che si fa del computer. Ad esempio il mettere in ordine, il proprio pc, sistemando cartelle e file secondo una nostra logica, ne migliorerà indubbiamente l’efficienza e le prestazioni, se vogliamo, quest’operare mettendoci una specifica coscienza, per un attento osservatore, può divenire un lavoro su se stesso e sul controllo del se, come un’immagine riflessa in uno specchio. In sostanza, sistemando il computer stiamo guarendo noi stessi ed il nostro corpo fisico. Questo concetto ci avvicina molto velocemente al forte principio che tutto è “uno” e che niente è realmente separato da noi in maniera oggettiva. Ne consegue che la realtà è puramente soggettiva, ma questo non deve assolutamente creare 19 una forma d’alienazione, bensì darci la consapevolezza, che anche noi da un altro punto di vista ne siamo solo un semplice frammento. In questa maniera possiamo comprendere in piene, leggi evolutive e circostanze che si succedono intorno a noi, senza chiuderci in visioni della realtà limitanti all’evoluzione personale. Le macchine ora mai fanno parte della nostra vita e ben “comprese” ed “utilizzate” possono aiutarci ad evolvere più velocemente. Esperienze interessanti si possono sperimentare in luoghi comuni, come quando ci spostiamo stando fermi, utilizzando una qualsiasi macchina, oppure l’ascensore che di botto ci fa provare un senso di leggerezza al di là della gravità. Insomma il nostro più grande potere è l’attenzione che mettiamo nelle nostre azioni, ricavandone sempre nuove esperienze e conoscenza. L’attenzione è energia l’intento ne da la direzione. L’intento che perseguo, è entrare in connessione con il corpo energetico della terra, per accedere non solo alle informazioni, in essa 20 contenute, ma anche e sopra tutto alle richieste che la nostra cara casa c’invia. Per rendere più comprensibile la mia esperienza ho deciso di scrivere un secondo libro, dove cerco di spiegare nel migliore dei modi, quello che appartiene spesso ad una esperienza che invece è priva di parole e profonda di semplice Silenzio e Gioia. D’altra parte è l’emozione della realizzazione che ci fa sentire felici, allora perché non rimanere sempre focalizzati su quell’emozione?!, questo vale sia per le cose che realizziamo sia per quelle che vogliamo realizzare, sicuramente è meglio un atteggiamento positivo che stare a piangersi addosso il motivo per cui non riusciamo in qualche cosa, colpevolizzando questo o quello. E’ giunto il tempo che l’essere umano riconosce a se stesso il suo potere personale, nella responsabilità e la realizzazione di se stessi e di ciò che lo circonda, comprendendo che ogni cosa è un’estensione di noi ed un riflesso della consapevolezza tutta. Per chi ha letto il primo libro, voglio togliere la curiosità di com’è 21 andata. Per quanto riguarda la pubblicazione del libro “Il Gioco”, come volevasi dimostrare, mi sono imbattuto in tutta una serie di dimensioni, dove l’unico modo per uscire in maniera visibile era in parte comprarsi quella possibilità, cedendo la maggior parte dei diritti d’autore a terzi nella speranza che al terzo libro, forse con le giuste conoscenze, si veniva meno predati. Presto fatto, essendo Presidente di una associazione culturale (sito dell’associazione: www.aileb.com), sono divenuto Editore di me stesso e con una escamotage, trovata sapientemente su internet, mi sono spedito la prima copia, by-passando anche il famoso deposito alla S.I.A.E che crea tutta una serie di vincoli, insieme alle case editrici, piuttosto che garanzie. Il primo passo è stato creare un meccanismo di pubblicità su internet, promossi l’opera dal sito stesso, che fu il primo vero passo verso l’indipendenza, già fatto anni prima, quando ebbi la forza di seguire un percorso solitario, che univa invece di dividere come spesso ci si ritrova a dover scegliere 22 nelle varie esperienze esoteriche legate a culture e tradizioni diverse. Il passo successivo è stato seguire l’energia, le cose si sono man mano incastrate da sole, una mia vecchia allieva ha aperto una libreria e così ho pensato di fare una presentazione ufficiale del libro, da qui a propormi in varie esposizioni, dovunque era possibile pubblicizzarlo, con grande soddisfazione questo mi ha portato a realizzare un altro desiderio che da anni aspettavo con grande trepidazione, ovvero il cimentarmi in varie conferenze portando la conoscenza e la mia esperienza personale. Finalmente ero pronto per condividere a livello sociale. Tra le varie cose che ho fatto in questo periodo, ci tengo in particolar modo a ricordare l’invito, di Giancarlo Bruschini, per la presentazione del mio libro all’antico borgo di Montemaggiore (vicino Fano). Insieme ad altri autori, in questo luogo immerso nel verde ci siamo cimentati nell’esposizione di libri e poesie, circondati da piazzette e vicoli acciottolati del XVI secolo. Proprio qui nel 207 a.c. 23 avvenne un episodio storico. Mentre Asdrubale avanzava minaccioso con i suoi elefanti verso la valle del Metauro, il Livio Andronico, reso libero, dopo essere stato catturato dai romani durante la guerra, scrisse un carme propiziatorio in chiave poetica che rabbonì la dea Giunone. Giove accolse quelle invocazioni poetiche e l’esercito di Asdrubale venne sconfitto. Per Livio fu l’inizio di un’importante carriera artistica e da quel momento il Senato di Roma riconobbe ufficialmente la poesia. IL valore energetico di questo luogo, è chiaramente intuibile. Ogni luogo rimane impregnato dell’energia e dell’impronta emotiva che lì si è vissuta. Ad una visione attenta del libro “ Il Gioco” si può notare, che nulla è lasciato al caso, dal corsivo della voce fuori campo, la quale rappresenta l’osservatore che ognuno di noi deve sviluppare come un giornalista obbiettivo che narra solo i fatti per come li ha rilevati, alla grande attenzione che viene data ai titoli dei capitoli, agli avvenimenti ed alle date. Il tempo è una condizione 24 legata alla percezione e all’attenzione, tanto è vero, basti notare con l’osservatore interiore che, quando l’attenzione è riversa fuori di noi il tempo trascorre velocemente, quando è riversa dentro passa lentamente. Infatti, se stiamo con una bella donna o con un bell’uomo il tempo vola, se invece li stiamo solo pensando non passa mai, eh eh eh!!!. Questo modo di relazionare gli eventi nel libro è voluto, in quanto permette di mettere l’attenzione su un aspetto fondamentale del tempo, cioè nella memorizzazione dell’evento stesso, come si fa con un diario, ma in questo caso siamo consapevoli che il nostro diario è il corpo umano, nel quale sono impressi tutti i singoli instanti della nostra vita. Si può quindi dedurre da qui che pensieri, emozioni e conseguente consapevolezza, sono impressi nel nostro corpo come un’infinità d’istanti e fotografie visibili alla mente razionale, qualora volessimo andarle a riprendere. Solo quando decidiamo di “rispolverarle”, come appunto si fa con un vecchio album di fotografie, allora e solo allora 25 rimoviamo quell’esperienza e riprendiamo l’energia dispersa, prendendo coscienza dell’evento stesso, qualsiasi esso sia, positivo o negativo. Questa tra l’altro è l’esperienza che spesso raccontano persone tornate da uno stato di coma. Inoltre consapevoli del nostro ego e dell’ego del nostro prossimo, si fanno delle vere e proprie fotografie di consapevolezza, ed energia, tra le varie ed eventuali relazioni di diverso tipo, tra i vari individui. E’ una cosa automatica che è insita nel programma stesso evolutivo del gene umano, e s’innesca in maniera autonoma, ogni volta che si va oltre l’ego individuale o collettivo che sia, permettendo all’energia di divenire pura comprensione e di ridistribuirsi in maniera armonica su tutto il corpo, portando lo stesso verso la guarigione. Andremo così di là da schemi mentali fissi, fatti su un’osservazione, di un solo punto di vista, che inevitabilmente porta alla rigidità, alla tensione e alla malattia. Si può ricapitolare qualsiasi cosa, dai sogni a tutte le interazioni sessuali, alle esperienze lavorative ai 26 viaggi ecc.. e chi più ne ha più ne metta. In alcuni centri per anziani, non a caso viene usata una tecnica chiamata, narrativa terapeutica, questo è un vero e proprio strumento di guarigione da far applicare agli assistiti. Si è notato che facendo fare alle persone un lavoro di scrittura, come un’autobiografia della propria vita, spesso avvengono guarigioni inaspettate con forti rilasci emotivi. Questo è chiaro perché l’esperienza rimane intrappolata in una memoria come in un hard–disk, nel corpo fisico fino a quando non decidiamo di andarla a riprendere o “rivedere”, magari con più consapevolezza di quella che si aveva durante l’esperienza stessa, oppure da una consapevolezza minore ci andiamo a connettere con quella che allora era un’informazione più elevata. In un caso o nell’altro, c’è il passaggio ad uno stato nuovo dell’essere, dato dalla rimozione e trasformazione dell’esperienza in qualche cosa di metabolico. In questo modo ne richiamiamo anche lo stato d’animo, rinnovandolo o riportandolo a noi nel caso in cui, nel 27 momento della ricapitolazione stessa, stiamo in uno stato di consapevolezza inferiore rispetto all’evento accadutoci in “passato”. Ebbene comprendendo questo, ne consegue che la consapevolezza sale e scende continuamente, in base alle esperienze tutte, e quindi sta a noi richiamare alcune posizioni specifiche e tenerle fisse con la giusta disciplina ed il giusto stato d’animo, che diventa appunto “l’impeccabilità del guerriero di luce”. Cosa vuol dire quest’ultima frase?!…oggi grazie alla tecnologia possiamo comprendere che la luce è informazione, basti vedere le fibre ottiche usate per la comunicazione; se quindi la luce è informazione ne consegue allora che il corpo mantenendo il ricordo mantiene l’informazione, ed ecco perché meditare vuol dire ricordare. Ma nel corpo abbiamo solo il ricordo del nostro vissuto?!...e no c’è anche il carattere il gene e quindi la storia tutta dell’essere umano del cosmo intero e dell’infinito indefinibile da dove veniamo?. Ecco allora perché stiamo ricordando!, ed ecco perché ognuno di noi, è 28 un essere incredibile e misterioso, definibile solo da se stessi o dai condizionamenti imposti. Un altro elemento curato nel libro “Il Gioco”, ad un osservatore attento, sono i quattro elementi Terra, Acqua, Aria e Fuoco, ogni elemento rappresenta una dimensione interiore, alcuni li abbiamo per nascita altri li acquisiamo nell’esperienza e nell’unione. La terra rappresenta il corpo, l’alimentazione, la concretezza e la preparazione; l’acqua, la posizione, la fluidità ed il corpo energetico che si trova e si forma subito al di la di quello emotivo; l’aria è l’ascolto lo spirito e la leggerezza d’animo; ed il fuoco è il calore l’affetto l’abbandono ed il seguire l’energia così come fluisce liberamente. Per sperimentare l’elemento, bisogna arrivare ad incarnarne le caratteristiche stesse. Ogni volta che viene lanciato un intento, un desiderio, si passa per i quattro elementi per arrivare alla realizzazione dell’intento stesso, tramite l’energia del desiderio che ne è la forza creatrice. E’ come creare un vaso, un contenitore nel quale si cominceranno a 29 riversare tutti gli elementi fino alla materializzazione dello stesso. Ovviamente, muovere consapevolezza per realizzare intenti astratti e non realizzazioni dell’ego materiale, bensì di quello spirituale, ci fa fare esperienze fuori dall’ordinario, svelandoci quei misteri che avvolgono da sempre l’essere umano. Con l’intento non si scherza, bisogna essere chiari ed impeccabili, se non si vuole rischiare di fare più danni che altro. Se desiderassi una nuova macchina, ad esempio, potrei passare per l’evento che mi si rompe quella attuale. Nell’elemento “Terra” e quindi per il nostro corpo fisico, è fondamentale l’alimentazione. Bisognerebbe aprire un capitolo a parte, ognuno di noi è diverso come lo è il nostro gruppo sanguigno, quindi già da questo si può intuire una necessità diversa per ogni individuo Comunque tutti dovremmo prendere coscienza del fatto che anche nel cibo c’è l’intento e non è plausibile alimentarsi, con cose che danno un messaggio di separazione alle nostre cellule, dovuto spesso ai trattamenti chimici a cui i cibi vengono 30 sottoposti. Questo modo di agire, dopo pochi cicli crea un seme nel quale il gene ne rimane modificato, conservando in se caratteristiche dannose per il nostro organismo. Ora mai ci sono alimenti come ad esempio il grano o lo zucchero bianco, che non dovrebbero più essere consumati e prodotti, al limite solo se mantengono una forma per lo meno integrale che comunica al corpo ed alle cellule un messaggio di unione, aggregazione e rigenerazione. La stessa alimentazione agisce sulla coscienza e lo stato d’animo, portando tramite i “cibi vuoti” depressione e stanchezza, cosa molto evidente sopra tutto nei paesi completamente soggiogati dagli interessi legati alle vendite, piuttosto che alla qualità del cibo. Sicuramente la prima e più importante cosa è cercare di imparare ad ascoltare il proprio corpo, per mangiare quello di cui abbiamo “realmente” bisogno nel momento che abbiamo “realmente” fame. Ad esempio se sentiamo freddo è un chiaro segno che il nostro ki, la nostra energia, si sta abbassando e quindi è un buon 31 momento per nutrirsi. Al contrario se sentiamo caldo e ci nutriamo pesantemente, il nostro ki diminuisce, per dare energia al processo di digestione e quindi anche la temperatura corporea si abbassa, portando conseguente senso di stanchezza o addirittura una sensazione di freddo. Nei paesi caldi, infatti, si tende a mangiare cose leggere, frutta e bevande calde, proprio perché l’energia solare ricarica notevolmente il livello del Qi (energia vitale). Da questo se ne deduce che non sempre abbiamo bisogno di mangiare in maniera costante, ma piuttosto che dovremmo far caso al nostro corpo ed alle nostre emozioni, per capire meglio ed in pieno quello di cui abbiamo veramente bisogno. E’ chiaro che dei forti stati emotivi, portano alla chiusura o all’apertura dello stomaco secondo il soggetto, ognuno deve notare i suoi e cercare di comprendersi al meglio, per meglio nutrirsi, ed imparare a distinguere la fame dalla sete, anche se può sembrare scontato, vi assicuro che non è così provate a bere alcune volte che avete fame, ed a mangiare 32 alcune volte che avete sete ma soprattutto provate a non bere durante i pasti. L’altra cosa di un’importanza “vitale” è la respirazione e la consapevolezza del respiro stesso. Solo strutturando solide fondamenta con buoni materiali, si può costruire un palazzo forte e duraturo nel tempo. Una volta che la mente è sgombra e lo stato d’animo è leggero, diventa facile “vedere”, come si muove l’energia intorno a noi e seguirne la direzione da noi stessi intentata. In questo libro ho curato in particolar modo la prefazione, per permettere al lettore di entrare il più possibile a contatto col suo essere e la sua storia personale, in modo tale che nella lettura può rispecchiare il suo vissuto, comprovando a se stesso la possibilità di riconoscersi nel mistero dell’evoluzione senza fine. Quindi a questo punto la domanda è: come accedere a questa matrice d’informazioni consapevolmente?!, iniziando così un processo di guarigione e di ricordo del se?!...la tecnologia ancora una volta può aiutarci a comprendere meglio questo processo. Un computer 33 funziona con varie memorie di diverso tipo, da quelle volatili (Ram) a quelle fisiche impresse in circuiti logici, come può essere un semplice chip, fino ad una memoria fisica vera e propria come un hard-disk. Inoltre una parte di questa memoria è utilizzata per l’esecuzione di programmi più o meno complessi, in base a questo può accadere che le risorse del computer vengono portate a saturazione e così il pc rallenta le sue funzioni o addirittura si blocca. Quindi la sua memoria è messa a dura prova, comprendendo questo possiamo chiudere dei software che in quel momento non ci servono per dare più risorse ad altri programmi, potendo così utilizzare al meglio il programma voluto. La mente dell’essere umano funziona pressapoco allo stesso modo, tra l’altro non esiste cosa che l’uomo ha creato, che non sia uno specchio di se stesso e del suo mistero. Il silenzio interiore diviene il mezzo tramite il quale si può accedere a tali informazioni, a questa incredibile matrice di luce che tutto sa e tutto permea. Possiamo, rallentando i nostri pensieri, accedere alla 34 possibilità di riutilizzare risorse per espandere la consapevolezza al corpo, così facendo, quelle specifiche informazioni si muoveranno verso la possibilità di metabolizzarne l’intento dalla meditazione stessa, divenendo lucide alla mente in un processo completo d’introspezione e riscontro esterno. Il primo e più importante Intento è l’auto-guarigione, perché solo con un corpo sano possiamo arrivare a sperimentare la possibilità d’espanderci oltre i nostri limiti imposti. Per questo motivo, tutte le persone più illuminate sono state anche precursori per l’evoluzione, e spesso sono ricordati anche per le loro grandi qualità di guaritori. Il corpo ha una sua consapevolezza propria, e lasciando libera l’energia di fluire ed espandersi in esso, senza opporre schemi mentali, gli si dà la possibilità di muovere la guarigione verso la giusta direzione psico - fisica ed emozionale. Funziona come se versassimo acqua su una strada con delle buche, l’acqua in automatico andrà a colmare le buche, senza bisogna che nessuno 35 glie lo dica. Ovviamente ci sono due fattori importanti, la quantità d’acqua e la profondità delle buche. Il tutto, a questo punto, dipende dalla capacità del conduttore che trasporta l’acqua. L’uomo è continuamente un conduttore naturale di tali informazioni, il compiere tale azione per se stessi o per gli altri è una potente forma d’auto–guarigione, ne ergo che la fiducia o fede ne è un elemento indispensabile, in quanto solo lasciando andare la mente, con i suoi dubbi, possiamo arrivare a quello stato d’abbandono totale, dove smettiamo di pensare e cominciamo ad osservare, percepire, e sopra tutto intuire. Ripeto, all’inizio è pura consapevolezza corporea, ovvero impariamo a portare la nostra attenzione, volontariamente in varie aree specifiche del corpo. Imparare ad ascoltare intenzionalmente alcune parti specifiche del nostro corpo, con il semplice desiderio che questo avvenga, portandoci semplicemente l’attenzione mentale o con “esercizi” o respirazioni “mirate”, fa si che con il tempo e la 36 costanza, diveniamo finalmente consapevoli di muovere una realtà oggettiva, d’informazioni lucide alla mente e “nutritive” e “rigenerative” per il corpo fisico e le sue eventuali problematiche. Ecco perché in molte culture, si usano tecniche meditative per portare l’attenzione della mente in aree specifiche del corpo, proprio per risvegliare un certo tipo di consapevolezza o ancora più semplicemente per il riequilibrio e la buona salute. I famosi sette chakra indiani, in corrispondenza le relative sette ghiandole endocrine che regolano i flussi vitali del nostro corpo, ne sono uno esempio incalzante che permette a diverse culture, apparentemente contrastanti tra di loro, di unirsi in un unico linguaggio che mira alla conoscenza ed al buon all’utilizzo della stessa. In sostanza possiamo, volendo, comunicare con qualsiasi organo, ghiandola o cellula esistente in natura organica e non, se in più a questo aggiungiamo la conoscenza dell’uso delle piante, la medicina tradizionale cinese e l’uso della conoscenza dei cinque elementi, le varie conoscenze 37 sparse per il globo e nella storia dei popoli antichi, cominciamo ad avere un quadro chiaro e completo su tutto questo. Saturandone il perché si può finalmente lasciare libera la mente razionale, accedendo consapevolmente all’altra, la quale è intuitiva e percettiva, si crea un punto di partenza dove il nostro ego è saturo, lasciando così che l’energia fluisca in modo auto-consapevole, senza il dubbio che ci ottenebra. La nostra mente diventa come un faro che ci indica la strada, e siamo noi a decidere quando accenderlo e quando spegnerlo. A forza di lavorare in questa direzione, si arriva a sperimentare altre dimensioni, reali e tangibili quanto questa, o ad avere dei deja-vu risvegliano spazio capacità temporali, latenti in sostanza, nell’essere si umano trovandone il centro in un punto del cuore, dove il desiderio non è più ricevere, ma dare, sempre in relazione con l’energia che ognuno ha per sostenere tal esperienza, come ogni cosa, anche qui dipende dalla pratica, dall’Intento e dalle predilezioni naturali 38 di ognuno di noi. Ad esempio, per chi si occupa di guarigione, è possibile mandare energia a distanza ed in momenti diversi legati alla linea spazio-temporale ordinaria. Per esempio potremo pregare, meditare, o semplicemente dedicare la nostra attenzione alle azioni quotidiane, con l’intento della guarigione nostra o di qualsivoglia essere vivente. Tra l’altro potremo vedere tramite il nostro fare giornaliero, un'altra situazione esterna a noi, vedendone varie sfaccettature in un gioco di specchi riflessi sulla coscienza. Gli antichi per profetizzare il futuro usavano riti al quanto crudi, come ad esempio osservare le interiora di un animale, in realtà quello che conta è la domanda che ci poniamo, dopo di che rimane l’osservazione e l’intento. Il tempo ad esempio rimane una delle più grandi illusioni della mente umana. Basti pensare che il tempo è uguale allo spazio diviso la velocità di movimento. Istintivamente una mente logica lineare, è portata a pensare che più velocemente ci muoviamo e più tempo abbiamo a disposizione. In realtà è l’esatto 39 contrario, basta provare a dare dei valori numerici all’equazione, più aumentiamo la velocità in un determinato spazio e minore sarà il valore numerico finale del tempo. Da questo se ne deduce che più lento è il movimento nello spazio, e più grande è il valore numerico del tempo. Più alta sarà la nostra attenzione e concentrazione in un punto, e più tutto tenderà a rallentare intorno e dentro di noi, creando così una contrazione consapevole del tempo stesso. Agendo in questo modo, riusciremo consapevolmente, ad evitare l’inevitabile dilatazione del tempo, dato dalla nostra mente inconsapevole, come ad esempio avviene nell’agire di fretta senza essere presenti a noi stessi ed al nostro battito cardiaco, il quale è l’unica grande verità che ci ricorda continuamente che siamo vivi qui ora in questo unico reale istante, così altresì fermeremo l’intero mondo intorno a noi per un attimo eterno, di verità e consapevolezza. A questo punto tutto diviene possibile, come ad esempio quello che è chiamato “lo spazio delle variabili”, ovvero intentare 40 un dettaglio diverso da quello che si sta presentando d’innanzi ai nostri occhi, come il famoso parcheggio che non si trova, oppure il traffico da dover affrontare in macchina, o una brutta giornata di pioggia, o ancora l’essere visibili o invisibili a chi lo si desidera. Possiamo cambiare la realtà, d’innanzi ai nostri occhi, variandone una sola costante, facendo così collassare l’universo interiore su quello esteriore, pensando di cambiare coscientemente anche solo un semplice particolare. Questo può avvenire direttamente nell’azione, oppure nell’intento del pensiero costante, abbandonandone però l’ossessione emotiva, la quale ci preda, allontanandoci dalla realizzazione del desiderio stesso. In realtà, l’unica grande verità è provare l’emozione della realizzazione, anche se ancora non ne vediamo il risultato, questo fa si che il più velocemente possibile, il pensiero prendendo l’energia dell’emozione, tende a far collassare nella materia, la realizzazione dello stesso desiderio innanzi ai nostri occhi increduli, tanto più sarà grande il nostro credo e 41 le nostre emozioni, tanto più il potere creativo ne sarà una pura conseguenza osservabile. Si è sempre pensato di non trasmettere tali conoscenze alla massa, per l’uso inconsapevole che ne potrebbe fare, ma in realtà è un falso pericolo, in quanto appena la conoscenza è utilizzata solo a scopo egoistico, in automatico la consapevolezza ridiscende, rendendo tutto ciò solo un’illusione della mente, in quanto il ritorno al bisogno di soddisfare i nostri desideri o svolte personali, ci fa perdere la connessione con la fonte, perdendone così l’uguaglianza di forma, in questo modo ci auto-prediamo l’energia ed il potere personale, dovendo rifare tutto il lavoro da capo, per far salire di nuovo la volontà e la consapevolezza, ritornando così alla sofferenza ed alla tristezza causata sempre dal nostro ego. L’uguaglianza di forma è un elemento fondamentale su cui mettere fermamente l’attenzione. Gli esseri umani restano incompatibili fra di loro se non c’è uguaglianza di forma e d’intento. Motivo per cui è inutile perdere tempo, a cercare di 42 comunicare con chi non ha almeno sviluppato un vero desiderio di comprensione spirituale, al di la della materia, sviluppando così un centro nel cuore consapevole, la persona finalmente comincerà a “vedere” ed a “comprendere” oltre i vecchi paradigmi, trovandone in questo gioia e felicità fuori e dentro di lui. La mente razionale o lato destro, rappresenta la capacità di memorizzare informazioni, che nella definizione delle stesse, ci permette di sperimentarle nella percezione del corpo e della materia organica. La mente rappresenta delle posizioni che creano la realtà per come la vediamo, per come c’è stato insegnato a vederla e per com’è. Una chiave d’uscita per spostarsi dal lato destro a quello sinistro, è proprio dire o pensare la frase “Non lo so”, in questo l’energia ridiscende verso il basso permettendoci di realizzare ciò in cui si crede, senza creare contrasto interiore od esteriore. Questo vuol affermare che quando definiamo una qualsiasi “ragione” con noi stessi o con il nostro prossimo se non ammettiamo allo stesso 43 tempo la verità assoluta che oltre a quello che vediamo in quel momento, “non sappiamo” cosa c’è o cosa ci potrà essere, oltre il punto di vista che stiamo definendo, l’energia rimarrà nell’ego ed in quanto tale non si muove dal soggettivo all’oggettivo, ossia non tende alla manifestazione e realizzazione condivisibile ed armoniosa con tutto l’universo, bensì resterà in parole povere, una verità schizofrenica o strettamente individuale. Anche in questo libro ho sviluppato delle chiavi criptiche di ricerca nel libro stesso, come ad esempio le parole tempo, mente, ed attenzione, sono parole ricorrenti dove, ogni volta, vi sono delle chiavi d’apertura verso nuovi paradigmi sviluppati sulla sensibilità dei vari lettori e dei loro diversi linguaggi di comprensione, dettate dalle loro stesse predilezioni, ovvero dei preziosi semi da custodire ognuno nel proprio cuore; ce ne sono di diversi tipi,.. ad ognuno la scoperta del suo!. Qui di seguito svolgo una relazione d’alcuni miei viaggi, a specifiche conoscenze del luogo, legate al 44 mistero dell’uomo ed alla sua evoluzione. L’intento che ho messo in ogni viaggio, è stato di assorbire la consapevolezza del luogo con il corpo fisico, e metabolizzarla in seguito direttamente dal corpo stesso, con la meditazione o ricapitolazione che in sintesi può essere la stessa cosa. Il viaggio in Messico è stata una conseguenza di un risveglio e di una forte ed irrefrenabile passione verso il mistero ed il potere, che si cela in tali antiche culture che hanno vissuto in quei luoghi. Solo in seguito ho intuito che si poteva fare anche l’esatto contrario, ovvero viaggiare in luoghi terrestri specifici, meditando in maniera statica o dinamica in quei luoghi, come si può fare col corpo fisico, con un intento specifico, per esempio risvegliare la conoscenza intrappolata nel nostro stesso gene o legato alla storia ed all’energia del luogo che si visita. Sicuramente qualcuno potrà obiettare, affermando che non è strettamente necessario viaggiare fisicamente per risvegliare la conoscenza assopita dentro di noi, ed io mi trovo perfettamente in 45 accordo sia perché ognuno definisce e tende a seguire le proprie inclinazioni naturali, e sia perché so bene che lo spazio stesso è una mera illusione dell’interpretazione della realtà legata alla percezione così come è strutturata, ma questo non toglie il fatto che siamo e saremo sempre degli eterni esploratori, e che tutto ciò per me resta immensamente stimolante e divertente. L’atteggiamento della conoscenza, deve sempre essere incarnato in uno stato d’animo positivo, ed aperto nel cuore e nella mente. Solo osando e lasciando andare i vecchi schemi si può realmente sperimentare l’ignoto, permettendo ai nuovi paradigmi di entrare a far parte della nostra vita, mantenendo di base quello stato d’animo che io chiamo il “Gioco”, senza il quale esplorando in questa direzione, si rischia d’imbatterci in mondi e dimensioni peggiori di quello da cui si cerca di fuggire. Questo accade proprio perché non si riesce a comprenderne il vero significato, e per sua natura o meglio per nostra natura, queste dimensioni 46 si continueranno a manifestare a noi fino a che non espanderemo noi stessi, oltre il limite della ragione, ritrovando finalmente la ragione stessa nei nostri cuori. 47 In Messico I l viaggio in Messico, senza ombra di dubbio, è stata una conseguenza della lettura di tutti i libri di Carlos Castaneda e della pratica della tensegrità (www.cleargreen.com). Nel momento in cui ho iniziato a desiderare di visitare col corpo fisico i luoghi di cui avevo tanto letto, si sono cominciati ad incastrare una serie d’eventi, i quali mi hanno portato a seguire l’energia senza necessariamente organizzare un viaggio in maniera logica razionale, ma una semplice con conseguenza dell’Intento seguito determinazione e giocosità. Incontrai persone con lo stesso obbiettivo, e così ogni cosa pratica diventava un’onda armonica con tutto ciò che mi circondava. Ricordo che, la prima cosa fondamentale fu quella di trovare un biglietto d’andata e ritorno per Cancun, entro un certo prezzo a me accessibile. La seconda cosa necessaria, fu incontrare una giusta compagnia per affrontare un viaggio di questo tipo, dove non si sa 48 nulla se non il punto di partenza e quello di ritorno, il resto si può improvvisare al momento, ognuno mettendo del suo. Venne così a crearsi un gruppo di 6 persone, tre uomini e tre donne, ognuno di noi con caratteristiche diverse, ma tutti con una gran sete d’avventura. Pochi giorni prima di prenotare il viaggio, ricordo che mi si ruppe la macchina, la guarnizione della testata bruciata! Nooo!… Valutando la cosa da un punto di vista razionale avrei dovuto rimandare il tutto, ma l’entusiasmo e la magia di ciò che stavo vivendo mi fece rischiare senza preoccuparmi del domani. Spesso ci troviamo a fare delle scelte, ed ascoltare il cuore non è semplice. Questo fu solo l’inizio di una serie d’eventi che mi avrebbero sempre incalzato, a fronte della possibilità di realizzare un progetto. Il limite del denaro è il motore con il quale la sociètà, involutiva, controlla le menti e le emozioni dell’essere umano. Ovviamente c’è sempre una giustizia divina che dona ad ognuno noi, quello di cui realmente ha bisogno, per 49 comprendere al meglio quello che non ha, il lavoro di una vita per arrivare a superare il limite imposto dall’ambiente. La destinazione fu Cancun nello Yucatan, per poi raggiungere, io e la mia compagna, gli altri quattro componenti del gruppo, i quali partirono alcuni giorni prima con destinazione Isola Mujeres. L’isola è chiamata così, letteralmente l’isola delle mogli, perchè su di essa le donne Maya celebravano il culto della Dea Ixchel, protettrice del mondo femminile e propizia alla fertilità. Ricordo ancora con immenso piacere il porto di Puerto Juarez da dove si prendeva il traghetto per giungere all’isola, dove ci aspettavano i nostri compagni di viaggio. Sembrava di stare dentro un gioco della Luca Arts tipo Monkey Island,…canzoncina diffusa vicino alle imbarcazioni, con tutte le strutture in stile Caraibico!….biglietteria sprovvista di bigliettaio, ops!…stava semplicemente dormendo sdraiato su due sedie…eh si!... Benvenuti in Messico!... qui tutto rallenta e prende i colori del luogo. Arrivati sull’isola 50 vedemmo subito che i nostri amici stavano totalmente in relax e godimento, tra sole e cervesas (birra locale)…Allora senza indugiare pieno d’entusiasmo proposi di partire subito il giorno dopo per andare a visitare le piramidi Maya. Stefano che già c’era stato anni prima, “perdendocisi” per alcuni mesi, si fomentò subito coinvolgendo la curiosità di tutti, con un progetto che ci portava fino a Tikal in Guatemala, risalendo per il Chiapas passando per Merida la città dell’argento, fino a giungere a Chichen Itza, importante complesso archeologico Maya, qui si trova una tra le più importanti piramidi messicane, la piramide di Kukulkan e il tempio dei guerrieri. La piramide è il più celebre osservatorio astronomico risalente al periodo Maya, al suo interno vi è una scala a chiocciola che conduce ad un ambiente con sette aperture rettangolari. La struttura, è stata edificata in più periodi, ha una forma circolare tipica dell’architettura Maya. Le quattro porte, situate in cima alla scalinata, sono posizionate in corrispondenza 51 dei quattro punti cardinali. Ci sono alcuni particolari che presentano chiaramente influenze architettoniche Tolteche, come la volta a mensola, i mascheroni, il serpente piumato e le teste dei guerrieri. Nella parte superiore c’è il simbolo del dio del cielo Quetzatcoatl. Si pensa che la piramide voglia rappresentare il calendario Maya, infatti, il numero degli scalini 365, ciascuna facciata ha 52 pannelli lisci e altrettanti sono gli anni della ruota del calendario, come le settimane di un anno, le nove terrazze sono divise da una scalinata centrale tale da formare 18 terrazzi, quanti sono i mesi Maya nell’Anno Vago, inoltre usavano anche un calendario sacro con base 13 e con 20 nomi associati ai giorni e da tutte le combinazioni possibili risultavano 260 giorni. Comparando il calendario civile con quello sacro, profetizzavano il futuro con un terzo calendario osservando dal micro cosmo il macro cosmo, al di là del tempo e dello spazio. I Maya ci lasciano testimonianza, nelle loro opere, del loro grande mistero e della loro improvvisa dipartita, senza 52 lasciare alcuna traccia, sono stati indubbiamente un popolo che nell’osservazione del piccolo e delle stelle compresero l’immenso. Oggi si sta di nuovo, entrando in una fase in cui l’essere umano prende sempre più consapevolezza che cambiando l’interno, il cambiamento stesso si manifesta inevitabilmente all’esterno. Questa è l’unica cosa saggia, di cui prendere atto, invece di dibattersi inutilmente cercando di distruggere un muro che molto spesso siamo noi stessi a creare. Ad esempio, se stiamo andando ad un appuntamento e ci dobbiamo spostare in macchina e siamo leggermente in ritardo, secondo i nostri calcoli, è inutile affannarci ad accelerare il nostro movimento, bensì è di gran lunga migliore il fatto di mantenere l’attenzione su un pensiero che è una soluzione e non un problema, per esempio: “sicuramente troverò parcheggio facilmente! Perché quello che ho fatto fino adesso, andava fatto per arrivare all’appuntamento, nel migliore dei modi, e per sincronizzarmi con chi sta lasciando un posto auto, nel 53 luogo in cui mi sto recando”. Per risonanza, la nostra mente, si predispone a farci trovare al posto giusto nel momento giusto, al di là del nostro pre-concetto spazio-tempo. In fin dei conti, pensare positivo al di là del corpo emotivo, diventa un fatto strettamente pratico, per ottenere il risultato voluto. Questo esempio vuol far riflettere il lettore, su quanto è importante ed antica la consapevolezza del tutto è Uno!. Sulla Piramide detta “El Castillo”, nel sito archeologico di Chichen Itza, è possibile vedere, grazie ad un gioco di luci in un determinato periodo dell’anno, sul lato dello scalinato Nord, un’immagine simile ad un serpente piumato. Questo accade ogni anno dal 19 Marzo fino al 21, durante l’equinozio di primavera per tre giorni avviene al tramonto una proiezione solare serpentina, sette triangoli di luce capovolti, questo è il risultato delle nove piattaforme che formano l’edificio e che ne proiettano l’immagine grazie alla posizione solare. Secondo la cultura Maya 54 questo è un fenomeno di carattere religioso, dove il Dio Kukulkàn, in questo periodo, feconda la terra ed offre agli uomini la possibilità di una nuova semina. La piramide resta un’indiscutibile prova, a testimonianza della gran civiltà che ha elaborato tale meraviglia. All’interno del sito c’è uno Sferisterio, al cui interno era praticato il gioco del Pok-a-Tok ossia il gioco della palla. All’estremità del campo ci sono due templi, uno dedicato al Sole ed uno alla Luna. Il campo da gioco rappresentava la terra e la palla, il sole, perciò se la palla cadeva, durante il gioco, era come impedire al sole di risorgere dalle tenebre. Per questo motivo, il giocatore colpevole era “eliminato”. Le squadre erano formate da sette giocatori e si potevano usare gomiti, polsi, cosce e mani, la palla pesava più di 5 kg ed era fatta di cauciù; qualora uno dei giocatori riusciva a far punto, vale a dire far passare la palla attraverso degli anelli, aveva diritto a tutti i vestiti e gioielli degli spettatori, i quali dal loro canto rischiavano tutto, solo per il gusto di vedere chi 55 a sua volta metteva a rischio la propria vita, per ciò che loro già possedevano. Questo particolare ci fa riflettere sullo stato d’animo con cui i giocatori scendevano in campo, a fronte del rischio solo economico degli spettatori stessi. Nel viaggio che ci stavamo accingendo a fare avremmo potuto visitare e vedere con i nostri occhi, questi e molto altri luoghi, legati ad usanze e leggende di questa misteriosa terra. Il giorno dopo, infatti, partimmo alla buon’ora verso Tulum e le Calagne di don Armando, luogo interessante dove sostare, che mi aveva consigliato il ragazzo dell’agenzia dove avevo trovato il volo; diceva che, visti i miei interessi, lì non era difficile trovare anche degli uomini di conoscenza o Sciamani, per fare esperienze con le piante di potere. Sinceramente non era questo che mi allettava, in quanto credo che un’esperienza del genere sia molto più complessa di un semplice trip, di com’è spesso visto dagli Occidentali. Certamente fu però un valido 56 motivo per far muovere il sedere dall’idilliaca isola ai compagni di viaggio. Decidemmo in ogni caso, di comune accordo, che alla fine del tour che ci avrebbe portato fino in Belize e Guatemala, di tornare sull’isola per 4/5 giorni per rilassarsi. Il giorno dopo il nostro arrivo, eravamo già in movimento. Abbiamo subito fatto amicizia, con i classici acquazzoni, presenti abbondantemente in questi luoghi in questo periodo dell’anno (settembre-ottobre). Dopo neanche 20 minuti di forte pioggia e vento, il sole tornò a brillare nel cielo più forte che mai. In effetti, da buoni europei eravamo gli unici a preoccuparci e a ripararci dalla pioggia, addirittura un gruppo di bambini che giocavano a palla, in mezzo alla strada semi asfaltata, continuarono a giocare come se nulla fosse, asciugandosi sotto al sole, al termine dell’acquazzone. Dopo un breve viaggio col traghetto, un pulman fino a Cancun ed un altro pulman arriviamo alle Calagne di Don Armando a sera inoltrata. Eravamo visibilmente stanchi con i nostri zaini in spalla e provati anche 57 dall’alto tasso d’umidità. Una curiosità particolare del Messico, è che in alcune zone non esistono treni, quindi gli spostamenti si effettuavano solo con mezzi propri, affittati, o pulman turistici o locali. Appena arrivati alle Calagne, degli uomini ci accolsero vicino ad una sinistra capanna adibita a bar, offrendoci birra e quanto altro avessimo voluto. Dopo una breve chiacchiera in un maccheronico spagnolo, ci ritrovammo con in mano lenzuoli piegati e candele per farci luce all’interno di capanne adibite a dormitorio. L’esperienza di dormire in capanne sul mare, senza corrente elettrica, le cucarace giganti (scarafaggi) che giravano per le abitazioni, per non parlare delle zanzare, fece si che eravamo in piedi pronti per la partenza all’alba, come si dice.. di necessità si fa virtù! e sopra tutto con le ragazze del gruppo che tra l’inorridito e lo stizzito, non vollero sentire storie, l’unica cosa era scappare da quel luogo il più velocemente possibile. Dal mio canto me l’ero goduta, dormendo a lume di candela, col mio impareggiabile 58 pigiamino, cosa che mi costò non poco. Infatti, la mattina seguente mi svegliai con forti pruriti alle gambe, una cinquantina di punture di zanzara erano li pronte ad ossessionarmi per giorni. Fortunatamente, grazie a pomate e foglie del posto, mi sono salvato da un’infezione del sangue quasi certa, come venni a sapere in seguito da gente del luogo, per non parlare del prurito che ho dovuto alleviare continuamente, con l’unico rimedio naturale possibile, ossia il limone. Allora, praticavo già delle forme di guarigione su me stesso e il problema delle zanzare, ha fatto sì che praticassi continuamente l’induzione dell’energia. Questo mi è stato molto utile, in quanto sapendo agire con delle tecniche per spegnere la mente non sentivo il corpo, permettendo allo stesso di guarire più velocemente, senza martoriarmi grattandomi a rischio infezione. Dopo alcuni giorni, le zanzare ed il prurito non erano più un gran problema, se non dal punto di vista estetico. Di buono in questa esperienza c’è che inconsciamente, per via del problema che avevo, ho 59 iniziato a muovere energia, cercando continuamente silenzio interiore in tutta una serie di posti particolari, legati ad un popolo che a sua volta era legato a questi luoghi misteriosi. Come più avanti si capirà chiaramente, i luoghi sono fondamentali bacini per raccogliere e scuotere la nostra energia, ed il riconoscerne la consapevolezza ci permetterà di arricchirci continuamente. La successiva tappa fu Tulum; splendido sito archeologico a picco sul mare, la cosa più evidente era sempre, da parte di quest’antico popolo, la loro gran conoscenza delle stelle, rispecchiata sempre nelle loro costruzioni. Il sole in determinati periodi dell’anno segnava l’alternanza delle stagioni, passando attraverso dei fori a ridosso delle costruzioni stesse, in un gioco di luci ed ombre, indicando a chi le osservava, il momento per intervenire sapientemente sui raccolti e su tutte le attività ivi legate. Negli spostamenti facemmo molto affidamento nel risolvere direttamente sul posto, il problema dell’alloggio e del mezzo da prendere per 60 continuare il viaggio il giorno successivo. Era quindi indispensabile e divertente, parlare direttamente con la gente, cercando supporto e consiglio. Trovammo, in alcune occasioni, sistemazione anche a casa delle persone stesse a cui chiedevamo informazioni. Dietro un irrisorio pagamento, mettevano a disposizione stanze nelle loro stesse abitazioni, ed a volte proponendosi anche di portarci, con i loro mezzi, alla prossima destinazione, tutto ovviamente a prezzi notevolmente più bassi delle classiche soluzioni turistiche, che tra l’altro non erano sempre presenti. Il viaggio proseguì fino a Tikal, centro archeologico Maya, sito nella foresta del Guatemala. Dovemmo passare per il Belize e non in tutta tranquillità. La strada era percorribile, ma non asfaltata e passava per l’entroterra, mostrandoci paesaggi di campagne sterminate ed isolate, dove all’improvviso si vedevano uomini armati di macete (sciabola locale) in mano o nei cinturoni, agli angoli degli incroci, che sembravano fare la guardia a qualche cosa, anche la 61 persona apparentemente più pacifica girava col macete a tracolla. Durante il viaggio, poco prima del confine col Guatemala, abbiamo vissuto una scena a dir poco paradossale. Salirono sull’autobus un gruppo di indigeni locali, i quali cominciarono a sbraitare nel loro idioma prima verso l’autista e poi verso di noi, dicendo ad alta voce frasi sconnesse. Niente di preoccupante, dopo un po’, a gesti e mostrandoci la moneta locale, capimmo che volevano farci cambiare i soldi in nero, la cosa buffa è, che arrivati al confine, gli stessi scesero dall’autobus frettolosamente, ed andarono a ricoprire varie posizioni di lavoro in quello che doveva essere un fatiscente ufficio doganale. Ovviamente per loro era un modo per guadagnare qualche spicciolo con i turisti, ed indubbiamente stavano aspettando appunto il pulman diretto a Tikal, che sapevano sarebbe passato da lì a poco. Arrivammo agli alloggi adiacenti al sito archeologico a sera inoltrata, trovando posto tutti insieme in una stanza per sei persone, tempo di posare gli zaini e via tutti a 62 mangiare…ovviamente pollo alla brace!. Qui un altro episodio ci fece riflettere, ovvero il grande rispetto che hanno da queste parti per la natura, in ogni loro gesto e comportamento. Infatti, durante la cena più volte chiedemmo fazzoletti di carta per pulirci le mani, ma ce ne portarono solo uno a testa, anche dopo averli chiesti per più volte. L’uomo che serviva al tavolo ci spiegò che per loro la carta è sacra come gli alberi, motivo per cui bisognava esserne parsimoniosi nell’uso, non usarne al di la dell’indispensabile, in modo che lo spirito della terra, Gaia, ci avrebbe protetto perché noi a nostra volta lo rispettavamo e lo proteggevamo. L’indomani ci alzammo presto, entusiasti di visitare il sito archeologico in mezzo alla foresta, prendendo di comune accordo una guida che parlava un misto di Spagnolo ed Italiano. Questa ci portò all’interno della giungla pluviale, con le scimmie urlatrici che accompagnavano il nostro cammino. La guida notò che ero spesso distratto nel toccarmi continuamente le gambe e di conseguenza 63 dall’isolarmi dal gruppo, per praticare delle forme energetiche, in modo da placare l’enorme fastidio che avevo a causa delle punture di moschitos. MI ERA PRESO UN ATTACCO DI PRURITO INSOPPORTABILE! E NON AVEVO CON ME NEANCHE IL LIMONE. Così fu proprio la guida, incuriosita dal mio comportamento, a consigliarmi di strofinare sulle gambe delle foglie secche che raccolse da terra di una pianta di cui non ne ricordo il nome, disse che erano utili per alleviare il prurito e togliere il rossore causate dalle punture. Incredibile! In un attimo le bolle da rosse divennero rosa, lasciandomi libero da quel fastidioso prurito, potendomi così godere anche io l’incredibile panorama che si prospettava d’innanzi ai nostri occhi, mentre lentamente ci addentravamo all’interno della giungla. Ovunque c’erano piramidi Maya e templi sia riportati alla luce sia ancora ricoperti dalla vegetazione stessa. Ci spiegò appunto la guida, che il governo Guatemalteco preferiva lasciare le cose così, piuttosto che divenire una colonia degli 64 stati uniti accettando finanziamenti per rimuovere la vegetazione dalle rovine. Bastava vedere come già all’ingresso del sito archeologico c’era in bella mostra un distributore di lattine di coca cola, figuriamoci se investivano sugli scavi, sarebbe divenuta la solita zona super monitorata e sfruttata commercialmente, perdendo quell’incredibile alone di mistero e di selvaggio che ancora qui regnava sovrano. Nel gruppo, vi erano altri viaggiatori che si erano uniti a noi nell’escursione. Tra loro ricordo una ragazza che veniva dal Cile, dove aveva fatto volontariato presso un ospedale per tre mesi, ed ora… era li con noi e chiedeva alla guida se fosse possibile rimanere a passare la notte su una piramide nella giungla, la guida sorridendo gli disse : “Come vuoi, ma non scendere dalla piramide a terra, la notte girano puma e tigri ma di solito sulle piramidi non salgono”. Ci raccontò che ogni tanto, capitava che qualche turista, si perdeva nella giungla e qualcuno addirittura non veniva più ritrovato, ne vivo ne morto. La ragazza 65 affermò che era un atto per affrontare le sue paure; avrà avuto non più di 22 anni, in effetti, la ragazza, al tramonto si trattenne nel sito archeologico su una delle piramidi più alte, mentre noi ci accingevamo a rientrare. Sulla via del ritorno, carico dell’energia di quest’episodio e della ragazza stessa che aveva spostato, col suo fare, tutti i componenti del gruppo, senza farmi notare…vicino al lodge, mi arrampicai su una piccola ma abbastanza alta piramide, non aveva i classici gradoni praticabili come scalini, ma comunque accessibile con un po’ di spirito d’avventura, per chi volesse ammirare il panorama dall’alto. Arrivato su mi accorsi subito che c’era si e no lo spazio per sedersi tenendosi a circa 50 cm dai bordi, incrociai le gambe e mi sedetti; davanti a me si stagliava all’orizzonte uno spettacolo incredibile, tutta la foresta pluviale in tutte le sue direzioni, la piramide emergeva esattamente subito sopra gli alberi. Chiusi gli occhi lasciandomi avvolgere dai profumi e dalle sensazioni che provavo, non passò molto che iniziai a sentire fischiare forti le 66 orecchie ed ad avere la netta sensazione di cadere, aprii gli occhi di scatto e vedendo ovviamente che ero li seduto, di nuovo, li richiusi e subito ricominciò il forte fischio alle orecchie e quella forte sensazione tra il cadere ed il vedermi dall’alto. Il tutto intorno mi attraeva in maniera così forte, che solo chiudendo gli occhi percepivo una parte del mio corpo come se si separasse da me, lasciandomi quella sensazione di sdoppiamento che spesso ritrovavo nei miei sogni. Il vero anello di congiunzione tra ciò che stavo vivendo e quello che è stato tutto il percorso che mi ha portato in Messico, era proprio in quella dimensione di “sogno” che si è risvegliata in me e che stavo ricapitolando da quando avevo letto i libri di Carlos Castaneda. Nelle letture dei suoi libri, trovai finalmente delle risposte concrete a tutta una serie d’esperienze che tenevo ben custodite nella normalità di una mia attività onirica intensa e celata al mondo. All’improvviso potevo ricollocare, tutta una serie 67 d’esperienze come una chiara conseguenza di semplicità, consapevolezza ed energia. 68 I Toltechi I Libri di Carlos Castaneda sono basati sul racconto dell’apprendistato, di un uomo pregno della cultura occidentale, con appunto una mentalità prettamente logico razionale, e un indiano Yaqui che gli fa da maestro, sconvolgendone continuamente la visione e la percezione del mondo che lo circonda. Carlos Castaneda laureatosi in antropologia, si recò in Messico alla ricerca di uno stregone che gli insegnasse l’arte e l’antica conoscenza sull’uso delle piante di potere lo trovò in un indiano Yacqui dal nome di Don Juan, indubbiamente ne rimase coinvolto totalmente, a tutti i livelli. Un transfert molto interessante, dei suoi libri, è la molteplicità dei personaggi in cui il lettore si può identificare. Questo avviene ovviamente in tutti i libri, dove c’è un maestro ed un allievo. Inoltre c’è un terzo personaggio, Don Gennaro, il quale, in seguito, 69 si scopre essere l’insegnante del lato sinistro, che è la comunicazione e la percezione della realtà, tramite il silenzio interiore e l’agire muovendo consapevolmente il corpo energetico o sognante. Inevitabilmente ogni discepolo si arricchisce di conoscenza a lui prima oscura, che gli permetterà nel tempo, di poter essere sia apprendista sia guida, una volta fatti suoi gli insegnamenti ricevuti, potrà a sua volta condividerli, quando ne verrà il tempo, con chi lo spirito, gli indicherà come prescelto. Dico lo spirito, quando intendo non il nostro ego, ma una serie di segnali inequivocabili, che insieme con una chiara e particolare conformazione energetica, ne indica la persona, come un soggetto adatto e predisposto alla conoscenza ed ai rischi che ne consegue. La conoscenza che Don Juan trasmise al suo apprendista, fu dovuta unicamente dalla conseguenza di una serie di segnali, appunto inequivocabili, dello spirito che indicava in Carlos Castaneda un potenziale Nagual, ovvero una forma energetica particolare per poter 70 sostenere tutta una serie d’insegnamenti, che travalicavano la concezione di realtà che ci circonda. Lo stregone agisce sull’allievo, muovendo la forza della natura ed usando a supporto, piante di potere somministrate all’apprendista stesso, qualora ce ne fosse bisogno, per interrompere quello che è definito il così detto “dialogo interiore”, in altre parole l’interpretazione della realtà così com’è innanzi ai nostri occhi. Questo agire, permette la comprensione della conoscenza trasmessa a vari livelli, permettendo di fare reale esperienza di una sapienza antica di 10.000 anni ed oltre. Alcune piante contengono delle sostanze, che somministrate all’apprendista, muovono una consapevolezza particolare, la quale ci permette di vedere chiaramente, lì dove ve n’è la coscienza, quella dimensione che è chiamata “astrale” dagli orientali ed inconscio collettivo o individuale da noi occidentali. Il periodo storico a cui fa spesso riferimento, Don Juan è da lui stesso associato al popolo dei Toltechi, i quali vivevano nel nord del Messico ed erano detentori di 71 consapevolezza totale. Questa consapevolezza veniva “vista”, come una patina color violetto che ricopriva la totalità del corpo. Nel gioco della consapevolezza, è possibile salire degli scalini o solchi, dove ogni volta viene compressa talmente tanto la nostra vita, o storia personale, da far accendere notevolmente i nostri filamenti luminosi, permettendo così, quello che viene definito “Fuoco dal profondo”, ovvero il passaggio al solco successivo mantenendo la consapevolezza di quello precedente, questo atto viene visto come una morte del nostro vecchio essere ed una rinascita allo stesso tempo. Nel nuovo solco non si scorderà più la consapevolezza conquistata con gran fatica e fissata nel nostro più profondo dell’essere, anche grazie all’atto stesso di resistere appunto al duro passaggio da un solco all’altro. Per esempio, la possibilità di vedere il colore dell’aura, è la pura conseguenza della consapevolezza e degli stati mentali che ne derivano. Nel color viola vi è la consapevolezza della relatività del tempo e dello spazio, inoltre è il colore del 72 perdono e della purificazione in poche parole brucia il carma. Ad esempio basta pensare che oggi con i raggi ultravioletti purificano i bisturi o le condotte dell’acqua, addirittura è stato notato come le gravidanze legate alla nascita dei maschi sia legata all’esposizione dei padri ai suddetti raggi in quantità abbondante, inoltre fin dall’uscita delle lampade al neon (che sono realmente dannose alla solute) hanno voluto farci pensare che tale gamma di raggi sia dannosa alla salute, invece l’esposizione al sole o ai raggi ultravioletti non solo elimina il carma ma anche le patologie emotive e virali. Nel blu c’è la predisposizione alla guarigione ed all’apertura del terzo occhio ed è il colore della bontà d’animo, nel rosso o rosa chiaro tendente al verde, vi è una posizione di cuore e di solidarietà con conseguente sviluppo alla creatività, nel bianco c’è una posizione lucida della mente in armonia con tutto quello che ci circonda, nel giallo e quindi nel plesso solare o diaframma che sia, vi è la forza del distacco e 73 dell’abbandono, nel verde la forza di volontà, nel nero vi è una posizione riversa completamente nella materia e nell’ego ed infine nel grigio regna padrone il dubbio. Per via di uno sviluppo egoistico di tale consapevolezza ed energia, la razza umana, è arrivata alla sua perdita quasi totalmente, relegandoci all’illusione di un mondo limitato a ciò che è, per com’è descritto, divenendo letteralmente cibo di vibrazioni molto basse, lontane dal cuore e dalla solidarietà. Un antico lignaggio sparso in ogni angolo del mondo, il quale si è fatto carico di esserne il custode fino ad oggi, ora sta condividendo e portando la consapevolezza, in ogni dove ed in ogni forma comprensibile, ma tutte quante, con un unico intento in comune, conoscere realmente se stessi, nel nome della libertà ed il rispetto per la vita. Questo permetterà al genere umano, di evolversi in un nuovo popolo, che abiterà la terra e sarà chiamato e ricordato col nome del “Popolo dell’Arcobaleno”. Il nome sarà acquisito per la sua incredibile capacità di saper come 74 manovrare la luce, il lato destro ed il lato sinistro nell’intento del tutto è “Uno”!, la guarigione, la libertà totale e la felicità di ogni individuo, ne sarà l’evidente risultato. Amando noi stessi possiamo domare l’unico reale predatore che è dentro di noi. Fin quando non lo riconosceremo, ed impareremo ad amarlo, proietteremo all’esterno la responsabilità delle nostre azioni. Finalmente quando diverremo responsabili, allora e solo allora, entreremo nella meraviglia della vita giocosa, lasciando dietro di noi finalmente il significato della sofferenza, come un ricordo che sbiadisce nel tempo e non più come una condanna, ma anzi come qualcosa che c’è servito per indicarci la giusta via e per non rilegare di nuovo le nostre vite all’illusione puramente materiale. Secondo i Toltechi o “uomini di conoscenza” solamente un perfetto equilibrio, tra i due aspetti della percezione ovvero il , “Tonal” e il “Nagual”, permette di vedere una parete che separa i due lati, come una 75 porta nascosta che si apre in un terzo scompartimento segreto. Solo quando si apre questa porta si può finalmente sperimentare la “Libertà”, è chiamato rispettivamente “Tonal o lato destro” tutto ciò che riguarda l’ordinario, la cultura e le definizioni dell’uomo, invece “Nagual o lato sinistro” tutto ciò che appartiene al non ordinario, quindi percezione del corpo energetico, il doppio, spirito o altro. Tutto ciò che appartiene all’ego ed al materiale, di conseguenza non è spirituale, anche lo stesso pregare per se stessi o per qualcun altro, se il fine e l’intento per il quale si prega appartengono al mondo materiale, per quanta elevata la cosa possa essere, non appartiene allo spirituale. Ciò nonostante bisogna dire che soprattutto pregare per gli altri è un primo passo verso lo spirito, dove ci mettiamo nelle condizioni di dare invece che ricevere. In pratica è impossibile definire ciò che è spirituale, lo spirito è ciò che permette il compimento della materia, ma non la materia stessa. Lo possiamo identificare in uno stato d’animo, un pensiero un 76 emozione, la quale è sempre una carica energetica che se trasformata e direzionata o offerta allo spirito, inteso come un vaso spirituale che ha l’intento di dare e non di ricevere, questo ci dona la “volontà” necessaria, come forza che ci permette di percepirlo in maniera astratta ed allo stesso tempo funzionale, con una chiara sensazione benefica sul corpo sulla mente e su tutto ciò che ci circonda, inondando tutto di luce mostrandoci chiare e nuove informazioni. L’essere umano per com’è strutturato e educato è fatto solo per ricevere, e fino a che non verranno saturate tutta una serie di necessità materiali, non inizierà mai coscientemente a desiderare un contatto realmente spirituale, quindi non si creerà neanche il vaso che permetterà alla luce di entrare dentro di noi, portando ivi nuovi insegnamenti, paradigmi e la conoscenza necessaria per intraprendere un vero viaggio di natura spirituale. Ad un osservatore attento, è chiaro che il mondo è costruito innanzi ai nostri occhi per distrarci continuamente, in modo tale da far si che l’interesse 77 individuale al di là del materiale, avvenga nella vita di ognuno di noi, il più tardi possibile, quando l’energia a nostra disposizione non è più sufficiente per tirarci fuori da questa assurda illusione. Cultura e religioni dogmatiche, ne sono il massimo responsabile. Ciò nonostante c’è da dire che rivolgere l’attenzione e la consapevolezza stabilmente sul lato sinistro, può divenire una trappola peggiore delle attrattive della vita quotidiana, a causa del mistero e del potere che ne sono connessi. Proprio per questo diventa essenziale affinare i due fondamentali centri, che sono la “ragione”, connessa alla parola e situata nella testa, e la “volontà” connessa alla percezione e situata subito sotto l’ombellico. Secondo gli antichi “Toltechi” per giungere alla consapevolezza totale, e quindi ad un uso totale del nostro “corpo energetico”, dobbiamo prima di tutto riequilibrarlo. Per fare questo, è necessario aprire dei cancelli, in aree specifiche di consapevolezza site nel nostro corpo. Il primo “cancello” si trova nella pianta dei piedi, alla base 78 dell’alluce, il secondo è nell’area che comprende i polpacci la loro parte interna fino alle ginocchia, il terzo si trova nella zona degli organi sessuali e dell’osso sacro, il quarto e più importante si trova nell’area dei reni (curiosità: anche nella cultura Indiana questo punto è di vitale importanza ed è chiamato Kundalini, un’energia rappresentata da due serpenti, i quali stanno arrotolati fra loro e dormienti fino a quando non sono risvegliati, cominciando così a risalire pian piano verso l’alto ed aprendo aree di consapevolezza e canali energetici utili all’uomo, permettendogli così comprensione e guarigione), il quinto punto, anch’esso di fondamentale importanza in quest’epoca per la sua particolare funzione d’unione, è situato in mezzo alle scapole ed è legato al cuore, il sesto è alla base del cranio e il settimo sulla sommità del capo. Per lo “Sciamano” o Tolteco, chiunque intraprenda la via della conoscenza, diventa un guerriero che va incontro ai suoi reali nemici ovvero le paure ed i suoi dubbi col giusto stato 79 d’animo. Per fare questo è necessario affinare due tecniche, una è l'arte “dell’Agguato” che consiste nell’avere un’attenzione totale delle nostre azioni quotidiane, vedere dove è la nostra attenzione e quindi dove fluisce la nostra energia e come si percepisce il mondo e noi stessi in relazione con questa. L'altra, d’eguale importanza, è l’arte del “Sognare”: ovvero affinare delle tecniche prima per il raggiungimento e poi per l’utilizzo consapevole del corpo energetico o sognante. Una tecnica fondamentale per acquisire energia sufficiente per il “Sognare”, è la ricapitolazione della nostra vita, è un esercizio di distribuzione dell’energia d’eventi belli o brutti, vissuti, sognati, esperienze lavorative, interazioni sessuali, viaggi, amicizie e tutto ciò che ci può venire in mente, associandoci una specifica tecnica di movimento della testa da sinistra a destra espirando, e da destra a sinistra inspirando mentre si visualizza tutto ciò nei minimi dettagli. La tecnica si può eseguire anche in maniera libera lasciando che sia il 80 corpo stesso ad indicarci ciò che è necessario ricapitolare, l’importante è mettersi lì e iniziare a respirare. Per lo “Sciamano” è importantissimo liberarsi della propria storia personale, in quanto ci tiene ancorati a vecchi schemi energetici che ci tengono intrappolati, quando ora mai non ci servono più per evolverci, liberandoci da questi daremo spazio a nuovi paradigmi che a loro volta saranno ricapitolati in seguito. Ricapitolando si va a riprendere l’energia ferma in quello spazio e in quel tempo stesso, permettendo ad oggi di ridistribuirsi in modo naturale nel corpo, dandoci reale energia e la giusta “fluidità” nell'agire quotidiano, questo aumenterà notevolmente la nostra capacità di “Sognare lucidamente ”, inoltre, quando si raggiunge il giusto equilibrio e la giusta quantità di energia, si avrà la capacità semplicemente con un respiro di spostarsi rispettivamente dal “corpo sinistro” al “corpo destro” e viceversa, a seconda dell’esigenza e della situazione. Potrei andare avanti per molto a parlare del mondo scoperto tramite i libri 81 di Carlos Castaneda, i passi magici e la meraviglia delle persone che ho incontrato, ma è ovvio che le parole restano tali, e solo una gran passione e dedizione possono darci la vera spinta necessaria per esplorare l'ignoto con il giusto stato d’animo, senza prenderci troppo sul serio, in quanto il giudizio appartiene esclusivamente al centro della “Ragione”, facendoci perdere di vista così l’equilibrio indispensabile per affrontare invece tale cammino. Solo ad oggi riesco a vedere con lucidità, quali sono gli elementi chiave di tale esperienza. Grazie al libro di Tensegrità, ed alla pratica degli esercizi stessi, da solo ed in gruppo, sono riuscito a comprendere il concetto di muovere energia con intento, usando il corpo ed associandone respirazioni e posture. Fu proprio questa consapevolezza di ritualità nel corpo stesso, che in seguito mi permise di continuare ad esplorare altre discipline senza separarle, in container distinti, ma unendo tra loro le varie scuole di pensiero e riconoscendone una matrice in comune. Il primo e 82 più importante Intento da tenere a mente è la guarigione, perché solo con un corpo forte e sano si può esplorare l’ignoto, per questo motivo mi sono preoccupato in tutti questi anni, di seguire una conoscenza specifica sparsa in ogni dove, nelle varie culture e discipline, ho sperimentato e ricercato tecniche dove l’intento era il recupero energetico, tramite respirazioni, movimenti, posture e meditazioni. In sintesi sono tutte ricapitolazioni spontanee, fatte col corpo, creando un risveglio di consapevolezza presente in e memorie bloccate. L’energia, ognuno di noi quando viene opportunamente stimolata e veicolata, porta notevoli miglioramenti al nostro corpo. Gli esercizi, stimolano in modo tanto efficace i diversi sistemi energetici che i risultati non si fanno attendere e sono subito percepibili a chi li pratica. Il livello energetico sale subito con rapidità incredibile, ancora di più se si pratica in gruppo. Fin dai primi movimenti si proverà un gran senso di benessere perché la stimolazione del 83 corpo energetico, aiuta ad aumentare le nostre vibrazioni in modo tale da poter dissolvere quelle vibrazioni e tensioni così poco funzionali al nostro organismo. In tal modo, di giorno in giorno, con una buona disciplina ed autocontrollo, si riesce ad accrescere la nostra energia a tal punto, d’avere sempre più forza vibrante per vivere una vita felice e soprattutto equilibrata. Così facendo, eliminiamo subito l’immobilità provocata da depressioni e indecisioni varie, e siamo in grado di sentire e percepire nell’immediato, la nuova forza prodotta dalla gran quantità d’energia che abbiamo subito a disposizione. Eseguire determinati movimenti con un determinato intento, rafforza il campo dell’aura la quale invia segnali di forza all’esterno e forza vitale al corpo fisico. Il miglioramento della salute e la forza, sono creati dalla percezione cellulare di nuovi piani d’energia. Le cellule cominciano a lavorare come se fossero parte di un corpo vibrante giovanile. Gli esercizi sono così perfettamente sviluppati, che tutti i 84 sistemi di regolazione del corpo sono stimolati; per esempio le ghiandole endocrine, i sistemi regolatori del sistema circolatorio, i meridiani e così via. Questo tipo di rafforzamento del corpo, lo ringiovanisce al livello biochimico degli enzimi e degli ormoni. Tutti sanno che l’attività ormonale, influenza fortemente la nostra sensazione di benessere e persino la nostra stabilità emozionale. In queste pratiche, il respiro svolge un ruolo fondamentale, quindi bisogna stare attenti a respirare con il giusto ritmo e con la dovuta attenzione. Respirando, permettiamo al corpo di immettere energia pura, il massimo bene della vita. Sicuramente il respiro è una buona soluzione all’invecchiamento precoce, ed alla nevrotica vita quotidiana. Con questi movimenti e respirazioni, non dobbiamo imparare difficili esercizi e ciò nonostante iniziamo a conoscerci meglio sui piani più profondi della nostra funzione fisica e della verità corporea. Il corpo spirituale domina quello fisico, se noi eseguiamo i movimenti con concentrazione totale, 85 diciamo chiaramente al corpo fisico quello che vogliamo: forza vitale vibrante, senza età. Se partecipiamo attivamente alla vita del corpo, ci liberiamo dalla disperata sensazione di essere guidati da una terribile forza esteriore, che ci rende altrimenti impotenti spettatori, di fronte all’invecchiamento ed alla morte. La nostra capacità di raggiungere lo stato di benessere desiderato, è ampiamente promossa; Se il messaggio al corpo è chiaro, quest’ultimo reagisce. Il corpo non decide mai d’essere vecchio o debole, avviene perchè la coscienza perde il coraggio di confrontarsi con la realtà spesso molto faticosa. Paura e pigrizia sono gli strumenti della vecchiaia che incalza. Noi torniamo alla vitalità, quando superiamo la pigrizia, cominciando a rimuovere nuovamente quelle fibre, a noi tanto care, che stanno sotto l’ombellico e sono la nostra reale volontà. Le vibrazioni generate dai movimenti associandone l'intento, distoglie la nostra attenzione dalla paura infondendoci così coraggio e forza lucida d'agire. Tra 86 l’altro la Paura e la rabbia attirano una certa forma inorganica specifica, la quale si nutre della nostra consapevolezza ed energia, solo stando in uno stato vigile di attenzione consapevole, si può “percepire” o addirittura vedere, comprendendo che quando lottiamo con un nostro simile, per paura o per rabbia, in realtà stiamo entrambi nutrendo le nostre “ombre”. Solo una gran disciplina ed autocontrollo, permetteranno di alzare il nostro livello energetico, da questa trappola così ben studiata. Con la pratica di questi movimenti e posture si riuniscono il corpo fisico, emozionale ed energetico in un punto che sperimenteremo come il nostro nuovo centro, trovando finalmente un forte rispetto per tutto ciò che rappresenta la vita e noi stessi. 87 Rientrando in Messico A ll’alba della mattina dopo dell’escursione al sito archeologico, avevamo appuntamento con un contadino, con il quale il giorno prima avevamo preso accordi per tornare in Messico. Il percorso consisteva in due parti: prima 7/8 ore di strada completamente sterrata, per raggiungere un fiume di confine, per attraversarlo a bordo di piccole piroghe a motore, massimo due tre persone per volta, per via della forte corrente, raggiungendo così, nella riva opposta la regione del Chiapas in Messico. Il contadino ci accompagnò con una specie di pulmino, con vetri notevolmente scheggiati per via dei sassi che schizzavano continuamente sugli stessi, durante i vari spostamenti da un paese all’altro lungo strade quasi completamente sterrate, per non parlare dei sedili a dir poco scomodi. Effettivamente ci mise meno del 88 previsto, circa 5-6 ore di strada, tagliando in due la regione del Guatemala fino ad arrivare puntuale all’appuntamento al confine, dove solo entro una certa ora era possibile attraversare il fiume. Il viaggio fu tumultuoso per via delle buche e dei sassi, ma ci diede la possibilità di vedere uno scorcio interessante dell’entro terra, contadini che lavoravano la terra vicino le loro capanne, donne che lavavano i panni nel fiume, bambini sorridenti buttati a giocare in mezzo al fango ed agli animali d’allevamento. Durante il viaggio ebbi modo di riflettere sulle loro reali condizioni e sulle nostre, chi stava meglio?!, chi era più reale ed in armonia con l’ambiente?!, tutto sommato più abbiamo e più vogliamo, fortemente dettati da un continuo senso d’insoddisfazione, immersi nel continuo caos e confusione totale, in disarmonia con la verità che governa le leggi della nostra reale natura, circondandoci di abitudini e luoghi che non permettono l’auto riflessione, ponendo di conseguenza forti limiti alla crescita dell’individuo; 89 mentre nella semplicità viene spontaneo porsi domande e cercarne le risposte nel vedere “oltre”. Tu! Proprio tu che stai leggendo cosa ne pensi?, forse non è vero che la nostra energia va li dove mettiamo la nostra attenzione?!.. se è così allora ognuno di noi può sicuramente rivedere alcune delle proprie abitudine, e notare chiaramente come il mondo possa prendere una nuova piega direttamente e volontariamente sotto i nostri occhi. Cambia te stesso,… cambia il mondo! La traversata del fiume fu veramente emozionante, sballottati dalla forte corrente di un piccolo tratto di fiume, che ci mostrava chiaramente la sua forza naturale. Ci vollero almeno 40 minuti per attraversarlo, spostandoci in direzione opposta alla corrente, guadagnando pochi metri alla volta su movimenti in diagonale, col motore al massimo della potenza, non raramente, capita che si rompono i motori e la barca va alla deriva. Fortunatamente andò tutto per il meglio. Al d là del fiume, ad attenderci per 90 i soliti controlli di routine di confine, trovammo diversi militari armati fino ai denti immersi nel verde, dislocati al di fuori di una specie di capanna adibita ad edificio e circondati da vari animali come pavoni, cani, e galline che gironzolavano in totale libertà, sicuramente per noi un’immagine insolita. Rientrati in Messico, la destinazione concordata dal gruppo fu Palenque, ma prima d’arrivare al famoso sito archeologico nello stato del Chiapas, dovemmo fare un’altra sosta per via delle grandi distanze e delle strade poco accessibili. In effetti, i turisti solitamente da Tikal, per rientrare in Messico, prendono un volo interno. Dopo varie discussioni Simona ed io decidiamo di continuare per via terra, mentre gli altri componenti del gruppo decisero di prendere un aereo per Cancun, accelerando così il ritorno ad Isla Mujeres, per potersi godere mare e riposo. Il destino volle che non ci fossero voli disponibili per alcuni giorni, ed il prezzo era anche notevolmente alto, quindi per non perdere tempo e denaro inutilmente, si 91 proseguì tutti insieme il giro come da programma. Sostammo in un tranquillo paesino di confine, dove ci dissero che li vicino si poteva visitare l’isola della meditazione. Bene! Pensai che il viaggio continuasse nella giusta direzione. L’isola fu veramente particolare, regnava un incredibile silenzio, era ricca di colori ed animali esotici, ne approfittai per entrare in contatto con la natura, nel modo in cui la stessa ci avvolgeva, non c’era alcun bisogna di fare esercizi per entrare in meditazione profonda, tutto era una conseguenza della forza e della bellezza del posto. Il grande potere della meditazione è il silenzio interiore che ne deriva e che ci permette di vuotarci dell’inutile, per ritrovarci dopo, in un nuovo stato, dove siamo realmente presenti a noi stessi a 360 gradi. Il giorno dopo riprendemmo il viaggio verso Palenque, un sito di medie dimensioni che conteneva tra le più belle opere che i Maya abbiano prodotto, tra le quali spicca per bellezza e chiarezza, l’ormai famosissima pietra tombale che rappresenta un uomo, apparentemente 92 seduto su un sedile ai comandi di un veicolo, da cui fuoriescono delle fiamme (alieno uomo delle stelle?). Sfortunatamente non calcolammo bene i tempi, ed arrivammo al sito archeologico 5 minuti dopo la chiusura. Disdetta! Pensai che bisognasse in ogni caso dare un valore a quella tappa. Mi misi a parlare con chiunque incontravo, dal tassista al venditore ambulante, per sapere se da quelle parti c’era qualche sciamano o Curandero, sentivo che c’era oltre a quello che turisticamente potevamo fare. Alla fine, più di una persona c’indicarono nel nome del Corallito il tipo di personaggio che forse cercavamo. Ci facciamo lasciare da un tassista lungo una strada principale che portava all’aeroporto dove, a detta dello stesso passando oltre una rete metallica e proseguendo a piedi per alcuni km nella vegetazione in direzione ovest, potevamo trovare la persona in questione. Ci siamo accordati col tassista per rivederci lì dopo circa un paio d’ore, anche perché ora mai era pomeriggio inoltrato. Dopo una ventina 93 di minuti che camminavamo in un terreno semi-paludoso, con le zanzare che ci ronzavano intorno e le ragazze che si lamentavano per l’assurdità della cosa e della fregatura che avevamo preso, finalmente davanti ai nostri occhi si paravano due grandi capanne, con tutto intorno un terreno pianeggiante, di cui una parte era coltivata ed accudita da varie persone impegnate in lavori rurali. Chiedemmo a loro del Curandero e ci fecero accomodare in una delle due capanne… la più piccola. Fuori la capanna più grande, notammo chiaramente in bella vista un’antenna satellitare, era chiaro che la tecnologia fosse oramai arrivata a fondersi ovunque, anche con le tradizioni più conservatrici. Il Corralito era un vecchietto molto cordiale e simpatico, dall’aspetto gracile ma con due occhi particolarmente luminosi che spiravano fiducia. Ci spiegò che lui lavorava per alcune aziende farmaceutiche del posto che erano impegnate nella ricerca contro la leucemia. Il Corallito usava un metodo particolare di lavorazione del serpente Corallo 94 per estrarne un prodotto che vendeva a queste società, le quali lo avevano contattato anni prima dopo aver sentito delle testimonianze d’alcuni indios guariti miracolosamente dalla famosa malattia del “sangue”. Ci spiegò che usava mischiare con la pelle del serpente varie piante, ne derivava così un processo lungo e meticoloso, in quanto legato a varie tipologie di piante che crescevano in diverse stagioni dell’anno, ed ognuna andava raccolta e lavorata al momento della fioritura. Comunicando, con lui, in uno spagnolo molto “leggero”, capì che la sua conoscenza era tramandata da padre in figlio. Io mi aprii a lui parlando d’energia e misteri legati ai luoghi, ed alle antiche conoscenze delle piante stesse. Mi disse molto chiaramente di tornare da lui nel mese di Maggio, dove mi avrebbe ospitato e portato a visitare la tomba di un famoso curandero Maya, alla quale ci si poteva accedere solo tramite una grotta a lui nota, e che al momento non era accessibile per via delle forti piogge, inoltre affermò con una certa sicurezza che solo 95 andando a visitare questo luogo, ancora ad oggi, molte persone avevano ricevuto doni di guarigione e chiaroveggenza. Ecco! Si era fatto tardi e dovevamo proseguire il nostro viaggio sulla via del ritorno. A quante pare rimane più di un motivo per ritornare in questi antichi e magici luoghi, il manufatto Maya non visitato a Palanche, ed una tomba piena di un’energia particolare, nota solo agli indi del posto. Ci congedammo prendendo un ipotetico appuntamento per la prossima volta che saremmo tornati da quelle parti. Ancora ad oggi l’energia non mi ha riportato ancora in Messico, visto che i viaggi da fare sono veramente molti e l’energia ci porta sempre dove abbiamo più realmente bisogno, o almeno, dove abbiamo l’energia di arrivare. Il viaggio in Messico proseguì visitando Merida la città dell’argento, li ci dissero in molti di stare attenti ai malintenzionati di queste zone, soprattutto la sera, motivo per cui decidemmo di acquistare tre maceti, sia per ricordo sia per difesa infatti li portammo a tracolla per il resto 96 del viaggio, anche perché non avevamo più posto negli zaini. Sicuramente ci protessero, solo alla vista di noi tre “gringos” con i maceti siamo riusciti a tener lontano qualsiasi tipo di malintenzionato, anche perché di solito, chi cerca un pollo da spennare, caccia sempre il più lento e lascia andare i più veloci. Dopo aver dormito vicino alla stazione dei bus, la mattina dopo ci spostammo da Merida a Chichen Itza. In questo viaggio, ricordo ancora con piacere di aver mangiato lungo una strada impolverata e sterrata, mentre eravamo in attesa di un autobus locale per raggiungere il sito archeologico, il miglior pollo alla brace della mia vita, preso direttamente da dietro la capanna cucinato e cotto su un barbecue a bordo strada. Arrivammo nel primo pomeriggio a Chichen Itza e passammo una splendida giornata assolata immersi nella magnificenza di tali opere, potendone finalmente apprezzare dal vivo il loro valore e potere. Come da programma, il viaggio proseguì e terminò ad Isla Mujeres, dopo undici incredibili giorni passati 97 nello Yucatan. La permanenza sull’isola fu piacevole, interessante e rilassante. Imparai a pescare col filaccione, vale a dire l’esca attaccata direttamente al filo senza la canna, andammo a pesca a traino di barracuda con Armando, un pescatore che lavorava con i turisti e che passava quasi interamente la sua giornata in mare a pescare anche in sola compagnia della sua erba del diablo. Potemmo, inoltre visitare vari parchi marini, compresa Isla Contoy, più importante rifugio d’uccelli marini dei Carabi Messicani. Isla Muyeres era veramente incantevole, soggiornammo in Bungalow di uno spartano villaggio turistico, a pochi metri dal mare e di fronte a noi all’orizzonte si vedevano nitidamente le coste di Cuba. Ancora ricordo il rumore delle pale del ventilatore sul soffitto, e la sensazione dell’aria sulla pelle accaldata, l’enorme silenzio che ci circondava e l’uso quasi inevitabile dell’amaca, cosa che riprodussi in Italia montandola addirittura in camera da letto. Addirittura potemmo raccogliere le noci di cocco dalle palme, 98 tagliarle in due con i nostri maceti e berne il prezioso e dissetante succo. Sembrava veramente di stare in un paradiso terrestre, dove tutto era in perfetta armonia con tutto. Tra i vari ospiti che soggiornavano li, c’era una splendida donna incinta che sprizzava gioia da tutti i pori e l’ultima notte prima che partissimo, vennero a prenderla con l’elicottero perché l’erano iniziate le doglie, la salutammo con affetto scoprendo che quest’isola è dedicata alla Dea Ixchel, ed è, per i Maya, protettrice del mondo femminile e propizia alla fertilità. Un altro incontro interessante fu con Carlos, un uomo trasferitosi lì da città del Messico, dove a suo dire era divenuta invivibile. Lavorava in uno dei migliori ristoranti dell’isola, forse l’unico, dove era possibile mangiare l’aragosta. Una sera c’invitò ad andare a cena lì da lui, dove saremmo stati benissimo mangiammo altrettanto e gli lasciammo anche una lauta mancia (circa venti dollari), in quanto una delle tante volte che ci parlammo ci raccontò che il suo stipendio bastava a malapena a pagarsi l’alloggio, già 99 per mangiare si doveva arrangiare al ristorante stesso, quando ce n’era la possibilità e quindi il suo reale sostentamento per ipotizzare un nuovo spostamento erano le sole mance dei clienti. Era però chiaro il suo stato di felicità distacco e benessere, tutte le sere al tramonto lo si poteva vedere in silenzio di fronte al mare, sicuramente una persona piacevole e cordiale con cui parlare e scambiare conoscenze, anche io ero lì e mentre non facevo altro che cacciare i mosquitos, lui era perfettamente rilassato, così una volta gli chiesi: “ma a te non ti pizzicano mai i mosquitos?!”, cosa praticamente inevitabile sopra tutto quando si era fermi immobili vicino all’acqua in questo periodo dell’anno. Lui sorridendomi maliziosamente, mi rispose: “Sì qualche volta…dipende dal mio escudo mental”. In pratica la sua meditazione consisteva proprio nel raggiungere un determinato stato di silenzio interiore, in cui le zanzare non lo pungevano in quanto le sue vibrazioni lo rendevano inattaccabile. L’osservazione di tale 100 fenomeno rendeva la meditazione stessa di un ulteriore interesse, in quanto l’indice del fastidio delle zanzare era inversamente proporzionale allo stato di silenzio interiore. Questo fu il mio primo vero viaggio, dove si mosse chiaramente energia e consapevolezza. Sicuramente tornai a casa carico di un nuovo concetto, ovvero che un percorso di magia, potere e spiritualità è innanzi tutto un percorso d’auto-guarigione, e che uno sciamano Tolteco o uomo di conoscenza è prima di tutto un guaritore in perfetta armonia con se stesso e con la vera natura delle cose. 101 Auto-Guarigione T ornato in Italia ho partecipato, per anni a tutta una serie di corsi di un maestro cinese, esperto di conoscenza per manovrare la luce sotto diverse forme, fino a divenirne io stesso esperto a tal punto da poter lavorare con la luce, sia su me stesso che su gli altri. Inoltre grazie a lui, ho potuto accedere a tutta una particolare conoscenza che è la medicina tradizionale Cinese, con la quale si può comprendere molto facilmente quanto l’emozioni incidano fortemente sul corpo fisico, in quanto le stesse emozioni sono vibrazioni che hanno una determinata frequenza, e tutte risuonano con specifiche parti fisiche diverse, a seconda dell’emozione che sta vibrando. Capito il meccanismo, si agisce sul corpo fisico come si fa per accordare uno strumento musicale. Ovviamente ci vuole sempre il “cuore” di saper “ascoltare” le note 102 che stiamo “accordando”. La coscienza delle nostre emozioni, viste come vibrazioni che interagiscono col corpo fisico, ci permette di avere la giusta attenzione sulle risposte immediate del corpo stesso. Questa osservazione col tempo, ci permette di allentare quella che è la morsa del cosiddetto “dialogo interiore”. La nostra mente razionale ci porta spesso in vicoli ciechi, dove ci perdiamo nella dualità dei nostri pensieri, sprecando così una quantità notevole d’energie senza trovare un’adeguata soluzione ai nostri problemi. Ne consegue stress, portando nel tempo sia cedimenti mentali sia fisici. Le nostre emozioni, generate dai nostri pensieri e dalla nostra cultura la quale agisce direttamente sul gene umano, producono vibrazioni che sono assimilate dal corpo sia in modo positivo che negativo. Ovviamente emozioni in eccesso o in difetto come frustrazione, rabbia, rancore, tristezza ecc. portano disarmonia in quello che è il fluire naturale di queste vibrazioni o energie nel nostro corpo. Se partiamo dal presupposto che 103 tutto è energia, non bisogna eliminare ciò che non comprendiamo, bensì trasformarlo comprendendone la ragione, in questo modo possiamo vedere nel vero significato, la profondità di tal emozione, per noi negativa, ma che vuole comunicarci qualcosa di più, ad esempio la rabbia è un’energia di grande forza che se portata al cuore, invece di consumarla inutilmente, ci fa letteralmente volare dal punto di vista della forza fisica. Chiaramente se la nostra parte lucida viene meno, il corpo s’ammala perchè cerca in realtà di comunicare con noi con l’unico modo che ha, ovvero la malattia, per farci così riflettere e cambiare. Parlando d’emozioni stiamo definendo uno dei “corpi sottili” dell’essere umano, il quale agisce continuamente su quello fisico. Col tempo le cattive abitudini, del nostro agire e del nostro pensare, portano ad ammalarci, in quanto si creano dei blocchi a livello energetico creando un calo del nostro livello fisico. Questi blocchi possono essere rimossi, agendo consapevolmente sullo stesso 104 corpo fisico, ed energetico, usando posture e respirazioni che producono le vibrazioni adatte per lo sblocco necessario, ecco perché è importante la consapevolezza e l’intento con cui si compiono determinate azioni. La ripetitività delle azioni, rafforza la nostra volontà, permettendoci la comprensione e la conseguente rimozione dei nostri schemi e blocchi, potendo così finalmente vedere chiaramente la giusta strada e gli eventuali cambiamenti da portare in opera, dentro e fuori di noi. I nostri peggiori nemici sono e saranno sempre, la pigrizia, le paure e i dubbi. Questo oggi giorno lo vediamo soprattutto nella cattiva alimentazione, nello stress da lavoro e nelle problematiche familiari; per sconfiggere tali nemici abbiamo bisogno di raggiungere uno stato di silenzio interiore, dove è possibile elevare le nostre vibrazioni. Questo è possibile con la meditazione che può essere sia statica sia dinamica. Gestendo correttamente strumenti semplici e comprensibili, sarà possibile giungere a quella che è definita una consapevolezza di 105 noi stessi ovvero un’auto guarigione. L’energia che fluisce nel nostro corpo, scorrerà fluidamente, permettendoci la comprensione del mondo esteriore non più come una parte separata da noi. Questa nuova visione ci farà distaccare, senza alcuno sforzo, da tutte quelle situazioni che altresì c’indeboliscono, permettendoci di vivere una vita più serena e colma d’amore verso noi stessi e il mondo che ci circonda. Inoltre, cominceremo a metabolizzare un tipo di conoscenza, totalmente nuova, con leggi fisiche al di fuori del solito ordinario e di quello che ci viene insegnato, sperimentando ad esempio un concetto, come quello che lo scorrere del tempo sia una convinzione ed una percezione relativa dal soggetto all’oggetto. Il tempo si dilata e si restringe secondo la nostra attenzione. Al contrario di quello che siamo abitualmente portati a pensare, il tempo si può restringere o allargare notevolmente in un determinato spazio, partendo dal punto zero che è in effetti ogni unico istante osservato, come ad esempio adesso che 106 state leggendo: “punto”. Quando ci muoviamo di fretta e preoccupati, senza avere attenzione e controllo delle nostre azioni ed emozioni, ma preoccupati solo di far tardi ad un appuntamento, lo spazio si restringe ed il tempo scorre più velocemente, alimentando così un’accelerazione con la nostra ansia. Questo accade perché siamo portati a proiettarci con la testa, lì dove il corpo è ancora separato. Ovviamente muovendoci senza fretta lentamente senza preoccupazioni, avverrà l’esatto contrario! Per sperimentare e dimostrare questo?!! è facile, provate!. L’unica differenza tra un essere involuto ed uno evoluto è la consapevolezza, la quale ci fa accedere a nuovi paradigmi e punti di vista d’applicare nella vita ordinaria, ovviamente maggiore è l’energia e maggiore ne può essere il riscontro, motivo per cui se ci relazioniamo con l’esterno che fa riferimento allo scorrere del tempo in maniera lineare, al massimo potremmo trovarci al posto giusto nel momento giusto. Per sperimentare nel sociale nuovi paradigmi, ci deve essere lo stesso intento tra le 107 persone, in quanto l’intento stesso si realizzerà in base alla densità dell’informazione che viene inviata, per cui se si sfrutta una massa critica, formata da più persone o da luoghi che canalizzano determinati intenti specifici, sarà più facile sperimentare tale esperienza, in maniera non convenzionale ma legata al nuovo paradigma che si vuole realizzare. Nel caso del Tempo, ad esempio, possiamo rallentarne il flusso non opponendo resistenze mentali, magari concentrando la mente in movimenti e respirazioni specifiche, dove già è chiaro il motivo per il quale si sta canalizzando energia. Mantenendo la mente concentrata permetteremo al singolo, di far salire la sua consapevolezza, mentre l’energia si ridistribuisce tramite il sistema dei tendini. Questo, facendolo in gruppo o in luoghi specifici, crea una richiesta di una certa portata, che tenderà inevitabilmente nel collasso spazio temporale a realizzarsi così velocemente tanto quanto è forte la richiesta stessa. In tutto il mondo, si parla spesso d’antichi ordini religiosi, i quali, per 108 secoli hanno conservato il segreto intorno ai misteri della vita. Oggi, in pratica, ogni associazione mistica tradizionale sa che questa conoscenza, custodita con tanta attenzione da pochi eletti, può essere accessibile per la prima volta a tutta l’umanità. Separata dalla conoscenza autentica e profonda della vita, l’umanità si è staccata dalla natura e ha quindi smarrito la strada. L’uomo ha perduto il suo posto in un mondo che esige una partecipazione attiva, un mondo che ci invita a capire chiaramente il nostro vero essere, e che ci parla sottovoce di realtà che sembrano essere al di là della nostra comprensione. Oggi siamo arrivati al punto di sentirci vittime della nostra vita, e poiché ci manca la padronanza interiore, cerchiamo con tutti i mezzi di coprirci con maschere, e di fare esperienze proiettandoci nel mondo. La verità è che non possiamo aspettarci di modificare il nostro ruolo di spettatori impotenti, finché non avremo compreso che siamo in grado di fare nostre le leggi superiori che determinano i misteri della vita e della morte. Fin da sempre, 109 ovunque nel mondo, gli uomini hanno cominciato a cercare questi misteri e hanno dato inizio alla ricerca scoprendo se stessi, il loro corpo fisico e i corpi sottili, noi esseri umani siamo la grande palestra di questi misteri. Ciò che avviene nel nostro corpo, rispecchia il mondo intero e l’universo tutto. Esiste una via d’uscita, c’è sempre stata! Invecchiare non è una condanna inevitabile, non è affatto un elemento predestinato della vita. E’ semplicemente un’eco del nostro esserci ritirati dal corpo energetico al corpo fisico; Se non impariamo a metterci consapevolmente in contatto con il nostro corpo, questo non potrà mai divenire cosciente del proprio potenziale di “corpo di luce”: un corpo di luce guidato da leggi cosmiche superiori, capaci di mostrarci l’illusione del decadimento fisico. La nostra spirale del DNA, produce il meccanismo che ogni cellula copia perfettamente. Ciò significa che le cellule, quando muoiono, vengono sostituite da cellule nuove, in una successione infinita di perfezione genetica. Perché 110 dunque invecchiamo con tutte le conseguenze negative per il corpo e la mente ?! La scienza s’interroga su questo fin da, quando è stato scoperto il DNA, e forse da sempre. Tutti i grandi santi e maestri hanno sempre saputo la risposta. Essa è insita nella danza del rapporto tra la forma e ciò che è senza forma, o là dove questi due stati divini dell’essere s’influenzano reciprocamente allo scopo di mantenere la vita. Energie vitali invisibili, sono all’origine di tutte le cose e ne costituiscono il progetto. Noi possiamo sapere della loro esistenza, ed imparare a conoscere le leggi della loro suddivisione e del loro fluire, proprio come hanno fatto tutti quelli che fin dai tempi più antichi, si sono messi alla ricerca della conoscenza di se stessi. Esistono modi per rafforzare questo fiume d’energia che circola dentro e intorno al corpo fisico e a quelli sottili, così che tutta la struttura corporea ne risulti ringiovanita. Grandi maestri hanno dedicato tutta la loro vita, a sviluppare la capacità necessaria per guidare e dirigere queste correnti che 111 nutrono le ghiandole endocrine, ed i piccoli e grandi organi del nostro corpo. Adesso, finalmente il risultato del loro lavoro, comincia a diffondersi anche nel mondo occidentale. Proprio per tutte queste ragioni mi sono ritrovato a voler approfondire alcuni aspetti della guarigione, in altre parole interagire in maniera consapevole con le nostre cellule ed il nostro DNA. Quindi ho deciso senza alcun dubbio, dopo un periodo di riflessione, di partecipare ad un corso, forse un po’ particolare, ed anche di un certo costo, in un momento, tra l’altro, in cui finiva la buonuscita dell’azienda dal quale ero stato “costretto” ad andarmene perché in crisi, perdendo così il mio ultimo contratto da dipendente a tempo indeterminato!.. Non sapevo ma qui in questa scelta, sarebbe iniziata la mia precarietà sociale ed allo stesso tempo un cammino verso la libertà, a patto di saper sostenere un continuo rischio giornaliero!. Il corso mi formò come istruttore di una disciplina, il cui Intento è proprio il ringiovanimento cellulare, il quale avviene tramite la 112 pratica di specifici strumenti, la meditazione ed ovviamente per mezzo dell’Intento stesso. Bisogna dire che le novità che arricchivano d’esperienze la mia vita, ancora una volta mi spingevano inevitabilmente verso un nuovo viaggio. Indubbiamente alla base di un processo evolutivo, la fantasia e la creatività sono fondamentali!. Quale sarebbe stata la nuova meta?!...ancora una volta Tutto s’incastrò perfettamente!.. 113 In Perù R Icordo che erano i primi di luglio, ed erano in arrivo dei soldi di un incidente stradale di mesi prima. La mia compagna rientrò a casa, con una rivista in mano…”Avventure nel mondo”, chiedendomi sorridente “dove vogliamo andare?!”, era già un po’ di tempo che intorno a noi risuonava fortemente il Perù e quando si è interessati ad una qualsiasi cosa, sembra che l’intero creato non perda occasione per parlarti di quello, l’intento si adopera per far realizzare i nostri desideri. Il viaggio si prospettava lungo ed arduo, per via delle grandi altitudini e delle distanze notevoli da ricoprire, per spostarsi da un luogo all’altro. Eravamo fortemente indecisi, se organizzarci per conto nostro o aggregarci ad un gruppo, con un programma ben preciso. Volevamo indubbiamente sia il gusto dell’improvvisazione e dello zaino in spalla, sia un 114 programma guida da seguire per visitare luoghi e siti archeologici specifici, come ad esempio le famose e misteriose linee di Nazca, o l’incredibile sito di Machu Pichu. Bene!, dai vari diari di viaggio, consultati su internet, sembrava proprio che avventure nel mondo ricopriva tali caratteristiche. Prenotammo senza indugio per il mese successivo. Ci conosciamo con il gruppo direttamente all’aeroporto di Roma Fiumicino. Il gruppo era così formato: un capo gruppo di avventure nel mondo, quattro ragazzi, ognuno viaggiatore singolo, quattro donne a coppie d’amiche ed io e la mia compagna. Il volo durò circa tredici ore con scalo a Buenos Aires, dove arrivammo intorno all’ora di pranzo, avendo così anche la possibilità di una giornata intera a disposizione prima di riprendere la coincidenza per Lima alle venti. Fu una splendida occasione, per visitare la città, ma il destino stava per metterci lo zampino. Visitammo il famoso quartiere storico di Boca, sulle rive del fiume Riachuelo che divide il territorio della capitale da quello della 115 provincia nella Boca dove confluisce con il Rio della Plata. Passammo d’innanzi al famoso stadio rinomato per il grande calciatore che è stato Diego Armando Maratona, fino ad arrivare in zona centrale, e proprio mentre stavamo passeggiando per una delle vie principali, piena di gente e negozi...il nostro capogruppo , quello che doveva essere la nostra guida si accorge che gli era sparito un borsello dallo zainetto. Il problema era sia economico, in quanto aveva i soldi in contanti per sostenere alcune spese straordinarie del gruppo, sia pratico in quanto aveva nel portafogli anche il passaporto ed i nostri biglietti del volo interno di rientro Cuzco/Lima. Dovette di corsa andare all’ambasciata, dove lo trattennero in attesa di un riscontro dei documenti. Purtroppo il problema poteva risolversi anche in un tempo lungo due tre giorni o forse più, fu ovvio che il gruppo doveva proseguire il viaggio senza di lui prendendo il volo per Lima in serata. Questo fu sicuramente un tassello fondamentale dell’esperienza del viaggio in 116 Perù, in quanto privi di una guida dovemmo subito stabilire una serie di ruoli all’interno del gruppo, secondo le attitudini personali, quindi ognuno era responsabile di se stesso e di ciò che gli competeva all’interno del gruppo. Arrivati a Lima ci siamo subito interessati per il volo di ritorno, contattando l’agenzia che Gianluca, il capo-gruppo, ci aveva indicato, inoltre ci lasciò anche tutta una serie di resoconti di viaggio d’altre persone, che avevano fatto appunto il famoso Cammino Reale degli Incas. Avevamo così, vari riferimenti e contatti per gli spostamenti e i punti di riferimento per pernottare. Il Cammino Reale, indubbiamente a tutto oggi, ancora rappresenta l’incredibile espansione del popolo Incas, ne rappresenta oggettivamente un sistema viario di comunicazione, di circa 20.000 km che collegava il deserto ai nevai, e la giungla selvaggia alle fiorenti città. Addirittura si calcola che gli snodi stradali, arrivano a ricoprire addirittura distanze fino a 40.000 km. Nessun popolo nel corso della storia umana, si è 117 mai cimentato nel costruire strade così lunghe e ben organizzate, addirittura avevano un sistema di poste e comunicazione sviluppato nel territorio stesso. Il giorno seguente l’arrivo a Lima, affittammo un pulmino con guida e copilota, assolutamente necessario per le grandi distanze, che ci portò fino ad Arequipa, ad un’altitudine di circa 2000 metri, tappa fondamentale per acclimatarci. Passammo per la Reserva Nacional de Paracas, le Galapagos del perù, dove è possibile dalla penisola stessa ammirare i pinguini, i leoni marini e le foche in amore. Inoltre dalla barca,durante l’escursione mattutina, potemmo ammirare il famoso Candelabro gigante, scolpito direttamente nella roccia della montagna ed a strapiombo sul mare, uno dei tanti misteri che avvolgono questi luoghi. Ricordo il gran freddo ed il forte vento sulla barca, ma anche la grand’emozione di quello che era appena il preludio della meraviglia che stavamo per viverci. Dopo l’escursione, proseguendo il viaggio, ci fermammo per ristorarci a Wacachina, 118 un oasi nel deserto dove incontrammo altri gruppi di “Avventure Nel Mondo”, i quali stavano sostando all’ombra delle palme. Ogni tanto durante il viaggio, incrociammo altri gruppi, alcuni d’avventure nel mondo altri no, tutti però bene o male stavano seguendo lo stesso nostro cammino. Fu curioso notare durante le varie tappe nelle quali incontravamo questi gruppi come, mentre noi ci univamo sempre più nell’intento di mantenere l’armonia e l’equilibrio tra noi, reale bisogno nato probabilmente dalla precoce perdita del nostro riferimento e guida, gli altri gruppi si disperdevano e si separavano sempre più lungo il percorso. Erano decimati da discordie e divergenze, dovute spesso alle scelte inerenti alle tappe ed all’organizzazione degli spostamenti stessi, che quasi sempre per la tipologia di viaggio venivano improvvisati di volta in volta. Ovviamente in questi lunghi viaggi, la tensione sale facilmente e le persone sono sottoposte a continui e forti stress emotivi. Il mantenerci uniti ci favorì notevolmente, sia nel farci 119 godere del viaggio stesso, sia nel farci trovare sistemazioni idonee e veloci vicino al posto da visitare. In fatti, consapevoli delle grandi distante da percorrere, non perdemmo tempo nel soffermarci troppo nell’oasi di Wacachina, arrivando così nel tardo pomeriggio per primi alle linee di Nazca. Così facendo trovammo velocemente sistemazione, nelle ultime casette disponibili nell’unico lodge, vicino all’aeroporto dal quale partivano piccoli aerei turistici per vedere dall’alto le misteriose linee di Nazca. Organizzammo subito dei voli a gruppi di due o tre persone al massimo, per ammirare i famosi disegni visibili solo dall’alto. Questa è un’esperienza che sconsiglio vivamente se si ha lo stomaco debole, invece può essere altrettanto interessante, andare su delle alture circostanti con delle Geep, per ammirare dall’alto i misteriosi disegni con calma, senza rimetterci lo stomaco nel vero senso della parola. Le linee di Nazca sono degli immensi disegni scavati nella roccia del deserto, la loro particolarità sta proprio 120 nel fatto che sono visibili solo dall’alto, come se fossero stati fatti per indicare a qualcuno che veniva dal cielo, una posizione specifica o un messaggio in particolare. Muovendoci in questo modo, avevamo guadagnato un giorno sulla nostra tabella di marcia. Approfittammo, per andare a visitare la vicina necropoli, che Denis lo “storico” del gruppo, ci consigliò vivamente. In effetti, fu molto suggestivo camminare nell’area desertica della necropoli, tra l’altro accessibile senza nessuna limitazione, dove calciando a terra oltre alla polvere ed ai sassi, fuoriuscivano resti d’animali ed ossa umane. Potemmo inoltre ammirare, mummie riposte in alcune cave, forse ex abitazioni del periodo Incas. Queste Mummie erano perfettamente conservate, con ancora la capigliatura in perfetto stato e di colore nero intenso, chissà che antiche tecniche di conservazione usavano. Ripeto fu veramente suggestivo, proprio perché camminando nel deserto ci si ritrovava all’improvviso nella necropoli senza quasi accorgersene, se non fosse 121 per la presenza di una struttura adibita a museo e per i turisti che gironzolavano. Ora la prossima tappa era Arequipa a 2300 metri sul livello del mare… si iniziava a salire!...fu una tappa necessaria ed obbligatoria, per permettere al fisico d’adattarsi lentamente e senza troppi stress, per affrontare la catena delle Ande a 4000 e 5000 metri d’altitudine sul livello del mare. Qui ci saremmo dovuti ricongiungare con il nostro capo-gruppo, con il quale ci eravamo messi d’accordo a Buenos Aires che se riusciva a risolvere l’intoppo del passaporto in due tre giorni al massimo, avrebbe preso il primo volo per Arequipa e ci avrebbe raggiunto. L’incontro fu curioso!. Dopo aver trovato sistemazione in un accogliente Ghesthouse, senza sentirci o darci un appuntamento, ci ritrovammo casualmente con Gianluca per la via principale di Arequipa, mentre passeggiavamo cercando di abituarci ad un nuovo tipo di respirazione consapevole, in modo da sostenere l’altitudine e la rarefazione dell’aria che iniziava già a farsi sentire. 122 Gianluca, ovviamente, risolto il problema del passaporto, come d’accordi, aveva preso il primo volo disponibile, ed immaginando che avremmo seguito l’itinerario stabilito in precedenza con i vari riferimenti che ci aveva lasciato, prese alloggio proprio nella nostra stessa Guest House. Ecco ora il gruppo era al completo!….Ci fermammo un paio di giorni per abituarci all’altitudine, ora mai ci aspettava il resto del viaggio dai 4000 metri in su. Le due notti ad Arequipa, furono l’ideale per reintegrarci in maniera armonica con il nuovo arrivato. Gianluca fu molto intelligente nel lasciare le cose così come le aveva trovate, senza cercare d’imporsi sul gruppo come guida, bensì diede la giusta fiducia ad ognuno di noi, nel ruolo che già stava ricoprendo. La meta successiva fu attraversare il passo del Chivai, a 4300 metri d’altezza, per andare a visitare il Canyon del Colca, da dove si può ammirare lo spettacolare e maestoso volo del Condor, ed inoltre a poca distanza dal Canyon si poteva accedere, a cielo aperto, sotto un 123 tetto di stelle, a delle terme naturali d’acqua calda. Per molti componenti del gruppo, questa fu la prima tappa veramente dura, infatti quasi tutti cominciarono ad accusare forti mal di testa. Certo bisogna dire che grazie agli esercizi che giornalmente praticavo, ed a delle respirazioni specifiche, fui l’unico a non accusare grossi disagi fisici, nonostante la mia statura che è ben lontana dalle caratteristiche fisiche ideali in adattamento con l’ambiente. Effettivamente gli Andini sono per lo più di media o piccola statura e con una grossa cassa toracica, che gli permette una più profonda respirazione per sostenere la rarefazione dell’aria e la pressione dovuta all’altitudine, sviluppando tra l’altro nel tempo, anche una quantità maggiore di globuli rossi che portano ossigeno e nutrimento all’organismo rendendoli forti ed adatti all’ambiente, madre natura non sbaglia mai. In più di una occasione, mi resi utile al gruppo, facendo fare degli esercizi per riequilibrare il corpo e regolarizzare il ritmo della respirazione. In oltre, grazie a varie 124 guide turistiche, le quali ci accompagnavano nei vari siti, facemmo uso di foglie di coca, per alleviare il mal di testa. Per gli Indios, le foglie di coca sono il loro cibo, la loro medicina e parte della loro spiritualità. Il cattivo utilizzo di questa pianta, è dovuto a quegli uomini “civilizzati” che sono entrati nel narco-traffico, senza preoccuparsi di chi avrebbero danneggiato. Nelle Ande, l’ingestione di foglie permette agli Indios di procurarsi gli alimenti essenziali per garantire l’equilibrio nutrizionale. A quelle alture la coca, nella sua forma naturale, non è mai stata “cocaina”. Le sue foglie sono un cibo molto ricco di proteine, zuccheri, grassi, fibre, vitamine, oligoelementi e solo in minima parte di alcaloidi. In effetti, la razione di coca naturale che un indio ingerisce in venticinque giorni, un consumatore di cocaina, la utilizza in una sola dose. A seguito del procedimento chimico d’estrazione della droga, il rimanente 99,7 % delle foglie risulta inservibile ed è uno scarto che danneggia parecchio l’ecologia del terreno sul quale viene bruciato come 125 spazzatura. Le foglie di coca, vengono spesso date ai turisti per alleviare il mal di testa dato dall’altitudine, c’è da dire però che bisogna masticarle con un pezzo di lipta un reagente alcalino, cosa che le guide non ci fecero fare mai, al limite con i turisti si usa farla prendere in infusione nel thè caldo. Gli Indios hanno un grande rispetto della natura e della Pachamama, loro madre e protettrice, ad esempio usano fare, come buono auspicio, delle offerte alla terra prima di affrontare un viaggio. Un’offerta per esempio può essere quella di ridare alla terra stessa, tre foglie di Coca, le più grandi e belle, privandosene durante la raccolta ed offrendole alla terra, chiedendo così alla Pachamama la sua protezione. Questo atto mette la persona in una sorta di “ascolto” verso il mondo esterno, ed abbandono dalle proprie paure, dove ciò che ha offerto, ed a cui ha rinunciato, lo porterà dritto alla meta, essendo lucido e protetto dalla madre terra. Per chi vuole approfondire la cultura Andina consiglio vivamente di leggere “Negli occhi dello Sciamano” di 126 Hernàn Huarache Mamani. Dopo aver visto ed ascoltato in silenzio il volo del Condor, ed aver goduto delle rilassanti terme, il viaggio proseguì verso il lago di Titicaca, il più grande dell’America Meridionale e tra i più alti al mondo. È sito a 4000 metri dal livello del mare, ha un perimetro di 240 miglia e sconfina dal Perù alla Bolivia. Nel lago ci sono molte isole abitate, tra queste vive il popolo degli Huros che ancora ad oggi vivono su delle isole fatte da canne di bambù, le quali fuoriescono dall’acqua e sono ripiegate su se stesse, fino a creare una sorta di base su cui costruire capanne. Quando due giovani fidanzati si sposano, i parenti usano costruire una nuova isoletta, con la stessa tecnica, per trasferirsi lì tutti insieme, dopo il matrimonio. Capita e non di rado, che alcuni, dopo la prima notte di nozze, per via delle forti correnti e della mobilità dell’isoletta, si sveglino dalla parte Boliviana del lago stesso. Purtroppo la loro vita media è di circa 40 anni, sia per la grande umidità ed instabilità che si vive sulle isole fatte di canna, sia per la notevole 127 escursione termica tra il giorno e la notte, questi motivi generano malattie e malformazioni legate alle ossa. Ora mai, a vivere su queste isole, sono rimasti per lo più anziani, i giovani hanno trovato rifugio sulle rive del lago e usano le isole come attrazione turistica per guadagnare quel poco che basta per sopravvivere con dignità. Vi sono anche isole di terra ferma, come l’isola di Manthani, la più grande, dove decidemmo di pernottare. Ci offrirono ospitalità per una notte, in cambio di riso, biscotti, o prodotti da bagno come creme solari, sciampo o burro di cacao per proteggere, dal forte sole, le labbra dei bambini. Qui fu facile, per ognuno di noi, perdersi ed immergersi nei nostri sogni, estasiati dalla bellezza e dalla semplicità del luogo e dalle persone che lo abitavano. Sull’ isola, la corrente elettrica viene tolta totalmente dalle ore 19:00 in poi, quindi tutte le attività si svolgono prima del tramonto, compresa la cena. I bambini ci seguivano continuamente dovunque andassimo, erano attratti dalle nostre videocamere, mostravano occhi increduli 128 e grandi risate nel potersi rivedere dopo essere stati ripresi, anche noi restammo increduli, nell’ammirare la meraviglia di un cielo talmente splendente e fitto di stelle e costellazioni apparentemente così vicine che poteva sembrare di toccarle allungando semplicemente il braccio. Finalmente l’immensità di questo popolo, la cui spiritualità e semplicità è data indubbiamente anche dalla grandezza della natura che lo circonda, ci stava avvolgendo totalmente aprendoci il cuore. Abbiamo ammirato il tramonto sul lago, dalla vetta di un monte al centro dell’isola. Tutto intorno a noi ad un tratto prese colore, con varie tonalità di rosso, il silenzio c’avvolgeva e pian piano si trasformava in una dolce melodia interiore di pace ed armonia con tutto quello che ci circondava ed oltre…sembrò di perdere la percezione ed i confini del corpo, per ritrovarsi ognuno nel centro del proprio cuore. Riscendemmo dal monte in un buio assoluto, dove a malapena si vedeva il sentiero e dove poggiavamo i nostri piedi aiutandoci con le piccole torce elettriche 129 che avevamo. All’improvviso inciampammo in qualche cosa! “Guarda!” esclamò Dennis: “una croce gigante di legno”… un po’ a tastoni, un po’ con le lucette toccando terra trovammo una collinetta li vicino, con un buco al centro. Lo prendemmo tutti quanti come un segnale da seguire, bisognava assolutamente intervenire e rimettere la croce al suo posto. Non fu facile perché era parecchio pesante ed eravamo veramente al buio, ma fu un bel modo per “sentirsi” ed amalgamarsi tra noi e l’ambiente, entrando veramente in contatto ed armonia con tutto quello che ci circondava e con le forti emozioni che stavamo provando. Quando si “vede” e si percepisce qualche cosa di nuovo, come in questo caso la forza e la grandezza della natura che ci circondava, bisognava assolutamente passare dalla teoria percettiva all’azione pratica, per renderla reale nel tempo, ovvero calarsi in quella dimensione con rispetto e totale attenzione. E’ inutile filosofeggiare se non ci sono poi azioni che rendono i pensieri qualche cosa di tangibile. Passai 130 gran parte della notte ad ammirare quel cielo stellato, che tanto piccolo, ma infinitamente vivo mi faceva sentire. La sera mangiammo con gli ospitanti in un una casetta dove cocevano il cibo ed il pane su pietra, ummmh…che patate ragazzi!.. solo al pensiero ne sento ancora l’acquolina in bocca, furono veramente molto ospitali e gentili. Inoltre abbiamo avuto anche la fortuna d’imbatterci in una festa, ricca di Folklore locale, giovani ed anziani vestiti di mille colori, mentre suonavano strumenti a me sconosciuti, ballavano prima soli e poi tutti in gruppo, formando una sorta di serpentone, dove ogni parte del serpente aveva un ruolo ed un significato specifico. Finimmo per passare il resto della serata ad ammirare le costellazioni visibili da questa parte dell’emisfero globale, mentre un Indio ce le mostrava con grande soddisfazione. La conoscenza che il popolo Incas aveva sulle costellazioni e sul loro movimento, gli permetteva di sapere in anticipo quale erano le semine adatte in ogni anno, comprendendo eventi presenti e 131 prevedendo quelli futuri, purtroppo nel tempo molta di questa conoscenza è andata persa nella maggior parte della gente, ma fortunatamente è rimasta in alcuni lignaggi tramandata da padre in figlio o da maestro ad allievo lì dove è stato possibile farlo. Il giorno dopo ci svegliammo presto, in quanto dovevamo attraversare il lago Titicaca per entrare in Bolivia. Salutammo con vero affetto il luogo e la bella gente che l’abita. Nell’attraversamento abbiamo fatto sosta su un'altra piccola isola, rinomata per la particolarità che i suoi abitanti hanno nel distinguersi, in clan, dal colore e dalla forma del cappello. Ci raccontarono un’usanza assai particolare, quando un Indio voleva prendere in sposa una ragazza doveva cucirsi da se un cappello, riempirlo d’acqua nel lago e portarlo a casa della ragazza, più era pieno e più era grande l’amore che egli nutriva per la fanciulla, se ne deduce che era importante cucire il cappello con maglie fittissime. Ora, stavamo per spiccare un successivo salto in alto, entravamo in Bolivia, per arrivare sulle vette del 132 Chacaltaya. Sbarcati sulla riva opposta, troviamo un anziano Indio, intento ad intrecciare canne di bambù per formare animali od oggetti vari, da vendere ai turisti, vere e proprie opere d’arte d’artigianato locale. Prendiamo un pulman locale ed arriviamo a Capo Cabana dove ho potuto acquistare un bracciale particolare, lavorato a mano su una gran pietra verde, per regalarlo a Simona per il suo compleanno che era proprio oggi. Ora ci aspettava la visita a Tiahuanaco ed al Ghiacciaio del Chacaltaya a 5300 metri sul livello del mare, anche se purtroppo per i repentini cambiamenti climatici, ora mai i suoi ghiacciai si sono quasi completamente sciolti. Guardando i monumenti di Tiahuanaco, sito a 3846 metri dal livello del mare, si rimane impressionati dalla perfezione e dalla maestosità di queste costruzioni monolitiche che da migliaia di anni resistono stoicamente al vento ed al gelo, sembrano presenti le tracce di cinque città sovrapposte. Una delle costruzioni più interessanti è la “Porta del Sol” una struttura archi forme, dove vi sono 133 raffigurati animali estinti da circa 12.000 anni, è fatto di un unico gigantesco blocco monolitico, con sette scalini che portano alla volta della porta stessa, è incredibile la perfezione e la lavorazione che ancora ad oggi, non siamo in grado di riprodurre con la nostra avanzata tecnologia. Ricordo il tempio di kalasaya, nel cui centro ci sono alcuni monoliti di cui uno a forma d’uomo “barbuto”; ancora ad oggi un enigma per gli archeologi, perché rappresenta un individuo con barba folta, mentre è risaputo che agli Indios la barba non cresce. Forse è Viracocha il dio creatore, o forse rappresenta un contatto pre-colombiano con altre culture, di certo c’è che ancora ad oggi non si riesce a venire a capo di questi misteri che avvolgono luoghi, conoscenze degli astri e tecniche di lavorazione e di spostamento dei materiali. Per esempio proprio in Perù è stata ritrovata ad Ollantaytambo una pietra di granito, segata perfettamente in due come se tagliata con un laser, contenente dei quarzi, come gli antichi “Omphalos” ombelichi o pietre parlanti, fatte di 134 granito usate anticamente per la comunicazione. Infatti, il più antico radioricevitore, usava cristalli di quarzo con sistemi simili a quelli di Carnac in Britannia, usato per comunicazioni terrestri ed interstellari, come d’altronde furono usate pietre di granito, all’apice della grande piramide in Egitto sopra la camera del re. Oggi sono usati cristalli naturali o manufatti nei computer, nei satelliti e nelle attrezzature elettroniche, è quasi di dominio pubblico che le scoperte e la grande conoscenza della trasmissione dell’energia di Nicolo Tesla e lo studio dei cristalli, porteranno ad aprire nuovi varchi di conoscenza per far approdare l’umanità intera, a nuove leggi che governano la nostra vita privata e sociale. Sia in Perù che in Messico sono stati ritrovati alcuni teschi di cristallo di rocca, lavorati con una precisione tale, che con la nostra tecnologia è stato calcolato che ci vorrebbero 300 anni, lavorandolo 24 ore al giorno. Una leggenda Maya racconta appunto di 13 teschi di cristallo, che all’inizio di una nuova era, 135 quando gli umani saranno abbastanza evoluti ed integri nella loro morale, saranno ritrovati e riuniti tutti e 13 insieme, in questo modo trasmetteranno al genere umano la loro antica conoscenza, tramite le informazioni contenute nei loro quarzi attivati da una misteriosa procedura. La data di questa profezia, secondo molti, coincide con la fine del calendario a lungo computo del popolo Maya. Il giorno seguente, da Tiahuanaco ci spostammo a La Paz la capitale della Bolivia. Non ho mai vista una città così caotica, Napoli all’ennesima potenza, vita per strada, mercatini ovunque macchine impazzite in tutte le direzioni, senza regole e con il clacson fisso…AIUTOOOO!...anche qui, inevitabilmente, il progresso sta facendo il suo corso. La città è veramente singolare, in quanto è situata a 3900m. s.l.m. ed è stata costruita a cerchi concentrici con un dislivello, dalla parte più alta a quella più bassa, di circa 400m., infatti non a caso le persone più 136 benestanti della città vivono tutta nei cerchi in basso dove il clima è decisamente più mite. Pernottammo nella capitale, approfittando l’indomani per visitare il Chacaltaya. Quella della visita al ghiacciaio, fu sicuramente una delle esperienze che mi hanno toccato più profondamente… il silenzio che regnava padrone, i forti colori all’orizzonte facevano sì che i riflessi del sole brillavano sulla roccia come non avevo mai visto prima in vita mia…sembrava, ancora per una volta che mi fosse permesso di toccare il cielo con un dito, mentre dall’alto ero solo un puntino sulla terra, praticamente invisibile,…ed ecco ancora quella incredibile sensazione di essere tutto e nulla; proprio in quel mentre, una gigantesca aquila si posò sotto un sasso vicino allo strapiombo a pochi metri da me, cosa insolita, forse anche per la scarsa presenza dell’uomo in questi luoghi, indubbiamente è stato un raro dono poter ammirare tale animale così da vicino. Ero solo, in quanto in pochi ci siamo avventurati sulla cima del monte, il rifugio dove la maggior parte delle persone 137 si fermano si trova a 5300m., mentre la cima è a 5600, tra l’altro durante la salita mi sono dovuto aiutare con respirazioni controllate, ed ho aiutato a distanza anche Valerio, il quale a metà strada sembrava proprio non farcela più, stava camminando come se stesse sulla luna con la gravità della terra e non so quanto potesse essere presente a se stesso, l’ossigeno a quelle altitudini scarseggia e può fare brutti scherzi al cervello, …comunque bastò urlargli da lontano di alzare le braccia e respirare profondamente, così il sangue ridiscende velocemente ed il torace si riapre permettendo di nuovo a più ossigeno di ridistribuirsi naturalmente, ossigenando così organi e cervello. Ancora una volta l’impressionante forza della natura, mi faceva riflettere ed emozionare innanzi alla sua grandezza e perfezione, ovviamente mi persi nei miei pensieri e dovettero chiamarmi più volte per tornare al campo base a 5300m., dove il resto del gruppo stava aspettando, con evidenti segni di malumore, per ridiscendere a valle dove l’aria era più respirabile. 138 Infatti, la seguente tappa fu la valle della luna vicino alla parte benestante della capitale. La valle è fatta dai sedimenti calcari depositatisi a terra fino a formare stalattiti naturali, dando il nome alla valle stessa che probabilmente nel giro di venti massimo trenta anni, sarà completamente riassorbita dal terreno, raro spettacolo un simile paesaggio ancora ad oggi. Ora rimaneva da visitare, la mitica Machu Pichu, una delle attrattive principali che ci portò ad intraprendere questo particolare viaggio. Prima di arrivare a Cuzco, da dove si può raggiungere il famoso sito archeologico, passammo alle vicine saline naturali, le quali ci permisero di apprezzare il continuo cambiamento paesaggistico come un punto di vista fluido della madre terra, quindi giungemmo in città a sera inoltrata. Per dormire trovammo posto abbastanza facilmente in camere abbastanza accoglienti, se non sarebbe stato per la scarsità d’acqua calda, alimentata solamente da rudimentali scaldabagni con resistenze 139 elettriche a vista. La mattina seguente approfittammo per visitare su un’altura a poca distanza dalla città, nella fortezza di Sacsayhuaman, le sue famose pietre megalitiche, misteriose per la loro grandezza, lavorazione e per il materiale con il quale furono fatte, materiale che non si trova se non a centinaia di km dal sito stesso. Vi sono undici stanze per le meditazioni, dove probabilmente ospitavano idoli ed altro, in più di una è chiara il simbolo della “chacana”, simbolo religioso che vuol dire a croce, è indossato come talismano e fa parte dell’architettura Inca, com’è chiaramente visibile e vedremo in seguito, nel tempio del Condor a Machu Pichu. Una curiosità sul popolo Inca è che non possedevano ed utilizzavano la ruota, in quanto non humm…quindi usavano niente animali da traino, tecnologia!.. già questo dovrebbe farci riflettere sulla loro antica sapienza. La loro ingegneria ci sorprende, sia per i lunghissimi canali d’irrigazioni, sia per i terrazzamenti fatti a scalini circoncentrici, fatti per creare un escursione 140 termica, permettendo alla temperatura di salire nelle scalinature stesse di circa 13 gradi, favorendone così nel terreno l’agricoltura, anche dove le temperature e la morfologia della terra non sono affatto adatte. Rimanevamo continuamente sorpresi, da vari punti di vista. Per i popoli Andini ci sono tre animali sacri, ovvero il Condor, il Giaguaro ed il Serpente, ne rappresentano i tre mondi, il cielo, la terra ed il mondo di sotto, spesso le raffigurazioni di alcune strutture, nei loro siti archeologici, tendono a rappresentare alcuni ingressi a questi mondi, ed in alcuni luoghi è stato possibile verificarne uno strano magnetismo con la bussola, la quale sballava totalmente. Insomma ogni volta che ci spostavamo scoprivamo strada facendo, non solo nuovi posti ma anche nuovi misteri da contemplare, non ho raccontato tutto proprio perché non sarebbe bastato un libro intero per narrare delle vicende accadute e dei posti visitati, ed anche per lasciare al lettore il gusto di desiderare d’esplorare egli stesso quest’incredibile continente, ricco di vera storia 141 e magia. Per andare a Machu Pichu bisogna prendere un trenino da Cuzco che sale e scende continuamente, andando avanti ed indietro per superare le alture in modo orizzontale, esperienza particolare che mise a dura prova il nostro senso d’orientamento, facendoci sembrare di stare sempre nello stesso luogo di partenza e fare solo avanti e dietro. Pernottammo ad Aguas Calientes ai margini della foresta amazzonica, dalla parte del Perù. La città perduta si trova nella valle dell’Urubamba a 2430 metri. Sul posto ci dissero che fu scoperta da un Indios in seguito ad un incendio, l’indio scappando dal villaggio in fiamme trovò dei gradini di marmo e li segui per km, fino ad arrivare alla famosa città perduta di Machu Pichu. Ecco! finalmente dopo tanto viaggiare pararsi come un miraggio, innanzi ai nostri occhi, una delle sette meraviglie del mondo, non sto qui a dirvi e a darvi cognizioni storiche o religiose, ma sicuramente abbiamo ancora molto da imparare, dagli eredi, di un popolo che è stato in grado di esprimere tanta 142 magnificenza. Restammo nel sito fino al tramonto, affascinati e silenziosi, muovendoci da un angolo all’altro, sentendone l’energia in vari luoghi, dove ne è appunto possibile l’ascolto nel calore stesso che inspiegabilmente fuoriesce da alcune pietre. Andando via, al tramonto, un gruppo di tre condor sembrò congedarci ed accompagnarci verso l’uscita, mentre i custodi sorridenti ci salutavano. Dal punto di vista umano il viaggio mantenne sempre le stesse caratteristiche, ovvero l’armonia del gruppo che con l’impegno evidente di ogni singolo viaggiatore, fu veramente un’esperienza unica. In un’occasione, capitò che dovemmo lasciare indietro due ragazze, perché una si era ammalata, a malincuore il gruppo doveva proseguire il giro come da programma, in quanto volente o nolente dovevamo arrivare per forza a Cuzco, da dove era possibile rientrare a Lima con un volo interno. Fortunatamente Nadia, il giorno dopo, si sentì meglio. In questa occasione feci una terapia alla ragazza, non so se fu la terapia o la dedizione 143 dell’amica ma sicuramente il giorno dopo, Nadia si sentì fortunatamente di riprendere il viaggio raggiungendoci velocemente. Devo dire che per lo più, quelle poche volte che ci fu nervosismo tra alcuni del gruppo, si risolse sempre in maniera ironica ed autoironica, dando spazio a quella dimensione di gioia che unisce le persone, facendogli fare insieme incredibili esperienze. Ancora una volta il rientro ci mise però alla prova, o meglio mise alla prova il nostro capo gruppo. Dopo la visita a Machu Pichu, tornammo ad Aguas Calientes ed a Cuzco da dove avevamo il volo di rientro per Lima. La mattina presto avvolti dal silenzio e dal freddo, il sole ancora doveva sbucare da dietro le montagne, salutammo la città di Cuzco con una certa nostalgia sia per i luoghi sia per la meravigliosa della gente che la abitano. Giunti in aeroporto a Lima, Gianluca, iniziò a sentirsi male, con vomito ed incredibili dolori ai reni, così dopo essere andato in infermeria ne su una sedia a rotelle e mezzo sedato dai tranquillanti, ci disse che probabilmente 144 aveva una colica renale o addirittura dei calcoli o chissà che cosa. Vi lascio immaginare la drammaticità e l’ironia della situazione, che ancora una volta colpiva la nostra guida. Per Gianluca fu sicuramente un viaggio che lo fece molto riflettere, chiedendosi perché proprio in un momento così, in un viaggio per lui tanto atteso ed aspirato, doveva penare tutti questi inconvenienti. Ricordo le nostre lunghe chiacchierate dove su una cosa indubbiamente eravamo d’accordo, ovvero che la vita insegna continuamente, ed è maestra in questo, e solo quando si capiscono finalmente le sue lezioni, allora e solo allora le cose cambiano e tornano a riprendere la loro naturale direzione, facendoci stare bene dal punto di vista sia fisico che emotivo. 145 Tornato a Roma T ornato a Roma ripresi la mia ora mai consolidata attività, con grande entusiasmo. Avevo già preparato, prima di partire per il Perù, tutta la documentazione per creare l’associazione culturale Aleb, con un sito web nel quale mettere informazioni e raccogliere, le testimonianze e le esperienze delle persone che frequentavano corsi e trattamenti individuali. Indubbiamente più io facevo esperienza nei viaggi e più energia avevo a disposizione da metabolizzare in seguito, se ci lavoravo sopra a livello di coscienza ed espansione della stessa. Potevo in questo modo dirigerla nell’arricchimento della professionalità, del tipo di lavoro che ora mai avevo fermamente deciso d’intraprendere. Fu spontaneo e naturale vedere delle nuove forme mentis che agivano sul corpo. Per esempio la consapevolezza del gruppo o 146 del singolo come una parte separata di un corpo unico, mi fece vedere i miei allievi come uno specchio dove io stesso potevo trovare l’origine dei loro problemi in me, e di conseguenza avendone gli strumenti adatti, causare sia la loro che la mia guarigione. Ritrovai sempre più equilibrio nella pratica che insegnavo ed ancora ad oggi insegno, potendomi rispecchiare e guardare in una profondità tale che il resto diveniva una semplice e chiara percezione del corpo. Ovviamente tutto questo è reso possibile dalla pratica e dall’impeccabilità di ciò che si trasmette, e che si mette a nostra volta in opera in ogni giorno della nostra vita. L’intento del lavoro che si svolge è sempre l’auto-guarigione. La pratica, in semplici strumenti come respirazioni posture ed esercizi fisici con specifici intenti, muovono consapevolezza diversa in varie aree del corpo, permettendo all’intuito d’attivarsi facendo cadere vecchi schemi per far spazio a nuovi paradigmi, come ho già ampiamente spiegato. Feci dei corsi anche per poche persone, portando sempre a 147 termine il compito e la responsabilità di aver iniziato a lavorare con loro, senza mai abbandonare nessuno, addirittura portai avanti un corso per una sola persona. Di certo non fu il denaro la molla che mi spingeva, ma col tempo capì l’importanza del dare il giusto valore a tanti anni di dura ed appassionata dedizione. Nel frattempo, tutto intorno a me iniziò ad indicarmi l’India come la prossima metà del mio cuore. Ci furono più persone che mi dissero chiaramente che era giunto il tempo, di vedere con gli occhi e sentire col corpo una dimensione che già stavo provando e che era palpabile e visibile in un posto come l’India. Come al solito aspettai dei segnali per capire quando era il momento giusto, ancora una volta però ci dovetti mettere del mio, non preoccupandomi di ciò che lasciavo ma totalmente rivolto verso l’ignoto senza alcuna paura. Purtroppo se cerchiamo di fare le cose solo con la ragione, non combineremo mai più di quanto ci è stato insegnato di cosa è giusto e cosa è sbagliato, senza dare spazio a quello impulso vitale 148 che nasce dal nostro cuore, al di là di qualunque paura ci attanagli la mente. Voglio fare un esempio pratico per rendere più comprensibile questo concetto. Immaginiamo di essere un pulman turistico ed allo stesso tempo il conducente, ad ogni fermata salgono e scendono persone che vogliono dirci dove andare secondo la loro meta, bèh! Noi abbiamo la nostra direzione da seguire ed ogni volta che siamo colti dal dubbio è il caso di fermarsi un attimo, per riflettere e riprendere la guida, sapendo esattamente quale è la direzione da seguire sia per i passeggeri che sono già informati della direzione, ed è proprio per questo che hanno preso quel Pulman, sia per il nostro più elevato scopo in cui ci identifichiamo che è portare tutti alla propria destinazione, compreso noi stessi. In torno a noi tutto questo accade continuamente in ogni relazione interpersonale, infatti, i pensieri e le opinioni degli altri continuano ad albergare in noi sotto forma di forme mentis inconsce le quali si nutrono della nostra energia e volontà, fino a quando non le 149 ricollochiamo in maniera conscia ed armonica in quello che riconosciamo essere il nostro intento più elevato. Quindi appena Valerio mi disse che c’era un biglietto per l’India andata e ritorno per Dheli a 300 euro senza scalo, non ci pensai su due volte e nonostante gli impedimenti, prenotai a Novembre per il mese di Aprile. 150 In India A ncora una volta i segnali erano stati forti e chiari, dal biglietto ad un prezzo speciale, all’incontro con Maurizio, un amico Siciliano che mi lasciò un libro su Babaji di Titti Mitti “Giocando con Dio di M. Letizia Bencini J. Amba edizioni”. Nel libro si parla dell’Asharam di Hairakhan piccolo villaggio nelle valli del Kumaon vicino ad Haldawani a 30 km all’interno della giungla, di fronte al Nepal sotto le pendici delle catene Himalayane. Uno dei posti più sacri dell’India, dove fin dall’inizio dei tempi a memoria d’uomo, si sono praticati riti di purificazione per l’intero genere umano. Sempre in questo luogo, fin dalla comparsa di Babaji nel 1970, si è creata da subito una forte presenza d’Italiani mischiati ad Indù, cosa che ha portato a fondare nel tempo, un Asharam equivalente a Cisternino in Puglia, regione italiana la 151 cui terra insieme alla semplicità della gente, ricorda molto l’India. Gli Asharam sono come delle centrali elettriche per quanta energia emanano, continuamente in funzione in contatto con il fuoco sacro della terra, i riti qui svolti generano una vibrazione che è un’onda che viene inviata nell’etere. Ognuno di noi genera onde connettendosi con i cicli di rotazione d’ogni elemento esistente. Quindi quello a cui dobbiamo prestare attenzione è il tipo di onda che generiamo, perché è quella sulla quale viaggeremo. Ad esempio se il primo giorno di luna nuova, facciamo purificazione a tutti i livelli, ovvero prestiamo attenzione a ciò che mangiamo, a quello che pensiamo e che facciamo, genereremo un onda che ci farà cavalcare quella specifica consapevolezza, quindi ciò a cui bisogna prestare realmente attenzione è l’intento che c’è dietro ad ogni cosa, arrivando così ad avere una forte volontà per sostenere l’intento spirituale quando la nostra luce tende a diminuire. Come accade per le maree anche noi subiamo l’influenza degli astri. Ad esempio se 152 decidiamo di mangiare solo frutta o fare digiuno, oltre che a purificare il corpo attireremo a noi la consapevolezza di nutrirci di luce ed acqua come le piante, spingendo ad evolvere così la nostra coscienza, inoltre questo permetterà alle nostre intuizioni di aprirsi verso nuovi paradigmi e punti di vista i quali continueranno a tenere forte la nostra volontà, in quanto le nuove idee saranno riconosciute come verità oggettive. Nell’Asharam si svolgono varie attività lavorative facendo Karma-Yoga. Secondo Babaji in questa nuova era, il Karma-Yoga è una delle forme più elevate di meditazione e purificazione della mente. Il Karma Yoga è lavoro consapevole. Durante i vari compiti assegnati all’inizio della giornata, gli ospiti, recitano un Mantra “Om nama shivaya”, è una preghiera rivolta a Shiva che nella cultura indù rappresenta il distruttore dei nostri difetti e del nostro egoismo. Nella cultura Indiana come in quella Cristiana, c’è il senso della trinità. In occidente abbiamo il padre il figlio e lo spirito santo, loro hanno 153 rispettivamente tre divinità, Brahma il costruttore, Vishnu il conservatore e Shiva il distruttore. Il Mantra serve per tenere la mente quieta, senza farla divagare inutilmente mentre si lavora. Questo alleggerisce incredibilmente l’animo, ed alla fine della giornata si ha una grand’energia, ed allo stesso tempo una tranquillità interiore che dona pace ed armonia col tutto, senza disperdere energia inutilmente. Ovviamente il posto, la gente che lo vive e la natura ancora selvaggia, favorisce tal esperienza. La consapevolezza di giorno in giorno sale sempre più, facendo sperimentare così agli ospiti realtà non ordinarie, come ad esempio parlare con il mondo che ci circonda, il quale risponde sempre sotto infinite forme che sta a noi identificare, alle volte può essere la natura a comunicarci consapevolezza, altre volte la tecnologia sincronica ai nostri pensieri, o qualsiasi altra cosa che tende ad entrare in armonia col nostro essere. Neanche a dirlo!, la mia proposta ai compagni di viaggio, fu di andare dovunque loro volessero, a 154 patto di arrivare ad Hairakhan alla fine del viaggio, per bere la sacra acqua dietro al Duni (fuoco sacro) e mangiarne le ceneri. Babaji disse che chiunque fosse giunto fino ad Hairakhan, in questo luogo benedetto, avrebbe eliminato il suo karma per entrare finalmente nel Dharma, ovvero una nuova consapevolezza che ci permette d’evolverci senza restrizioni provocate da esperienze irrisolte del nostro passato. Ognuno dei membri del viaggio, propose un luogo dell’India a lui caro. Daniele, in quanto appassionato di felini e di fotografia propose di andare a vedere la Tigre del Bengala, animale nazionale Indiano protetto, che si sarebbe potuto ammirare in vari parchi e riserve naturali. Valerio propose di fare visita a vari siti e templi Buddisti e Induisti, proponendo tra le varie mete di andare a visitare Varanasi la città sacra, e Bodh Gaya dove ci sarebbe stato l’albero della Bodhi dove il Buddha raggiunse l’illuminazione. Tutti in ogni modo erano d’accordo sul tour del Rajastan, affittando sul posto un mezzo di trasporto con autista, 155 per via della guida a destra come in Inghilterra. Ecco il gruppo composto di quattro persone era pronto, io e Simona la mia compagna e Valerio e Daniele i quali già erano stati con noi in Perù. L’itinerario si svolse nel Nord del paese, dalle propaggini del Rajastan fino ai monti del Kumaon addossati ai primi contrafforti dell’Himalaya nella regione dell’Uttaranchal toccando Delhi, Jaipur, Agra, Varanasi, e molti centri minori della campagna nel periodo della mietitura. Appena arrivati in India, prendemmo subito un taxi che ci avrebbe portato da New-Dheli ad un paesino lì vicino, dove avremmo affittato macchina con autista. Subito abbiamo avuto la riprova che non solo bisognava usare degli autisti, ma che sopra di tutto si doveva stare attenti alla loro guida. Infatti, dopo neanche un’ora che stavamo sul taxi …Sbbhaammm!!!.. incidente quasi frontale, con un altro pulmino che trasportava barre di ferro, che urtarono il vetro destro di dietro, dalla l’inconsapevole parte Valerio 156 del passeggero, stava dove dormendo saporitamente. Fortunatamente nessuno si fece male, e tramite l’agenzia in poco tempo ci venne a prendere un altro pulmino per terminare la tratta in corso, tutto sommato ce la siamo cavata solo con un piccolo spavento, ed abbiamo potuto appurare una certa organizzazione e premura nei confronti dei turisti. Arrivati a Jaipur visitammo il primo tempio Induista e L’Amber fort, cominciando ad entrare in sintonia con le loro usanze. All’Amber Fort insieme a Valerio ci siamo proiettati in un piccolo mondo magico e fantastico perdendoci tra i cunicoli del forte, sembrava di stare in un gioco tipo “Prince of Persia”, dove nello stesso gioco, tutto è riprodotto da foto prese da posti realmente esistenti, ed ora eravamo noi i protagonisti all’interno del “Gioco” il quale stava prendeva forma sotto i nostri increduli occhi. Personalmente iniziai a sentirmi veramente a mio agio. Ero finalmente in un luogo, dove era palpabile e respirabile nell’aria la forte spiritualità. Fermarsi in meditazione non era una cosa strana, anzi qui strano era il nostro modo di vedere le 157 cose da occidentali. Ovviamente dovunque c’è turismo, c’è un forte senso di sfruttamento verso i turisti stessi, ma è anche comprensibile vista la condizione di molti di loro, cosa che ostentano chiaramente di fronte all’illusione del nostro progresso. Il giorno dopo ci recammo all’agenzia, con la quale Daniele aveva già preso contattati prima di partire. Così insieme a Pradascjh, il nostro autista, ed il suo stupendo pulmino iniziò il giro del Rajastan. Visitammo nei pressi di Jaipur il Red Fort, Pushkar il lago sacro ed i templi di Shiva, Bundi la città blu e il suo palazzo che una volta, ospitava nei suoi giardini le meravigliose sensuali ed eleganti fanciulle Indiane. Nei giardini potemmo ammirare la moltitudine di scimmie che si spostavano da un albero all’altro e da un luogo all’altro, sembrava di vedere i nostri gatti, sono velocissime e dispettose, tanto è vero che bisogna stare attenti alle borse o strumenti di vario genere, come capitò, mentre facevamo il biglietto d’ingresso, una scimmia entrò velocissima nell’ufficio 158 portandosi via il cestino della carta, facendo scattare il bigliettaio che le corse dietro urlando, innanzi ai nostri occhi si parò una scenetta curiosa tra il comico e l’assurdo. Nei giorni seguenti, Continuando il tour, arrivammo al Ranthambore National Park, dove era possibile con un tocco di fortuna riuscire a vedere la regina della Giungla, la tigre Indiana, motivo principale che aveva stimolato Daniele ad affrontare un viaggio così particolare. Arriviamo sul posto prima di pranzo, ed ancora prima di trovare alloggio per la notte, c’informiamo e prenotiamo un safari nel parco nel primo pomeriggio. Incontriamo alcuni turisti, i quali ci dicono che sono tre giorni che fanno il safari ma della tigre ancora niente. Daniele s’imbroncia un po’, pensando che forse dovremmo rallentare il tour per fermarci alcuni giorni in più. La cosa che mi venne spontanea, fu di dirgli senza indugio: “ non ti preoccupare, se stiamo al posto giusto nel momento giusto vedrai che tutto andrà come deve, vedi loro sono tre giorni che ci provano e niente, magari se 159 andavamo di fretta saremmo arrivati prima e sicuramente non l’avremmo vista, ora una possibilità c’è”. Andò proprio così, fummo veramente fortunati, alla prima uscita riuscimmo a vedere ed a fotografare tranquillamente la regina del Bengala, la quale, la trovammo a riposare vicino ad una pozza d’acqua, permettendo così a Daniele di scattare delle bellissime foto da distanza ravvicinata. Non dimenticherò mai l’espressione, di meraviglia e di gran rispetto, che si stampò sulla faccia del nostro caro compagno di viaggio. La cosa negativa, tra virgolette, fu che in questo modo l’intento di Daniele si era già realizzato, ed era inconsciamente già pronto per ritornarsene a casa. Il viaggio era ancora molto lungo e questo gli cominciò a risuonare dentro come un martello pneumatico. Daniele è una gran bella persona e particolarmente sensibile, motivo per il quale gli cominciò a venire a galla tutta una serie di domande e di riflessioni che lo fecero sentire fortemente a disagio e fuori luogo. Ciò che lo scuoteva notevolmente, quasi 160 facendolo sentire in colpa, era la grande povertà, lo sfruttamento e le condizioni disagiate delle persone, cosa a cui assistevamo ovunque andavamo, sia nelle città che fuori. Ovviamente tutto questo osservato da un punto di vista occidentale, ci fa sentire veramente fuori luogo. Si muovono sentimenti difficili da controllare, sia per il senso di colpa che ne nasce nella evidente differenza di status sociale, sia nelle contraddizioni socio-religiose. Personalmente, come in ogni viaggio, spontaneamente mi sono lasciato avvolgere dalle loro usanze e costumi in maniera incondizionata, vedendone si, i possibili lati negativi, ma anche il grande mistero che avvolge un popolo con ancora ad oggi una così forte volontà e spiritualità. La tappa successiva fu Fatephur Sikri, la fortezza e la moschea. Visitiamo Diwan-i-khas sala delle udienze di Fatehpur Sikri, dove al suo interno potemmo ammirare in alto una struttura architettonica che unisce ai quattro vertici un disegno particolare. Sotto 161 questa terrazza si svolgevano le riunioni tra i vari rappresentati, delle diverse quattro religioni del tempo e del luogo. Fu fatto costruire da Akbar imperatore Mochul. L’intento di quest’opera era di far confluire l’energie dei diversi punti di vista in una nuova visione unica ed armonica, portando la pace e la collaborazione tra i vari popoli di culture e religioni diverse. “Tutto è 162 energia!”. Lo affermano sia le filosofie orientali, sia la scienza moderna. Inoltre, entrambi i filoni dichiarano esplicitamente che l’energia esiste, ma non ha una definizione, addirittura la meccanica quantistica, fa gentilmente notare che l’esistenza di qualcosa di misurabile, chiamato “energia” è in realtà un puro atto di fede, dato che non si può sapere “cos’è” né effettivamente misurare in modo diretto “se c’è”, ma solo ipotizzarne l’esistenza attraverso i suoi effetti. Possiamo provare a definire l’energia come un fluido che permea completamente l’uomo, che è parte dell’uomo, anzi che è l’uomo stesso, ovvero quella sostanza che si struttura in corpo, materia, pensieri, emozioni, sentimenti, scariche di elettricità e così via. Materia ed energia sono due facce della stessa medaglia: se la nostra educazione ci ha portato a vedere l’uomo fatto principalmente di “materia”, allo stesso modo si può concepire e provare a sentire l’uomo come fatto principalmente di “energia”. In realtà ogni giorno, ognuno di noi sperimenta 163 continuamente quest’energia, la quale la chiameremo “energia personale” o Ki secondo le discipline orientali, o Param Atma (il Sé Supremo) secondo le tradizioni della filosofia indiana e della teologia Vedica. Non essendo stati però educati a percepire o a soffermarci su quello che viviamo, spesso queste sensazioni passano inosservate, dal momento che incominciamo a riflettere su quanto detto, permettiamo una connessione tra l’energia personale e l’energia universale, l’energia che fluisce fuori e dentro il corpo scorrerà fluidamente permettendoci la comprensione del mondo esteriore, non solo come una parte separata da noi, ma anche come un tutto uno. Questo ed altro, nelle nostre visite, era palpabile alla sensibilità del turista “non a caso”. Il viaggio proseguì verso Agra ed il suo imponente Taj Mahal una delle sette meraviglie del mondo costruite dall’uomo e meta di molti turisti. Prima di lasciare il nostro comodo pulmino con d’autista, e vi garantisco che non guastò affatto il suo supporto, dovevamo ancora visitare 164 Kajurhao ed i suoi famosi templi Tantrici. Data la lontananza ed il forte caldo, decidemmo di fare tappa ad Orcha, piccolo paesino rurale. Qui Daniele entrò profondamente in crisi, pensando appena possibile, di prendere un volo per tornare a casa. Curiosa fu la contraddizione con la mia reazione che invece fu opposta. Mi sembrava di stare a Rofrano, piccolo paese di montagna nel Cilento, dove andavamo spesso con i miei genitori a trovare i nonni e i parenti. Ancora ad oggi questo luogo mantiene, cultura ed antiche usanze, risalenti ad oltre trenta anni fa; Infatti, lì come probabilmente in molti paesi del sud, era normale vedere bambini giocare a terra con vicini escrementi di mucca, passata da poco. Ovviamente, più di trenta anni fa vi erano poche strade asfaltate e raramente si vedevano macchine, infatti, mia Nonna Atonia, ricordo che mi diceva di aver visto il mare da vicino per la prima volta all’età di 80 anni. Trovarmi in un posto simile a distanza di tanti anni, fu come fare un salto nel passato. La terra ed il nostro contatto con lei, 165 è uguale in qualsiasi parte del mondo ci troviamo, basta che ci avviciniamo con semplicità e rispetto. Durante la giornata visitammo un tempio su un cucuzzolo di un monte, dove si poteva girare liberamente e dove c’intrattenemmo a nostra insaputa, data la meraviglia del panorama e del silenzio che regnava, fino alla chiusura della porta d’ingresso, bloccata da grossi catenacci. Dovemmo calarci da un muro sul retro per uscire dal tempio e in questa goliardica operazione, Daniele si ruppe i pantaloncini nuovi appena comprati, s’innervosì e preferì rientrare all’alloggio piuttosto che proseguire con noi la visita del paese e delle sue fortezze. Alla fine della giornata, trovai Daniele, solo e pensieroso sul tetto della casa dove alloggiavamo, sul cui terrazzo potevamo lavare e stendere i panni ad asciugare. Il momento era spettacolare, il sole tramontava innanzi a noi colorando di rosso il cielo all’orizzonte, una donna seduta all’angolo sinistro del tetto con le gambe incrociate, separava il grano, mentre cantava una 166 stupenda nenia,…all’orizzonte bambini giocavano correndo avanti e dietro con un pallone improvvisato chissà con cosa. Senza proferir parole guardai Daniele negli occhi e capii che era pronto a continuare il viaggio, la poesia del posto finalmente lo aveva aperto, facendo entrare in lui la “luce” che tutto intorno lo avvolgeva. Nel frattempo Valerio stava riposando in camera, ci raccontò in seguito della sua bellissima esperienza extra corporea, dove vide la nostra stessa scena da uno stato di “sogno lucido”. Come ogni svolta positiva, ce ne fu un altra di contrappeso negativa. Simona cominciò a stare male con lo stomaco, probabilmente dovuto allo stress del viaggio e dal cibo pieno di spezie particolari. Il giorno dopo arrivammo finalmente a Kajurhao, Simona stava veramente male con febbre alta e forte dissenteria. Stava forse purificandosi, rilasciando in maniera fisica legami atavici che ognuno di noi si porta dietro nell’arco dei cicli delle proprie esistenze? la sua forte tempra e volontà, gli permise di rimettersi 167 con un solo giorno di riposo, per essere pronta ad affrontare la seconda parte del viaggio. Ora eravamo soli con le nostre forze ed il nostro intuito, per affrontare l’ignoto e le paure che derivavano dal non avere più punti di riferimento. La sera del giorno dopo Pradascjh ci lasciò ad una fatiscente stazione dei treni, salutandoci con un caloroso abbraccio. Con Simona in forma non dubitiamo e ripartiamo senza indugi con destinazione Varanasi, la città sacra con il sacro fuoco sempre alimentato. Arriviamo in città nella mattina presto, dopo aver viaggiato su un treno locale che ci ha permesso di entrare più addentro nella loro cultura e vita ordinaria. Una curiosità è la sacralità che hanno verso un animale come la mucca, la quale gira libera ovunque addirittura dentro la stazione vicino ai treni, rovistando col muso nei cestini e guai a chi la scaccia. A Varanasi abbiamo l’onore di partecipare a messe funebri sul sacro fiume Ganga, dove svolgono le celebrazioni al tramonto. Fino a qualche anno fa, si potevano vedere addirittura i corpi dei morti delle 168 famiglie più povere, che galleggiavano sul sacro fiume, oggi si tende a fare a meno di quest’usanza, cremando i corpi al tramonto sulla riva del Gange. Il loro rapporto con la morte è completamente diverso dal nostro, vestono di bianco e pregano perché l’anima si stacchi, il più velocemente possibile, dai suoi limiti di attaccamento alla vita materiale, che la costringe al ciclo delle reincarnazioni. Sembrava una festa, con canti che colpivano tutti i presenti direttamente nel più profondo dell’animo e del cuore. Stiamo realmente in un altro mondo, con fascino e mistero che c’investe ovunque prepotentemente, rispetto alla nostra cultura occidentale. L’unica cosa è lasciarsi andare per far si che il nostro essere ne comprenda il valore ed il limite, senza pregiudizi e rimanendo in armonia con il tutto. La morte è un concetto che affascina e terrorizza l’uomo dall’inizio dei tempi. Il fatto di pensare che non vi è nulla di là della vita osservabile, è puramente una congettura basata su prove nulle, direi quasi legata ad una fede cieca. In realtà è più materialista la visione 169 di continuità che non, in quanto ci sono prove e testimonianze osservabili della continuità ciclica delle cose sotto diverse forme, d’altronde nulla si crea nulla si distrugge, ma tutto si trasforma continuamente! e poi vogliamo parlare del nulla! Cosa vuol dire ?!... occupa uno spazio già da solo se è una definizione! …Allora è già qualche cosa !? L’idea che non ci sia nulla è l’alibi perfetto al non porsi domande, le quali ad un osservatore attento farebbero venire l’unica idea sensata verso il concetto di morte: Se non ci fosse nulla? Di cosa ci preoccupiamo?! Eventualmente, il problema nasce se c’è continuità di consapevolezza, di quale sarà la qualità di questa e di come poter agire ora per renderla il più agevole possibile domani. Come d’altra parte si fa per affrontare la vecchiaia, che non è altro che la continuità di un ciclo che non è mai iniziato e che mai finirà. Anche il feto, prima di sbocciare al mondo vive in un universo immenso e ricco di vita propria, poi viene alla luce in un mondo immenso rispetto a quello da dove veniva,.. e prima 170 ancora? Dov’era?! E quali erano le leggi che lo governavano?!...e dopo?...dove andremo?! e soprattutto quali sono le leggi che governano tali immensi universi?. Alcune religioni o discipline ci pongono nella visione che non c’è il libero arbitrio e che tutti arriveremo li dove è nostro destino arrivare…e se non ci fosse un assoluto che ci garantisce questo?!, se esistesse invece solo il libero arbitrio di poter accedere “oltre” mantenendo la consapevolezza e la volontà?! Allora forse conviene fare il meglio ora, cercando di entrare già da subito in armonia, con quelle leggi nuove che ci stanno venendo in contro e che governano l’ignoto verso cui stiamo andando. Forse l’intelligenza sensibile all’armonia delle nostre azioni, in relazione col mondo che ci circonda, è l’unica reale intelligenza, visto che ciò che facciamo pensiamo e proviamo sarà quello che troveremo sul nostro infinito cammino. L’elemento più forte che si apprende con un viaggio in India, è la consapevolezza dell’uno. 171 Siamo un pezzettino separato di un corpo unico, che possiamo osservare in ogni cosa e persona. Ecco! Si attiva finalmente l’osservatore interiore, l’attenzione aumenta ed il tempo si contrae, d’altra parte l’essere umano conserva nelle tradizioni la conoscenza perduta e nella cultura ne custodisce i segreti. Solo comprendendo il 2 il 3.. la numerologia ed i suoi significati e tutte le usanze e tradizioni sparse nel mondo, sotto forma di varie culture, potremo finalmente chiudere il cerchio, facendone specchio dentro di noi, trovandone così il centro in noi stessi in un punto del cuore, per i reali significati e valori dell’esistenza, la quale al contrario diventa una condizione miserabile e di sofferenza. Solo questo è il reale punto di partenza, per passare dal mondo materiale a quello spirituale, con un chiaro atto di volontà di desiderio di conoscenza della stessa, spogliandosi di tutto il resto a livello mentale, consci così dello stato di vita e di morte che ci circonda. 172 Siamo pronti per andare a Bodh Gaya, culla del Buddismo e luogo in cui il Buddha ricevette l’illuminazione è un posto incantevole, pieno d’amore e rispetto, elementi chiave per favorire il “silenzio interiore”, ci sono molti monaci e turisti in meditazione in vari angoli dei vari templi. Mi metto in meditazione sopra degli scalini vicino all’albero sacro. Dopo un tempo indeterminato, apro gli occhi e li d’avanti a me il viso sorridente di un monaco, mi saluta e gentilmente ricambio sottolineando la forte pace che regnava sovrana sul luogo, nel frattempo sembra che tutto il mondo intorno a noi si sia fermato per un attimo …il monaco si congeda e si allontana lentamente, intanto Simona si avvicina sorridente chiedendomi : “ma di che avete parlato tutto questo tempo?” “ma come tutto questo tempo?”… per me erano passati solo pochi secondi, ed ero convinto di averlo salutato cordialmente e basta. Evidentemente è stato uno scambio a vari livelli e la percezione del tempo alterato visto da fuori, n’è la sottile conferma. 173 Chiunque è stato in India può dire di aver vissuto sicuramente alcune esperienze di questo tipo o comunque fuori dall’ordinario di come viene interpretato il tempo e lo spazio. Torniamo nel tardo pomeriggio a Varanasi, dove ci salutiamo con Valerio il quale ci lascia una settimana prima, rientrando in Italia per motivi di lavoro. Non dimenticherò mai il bagno fatto nella piscina dell’albergo al tramonto: Valerio ed io appoggiati ai bordi della piscina, ed una quantità innumerevole di corvi che sorvolavano in cerchio sopra le nostre teste. La nostra riflessione fu ancora una volta sulla morte e sul suo valore, quando la vedi come una sorella che ti sussurra all’orecchio che non c’è tempo da perdere e che siamo esseri destinati alla morte e quindi alla trasformazione ed al cambiamento inevitabile, l’unica via possibile è quella dello spirito, e qualsiasi problema diventa futile. A questo punto non potevamo non andare a visitare Kusinagara, il luogo dove il 174 Buddha lasciò per sempre la sua vita terrena ed il ciclo delle rinascite, da non confondersi con la dottrina induista della reincarnazione, che fu esplicitamente rigettata con la dottrina del non se, Anatman, in altre parole il se è unico e solo, quindi la reincarnazione riguarda una parte definita rispetto solo all’io. Simona in questo luogo ha preso una bella botta in testa, nel vero senso della parola. Durante il tardo pomeriggio mentre aspettavamo Daniele in un parco, dietro un dormitorio notiamo un monaco che riposava all’ombra su una panchina, vicino c’era una specie di rudimentale altalena. Decidiamo di andare li, ma senza disturbare il monaco, neanche a dirlo, Simona si siede sulla rudimentale altalena la corda si rompe ed il tronco di legno la colpisce in testa sbattendola di colpo a terra stordita, il monaco si alza di sobbalzo ( questo perché non volevamo disturbarlo!) e dietro di noi affacciati al balcone di un istituto, dei bambini vestiti da Buddisti ridevano a crepa pelle. Fortunatamente non si era fatta nulla di grave se non un bel 175 bernoccolo, un po’ di coccole e via verso nuove avventure. Più mi avvicinavo ad Hairakhan e più ero investito da forti sensazioni ed emozioni, nei confronti della mia storia personale e dei miei genitori, un immenso amore ma allo stesso tempo un forte distacco da me da loro e da tutte le cose terrene. Un senso di pace, che colmava il mio essere dentro e fuori, sprigionando un assoluto amore e rispetto per la vita e dovunque essa è manifesta. Ora erano rimaste le tappe per le quali ero partito, Gorakhpur ed Hairakhan e mi sentivo pronto e senza aspettative, in quanto l’India mi aveva già dato veramente tanto. La prima tappa fu Gorakpur nell’Uttar Pradesh. Questa città venne fuori da una ricerca su Gorakhnath, in quanto anni a dietro mi svegliai da un “sogno” pronunciando parole a me sconosciute, riuscendomi a ricordare solo questo nome. Come ho già detto feci quel sogno anni prima, ed ero completamente a digiuno su cosa fosse l’Induismo il Buddismo o le sette Sadhu. Lo presi 176 come un segno e conservai il foglietto per anni, con scritto questo nome, sapendo che al momento giusto avrei capito; Infatti, così fu al momento di andare in India m’indicò chiaramente un luogo da visitare fisicamente, in cui ero stato indubbiamente richiamato dall’inconscio collettivo al momento del sogno. Qui trovai un gruppo d’asceti, che seguivano gli insegnamenti di un antico Yogi Guru Gorakhnath Maharaj, che si diceva fu il detentore della conoscenza più antica dello yoga. Uno dei loro simboli di riconoscimento è un orecchino all’orecchio sinistro. Curioso ma è sempre stato l’unico mio simbolo di trasgressione fatto sin dall’età di 16 anni, per contrappormi al pregiudizio ed all’opinione sociale. Ancora ad oggi lo porto per ricordarne a me stesso l’intento. Da qui ancora ad oggi, prendo l’energia per ricordare e riscoprire la forza e le radici dello Yoga più antico. A Gorakpur una delle cose più belle che ho visto, fu il viso di Daniele gioioso e giocoso, avvolto da una bandana, ora mai si era completamente aperto 177 ed abbandonato agli eventi ed alla forza spirituale dell’India. Inoltre, stavamo finalmente per arrivare ad Hairakhan sotto l’ Himalaya e Daniele fremeva per poterne ammirare le vette innevate. Finalmente dopo 11 ore di treno e 2 di jeep, arriviamo in questa valle sacra a 30 km all’interno della giungla, ai piedi del monte Kailash, attraversata dal sacro fiume Gotam Ganga. Visione paradisiaca, i colori sembrano prendere vita e gli alberi parlare, si avverte un’energia talmente forte che se non ci si apre a lei, non è possibile sostenerne la portata. La mente ed il cuore dell’umanità viene purificata in questo luogo dal principio dei tempi, questo è l’Intento delle persone che trovano ed abitano la paradisiaca valle, ed è anche l’intento del luogo stesso. Il fondatore dell’Asharam, nato per accogliere ospiti in questo posto e renderlo noto al mondo intero, è stato Babaji (questo è l nome della sua ultima reincarnazione). Qui incontriamo vari personaggi tra cui Maeshevar, un italiano che da anni si è trasferito in India, lui fa il Puggiaro del fuoco 178 nell’Asharam, dove durante l’Aratri e la Puggia (canti indù per purificare e liberare mente e corpo) è responsabile del fuoco sacro, il Dhuni. Ci troviamo subito in sintonia, nella sua semplicità ci fa sentire a casa nostra, nonostante la nostra ignoranza totale delle loro usanze e tradizioni. Gli racconto del sogno e di Gorakhnath, lui rimane sbalordito annunciandomi che aveva appena trovato una moneta di questa divinità indù vicino al sacro fuoco, e che ognuno che fosse arrivato in questo luogo sicuramente era stato guidato per arrivarci. Mi regalò la moneta e mi disse di portarla con me, un giorno avrei saputo cosa farci, e di centrarmi di più sul cuore facendo scendere l’energia verso il basso, perché il suo movimento la faceva stare troppo in alto. Questo è quello che i “Cabalisti” chiamano un punto del cuore, da dove inizia il vero percorso di ascensione consapevole in vita dalla materia allo spirito, cavalcando il nostro ego. Fu sempre Maeshevar a chiedermi, con enorme semplicità, quali fossero secondo me le tre forze 179 dentro di noi da imparare a domare, d’istinto risposi il senso di possesso, i continui desideri e l’ira. Effettivamente l’attaccamento a cose e persone, la gelosia e la morbosità non ci permettono di andare verso il nuovo, verso lo sviluppo e quindi verso l’evoluzione stessa. Nei desideri, in realtà vi è il fulcro dell’energia stessa, il motore che muove la macchina che, quando ci porta a destinazione, ovvero all’appagamento dello stesso desiderio, finisce la sua carica vitale, questo meccanismo continuerà all’infinito fino a che non cominceremo ad avere un desiderio astratto o spirituale, allora e solo allora si comincerà a dipanare il velo di Maya. Nell’ira vi è una quantità d’energia particolare, che sprechiamo dirigendola all’esterno per via del giudizio o pregiudizio, creando inevitabilmente separazione e malattia, sia in noi sia nel nostro prossimo. Al contrario potremmo definire un punto di vista, qualsiasi esso sia, e custodirlo sapientemente dentro di noi, questo atto ci permetterà d’esternarlo al momento 180 giusto, creando un’onda armonica piuttosto che disarmonica. Possiamo mantenere l’attenzione su questi concetti, e mettendoli in pratica osservare come cambiano le cose intorno a noi, notando che si crea coesione piuttosto che dispersione inutile d’energia, la quale invece si può farla muovere come una spirale, e ad ogni nuovo passaggio si noterà che i desideri prendono forma automaticamente e più velocemente di quanto pensassimo, perché non c’è più la brama della realizzazione, ed inoltre c’è più energia che tende alla materializzazione ed allo stato fisico. Inoltre altre volte, ci rendiamo conto che non tutto ciò che desideriamo, lo vogliamo veramente. Indubbiamente avevo ancora molto da lavorare su me stesso cosa di cui col tempo me ne resi realmente conto, sopra tutto dopo il viaggio in America, nei parchi e nelle riserve indiane, come vedremo più avanti. La sera potemmo gustare un buon piatto di pasta all’Italiana, incredibile! Il cuoco del chiosco, dove era 181 possibile mangiare qualche cosa, era stato adottato ed istruito ad arte alla nostra cucina da una donna Italiana. Finito il lauto pasto, ci rilassammo nel silenzio più assoluto dove l’unico rumore era il mantra naturale del sacro fiume che scorreva, sembrava ripulirci e lavarci l’anima nel più profondo. Eravamo rimasti solo noi tre, gli altri erano andati o a dormire o a meditare dentro la giungla sotto il monte Kailash, mi avevano esortato di non avventurarmi sul monte da solo perché c’era il pericolo di incappare in qualche tigre. All’improvviso vediamo nell’oscurità forme luminose muoversi lungo il fiume, sembravano antichi guerrieri, spostiamo lo sguardo lievemente verso la foresta e vediamo forme luminose, con una fascia rossa in testa in posizione Yoga levitare da terra. Restiamo sbalorditi ed increduli, ognuno chiedendosi se anche gli altri stavano vedendo e cosa vedevano. La scena sembra svanire, ma non per me, Daniele dopo un po’ decide di andare in stanza a scrivere un po’ sul suo caro “diario di bordo” delle sensazioni che stava 182 vivendo in quel posto, io ero tentato di andare nella foresta, ma alla fine pensai che forse era stupido e potevo unirmi a loro entrando in meditazione dalla camera stessa. Simona, già stanchissima si addormenta quasi subito. Guardando dalla finestrella che dava verso la giungla, non vedo quasi più nulla, se non giochi di luce ed ombra, forse al massimo ciò che la mia mente voleva per forza farmi proiettare. A questo punto cerco di espandere semplicemente la mia aura, volendo comunicare con loro tramite la luce stessa. Riapro gli occhi! Non so quanto tempo è passato, mi riaffaccio alla finestrella e 5 o 6 forme di luce bianca, come prima anzi in maniera ancora più nitida svolazzavano in cerchio, chiamo e sveglio Simona e le dico: “mi dici per favore cosa vedi fuori dalla finestra !?”…mezza insonnolita, quasi come se fosse una cosa normale, a cui assistere tutti i giorni, mi guardò negli occhi e mi disse: “credo tipo dei monaci che volano in cerchio…in posizione incrociata con le gambe”,…si sdraiò e si 183 riaddormentò quasi all’instante. Avevo bisogno di un riscontro, la visione e la forte energia che percepivo faceva vacillare la mente razionale, la quale cercava scuse per rifiutare l’ignoto e ciò che non sa spiegare. A questo punto ne prendo atto, comprendendo che il mio cammino è quello che sto percorrendo e certe cose forse sono già definite con la nascita stessa dell’individuo, lasciando all’uomo l’illusione del libero arbitrio, in quanto la strada giusta è una sola, ed è dentro di noi, la libertà assoluta dello spirito e non dell’installazione aliena alla terra, che ci porta inevitabilmente alla distruzione ed alla sofferenza seguendone il suo deleterio ego che oggi si nasconde dietro il nome di cultura, religione e capitalismo, i quali potrebbero essere una buona forza motrice se fossero direzionati intelligentemente gli intenti. Non è nella distinzione del bene e del male che ci si eleva, bensì nella comprensione che sono entrambe le stesse facce di un'unica medaglia di due forze uguali ed opposte, una nel ricevere e l’altra nel dare. Solo saturando la parte egoistica di ognuno di 184 noi, potendo così capire che siamo nati per ricevere senza peccato, potremo finalmente trovare nel libero arbitrio, l’unico reale libero arbitrio, ossia, la volontà di andare verso lo spirito come una scelta volontaria, mossa da un desiderio di vuoto che non si colmerà mai nella materia e che non riceverà alcuna ricompensa se non quella della possibilità di dare energia ai nostri simili, ricavandone benessere e gioia, lì e solo lì dove c’è uguaglianza di forma e d’intento. Ci dicono di non preoccuparci, perché dopo la morte riceveremo il giusto premio se ci comportiamo bene, ma io sto qui a dirvi che invece mi preoccupo perché è l’unica cosa saggia che un essere vivente intelligente possa fare. Non c’è nessun premio dopo la morte, se non forse la possibilità di un’altra occasione, dove però dovremo, in ogni caso, ricominciare il tutto da capo perché non ricordiamo più il nostro se, ma solo l’ego che si è reincarnato nel nostro Karma secondo il gene e l’ambiente. Consapevoli di ciò possiamo divenire arbitrariamente capaci di donare luce e conoscenza, al 185 mondo ed ai nostri simili. Chi ha tempo non perda tempo inutilmente! Nel frattempo, si è fatto giorno!.. avrò dormito si e no un paio d’ore, albeggia ma non mi sento affatto stanco anzi, frettolosamente mi vesto e vado a passeggiare sulla riva del fiume, proprio lì vicino, dove la notte precedente avevamo viste le figure luminose muoversi. Intorno a me Pian piano tutto riprende vita, bisogna dedicarsi al Karma – Yoga ed ai vari riti di purificazione del cielo e della terra. Si venerano durante la giornata diverse divinità, dove ognuno rispecchia diverse caratteristiche per i diversi bisogni, in questo modo, ognuno può trovare la sua divinità interiore in quell’esteriore proiettando amore verso se stessi, per sbloccare i reali bisogni dello spirito e del cuore. Durante la giornata ci dedichiamo ai nostri compiti, io e la mia compagna abbiamo un cesto di panni da lavare nel fiume, è stata un’esperienza bellissima che ci ha permesso di vedere anche gli altri abitanti del posto lavorare durante il giorno. Le donne 186 fanno i lavori anche più duri, con grande forza e regalità, mentre gli uomini sbrigano le faccende più pratiche e burocratiche, come ad esempio il rapporto con i visitatori ed i lavori che ne derivano. Passiamo la giornata vicino ad un albero con vicino un Lingam sacro. Il Lingam rappresenta la forma dell’assoluto trascendente senza ne principio né fine, oppure la forma del relativo formale che si fonde con l’assoluto senza forma. Si narra che in questo luogo si svolse la leggenda del dio Shiva e la sua consorte Parvati, la prima moglie che per lui rappresenta la sua Shakty il suo potere. Durante la giornata conosciamo varie persone, tra le quali Masta un ragazzo Italiano che ci spiega alcune cose del posto. Racconta che sia gli ospiti sia gli indigeni che vivono qui, si suddividono in Neri e Rossi, grosso modo svolgono tutti gli stessi compiti, a seconda anche delle predilezioni, l’unica differenza sta nel fatto che quelli che vestono di nero fanno uso di charas mentre quelli che vestono in rosso no. Si dice addirittura che lo stesso Babaji fornisse 187 loro direttamente tutto ciò di cui avevano desiderio, quindi se vedeva qualcuno che faceva uso di charas e non era in grado di trasformare tale vibrazione in forza, con la concentrazione e l’amore, gli dava da svolgere i compiti più duri e fisici, proprio per farli tornare dalla mente al corpo. Ecco, finalmente si svela un mistero legato alla sacralità dello spirito nell’uso delle piante da parte degli sciamani. L’uso delle piante non è assolutamente com’è svenduta in occidente, come droghe al servizio del consumismo e dell’egoismo dell’uomo. La sacralità, sta nella capacità di trasformare il veleno in oro e questo è possibile solo passando per la via della passione e della volontà. Il fatto, che nel “gioco” dell’utilizzo delle piante, al fine di, smuovere la coscienza e rafforzare l’autocontrollo, ci sia chi ne ha bisogno e chi no, dipende esclusivamente dalla consapevolezza d’ogni singolo individuo, ad esempio le donne hanno l’utero che può anche essere un organo di percezione, oltre che di riproduzione, se ne viene risvegliata tale 188 funzione può permettere alle stesse di vedere come fluisce liberamente l’energia nell’universo.Per conformazione fisica quindi sono meno portate all’uso naturale di piante di potere, in quanto possono percepire direttamente senza dover interrompere il flusso naturale dei pensieri con l’uso di piante che sensibilizzano una diversa percezione della realtà e quindi di una presa nuova di coscienza. Inoltre bisogna comprendere, che l’uso di una pianta è un mezzo per andare a smuovere un’emozione che non riusciamo a metabolizzare, ci sono piante specifiche per fare esperienze mirate, cosa ben nota allo sciamano che usa le piante di potere per smuovere l’apprendista, ma la cosa importante da comprendere è che è l’emozione il motore della percezione e che quindi è il controllo o il rilascio della stessa emozione, ciò che ci fa comprendendone evolvere, metabolizzandone e il reale motivo psicologico. Qui bisogna dire che un successivo passo verso la comprensione di noi stessi è che la stessa emozione, 189 invece di chiuderla dentro uno scrigno, possiamo affrontarla fin da subito con altrettanti strumenti validi, come ad esempio la respirazione controllata sull’emotività stessa e la vibrazione corrispondente. Questo vuol dire che ogni nostro pensiero-emozione, ha una vibrazione specifica che agisce di riflesso su aree specifiche del corpo, e che con la dovuta tecnica, possiamo invertire il processo trasformando quella specifica energia in qualche cosa di positivo per la nostra mente ed il nostro corpo, una vera e propria alchimia. Ritornando al racconto, ricordo che quella sera Masta mi avvertì di stare attento e di non avventurarmi oltre i confini dell’Asharam, in quanto ci sono energie forti della natura, che potrebbero entrare dentro di noi, questo succede quando siamo “particolarmente” aperti, ovviamente non lo ascoltai. La sera tardi mi recai con la mia compagna, dietro il sacro Duni vicino alla fonte. Dopo aver praticato alcune forme d’ascolto dell’energia, il mio corpo iniziò a vibrare in maniera evidente, in lontananza il 190 rumore simile ad una cicala diventava sempre più forte, il mio corpo vibrava in maniera sincrona con l’aumentare del cantare della strana cicala, divenne una sensazione praticamente insostenibile dal punto di vista fisico, ma la mia mente rimaneva silenziosa e tranquilla, ripetendo come un mantra a me stesso che nulla di brutto poteva accadermi. Mi misi in una particolare postura per controllare meglio il mio corpo, limitandone le vibrazioni, facendo anche profondi respiri, all’improvviso realizzo che non sono solo e vedo la faccia spaventata di Simona, capisco che non ci sono solo io e che forse è il caso d’interrompere l’esperienza, mentre nel frattempo la cicala aveva raggiunto un rumore assordante. Per far smettere la cosa mi sdraio a terra d’istinto, ma le vibrazioni non smettono, all’improvviso arriva Bombay un cane nero che mi stava dietro con grande affetto da, quando eravamo arrivati, si mette a spingermi sullo sterno con le zampe, facendo di colpo cessare le vibrazioni del mio corpo, allo stesso tempo 191 la cicala smise di cantare. In un attimo eravamo circondati da un branco di cani bianchi e neri, i quali circondandoci ci scortarono fino al dormitorio, restando per l’intera notte fuori la porta a mo di guardia. Daniele nel frattempo ci aveva lasciato per andare verso Nainital la “svizzera Indiana” da dove si potevano ammirare le vette innevate dell’Himalaja. Rimanemmo d’accordo che ci saremmo incontrati in qualche modo ad Haldawani, per andare insieme a New – Dheli. Il giorno seguente racconto a Maeshevar le esperienze che avevo vissuto in quei due giorni, mi rispose che allora prima di andar via dovevo assolutamente andare a far visita a Muniraji, il loro Guru, diretto seguace di Babbaji, il quale vive ad Haldawani. Mi diede l’indirizzo di un negozio dove probabilmente lo avrei potuto incontrare. Gli chiesi cosa gli avrei dovuto dire, e lui mi rispose sorridendo: “ nulla!, Muniraji vuol dire il signore del silenzio, lui ti “vedrà” e forse dirà qualche cosa o forse no semplicemente ti darà il suo Darshan (Dalla radice 192 Sanscrita in qualità di aggettivo darśana indica "che espone", "che mostra", "che sa", "che insegna", "che rivela".), il resto verrà da se ”. La sera prima della partenza assistiamo ai funerali sul fiume di un ragazzo di un villaggio vicino. Montano una catasta di legno sulle rive del Ganga, dove soavemente poggiano il corpo, per appiccare il fuoco subito dopo. Il tutto accompagnato da canti e grande quantità d’incenso, tutto sembrava surreale. Ancora una volta assistiamo ad un antico rito, per far ascendere il più velocemente possibile la parte dell’essere che continua il viaggio. La mattina dopo mi sveglio accompagnato da un leggero senso di tristezza, consapevole di lasciare un luogo di pace ed amore come poche volte ho sperimentato nella mia vita. Prima di andar via partecipiamo all’iniziazione di un rito che si fa la mattina dopo essersi lavati nel fiume, il rito rappresenta una sorta d’apertura del terzo occhio, dando così ai partecipanti, fin dalle prime luci dell’alba intento specifico e chiarezza dello stesso, 193 rendendo la giornata leggera e quasi la semplice conseguenza di una pura osservazione d’eventi voluti chiaramente. Ci accompagnano sulla via del ritorno due portatori a causa dei pesanti zaini e Bombay, il cane che sembrava volerci proteggere. Per tornare ad Haldawani attraversammo la valle a piedi, guadando più volte il fiume, fino a raggiungere un villaggio, da dove è possibile affittare dei mezzi per raggiungere le strade asfaltate e la vicina città. Che bello immergere i piedi nella fresca acqua del Ganga. Alla fine della valle Bombay improvvisamente si ferma, ci guarda e sembra sorriderci, voltandosi si avvia correndo sulla strada del ritorno. Come ho già detto nel libro “Il Gioco”, per i Tibetani, i cani bianchi ed i cani neri, sono sacri ed incarnano monaci che non sono riusciti ad andare oltre il ciclo delle reincarnazioni, ed in questa vita hanno il compito di proteggere chi sta seguendo tale via. Salutiamo i due portatori, padre e figlio ringraziandoli e rimanendo d’accordo, che quando tornerò mi accompagneranno sul sacro monte 194 Kailash, per passarci la notte in meditazione. Per molte Sette Induiste è considerato come il paradiso terrestre, dove per la religione Indù risiede a tutto ora il Dio Shiva. Lo stesso Masta, ci raccontò di esserci stato e di aver rischiato d’impazzire, per l’incredibile energia che percepiva e per i pensieri che sembravano prendere forma con grande forza. Era stato da poco lasciato dalla sua compagna che si era messa con un altro turista. Sceso dal monte sentì le sue preoccupazioni svanire giorno dopo giorno, per cominciare un nuovo cammino che lo portò al suo nuovo nome indiano. Con Masta ci siamo rivisti in Italia, qui sta seguendo ora un percorso che lo ha portato allo studio degli Indiani D’america ed allo Sciamanesimo. Una volta andandolo a trovare in un posto vicino a Rimini, compresi che nella vita quello che possiamo fare noi, lo possiamo fare solo noi e non qualcun altro al posto nostro. Potrebbe sembrare una frase scontata, ma vi garantisco che non è così, perché riguarda il più profondo del nostro cuore e del reale ed 195 unico motivo per cui esistiamo. Arrivati ad Haldawani Il gioco proseguiva ridandomi il sorriso, ora dovevo trovare Muniraji. Fu molto facile, trovammo prima Maeshevar, che stava in una stanza d’albergo intento a fare gnocchi con acqua e farina da portare a Muniraji per una festa, quindi ci accompagnò lui direttamente al negozio dove incontrammo il Guru. Maeshevar grazie ad una turista che fece da interprete raccontò brevemente del mio sogno, Muniraji mi osservò intensamente e mi mise una mano su una spalla, sentii un incredibile calore pervadermi in tutto il corpo, nel mentre disse: “la prossima volta che verrai andrai a trovare Gorakhnath”, si congedò quasi subito, allontanandosi sorridendo. Chiesi a Maeshavar cosa gli disse e lui mi rispose che sembrava interessato al mio “sogno, ma appena seppe che ero in partenza interruppe il discorso rivolgendosi a me e dicendomi in pratica di ritornare. Ci salutammo con grande affetto con Maeshavar, come se ci conoscessimo da sempre dandoci appuntamento a Cisternino in Puglia 196 (luogo che ospita un Asharam), dove presto sarebbe andato per svolgere le funzioni al sacro fuoco. Ci allontanammo dal negozio zaino in spalla, incamminandoci euforici per le strade di Haldwani, ammirando il mercato ed i mendicanti così particolari e sacri nel loro completo abbandono a Dio. Girammo alla prima traversa per andare verso la stazione, pensavamo all’amico Daniele ed all’ipotetico appuntamento che avevamo con lui, per prendere lo stesso treno per Dheli. Neanche finimmo di dirlo, ed apparve come un miraggio davanti ai nostri occhi la sua figura sorridente che ci veniva incontro. Quando si è in armonia col tutto, tutto è in armonia con noi. A New Dheli, abbiamo un impatto traumatico con la civilizzazione e lo smog che ne deriva. Viene da deprimersi, come quando ci si sveglia da un bellissimo sogno che purtroppo è finito. Qui Daniele mi riportò sul pratico e sulla meraviglia del mondo, facendomi vedere dalla terrazza dell’hotel, il risveglio all’alba sui tetti della città che si rianimava piena di vita e di 197 buone speranze, con un silenzio inenarrabile che ci circondava e ci permetteva di ricordarci chi realmente siamo…finalmente riesco a comprendere che tutto è dentro di noi! 198 Tornato a casa A bbiamo passato una settimana dove non volevamo uscire di casa e non volevamo incontrare nessuno, finalmente capivo cosa intendesse Maeshevar dicendomi : “ ma come fai a vivere nella Maya ?!”. In fatti cosa ci stavo facendo qui?! perché non prendevo il privo volo per Dheli e me ne andavo di nuovo ad Hairakhan?!. Il ritorno al lavoro mi schiarì decisamente le idee, mi gettai anima e corpo su ciò che stavo costruendo, cercando di mettere in pratica la nuova consapevolezza acquisita dal viaggio stesso. Cosa fare?!...meditare è la risposta!…nella luce l’ombra ed i dubbi sono solo un mero riflesso una doppia illusione, l’ombra non è nient’altro che la proiezione della mente di Dio su una proiezione della mente dell’uomo. Ecco, cosa fare, mettere l’intento per aprire l’intuito in maniera costruttiva. Durante 199 tutto il periodo successivo nelle meditazioni e nell’ascolto dell’energia, vennero spontanee, praticare, forme ed esercizi per aprire e ripulire i canali energetici del corpo. Uno di questi passi è il “passo dell’arcobaleno” che riequilibra l’energia del corpo destro e del corpo sinistro, compiendo un ascolto di varie aree di consapevolezza armonizzandole fra loro. Così facendo si arriva a percepire uno scomparto nascosto che è esattamente al centro delle due energie, il quale ci permette di accedere ad una nuova consapevolezza d’energia che è di color violetto ed appartiene all’energia dell’amore incondizionato e del perdono. In questo periodo iniziai a formare alcune persone per l’insegnamento di questa disciplina che riconobbi avere le sue radici in un tempo così antico che non si riesce a comprendere se è più vicino al futuro piuttosto che al passato. Attribuii un nome a chi fa uso di questa disciplina chiamando gli istruttori 200 HealinGoranath.. Oramai sono convinto dai fatti e non dalla teoria, come la vita c'insegna, che tutto è intento come affermavano gli antichi veggenti, ed è quindi dall’idea che nasce la realtà. Questo principio primo ci avvicina a due principi fondamentali, il primo che la realtà è l’insieme oleografico di tutta la mente “genere umano” il secondo invece, e ben più pratico, riguarda l’individuo e la sua separazione dalla totalità, ovvero la malattia che ne è la diretta conseguenza. L’essere umano nella ricerca della guarigione trova di nuovo l’unione lì dove è separato. In un mondo come quello occidentale, dove tutto si muove in funzione della mente, che per sua natura tende a separare, ci si perde continuamente in intellettualismi della ricerca perdendo di vista la cosa più importante ovvero la pratica e l’agire. Se il corpo si ammala?!...nel corpo vi è la guarigione!. Guarigione vuol dire comprensione e trasformazione e quindi volontà, ma il problema nasce proprio qui perché la volontà è una conseguenza dell’energia, quindi se l’energia dell’individuo è 201 continuamente dispersa nel quotidiano, com’è possibile uscire da questo vicolo cieco in cui ci ritroviamo a morderci la nostra coda?! Abbiamo bisogno di strumenti e di comprenderne pienamente la loro funzione. Ecco che nasce l’esigenza dell’individuo di una ricerca personale che non è altro che l’atto “primo” di una via d' auto-guarigione dove finalmente si stacca il riferimento esterno, per cominciare a vedere dentro se stessi per trovare valide risposte alle nostre domande. Sicuramente il primo approccio per “risvegliarsi” in un percorso individuale è la comprensione del giusto modo d’alimentarsi per le reali esigenze del nostro corpo, questo oltre che a farci raggiungere un buon livello fisico aiuta, col tempo, a vedere a fondo la forma predatoria dell’ ego e della sofferenza che usa per nutrirsi della nostra energia tramite il nostro a volte assurdo attaccamento. Verrebbe da chiedersi: Perché questa relazione tra cibo ed energia?, ovviamente gli esseri viventi si nutrono prima di tutto d’energia, la quale si mostra a 202 noi sotto diverse forme e non tutte facilmente visibili o percepibili. Quindi abbiamo compreso che ci si nutre fondamentalmente dell’energia di altri esseri viventi come frutta,verdura animali, persone prana e chissà cos’altro, come ad esempio le stesse emozioni che possono essere vere e proprie bombe d’energia. E’ chiaro che sia una persona prepotente sia una persona amorevole, rispettivamente si nutrono del prossimo e nutrono il prossimo per mezzo delle stesse emozioni, basti pensare alla sensazione di debolezza o forza che ne consegue nello specchio dell’altro. Gli HealinGoranath sono tutti coloro che appresi strumenti, nella loro funzionalità di ritualità, operano su se stessi per promuovere un’auto-guarigione e su gli altri, per renderli efficienti nel fare questo a loro volta, muovendo e direzionando consapevolmente la luce. La luce non altro che informazione, e saperla veicolare consapevolmente vuol dire comunicare direttamente al corpo, alle cellule ed ai piccoli e 203 grandi organi. Nel corpo abbiamo grandi aree o bacini di consapevolezza, che possono essere risvegliati alla “mente lucida”, semplicemente meditando. Meditare vuol dire portare l’attenzione conscia semplicemente in quelle aree del corpo stesso, decodificando così nel tempo tali informazioni, le quali diverranno chiare intuizioni. E’ proprio questo, uno dei motivi primari per cui “uso” portare il mio corpo fisico in determinati luoghi terrestri, per poter in seguito andare ad attingere non solo alle informazioni che appartengono al gene, ma anche a quelle che appartengono ad altri lignaggi o “luoghi specifici”. Sono passati circa due anni dal viaggio in India, sento che c’è una parte dell’antica conoscenza che ancora non comprendo, le cose intorno a me si muovono troppo a rilento, decido di seguire nuovamente l’energia impeccabilmente, per trovare risposte alle mie domande. Dopo pochi giorni sono invitato ad una mostra fotografica a Forte Stella sui parchi d’America 204 e quelli indiani in Arizona. Le foto, il posto e l’autore che accompagnavano tutto ciò, insieme alla sua incredibile musica, mi entrò subito dentro dicendomi chiaramente che dovevo andare a visitare quei luoghi e le riserve indiane con il mio corpo fisico. La forza della vita e dell’ignoto, che sprigionava dalle foto stesse travalicava la mia comprensione razionale. Passarono alcuni mesi, fino a, quando una sera ci venne a trovare un amico con la sua compagna, per annunciarci il loro matrimonio a luglio e per chiedermi di fargli da testimone. Incredibile! il loro viaggio di nozze è grosso modo il viaggio che io e Simona stavamo progettando in un prossimo futuro, ovvero appena ci fosse stata la possibilità economica e gli eventi che s’incastravano. Nacque spontanea l’intenzione di fare il viaggio insieme nonostante le solite resistenze ed i soliti impedimenti, riusciamo a prenotare i voli, inoltre l’euro rispetto al dollaro stava in un momento particolarmente favorevole. 205 In America C ome al solito ognuno portò se stesso, inserendo nell’itinerario di viaggio le tappe che più lo attiravano. Prima di partire ero venuto a conoscenza, che proprio in quei luoghi ci sono ancora rovine che testimoniano il passaggio di un antico popolo, gli Anasazi, chiamato anche il Pueblo Bonito, popolo mite e dedito all’agricoltura. Oltre che il titolo di uno splendido episodio della celeberrima serie X-File, questo è il nome di uno dei popoli più enigmatici che sono mai esistiti. Innanzi tutto, il nome loro attribuito è quello che gli dedicarono i Navajo, ma nessuno sa, ancora oggi, come si chiamassero veramente. Ciò che resta di loro, infatti, è principalmente il ricordo dei popoli con i quali commerciarono e l’importante insediamento di Mesa Verde, nel Colorado. Il sito, ricco di ferrite, non presentando caratteristiche 206 importanti, né per la fertilità dello scarso suolo non roccioso, né per l’inesistenza di motivi che avrebbero spinto gli Anasazi a fortificarsi vista l’assoluta mancanza di popolazioni a loro ostili, costituisce di per sé un mistero nel mistero anche rappresentando un grandioso esempio di architettura urbana. Nella lingua Navajo, il nome Anasazi significa antichi stranieri, ed infatti le prime tracce di questo antichissimo popolo risalirebbero ad almeno 12000 anni fa. Probabilmente provenivano dall’Asia; discendendo verso sud, dallo stretto di Bering, arrivarono a stabilirsi in un’area che comprendeva gli attuali stati di Utah, Colorado, Nevada e New Mexico. Oltre allo straordinario sito di Mesa Verde, possiamo ancora ammirare le costruzioni nel Chaco Canyon e le incredibili dimensioni della loro rete stradale, tutte opere assai inusuali per il resto delle popolazioni indiane dell’epoca. Opere e strutture avvolte anche queste nel mistero di come mai un popolo così antico, avvertisse il bisogno di uno sviluppo urbanistico e viario, paragonabile ai grandi 207 imperi dell’antichità. L’astronomia rivestiva enorme importanza per questo popolo. Sono stati scoperti vari osservatori, noto è quello situato sul Fajada Butte: tramite fessurazioni direttamente praticate sulla sommità del monte, il gioco di luce solare si rifletteva su un petroglifo, permettendo ai creatori di questo meccanismo, di conoscere con grandissima precisione le date dei solstizi e degli equinozi. Commerci ed altre relazioni, sempre pacifiche, con i popoli vicini, lasciarono grande impressione e fulgidi ricordi nei Navajo, tra gli Apache, Pueblo, Mogollon e Hopi in particolare, i quali ne sembrano essere i diretti discendenti. I superstiti di queste popolazioni, concordano nel ricordare la grandezza dei loro famosi vicini e nel non sapersi spiegare come, quasi all’improvviso, sparirono dalla faccia della Terra, solo pochi anni dopo aver raggiunto il loro massimo splendore, all’incirca 800 anni prima della nascita di Cristo. Sparirono proprio nel nulla, dopo aver raccolto la quasi totalità della loro gente, proprio in posti come 208 Mesa Verde. Che gli Anasazi temessero qualcuno o qualcosa? Che aspettassero con ansia il ritorno di un loro mentore alieno, promesso al verificarsi di qualche particolare congiunzione astrale? E soprattutto, perché gli scettici di queste possibilità, non ci indicano dove diavolo sono finiti i resti di una delle più notevoli civiltà pre-romane, se davvero non sono stati tutti portati via, oltre gli angusti confini di questo mondo? Inoltre rimane un mistero, il fatto che si spostassero lungo il meridiano 108 ovest da Greenwitch per creare nuovi insediamenti verso sud, fino a giungere in New Messico nello stato di Chihuahua, restando quindi perfettamente allineati con Pueblo Bonito il primo insediamento a nord, con una precisione satellitare che solo con la tecnologia di oggi è calcolabile così minuziosamente. Quindi con queste premesse, aggiunsi all’itinerario alcune tappe dove vi erano rimaste rovine archeologiche di quest’antico e misterioso popolo. Un altro obbiettivo in comune, tra i componenti del viaggio, fu cercare un luogo di 209 un’antica Kiva indiana (luogo sacro), loco in una riserva, ma non ne conoscevamo l’ubicazione esatta, avevamo solo una foto trovata “casualmente” su internet dove non c’era riferimento alcuno di dove si trovasse. Questo fu uno dei tanti giochi che ci spinsero ad avere una meta nella meta, attratti semplicemente da un’immagine di un luogo sito chissà in quale riserva indiana o parco naturale. Il viaggio iniziò col trascorrere quattro giorni a New York, sinceramente mi aspettavo qualche cosa di più sorprendente, almeno per quanto riguardo il livello tecnologico, sicuramente non si può giudicare in quattro giorni, ma senza ombra di dubbio si può capirne l’intento, anche le città hanno il loro intento e quello di New York non è sicuramente quello che al momento stavo cercando. Il viaggio proseguì con un volo per San Francisco. All’aeroporto scoprimmo di essere in over booking, in parole povere l’agenzia di viaggio si era venduta i nostri posti sull’aereo anche ad altri clienti, i quali avendo già fatto il chek-in on line avevano precedenza su di noi. 210 Disdetta, non si partiva ed eravamo in sala d’attesa ad aspettare nuove. Dopo circa una mezza ora ci fecero prendere dei voli in prima classe, con scalo a Las Vegas per rimediare all’errore commesso. Fu veramente d’elite con poltrone super comode e champagne, nulla da eccepire ovviamente chi se lo può permettere si tratta sicuramente oltre modo, ma fortunatamente l’intento ci mette lo zampino, facendo provare altre realtà anche a chi non le cerca e non le ritiene indispensabili. A San Francisco soggiornammo per altre due notti, non scorderò mai il vento pazzesco che c’era da un lato del ponte, ed il forte caldo appena attraversato il Golden Gate dal lato opposto, un incredibile contrasto climatico in un così breve tratto di terra. Al terzo giorno finalmente prendiamo lo splendido Doge Durango rosso, cambio automatico, sette posti, ultra tecnologico ultra comodo, ci accompagnò per oltre 8.000 km nell’arco di due settimane, divenendo il nostro migliore amico. Evoluzione vuol dire armonia ed unione, solo 211 trovando il perfetto equilibrio tra uomo, macchina e natura potremo sopravvivere senza estinguerci. Questo vuol dire che dobbiamo andare incontro a tecnologie in armonia con l’ambiente, basti pensare che già ad oggi che abbiamo uno sviluppo tecnico molto basso, rispetto a prospettive future, le macchine avvertono chiaramente le nostre emozioni e reagiscono di conseguenza, è un fatto puramente elettrico e magnetico, figuriamoci un domani dove questo sarà elevato all’ennesima potenza. Motivo per cui coccolavamo e portavamo il massimo rispetto per la nostra casa viaggiante. Prima di lasciare la California abbiamo visitato Yosemiti National park, dove Simona ebbe problemi dovuti probabilmente allo stress degli ultimi giorni e forse all’altitudine. Ancora una volta dopo un trattamento energetico, ed una mezza ora di riposo a valle, riprende il cammino, ed addirittura la mia compagna si propose alla guida piena d’energia. Paolo in California preferiva non guidare, per via di una multa presa parecchi anni or 212 sono. Fiorella, neopatentata avrebbe sperimentato l’ebbrezza della guida più in là su una strada desolata che collegava Las Vegas con la valle della morte. La prossima tappa fu Sequoia National park localizzato nel sud della Sierra Nevada, qui potemmo ammirare la grande imponenza di esseri viventi di consapevolezza millenaria come il famoso generale Sherman. In questo parco le sequoie raggiungono i 130/150 metri d’altezza, e sono stati stimati con una longevità superiore ad i duemila anni, nonostante opinioni discordanti che affermano anche oltre. 213 Il parco è stato veramente sorprendente, sembrava che gli Hobbit dovessero uscire dalla foresta da un momento all’altro. Il leggendario popolo del Signore degli anelli non si fece vivo, ma in compenso fummo inseguiti da un orso, o meglio ci siamo trovati sulla sua via e velocemente ci siamo rifugiati sull’altra riva del fiume, che divide il parco in due. Abbiamo anche 214 avuto l’incontro con un serpente che ci impediva di attraversare il sentiero. Un evidente segnale di potere e di libertà della fauna locale. Pernottammo li vicino in un paesino di cui non ricordo il nome, ma ricordo benissimo l’usanza che i ragazzi hanno nei bar la sera, cioè una sorta di ping pong su un lungo tavolo diviso in due squadre con diversi boccali di birra vicino. Lo scopo del gioco è tirare con le mani la pallina di ping pong dentro un bicchiere, ogni volta che si fa centro un giocatore dell’altra 215 squadra si beve un boccale a turno. Pochi mesi dopo seppi che al nord dell’Italia si praticava un gioco simile, come al solito gli svaghi nascono per occupare il tempo e la noia e l’italiano medio invece di creare tende a copiare. Ora la meta era Las Vegas e la Death Valley. Ci fermiamo qualche giorno a Las Vegas per recuperare un po’ di stanchezza da viaggio, accumulata dallo stress di dover trovare sempre all’ultimo momento, dopo aver visitato i parchi e godutoci ivi gli splenditi tramonti, dove alloggiare e dove mangiare qualche cosa. Approfittiamo il secondo dì di soggiorno per andare a visitare la Death Valley nel deserto tra la California ed il Nevada. Una depressione ed un caldo mai visti prima, nella zona si raggiungono anche oltre i 50°, al centro della valle si trova il punto più basso del Nord America. Secondo i dati ufficiali, Le rocce più vecchie si sono formate circa 1,8 miliardi di anni fa e hanno subito talmente tanti cambiamenti che sono quasi illeggibili. Le rocce che datano circa 500 milioni di anni fa trovate nel 216 Panamint e nelle Funeral Mountains, sono fatte di arenaria, ed il calcare indica che il luogo era un mare caldo e poco profondo che si trovava all'Equatore, durante la maggior parte dell'era paleozoica (570-250 milioni anni fa). Per il corpo fu un’esperienza unica. Tra l’altro negli spostamenti, tra i cambiamenti repentini del clima e l’aria condizionata che in America hanno l’abitudine di tenere a palla ovunque, ci misero a dura prova di resistenza, dovendoci abituare velocemente ai continui cambiamenti di temperatura. Questo, lo compresi in pieno tornato in Italia, le abitudini a casa ci limitano molto rispetto alle nostre vere possibilità, che rimangono oppresse dalle comodità e riemergono solo nelle difficoltà, allo stremo della nostra resistenza. Il viaggio proseguì toccando tappe come Brice Canion e Zion, riserve nazionali protette nello stato dello Utah. Il Bryce Canyon è celebre per i caratteristici pinnacoli, gli hoodoos, prodotti dall'erosione delle rocce sedimentarie, dovuta all'azione d’acque, vento e 217 ghiaccio. Le rocce hanno un'intensa colorazione che varia dal rosso, all'arancio al bianco, uno spettacolo unico per gli occhi. Nel parco di Zion, invece, sono rimasto folgorato dai colori rossi della terra e verdi delle foglie talmente accesi, che sembrava di stare in uno stato di sogno lucido. Indubbiamente si poteva percepire la sacralità del luogo nel rispetto della natura stessa. Qui ebbi una discussione con Paolo, dove fu messa in gioco il vero valore dell’amicizia e della solidarietà, con grande 218 soddisfazione ad oggi posso dire che fu una grande occasione per consolidarla sempre più. Ora la destinazione da programma era Moab, per visitare il parco degli Archi e ponti naturali più grandi al mondo. A questo punto del viaggio cambiamo itinerario, perché veniamo a sapere che appunto a Moab, c’è un gran raduno di motociclisti, ed oltre ad essere pericoloso si trova difficilmente posto per dormire. Da una parte eravamo stimolati per l’evento, ma il nostro intento era di non perdere tempo e di riuscire a fare tutte le tappe che ci eravamo prefissati. Quindi seguiamo i segnali e ci dirigiamo verso Antelope Canyon, riserva Indiana sulla terra dei Navajo in Arizona. Per gli indiani è un luogo sacro come la piramide di Cheope per gli Egizi. Sembrerebbe essere una piramide naturale nella roccia, in quanto concentra grandi quantità d’energia. In questo luogo ci si ripulisce l’aura, riconnettendoci al grande spirito ed alla madre terra, ed è anche luogo per iniziazioni alla conoscenza, come d’altronde la grande piramide 219 di Cheope, la quale rappresenta inoltre il punto esatto che divide il mondo in quattro parti. Il nome, è dato dall’incredibile gioco di luci che all’interno del Canyon, fanno vedere chiaramente un’Antilope disegnata sulla roccia. Ora toccava alla Monument Valley, famosa da noi in Europa per tutti i film western interpretati da Jhon Way, il Canyon del Chelly, Chaco Canyon, Mesa Verde e Canyonlands. Nel frattempo continuavo in 220 tutti questi luoghi in cui vissero l’antico popolo degli Anasazi, ad eseguire pratiche di meditazione. L’intento era il risveglio in me, dell’antica conoscenza che permea sotto forma d’energia nei luoghi stessi, chiedendo l’aiuto degli antichi e dell’antico potere per poter portare il nuovo. Un posto in particolare dove sentii una forte energia, fu Chaco Canyon antico sito degli Anasazi. Qui durante il ritorno dal sito archeologico, ci perdemmo nel deserto, con dietro di noi un temporale che cancellava per la forte pioggia i sentieri d’uscita, ed ovviamente il satellitare non funzionava, ancora una volta con un po’ d’intuito e con l’aiuto di un allevatore riuscimmo a trovare la strada d’uscita, sicuramente la prima cosa è sempre mantenere la calma e la lucidità, il resto accade. Invece durante la visita al Canyon de Chelly Simona avvertì un forte dolore emotivo, e seppe perché anni prima ebbe una visione dove stava in un villaggio indiano, il quale era stato dato in fiamme. Qui ci raccontarono che quando arrivarono gli Spagnoli, 221 mentre tutti gli uomini erano assenti perchè a caccia, furono radunati donne e bambini del villaggio in una grotta, e qui massacrati. C’è una venerazione ad una donna in particolare che di fronte alla morte sicura, si lanciò contro uno Spagnolo maledicendoli tutti, e portandolo con se nel burrone. Da questo forte gesto s’intende l’orgoglio e la forza di questo popolo e delle sue donne, da cui dobbiamo prendere esempio e coraggio per le nostre azioni, dove non è importante il quando ma il come. Durante il viaggio prendevamo in ogni parco nazionale cd musicali, con le musiche tradizionali degli indiani d’America, ce ne fu uno in particolare dove sulla copertina, c’era in bella vista la famosa foto del luogo che ci eravamo ripromessi di trovare durante il viaggio. Dovunque andavamo mostravamo il cd, nella speranza che riconoscessero il luogo, ma nessuno sapeva darci informazioni dettagliate e quando ci dicevano che l’avremmo trovato in una determinata riserva o parco nazionale, puntualmente il posto non era mai quello raffigurato 222 in foto. Finalmente a Canyonlands c’informano di essere arrivati a destinazione. Secondo il Range custode del parco, era strano che dei turisti volessero visitare un luogo così sconosciuto per gli occidentali e sacro per gli indiani, e che mai nessuno in tanti anni che lavorava li, aveva chiesto informazioni su quel posto specifico visitando la riserva. Era conosciuto solo dagli abitanti del posto stesso. Il Range, per questo motivo, in maniera fatalistica, ci diete solo poche informazioni dicendoci dove fermarci con la macchina, per proseguire poi a piedi su un sentiero che avremmo riconosciuto da delle orme a terra, lasciate dagli ultimi visitatori. Qui impazzii letteralmente alla ricerca della Kiva (cerchio sacro di sassi disposti all’interno di una grotta a strapiombo sul Canyon), il Range tra l’altro si raccomandò che se l’avessimo trovata, non saremmo dovuti entrarne all’interno, questa ultima informazione guarda caso mi era sfuggita. Trovammo il sentiero avventurandoci lasciando tracce evidenti per il ritorno. Il gran caldo e 223 la paura dei serpenti e scorpioni ci faceva stare all’erta, cercando di proteggere nello spostamento Simona, che stava in ciabatte, cosa assolutamente sconsigliata per questi luoghi per via degli animali che ne popolano il deserto. Arrivati in cima alla valle possiamo ammirarla, comprendendo che finalmente eravamo giunti dove volevamo. Io non contento dovevo trovare ed entrare nella Kiva. Iniziai ad arrampicarmi su e giù per le rocce, senza sentire ne stanchezza ne paura. Fino a quando non mi fermo, rendendomi conto che gli altri stavano soffrendo il caldo fermi sotto al sole, ad aspettare i 224 miei capricci. Qui capisco che a volte bisogna anche saper lasciare andare i nostri desideri, senza essere ossessivo qualsiasi ne sia il motivo, ed in fondo è stato meglio così perché sicuramente avrei violato il posto entrando nella Kiva, visto che non ne ero a conoscenza, cosa di cui dopo m’informò Paolo, il quale aveva seguito meglio di me il discorso del Range. Indubbiamente potevo percepire la grande energia di questi luoghi, direttamente come una reazione fisica di grande forza e potere, gli stessi miei compagni di viaggio non si potettero spiegare come feci a muovermi così velocemente da un picco ad un altro del Canyon stesso, mi dissero che da lontano sembravo un pupazzetto di un gioco che saltava da un masso all’altro. Effettivamente mi sembrò quasi come di volare, dove gli immensi massi ai miei occhi erano piccoli sassi su cui saltavo, quindi in una distanza per la mia mente razionale, assolutamente normale, fino a che, la mia attenzione non fu richiamata dai compagni, che stavano schiumando nel vero senso della parola 225 sotto il sole. In quel momento mi fermai e vidi la reale distanza in cui mi ero mosso, notando tra l’altro il fossile di un serpente fuso in una roccia. Fu un chiaro segno che era arrivato il momento di mollare e preoccuparsi della via del ritorno. Ora rimaneva l’ultima parte del viaggio, Arches National Park con maestosi archi naturali in pietra, Natural Bridge il ponte naturale più grande al mondo, Meteor Crater, Sedona il Gran Canyon San Diego e Los Angeles. Una curiosità è che ogni tanto ho trovato delle cose, come un paio d’occhiali da sole a 226 Canyonlands, ed un cellulare con scheda carica ad Arches Park, due oggetti che sono stati utili nella loro praticità e nel loro significato simbolico come segnali per indicarci la via. Durante la visita a Meteor Crater ho provato una sensazione di silenzio interiore diversa dal solito, in qualche modo aliena, sembrava che la mia mente fosse semplicemente spenta, non un pensiero non una domanda solo una grande sensazione di leggerezza, anche volendo non riuscivo a concentrare la mente su un solo pensiero. 227 Qui vicino vi è la città di Sedona, la quale è situata nel cuore dell’America Centrale a 200 km a nord da Phoenix e 50 km a sud di Flagstaff ed a 1500 metri sul livello del mare, è rinomata per il suo clima mite, per la purezza dei luoghi e della sua acqua cristallina. Questa cittadina rappresenta una forte meta turistica, sia per poter praticare qualsiasi attività si voglia all’aria aperta, sia per la curiosità che i turisti stessi hanno per visitare alcuni luoghi, dove si ritiene che ci siano particolari campi magnetici, dove è possibile percepirne l’energia. Sedona era un luogo sacro per gli Indiani Apache, famosi per la Geomanzia, lo studio dei luoghi e dei suoi vortici per il benessere e la salute, inoltre la zona è anche nota per gli avvistamenti ufo e per i cristalli che vi si trovano. Oggi è meta d’artisti e ricercatori, vi sono quattro luoghi fondamentali da visitare, rispetto ai quattro punti cardinali. Neanche a dirlo, per me fu un’esperienza forte ed interessante sopra tutto dopo essere stato a Meteor Crater, mi 228 sembrò come se l’energia di un meteorite alieno mi avesse preparato a percepire in maniera più fluida, quella che è invece l’energia della nostra amata terra. Pernottammo a Flagstaff, dove siamo rimasti incuriositi dalle abitudini “notturne” di vari strambi personaggi che giravano la sera nei locali, direi molto caratteristico in una fusione tra il vecchio ed il nuovo. Per quanto riguarda il Gran Canyon è inutile commentare, allego questa foto scattata al tramonto che ho chiamato l’Eldorado. 229 San Diego ha rappresentato nel viaggio un momento di relax e divertimento. Qui il Sabato sera, si riversano per le strade e nei locali, una grande quantità di persone. I locali notturni sono tutti accessibili gratuitamente e chiudono alle due di notte, facendo riversare così per la strada, la stragrande maggioranza delle persone che vuole continuare a festeggiare. Si continua così fino a mattina inoltrata. Sembrava di stare in un film di Batman, dove elicotteri sorvolavano la città con giganteschi fari che illuminavano le strade, 230 per garantirne l’ordine. Il giorno dopo, ci aspettava una sana giornata di mare, guardando centinaia di persone serfare l’onda e poi via verso Los Angeles. Entrare in città fu un vero e proprio stress, una miriade di strade e raccordi che s’intersecano fra loro e nulla di particolare da visitare, se non riferimenti ad un mito ora mai in decadenza come quello di Hollywood. Da parte mia spinsi per l’ennesima avventura, cioè andare alla ricerca della sede di Cleear Green, associazione nata con l’antropologo Sciamano Carlos castaneda. Qui dopo varie peripezie, in giro per la città, con uffici che non esistono e indirizzi di casa di proprietà che non portavano a nulla, finalmente troviamo un posto dove ebbi una chiara risposta. Alla fine all’ingresso di un indirizzo trovato non si sa come grazie solo all’Intento, salgo un pianerottolo di scale e trovo un cancello con inferiate, da dove si vede chiaramente una porta con un cartello sopra… 231 Qui il messaggio fu chiaro, cercavo un segnale o qualche cosa di simile, e quel cartello indicava chiaramente che era ora d’iniziare un cammino totalmente individuale, col supporto di tutto ciò che avevo condiviso fino all’ora ma con la netta risposta che era ora di procedere con le mie gambe, assumendomene la totale responsabilità. O cercato di fare sempre del mio meglio e forse anche qualche cosa di più, quindi la cosa non mi scoraggiò, anzi, tutto sommato fu solo una conferma a quello che ora mai era divenuto un cammino senza maestri e riferimenti, dove l’unico reale insegnante è la vita e lo spirito che permea ogni cosa e persona. 232 Ora si metabolizza C ome ho già scritto nella Prefazione, da questo viaggio si è mosso qualcosa di atavico in me, da qui ho preso indubbiamente l’energia ed il coraggio per fare un salto notevole di consapevolezza, che mi ha permesso di portare a termine il primo libro “il Gioco”, ricapitolando così picchi di consapevolezza raggiunti durante gli eventi che si svolsero ponendomi così, al solo ricordo, a riflessioni da nuovi punti di vista. Tutto ciò mosse in me un grosso lavoro sull’affettività e sull’amicizia, mi ritrovai catapultato in mondi di cui ne avevo solo intravisto l’esistenza, ed altri a me completamente sconosciuti. Era però assolutamente necessario, per comprendere il vero significato dell’intento che tutto muove e tutto permea intorno a noi, e dell’impeccabilità che ne deriva come semplice conseguenza dell’osservazione dei fatti 233 nell’inseguire l’energia. Separai nel mio cuore il puro dall’impuro senza più nascondermi in inutili giustificazioni. Esiste solo una via ed è quella in armonia con la nostra madre terra ed ogni essere vivente che la abita. Ogni singolo uomo lo dovrà comprendere per permettere un salto evolutivo a tutto il genere umano, probabilmente, come tutte le cose anche qui c’è una massa critica da raggiungere, dopo di che tutti si adegueranno naturalmente. Ora è il momento del cuore, bisogna centrarsi e portare la mente lì, rimanendo vigili e coerenti verso la terra la quale ci protegge e c’invia continuamente energia per superare le nostre inconsapevolezze che altrimenti potrebbero portarci a far danni irreparabili alla nostra reale casa con la possibile conseguenza della nostra estinzione come razza. La terra, in quanto tale, è un incredibile essere vivente che svolge un’elevata funzione materiale la quale coincide con quella dello spirito nella responsabilità della continuità e ciclicità della vita. L’uomo, come figlio della terra, incarna la 234 possibilità di divenire come dicono i “Cabalisti” uguale al Borè, ovvero risvegliare in se la capacità di donare la luce verso la materia. Qualsiasi è la nostra consapevolezza, l’unico reale nemico è il nostro se chiuso in una scatola ermetica e le paure e le frustrazioni che ne derivano nel non lasciarlo uscire allo scoperto. Ora avendo ricapitolato tutti questi viaggi e potendo vederne la direzione è arrivato finalmente il momento di andare in Cina e Tibet ad esplorare. Il progetto iniziale era di passare per il Tibet, per il passo del Nathu-La e rientrare in India nel Sikkim, per dirigersi e terminare il viaggio soggiornando alcuni giorni ad Hairakhan (luogo già visitato e memorabile nel viaggio in India). L’intento di questo viaggio è proprio centrarsi nel cuore, percorrendo territori che sono stati, e sono tutta ora fra loro ostili, prendere la storia e la cultura dei luoghi e portarla a purificare a Hairakhan. Il passo del Nathu-La (in lingua Tibetana vuol dire 235 orecchio che ascolta), è stato riaperto nel 2006 chiuso per anni, per via delle tensioni tra Cina e Tibet, e Cina ed India, rappresenta uno dei più importanti snodi per gli scambi commerciali, qui è prevista prossimamente la costruzione di una delle più alte ferrovie al mondo. Guarda “caso” per la cultura dei meridiani e dell’ago puntura l’orecchio è proprio l’orifizio del cuore, ogni meridiano ha un organo associato ad una funzione ed ad un’emozione che lo fa vibrare e quindi un’apertura all’esterno, l’orifizio è ciò che permette all’interno di comunicare con l’esterno e viceversa. Verrebbe da pensare strana coincidenza nella preparazione e studio di un tale viaggio con uno specifico Intento, la soluzione migliore per entrare in India, è quella di passare per un luogo fisico, dove il significato del suo nome riguardi in qualche modo proprio il cuore. Ma non bisogna sorprendersi, quando si cerca d’avere una consapevolezza totale inevitabilmente troviamo sempre tutte le connessioni ed i punti di vista che 236 c’indicano la strada da seguire per raggiungere il nostro obbiettivo. Alcuni mesi prima di partire, mi sono ritrovato proiettato ad Atene per alcuni giorni, la prima cosa che mi è venuta in mente è che stavo andando ad onorare e a chiedere aiuto alla dea della saggezza Atena, che senza la quale non è realmente comprensibile che cosa vuol dire... seguire realmente il Cuore! 237 Atene M i sono sempre domandato fra tanti viaggi che ho fatto, perché mai la Grecia?! Eppure ho sempre avvertito un forte richiamo. Alla fine la risposta era sempre la stessa, ci sarebbe stato il giusto momento!. E’ andata proprio così quattro giorni ad Atene in una dimensione al di la del tempo, dove ogni luogo narrava la sua vera storia, dove mitologia e realtà si fondono in un’alchimia naturale. Ogni cosa sembrava prender vita e riempirsi di quel colore magico che solo l’animo vuoto e libero è in grado di riconoscere. Sentire parlare la gente, leggere le loro scritte pregne ancora dell’antico potere della lingua greca, ovunque andavamo ci ritrovavamo contornati da resti archeologici di un’antica civiltà che addirittura in alcuni luoghi è rimasta inesplorata ed inabitata per circa 1000 anni fino all’arrivo dell’imperatore 238 Romano Adriano. Nel silenzio ho percepito accadimenti oltre il tempo, fino ad arrivare alla nostra vera storia d’oggi, potendo cogliere sempre nuovi strumenti pratici, da poter portare lungo la mia strada “ancient ”, per non ripetere ancora una volta gli stessi errori, che perseguita il genere umano da un tempo ora mai immemorabile. Da una parte sento di provare anche il peso del “Giogo della consapevolezza”, ma d’altra parte questo mi è permesso, per il semplice fatto che ho avuto la grande fortuna di aver riscoperto il potere della dimensione del “Gioco” e della felicità che ne deriva come conseguenza di un semplice e puro stato d’animo, una ricchezza ed un bene incolmabili che si trovano unicamente al nostro interno. Visitare il Partenone, il tempio di Zeus di Giunone di Atena e di Poseidone, è stato come ritrovare vecchi alleati o archetipi che ci narrano la loro storia e ci ricordano che sono tutti vivi ancora dentro di noi, e che stanno aspettando solo un cenno per essere risvegliati. 239 Cina Tibet Nepal India E ccomi qui di nuovo a scrivere è il 24/09/2010 il PC segna le 15:21…guarda caso l’ora che ho fatto stanotte, per riuscire a modulare la frequenza di un file wav di windows. Il lavoro che svolgo è sempre rivolto alla comprensione del più profondo di me stesso e del mondo che mi circonda. Come ho già detto in precedenza, la consapevolezza che è tutto ciò che vediamo e definiamo è dentro di noi e non fuori, ci fa vivere l’esperienze con un’attenzione particolare, rivolta verso la nostra reale coscienza. Com’è la realtà al di fuori di noi ?! questa è una domanda chiave evolutiva, dove comprendiamo già nella domanda che la realtà è percepita per definizione e non per trasparenza. Com’è fatto realmente un albero ?! come lo percepisce una zanzara o un qualsiasi altro animale?!...una zanzara che 240 vede passare una macchina cosa percepisce?!...onde termiche forse ? noi sicuramente vediamo quello che la mente ci proietta, per come è l’istruzione di conoscenza e di come è stato inventariato il mondo, per come ci viene insegnato e per come è decodificato nel nostro gene nel DNA, ovvero la cultura e la storia e l’educazione che ne segue. Questo vale per qualsiasi essere senziente. Allora nasce spontanea, l’intuizione che nuovi paradigmi portati alla mente conscia, tendono a cambiare la realtà che ci circonda. Dico tendono, in quanto bisogna tenere conto della massa critica e della sua forza di coesione, è ovvio altresì che i nuovi paradigmi hanno bisogno della condivisione ed accettazione sociale per passare dal cielo alla terra, dal pensiero alla materia dalla filosofia all’azione, per divenire tangibili ed oggettivi agli occhi di tutti. Nei computer oggi abbiamo la possibilità di specchiarci e comprenderci, vedendone il nostro passato evolutivo, cominciando finalmente a ricordare chi e cosa siamo. Come ho già spiegato i processori ed il computer, 241 funzionano eseguendo programmi da noi stessi creati, alcuni di questi sono fondamentali per il corretto funzionamento del PC. Come d’altronde funziona una parte della nostra mente, nel gestire il funzionamento biologico del nostro corpo per funzioni vitali e necessarie. In un computer, se carichiamo allo start più programmi di quanti riesce a gestirne contemporaneamente, o per dimensioni o per quantità, vedremo che rallenterà la sua esecuzione fino a bloccarsi. Nello stress e nella malattia, ne abbiamo un esempio evidente, il sovraccarico d’informazioni ed emozioni crea delle vere e proprie interruzioni del corretto funzionamento del nostro corpo, con evidenti mancanze od eccessi d’energia non metabolizzate, con l’inevitabile susseguirsi della malattia che serve per metterci in allerta e ridare la giusta attenzione alle nostre azioni. Come ovviare a questi problemi?!…il capire come funzioniamo è già un passo verso la guarigione, possiamo avere più attenzione nel dirigere coscientemente e saggiamente i nostri pensieri verso la 242 reale direzione che intentiamo, aggirando così l’ostacolo senza necessariamente cozzarci ogni volta contro. Eccolo là il nostro limite, il corpo emotivo, che gia inizia a vibrare, preoccupato di come fare tutto ciò. E qui ribadisco due concetti fondamentali, il primo e fondamentale elemento è il “Gioco” come dimensione di movimento e stato d’animo, il quale sviluppa un onda armonica, con una mente lucida che osserva il tutto come un esploratore. Il secondo elemento, non da meno importanza è la coscienza del tempo relativo, la quale ci permette di seguire la direzione ed il fluire naturale dell’energia, mantenendo alta la nostra consapevolezza, senza preconcetti di sorta che creano ulteriori ostacoli al nostro divenire. Ad esempio se carichiamo un file wav all’avvio di un sistema operativo (file d’ascolto musicale eseguito da windows), e se la sua dimensione è troppo grande, inevitabilmente o non sarà eseguito o rallenterà l’avvio del computer stesso, oppure sarà possibile ascoltarlo per il tempo massimo che lo spazio 243 d’esecuzione gli permetterà. Se noi però agiamo sulla modulazione di frequenza, con dovuti programmi, riduciamo la sua dimensione fisica ed aumentiamo la possibilità del tempo di riproduzione, ovviamente ci sarà un rumore di fondo dato dall’ampiezza del segnale che tende a zero, sembra quasi d’ascoltare il rumore della pioggia che cade costante e ci ricorda che l’acqua è vita, ma ci ricorda anche che può sommergerci. Quel rumore è il rumore del silenzio che tende a zero all’infinito, con programmi adeguati si può con dei filtri eliminarlo, ma questo non vuol dire, che quel rumore non continuerà ad esserci per bande di frequenze al di la delle capacità della percezione dell’udito umano. Questo fa già intuire che rallentando i nostri pensieri si possono processare più velocemente le funzioni vitali, rigenerandoci e agendo su un fattore tempo con il pensiero che tende a zero, avvicinandoci sempre più alla comprensione e percezione di com’è la realtà al di fuori di noi, potendo sperimentare anche la possibile dilatazione e compressione del tempo 244 stesso. Ovviamente più aumenta la percezione corporea nella calma e la presenza del se, e più ne deriva uno stato di silenzio interiore. Questo è il potere di trasformazione e guarigione del silenzio. Ho cercato nel tempo e continuo a mettere al servizio dell’umanità, le scoperte che sperimento che osservo e ritengo utili, come l’intento del viaggio appena compiuto, che non è stato altro che un pellegrinaggio, dove i nostri sforzi sono stati l’offerta per un Intento più elevato, che và molto al di là della semplice comprensione dei nostri bisogni illusori, e mira diretta alla meta dell’evoluzione dell’uomo. Sperando che qualcuno al di fuori di me, ci veda altresì qualche cosa di buono ed evolutivo per migliorare la qualità della propria vita. Vi voglio narrare questo viaggio di un percorso a spirale senza fine! Di nuovo, anche in questo viaggio siamo in 6 come in Messico. I partecipanti furono come il solito la conseguenza di un Gioco di proposte e condivisioni 245 con persone che afferrarono al volo le occasioni senza tanti indugi. Parteciparono Gianluca con cui avevamo condiviso il viaggio in Perù che fece aggregare Barbara una sua amica, Valerio con cui eravamo stati in India, Vincet un amico collega di Simona ed io che da tempo progettavo e proponevo a chiunque potesse essere interessato. La preparazione dell’itinerario ed i vari visti e permessi fu parte del viaggio già ancora prima di partire. Finalmente, arrivò il giorno della partenza tanto attesa, ci ritrovammo ancora una volta tutti all’aeroporto di Roma. Dopo un lungo viaggio con scalo ed attesa a Budapest per prendere la coincidenza per Pechino…finalmente, arriviamo in Cina la mattina presto del fuso orario locale, forse troppo presto!. Avevamo prenotato due notti in una pensione in un quartiere non proprio centrale. L’autista che trovammo all’aeroporto ci accompagnò fino all’ostello. Dopo aver tentato inutilmente di arrivarci con la macchina, decide di 246 accompagnarci a piedi, passando per le vie di un quartiere nascosto nei meandri della città. Camminando, subito notiamo intorno a noi un mondo totalmente nuovo, semplice e povero allo stesso tempo come spesso accade, ci sono odori forti e particolari nell’aria circostante, dovuti sia al cibo cucinato con varie spezie, sia ad altri odori nauseabondi dovuti sicuramente perfettamente agli scarichi funzionanti. delle Il fognature, guardarci non attorno incuriositi ed attenti creò una miscela d’emozioni e sensazioni che mise subito vigile l’esploratore che è in noi, mettendo da parte la stanchezza. Fin da subito ci troviamo a dover reagire all’imprevisto, sono circa le 8:00 del mattino e le stanze non saranno pronte prima delle 12:00. Quindi ci troviamo costretti ad organizzarci ed a muoverci senza perdere prezioso tempo, piuttosto che doccia e riposo come tutti speravamo dopo il lungo viaggio che avevamo appena sostenuto. Decidiamo così di andare a piazza Tiananmen, per occupare in maniera costruttiva il 247 tempo d’attesa, prima che si liberassero le nostre stanze. Ci muoviamo a piedi incontrando varie difficoltà di comunicazione, è difficile trovare chi parla bene inglese e anche quando si trova hanno un modo particolare di pronunciare le parole, che rende il tutto più difficile. Camminando su una strada principale, troviamo uno sportello di cambio per ritirare con la carta di credito o per cambiare i dollari in moneta locale, per quanto riguardava gli euro invece, bisognava necessariamente andare alla Banca Centrale. Io e Simona non possiamo quindi effettuare nessuna transizione, in quanto avevamo con noi solo soldi in Euro. Usciti dall’ufficio di cambio, fermiamo un taxi per andare a piazza Tiananmen. Con nostra sorpresa ci carica tutti e sei, mi sono scompisciato dalle risate, Gianluca comodo sul sedile avanti e noi dietro in cinque uno sopra l’altro. Finalmente arriviamo alla piazza, scendiamo dall’auto, ci stiracchiamo per riprenderci un pochino, e subito ci rendiamo conto del gran 248 caldo e del cielo incredibilmente grigio dovuto all’alto tasso di smog presente nell’aria. Davanti a noi si staglia un luogo veramente triste ancora ad oggi percepibile in qualche modo dal passato 1989, quando avvenne lo scontro tra gli studenti in una manifestazione pacifica e l’esercito popolare della Cina, non si conosce realmente il numero delle vittime. Gli studenti circa 2.000 avevano occupato la piazza in forma di protesta, contro la corruzione del governo e la disinformazione dei media, mentre loro attuavano lo sciopero della fame, fu costituita la corte marziale, cosa che non accadeva dai tempi dell’occupazione di Lhasa nel Tibet. I carri armati arrivarono in piazza, Zhao Ziyang fu l’unico tra i politici vigenti che cercò di opporsi alla corte marziale e fino all’ultimo cercò di convincere gli studenti, ad abbandonare la piazza e la protesta che stavano effettuando sotto forma di sciopero della fame, promettendo loro che sarebbero state ascoltate le loro richieste, avvertendoli così del grave pericolo che stavano correndo, perché appunto era stata 249 instaurata la corte marziale, atto che gli costò l’arresto. Gli studenti erano radunati intorno ad una statua, alta 10 metri, da loro stessi innalzata, dal nome Dea della democrazia. Neanche di fronte al rischio, si fecero convincere a lasciare la piazza, fu un vero e proprio massacro. Le fonti ufficiali Cinesi, parlano di circa 100 morti civili e decine di morti militari, ma stranieri presenti e la croce rossa riportano notizie di più di 2.600 morti e 30.000 feriti, le stime più alte parlano addirittura tra i 7.000 e 12.000 morti, tra tutti i ribelli sedati nella città e fuori. Gli studenti speravano di ottenere con la loro protesta pacifica, in questo particolare periodo storico, di grandi cambiamenti, grazie anche alla politica estera di Gorbaciov, dei benefici anche per il loro paese cavalcandone l’onda. All’inizio delle rimostranze, ci furono manifestazioni con più di 100.000 persone, ed oltre 300 città Cinesi si unirono con solidarietà alla protesta. Anche all’estero la vicenda era seguita con enorme trepidazione. Fu 250 sicuramente un atto abominevole, della repubblica Cinese e di chiaro potere agli occhi del mondo. Ecco! mi era passata la voglia di giocare e già non vedevo l’ora di lasciare Pechino, ed andare ad esplorare l’ignoto verso Sud. Più tardi, prendiamo possesso delle nostre stanze e decidiamo di allungare la permanenza di un altro giorno, per fare visita, alla famosa muraglia Cinese, visitabile nelle vicinanze di Pechino. Trascorremmo piacevolmente la serata, approfittando per visitare alcuni quartieri della città, spostandoci in taxi, questa volta ben distribuiti in due auto. Tra uno spostamento e l’altro io Simona Gianluca e Barbara, mentre aspettavamo Valerio e Vincent che ci raggiungessero, approfittammo per fare un cerchio d’energia davanti all’ingresso di un’area di un centro commerciale dove avevamo appuntamento, potemmo subito notare con netto stupore di tutti la differenza tra l’assorbimento a cui eravamo sottoposti senza rendercene conto, e la grande coesione se 251 facevamo circolare l’energia tra noi. Riunitesi agli altri notiamo che nonostante il degrado ambientale dovuto allo smog, la città è pulita e girano per le strade tantissimi ciclomotori elettrici. Forse una delle città più inquinate al mondo, pensate che per le olimpiadi le fabbriche hanno dovuto interrompere la loro produzione per circa tre mesi, per poter rendere respirabile l’aria di Pechino. Nella mattinata del giorno dopo, visitammo la città Proibita spostandoci con la metro, questo ci permise di vedere diversi centri commerciali che variano da grandezza a varietà di prodotti incredibili. Sembra quasi una città post atomica, dove la vita tende a svolgersi sempre più in ambienti chiusi con aria condizionata. Se non verranno prese misure d’emergenza, credo che il destino della città e la sua vita, in un futuro non troppo lontano, sarà appunto legato allo svolgersi della stessa solo in ambienti chiusi. Inoltre, come in altri continenti, anche qui sono oramai rinomati e dichiarati in varie occasioni, dal governo stesso, gli esperimenti 252 sulla manipolazione del clima, con spesso le dovute conseguenze per la città e gli abitanti che la popolano. Ora approfittiamo per approfondire un po’ di conoscenza e di storia sulla città proibita. La città proibita, fu il Palazzo Imperiale delle dinastie Qing e Ming, si estende su una superficie di circa 720.000 metri quadri con 800 edifici e 8.886 stanze. Oggi è patrimonio dell’Unesco ed è la più grande collezione di antiche strutture in legno, che l’umanità ancora ad oggi conserva. La città proibita è sita immediatamente a Nord della Piazza Tienanmen e vi si accede dal Tienanmen “Porta della Pace Celeste”. Solo studiando, ed esplorando intorno a noi, possiamo realmente comprendere i popoli, la loro cultura e la loro lotta per la libertà. Nella repressione che ci fu nei confronti dei manifestanti, non fu solo un atto contro la libertà, ma un affronto ad una cultura antica che mirava unicamente all’evoluzione del genere umano, dove praticità e spiritualità camminavano di pari passo. Ad un osservatore attento non sfugge come 253 ogni edificio della città proibita rappresenta un intento specifico, con funzioni e ritualità ben definite. Ecco, questo è chiaramente quello che era il potere di un antico popolo, che ancora ad oggi conserva segreti e misteri nelle sue opere e negli intenti delle stesse. Mentre visitiamo la città proibita, comincio a cercare di creare un’armonia tra il gruppo, portando il mio supporto in ciò che per me è naturale fare, ovvero condividere la consapevolezza e l’intento con cui mi muovo. Fin da subito è chiaro che le intenzioni dei vari partecipanti, divergono per interessi e bisogni, ad ogni modo io cerco di creare una forma armonica con tutti, dando ad ognuno le attenzioni che al momento sembrano richiedere, portando così sostegno sia dal punto di vista fisico sia da quello psicologico ed emotivo. Purtroppo mi rendo quasi subito conto che non sarà per niente un viaggio facile, troppe aspettative si contrastano tra loro, ed io con la mia missione ed il mio pellegrinaggio non trovo sicuramente terreno fertile. Il terzo giorno mi sveglio 254 con una forte consapevolezza legata al concetto del tempo, e mi ritrovo subito a vivere un Deja-vu spazio temporale, ovvero la stessa immagine che ho sognato durante la notte, la vivo la mattina seguente, dopo appena poche ore che ci eravamo alzati. Come lessi una volta in un libro che parlava del potere dell’immaginazione dove l’autore affermava con enfasi che:: La creatività, l’invenzione e la fantasia pensano, l’immaginazione “vede” e quindi ciò che si vede è già creato essendo la parte finale del processo del pensiero. Ovviamente questo mi predispose fiducioso, anche perché il “sogno” riguardava la condivisione sulla relatività del tempo stesso, e di come ci dovremmo vivere il nostro fare e le nostre azioni, lontani da un corpo emotivo che ci preda o ci fa predare. Cerco di far notare ai componenti del gruppo, come per risonanza attiriamo gli eventi a noi, consigliando di evitare “saggiamente” d’intentare nei nostri comportamenti o pensieri, eventi negativi sul gruppo o su se stessi. Come si dice?! tra il dire ed il 255 fare c’è di mezzo il mare!. Non dico tempo perso, perché non lo è mai, ma sicuramente è un gran dispendio d’energie, cercare di trasmettere, o comunicare a chi la linea ce la momentaneamente occupata. Uno dei componenti del gruppo mostra grande interesse per il mio lavoro e le mie pratiche, in quanto da poco ha eseguito il primo livello Reiki con grande entusiasmo (disciplina Giapponese per la guarigione mediante la trasmissione dell’energia). La sua insegnante venendo a conoscenza dell’itinerario del viaggio e degli interessi dei partecipanti, gli consigliò vivamente di parteciparvi e di carpire il più possibile da una simile occasione sia per i luoghi che si sarebbero visitati che per le persone che vi stesse che erano mosse da tali interessi. Indubbiamente in Barbara c’è una gran capacità di ricettività e creatività positiva, ma come gli eventi dimostreranno in seguito dovrà fare una scelta tra ciò che cerca realmente nel suo cuore e la modalità del viaggio stesso. Senza entrare nel personale, ci sono delle cose che vanno 256 chiarite in noi, prima di poter accedere ad altri stati di consapevolezza, cose che riguardano l’indipendenza e la libertà. In ognuno di noi non c’è nulla che già non si sa…ma se si agisce in modo da non comprendere, le cose intorno a noi non si metteranno mai nel verso giusto. Sembra un gioco di parole, ma è la dura verità di chi sa discernere la filosofia dalla pura azione, non basta sapere e conoscere ma bisogna soprattutto essere, il che vuol dire passare continuamente dalla teoria alla pratica. Indubbiamente non è una condanna, ma una constatazione di quello che sono le forze che agiscono fuori e dentro di noi, e fino a quando questo non è chiaro, i nostri sforzi rimangono quelli di un folle. Come furono i miei, nel voler per forza dare alcune perle di saggezza in momenti non adatti. In fin dei conti, positiva o negativa l’onda che si muove intorno a noi è solo energia e sta a noi essere in grado di trasformarla per il meglio, in base a quello che la nostra consapevolezza ed energia ci permette in quel momento. Per quanto riguarda la visita alla muraglia 257 cinese, nonostante le indecisioni da parte d’alcuni del gruppo, riusciamo ad organizzarla trovando una bellissima giornata di sole che accompagnò la nostra escursione. Finalmente luce e cielo azzurro dopo il triste cielo di Pechino. Per me è un forte segno, in quanto già era chiaro che per portare a termine il viaggio, con tutte le sue tappe, sarei dovuto essere ben determinato nelle mie scelte. Già alcuni del gruppo, facevano continuamente progetti per stravolgere l’itinerario stesso, ovviamente anche in funzione del fatto che dal Tibet in poi ci saremmo divisi in due gruppi di tre, chi proseguiva per l’India del Sud, e chi come me andava ad ovest ad Hairakhan sotto le vette del monte Kailash. Decido di abbandonare il desiderio di tenere unito per forza il gruppo, anche perché stavo rischiando appunto di creare una forma mentis ossessiva, che mi si ritorceva inevitabilmente contro. Quindi godiamoci il viaggio!... La giornata alla grande muraglia scorre in maniera molto piacevole. La Muraglia Cinese è lunga circa 8.800 km, fu iniziata la 258 sua costruzione, per contenere sopra tutto le invasioni del popolo Mongolo, su il volere dell’imperatore Qin Shi Huangdi nel III a.C., lo stesso che fece costruire l’ormai famoso esercito di terracotta di Xian. La splendida giornata senza foschia, ci permise di vedere l’enorme estensione delle mura dove la vista si perdeva all’orizzonte, cosa a cui a sentire Gianluca, dai suoi diari di viaggio o racconti di d’altri viaggiatori, era veramente improbabile assistere. Colgo l’occasione per sfatare un mito, ovvero che l’opera è visibile dalla Luna ad occhio nudo, è vero che come lunghezza è immensa, ma le mura sono larghe circa 10 metri e mi sembra molto improbabile che sia visibile da distanze così elevate. Forse un giorno quando i viaggi sulla luna, saranno gite convenzionali potremo saperlo con certezza. Durante la giornata abbiamo tempo per fermarci dove Barbara ne approfitta per fare Reiki, praticandolo su quasi tutti noi. Simona era già un po’ di giorni che aveva problemi alle gambe, con bruciori e bolle dovute 259 probabilmente al viaggio in aereo ed alla pressione, lei più di tutti, ne ha sicuramente beneficiato ritrovando finalmente sollievo e dando anche una certa soddisfazione a Barbara la quale si era prodigata a farci questo regalo. Ecco ora eravamo pronti ad entrare nel vivo del viaggio! Verso il sacro monte Taishan. All’alba del quarto giorno in Cina prendiamo un treno per Jinan da dove con un pulman potevamo raggiungere la città ai piedi del monte sacro. Una cosa curiosa, accadde la mattina presto alla stazione, cercando un bar per prendere un thè, erano tutti chiusi, ma Barbara magicamente entrò ugualmente in uno di questi, e subito lo allestirono per farci fare colazione, dopo di che, uscendo dal locale, notammo che lo chiusero nuovamente. Potere dell’Intento?!...certo è che i Cinesi sono un popolo particolare, che all’improvviso quando meno te lo aspetti, sanno sicuramente sorprenderti. Ci vollero, circa 6 ore per arrivare a destinazione, viaggiando non proprio comodi anche perché spesso, 260 nonostante la prenotazione, il posto non è garantito. In quanto sicuramente, non è bello far viaggiare una mamma in piedi con un bimbo che dorme saporitamente tra le sue braccia. Tra l’altro durante il viaggio, ho avuto modo di conoscere e scambiare con un’intera famiglia Cinese, di cui la persona più anziana, con un serio problema di movimento al braccio. Fu una cosa quasi naturale, ritrovarmi a fare un trattamento energetico all’uomo che con sua e mia meraviglia, riuscì a portare il braccio fino al petto, cosa che non faceva da mesi. Ovviamente, il suo problema, era il risultato di un incidente domestico mal curato, forse anche per sua negligenza, anche perché le figlie nei suoi confronti mi sembravano molto affettuose e premurose. Incuriositi dal mio fare mi chiesero che cosa praticavo, e lo identificarono alla fine come qualche cosa simile al loro Qi Gong, un’antica arte cinese del manovrare l’energia vitale. Si pratica stando in piedi, facendo movimenti circolari o restando immobili come un albero, intentando una palla tra le mani con le braccia 261 larghe, o semplicemente camminando lentamente sincronizzando movimenti e respirazioni. Basta provare per rendersene subito conto, dopo pochi minuti il corpo si ribella si sentono dolori, ci si distrae si pensa “ma che cosa sto facendo?!...a che serve?!” e così via…in Cinese si chiama Wu Wei il “non agire”, ovvero l’arte di essere in armonia con la propria natura interiore, in maniera spontanea senza alcuna forzatura. L’essere apparentemente inattivi in occidente viene identificata quasi come una colpa. In Oriente, al contrario restare immobili, come un albero fermi in ascolto vuol dire che si sta riprendendo forma richiamando a se concentrazione e coesione, questo “non agire” ma “essere” fa si che aumenti la nostra energia e ci fa essere più sereni, forti ed efficienti, ricarica le nostre pile esaurite dallo stress, dovuto a tensioni paure e preoccupazioni di varia natura. Stiamo sempre lì, i nostri reali nemici non sono le cose persone o situazioni che strada facendo incontriamo, ma l’emozione negativa che ne deriva. Conoscendo 262 noi stessi e strumenti adatti per agire di conseguenza, possiamo limitare i blocchi fisici che le emozioni e situazioni irrisolte creano. Il Qi è l’energia vitale che pervade l’intero universo, compresi gli esseri viventi. Secondo i Cinesi, nel corpo il Qi scorre tramite un sistema chiamato meridiani, gli stessi su cui interviene l’agopuntura, e si concentra in determinati punti dello stesso sistema che sono veri e propri bacini d’energia e conoscenza. Inoltre nella pratica del Qi Gong, esistono ad esempio anche forme che richiamano l’intento di alcuni animali. Ne citiamo alcune: La forma del “Drago” il cui intento è la presa di coscienza dell’ego e della mente lucida, la forma della “Tigre” il cui intento è la presa di coscienza della respirazione, la forma del Giaguaro il cui intento è la presa di coscienza dell’aurea e della sua possibile espansione, la forma del serpente il cui intento è la presa di coscienza della conoscenza silenziosa e della meditazione del muoversi lentamente, oppure la forma della “Gru” il cui intento è la presa di coscienza di 263 potersi muovere liberamente “Sulle ali dell’Intento”. Nello Yoga classico per esempio, esiste la forma del “Saluto al sole”, il cui intento è ricordarsi fin dal risveglio mattutino, come primo pensiero lucido della giornata, che prima di tutto siamo un corpo fatto d’energia e di luce. Per vedere e riconoscere l’intento di antiche o nuove forme bisogna comunque praticarle per un certo periodo, permettendo così agli archetipi d’aprirsi e divenire chiara informazione Ciò che muoviamo nella realtà, ancor prima di vederne il risultato, sono le nostre intenzioni, l’intento, il resto è e rimane solo ritualità, per la quale passiamo per poter realizzare l’intento stesso delle nostre azione consce ed inconsce che siano. Il segreto per vivere una vita sana e lunga è conoscere, muovere e saper utilizzare il Qi. Respirare in modo armonico mangiare cibi sani, usare bene la mente e l’immaginazione, tutto questo permette col tempo d’entrare in armonia sempre più con tutto quello che ci circonda riconoscendo le leggi naturali che sono dentro e fuori di noi. Nella 264 tradizione Taoista ad esempio, per ottenere questi risultati, bisogna prendere consapevolezza dei tre tesori del corpo umano: “jing l’essenza della vita, Qi l’energia vitale e Shen , lo spirito” e tutte risiedono dentro e fuori di noi. Praticando, uno dei risultati subito evidente, è che si allentano le tensioni muscolari e si abbassa la pressione sanguigna, migliora la circolazione dei fluidi corporei (sangue e linfa), si rafforzano le difese immunitarie ed aumenta notevolmente la percezione di noi stessi e la consapevolezza corporea. Solo dal 1600 ha preso il nome di Qi Gong, tanto per dare un nome ad una conoscenza che forse un nome non dovrebbe avere, ad una delle più antiche discipline millenarie Cinesi per manovrare l’energia. Molte pratiche sono rimaste segrete per millenni, e trasmesse solo direttamente da maestro ad allievo. Come quelle per diventare incredibilmente longevi o addirittura immortali, come narrano le loro leggende, spesso molto legate anche a luoghi specifici, la cui energia permette di permeare 265 questa conoscenza per chi ne è alla ricerca. Uno di questi luoghi è Xian, si narra che ancora nei suoi dintorni, vi siano degli sciamani che vivono in alcune grotte da millenni, e scendono tra noi solo per trasmettere l’antica e persa conoscenza. Erano esperti sia nell’uso di piante “magiche”, sia nell’uso di tecniche e movimenti per aumentare l’energia e la consapevolezza, rafforzando così la propria “volontà”, fino ad arrivare all’essenza, ed all’intento stesso delle cose. L’energia, va lì dove riponiamo la nostra attenzione. Conoscenza, riconoscenza, azione, informazione, sono parole che corrispondono ad aree fisiche specifiche di consapevolezza e sono: “ mente, cuore, volontà, ed intuito”. Questo rappresenta il movimento dell’energia in armonia con l’universo, da sopra a sotto, in maniera ciclica, prendendo l’informazione dall’intuito e portandola in maniera “tangibile”, in varie aree di consapevolezza corporea, compresa la posizione della mente “lucida”, percependola chiaramente come sensazioni fisiche e 266 luce. Come ho già detto, il punto di partenza di tali comprensioni è creare un punto nel cuore, dove si comincia ad andare oltre l’ego, ed entrare nella dazione. Da qui si può iniziare a comprendere, il potere del silenzio interiore, da dove s’inizia a “riconoscere” ed a poter “trasmettere” la luce, l’informazione, quindi la consapevolezza e l’energia, oltre concetti come il tempo e lo spazio in una comunicazione non necessariamente verbale. Durante la rivoluzione di Mao per via dei suoi aspetti esoterici, questa disciplina, fu messa al bando e vietata considerandola come una semplice superstizione. Nonostante tutto, continuò ad essere praticata segretamente fino ai nostri giorni. Nel tempo, si unì ad altre correnti spirituali e culturali, come quelle Taoiste, Buddiste e Confuciana. Come nell’antico Yoga Indiano, anche qui i maestri, praticavano imitando movimenti degli animali, l’immobilità di alberi e pietre, e i fenomeni naturali. Il Taoismo, è l’antica via dell’armonia con la natura, per vivere bene 267 bisogna essere liberi e fluidi, e in sintonia con i cicli naturali. Concetti espressi dal noto simbolo del cerchio Taiji “ Il circolo suddiviso a metà, bianconero, in cui all’interno del bianco è rappresentato un punto nero e viceversa”. Queste coppie d’opposti, sono chiamate “Ying” e “Yang”, ed esprimono la complementarietà di giorno e notte, dentro e fuori, maschile e femminile, buio e luce, movimento e quiete. Per il Taoismo è fondamentale trovare l’armonia tra questi opposti, che sono tali solo in apparenza. Il Qi Gong Taoista, proprio per questo è la versione più antica semplice e profonda, la disciplina si occupa soprattutto del corpo, della salute e dell’energia vitale. Invece ad esempio nella versione Buddista, si mira più all’evoluzione spirituale; mentre quella Confuciana mira all’armonia sociale e alle virtù etiche. Il Qi Gong ora mai è arrivato anche in occidente, si utilizza addirittura in alcuni ospedali integrandolo alle classiche terapie, con eccezionali risultati dal punto di vista medico. Addirittura si 268 stanno promuovendo corsi all’interno delle strutture sanitarie stesse. Ecco! Dopo una giornata passata sui mezzi locali eravamo finalmente arrivati ai piedi dell’antico monte Taoista, Taishan. Prendiamo alloggio in un albergo a poca distanza da dove iniziava il percorso per arrivare sulla sua cima, che consisteva in una lunga camminata di km e 999 scalini, per giungere sulla vetta, dove vi erano i mistici templi da visitare. L’indomani ci alziamo presto entusiasti della nuova avventura. Dopo una veloce colazione a base di thè e dolci cinesi, simili ai nostri Punk Chake, c’intrattenemmo ancora giocando, grazie a Valerio che con la sua mitica mini guida per tradurre dal cinese all’italiano, ci spiega come si pronunciano i numeri fino a dieci e come si indicano con le mani. Curioso e divertente è stato mimare la pronuncia e la diversa simbologia con le mani, è proprio un altro mondo. Sembra tutto perfetto così apparentemente funzionale, tutti disponibili ed 269 incuriositi dalla nostra palese diversità, eppure c’è qualche cosa che non quadra. Noto nelle persone uno spiccato senso d’altruismo, ma anche una mancanza di fantasia, di cui noi eravamo uno specchio perfetto, dovunque andavamo c’era quasi una sensazione d’invidia nei nostri confronti. Non parlo per il fatto d’essere ciò che rappresentiamo, come possesso e libertà, ma del nostro occidentali, modo d’agire e quindi e di di pensare. Inoltre, indubbiamente non rappresentiamo il gruppo medio che si muove in Cina con viaggi organizzati. Ora mai la Cina, ha “colonie” ovunque, e la sua cultura, nel bene e nel male, si sta espandendo e fondendo con tutto il mondo, creando nuovi paradigmi ed ordini sociali. Ci avviamo al monte, consapevoli del duro cammino da fare, giocando e scherzando, sul modo particolare di rappresentare i numeri con le mani. Prendiamo un sentiero che ci porta dritto nel bosco, costeggiando un 270 incantevole fiume, e ci perdiamo nel senso vero della parola nella meraviglia della natura, completamente assorbiti dai suoi profumi e colori. Seguendo gli scalini arriviamo ad un verde piazzale, dove ci fermiamo su richiesta di Valerio improvvisando una vera e propria lezione di Yoga-Longevità, che a questo punto chiamerei in maniera più appropriata Yoga-Qi Gong, visto che ora mai conosco le origini antiche di certe discipline come d’altronde anche lo Yoga, tutte al di la del nome provengono indubbiamente da un'unica antica matrice comune. Fu una particolare esperienza, fatta in un luogo sacro, dove l’energia fu palpabile e visibile intorno a noi per tutti ognuno manifestando e condividendo a modo suo. Valerio ne rimase particolarmente entusiasta avendo provato per la prima volta, una consapevolezza corporea molto forte, che gli permise di percepire e manovrare energie particolarmente sottili, che solo con una certa apertura si riescono a carpire. D’altra parte mi colpì molto il modo di fondersi con l’ambiente di Vincent molto 271 naturale ed al di fuori degli schemi, spontaneamente anche Barbara Gianluca e Simona ebbero delle esperienze di percezione fondendosi con la natura, ascoltando per esempio l’energia di un albero o scambiandola fra loro. Indubbiamente il nostro unico reale nemico alla percezione è l’ego sia nostro che del nostro prossimo, in quanto rappresenta la definizione della realtà spesso limitata a ristretti punti di vista. Solo l’apertura al nuovo, senza pregiudizio, la concentrazione e l’ascolto fa si, che si può finalmente percepire vedendo e sentendo il prana come l’energia vitale che tutto permea dentro e fuori di noi, in maniera semplice e normale. Aiutando qualcuno indubbiamente c’è in gioco la nostra energia, altresì è vero, che la stessa è ovunque intorno a noi, quindi possiamo, conoscendo tecniche e strumenti, ricaricarci in qualsiasi momento lo vogliamo, ed essere anche degli efficienti conduttori quando ce n’è bisogno, per intenti specifici legati spesso alla guarigione nostra o d’altri. Un elemento fondamentale per aumentare la 272 portata dell’energia che possiamo condurre è sempre il silenzio interiore, il quale si può cercare di gestire, portando sempre più consapevolezza corporea alla nuca, dove risiede il nostro cervello rettile ed i suoi ermetici archetipi. Carichi di nuova energia e coesione, dal lavoro appena eseguito, riprendiamo il cammino con un certo entusiasmo. Troviamo una fontana e decidiamo di sostare nei pressi, approfittiamo per rinfrescarci e riprendere fiato immergendoci nell’acqua cristallina con braccia e gambe e testa, sembra un vero e proprio battesimo di purificazione, da qui proviamo a seguire gli scalini lungo una strada sempre meno visibile fino a quando dopo svariati km, ci accorgiamo di esserci persi, seguendo forse un’antica strada, fatta di vecchi scalini in marmo che finivano sparendo nella folta vegetazione. La maggior parte di noi iniziò ad innervosirsi, dovendo tornare indietro di parecchi km per ritrovare la giusta strada, inoltre la fame e la 273 stanchezza iniziavano a farsi sentire. Barbara iniziò a fare da ponte, intrattenendosi prima con me nell’ascolto ed osservazione del luogo e poi raggiungendo gli altri che si erano già incamminati sulla via del ritorno. Io continuo ad andare avanti per un pezzo di strada da solo, immerso in un’incredibile quiete, avvolto da una sensazione di calma particolare quasi intuitiva la quale mi spingeva a proseguire dritto, la vegetazione era fitta e gli animali della foresta accompagnavano il mio cammino, fino a che mi resi conto di essermi inoltrato parecchio, la parte razionale mi riporta velocemente al pensiero dei miei compagni, decido di raggiungerli per condividere con loro il sentiero che avevo scoperto. Purtroppo trovo alta tensione dovuta all’attesa, ed alla preoccupazione di rifare minimo 3 km per tornare alla strada canonica. A questo punto lascio la decisione alla maggioranza adeguandomi di conseguenza, anche per sedare gli accaldati animi. Peccato avrei proseguito volentieri e magari le strade si sarebbero comunque ricongiunte 274 portandoci ugualmente alla cima, raggirando il monte dal lato opposto, oppure facendoci scoprire posti che sicuramente non appartengono alle classiche visite turistiche. Nel frattempo Cominciavamo a renderci conto della difficoltà di sostenere l’avventura, anche perché Simona e Gianluca iniziano ad avere problemi fisici, quindi proposi di fermarci di nuovo, per praticare esercizi per ricaricarci ed affrontare la strada ancora lunga da percorrere, ed i famosi 999 scalini che tra l’altro non trovavamo più, ma la mia proposta non venne ben accolta in quanto il lato emotivo, con tutte le paure che ne conseguono, cominciava a prendere il sopravvento. Stavamo costeggiando il percorso del pulman, percorso chiaramente diverso anche perché portava ad una funivia che a sua volta arrivava direttamente, fino su in cima al monte. Dal mio canto non conveniva tornare indietro, ma vedevo chiaramente il forte disagio degli altri del gruppo. Proviamo a fermare dei pulman che salivano lungo la strada, ma senza alcun risultato. Vediamo una baita, 275 dove fuori c’era un pk, speranzosi di rimediare un passaggio, suoniamo più volte ad un campanello, fino a che un uomo si affaccia sorridente alla porta. Vana speranza senza alcun risultato, anzi intuimmo dalla gestualità del padrone di casa che anche volendo non poteva, come se il percorso essendo una cosa sacra andava fatto secondo certi canoni, o in ogni caso gli era vietato portare persone su e giù per quella strada senza un permesso ufficiale. Alla fine decido con un sapiente escamotage, di fingermi zoppicante per fermare un mezzo, riuscendo così a riportare parte del gruppo al punto di partenza, rischiando di essere portato all’ospedale veramente per via del loro incredibile zelo. Aspettiamo che il gruppo si riunisce al completo e con pulman e funivia, riusciamo finalmente ad arrivare sulla cima del monte Taishan. Sembra di stare in uno di quei film classici sul Vietnam o sulla Cambogia, vegetazione ricchissima con colori particolarmente accesi. L’aria è piena di vapori dovuti all’alta percentuale d’umidità, un 276 panorama sicuramente mistico, all’altezza dell’intento del luogo stesso. Vediamo i famosi scalini, da cui saremmo dovuti arrivare, e rimaniamo letteralmente senza parole vedendo, pellegrini che arrivavano portando pietre enormi attaccate a bastoni a tracolla. Non capiamo se sono offerte religiose come atto di devozione verso la sacralità del luogo, o semplici operai che portano pietre per fare ristrutturazioni, sicuramente una gran forza pervade in loro per riuscire in un simile compito. Visitiamo i vari templi, scoprendo con nostra sorpresa, che ovunque, in maniera totalmente naturale crescono piante di Canapa. Ovviamente l’uso di Canapa è vietato con pene severissime. Curioso vedere come la natura seleziona in un luogo sacro, una pianta che per il suo utilizzo cosciente, può solo che essere considerata sacra, come d’altronde ogni pianta che cresce naturale e madre terra ci dona. Tra l’altro bisogna chiedersi perché la coltivazione della canapa è vietata?.. prima che la vietassero, con la pianta venivano fatte 277 un’infinità di cose, dai tessuti ai combustibili ai vari materiali con caratteristiche elevate di resistenza, fino addirittura a medicinali per curare serie malattie, consiglio vivamente di dare un’occhiata al sito www.altrainformazione.it nella sessione che riguarda appunto l’argomento in questione, ed i reali motivi per cui ne è stata vietata la coltivazione in quasi tutto il mondo. Al tramonto, ce ne andiamo in tempo per riprendere la funivia e riscendere a valle, prima che chiudesse la struttura. L’esperienza del monte Taishan, per quanto mi riguarda, mi ha connesso fortemente alla “consapevolezza dell’uno”, mi sono sentito parte integrante dell’ambiente, pervaso dallo splendore e dalla grazia del luogo, sentendo anche un forte distacco dalle mie emozioni, non sentendomi più coinvolto dal personaggio stesso che ognuno di noi rappresenta nel momento in cui traspare verso l’esterno. Proprio da questa particolare vibrazione ho preso l’energia per proseguire il viaggio, mantenendo una certa “consapevolezza”. Il giorno seguente 278 c’intrattenemmo ancora in questi incantevoli luoghi, ed organizziamo una partenza per Zhengzhou, da dove avremmo preso treni veloci per proseguire il viaggio verso sud, fino ad arrivare ai confini col Tibet. La sera scorre piacevolmente, festeggiando il compleanno di Simona, cosa che gli capita di sovente nei nostri viaggi all’estero, spesso organizzati in Agosto. Tra una cosa e l’altra scherzando e chiacchierando si capisce chiaramente che ora mai l’intenzione dei molti, era sempre più diretta verso l’alzare il livello di comodità e di qualità degli alberghi e degli spostamenti stessi. Niente in contrario fino a che questo non si contrapponeva con l’intento stesso del viaggio, almeno per come me lo stavo vivendo io. Il giorno dopo riusciamo a prendere un treno comodo con morbidi sedili e posti liberi, raggiungiamo con facilità la destinazione e l’albergo che grazie ad una ragazza Cinese avevamo già prenotato prima di partire da un centro internet con la sua chiave d’acceso, cosa che a noi non potevano fornire in quanto stranieri. La 279 cortesia e la disponibilità della ragazza furono veramente una benedizione, parlava splendidamente l’inglese e fu altresì impeccabile, accompagnandoci prima all’internet-point, introvabile per vie delle insegne ovviamente incomprensibili a noi occidentali, e poi interessandosi fino in fondo per farci superare i vari ostacoli che trovammo sia nella comunicazione con il negoziante che nell’accesso ad internet stesso. Pensate che addirittura la ragazza andò a casa sua a prendere la chiave personale d’accesso ad internet, per farci navigare liberamente senza vincoli. Volevamo invitarla a pranzo per sdebitarci, ma non ce ne fu il tempo, allora gli offrimmo del denaro per il disturbo che solo dopo aver notevolmente insistito accettò con vera umiltà, in quanto non si aspettava e non pretendeva assolutamente nulla da noi. A Zhengzhou prendemmo alloggio all’hotel prenotato. Camere grandi e bagni veramente lussuosi, con doccia a vista su una vetrata che percorreva la parete laterale della stanza da letto. Ovviamente anche qui non vi era 280 l’ombra di un’occidentale, possibile che non incontravamo altri turisti nei nostri spostamenti ? qui approfittammo per fare il punto della situazione ed organizzare la seguente parte del viaggio, che prevedeva d’arrivare a Xian per visitare il famoso esercito di terracotta. Nel lungo tratto da percorrere vediamo cosa poter includere nelle nostre visite, aggiungendo quindi nel tragitto l’escursione ad un tempio Shaolin ed alle grotte Di Longmen, quindi affittammo un autista che con un pulmino ci portò dalla mattinata all’alba fino a Xian la sera tardi, passando per le tappe prefissate. Ce da dire che in Cina, negli alberghi e nelle Ghest House, non ci è mai mancata la possibilità di connetterci liberamente ad Internet, a parte l’episodio dove ci aiutò la ragazza. Questa è sicuramente una grande svolta per i viaggiatori fai da te e per chi deve improvvisare, di volta in volta, le tappe da intraprendere. Nel viaggio scopro con sommo piacere di visitare il primo tempio Shaolin della tradizione cinese Chan, dove nacque la 281 filosofia “Zen” che in seguito migrò in Tibet ed India. Ero nel luogo dove più che mai ancora si poteva percepirne l’Intento, dove dimoravano ancora le spoglie d’antichi maestri conservando la loro energia nel tempo, nella sacralità del cimitero che è sito all’interno del tempio stesso. Purtroppo la visita fu abbastanza veloce in quanto dovevamo mantenere la tabella di marcia, ma non mancarono momenti di profonda riflessione in un luogo così particolare. Arrivammo nel primo pomeriggio alle grotte di Longmen, (letteralmente grotte della porta del drago), nei pressi di Luoyang, un’intera montagna scolpita con piccoli e grandi Buddha, ci sono voluti circa tre secoli per portare a termine tale opera. Impressionante cosa l’essere umano è in grado di fare, qui ne trovo l’ennesima riprova, non finirò mai di stupirmi! Ovviamente ora mancava all’appello un po’ d’avventura che non si fece attendere affatto. L’autista che ovviamente non spiccicava una parola d’inglese, ci porta a sorpresa in un cortile nascosto nella città di 282 Luoyang. Inizialmente ci sembra par fare benzina, di contrabbando, per poi informarci facendoci parlare con l’agenzia tramite cellulare che non poteva proseguire perché la strada per Xian era interrotta, chiedendoci i soldi del tragitto già effettuato ed offrendosi di lasciarci alla stazione. L’ambiente in torno non era dei più rassicuranti, macchine demolite e favelas da dove continuavano ad uscire persone di varia età, che fecero circolo intorno a noi mentre ridevano tra di loro. Ecco questi sono i momenti per mettere in pratica il potere di non intimorirsi, ma anche la saggezza di muoversi e pensare velocemente. Non subimmo le pressioni, sopratutto non tirammo fuori i soldi ed insistemmo per farci portare alla stazione, almeno intanto rientravamo in un ambiente più amichevole. L’autista si convinse a muoversi ed ad uscire dal ghetto portandoci ad una succursale dell’agenzia, dove saldammo una parte del viaggio compresa la benzina e riprendemmo velocemente la strada per Xian. Effettivamente forse era solo un 283 problema di soldi e vari passaggi di mano degli stessi. Scopriamo che la strada effettivamente, è piena di lavori in corso ma praticabile. Inoltre il maltempo ci stava col fiato sul collo, tallonandoci ogni volta che ci fermavamo o rallentavamo il cammino, segnale forte e chiaro per spingere ad andare avanti senza perdere prezioso tempo. Leggemmo in seguito che avevamo lasciato alle nostre spalle, una coda di circa 100 km per via delle alluvioni, proprio sulla strada da noi appena percorsa. Nel frattempo calò il buio e notammo grazie a Vincent che l’autista faceva ogni tanto cilecca con gli occhi, così gli proponiamo un cambio guida per farlo riposare, prese inizialmente il volante Valerio, il quale con se aveva fortunatamente la patente, ma il nostro caro autista non si rilassò per niente, in quanto bisognava viaggiare in un certo modo, rispettando segnaletiche particolari a noi sconosciute, quindi prese lui di nuovo la guida. A questo punto mi trovai io accanto al guidatore, con tutti i miei compagni di viaggio crollati dal sonno. 284 Provo ad instaurare una comunicazione non verbale, visto anche che non conosceva una parola d’inglese, e vedo che mi risponde in maniera evidente, con sguardi e sorrisi e istintive gestualità del corpo, forse casuale, ma questo sicuramente ha creato l’empatia necessaria che lo ha portato a fidarsi di me, ed a farmi così guidare fino a destinazione, permettendomi di comprenderne anche la modalità necessaria e la particolare segnaletica. Sicuramente la telepatia è una forma di comunicazione che passa per la trasparenza e l’affetto, ed io non ho fatto altro che sostenere l’autista mentre lui guidava distraendolo continuamente attirando la sua attenzione, ponendomi nell’idea che lui sapeva ciò che io pensavo, ponendo così domande mentali ed aspettando le sue risposte nella comunicazione del corpo. Spiegare questo concetto può risultare poco comprensibile perché passa per la parola, ovvero una codifica diversa rispetto al sapere con certezza che la persona ti sta sentendo e comprendendo ad un altro livello di coscienza che non 285 è espressa verbalmente, dove il corpo ne è indubbiamente un tramite. Comunicazione non verbale! Ecco il segreto non è domandarsi cosa gli altri pensano, ma accettare la verità incredibile che gli altri sanno cosa noi pensiamo tramite il nostro corpo, che fa da specchio ai nostri pensieri ed emozioni, questo nuovo paradigma apre un canale, dove sta a noi notare gli eventi con attenzione, per vederne le varie connessioni emotive e postura li. Ovviamente più la persona è predisposta per semplicità o per conoscenza o per gene, e più l’esperienza è forte. Sicuramente sta ad ognuno di noi, l’arduo coraggio, di sperimentare ed esplorare per facilitare l’evoluzione di tutti. Inoltre bisogna dire che i popoli orientali ed Arabi sono più portati di noi alla comunicazione non verbale, in quanto già nella scrittura e quindi nel linguaggio stesso, comunicano per archetipi, immagini e ideogrammi, questo sviluppa notevolmente l’emisfero destro che è la sede ed il motore di certe capacità latenti nell’essere umano. Il centro della ragione per 286 cui passa la parola, risiede nell’emisfero sinistro, questo vuol dire che linguaggi come il nostro fanno lavorare un solo emisfero, linguaggi antichi che muovono archetipi ed immagini nell’uso della parola stessa invece li stimolano entrambi. Ora il giorno dopo ci aspettava, oltre alla visita dell’esercito di terra cotta, un duro lavoro per organizzare il viaggio fino a Lhasa. Qui si separano le strade dei componenti del gruppo, i quali comunque si ritroveranno in varie destinazioni comuni. Gianluca, Valerio e Barbara decidono di spostarsi con voli interni per questioni personali, intraprendendo un’avventura infinita per problemi legati al volo e permessi per entrare in Tibet. Mentre io Simona e Vincent ci avventuriamo in un viaggio allucinante di 17 ore in treno per Chengdu, per raggiungere i confini con il Tibet. Prima di separarci, visitiamo tutti insieme il famoso esercito di terra cotta. Ricordo un divertente episodio tra Valerio e Gianluca dove questo ultimo regalò una statuetta di terracotta, a mo di sfottò, per ricordo della visita che sicuramente 287 non avrebbero mai fatto in tempo ad effettuare, per via delle problematiche organizzative per proseguire il viaggio. Valerio cercò di non farsi condizionare la sua volontà, anzi rimase fermo nell’intento, riuscendo direi quasi letteralmente a comprimere il tempo, il potere dell’ “intento inflessibile” e della sua positività hanno permesso ai tre di raggiungerci prima del tramonto e della chiusura del sito archeologico. L’esercito è un ulteriore conferma della grandezza della dinastia Han (206 a.c. – 220 d.c.), assemblato per la tomba di Qin Shin Huang , si dice addirittura che le statuette, ognuna di diversa forma e fattura, potevano essere usate per incutere timore al nemico mischiandoli all’esercito reale, nel momento in cui veniva schierato a vista. Certo è che anche qui come per i faraoni Egizi, l’imperatore si è dato da fare per portarsi con se il più possibile nel viaggio oltre la vita terrena, addirittura un vero e proprio esercito di 10.000 guerrieri con armi e cavalli. Ci salutiamo con i compagni e proseguiamo il viaggio a gruppi di tre. 288 Ancora una volta nel lungo e scomodo viaggio in treno, abbiamo modo di condividere e conoscere meglio le persone che incarnano realmente questa incredibile cultura, con una storia ancora a noi per molti aspetti sconosciuta. Nel gene delle persone c’è più conoscenza che in qualsiasi libro di storia. Durante il viaggio c’è stato un momento che ricordo con vero piacere, avete presente quei rompicapo cinesi fatti di anelli di ferro uno dentro l’altro che apparentemente è impossibile sciogliere?.. bèh mi sono ritrovato a comprarne un sacchetto da una venditrice ambulante, ed in meno che non si dica, c’era l’intero vagone con questi aggeggi in mano che cercavamo di uscirne fuori…eh eh la magia del “Gioco”!. Ecco ora eravamo una cosa unica con i passeggeri del treno, dove i bambini ci giravano continuamente intorno e le persone ci offrivano da mangiare. Adesso so che gli esseri umani sono creature di consapevolezza, esseri sconosciuti a se stessi, pieni fino all’orlo di risorse incredibili che non vengono mai usate (dal libro di 289 tensegrità di Carlos Castaneda). Questa oramai era la vibrazione con cui proseguivo il viaggio, tenendo il più possibile fuori dall’ordinario aperti i canali percettivi. In fondo basta solo ricorrere a quella meraviglia che noi chiamiamo ingenuamente fantasia, e che andrebbe chiamato col giusto nome ovvero.. potere creativo!. Arriviamo la mattina presto a Chengdu, completamente esausti, dopo aver passato la notte in treno in piedi e senza dormire. Fortunatamente sappiamo dove andare ad alloggiare avendo ancora una volta prenotato l’hotel prima di partire. Riusciamo a comunicare più velocemente, anche perché appena troviamo qualcuno che parla minimamente inglese ci facciamo scrivere l’indirizzo esatto, direttamente in cinese, per mostrarlo ai tassisti che il più delle volte non sapevano dove portarci, non conoscendo altra lingua al di fuori della loro. Arriviamo all’hotel e ci riposiamo qualche ora. Nel primo pomeriggio, ci raggiunge Barbara per andare insieme a cercare una Guest house da dove sembra più facile riuscire ad 290 organizzare l’entrata in Tibet. In effetti, ci siamo riuniti col resto del gruppo, il quale era stato dirottato a Chengdu, per via del permesso che all’aeroporto non gli avevano più fatto. Scopriamo che ci vogliono minimo tre giorni per poterlo ottenere. Sicuramente è un modo per far fermare i turisti, nelle ultime province cinesi prima di entrare in Tibet. Infatti abbiamo modo di scoprire una cittadina, tutto sommato, abbastanza ricca per via del turismo che vi transita continuamente. Avremmo potuto chiedere il permesso probabilmente a Pechino, sfruttandone la permanenza lì, ma non è detto che le agenzie del posto riescano sempre a risolvere il problema salvo che non organizzano il viaggio anche in Cina in tutto e per tutto, cosa che ovviamente non era nelle nostre preferenze. Purtroppo, nostro malgrado, a Chengdu abbiamo dovuto accettare questa condizione. Non c’è stato modo di organizzare la traversata del Tibet, fino al passo del Nathu-La, nonostante avessimo il visto Indiano. Probabilmente al confine saremmo 291 anche potuti passare ma le agenzie non organizzano questo tragitto per arrivare lì, ed in oltre il visto d’ingresso per il Tibet l’agenzia lo rilascia solo dopo aver organizzato in ogni singolo dettaglio tutti gli spostamenti, in alternativa potevamo farci portare a Lhasa e poi da li vedere come spostarci da soli. Purtroppo a questo punto si stava creando un problema sia di tempo che d’adattamento. Ci volevamo almeno 48 ore di treno per arrivare a Lhasa. Cosa che a mio parere era comunque la cosa più saggia da fare, per permettere al corpo di abituarsi lentamente all’altitudine. Il resto del gruppo preferì prendere un volo interno. A questo punto decido d’abbandonare il passaggio del Nathu-La e di preoccuparmi di portare a termine il viaggio nel migliore dei modi, senza rinunciare all’intento stesso del viaggio. Di fronte a questi inconvenienti, spieghiamo all’agenzia che assolutamente dobbiamo entrare in India, anche perché abbiamo i voli di rientro già prenotati. A questo punto sembra che l’unico 292 modo per entrare in India è dal Nepal, quindi io Vincet e Simona prenotiamo una guida con macchina che da Lhasa, in tre giorni, ci porta al Border col Nepal, e poi da li ci saremmo dovuti arrangiare da soli. Gli altri tre del gruppo, per problemi di tempo, stravolgono l’itinerario del viaggio e con voli interni decidono di rientrare a casa direttamente da Kathmandu. Nel frattempo ci raggiunge la pioggia, e c’è da dire che qui quando piove piove,…sembra non voler smettere più!. Fortunatamente prendiamo alloggio, spostandoci alla Ghest-House Mix Hotel dove ci accolgono offrendoci vero caffè e miele. Qui abbiamo modo di stare in un ambiente confortevole e semplice. Nei giorni che seguirono, abbiamo avuto anche il tempo di riposarci e lavare i panni, prima del grande “salto” in attesa del permesso. Abbiamo visitato un tempio Buddista, rimanendo incantati dalla funzione e dalle vibrazioni che i loro canti provocavano nel nostro corpo, solo con la semplice partecipazione di presenza fisica. Dopo poco allontanandoci dal monastero, siamo 293 incappati in una sola donna che soavemente cantava e pregava inchinandosi ripetutamente di fronte ad una statua, recitando un mantra: “Namo ani popo, namo ani popo, namo ani popo”, fu subito chiaro la differenza d’energia femminile e d’amore che sprigionava da un solo essere, d’avanti ad un grande gruppo ma di soli uomini. Credo che anche qui, inevitabilmente, l’evoluzione culturale e religiosa porterà una nuova apertura nei confronti delle donne. Approfittiamo per visitare vari locali la sera, trovando nei cinesi grande sorpresa e gioia, scalmanandosi come pazzi, appena vedono un occidentale ballare. Chissà perché? Forse il desiderio di avere la nostra libertà tramite i nostri modi di fare?. Bella illusione!.. certo è che l’autorità in questo paese è molto più severa che da noi, cosa che limita sicuramente la fantasia e l’evoluzione, ma quanto meno non è un popolo illuso di essere libero. L’ultima sera ci siamo trattenuti tra noi, all’interno della Ghest-House, filosofeggiando su concetti come Autorità, felicità, 294 armonia ed evoluzione. Dico filosofeggiando perché dal mio punto di vista le parole sono belle, ma i fatti lo sono di più. Infatti in questi giorni ho praticato intensamente alcuni movimenti, per la canalizzazione dell’energia, tamponando un problema intestinale che si stava affacciando, e meditando sulla giusta respirazione per affrontare le impervie vette del Tibet. Proprio durante una di queste pratiche mi sono venute delle intuizioni, per aprire maggiormente alcuni specifici canali. Non ero per niente tranquillo, passare dal livello del mare a 4000 metri d’altezza, certamente questo non mi rassicurava per niente, remore anche delle difficoltà che Simona incontrò in Perù per via dell’altitudine. Arrivati a Lhasa purtroppo invece fu proprio così, tre giorni d’inferno dove Simona soffrì di forti mal di testa e vomito. Solo grazie all’ossigeno acquistato in una specie di farmacia locale, riuscì a riprendere forza per proseguire il viaggio ed uscire incolume dal Tibet. C’è da dire che una volta spostati da Lhasa, abbiamo dovuto fare più di un valico oltre i 295 5000 e 5500 metri e vi potete immaginare cosa può voler dire continuare a spostarsi salendo, per chi già sta male. Fortunatamente io non ho avuto nessun tipo di problema, forse dovuto alla mia personale preparazione sul controllo del corpo e della respirazione. Questo mi ha permesso di aiutare Simona ad affrontare il lungo tragitto. Nel frattempo ho potuto verificare con mano il triste stato del popolo Tibetano. Templi distrutti o occupati militarmente, come l’antico palazzo del Dalai Lama, monaci scappati in esilio e caserme militari ovunque. Un popolo pacifico la cui gran cultura è stata quasi annientata completamente. Qui finalmente è palese e palpabile, la forte autorità con cui s’impone il governo cinese sul popolo tutto. Sono rimasti solo pochi monasteri nelle città principali tra l’altro sfruttati turisticamente. Regna però ancora sovrana, l’immensità della natura, dove il cielo e la terra continuano a toccarsi nonostante l’inconsapevolezza dell’uomo. Qui o modo di conoscere in maniera 296 approfondita la nostra guida Tibetana, di grande sensibilità ed apertura. Gli faccio sperimentare alcuni esercizi d’ascolto dell’energia, e subito li percepisce con grande entusiasmo. Incredibile!.. cosa sto a fare Qui?!...ad insegnare a loro quello che loro hanno trasmesso al mondo intero?!.. gli spiego con gioia che la sua predisposizione naturale per sperimentare tali cose, è genetica ed è indubbiamente ancora forte nel popolo Tibetano. Ricordo un testo antico e ricco di consapevolezza, come: “ Il libro Tibetano dei morti”, nel quale viene indicato un cammino di preparazione alla morte. La vita è vista come uno stadio intermedio, ed il sognare è lo strumento maestro per prepararci a tale arduo compito. Probabilmente non a caso, proprio qui ho fatto delle esperienze particolari di “sogno lucido”, entrando in contatto con forme energetiche del luogo. Sicuramente all’esperienza, ha contribuito anche la grande attenzione che ho avuto in quei giorni, per via dei continui spostamenti e delle difficoltà correlate, assumendo sempre 297 un atteggiamento silenzioso, ed usando le parole solo quando è veramente necessario, al di la dell’ego e dell’espressione che cerca continuamente conferme in ogni dove. Se riusciamo a condensare la parte emotiva, in maniera funzionale, accumuliamo una quantità d’energia che possiamo in seguito, veicolare all’esterno per i nostri reali obbiettivi e seguirne tranquillamente il flusso. Ad esempio per camminare su un’asse e non perdere l’equilibrio, lo stesso equilibrio, lo si ottiene ponendo i piedi verso fuori piuttosto che verso dentro, così senza paura di cadere controlleremo la parte emotiva, parte emotiva che invece istintivamente ci farebbe contenere l’equilibrio sui piedi verso l’interno, decentrando così inevitabilmente il peso di tutto il corpo. Nel tempo trascorso in Tibet ho avuto modo di apprezzare incredibili panorami immersi tra le nuvole e sterminati altopiani, con grandi laghi circondati da monti con riflessi color oro, riflessi dati probabilmente dalla rarefazione dell’aria stessa, ovviamente. Anche i 298 colori prendono tonalità differenti secondo l’ambiente circostante. Proprio qui in questi luoghi ancora impervi, mi ritrovo a dover affrontare una sorta di combattimento energetico, tra la consapevolezza della luce e del suo potere, e l’incalzante presenza della nostra tradizionale medicina che per tutto il viaggio non ha fatto altro che provocarci, per mezzo delle persone stesse, le quali nell’utilizzo continuo dei farmaci, possono portare loro e noi alla totale perdita della consapevolezza corporea, ovviamente a seconda delle situazioni e delle varie esigenze. Dal punto di vista medico purtroppo stiamo ancora all’età della pietra, dove si tende a curare il sintomo, con medicinali che spesso creano altri squilibri, piuttosto che la reale causa della malattia stessa. Se la malattia sta nel corpo, nel corpo c’è anche la guarigione. Mi auguro di tutto cuore che le persone si sveglino, e vadano verso la reale comprensione di se stessi, senza abusare della propria esistenza in maniera futile. L’essere umano è dotato di risorse incredibili, le quali 299 purtroppo sono ancora latenti in noi per via di una struttura di controllo educativa e culturale, che agisce continuamente sul nostro essere, provocando una continua mancanza di volontà propria. Fino a quando demanderemo, il nostro stare bene all’autorità di qualcun altro, non riusciremo mai a trovare quelle incredibili risorse dormienti in noi. Oggi grazie anche ad internet, finalmente ci si può affacciare a medicine alternative che tengono conto dell’essere umano, nel suo insieme, compresi gli innegabili corpi sottili. Grazie anche alla fisica quantistica si può constatare di avere un “reale corpo di luce” da cui dipendono in primis le nostre funzioni vitali, ed è proprio agendo su questo che possiamo accelerare il recupero delle disarmonie del corpo stesso. Dopo tre interminabili giorni, finalmente scendiamo all’altezza di 1000 metri, veniamo accompagnati all’alba al confine con il Nepal, dove forse a Kathmandu avremmo incontrato ancora per una volta il resto del gruppo. Felici di rivedere Simona pimpante, affrontiamo l’ignoto che ci 300 attendeva dall’altra parte del Border. Nell’attesa dell’apertura della frontiera, conosciamo un gruppo d’italiani che ci danno una serie d’informazioni su Kathmandu ed i suoi vari quartieri da visitare, compreso un buon hotel dove pernottare. La nostra guida si rassicura che oltrepassiamo il confine e che i documenti sono ok., lo salutammo con affetto, augurandogli di fare una buona vita e di poter vedere in un prossimo futuro, finalmente il suo popolo libero da disumane oppressioni. Oltrepassato il Border, troviamo ad attenderci incessante pioggia e varie difficoltà per riuscire a prendere un mezzo per raggiungere la più vicina città. Alla fine riusciamo a prendere un pulman locale, che in sei ore ci avrebbe portato alla capitale. Viaggio allucinante!.. con strade semi asfaltate senza parapetti, sparati a folle velocità con torrenti d’acqua che scendevano dai monti intorno a noi, addirittura ogni tanto l’acqua colpiva il tetto del pulman facendoci sobbalzare con i suoi forti scrosci. Abbiamo modo di vedere la gente locale lavorare e 301 muoversi nelle campagne, spostandosi e viaggiando anche sopra i tetti dei pulmini per raggiungere i luoghi di lavoro o la propria casa, portando con se sacchi di patate, travi di legno, di ferro e borse con l’inverosimile dentro, caricate sul tetto stesso dei pulman. Un ragazzo tra gli 11 ed i 13 anni, si arrampicava continuamente sotto la pioggia, su e giù sul pulmino per permettere ai viaggiatori di trovare posto, per loro e per i vari bagagli al seguito. Sicuramente la vita in posti del genere è molto più dura che da noi e fin da piccoli, o sei sveglio o ti ritrovi a mendicare per un po’ di cibo. Quella che noi definiamo selezione naturale qui è sopravvivenza pura. Sicuramente il Nepal resta uno dei paesi più poveri che ho visto, nonostante il turismo che porta un po’ di benessere. Dal punto di vista naturale sono rimasto letteralmente incantato! Ci stavamo spostando all’interno di un’immensa valle piena di colori, circondata dai monti, ed ovunque guardavi, fuoriuscivano dalla roccia, piccoli e grandi torrenti 302 d’acqua riversandosi a valle in un fiume cristallino che ci accompagnava con il suo meraviglioso muoversi nel nostro tragitto, mormorando col suo rumore un mantra il quale ti entrava nel più profondo dell’animo. Finalmente arriviamo nel primo pomeriggio a Kathmandu, ma l’entrata in città non è per niente come ci aspettavamo, strade con immense buche, palazzi abitati diroccati e senza finestre, vuoi perché non li hanno mai finiti di costruire, vuoi perché semplicemente vecchi e mai ristrutturati. Arriviamo al capolinea degli autobus, ed io, sceso a terra e zaino in spalla, scatto come una molla alla ricerca del quartiere di cui avevamo avuto informazioni al Border, dove avremmo probabilmente trovato un accogliente sistemazione. Sapevamo appunto che la zona che ci consigliarono era vicino alla stazione degli autobus. Dopo un certo percorso a piedi, finalmente troviamo l’albergo, ma non è nel nostro stile, sia per il costo sia per la struttura in se ma non fu tempo perso. In effetti, il giorno seguente ci ritrovammo per salutarci ancora 303 una volta col resto del gruppo, che guarda “caso” alloggerà proprio qui. Troviamo quindi alloggio nel quartiere dei locali e ristoranti, in una deliziosa Ghest House con tutti i confort necessari. Qui passiamo due deliziosi giorni, dove abbiamo modo di ritrovare la forza, l’unione e la giusta armonia per proseguire e portare a termine il viaggio. Capitiamo nel bel mezzo di una festa religiosa nazionale, visitiamo templi il giorno e locali la sera, dove possiamo divertirci lasciando andare lontana da noi ogni sorta di preoccupazione. All’interno della Pensione c’è anche una agenzia di viaggio, con la quale riusciamo ad organizzare una veloce partenza per il successivo pomeriggio. L’intento era di entrare il più velocemente possibile in India e da un’attenta valutazione, per via della zona di dove dovevamo arrivare, sembrava ovvio attraversare il Nepal orizzontalmente fino a Haldwani in India, oltre il confine Nepalese, da dove poi avremmo raggiunto con calma Hairakhan. L’intuito, però, mi sussurrava 304 all’orecchio che non era la soluzione migliore, ma che avremmo dovuto rallentare, in quanto percepivo un qualche indefinito ostacolo. Sentivo di voler passare per Gorakhpur, città sita in India, scendendo verticalmente da Kathmandu e proseguire con calma con i treni. Questa città tra l’altro, l’ho in qualche modo nel sangue dall’ultimo viaggio fatto in questa zona dell’emisfero orientale,…e quindi?…mi tentava come una musa ?! forse mi avvertiva richiamando la mia attenzione come una consigliera?!... questa è già una valutazione razionale, al di là di quello che invece il corpo mi diceva chiaramente. Stessa valutazione razionale sostenuta dai miei compagni di viaggio, aggiungendoci inoltre che quella parte dell’India l’avevamo già visitata tutti e tre ed invece il Nepal era sicuramente una nuova esplorazione. Come dargli torto? ho ancora una volta accettato l’idea del gruppo, mettendo da parte le mie necessità intuitive ponendomi in modo positivo. In fondo, tutto sommato ero quello che più si adattava, ed aveva avuto meno 305 problemi anche dal punto di vista fisico. Il mio ruolo nel viaggio, nonostante le apparenze fu spesso di tutelare il prossimo e le sue reali esigenze, inoltre, non mi dispiaceva per nulla approfondire la conoscenza di questa incantevole valle, ovviamente rimanendo ben fermo nell’intento del mio cammino che stavo perseguendo, ovvero riuscire a giungere al termine del “pellegrinaggio” ad Hairakhan. Infatti, fui irremovibile nel non ritardare la partenza di un altro giorno, visto che ci stavano per raggiungere gli altri compagni, con cui sicuramente ci saremmo persi nei meandri del “Gioco” stesso in Kathmandu. Sì perché il “Gioco” è sicuramente la dimensione e lo stato d’animo, con cui bisogna muoversi nella vita, ma senza scordarsi le cose che realmente hanno valore per noi, come dicevano i latini: “il ridere abbonda sulla bocca degli stolti”, oppure il gioco è bello quando dura poco e sopra tutto, come narra una vecchia filastrocca che spesso mia nonna mi recita: “Dell’orologio il ticchettio sembra che mormora o 306 bimbo mio, il tempo passa velocemente, tu non lo perdere inutilmente!”, grande saggezza popolare!. La partenza fu fissata per il pomeriggio del giorno dopo. Sveglia con calma e giro in risciò per la città, non so se ho spinto più io a piedi o il vecchietto in bicicletta, in ogni modo ancora una volta complimenti a cotanta vitalità di questa razza! Intanto la pioggia ci aveva raggiunto anche qui, ancora un segnale che la partenza immediata era congeniale, non sapendo tra l’altro che tipo di strada avremmo trovato lungo il percorso, nonostante l’agenzia ci avesse più volte rassicurato sulla sua qualità ma visto i precedenti non ne eravamo totalmente convinti. Nel primo pomeriggio passiamo all’hotel, già nota l’ubicazione, dove nel frattempo sono arrivati i nostri ex compagni di viaggio. Ci facciamo accompagnare direttamente con i bagagli in macchina e dopo un veloce e caloroso saluto, dove ci raccontammo le varie peripezie trascorse in Tibet, via di nuovo per la nuova avventura e per la prossima tappa. Butwai dista circa 5-6 ore di viaggio da 307 Kathmandu, tra l’altro proprio da qui io sarei voluto ridiscendere subito in India, ma non era di certo il momento dei ripensamenti. Arriviamo la sera intorno alle 22:00 in un paesino tipo far west, altro che città!.. dopo vari tentavi finalmente troviamo un posto, dove alloggiare per la notte, veramente stanchi e scombussolati dalla strada che non fu affatto agevole come ci dissero. In compenso c’è da dire che da qui in poi, percorremmo completamente dritta circa e 900 km perfettamente di strada asfaltata, peccato che alla velocità di spostamento di massimo 60 Km l’ora. Non fu sicuramente un viaggio rilassante “come avevamo previsto”, lungo e con poche comodità se non quella di stare seduti in macchina. Sarà, ma personalmente preferisco i treni almeno di tanto in tanto si possono sgranchire le gambe e si possono conoscere persone d’ogni genere. Al limite, è affascinante guidare in terra straniera ma qui come in India, vige la guida a destra e non è assolutamente consigliabile, oddio, per la velocità con cui ci ha 308 portato la nostra guida, tutto sommato ce la saremmo cavati anche da soli, cosa che in India non ne sono altrettanto convinto. Ho modo lungo il viaggio di sperimentare ancora una volta il “potere del silenzio” e la comunicazione “non verbale” entrando in empatia con il nostro autista, che tra l’altro è una persona semplice e molto religiosa. Condivido con lui l’esperienza di mangiare con le mani lungo la strada. Ci fermiamo in mezzo alla campagna ad un centinaio di km dal confine, dove due ristoranti, uno indiano e l’altro nepalese, si contendono i pochi viandanti che si fermano per ristorarsi. Per una sorta d’armonia decido di mangiare con lui, che ovviamente va in quello Nepalese, che tra l’altro mi attirava sia per semplicità ma anche per qualità, mentre Simona e Vincent decidono di andare all’altro, dove sembrava esserci un minimo di civiltà e confort. Fu perfetto anche per una sorta di messaggio che lanciammo ai due ristoratori, metà per uno non fa male a nessuno! L’ usanza Nepalese prevede che ci si ciba usando una sola mano, 309 mescolando il cibo al riso senza l’uso di nessuna posata, mantenendo l’altra pulita per versare l’acqua. In India per esempio usano il chapati un pane particolare con cui si raccoglie direttamente il cibo dal piatto, in Cina neanche a dirlo l’uso delle bacchette è famoso in tutto il mondo, tra l’altro alla fine divenne un modo molto interessante, per mangiare lentamente e con totale consapevolezza. Probabilmente sono tutti modi per mantenere alta l’attenzione sul cibo, senza perderne il profondo rispetto, cosa che con le nostre usuali posate si può rischiare, evitando di “sporcarci” le mani e mangiando spesso senza attenzione e velocemente. Inoltre, sicuramente ogni nuova esperienza fatta con una certa attenzione, è ricca di verità nascoste, alla nostra troppo spesso incalzante superficialità. Finalmente, nel tardo pomeriggio arriviamo al confine con la nostra amata India, mi sembrò un vero e proprio miraggio! Dopo tanti inconvenienti la sensazione che provai fu di totale liberazione! Avevamo lasciato dietro di noi una valle 310 incantata, le impervie montagne del Tibet e l’immensa e misteriosa Cina. Ora rimaneva l’ultima e la più importante tappa! Ci attendeva dall’altra parte del confine, la guida che ci avrebbe portato fino ad Hairakhan. Come ben sapevamo, in India è tutta un'altra storia, caos completo per le strade, con macchine che sfrecciano velocemente, spostandosi continuamente da destra a sinistra. Dopo una corsa allucinante, finalmente arriviamo la sera tardi all’ingresso della giungla, a pochi km da Haldwani, dove si poteva prendere un taxi-Jepp per giungere a destinazione. Ma con nostra gran delusione, scopriamo che la strada è interrotta da una valanga dovuta alla forte pioggia di questi ultimi giorni, e che l’Asharam di Babaji è chiuso. Ripieghiamo verso il vicino paese, qui veniamo a conoscenza, grazie a dei riferimenti che trovò Vincent su internet, che volendo si poteva raggiungere la nostra meta, percorrendo nella giungla alcuni km a piedi, fino al di la della frana, dove poi ci avrebbero accompagnati fino a 311 “casa”. E dico fino a casa perché poi in realtà fu proprio così. Rimandiamo quindi, al giorno dopo con la dovuta calma. La sera affrontiamo un discorso molto interessante, dove Vincent ci propose un gioco basato sulla data di nascita ed i numeri che ne derivano dalla somma. Ci spiega che per gli indiani, questo è un modo per vedere la personalità tramite i numeri ed un codice binario, uhm…mi sembra molto interessante ma anche forse limitante perché troppo matematico e mentale, in quanto, lo scopo del gioco è il raggiungimento della perfezione individuale, cosa a cui è sicuramente nobile ambire, ma bisogna tener conto anche dei nostri limiti e delle nostre mancanze, da cui in realtà traiamo la vera forza, in quanto l’evoluzione è un sistema che si muove per confronto e quindi ciò che la rende dinamica è un sistema imperfetto. Sicuramente, al di là dalla filosofia che ne consegue, traggo un utile insegnamento dalla sacralità dei numeri e da ciò che rappresentano per me, ridando il giusto spazio a quella meraviglia che io chiamo “Il 312 Gioco”, proprio perché per quanto mi riguarda è questa la dimensione in cui io mi evolvo, dandogli la giusta attenzione, bèh a questo punto se lo dicono pure gli Indiani non mi restano più dubbi. Il giorno seguente andiamo a trovare Muniraji al negozio dove io e Simona già eravamo stati l’ultima volta che lo incontrammo. Dopo una breve attesa, lo vediamo arrivare intorno a mezzo giorno. Purtroppo ci sconsiglia di andare ad Hairakhan per via del mal tempo, ora mai avevo abbandonato la possibilità di raggiungere l’ambita meta. In compenso il Guru ci diresse verso un altro centro, dove avremmo potuto passare gli ultimi due giorni in un certo ambiente a noi consono. Accettiamo con Gioia. Simona approfittò per chiedere a Muniraji di attribuirgli il suo nome indiano, il signore del silenzio aspettò alcuni instanti e gli chiese il suo vero nome, ancora una breve pausa e pronunciò: “KIRAN” nome che vuol dire nuova alba! Fu sicuramente un bellissimo augurio per la mia compagna che tanto aveva tribolato per arrivare fin 313 qui. Ci congediamo con affetto e subito dopo veniamo accompagnati a piedi dietro al negozio, dove ci attendeva un’auto che ci avrebbe portato fino a destinazione in due tre ore al massimo. Disdetta! anche qui ci fu l’intoppo della strada bloccata, dovemmo raggirare la montagna impiegando quasi il doppio del tempo previsto. Ora mai mi sarei fermato ovunque, non avrebbe avuto più importanza arrivare in nessun luogo era lì tutto dentro di me e l’atto di volontà era ora mai compiuto! avevo fatto e dato il massimo. L’ambiente che troviamo è molto umile e le persone affabili, ci ritroviamo la sera a recitare la Puja cantando l’Aarti tutti insiemi, purificando il nostro essere, con queste meravigliose vibrazioni ed aprendo sempre più i nostri cuori. Prima di andare a dormire ci comunicano che se il tempo reggerà, tra l’altro c’è da dire che da quando eravamo entrati in India eravamo accompagnati da un cielo terso ed uno scottante sole, saremmo forse potuti andare ad Hairakhan, sempre però facendo una parte del percorso a piedi e per di 314 più a nostro rischio e pericolo, in quanto saremmo potuti anche rimanere bloccati lì per non si sa quanto tempo se fossero riprese le forti piogge. Dopo una breve valutazione, di comune accordo decidiamo con entusiasmo, nonostante tutto, di provare. Ecco! Di nuovo in movimento alle 05:00 del mattino, bèh sicuramente questo viaggio non è stato quello che viene comunemente chiamato, una passeggiata di salute!...altre 5-6 ore per tornare in zona Hairakhan ed altrettante, tra camminata zaino in spalla e Jeep, per arrivare in questo paradisiaco luogo. Ne valse sicuramente la pena. Più è grande l’offerta, e più forte è l’intento che la volontà muove, questo è stato il mio pensiero dominante per tutto il trascorso del viaggio. Ricordate quale era l’Intento? Bèh forse può sembrare un’illusione, ma d’altronde cosa non lo è ?!..e poi.. staremo a vedere!.. certo non si saprà mai con certezza, ma quello che conta è che anche io a modo mio, ho partecipato a questa grande rivoluzione che è in atto in tutto il globo, lasciando una scia d’energia e 315 di volontà per chiunque la percepisca, cavalcandola gloriosamente, verso l’inevitabile cambiamento del mondo intero che ci circonda e verso finalmente la libertà totale!.. Arriviamo accompagnati da una scolaresca pomeridiana, dove due bambini in particolare, giocando giocando, ci aiutano a portare gli zaini, nell’ultimo tratto che comunque bisognava fare a piedi, dimostrando anche una gran forza, forse perché volevano rendersi utili o forse perché i genitori tra i vari lavori che svolgono, fanno anche i portatori. Cosa molto usuale qui ad Hairakhan, per la mole di pellegrini che vi transita e per le difficoltà del percorso. Ricordo con piacere di aver dato ai bambini una piccola mancia, differenziandola per il tempo che ognuno ci aveva dedicato, cercando di spiegarlo con pazienza al bimbo che aveva preso meno soldi, ad ognuno il giusto per il tempo che ci aveva dedicato. Non mi voglio dilungare oltre nella descrizione del luogo, in quanto già fatto ampiamente nel capitolo “India”, ma voglio spendere due parole per il dono che 316 esso offre ai suoi ospiti. Come già detto in precedenza, in questo luogo si purifica il Karma, motivo per il quale l’ho legato ad un viaggio con un intento di purificazione specifico sui luoghi stessi che abbiamo attraversato per arrivare fin qui, sperando che l’energie che albergano ivi da sempre, mi possano sostenere nell’arduo intento di cambiamento e di stravolgimento e nel cammino che sto effettuando. Effettivamente trovammo l’Asharam chiuso, come ci avevano annunciato e con ampia sorpresa della direttrice che rimase stupefatta che Muniraji ci aveva in ogni caso fatto venire fin qui. Effettivamente non era proprio così, ma neanche il contrario, il Guru ci fece capire che tutto dipendeva da noi, tra l’altro ci stavamo spostando con i suoi adepti e quindi era ovviamente a conoscenza dei nostri spostamenti. La signora ci fece sistemare in camere con tappeti e stuoini per la notte, informandoci delle attività che si sarebbero svolte, cercando di renderci confortevole la breve permanenza, facendo aprire anche l’unico bar 317 all’interno del centro, momentaneamente chiuso. Passiamo un piacevole pomeriggio ancora assolato, scambiando chiacchiere con gli indigeni del luogo, vicino le rive in piena del fiume sacro Gotam Ganga. Ci dissetiamo alla fonte dietro il sacro Dhuni, luogo incredibilmente magico per la sua purezza d’intento. Aspettiamo l’ora della Puja contemplando il posto e facendoci cullare dal rumore continuo del fiume. Un ragazzo mi propose di accompagnarmi sul monte Kailash, per passarci la notte in meditazione, ma bisognava aspettare ancora qualche giorno, perché la strada non era ben praticabile, purtroppo anche questa volta non è possibile fare questa esperienza, dovrò tornarci in un periodo migliore e per più tempo! arriva finalmente il momento della funzione, dove ci riuniamo nel tempio del cielo, per recitare l’Aarti insieme a tutte le persone che vivono qui. Mi sento totalmente sollevato, avendo portato a termine il mio compito, donando un’offerta, tale come il cammino di una vita intera per mettere nell’etere l’energia che ho 318 accumulato, chiedendo alla provvidenza o come si vuole chiamare, una consapevolezza nuova a livello mondiale, dove non ci sono più popoli oppressi e dove l’uomo tiene in considerazione, lo spazio e la libertà del suo vicino. Al termine ci rechiamo nei pressi del bar dove in assoluto silenzio, immersi nella natura e completamente al buio, contempliamo il monte Kailash che sembra avvolgerci, facendoci percepire di essere un tutto uno con quello che ci circonda. Dopo un po’ si avvicinano alcuni indigeni del luogo, dove senza proferir parola si uniscono a noi in meditazione, aumentando il livello energetico di tutti, permettendo quella meraviglia che è la comunicazione a tutti i livelli tramite il silenzio interiore. Più tardi, consumiamo un semplice ma sostanzioso pasto, a base di verdure e chapati, al termine ci ritiriamo nelle nostre stanze. Accendiamo la candela che la signora stile prof.ssa Inglese, ci aveva consegnato al nostro arrivo, in quanto la corrente elettrica non c’è dappertutto e tra l’altro, da una certa ora in poi la 319 staccano totalmente. Lasciamo che la candela si consumi lentamente, mentre noi in completo silenzio, ascoltiamo il rumore del Gotam Ganga che con tutta la sua incredibile energia sembra voler inghiottirci. Effettivamente, dal forte rumore che sentivamo, sembrava che avesse iniziato a piovere ininterrottamente, senza lasciarci quindi il giorno dopo, la possibilità di partire per Dheli, rischiando così di perdere il volo di rientro. Non fu assolutamente così. Ci dissero al mattino che durante la notte, non aveva assolutamente piovuto, cosa veramente strana in quanto dal rumore che si sentiva, avremmo giurato tutti che invece non aveva mai smesso di piovere. Una delle tante magie di Hairakhan. Ci vennero a prendere, come d’accordo, per fare di nuovo il tragitto a ritroso. Riusciamo ad andarcene appena in tempo, la pioggia cominciava di nuovo a cadere inesorabile. Nel frattempo grazie al bel tempo di questi giorni ed al solerte lavoro degli operai la strada era quasi libera. Abbiamo dovuto fare nuovamente lunghi tratti a piedi 320 ma questa volta Vincent e Simona furono aiutati dai portatori fin dall’inizio. Io ne feci a meno, in quanto ero fin troppo carico d’energia. In fine ancora una volta veniamo accompagnati al negozio di Muniraji da dove ci portarono fino a Dheli. Un altro problema fu quello di rimanere senza moneta locale, per via dei troppi cambi fatti negli ultimi giorni, ed avendo solo gli euro non abbiamo potuto pagare le varie tratte, le guide, i portatori e l’offerta per l’Asharam. Cosa che finalmente abbiamo risolto cambiando gli euro all’hotel di Dheli, dove abbiamo pagato tutto il dovuto all’autista, il quale tornando indietro e rientrando ad Haldwani, avrebbe sistemato i nostri debiti. La fiducia è stata indubbiamente l’elemento più importante di questo incredibile viaggio, sia da parte nostra che da parte di tutte le stupende persone che abbiamo incontrato e che ci hanno accompagnato fino in fondo, permettendoci in tutti i sensi di tornare a “casa”. 321 EPILOGO S icuramente ora che avete finito il libro, il mio consiglio è di rileggervi attentamente il Prologo. Scrivere e ricapitolare, è stato un grosso lavoro di coscienza e consapevolezza. Ogni giorno ho messo in pratica tutto ciò di cui parlo e scrivo. E’ stato sempre di vitale importanza mettersi a scrivere, con la giusta consapevolezza ed il giusto stato d’animo. Ogni giorno, le lunghe passeggiate al mare, prima di mettermi all’opera, mi hanno indubbiamente inspirato ed aiutato a vibrare nel giusto modo. La cura della casa, degli affetti e del mio corpo hanno contribuito a mantenere la coerenza e l’armonia del mio lavoro. Ogni giorno, prima di mettermi al computer a scrivere, è stato necessario far salire il livello energetico, per trasmettere il meglio al meglio, raggiungendo così un profondo stato meditativo, ho potuto vedere chiaramente i meccanismi e le funzioni di cui parlo. 322 Un immenso ringraziamento, va a tutti quegli esseri che appartengono all’alleanza che governa per il bene dell’umanità! Consapevoli e non, intorno a noi ci sono molte più persone di quanto immaginiamo, che si muovono nella luce e per la luce!. Loro si prestano ad un lavoro continuo per il benessere ed il cambiamento di tutti Noi!…Ora che questo fiume di parole è giunto al suo termine è arrivato il momento di passare all’Azione, quindi auguro a tutti… Buona vita Sulle Ali dell’Intento! Un particolare ringraziamento va a mio Padre che mi ha dato lo spunto per scrivere questa opera, e a quel meraviglioso gruppo di persone che ho incontrato, e con cui mi sono guarda “caso” ritrovato a praticare un passo magico il cui nome è proprio: “Sulle Ali Dell’Intento”. A proposito! Ora è venuto il momento di tornare in Messico! ricordate? il Corallito lo sciamano che m’invitò!… bèh è giunto il momento di andare a 323 trovarlo, per poi proseguire verso il Nord del Messico ed i suoi misteriosi siti archeologici, fino ad arrivare allo stato di Chihuahua, per chiudere così il cerchio visitando l’ultimo sito archeologico degli Anasazi, popolo pacifico scomparso misteriosamente. P.S. Accidenti mi sa che dovrò rimandare per un po’… E’ iniziato un altro viaggio che sarà per tutta la vita! Ora la prova sarà trasmettere tutto questo e chissà cos’altro senza cadere nelle trappole viscerali che ci fanno violare il libero arbitrio e la possibilità d’ogni essere vivente di riconoscere il proprio destino! Voglio ringraziare questa incredibile e misteriosa terra, che con i suoi preziosi “alleati”, mi ha accompagnato e protetto nel mio lungo cammino, dandomi doni come forza e conoscenza. OM SHRI GORAKHSH NATAYA NAMAH 324