set per lafaimgha - Toscana Film Commission

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set per lafaimgha - Toscana Film Commission
 INDICE RASSEGNA STAMPA
Si gira in Toscana
Tirreno
15/01/2013
p. 20
Dalle barzellette livornesi a Spielberg
Claudio Marmugi
1
Segnalazioni
Tirreno
15/01/2013
p. 19
La mia Toscana vera è brutta e spoglia ma piace agli stranieri Franto A. Calotti
2
Tirreno Pontedera
15/01/2013
p. IV
S. Miniato torna set per la famiglia Taviani
4
Manifesto
15/01/2013
p. 12
Maggio 68, racconto amoroso della giovinezza
Cristina Piccino
5
Repubblica
15/01/2013
p. 51
Assayas: sesso, droga e rivoluzione il mio film sulla
generazione perdente
Arianna Finos
9
Indice Rassegna Stampa
Pagina I
IL DOPPIATORE
Dafle barzellette livomesi a Spielberg
Alessandro Budroni è una delle giovani voci italiane più richieste
di Claudio Marmugi
0 LIVORNO
Dal vernacolo delle "Barzellette
alla livornese" a Steven Spielberg passando per Ridley Scott.
Alessandro Budroni, classe
1972, una laurea in lingue, ragazzone allegro e coi piedi per terra,
partito per Roma nel 2004 con
l'idea di fare il doppiatore dopo
tanto teatro a Livorno (in particolare con la compagnia del Pio
X), ce l'ha fatta ed ora è una delle
voci del doppiaggio italiano più
interessanti della sua generazione. «Se qualcuno, all'inizio, mi
avesse detto che oggi avrei doppiato
il
protagonista
di
"Prometheus" di Scott o uno dei
personaggi chiave di "Lincoln"
di Spielberg (12 nominations ai
prossimi Oscar) gli avrei riso in
faccia». In "Lincoln", Alessandro, non nuovo a Spielberg (era
già in "War Horse" e in "Tin
Tin"), dà voce all'attore Tim
Blake Nelson che interpreta
l'ambiguo Richard Schell, «il
film sarà sicuramente un capolavoro come tutti i lavori del maestro, ma è bene sapere che i doppiatori, il film, non lo vedono prima, conoscono solo il sincro del
loro ruolo nelle scene di competenza».
Queste ultime fatiche di Alessandro sono solo la punta
dell'iceberg di un mestiere incredibile che lo ha portato a prestare la voce ai personaggi più disparati in film come "Angeli &
Demoni" di Ron Howard a
"Captain America- Il primo vendicatore" di Joe Johnston,
"Bastardi senza gloria" di Tarantino a "Transformers" di Michael Bay; senza contare i cartoni
animati cult come ` Lorax" (dove
interpreta il perfido O'Hare),
"Cattivissimo me" (Mr. Perkins)
fino ad essere, per la gioia di sua
figlia Beatrice che ha tre anni,
l'anima italiana di B2 di
"Banane in pigiama".
Ma come si diventa doppiatori di professione?
«Ho fatto un corso di doppiag-
gio di due anni a Bologna tra il
2002 e il 2004. Mi sono catapultato a 32 anni in un mondo dove ci
sono bambini che cominciano a
doppiare già a 4 anni, fanno questo lavoro meglio dei professionisti e non sanno neppure leggere; accumulano ore e ore di esperienza e, intanto, imparano un
mestiere esclusivo. Non è facile
entrare in questo mondo».
Si dice che sia un mondo
chiuso.
«No, se io sono qui è la riprova
che non è un mondo chiuso. Diciamo che i ruoli sono pochi e i
doppiatori italiani bravissimi.
Semmai, è un mondo `piccolo':
fra direttori, tecnici e voci, non
arriviamo ad essere mille persone. E se posso, vorrei anche sfatare un luogo comune. Spesso
sento dire: "Mi hanno detto che
ho una bella voce, allora posso
fare il doppiatore". Niente di più
falso. Per fare il doppiatore bisogna essere bravi attori. E poi studiare tanto, per eliminare ogni
accento, ogni inflessione...».
E con lo slang livornese
com'è andata?
«E stata una bella battaglia! La
sporcatura di toscano è sempre
in agguato. Anche quando pensi
di aver tolto tutta la cadenza, i
maestri, in sala doppiaggio, la
scovano. E ti invitano a migliorare. Il problema è che mi basta
tornare due settimane a Livorno
per far comparire di nuovo le
mie radici in sala doppiaggio.
La laurea in lingue ti è stata
utile?
«In realtà la questione delle
lingue è legata al fatto che sono
di madre austriaca e quindi la
mia conoscenza del tedesco è
molto avanzata. Se vi capita di
sentire in un film un tedesco che
si sforza di parlare italiano... solitamente sono io. La laurea è
tornata molto utile per un altro
aspetto del inio lavoro: l'adattamento dialoghi. Da un po', sto
curando per il "Far East Film Festival" la traduzione e il doppiaggio di film orientali inediti e
spesso bellissimi, che poi escono in sala o vengono trasmessi
in prima visione su Rai 4. E poi è
un mondo splendido, i colleghi
sono fantastici e ci ho trovato anche moglie (la compagna, Valeria Vidali, è doppiatrice anche
lei).
Alessandro Budroni è tra i doppiatori di "Lincoln" di spielberg
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Si gira in Toscana
,
Pagina 1
In
,
M■
ha profetizzato
la decadenza
della sua città
«Ma io volevo
solo risvegliare
l'orgoglio
di chi ci abita»
di Franco A. Calotti
Lamia Toscana vera
è brutta e spoglia
ma piace agli stranieri
"Esche vive" di Fabio Genovesi esce negli Oscar Mondadori
Lo scrittore: «II prossimo libro avrà al centro il mare»
! FORTE DEI MARMI
"Esche vive". Atto secondo. Esce
oggi in edizione economica, per
gli OscarMondadori, il romanzo
rivelazione di Fabio Genovesi,
che proprio grazie alle vicende
di Fiorenzo, Tiziana, e Mirko,
nell'immaginaria campagna pisana di Muglione, ha raggiunto
la notorietà nazionale.
«Il libro è andato molto bene spiega Genovesi, strappato per
qualche
attimo
alla
sua
"occupazione principale" di pescatore - e si sta rivelando un
long seller visto che Mondadori
continua a ristamparlo da un anno e mezzo. In momenti come
questi, con l'editoria in crisi,
l'uscita negli Oscar è un bel segnale che ne prolunga il successo, tanto più che un tempo l'edizione economica dal prezzo dimezzato era comune, come la
seconda visione al cinema, mentre oggi è riservata solo ai libri
che hanno dinamiche di vendita».
Un libro per certi versi struggente, ma anche divertente,
amaro e poetico, che è piaciuto
molto anche all 'estero...
«Sì. "Esche vive" è uscito in
paesi come Germania, Francia
Olanda, Belgio e Israele e sta per
uscire anche in Brasile, Portogallo e Spagna. Uri esperienza emozionante quella delle edizioni
estere, che mi ha permesso esperienze indimenticabili, come po-
Segnalazioni
chi giorni fa, ad un bellissimo Festival musicale e letterario in
Olanda, dove sono stato festeggiatissimo assieme al mio libro».
Cosa trovano i lettori stranieri nel romanzo?
«Credo che siano incuriositi
dalla mia Toscana, che non è
quella oleografica del Rinascimento, del Chianti, delle Colline
senesi, cara agli stranieri, ma
una Toscana diversa, quella industrial-chimica dei capannoni,
della campagne spoglie e brutte.
E così tra le tante email che ricevo dall'estero sono tutti a domandarmi dove sia questa Muglione. E alla mia risposta che si
tratta di un paese inventato, replicano
spesso
con
un
`Bellissimi questi posti di fantasia come Muglione e Pontedera!"»
Un brano del libro è finito
poche settimane fa anche nelle
prove Invalsi per le scuole?
«Si, c'è proprio un brano di
"Esche vive" perché è piaciuto
molto ai ragazzi».
me che proveniva dalle fila degli
scrittori. L'unica cosa che cambierei, forse sono gli orari».
All'autore di un libro come
"Morte dei Marmi" è d'obbligo
chiedere, infine, come veda l'attuale crisi.
«Ho sempre pensato che si
debba semplicemente reagire in
tutti i campi, e smetterla di piangerci addosso. L'azione è la rivoluzione di oggi».
Allora a proposito di azione:
è già in corso la scrittura del
prossimo romanzo?
Un 2012 fittisismo con la riedizione del libro precedente
"Versilia rock city" e il debutto
come conduttore della Versiliana.
Però l'estate scorsa ha firmato questo libretto di grande successo "Morte dei Marmi", che
sta diventando una sorta di sfera di cristallo sui destini del suo
paese, Forte dei Marmi...
«Sì, è stato un successone, sia-
«Quella della Versiliana è stata un'esperienza molto bella. Faticosa, ma mi ha fatto capire
l'importanza che editori e autori
ripongono in questo appuntamento versiliese. Molto positivi
ho trovato il clima e l'accoglienza di tanti colleghi, anche famosi, verso un conduttore come
«Sì, avrà il mare al centro, ma
credo che arriverà solo nel 2014.
Non voglio cedere a pressioni e
vorrei assicurare ai miei lettori
che ogni pagina che leggeranno
sia veramente come la voglio io.
In questo periodo ho tante richieste che mi fanno piacere, visto che per tanto tempo nessuno mi leggeva, neanche gli editori, ma il solo fatto di poter fare
tante cose, non vuol dire, secondo me, che vadano fatte, a tutti i
costi».
mo credo alla nona ristampa.
Ila venduto tantissimo proprio
nelle località turistiche che vivono, magari con il ritardo di qualche anno, analoghe prospettive,
un'identica storia, dovuta all'eccesso di successo e popolarità. E
spesso, nelle varie presentazioni
mi sento dire frasi del tipo "Mi fa
paura quello che lei scrive sul
Forte, perché sta già cominciando ad accadere anche da noi"».
Con una Forte dei Marmi in
crisi, tanti negozi che chiudono
e tutti a lamentarsi, e dove finanche il sindaco è preoccupato perché in paese ormai ci si
annoia, arriverà "Morte dei
Marmi: l'epilogo"?
«Spero proprio di no. Non volevo essere un profeta di sventure, ma cercare attraverso la carta
di far sopravvivere il ricordo di
un paese straordinario, e di rinfocolare la poca brace che resta
sotto, e che può ricordare, a chi
vive qui, l'orgoglio di restarci».
Quindi avrà accolto con favore la chiusura al traffico del lungomare la domenica mattina...
«Sto troppo poco al Forte ultimamente per avere un'opinione
articolata sulla questione. Credo
che l'iniziativa vada provata per
verificare se ci sono delle criticità. Comunque io sono uno che
va sempre in bicicletta e quindi
non posso che essere favorevole».
Pagina 2
Pescatori sulPontile : unadelle w
3s'"diFe
Qui sopra
la copertina
di "Esche vive'
il romanzo
di Fabio
Genovesi
che,
visto
iisuccesso,
Mondadori
ripubblica
nella collana
degli Oscar
A sinistra
lo scrittore
che è stato
trai
conduttori
degli incontri
al Caffè
della
Versiliana
Segnalazioni
Pagina 3
` to t
S. Mima
e
li*
set per la faimgha Taviam
Giovanna, figlia di Vittorio, ha giratole riprese del mediometraggio "Sasà. II riscatto"
1 SAN MINIATO
San Miniato diventa set cinematrografico per Giovanna
Taviani, figlia di Vittorio e giovane regista che, insieme a
"La conchiglia di Santiago",
la piccola casa di produzione
di Andrea Mancini e della
stessa Taviani, firma un mediometraggio dal titolo provvisorio "Sasà. Il riscatto".
Le riprese sono avvenute
nei giorni scorsi nel centro
storico di San Miniato, che così rafforza ulteriormente il
proprio legame con la famiglia Taviani.
Il documentario traccia un
ritratto di Salvatore Striano, il
Bruto di "Cesare deve mori-
re", dall'inferno dei quartieri
spagnoli di Napoli al paradiso
di Dante, la Toscana.
Come un processo di
"redenzione" da Napoli a San
Miniato, paese di origine dei
fratelli Taviani, dove girarono
la "Notte di San Lorenzo", in
memoria di un'esperienza autobiografica realmente vissuta in queste valli.
Il punto di partenza è una
cella storica del carcere di
Arezzo da cui, di volta in volta, il protagonista "evade"
con l'immaginazione per ritrovarsi nella Toscana di Dante e nelle verdi colline di San
Miniato. Da una vita bruciata
a Omero, Shakespeare, Dante: come la cultura può contri -
buire a salvarti la vita.
Per questo il documentario
ha un valore formativo e verrà distribuito nelle scuole e in
tutte le carceri italiane.
Un volto nuovo di Striano,
prima il camorrista di
"Gomorra", poi il Bruto di
"Cesare deve morire", il film
con cui i fratelli Taviani hanno trionfato a Berlino conquistando l'Orso d'oro; e ancora
un delinquente in una fiction
in onda proprio in questi giorni su Canale 5, e adesso un
uomo nuovo, impegnato a
fondo con il cinema e con il
teatro, e in giro per il mondo a
portare il suo nuovo messaggio di libertà.
San Miniato non è stata sol-
tanto il contesto del film, è
stata presente anche con la
sua storia recente e passata,
con le sue case, con le persone.
Tra i protagonisti Lisandro
Nacci e Enzo Cintelli, nella
parte di se stessi, in quella
cioè di due sanminiatesi che
raccontano e fanno rivivere a
Sasà Striano le vicende storiche di San Miniato, da Pier
Delle Vigne, imprigionato
dentro la Rocca, all'Eccidio
del Duomo, alla storia di Giuseppe Gori, il "piccolo Gramsci" di Cigoli, ricordato duran te un incontro a Villa Sonnino
dal Comitato a lui intitolato.
Questo appunto il senso
del viaggio diretto da Giovanna Taviani: dalla disgregazio ne di partenza fino all'arrivo
in una Toscana di grande civiltà, una Toscana "bella" dove appunto far nascere grandi storie e grandi personaggi.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Giovanna Taviani durante le riprese del documentario
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Segnalazioni
Pagina 4
068 , racconto
amoroso della giovinezza
Cristina Piccino
ROMA
ul banco Gilles incide la A di
anarchia mentre il professore
S legge un passo di Blaise Pascal: «Tra noi e l'inferno o tra noi e il
cielo c'è solo la vita, che è la cosa
più fragile del mondo». Gilles e i
suoi amici la vivono a perdifiato. Siamo all'inizio degli anni Settanta, nella provincia francese, il Maggio 68 è
ancora lì, sogno vitale di un'utopia,
gesto reale di una possibile rivoluzione. Gilles, Christine, Jean Pierre,
Alain, Maria sono liceali che hanno
fatto propria P«aria» (e la sfida) del
tempo: la politica, la lotta contro l'ordine poliziesco, le scoperte della vita. Libertari contro i dogmi del partito comunista, diffidente nei loro
confronti, dei genitori, del sistema...
In una manifestazione a Parigi
proibita dalla prefettura (siamo nel
1971) un ragazzo, Richard Deshayes, anarchico, perde un occhio
per un colpo di granata sparato dalle brigate speciali in piena faccia. Il
movimento dei liceali scende in
piazza, Gilles e gli altri si scontrano
coi trotzkisti che vogliono assorbirli
nello schematismo ideologico ..
Après Mai, tra i migliori titoli dello
scorso concorso veneziano, arriva
nelle nostre sale (giovedì prossimo,
in 35 copie, distribuisce Officine
Ubu), un film appassionante in cui
il regista, Olivier Assayas, ripercorre
un'epoca chiave della nostra Storia
tra autobiografia e l'autofinzione di
una sincera prima persona. Dietro
alla figura di Gilles, il protagonista, è
facile intuire lo stesso Assayas: l'aspirazione di fare film, i dischi (Syd Barrett, MC5, Kevin Ayers), le letture (Simon Leys, Ashbury, Debord), la passione per la pittura. Protagonista è
dunque la generazione più giovane
del Maggio, a cui Assayas (classe
1955) appartiene, cresciuta in quel-
Segnalazioni
l'epoca di battaglie, cambiamenti
ma anche disillusioni in cui ogni scoperta, un libro, un film, un incontro
erano un pezzo di vissuto, qualcosa
di intimo e insieme collettivo, un
personale/politico che affermava
uno stare al mondo.
Gilles ha una ragazza Laure, bella
e magrissima, che lo lascia per andare a Londra regalandogli Gasoline di
Gregory Corso. Poi c'è Christine,
che sembra non dubitare mai dell'impegno nella sua dolce fermezza,
il primo bacio con lei è nella sala buia (barthesiana seduzione laterale)
davanti allo schermo. Gilles è irrequieto, vorace, da Gli abiti nuovi di
Mao, critica alla Rivoluzione culturale cinese, a Orwell ai situazionisti e
Deleuze, ogni lettura è una rivelazione. Alla battaglia politica alterna lunghi momenti di solitudine lavorando ai suoi quadri.
Più che un film «storico» però
Qualcosa nell'aria è (quasi) un romanzo di formazione, il racconto
della giovinezza coi suoi slanci e i
suoi errori, come sempre nel cinema di Assayas, radicati profondamente nell'epoca che affronta. Ed è
questa la sua magia, e la sua libertà,
che permette al regista di evitare la
retorica della «ricostruzione» filtrata
dal presente. È invece il cinema la
lente attraverso la quale il movimento di quel tempo scorre, tra gli omaggi cinefili, Rossellini e il suo Viaggio
in Italia, e lo scontro interno al movimento che diviene lo scontro tra
l'idea di un fare cinema «impegnato», appiattito sulla realtà, e quello
di un cinema che il mondo, appunto, lo reinvesta. L'immaginazione al
potere.
Ne parliamo con Olivier Assayas,
nel passato anche critico per i
Cahiers da cinéma, arrivato a Roma
insieme a due dei suoi splendidi attori, complici ineguagliabili in questa avventura, tutti non professionisti a parte Lola Creton (vista in Un
amore di gioventù di Mia Hansen Love; da Clément Metayer, Carole
Combes, India Salvar Menez, Félix
Armand...
«Dopo Carlos (storia del terrorista
internazionale, ndr) avevo voglia di
un film intimo, di raccontare la storia della mia vocazione, perché sono diventato regista e non pittore,
come volevo in un primo tempo.
Poi, scrivendo la sceneggiatura, mi
sono accorto che quel che veniva
fuori era la storia della mia generazione cresciuta negli 70 che sono stati un grande momento di libertà, di
caos creativo e di anarchia. Ed è proprio quell'energia creativa diffusa,
che si è esplicata nell'arte, nella musica, nella vita sociale e nella politica, ciò che di quegli anni ancora colpisce come un unicum irripetibile».
Possiamo anche dire che «Qualcosa nell 'aria» lega il Maggio 68 al
racconto di una giovinezza, come
già accadeva in uno dei suoi precedenti film , « L'Eau froide»?
In un certo senso sì anche se con
sfumature molto diverse. Tra i due
film c'è stato un breve racconto,
Une adolescence dans l'aprés-Mai
(2005) che è ancora differente, ed è
senz'altro il più autobiografico perché la scrittura costruisce una relazione a sé con l'autobiografia che
mi ha permesso di riconciliarmi con
quel periodo. Quando ho girato
L'Eau froide ero ancora a disagio
con tutto ciò che lo rappresentava,
le atmosfere, i colori, i vestiti. AprésMai invece è completamente immerso in quegli anni, volevo anzi restituirne visivamente e sensorialmente l'atmosfera.
Gilles, il protagonista , che è un
po' il suo alter ego, ama Debord e
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vorrebbe dipingere . Poi, come lei,
arriva al cinema ...
Però sono sempre debordiano come a diciassette anni quando ho conosciuto oltre a Debord la scuola di
Francoforte, Marcuse... Forse è stata
la solitudine a spaventarmi nel lavoro dell'artista, come dice il personaggio del film. Ricordo le ore solitarie
nel mio studio con le mie ossessioni: non lo sopportavo anche se dipingere era una qualcosa di vitale
per me. Il cinema invece è un'arte
che ha bisogno di una dimensione
collettiva, e io volevo esplorare quello che avevo intorno, spingermi più
lontano. Non ho mai pensato al cinema in modo introspettivo, al contrario è per me uno strumento con
cui avanzare nella comprensione
del mondo, che mi ha portato a girare in altri paesi come l'Asia.
E al centro del suo film c 'è il cinema. Il diverso modo di interpretare l'immaginario , tra rappresentazione della realtà , impegno e invenzione sembra riflettere anche
le diversità dei movimento e di lettura del 68.
E una questione centrale nel film,
anzi direi che questa dialettica ne è
stato il punto di partenza. Ci sono
qui due aspetti distinti.La delflagrazione del Maggio 68 in Francia, e della Summer Love in America, è un
momento culturale di bellezza e di
utopia. Un momento di assoluta libertà, di caos quasi anarchico in cui
viene plesso in discussione tutto, ovviamente anche le strutture politiche tradizionali. Nel dopo-Maggio,
Segnalazioni
la militanza almeno in Francia, si
struttura in piccoli partiti molto rigidi, e se l'energia creativa del Maggio
68 sul piano artistico significava una
reinvenzione del mondo, il dogmatismo politico dell'estrema sinistra
nel dopo-Maggio ha prodotto anche un dogmatismo nella pratica
del cinema. C'è un vero e proprio antagonismo tra la controcultura del
Maggio francese o anche americana
o inglese e il dogmatismo politico di
un certo documentario sociale dell'epoca. Che, retrospettivamente,
ha un suo valore, allora infatti non
esistevano canali televisivi o di informazione che parlassero delle fabbri che e degli operai, ma era però molto diverso da un desiderio cinematografico.
Mentre tornava a quegli anni, le è
capitato di porsi delle domande
sul presente , su cosa ne è stato
di quell 'energia, di quella voglia di
cambiamento?
La militanza e l'impegno politico
negli anni Settanta, specie subito dopo il Sessantotto, appartenevano alla maggioranza se non alla totalità
della gioventù. In questo senso possiamo dire che è stata una rivoluzione riuscita perché ha trasformato
nel profondo il paesaggio culturale,
le relazioni, il modo di rappresentarsi ... Il fallimento è stato invece sul
piano della politica e credo che la
causa principale di questo sia stato
il terrorismo. Ciò che accadeva in
Italia, in Germania, in Giappone ha
spaventato tutti. Anche laddove come in Francia è stato meno forte, si
è diffusa la stessa paura, e soprattutto l'idea che in quell'utopia ci fosse
qualcosa di sbagliato. La realtà è entrata con violenza nel sogno e a un
certo punto il divario tra queste due
dimensioni è diventato troppo forte, incolmabile.
Ci parli del suo lavoro con gli attori, che sono bravissimi. Come ha
costruito il rapporto tra loro e i personaggi del film?
Tutti i personaggi sono ispirati a figure reali, e scrivere il film mi ha anche permesso di riflettere meglio su
alcune dinamiche del tempo. Per
esempio il ruolo delle donne e il machismo che c'era nel movimento, i
maschi erano i militanti e le ragazze
avevano invece un ruolo secondario
nonostante condividessero lo stesso
grado di educazione politica. Da qui
è nato il femminismo. Gli attori sono per me essenziali, e una volta
scelti - il casting segna una tappa
cruciale della lavorazione - cerco
che le cose accadano, che tra il personaggio e il protagonista si crei una
relazione. E questa può essere molto diversa dalle idee astratte che avevo prima del processo di lavoro anche se deve rispondere all'immagine complessiva. È importante perciò creare l'ambiente giusto intorno
ai personaggi, specie se è un storico
come questo, e da qui lasciarli inter-
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N
m
Segnalazioni
Pagina 7
«Vivevamo un momento
di assoluta libertà
e di caos creativo.
Ma il dogmatismo
politico ha creato
barriere, è diventato
anche un dogmatismo
dell'immaginario»
UNA SCENA DA
,QUALCOSA
NELL'ARIA»;
A DESTRA,
I PROTAGONISTI,
LOLA CRÉTON
E CLÉMENT
MÉTAYER;
ACCANTO,
IL REGISTA
OUVIER ASSAYAS
Segnalazioni
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Assayas : sesso, droga e rivoluzione
il mio film sulla generazione perdente
ROMA
ualcosa nell 'aria racconta la generazione
successiva a quella del
maggio '68. Quella a cui
appartn e, Olivier Assayas regista e critico parigino forgiato dalla fucina dei Cahiers du Cinema,
classe '55. Presentato a Venezia,
premiato per la sceneggiatura, il
film (in sala da giovedì) ha al centro un gruppo di liceali che scopre
l'impegno, crede nella Rivoluzione, nelle droghe e nel sesso libero.
«Sentivo il bisogno di catturare lo
spirito di quegli anni, la specificità
di quellapolitica, della contro cultura, regalare unaversi one intima
di quell' epoca: lamia». Preparan do il film il regista ha fatto i conti
«con la lettura storica sbagliata di
questo periodo. Oggi si ha una visione fantasmatica o ironica di
quegli anni. Che erano politicamente complessi e basati su ideali di cui c'è poco da ridere. Il cinemafrancesenonhamai raccontato quel periodo in modo realistico.Ho cercato, senon difareiconti con un'epoca, almeno di dare
un punto di riferimento credibile
ed equilibrato. Perciò ho usato le
mie esperienze vissute». Eppure
negli ultimi anni hanno raccontato il maggio '68 due autori come
Bertolucci e Garrel «ma Thedreamers - obietta Assayas - è incentrato più sul rapporto trai giovani che sulla pagina storica del
Maggio, Les amants réguliers è
una visione poetica dell'epoca».
Guardando le immagini del
film, gli amori sfortunati, gli ideali traditi, ma anche la vitalità, la
creatività di quella generazioni,
inevitabile è il raffronto con il presente. «Quel che è crudelmente
diversoèl'ambiente.Avevo 15an ni nel 1970, sentivo di vivere un
periodo rivoluzionario: il'68 avevafallito, maprestone sarebbe arrivato un altro, vincente. Il senso
di rivoluzione era tangibile, ossessionante. La vita quotidiana
sembrava banale, speranze e ambizioni erano connesse alla rivoluzione futura. L'Europa era travolta dall'onda diuna gioventù rivoluzionaria. Ciascuno oggi resta
solo con il proprio idealismo,
manca un'energia collettiva ad
unire le speranze». Ma Qualcosa
Segnalazioni
nell'aria non è però un film nostalgico. Piuttosto è connesso, come deve essere l'arte secondoAssayas, con il presente, con i gi ovani che «spero vedano il film e capiscano che c'è stato un tempo
non lontano in cui si poteva immaginare un'alternativa alla dittatura del consumismo, in cui ci si
poteva appoggiare sulla potenza
del collettivo». Eppure quella generazione così bella evitale è uscita sconfitta dalla storia: «Io sono
stato fortunato, malamiagenerazione ha perso e molto. Quella del
'68 veniva da una società più
strutturata e quando l'energia si è
spenta ha saputo reintegrarsi:
tanti dirigenti socialdemocratici
vengono da lì. La generazione
successiva ha creduto di più nel
contesto rivoluzionario, vissuto
un impegno politico sfociato an che nella lotta armata. In tanti si
sono distrutti nel processo. Non si
credeva nei soldi, nella carriera,
nella famiglia. Il risveglio, a fine
anni 70, è stato crudele».
Per Assayas la Francia di oggi è
«un paese politicamente nevrotico. Ha qualcosa di forte che struttura la società, ma anche un costante e distruttivo sentimento di
insoddisfazione. Oggi è almeno
un paese socialdemocratico che
ha fede nella generosità sociale.
Ma è un luogo privo dell'energia
creativa di altri tempi: domina un
sentimento provinciale e autolesionista».
U RIPRODUZIONE RISERVATA
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Sentivo il bisogno di
catturare lo spirito degli
anni Settanta, con la
politica e la
controcultura, una
visione intima di
quell'epoca: lamia
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Segnalazioni
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