Criteri diagnostici

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Criteri diagnostici
29/11/2010
Accertamento di T.D. e A.D. nei lavoratori
che svolgono mansioni a rischio
-Criteri diagnostici-
Dr. Livio GIULIANO
Responsabile ssvd Alcologia ASL “NO”
Decreto Ministeriale 12 luglio 1990, n. 186
(Regolamento concernente la determinazione delle procedure diagnostiche e
medico-legali
per accertare l’uso abituale di sostanze stupefacenti o psicotrope)
Art. 1
Procedure diagnostiche e medico-legali
L’accertamento dell’uso abituale di sostanze stupefacenti o psicotrope si fonda
su uno o più degli elementi valutativi appresso indicati:
a)
b)
c)
d)
e)
Riscontro documentale dei trattamenti socio-sanitari per le
tossicodipendenze presso strutture pubbliche e private, di soccorsi
ricevuti da strutture di pronto soccorso, di ricovero per trattamento di
patologie correlate all’abuso abituale di sostanze stupefacenti o
psicotrope, di precedenti accertamenti medico-legali
segni di assunzione abituale della sostanza stupefacente o psicotropa
sintomi fisici e psichici di intossicazione in atto da sostanze stupefacenti
o psicotrope
sindrome di astinenza in atto
presenza di sostanze stupefacenti e/o loro metaboliti nei liquidi biologici
e/o nei tessuti
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Conferenza permanente per i rapporti tra lo stato le regioni e le province
autonome di Trento e Bolzano
PROVVEDIMENTO 18 settembre 2008
Accordo, ai sensi dell'articolo 8, comma 2 dell'Intesa in
materia di accertamento di assenza di
tossicodipendenza, perfezionata nella seduta della
Conferenza Unificata del 30 ottobre 2007 (Rep. Atti n.
99/CU), sul documento recante «Procedure per gli
accertamenti sanitari di assenza di
tossicodipendenza o di assunzione di sostanze
stupefacenti o psicotrope in lavoratori addetti a
mansioni che comportano particolari rischi per la
sicurezza, l'incolumità e la salute di terzi».
(G.U. Serie Generale n. 236 del 8 ottobre 2008)
Metodologia dell'accertamento da parte del SERT o da altre strutture
sanitarie competenti sui lavoratori positivi alle analisi di
screening o per presenza di segni e sintomi di sospetta dipendenza
rilevati nel corso della visita dal medico competente (indicazioni
metodologiche orientative).
I presupposti e le finalità medico-legali
degli «Accertamenti di assenza di
tossicodipendenza» da svolgersi
possibilmente non oltre trenta giorni dal
momento della richiesta, prevedono:
• accertamenti clinici mediante visita
medica;
• accertamenti tossicologici-analitici.
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Accertamenti clinici mediante visita medica
La visita medica si espleta mediante un esame
medico-legale, clinico-documentale, clinicoanamnestico, psicocomportamentale e clinicoobiettivo.
La finalità generale, oltre a quella di stabilire se vi sia o vi
sia stato uso di sostanze, è di definire la tipologia di
sostanze utilizzate, le modalità di assunzione e la
frequenza (per quanto possibile ricostruire sulla base
delle dichiarazioni del soggetto sottoposto ad
accertamenti). Oltre a questo sarà necessario definire se
vi sia o no stato di dipendenza, al fine di proporre al
lavoratore un appropriato percorso di cura e
riabilitazione secondo quanto previsto dall'art. 124 del
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/90.
Accertamenti tossicologici-analitici
L'accertamento chimico-tossicologico viene
effettuato utilizzando entrambe le
matrici biologiche urinaria e cheratinica.
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Criteri per la diagnosi di
“Dipendenza da Sostanze”
Secondo il DSM IV-R
(“Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali”)
– American Psychiatric Association
–
• Una modalità patologica d’uso della
sostanza che conduce a menomazione o
a disagio clinicamente significativi, come
manifestato da tre (o più) delle
condizioni seguenti, che ricorrono in
un qualunque momento dello stesso
periodo di 12 mesi:
1. tolleranza, come definita da ciascuno
dei seguenti punti:
• il bisogno di dosi notevolmente più
elevate della sostanza per raggiungere
l’intossicazione o l’effetto desiderato
• un effetto notevolmente diminuito con
l’uso continuativo della stessa quantità
della sostanza
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2. astinenza, come manifestata da
ciascuno dei seguenti punti:
• la caratteristica sindrome di astinenza
per la sostanza
• la stessa sostanza (o una strettamente
correlata) è assunta per attenuare o
evitare i sintomi di astinenza
3. la sostanza è spesso assunta in quantità
maggiori o per periodi più prolungati rispetto a
quanto previsto dal soggetto
4. desiderio persistente o tentativi infruttuosi di
ridurre o controllare l’uso della sostanza
5. una grande quantità di tempo viene spesa in
attività necessarie a procurarsi la sostanza
(per es., recandosi in visita da più medici o
guidando per lunghe distanze), ad assumerla
(per es., fumando “in catena”) o a riprendersi
dai suoi effetti
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6. interruzione o riduzione di importanti attività
sociali, lavorative o ricreative a causa dell’uso
della sostanza
7. uso continuativo della sostanza nonostante la
consapevolezza di avere un problema
persistente o ricorrente, di natura fisica o
psicologica, verosimilmente causato o
esacerbato dalla sostanza (per es., il soggetto
continua a usare cocaina malgrado il
riconoscimento di una depressione indotta da
cocaina, oppure continua a bere malgrado il
riconoscimento del peggioramento di un’ulcera
a causa dell’assunzione di alcool)
Bisogna specificare se la “Dipendenza da
Sostanze” rilevata in base ai criteri
precedenti è:
• Con Dipendenza Fisica: quando vi sono
prove evidenti di tolleranza o di astinenza
(cioè, risultano soddisfatti entrambi i criteri
1 e 2).
• Senza Dipendenza Fisica: quando non
c’è alcuna prova evidente di tolleranza o di
astinenza (cioè, non risultano soddisfatti
né il criterio 1 né il criterio 2)
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Criteri per la diagnosi di
“Abuso di Sostanze”
Secondo il DSM IV-R
(“Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali”)
– American Psychiatric Association
–
A. Una modalità patologica d’uso di una
sostanza che conduce a menomazione o
a disagio clinicamente significativi, come
manifestato da una (o più) delle
condizioni seguenti, che ricorrono
entro un periodo di 12 mesi:
1. uso ricorrente della sostanza risultante in una
incapacità di adempiere i principali compiti connessi
con il ruolo sul lavoro, a scuola o a casa (per es.
ripetute assenze o scarse prestazioni lavorative
correlate all’uso delle sostanze; assenze,
sospensioni o espulsioni da scuola correlate alle
sostanze, trascuratezza nella cura dei bambini o
della casa)
2. ricorrente uso della sostanza in situazioni
fisicamente rischiose (per es. guidando
un’automobile o facendo funzionare dei macchinari
in uno stato di menomazione per l’uso della
sostanza)
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3. ricorrenti problemi legali correlati alle
sostanze (per es. arresti per condotta
molesta correlata alle sostanze)
4. uso continuativo della sostanza nonostante
persistenti o ricorrenti problemi sociali o
interpersonali causati o esacerbati dagli
effetti della sostanza (per es. discussioni
coniugali sulle conseguenze
dell’intossicazione, scontri fisici)
B. I sintomi non hanno mai soddisfatto i criteri
per la Dipendenza da Sostanze di questa
classe di sostanze
Accertamenti tossicologici-analitici
L'accertamento chimico-tossicologico viene
effettuato utilizzando entrambe le
matrici biologiche urinaria e cheratinica,
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Tabella 2: Concentrazione soglia (cut-off) nei test di conferma per
la positivita' delle classi di sostanze nelle urine
=====================================================================
Classe di sostanza
|Concentrazione urine
=====================================================================
OPPIACEI METABOLITI (morfina, codeina,
|
6-acetilmorfina
| 100 ng/ml
--------------------------------------------------------------------COCAINA E METABOLITI
| 100 ng/ml
--------------------------------------------------------------------CANNABINOIDI METABOLITI
|
15 ng/ml
--------------------------------------------------------------------METADONE
| 100 ng/ml
--------------------------------------------------------------------AMFETAMINE ED ANALOGHI
|
--------------------------------------------------------------------Amfetamina
| 250 ng/ml
--------------------------------------------------------------------Metamfetamina
| 250 ng/ml
--------------------------------------------------------------------MDMA-MDA-MDEA
| 250 ng/ml
--------------------------------------------------------------------BUPRENORFINA
|
5 ng/ml
Tabella 3: Concentrazione soglia (cut-off) nei test su matrice pilifera
=====================================================================
Classe di sostanza
|
Concentrazione capelli
=====================================================================
OPPIACEI METABOLITI (morfina,
|
codeina, 6-acetilmorfina)
|
0,2 ng/mg
--------------------------------------------------------------------|
0,2 ng/mg 0,05 ng/mg
COCAINA E METABOLITI
|
(Benzoilecgonina)
--------------------------------------------------------------------CANNABINOIDI METABOLITI
|
0,1 ng/mg
--------------------------------------------------------------------METADONE
|
0,2 ng/mg
--------------------------------------------------------------------AMFETAMINE ED ANALOGHI
|
--------------------------------------------------------------------Amfetamina
|
0,2 ng/mg
--------------------------------------------------------------------Metamfetamina
|
0,2 ng/mg
--------------------------------------------------------------------MDMA-MDA-MDEA
|
0,2 ng/mg
--------------------------------------------------------------------BUPRENORFINA
|
0,05 ng/mg
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“Un risultato negativo degli
accertamenti sulla matrice cheratinica
sarà utilizzabile
direttamente per la formulazione della
conclusione diagnostica di
«non uso di sostanze»”
Nei soggetti in trattamento terapeutico con metadone cloridrato dovrebbero essere
eseguite valutazioni su diversi parametri di performance, sia mediante reattivi mentali sia
con un’idonea strumentazione che permetta di indagare le varie funzioni neuro-psichiche
implicate nell’utilizzo di macchinari o nell’attività di guida.
In particolare è possibile:
* valutare i tempi di reazione mediante apparecchi specifici
* praticare un esame audiovisivo (audiometro + ergovision)
* valutare l’attenzione e la concentrazione (A-test e K-V-T)
* valutare la memoria spaziale (test di Corsi)
* valutare la memoria di fissazione/rievocazione (test di Babcock)
* misurare la coordinazione e la rapidità visuo-motoria (con i subtest “Associazione
simboli e numeri” e “Disegno con cubi” del test WAIS)
In generale si può dire che il metadone, se assunto con modalità terapeutiche, di per sé
non riduce le performances. Il vero problema può essere piuttosto la contemporanea
assunzione di altre sostanze, come cannabis e alcol, atte a diminuire le capacità del
soggetto. Il giudizio di idoneità lavorativa pertanto dovrebbe essere concesso in base a
indagini chimico-cliniche nonché a considerazioni sul singolo caso e non in base al fatto
che il soggetto sia in trattamento metadonico.
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All’art. 15 (Disposizioni per la sicurezza sul lavoro) prevede:
“nelle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni
sul lavoro ovvero per l’incolumità o la salute di terzi [da individuare
con successivo decreto]… è fatto divieto di assunzione e di
somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche (*)”.
Al secondo comma dello stesso articolo si dice inoltre che
“… i controlli alcolimetrici nei luoghi di lavoro possono essere effettuati
esclusivamente dal medico competente… ovvero dai medici del
lavoro dei servizi per la prevenzione e la sicurezza negli ambienti di
lavoro con funzioni di vigilanza competenti per territorio delle
aziende unità sanitarie locali”
(*)
Ai sensi della legge 125/2001 per bevanda alcolica si intende “ogni
prodotto contenente alcol alimentare con gradazione superiore a 1,2
gradi di alcol” e per bevanda superalcolica “ogni prodotto con
gradazione superiore al 21% di alcol in volume”
D. Lgs. 9 aprile 2008 n. 81
(Cosiddetto “Testo unico in materia di sicurezza sul lavoro”)
All’art. 41, comma 4, specifica che le visite mediche preventive attuate dal medico
competente (intese a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui il
lavoratore è destinato, al fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica), le
visite mediche periodiche (per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere
un giudizio di idoneità alla mansione specifica) e le visite mediche in occasione del
cambio di mansione (per verificare l’idoneità alla mansione specifica) “nei casi e alle
condizioni previste dall’ordinamento […] sono altresì finalizzate alla verifica di
assenza di condizioni di alcol-dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e
stupefacenti”. A queste tre tipologie di visite, con il D. Lgs. 3 agosto 2009 n. 106 sono
state aggiunte anche le visite mediche preventive in fase preassuntiva.
L’interpretazione di queste disposizioni è tuttora controversa.
Quella che sembra attualmente la più diffusa, interpreta il dettato dell’art. 41 come
riferito esclusivamente ai lavoratori che svolgono attività “che comportano un elevato
rischio di infortuni sul lavoro ovvero per l’incolumità o la salute di terzi” (ritenendo che
la specificazione del comma citato, là dove si dice: “nei casi e alle condizioni previste
dall’ordinamento…”, si riferisca appunto a tali categorie di lavoratori e non a tutte le
altre; secondo questa interpretazione, pertanto, solo i lavoratori che svolgono le
cosiddette “mansioni a rischio” possono essere sottoposti, oltre che ai controlli
alcolemici previsti dalla L. 125/2001, anche a tutti gli altri controlli necessari per
verificare “l’assenza di condizioni di alcol-dipendenza”, qualora ovviamente
sussistano fondati motivi per procedere a tali accertamenti.
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La dipendenza da alcol non costituisce di per
sé motivo sufficiente al venir meno della
fiducia del datore di lavoro;
pertanto la condotta del lavoratore “dipendente
da alcol” dovrà essere valutata di volta in volta
nella concretezza dello svolgimento del
rapporto, così come per ogni altro lavoratore,
alla stregua degli ordinari criteri stabiliti dalla
legge e dal contratto collettivo, al fine della
eventuale contestazione di un inadempimento
delle obbligazioni contrattuali (Corte di
Cassazione, Sezione lavoro, 13 febbraio 1997,
n. 1314).
Sotto questo aspetto bisogna essenzialmente distinguere fra due evenienze
diverse, che vanno preventivamente accertate:
1.
La “cronica intossicazione da alcol” (vale a dire una condizione in cui si è
realizzato un danno cerebrale, costituente l’esito della prolungata assunzione
dell’alcol e dei suoi effetti tossici, tale da turbare il potere cognitivo, raziocinante e
percettivo dell’individuo con frequenza tale da rendere oggettivamente impossibile
una prestazione di lavoro adeguata in modo continuativo) è considerata una
malattia, che in quanto tale esclude una giusta causa di licenziamento ma
“costituisce un’infermità valutabile nel giudizio circa il grado di riduzione della
capacità di lavoro a fini pensionistici, indipendentemente dal carattere volontario
della sua origine” (Corte di Cassazione, Sezione lavoro, 15 febbraio 1990, n.
1126). Questa evenienza (la “cronica intossicazione da alcol”) configura pertanto
una causa di inabilità lavorativa e come tale deve essere gestita.
2.
L’uso episodico di alcol (o anche quello continuativo, che però non abbia
provocato una condizione di “cronica intossicazione”) invece, nella misura in cui si
manifesta con assenze dal servizio e inosservanza dell’obbligo di comunicazione
delle medesime al datore di lavoro, oppure con comportamenti e prestazioni
inadeguati e problematici nell’ambito lavorativo, può configurare una condotta
incompatibile in maniera definitiva con i doveri connessi alla prestazione: in tal
caso però gli episodi verificatisi andrebbero contestati dettagliatamente al
lavoratore e dovrebbero dar luogo a un licenziamento “per giusta causa”; il
licenziamento così irrogato verrebbe ad assumere i connotati del licenziamento
disciplinare.
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Criteri diagnostici per l’alcol
USO PROBLEMATICO DI ALCOL, che indica
una modalità d’uso (continuativa oppure
discontinua ma ricorrente) di bevande
alcoliche caratterizzata dalla presenza,
clinicamente rilevabile, di problemi specifici e
concreti (nell’ambito della salute fisica, delle
relazioni sociali, dell’ambito familiare, di quello
lavorativo, di quello legale, ecc.). Tale modalità
d’uso identifica i cosiddetti “bevitori
problematici” e va distinta in Abuso di Alcol
oppure Dipendenza da Alcol, in base ai criteri
diagnostici proposti dal DSM IV-R.
2.
USO RISCHIOSO DI ALCOL, che identifica i cosiddetti “bevitori a
rischio”. In questi soggetti il consumo di alcolici generalmente non ha
ancora dato luogo a problemi specifici e concreti, clinicamente rilevabili,
ma configura in ogni caso una condizione di rischio per la salute della
persona. Con la dicitura “uso rischioso di alcol” in concreto s’intende una
modalità d’uso di bevande alcoliche (continuativa oppure discontinua ma
ricorrente) diversa dall’uso problematico (cioè dall’Abuso di Alcol e dalla
Dipendenza da Alcol, come definiti dal DSM IV-R), che soddisfa i
seguenti criteri diagnostici:
•
assunzione di bevande alcoliche in condizioni o con modalità rischiose
limitatamente ai week end o a isolati o saltuari contesti rituali (consumo
eccessivo di alcolici a digiuno, assunzione di dosi eccessive di bevande a
elevata gradazione, assunzioni ripetute di drink alcolici in un breve lasso
di tempo [binge drinking] e sottostimate per gli effetti, ecc…)
assunzione abituale o ricorrente di alcol anidro in quantità eccedenti 40
grammi/die (circa tre “unità alcoliche”) per i maschi e 20 grammi/die
(quasi due “unità alcoliche”) per le femmine
presenza di singoli criteri utilizzabili anche per la diagnosi di Dipendenza
da Alcol o di Abuso di Alcol, ma non in numero tale (nel caso della
Dipendenza da Alcol) oppure non con una ricorrenza tale (nel caso sia
della Dipendenza che dell’Abuso di Alcol) da consentire la diagnosi di
una o l’altra di queste due condizioni cliniche.
•
•
13
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Si tratta di criteri clinici: nelle valutazioni di “alcoldipendenza” svolte sui lavoratori, tuttavia, la categoria
diagnostica riportata al punto 2. (USO RISCHIOSO DI
ALCOL), con i relativi criteri diagnostici, non dovrebbe
essere utilizzata in quanto descrive un consumo di alcol
certamente in sé rischioso, potenzialmente dannoso per
la salute e anomalo ma che – per definizione – non si è
(ancora) estrinsecato in comportamenti problematici
specifici e concreti: pertanto attiene ancora
esclusivamente alla sfera personale del lavoratore e non
investe le sue prestazioni e la sua idoneità lavorativa.
BIOMARCATORI
Per l’alcol abbiamo due tipi di marcatori biologici:
A. Biomarcatori che evidenziano la predisposizione
genetica a sviluppare dipendenza da alcol dopo
esposizione cronica (biomarcatori di trait): MAO
(monoaminossidasi, ALDH (aldeide deidrogenasi), ADH
(alcol deidrogenasi), DRD2 (recettori D2 della
dopamina). Non hanno rilevanza clinica pratica, ma
hanno importanza per il momento solo in ambito
sperimentale e di ricerca.
B. Biomarcatori che evidenziano un consumo acuto o
cronico di alcol o un danno biologico alcol-indotto
(biomarcatori di stato): sono quelli comunemente usati
in ambito clinico a fini diagnostici (GGT, MCV, AST
ALT, CDT, alcolemia e alcoluria, EtG nelle urine e nei
capelli…).
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Quando si considerano dei marcatori biologici, di qualsiasi patologia si tratti, è necessario
considerare la loro accuratezza diagnostica, definita dalla loro sensibilità (più alta è,
meno falsi negativi avremo) e dalla loro specificità (più alta è, meno falsi positivi avremo).
Nel caso dei marcatori alcologici più comuni abbiamo la situazione
seguente:
GGT: sensibilità 34-85%; specificità 11-85%; bassa sensibilità per rilevare i
consumatori a rischio, molto più utile per rilevare i forti bevitori abituali.
MCV: sensibilità 34-89%; specificità 25-91%; marcatore di alto consumo
abituale. Ha un’emivita di tre mesi.
GGT + MCV: sono considerati, in combinazione, markers di primo livello
(con un buon rapporto costo/beneficio); se associati, individuano oltre il
90% dei forti consumatori abituali di alcol.
AST : sensibilità bassa e specificità bassa.
ALT: sensibilità bassa e specificità bassa.
Rapporto ALT/AST > 2: indica con forte probabilità che l’epatopatia in atto
ha etiologia alcolica.
CDT: sensibilità variabile (34-84%); specificità alta (82-90%).
EtG (nel capello): alta specificità (oltre 94%), alta sensibilità (oltre 80 %)
Le ampie variazioni di sensibilità
(soprattutto) ma anche di specificità dei
biomarcatori riportate nella diapositiva
precedente e rilevate nel corso degli anni
in tutti gli studi nazionali e internazionali
che hanno preso in esame l’attendibilità e
quindi l’utilità diagnostica dei biomarcatori
stessi, esprimono una realtà
fondamentale:
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gli effetti biologici dell’alcol (i suoi effetti tossici, di
fatto) dipendono principalmente dalla sensibilità
individuale del consumatore piuttosto che dalle dosi
consumate;
pertanto si possono avere complicanze organiche
gravi anche con consumi moderati (“sociali”) di
alcol; così come – al contrario – si può riscontrare la
normalità dei marcatori di danno biologico anche in
soggetti che consumano quotidianamente e per
lunghi periodi dosi assai elevate di alcol.
Per tale motivo, fra i biomarcatori utilizzati in ambito
alcologico hanno un valore diagnostico maggiore quelli
che evidenziano il consumo di alcol (acuto e soprattutto
In ogni caso in ambito alcologico non vi
sono esami di laboratorio che in sé e
per sé possano avere valore
diagnostico patognomonico; anche se il
supporto che tali esami possono offrire
alla diagnosi aumenta con l’aumentare
della gravità dei problemi causati dall’alcol
e con la tendenza a un uso continuo di
quest’ultimo.
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Ricapitoliamo nel seguente schema la tipologia e lo scopo
dei principali marcatori di consumo alcolico:
________________________________________
•
DIRETTI:
- Alcol etilico (nel sangue, nelle urine, nell’espirato)
- Acetaldeide
- Esteri degli acidi grassi
- Fosfatidiletanolo
- Etilglucuronato (EtG)
- Etisolfato (EtS)
•
INDIRETTI: - GammaGT
- Transaminasi (ALT/AST)
- Volume corpuscolare medio (MCV)
- Transferrina Desialata (CDT)
_________________________________________________________
_______________________________________________
•
INDICATORI DI
ABUSO ACUTO:
- Ricerca alcol (nel sangue, nelle urine, nell’espirato)
- Acetaldeide
•
•
INDICATORI DI
ABUSO RECENTE
O RECENTISSIMO:
INDICATORI DI
ABUSO CRONICO:
- Esteri degli acidi grassi
- Etilglucuronato (EtG) nelle urine
- CDT
- GammaGT
- MCV
- ALT/AST
- Etilglucuronato (EtG) nel capello
_______________________________________________
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EtG
(Etilglucuronato)
•
•
•
•
•
•
•
•
•
L’etilglucuronato è un metabolita minore dell’alcol (poiché solo una quota compresa fra lo 0,02 e il
0,06% dell’alcol metabolizzato viene trasformato in EtG) ed è presente nelle urine, nei tessuti e
nei peli. Si tratta di un marcatore diretto, poiché si forma per coniugazione dell’etanolo con acido
glucuronico attivato, ad opera dell’enzima uridin-difosfato-glucuroniltransferasi).
Dosato nelle urine, è al momento il marker di assunzione alcolica recente più specifico e
prossimo all’utilizzo routinario. Introdotto da non tantissimo tempo, è stato fino ad ora usato per la
conferma di test positivi meno costosi ed è candidato a sostituire nel prossimo futuro alcolemia e
alcoluria per la rilevazione di un abuso alcolico recente (ultime 48/72 ore). Si ritrova nelle urine
fino a 3-5 giorni dopo l’assunzione di alcol, con un picco di concentrazione presente già 5 ore
dopo. Necessita per positivizzarsi di ingenti assunzioni di alcol e sembra fortemente influenzato
dalla diluizione urinaria e quindi dall’assunzione di liquidi: per cui è preferibile esprimere il valore
di EtG come rapporto Etg/creatinina.
Molto più utile è la sua ricerca e misurazione nei capelli, dove attualmente è isolato e dosato in
cromatografia (gas cromatografia o cromatografia liquida) abbinata a spettrometria di massa: è
infatti presente anche nella matrice cheratinica, nella quale persiste a lungo (moltissimi mesi e
anche anni) costituendo un indice assai specifico, sensibile ed efficiente di abuso cronico di alcol.
Va evitata la misurazione dell’EtG nei peli pubici e ascellari, dove il suo valore è soggetto a troppe
interferenze e variabili, mentre la misurazione nel capello è assai accurata ed estremamente
indicativa.
Il “cut off ” (*) è di 30 pg/mg: al di sopra di questo valore il test è considerato positivo, nel senso
che identifica con sicurezza i consumatori abitualmente eccessivi (coloro che consumano
sicuramente oltre 30 gr di alcol al dì) e i forti consumatori (“heavy drinkers”) di bevande alcoliche:
vale a dire coloro che consumano oltre 60 gr di alcol al dì.
Valori compresi fra 8 e 25 pg/mg (comunque inferiori al “cut off ” e pertanto
“negativi” ai fini diagnostici) identificano i consumatori occasionali o “sociali”
(“social drinkers”): vale a dire coloro che consumano una quantità di alcol
compresa fra i 10 e i 30 gr al dì.
Valori inferiori a 8 pg/mg identificano i non consumatori o i consumatori
moderati: vale a dire coloro che consumano meno di 10 gr di alcol al dì.
Per valutare le quantità di alcol indicate, si può far riferimento al concetto di
“Unità Alcolica”. Una Unità Alcolica (U.A.) corrisponde a circa 12 grammi di
etanolo; una tale quantità è contenuta in un bicchiere piccolo (125 ml) di
vino di media gradazione, o in una lattina di birra (330 ml) di media
gradazione o in una dose da bar (40 ml) di superalcolico.
(*)
Il “cut off ” può essere definito in generale come il limite inferiore al di sotto
del quale non è possibile avere l’assoluta certezza dell’avvenuta
assunzione di una sostanza stupefacente. Pertanto il valore di cut off
permette di correlare inequivocabilmente la positività rilevata con l’effettiva
assunzione. Nel caso dell’EtG misurato nei capelli, il valore di cut off
permette di correlare inequivocabilmente la positività rilevata con
un’assunzione quotidiana sicuramente eccessiva e continuativa di alcol.
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CDT
(Transferrina Desialata)
La transferrina, glicoproteina sintetizzata e secreta dal fegato, ha
una struttura piuttosto complessa ed eterogenea, con catene
oligosaccaridiche legate alla catena polipeptidica (che è singola).
L’eccessivo consumo di alcol può danneggiare la sintesi (e in
particolare l’incorporazione di acido sialico), la secrezione e
l’assemblaggio delle catene oligosaccaridiche, dando origine a
forme cosiddette “desialate”. La desialazione della transferrina
richiede quantità abbastanza elevate di etanolo in vivo, per cui
l’aumento delle molecole di transferrina che hanno perso una (=
disialotransferrina) o entrambe (= asialotransferrina) le catene
oligosaccaridiche, si riscontra negli individui che hanno bevuto
almeno 60-70 gr di etanolo al dì (vale a dire 5-6 Unità Alcoliche)
nelle due-tre settimane precedenti l’esame. Sia l’asialotransferrina
che la disialotransferrina aumentano nei bevitori eccessivi, mentre
l’asialotransferrina non è rilevabile negli astemi e nei bevitori
moderati: pertanto il marcatore più sensibile resta la
disialotransferrina, anche se il più specifico è senz’altro
l’asialotransferrina.
Il valore della CDT viene per lo più espresso in % rispetto alla
quantità totale della transferrina. Si tratta in definitiva di un esame
piuttosto specifico (anche se vi sono alcune condizioni – peraltro
rare, come le malattie congenite della glicosazione – che possono
determinare falsi positivi e vi sono inoltre diverse segnalazioni di
una sensibilità variabile di questo marcatore). Nonostante ciò, la
transferrina desialata al momento è sicuramente l’es. ematochimico
dotato di maggior specificità e sensibilità nell’identificazione di un
consumo alcolico quotidiano eccessivo, sia pure solo recente:
relativo cioè alle due-tre settimane precedenti l’esecuzione
dell’esame; in caso di sospensione dell’assunzione di alcolici il suo
valore declina lentamente (emivita di circa 15 giorni). Se associata a
un’elevazione della GGT, l’indicazione di un consumo alcolico
inadeguato diventa quasi probatoria, rivelando nella maggioranza
dei casi un uso problematico di alcol, che spesso si precisa come
una condizione di alcol dipendenza.
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QUESTIONARI DIAGNOSTICI
Per identificare i soggetti che fanno un uso
problematico di alcolici è assai utile
l’utilizzo di questionari diagnostici più o
meno specifici per l’uso alcologico. Tra i
vari strumenti diagnostici disponibili, tali
questionari sono – a torto – anche quelli
meno utilizzati e più sottovalutati .
Si segnalano in particolare i seguenti:
• il test C.A.G.E.
• il test A.U.D.I.T.
• il test TriAl di Dell’Osso et al.
• Il S.A.D.Q. di Stockwell et al.
• Il questionario MCMI III
• Il questionario MMPI-2
• Il questionario SCID II
• il questionario MAC2-A
• la SENSATION SEEKING SCALE di M. Zuckermann.
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• I primi due (C.A.G.E. e A.U.D.I.T.) possono
essere somministrati da qualunque operatore
indipendentemente dalla sua qualifica
professionale.
• La somministrazione e/o l’interpretazione dei
risultati degli altri questionari (Tri.Al, S.A.D.Q.,
MCMI III, MMPI-2, SCID II, MAC2-A e
SENSATION SEEKING SCALE) è di stretta
competenza dei Dirigenti Psicologi o degli
specialisti Psichiatri.
• L’impiego a scopo diagnostico dei test elencati,
trova il suo razionale clinico in una valutazione
trifasica dei soggetti da esaminare.
• Prima fase:
Identificazione dei soggetti che usano alcol
in modo rischioso o problematico
• Seconda fase:
Test psicodiagnostici per valutare la
presenza di disturbi di personalità alla base
dei problemi alcolcorrelati evidenziati
• Terza fase:
Diagnosi motivazionale
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Prima fase:
Identificazione dei soggetti che usano alcol
in modo rischioso o problematico
Gli strumenti più indicati sono i seguenti:
•
Il C.A.G.E. - Prende il nome dall’acronimo che deriva dalle iniziali
(in lingua inglese) delle quattro domande da cui è costituito. E’
stato validato per l’identificazione dei pazienti con dipendenza da
alcol (Fiellin et al., 2000); anche una sola risposta positiva
suggerisce la possibilità che l’individuo presenti una dipendenza
da alcol (Allen e Litten, 2001). Il nostro consiglio è quello di non
somministrarlo nella sua veste abituale ma di utilizzarlo in
maniera “mascherata”, formulando separatamente al soggetto in
esame le quattro domande-chiave che costituiscono il test,
distanziandole fra loro e utilizzandole al momento opportuno
durante il colloquio anamnestico, in base alla raccolta dei dati del
momento. In tal maniera il test recupera la sua efficacia
diagnostica, che altrimenti – se lo si usa nella sua formulazione
originale – risulta assai annacquata nel contesto culturale del
nostro Paese.
•
l’A.U.D.I.T. - Prende il nome dalle iniziali delle parole Alcohol Use Disorders
Identification Test. E’ stato realizzato dall’OMS per identificare il consumo
eccessivo di alcol (Saunders et al., 1993; Reinert e Allen, 2007). E’ costituito da
dieci domande a risposta multipla a cui può essere assegnato un punteggio che
varia da 0 a 4, con un punteggio terminale variabile tra 0 e 40. Il cut-off
originariamente suggerito per l’A.U.D.I.T. (valore soglia al di sopra del quale l’esito
del questionario viene considerato positivo) è uguale o superiore a 8 ma recenti
studi suggeriscono valori di cut-off inferiori, almeno per le donne (pari o superiori a
4). E’ in grado di identificare situazioni gravi, ma anche stati problematici iniziali o
di media entità; è composto da dieci items che esplorano, relativamente agli ultimi
12 mesi, il consumo di alcol, le modalità di assunzione e i problemi alcol-correlati.
Valori compresi tra 0 e 7 (tra 0 e 3 nelle donne) indicano l’assenza di problemi
legati all’alcol; valori tra 8 e 12 (tra 4 e 12 nelle donne) indicano che il soggetto
beve troppo oppure ha attualmente o ha avuto problemi alcol-correlati (ad es.
infortuni o forti bevute occasionali) ma probabilmente non si tratta di una persona
fisicamente alcol-dipendente; valori pari o superiori a 13 indicano che il soggetto
ha problemi alcol-correlati e/o si tratta di una persona alcol-dipendente. E’ ritenuto
il miglior questionario diagnostico disponibile per identificare soggetti a rischio in
base al loro consumo di alcolici (sensibilità 51-97%; specificità 78%-96%). La sua
sensibilità attualmente è ritenuta pari a quella degli esami ematochimici di
interesse alcologico.
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•
•
Il TriAl di Dell’Osso et al. (1986) - Esplora sia il
comportamento verso l’alcol sia la sintomatologia
ansioso-depressiva spesso associata all’abuso di
alcolici. Questo strumento si è dimostrato efficace nel
discriminare, nella popolazione generale, i normali
bevitori dai bevitori a rischio ed entrambi dai bevitori
alcoldipendenti.
Il S.A.D.Q. di Stockwell et al (1979) - E’ composto da
venti items. Misura la gravità della dipendenza alcolica
secondo la scala valutativa di Edward e Gross,
considerando i sintomi d’astinenza sia fisici che
psicologici. Punteggi uguali o superiori al punteggio cut
off di 30 indicano una dipendenza grave, mentre quelli
tra 20 e 30 indicano una dipendenza moderata.
Seconda fase:
Test psicodiagnostici per valutare la presenza di disturbi di personalità
alla base dei problemi alcolcorrelati evidenziati
Gli strumenti più indicati sono i seguenti:
1.
2.
3.
MCMI III (Millon Clinical Multiaxial Inventory). E’ un ottimo e affidabile strumento
per la misurazione dei tratti di personalità, dell’adattamento emotivo e
dell’atteggiamento del soggetto di fronte al test. E’ composto da 175 items.
MMPI-2 (Minnesota Multiphasic Personality Inventory – II versione). E’ uno dei
più diffusi test per valutare le principali caratteristiche della personalità. E’
composto da 567 items a cui il candidato deve rispondere vero o falso a
seconda se l'affermazione sia per lui prevalentemente vera o prevalentemente
falsa. Il tempo impiegato mediamente per rispondere agli items va dai 60 ai 90
minuti. È stata inoltre preparata una versione ridotta del test composta da 370
items. La versione italiana è stata rilasciata nel 1995. Il campione utilizzato per
la standardizzazione italiana – avvenuta sempre nel 1995 – è stato di 1375
soggetti (403 maschi e 972 femmine).
SCID II. E’un questionario di personalità autosomministrabile composto di 119
domande. Consente di formulare una valutazione dei Disturbi di Asse II
(secondo i criteri diagnostici del DSM-IV) di tipo categoriale (presenza o
assenza del disturbo) o dimensionale (annotando il numero dei criteri
diagnostici per ciascun disturbo di personalità).
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Terza fase:
Diagnosi motivazionale
Gli strumenti più indicati sono i seguenti:
1. Il MAC2-A, pur non avendo un reale significato diagnostico o prognostico,
può utilmente integrare la valutazione generale analizzando anche gli
elementi motivazionali – rispetto all’astensione dall’alcol – dei soggetti in
esame: soggetti che, per la modalità del loro invio alla Struttura di Alcologia,
possono mostrare importanti e sottaciute resistenze al cambiamento del
loro stile di vita alcol-correlato o ambivalenze inespresse. Il test fa
riferimento agli “stadi del cambiamento” descritti da Prochaska e Di
Clemente, valutando l’intero ciclo di tali stadi (Precontemplazione,
Contemplazione, Determinazione, Azione, Mantenimento e Uscita); da
questa valutazione si ottiene un “Profilo di Disponibilità al Cambiamento” e
due valori numerici di sintesi: DC - Disponibilità al Cambiamento (ossia il
grado di progressivo avvicinamento alla soglia decisionale di cessazione
dell’uso) ed ST - Stabilizzazione (il grado di consolidamento del
cambiamento effettuato). Seguendo il modello a tre fattori, vengono inoltre
valutate mediante il questionario la Frattura Interiore, l’Autoefficacia e la
Disponibilità all’aiuto.
2.
La SENSATION SEEKING SCALE di Zuckermann è un test
psicologico autosomministrato composto da 40 items. Non valuta
in senso stretto la motivazione al cambiamento, ma ha come
finalità quella di misurare la propensione del soggetto in esame
alla ricerca di sensazioni ed esperienze nuove. I soggetti con alti
punteggi al test (high sensation seekers) sono disponibili alle
esperienze più disparate e rischiose: dalla droga all’abuso di
alcol, dagli sport estremi alle avventure erotiche, alla guida
pericolosa. L’uso del test concorre a differenziare, fra i soggetti
che tendono a usare alcolici in situazioni/momenti impropri (lavori
ad elevato rischio di infortuni, guida di veicoli, ecc.), gli
occasionali bevitori da coloro che presentano invece un substrato
psicologico di propensione al rischio e potrebbero con molta più
probabilità ripetere l’esperienza dell’abuso di alcol nei
momenti/contesti impropri.
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GRAZIE PER L’ATTENZIONE
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