Primarie in salsa cinese A Sala va bene tutto per

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Primarie in salsa cinese A Sala va bene tutto per
Lunedì 8 febbraio 2016
IL FATTO 7
il Giornale
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VERSO LE AMMINISTRATIVE Il caso Milano
Chiara Campo
Milano Ha vinto (ma non ha
trionfato) il partito della Nazione. Il commissario Expo Giuseppe Sala sarà il candidato sindaco
del Pd a Milano, con il 42,2% dei
voti ha battuto alle primarie la
vicesindaco Francesca Balzani,
al 33,9% e quindi dietro di otto
punti (circa 5mila voti). Arriva
terzo l’assessore al Welfare del
Comune Pierfrancesco Majorino, che era sceso in campo per
primo e fino all’ultimo ha rifiutato gli appelli a ritirarsi e fare ticket con la vice (23%). Uniti avrebbero potuto raggiungere quasi il
60% e blindare il «modello arancione», con il Pd che governa insieme a sinistra radicale e Sel.
Sul web sono esplose subito le
reazioni dei militanti («Tafazzi»
è la più esplicita). Solo l’1% per
l’outsider Antonio Iannetta. Renzi ha chiamato Sala in serata per
congratularsi e fargli un «in bocca al lupo».
Tre dati di fatto. L’affluenza è
in caduta rispetto alla sfida Pisapia-Boeri del 2010: in due giorni
hanno votato 60.900 elettori, allora 67mila. Secondo: si sono
mossi quattro ministri del gover-
Primarie in salsa cinese
42,2%
A Sala va bene tutto
per battere la Balzani 60.900
I numeri
È la percentuale con cui Sala si
è aggiudicato le primarie, si ferma al 33,9% la Balzani, al 23%
Majorino, allo 0,7% Iannetta
Il commissario Expo supera il vicesindaco di Pisapia di otto punti:
è il candidato della sinistra. Scontro Grillo-Renzi sul voto straniero
post-primarie si aggiungeranno
pezzi di Sel. Beppe Sala rischia
alle Comunali un caso Liguria,
dove tra i litiganti a sinistra è stato eletto governatore l’azzurro
Giovanni Toti.
«Vince Sala coi soldi di Expo e
i voti dei cinesi. Le proposte della Lega e del centrodestra per
È il totale dei votanti alle primarie del centrosinistra, totalizzata dopo i 7.750 votanti
nella giornata di sabato
67.499
I votanti alle primarie del centrosinistra a Milano nel 2010,
quando vinse Giuliano Pisapia
Milano sono concrete, pulite,
moderne, sicure: vinceremo.
«La nostra città merita di più» il
commento del leader della Lega
Matteo Salvini. E ieri il web è
stato ancora invaso da fotomontaggi e ironie sulla «febbre cinese» ai seggi per Sala. «Vittolia! A
Chinatown festeggiano» ironizza il presidente Fi della Regione
Liguria Giovanni Toti. «Il Pd commenta la presidente Fdi
Giorgia Meloni - alle primarie fa
votare tutti: i cinesi a Milano, i
rom a Roma, solo gli italiani da
quando c’è lui non possono votare: decide lui chi governa e stiamo tutti sereni». E Beppe Grillo
sul blog parla di «primarie taroccate» e di un «Pd Made in China». Il premier si mette sulla difensiva, e contrattacca: «Hanno
sempre qualcosa da ridire sulle
nostre primarie quelli che mandano cinquanta persone a fare
clic».
LE MANICHE CORTE TRADISCONO IL GRILLINO
Toninelli e gli asiatici in coda
Polemica per il foto-tarocco
STANCO RITO
Cala l’affluenza rispetto
al 2010: 61mila ai
gazebo contro 67mila
no (Boschi, Martini, Delrio, Martina) e mezzo apparato renziano, ma il distacco di Sala non è
stato certo schiacciante. Terzo:
la polemica sulle code di cinesi
ai seggi alimenterà a lungo il sospetto di primarie-farsa. Quando il risultato si è consolidato ieri sera, i quattro sfidanti si sono
riuniti in un teatro di corso Buenos Aires per festeggiare il futuro sfidante del centrodestra e
presentare agli elettori un flash
di ritrovata unità dopo settimane di liti, veleni e attacchi durissimi al manager per la scarsa trasparenza sui conti Expo e sui
conflitti di interesse. Ma è una
farsa, che si addice al luogo. Da
oggi scatteranno i regolamenti
interni al Pd e con Sel, e la resa
dei conti tra il premier Renzi e il
sindaco che lo ha sfidato apertamente appoggiando la sua vice.
Pisapia aveva chiesto alla sinistra di lanciare da Milano un segnale al partito della Nazione
che governa a Roma ed evitare
che attecchisca a Milano intorno a mr Expo. «Forse è partita
troppo tardi» il commento ieri
del sindaco. Sala dovrà comunque fare i conti con i movimenti
della sinistra radicale (dai Comunisti a Rifondazione) che sta costruendo con radicali, Verdi, socialisti e comitati civici una candidatura alternativa al Pd, a cui
IN TRIONFO
Il commissario
Expo Giuseppe
Sala arriva al
teatro Elfo
Puccini dopo il
successo
«Cinesi in fila a Milano per votare Sala. Ecco il Pd di Renzi.
Disposto a tutto pur di una poltrona!» ha twittato il deputato
M5S Danilo Toninelli corredando con una foto che ha scatenato
le polemiche e le urla al «tarocco». Perché la fila, con cinesi in
mezze maniche in un giorno di sole, non è scattata né ieri né a
Milano. «Scusa, oggi qui fa un freddo cane e piove! Dove
stanno votando quei cinesi, ai Caraibi?? Bufale a 5 Stelle»...
il retroscena »
Renzi costretto a subire il boomerang dei gazebo
E arriva il siluro dell’ex sindaco Marino a Roma: «Non partecipo alla farsa, non votate»
Laura Cesaretti
Roma Nel giorno in cui a Milano i democrat fanno la fila per votare alle primarie (con le consuete polemiche sul voto
cinese), a Roma rispunta - come l’ombra di Banquo - l’ex sindaco Ignazio Marino.
«Non parteciperò alla farsa e non andate a votare», tuona, rispondendo
(con qualche settimana di ritardo)
all’invito che il principale candidato roPERPLESSO
Il premier, e
segretario del
Pd, Matteo
Renzi si è
affermato con
le primarie
ma nei mesi
scorsi ha
contestato
l’istituto
perché dà
troppo potere
ai ras locali
e divide il Pd
mano del Pd, Roberto Giachetti, gli aveva rivolto. Le ragioni di Marino sono,
per così dire, personali: «Io nel 2013 ho
partecipato e vinto le primarie, ma il Pd
non ha mantenuto il patto perché mi ha
mandato a casa». Ergo, niente bis, anche se l’ex sindaco continua ad accarezzare l’idea di ripresentarsi come indipendente per cercare di far perdere il
Pd.
La vicenda che portò alla sua defenestrazione è un po’ più complessa di come Marino la racconti, ma sta di fatto
che lo strumento primarie ha fatto parecchie volte cilecca, e spesso si è trasformato in un boomerang per i leader
del Pd: basti ricordare le numerose
sconfitte inanellate dai candidati promossi da Roma (in era Veltroni e Bersani) e i problemi che lo stesso Renzi ha
registrato nei suoi due anni da segretario. Tanto che, all’indomani delle ultime regionali, fu lui stesso a prendere di
petto il problema: «Una cosa è certa: le
primarie sono in crisi. Dipendesse da
me, la loro stagione sarebbe finita». Bruciavano le vicende della Liguria (con la
Paita, candidata imposta dal Pd locale,
e con la scissione velenosa di Cofferati),
ma anche le vittorie di Emiliano in Puglia e De Luca in Campania, nonché la
sconfitta di Casson a Venezia: tutte scelte «in cui io non ho messo bocca» ma
che causarono più di uno sconquasso.
Renzi aveva promesso una revisione
dell’istituto, per renderle meno automatiche e sottrarle al potere dei ras locali,
ma la riforma non ha ancora visto la
luce. Stavolta il premier ha deciso di
occuparsene un po’ più direttamente,
IL FLOP DEL PREMIER
Voleva modificare l’istituto che
dà troppo potere ai ras locali
e spacca in due il partito
vista la posta in gioco, e a Milano ha
sponsorizzato l’operazione Sala (subito
contrastata dalla minoranza Pd, che si è
inventata con Pisapia la candidatura di
Balzani) e a Roma ha convinto a scendere nell’agone Giachetti (con la minoranza Pd che gli ha spinto a viva forza contro Morassut). Ma lo strumento conti-
nua a mostrare i suoi difetti, e persino
Marino ha buon gioco a contestarne il
fair play. Così come le incertezze sul
corpo elettorale continuano a regalare
argomenti di polemica agli avversari
che vogliono delegittimarle. Il caso dei
cinesi a Milano è paradigmatico: «La
verità - spiega il segretario milanese del
Pd, Pietro Bussolati - è che la percentuale di stranieri che stanno votando alle
nostre primarie è persino troppo bassa,
in una città multietnica come questa:
su 8mila votanti, sabato solo 380 erano
non italiani». Il dato finale si conoscerà
solo oggi, ma a Milano il controllo sui
brogli si è dimostrato alquanto capillare: in diversi seggi, persone che tentavano di votare a ripetizione sono state individuate e bloccate. La polemica però
infuria, ingigantita dalle tv e cavalcata
(anche a sproposito, come dimostrano
le foto false di cinesi in maglietta ai gazebo diffuse dai grillini) dagli avversari politici. A Roma, dove è ancora vivo il ricordo dei rom in fila per votare e dei
pacchetti di voti spostati dai vari protagonisti di Mafia Capitale, il comitato
Giachetti è già al lavoro per prevenire
nuovi incidenti. Nella consapevolezza
che il boomerang primarie va maneggiato con prudenza.