etruria - Direzione Generale Archeologia
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ETRURIA 32. Anfora etrusca a figure nere con la morte di Medusa e delle sorelle Gorgoni Attribuita al Pittore di Tityos, ca. 530-510 a.C. H. 35; diam. 22 Già J. Paul Getty Museum, Malibu, 96.AE.139 La spalla di quest’anfora è decorata con la scena della morte della Gorgone Medusa per mano dell’eroe Perseo, un tema già popolare nell’arte greca arcaica e da questa passata a quella etrusca. Le Gorgoni erano le mostruose figlie di Phorkys, un antico dio marino e di sua sorella Keto, un mostro marino. Su questo vaso Medusa è caduta, la lingua sporgente e le ginocchia piegate, nello schema consueto dell’epoca e dalle sue ferite emergono due cavalli alati, Pegaso e Crisaore (quest’ultimo nella mitologia greca aveva invece forma umana). Le altre Gorgoni compaiono a sinistra di Medusa e sul retro del vaso e recano in mano mazze a due teste sferiche, armi o forse simboli della loro potenza. Sulla zona inferiore, un fregio di animali e piante mentre il collo è ornato con una coppia araldica di pantere unite per la testa. Il ceramografo etrusco modernamente denominato pittore di Tityos, attivo probabilmente nella città di Vulci all’incirca tra il 530 e il 510 a.C., fu uno degli artisti di origine greco-orientale che, per sfruttare la fiorente domanda del mercato etrusco di vasi greci, crearono la classe dei vasi detti Pontici, comprendenti forme greche e indigene decorate nella tecnica a figure nere con abbondante uso di colori aggiunti, il rosso e il bianco. BIBLIOGRAFIA: CVA Getty 9, pp. 23-24, pls. 489-493; Handbook 2002, p. 140. 130 33. Oinochoe etrusca a figure nere con guerrieri Attribuita al Pittore di Tityos, ca. 530-510 a.C. H. 29,2 Già Royal Athena Galleries, New York Il vaso, nella tipica forma di derivazione da modelli metallici, è decorato da un fregio principale figurato all’altezza della spalla, con due schiere di guerrieri che si affrontano armati di scudo, lancia e di un elmo a calotta, vestiti solo di un perizoma. Un secondo fregio animalistico, con una fila di cigni ad ali spiegate, è posto invece nella parte inferiore del ventre. Tra i due una catena di boccioli di loto; sul collo palmette e fiori di loto. BIBLIOGRAFIA: inedito 132 34. Antefissa etrusca con Sileno e Menade danzanti Inizi V secolo a.C. H. 54,6; largh. 32,5 Già J. Paul Getty Museum, Malibu, 96.AD.33 Da scavi clandestini operati in Italia centrale L’antefissa, realizzata a matrice, rappresenta un gruppo di una Menade e un Sileno in passo di danza. Le figure, stanti su una base dipinta a motivi geometrici, muovono verso destra; la Menade, con il chitone che conserva cospicue tracce di policromia e le nacchere in una mano, cerca di sottrarsi all’abbraccio del Sileno, coronato d’edera, che da dietro l’abbranca per la spalla con la destra e nella sinistra regge un corno potorio. Si noti la tipica bicromia arcaica per differenziare i sessi: bianco per l’incarnato femminile, l’ocra per quello maschile. Sul retro si conserva parte dell’estremità del coppo. Alternandosi probabilmente con il tipo del Sileno in primo piano volto verso sinistra che insegue la Menade, queste antefisse davano un vivace senso di movimento al bordo dei tetti dei templi etrusco-laziali. In particolare questo tipo è documentato al Museo di Villa Giulia da esemplari provenienti dal tempio minore del santuario di Civita Castellana (VT), località La Vignale. La stessa serie iconografica, più antica e con modellato più vigoroso, decorava il tempio di Mater Matuta sull’acropoli di Satricum (cfr. A. Andrén, Architectural Terracottas from Etrusco-Italic Temples, Skrifter Utgivna av Svenska Institutet i Rom, VI, Acta Instituti Romani Regni Sueciae, VI, Leipzig, O. Harrassowitz, 1940, pp. 100-101, tav. 33, I:1. Per quelli da Satricum, ibidem, pp. 471-473, tavv. 147-149). BIBLIOGRAFIA: GROSSMAN 1997, pp. 18-19, n. 9; Handbook 1997, p. 41. 136 35. Statuetta etrusca in bronzo di atleta con lo strigile Produzione di Spina, ca. 390-380 a.C. H. col plinto 10,5 Museo Nazionale di Ferrara, inv. 3954; rubata il 03.08.1970; poi Royal Athena Galleries, New York La statuetta, elemento terminale di un candelabro, proviene dalla tomba 45 A di Spina. Essa rappresenta un giovane atleta stante, con un braccio poggiato sull’anca e un altro steso lungo la gamba sinistra a reggere nella mano uno strigile, lo strumento con cui gli atleti, al termine delle gare, si detergevano dalla sporcizia e dall’olio di cui si erano unti, impastatosi con la polvere della palestra. Nella rappresentazione dell’anatomia e nella ponderazione la statua richiama modelli scultorei greci tardo classici; il bronzetto, datato agli inizi del IV sec. a.C. anche sulla base del contesto ceramico associato, ne richiama iconograficamente un altro, più antico di qualche decennio, ma probabilmente della stessa officina, della tomba 133 A e uno, pressoché contemporaneo, della tomba 249 A della stessa necropoli. I diversi elementi dei candelabri, piedi, fusti, bracci ed elementi decorativi, erano realizzati per fusione separatamente e assemblati con saldature. A differenza dei Greci che usavano lucerne ad olio per l’illuminazione, gli Etruschi usavano candele, che venivano fissate all’estremità dei bracci dei candelabri. BIBLIOGRAFIA: E. Hostetter, Bronzes from Spina, I, Mainz, von Zabern,1986, p. 79. 140 36. Askòs plastico etrusco in forma di paperella Officina chiusina, Gruppo Clusium, 350-300 a.C. Lungh. 13,5; diam. piede 5 Già J. Paul Getty Museum, Malibu, 83.AC.203 Da scavi clandestini in Italia centro-meridionale Questo vaso a forma d’oca dalle penne finemente disegnate era probabilmente usato per versare oli profumati; alla sua funzione relativa alla cosmesi muliebre alludono verosimilmente le figure femminili nude alate dipinte – in altri vasi dello stesso gruppo sono rese a rilievo – sui fianchi alla cui convessità si conforma la posizione sinuosa del corpo. Una di esse, che reca in mano un alabastron può essere identificata come Lasa, divinità minore associata all’Afrodite etrusca Turan. Alcuni fori di trapano ricordano un antico restauro, segno del pregio in cui era tenuto l’oggetto. BIBLIOGRAFIA: M.A. Del Chiaro, A Clusium Group Duck-Askos in Malibu, in Greek Vases in the J. Paul Getty Museum, Occasional Papers on Antiquities, 2, Malibu, The J. Paul Getty Museum, 1986, pp. 139-142, figg. 1a-b; CVA Getty 9, pp. 43-44, n. 42, tavv. 514 e 515, 1-2. 142 37. Specchio etrusco in bronzo a rilievo con l’incontro tra Ulisse e Penelope Fine del III secolo a.C. H. 3; diam. 15,1 Già J. Paul Getty Museum, Malibu, 96.AC.132 Da scavi clandestini in Italia centro-meridionale Lo specchio, un oggetto caratteristico del corredo funerario femminile, qui nella forma a chiusura tipica della produzione etrusca della fine del III secolo a.C., è decorato da una scena allusiva al matrimonio e alla riconciliazione. Ulisse, a sinistra, con la barba e la corta tunica, identificato dal tipico berretto conico, ritornato a Itaca dopo vent’anni, si rivolge a Penelope, a destra, che lo ascolta ancora incredula con il fuso nella mano, allusione alla tela con cui ha tratto in inganno i Proci. Ai suoi piedi è Argo, il cane fedele che mostra invece di riconoscere il padrone posandogli la zampa sulla gamba. Tra i due sposi è un’immagine di Iuno Sospita, la dea italica delle città, delle donne e del matrimonio. BIBLIOGRAFIA: Passion for Antiquities 1994, pp. 178-180, cat. n. 83. 146 38. Statuetta etrusca in bronzo di offerente con phiale Officina dell’Etruria interna, ca. 150-100 a.C. H. 12,7 Museo Nazionale Etrusco di Chiusi, poi rubata il 28.04.1971; già Royal Athena Galleries, New York (individuata nel lotto n. 92, catalogo n. 68, “Art of the Ancient World” volume VII, part. I January 1992) La statuetta rappresenta un offerente, ammantato e coronato d’edera, nel tipico atteggiamento con le braccia distese e aperte, con una phiale nella mano destra. Esso appartiene a un gruppo di esemplari, generalmente di qualità corsiva, attribuito all’area dell’Etruria interna e dell’Umbria orientale (Perugia o Todi?), in cui sono diffusi in età tardo ellenistica. BIBLIOGRAFIA: G. Maetzke, I bronzetti etruschi del Museo di Chiusi, “Studi Etruschi”, XXV, 1957, p. 489 ss.; M. Bentz, Etruskische Votivbronzen des Hellenismus, Biblioteca di Studi Etruschi, 25, Firenze, Olschki, 1992. 148