@linee guida mentoring 151230
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@linee guida mentoring 151230
strumenti per valorizzare e trasferire l’esperienza dei lavoratori senior Marco Sivieri una guida breve per conoscere ed utilizzare il mentoring sul lavoro 3a edizione 1 2 © Alisei Società Cooperativa – 2015 39100 – Bolzano │ via Luigi Negrelli 13c 0471-1886873 © diritti riservati a: Provincia Autonoma di Bolzano – Ripartizione Europa – Ufficio FSE autore: Marco Sivieri Questa guida è stata realizzata nell’ambito del progetto dal titolo: “WISE MENTOR – un sistema per aumentare la valorizzazione dei lavoratori over 50 e per facilitare il trasferimento di know-how alle imprese locali” finanziato dal Fondo Sociale Europeo - N. fascicolo: 2/47/2015. 3 WISE-MENTOR strumenti per valorizzare e trasferire l’esperienza dei lavoratori senior una guida breve per conoscere ed utilizzare il mentoring sul lavoro 4 PER COLORO CHE NON HANNO TEMPO DA PERDERE CON L’ENNESIMO MANUALE Se avete in mano questo libro probabilmente siete disposti a spendere alcuni minuti del vostro tempo per capire se il mentoring è qualcosa che può portare vantaggi alla vostra organizzazione, sia che si tratti di un’impresa orientata alla competizione sul mercato, sia che si tratti di un altro ente. Per i lettori che necessitano di capire in fretta di cosa tratta questo manuale, abbiamo pensato ad una introduzione breve. il sommario della guida è collocato alla pag. 13, subito dopo questa introduzione breve. 5 A COSA SERVE QUESTA GUIDA? Ogni imprenditore sa quanto è preziosa l’esperienza dei collaboratori più validi, e quanto è importante ch’essa rimanga patrimonio dell’azienda. Il trasferimento delle conoscenze, nella maggior parte dei casi, non avviene in modo spontaneo. Il mentoring è lo strumento che garantisce la migliore efficacia nel passaggio delle esperienze e delle competenze in un’organizzazione, con i minori costi e la migliore soddisfazione personale. Chi è capace fa, chi non lo è, insegna. G.B. Shaw GRAZIE PER LA GUIDA, MA IL TEMA NON MI INTERESSA! Questo studio non intende vendere o piazzare alcunché. Se già dalle prime righe il lettore ritiene che il mentoring non sia adatto alle proprie esigenze, lo invitiamo a limitarsi alla lettura del brevissimo paragrafo “IL MENTORING PRODUCE RICCHEZZA” alla pagina 19 (Il tempo è una risorsa preziosa!) Ciò detto il nostro obiettivo è essenzialmente pratico. Riteniamo che il lettore interessato potrà trovare spunti per riflettere se nella propria organizzazione le competenze e le esperienze dei collaboratori più maturi sono (tra i due estremi) un patrimonio da tutelare oppure una somma di abitudini di cui disfarsi. CHI È IL MENTOR? Per imparare a pedalare non è sufficiente leggere un trattato sulla bicicletta. Ci vuole qualcuno che ti mette in sella, ti da una spinta, e che ti toglie le rotelle al momento giusto. Il mentor è una persona che, nell’organizzazione, è d’esempio per il modo equilibrato con cui impiega le proprie qualità professionali e 6 personali, per sviluppare se stesso e l’impresa. PERCHÉ PARLARE DI MENTOR E NON DI GUIDA, INSEGNANTE O ALLENATORE? La scelta di parlare di mentor e non di insegnante, di guida, di allenatore o altro è solo Chiamatelo come vi pare, ma sempre di un parzialmente arbitraria. Il mentore è un maestro si tratta. modello cui fare riferimento mentre quello dell’insegnante, della spalla, dell’allenatore, del patrono, e via di seguito, sono ruoli ch’egli può o deve assumere. In verità vi è una figura molto simile a quella del mentore e cioè il COACH. Per quanto interessa ai fini di questo manuale si può semplificare la differenza tra le 2 figure e dire che il mentore lavora sul lungo periodo mentre il coach sul breve, ma entrambi condividono il medesimo obiettivo di aiutare qualcuno a raggiungere il cambiamento desiderato. UN BUON CAPO È DI PER SÉ UN MENTOR? Sì e no. Anche ad ammettere che il capo possegga le qualità umane e le competenze richieste al mentor (fatto peraltro verosimile nel caso del “buon” capo) il rapporto gerarchico non è la condizione ideale per il mentoring, sia per la difficoltà di distinguere quando il capo agisce nel proprio ruolo direttivo, da quando invece lo fa nel ruolo di modello e sostegno, sia per l’obiettiva difficoltà di raggiungere un clima di equilibrio in cui far convivere giudizi e consigli. Lei che è così bravo, mi faccia per cortesia queste fotocopie! 7 INIZIATIVE COME QUESTE SONO PRATICABILI SOLO NELLE GRANDI AZIENDE, MA CHE CENTRIAMO NOI COMMERCIANTI E ARTIGIANI? Proprio con riferimento alle imprese di piccole dimensioni, agli artigiani, ai commercianti ed in generale a coloro che lavorano principalmente in modo individuale senza avvalersi di numerosi collaboratori, le indicazioni della guida in merito all’istituzione di programmi formali di mentoring devono ritenersi indirizzate alle rispettive associazioni di categoria, alle reti d’impresa Gli imprenditori individuali ed i professionisti ed agli organismi di secondo conoscono da sempre il mentoring e lo applicano grado dei quali la piccola con più o meno successo nella propria attività. impresa fa parte. Per quanto Spesso non sanno che di mentoring si tratta, anche se soprattutto di tipo informale, e invece riguarda i dovrebbero trovare in questa guida qualche suggerimenti che afferiscono conferma o qualche suggerimento. alle competenze individuali ed alle modalità di costruzione di un rapporto efficace di mentoring, l’artigiano o il commerciante non avranno alcuna difficoltà a selezionare quanto più in sintonia con la propria attività ed a metterlo direttamente in pratica senza l’intermediazione di un programma di mentoring. COS’È IL MENTORING? Ai fini di questa pubblicazione, è inteso come il rapporto attraverso il quale i lavoratori di maggiore esperienza trasferiscono le proprie competenze a coloro che, più “bisogna fare attenzione a non confondere giovani di età o di carriera, l’esperienza con le vecchie abitudini”. entrano nell’organizzazione o W. Helmut desiderano maturare ulteriormente al suo interno. 8 I SOLITI CONSIGLI AVVEDUTI DA PARTE DI CHI NON HA MAI LAVORATO IN AZIENDA? Questo lavoro prende a riferimento le esperienze ed i suggerimenti di persone che lavorano nelle aziende dei più diversi settori nella Provincia di Bolzano. I testi consultati e disponibili in bibliografia sono in massima parte studi operativi sulle modalità concrete di svolgimento del mentoring (e di altri strumenti formativi per il trasferimento delle competenze) e sui relativi risultati in termini di efficacia. Chi scrive ha lavorato per oltre 14 anni in azienda. Preferirei un medico esperto invece di un medico amico. PERCHÉ SPENDERE SOLDI PUBBLICI PER QUESTA GUIDA? Le nazioni europee stanno vivendo un cambiamento demografico che porterà ad una drammatica disparità tra la popolazione attiva e quella non attiva. Agli attuali livelli d’impiego, il risultato sarà la rapida crescita della percentuale di pensionati rispetto ai lavoratori e la conseguente necessità di, alternativamente, ridurre la spesa sociale o di aumentare le tasse in modo significativo. Per evitare ambedue le opzioni, la strategia Europa 2020 punta sulla crescita della partecipazione al lavoro da parte di tutta la popolazione. TROPPI “ING” GENERANO CONFUSIONE! mentoring, coaching, counseling, sponsoring, tutor, teacher, pate, buddy, role-model, ma insomma, di che stiamo parlando? Sono convinto che l’uso degli inglesismi in azienda è una pratica che, in molti casi, serve a nascondere una mancanza di chiarezza o di competenza (“ci attendiamo feedback positivi da tutti gli stakeholders che dovrebbero consolidare il trend emerso nel meeting sul fine tuning della customer 9 satisfaction….”), a addolcire termini che sarebbero altrimenti indigesti (spending review), a gonfiare le posizioni di lavoro (manager di questo e di quello). Nel caso della formazione e dello sviluppo personale, i tanti “ing” dello sponsoring, coaching, counseling, modeling, eccetera, eccetera, fanno riferimento a contenuti specifici e differenti. Questa guida ne limita l’uso al solo fine di agevolare la lettura. CON LE SEMPLICI DESCRIZIONI SI COMBINA POCO. Non sarebbe meglio qualche esempio operativo? Il libro contiene numerosi esempi pratici, sia ad illustrazione delle definizioni, sia in termini di programmi già realizzati in altre organizzazioni che possono essere presi come riferimento per la propria realtà. QUALI SONO LE PROVE CHE IL MENTORING FUNZIONA? Vi sono studi specifici che riguardano l’osservazione e la valutazione del mentoring all’interno delle organizzazioni e nei rapporti tra le persone. Si tratta di analisi che verificano sia l’incremento nella qualità delle prestazioni professionali e personali, sia l’aumento in termini quantitativi della produttività. Il tema è approfondito alla pagina 53. “Ma quanto possono essere “scientifici” gli studi scientifici sul mentoring”? QUANTO COSTA? Uno degli elementi che emergono dalla nostra indagine è che, a giudizio degli intervistati: “si tratta di una iniziativa interessante ma quanto costa mettere in pratica tutti questi buoni propositi”?. Coloro 10 che avessero questo tra i primi dubbi dovrebbero andare direttamente alla pag. 48. LA FORMAZIONE MI PARE UNA BUONA COSA. e allora perché non provare con il mentoring? Introdurre nella propria organizzazione il mentoring perché è “buona cosa” non è un messaggio sufficiente affinché l’intervento abbia successo. Il tema è affrontato alla pagina 37. QUANTO PUO’ ESSERE SCIENTIFICA LA RICERCA SUL MENTORING (e cioè sulle relazioni personali) Con tutti i limiti che riguardano l’analisi dei rapporti umani, la letteratura scientifica sul mentoring è vivace da oramai una ventina d’anni, negli ultimi 5 è sufficientemente abbondante e verificata. In definitiva, oggi, vi si può fare serio affidamento. (per la trattazione si rimanda alla pagina n. 24). E’ POSSIBILE “FAR DA SE’ OPPURE è NECESSARIO RIVOLGERSI A CONSULENTI ESTERNI? È senz’altro possibile far da sé e, a dire il vero, dalla nostra indagine sul territorio provinciale emergono sensibilità molto diverse sul tema: tra chi sostiene che non è possibile fare a meno di una consulenza e chi afferma come sia impensabile che un consulente esterno possa fare qualcosa di buono in un ambiente che non conosce. Per qualche approfondimento si veda la pagina 46. 11 AVVERTENZE Nel testo viene in larga parte impiegato il genere maschile per ragioni di leggibilità e di economia testuale. Il genere maschile è qui utilizzato quale forma neutra inclusiva, il cosiddetto maschile non marcato. Le uniche alternative possibili sono infatti rappresentate dallo sdoppiamento (esteso o conciso). Teniamo a sottolineare che i contenuti del testo sono diretti in ogni caso anche al pubblico femminile. Ci scusiamo con le nostre lettrici per questa scelta obbligata e confidiamo nella loro comprensione. Per evidenti ragioni di leggibilità del testo, i termini impresa, azienda ed organizzazione sono utilizzati come sinonimi. Le indicazioni della guida sono riferite senz’altro anche alle organizzazioni che non perseguono il profitto o che non competono sul mercato ma che operano esclusivamente per fini mutualistici o che si occupano di attività non economiche. Per queste due tipologie di organizzazioni, termini come mercato o cliente faranno allora riferimento più semplicemente ai destinatari delle attività.1 12 SOMMARIO SOMMARIO __________________________________________________________ 13 PARTE PRIMA (I) – UNA SINTESI SU CIÒ CHE C’È DA SAPERE ____________________________ 15 premessa ________________________________________________________________ 15 “gallina vecchia fa buon brodo” _______________________________________________ 15 origini del mentoring _______________________________________________________ 16 DEFINIZIONI E CHIARIMENTI____________________________________________________ 17 il mentoring ______________________________________________________________ 17 il mentoring come strumento e come rapporto __________________________________ 17 distinzioni con altri strumenti (coaching, counseling, etc.) __________________________ 18 IL MENTORING PRODUCE RICCHEZZA ____________________________________________ 19 Il mentoring come risorsa di competitività ______________________________________ 19 TIPOLOGIE DI MENTORING _____________________________________________________ 19 mentoring informale e formale _______________________________________________ 19 mentoring interaziendale (cross-company mentoring)_____________________________ 20 reverse mentoring _________________________________________________________ 21 mentoring a distanza _______________________________________________________ 22 peer mentoring (relazioni tra i pari)____________________________________________ 23 L’EFFICACIA DEL MENTORING NELLE ORGANIZZAZIONI. _____________________________ 24 quanto è “scientifica” la ricerca sul mentoring? __________________________________ 24 non tutte le organizzazioni sono compatibili con il mentoring _______________________ 25 LE CARATTERISTICHE PERSONALI E PROFESSIONALI DEL MENTOR _____________________ 27 la predisposizione personale _________________________________________________ 27 I ruoli del mentor __________________________________________________________ 27 i benefici per il mentor ______________________________________________________ 28 comportamenti di sabotaggio del rapporto: le trappole per il mentor. ________________ 29 COSTRUIRE RELAZIONI DI SUCCESSO _____________________________________________ 31 gli elementi necessari per l’efficacia della relazione di mentoring ____________________ 31 l’importanza delle affinità profonde ___________________________________________ 33 i rapporti gerarchici nel mentoring ____________________________________________ 34 i rapporti di genere nel mentoring _____________________________________________ 34 LA FORMAZIONE DEL MENTOR: linee guida _______________________________________ 35 le competenze di base necessarie _____________________________________________ 35 l’offerta formativa in materia di competenze personali. ___________________________ 36 LA DECISIONE DI INTRODURRE UN PROGRAMMA DI MENTORING _____________________ 37 i passi di un progetto vincente ________________________________________________ 37 identificare e coinvolgere i soggetti interessati (stakeholders) ______________________ 39 matching (la costruzione delle coppie o dei gruppi) _______________________________ 40 ottenere e generare consenso ________________________________________________ 42 rischi e benefici da considerare _______________________________________________ 44 marketing interno __________________________________________________________ 45 13 valutazione dei risultati _____________________________________________________ 45 l’assistenza esterna: è indispensabile una consulenza? ____________________________ 46 I COSTI DI UN PROGRAMMA DI MENTORING ______________________________________ 48 PARTE SECONDA (II) – APPROFONDIMENTI SUI TEMI TRATTATI ______________________ 49 le affinità tra mentor e coach_________________________________________________ 49 le distinzioni con altri strumenti e ruoli _________________________________________ 50 le numerose definizioni di mentoring __________________________________________ 51 l’evoluzione del mentoring nell’azienda. ________________________________________ 52 il mentoring come strumento di sviluppo “spirituale” _____________________________ 52 la qualità dei rapporti umani genera veramente ricchezza in azienda? ________________ 53 mentoring per la carriera e mentoring psicosociale _______________________________ 54 formalità ed informalità nel mentoring _________________________________________ 54 esempi di reverse mentoring _________________________________________________ 55 mentoring a distanza: può un ambiente virtuale sostituire un ambiente fisico nella relazione? ________________________________________________________________ 56 è compatibile l’utilizzo dei social network? ______________________________________ 56 l’organizzazione che non apprende, perché uniformata al sistema di gestione dominante 57 principi del pensiero sistemico________________________________________________ 58 le motivazioni del mentor ___________________________________________________ 59 la competizione con il mentee come fattore di insuccesso _________________________ 59 I tratti di personalità prosociale nel mentoring ___________________________________ 60 altri tratti di personalità che influenzano il mentoring _____________________________ 60 I benefici per il mentor ______________________________________________________ 61 c’è una relazione diretta tra la quantità di tempo dedicato e la qualità della relazione? __ 61 suggerimenti per il matching – lo speed mentoring _______________________________ 61 mentoring a basso costo = a bassa qualità? _____________________________________ 62 age management __________________________________________________________ 63 pubblicazioni specifiche sulla formazione del mentor _____________________________ 65 PARTE TERZA (III)- NOTE TECNICHE E DI RIFERIMENTO SCIENTIFICO / TABELLE E QUADRI SINOTTICI ____________________________________________________________________________ 67 gli 8 indicatori del sistema di gestione dominante ________________________________ 68 schemi per la valutazione dei rischi e benefici ___________________________________ 69 schema di autovalutazione per il mentor _______________________________________ 71 indice analitico ____________________________________________________________ 73 nota finale ________________________________________________________________ 74 BIBLIOGRAFIA: ____________________________________________________________ 75 note al testo ______________________________________________________________ 83 14 PARTE PRIMA (I) – una sintesi su ciò che c’è da sapere premessa Questo manuale rappresenta una guida pratica per le organizzazioni che intendono utilizzare il mentoring come strumento di valorizzazione delle professionalità dei propri collaboratori, con particolare riferimento al trasferimento delle competenze da quelli più esperti a quelli più giovani. La trattazione della letteratura scientifica, quando viene ritenuta necessaria per illustrare il perché ed il come si sono scelte alcune soluzioni invece di altre, è rimandata alla parte terza (III) a partire dalla pagina 67. Con la stessa modalità si rimanda il lettore ai risultati della ricerca che ha preceduto la pubblicazione, sempre che siano ritenuti necessari per la migliore comprensione del testo. Tutto il materiale correlato e di approfondimento è pubblicato sui siti www.wisementor.it e www.wisementor.eu ai quali il lettore potrà fare riferimento in modo sistematico per analizzare quei temi che, a suo giudizio, meritano spazio maggiore rispetto a quello offerto da questa sintesi. “gallina vecchia fa buon brodo” La valorizzazione in azienda dei lavoratori over 50, quando efficacemente pianificata e condotta, determina effetti positivi per il singolo e per l’organizzazione: il lavoratore acquisisce autostima, sperimenta maggiore soddisfazione sul lavoro, vi rimane più a lungo e trasferisce esperienze e competenze ai colleghi. In questo flusso di informazioni e di rapporti umani l’azienda beneficia di un incremento delle proprie capacità competitive in tema di innovazione. Non si tratta di affermazioni che poggiano su meri auspici, ma sono queste le conclusioni cui giunge il più recente studio europeo in tema di age management2, a conferma delle intuizioni di quelle politiche e strategie d’impresa che, a partire dai primi anni ’90 del secolo scorso, hanno affrontato il tema dell’invecchiamento sul lavoro attraverso strumenti di valorizzazione dei lavoratori più anziani. 15 origini del mentoring Mentore, Ulisse e Telemaco. Mentore era il vecchio d’una nobile famiglia di Itaca, a cui Ulisse chiese di allevare il figlio Telemaco e di occuparsi della sua casa durante la sua assenza3. Mentore diviene la guida personale di Telemaco non solo come insegnante, ma anche come consigliere, amico, padre putativo, assumendo la responsabilità di preparare Telemaco a succedere al trono. La figura di Mentore (dietro i cui panni si celava Atena, dea della saggezza), diviene pertanto nell’immaginario collettivo l’espressione della guida saggia, responsabile e amorevole, nei confronti dei più giovani che si trovano a dover affrontare un passaggio di maturazione personale e sociale. Il Mentore medievale è invece principalmente quello che, all’interno di una corporazione, si occupa della crescita di un apprendista, o il cavaliere che addestra il suo paggio4. GLI APPROFONDIMENTI SONO TRATTATI NELLA PARTE TERZA (II) A PARTIRE DALLA PAG. 49 • AGE MANAGEMENT – PAG. 63 16 DEFINIZIONI E CHIARIMENTI il mentoring Esiste un ampio dibattito su come definire il mentoring e, ai fini di questa pubblicazione, sarà inteso come il rapporto attraverso il quale una persona d’esperienza (mentor) trasferisce conoscenze ad una persona non ancora esperta (mentee o anche protegé) nell’ambito di un’attività o di un’organizzazione. il mentoring come strumento e come rapporto Le differenti definizioni di mentoring nascono da diversi modi di intendere il rapporto tra i soggetti coinvolti ed il ruolo che la formazione ha nell’organizzazione. In verità, quasi ogni forma di trasferimento di informazioni o di insegnamento presuppone un rapporto umano, ma nel mentoring il rapporto non è una semplice conseguenza della relazione formativa, è invece un elemento dalla cui qualità dipende direttamente anche l’efficacia della formazione. Un programma di mentoring in cui il rapporto umano tra i soggetti è qualitativamente scarso, qualunque ne sia la causa, non solo sarà inefficace, ma è destinato ad arrecare danno ad entrambi i partecipanti ed alla stessa organizzazione. Per usare la chiara metafora del contenitore, nel mentoring non si tratta di travasare da un recipiente ad un altro una serie di contenuti, (si tratti di informazioni o competenze) ma di offrire ai soggetti che si trovano nella relazione la scelta stessa dei contenitori da utilizzare, dei contenuti da trasferire e delle modalità con le quali effettuare il trasferimento (pur sempre nel rispetto agli obiettivi che sono stati prefissati). 17 È per questo motivo che un intervento di mentoring richiede, come si vedrà più nel dettaglio nei capitoli che seguono, un particolare coinvolgimento da parte di tutta l’organizzazione, e soprattutto: • • • • chiarezza sugli obiettivi che si vogliono raggiungere; trasparenza nella selezione dei partecipanti; competenza nella capacità di formare le coppie; convinzione nel sostenere l’iniziativa. È per questa ragione che nel settore sanitario, in cui esso è particolarmente sviluppato, il mentoring è ben distinto dalle attività di stage o di training ed è consigliato come strumento duraturo da utilizzarsi dopo la formazione specialistica nelle differenti discipline mediche5. distinzioni con altri strumenti (coaching, counseling, etc.) La scelta di parlare di mentor e non di insegnante, di guida, di allenatore o altro, è solo parzialmente arbitraria. Il mentore è un modello cui fare riferimento mentre quello dell’insegnante, della spalla, dell’allenatore, del patrono, e via di seguito, sono ruoli ch’egli può o deve assumere. In verità vi è una figura molto simile a quella del mentore e cioè il COACH. Per quanto interessa ai fini di questo manuale si può semplificare la differenza tra le 2 figure e dire che il mentore lavora sul lungo periodo mentre il coach sul breve, ma entrambi condividono il medesimo obiettivo di aiutare qualcuno a raggiungere il cambiamento desiderato.6 Entrambi si configurano come progetti di sviluppo personale e si concentrano su temi molto simili, come la carriera, i rapporti interpersonali, i ruoli.7 GLI APPROFONDIMENTI SONO TRATTATI NELLA PARTE SECONDA (II) A PARTIRE DALLA PAG. 49 • SULL’AFFINITÀ TRA MENTOR E COACH – PAG. 49 • DISTINZIONI CON ALTRI STRUMENTI E RUOLI – PAG. 50 • LE NUMEROSE DEFINIZIONI DI MENTORING – PAG. 51 • L’EVOLUZIONE DEL MENTORING NELL’AZIENDA – PAG. 52 • IL MENTORING COME STRUMENTO DI SVILUPPO “SPIRITUALE” – PAG. 52 • MENTORING PER LA CARRIERA E MENTORING PSICOSOCIALE - 54 18 IL MENTORING PRODUCE RICCHEZZA Il mentoring come risorsa di competitività Non paiono esservi oramai più dubbi sul fatto che, collaboratori soddisfatti ed impegnati contribuiscono ad uno sviluppo complessivo della propria organizzazione in termini di competitività sul mercato. Al di là delle considerazioni etiche, l’impegno sul lavoro che deriva dalla soddisfazione e dalla responsabilità paga anche in termini di stretti risultati economici. È dunque chiaro che le aziende si interroghino su come ottenere il risultato dell’impegno dei propri collaboratori e su quali sono le strategie che garantiscono il maggiore impatto. Sempre più spesso la risposta all’interrogativo è l’impiego di strumenti di sviluppo personale come il mentoring. Il mentoring sta rapidamente bruciando le tappe verso la prima posizione della classifica di questi strumenti, principalmente perché pone gli individui al centro della propria formazione (con evidenti maggiori benefici per le organizzazioni di maggiori dimensioni, in cui le esigenze del singolo sono sovente riassunte in quelle di un intero gruppo). TIPOLOGIE DI MENTORING mentoring informale e formale Vi sono coloro i quali sostengono che il mentoring non può essere programmato, come non è possibile programmare la qualità delle relazioni umane, ma può solo “accadere”, e che la sua introduzione come strumento di formazione in un’azienda non sarà in grado di assicurare la genuinità del rapporto. Di qui la distinzione tra mentoring formale ed informale che diviene utile per comprendere quale è lo stile di mentoring più adatto all’organizzazione che decide di impiegarlo. In estrema sintesi, un programma formale è quello progettato e gestito dall’organizzazione in cui si svolge, mentre quello 19 informale non lo è. Al di là delle distinzioni teoriche, l’orientamento verso uno stile formale o informale consente una maggiore o minore forma di controllo sul programma. Le caratteristiche nelle quali i programmi informali si distinguono da quelli formali possono essere riassunte in 4 aspetti principali8: • • • • il rapporto informale nasce dall’esigenza di entrambe le parti ed è strutturato sulle reciproche aspettative, (mentre nei programmi formali l’abbinamento delle parti è scelto generalmente da un terzo nell’interesse a soddisfare le esigenze dell’organizzazione); le relazioni informali sono più intense in quanto non sono limitate allo sviluppo professionale ma si estendono a quello personale; Il rapporto informale non necessariamente è espresso e riconosciuto da entrambe le parti, cosicché risulta meno visibile all’interno dell’organizzazione; le relazioni informali non hanno termine mentre quelle costituite nell’ambito di un programma formale lo hanno. Date queste premesse uno dei vantaggi principali riconosciuti al mentoring informale risiede nella qualità del rapporto tra i soggetti i quali, muovendosi al di fuori della gerachia, riescono a sviluppare una solida fiducia. mentoring interaziendale (cross-company mentoring) Il vantaggio principale del mentoring interaziendale consiste senz’altro nel risparmio di risorse economiche. Quando le organizzazioni sono troppo piccole per potersi permettere un intervento di formazione, possono mettere insieme le proprie forze per condividere il percorso. 20 Le associazioni di categoria della Provincia di Bolzano, ed in particolare quelle degli artigiani e dei commercianti, ritengono che questa forma di collaborazione sia anche l’unica possibile per i propri membri, considerate le dimensioni estremamente contenute delle aziende sudtirolesi che operano in questi settori. È anche vero che il cross-mentoring è valutato dalle aziende con relativo sfavore, principalmente in ragione delle seguenti considerazioni9: • occorrono una buona dose di competenza e di fiducia nella scelta delle imprese, poiché una eccessiva differenza nell’ambiente e nella cultura aziendale renderebbe il programma fallimentare; • l’incontro dei collaboratori di più aziende diverse fa emergere preoccupazioni di riservatezza con riguardo alle attività commerciali e produttive delle rispettive imprese; • la separazione geografica e la difficoltà di far combaciare le agende dei diversi partecipanti pone problemi operativi per l’organizzazione degli eventi • il pericolo di una “caccia” reciproca per acquisire i collaboratori migliori è vissuto (quantomeno nelle aziende di maggiori dimensioni) come un ostacolo significativo. reverse mentoring Si tratta di una relazione di mentoring invertita, dove le persone più giovani vengono affiancate a lavoratori più esperti con lo scopo di trasferire a questi ultimi nuove competenze. È principalmente il caso delle competenze che riguardano l’utilizzo delle nuove tecnologie e degli strumenti di comunicazione offerti dai social network. Si tratta anche, e più in particolare di colmare quelle distanze tra le generazioni più anziane e quelle più giovani in merito alle conoscenze teoriche che sono tendenzialmente più accurate ed aggiornate nei giovani: molto spesso, i nuovi arrivati in azienda (newcomers) hanno ricevuto una formazione specifica che li rende portatori di 21 conoscenze teoriche più avanzate rispetto ai senior, i quali, dal canto loro, hanno una maggiore esperienza e capacità di problem solving accurato. Nel reverse mentoring le competenze digitali del giovane e l’esperienza del senior si incontrano per accrescere in entrambi la consapevolezza del mondo circostante. La cultura del mondo digitale, in cui gli under 35 (o addirittura under 20) sono nati, viene trasmessa ai senior che a loro volta accrescono nei giovani la consapevolezza e la visione della realtà lavorativa, viste da chi ha alle spalle anni di attività e traguardi raggiunti. mentoring a distanza Nel mentoring è possibile, e talvolta indispensabile, utilizzare i nuovi mezzi di comunicazione come la posta elettronica, i fora di discussione in internet e le videoconferenze. In questo modo è possibile superare le limitazioni derivanti dalla distanza dei partecipanti e dalla scarsità di tempo. Ciò consente peraltro di aumentare il numero di possibili soggetti da coinvolgere nei programmi di mentoring. In linea generale, il mentore “a distanza” è ricercato quando un mentee: • • richiede una determinata e specifica area di esperienza; non sussistono la possibilità e/o le risorse per gli spostamenti10 I vantaggi di questo tipo di rapporto a distanza sono tanto maggiori, quanto più chiare sono le regole di comunicazione da osservare nell’uso dei diversi mezzi. Gli svantaggi osservati rispetto alle sessioni faccia-a-faccia riguardano principalmente la considerevole lentezza nello sviluppo di una relazione di fiducia. Per altro verso, rispetto alle relazioni personali dirette, si tratta di una tipologia di comunicazione che favorisce le persone di temperamento timido. 22 In ogni modo, sembra che questo tipo di comunicazione non ostacoli in modo significativo lo sviluppo di una relazione impegnata e profonda. Il mentoring a distanza può funzionare attraverso accorgimenti che riguardano la fissazione di obiettivi ed aspettative chiare, così come la pianificazione dei tempi e dei metodi per una connessione adeguata. Viene anche suggerita l’opzione di un primo incontro faccia a faccia e la successiva costante condivisione di informazioni personali e di esperienze reciproche. peer mentoring (relazioni tra i pari) E' una forma particolare di mentoring in cui lo scambio, l'arricchimento e l'incoraggiamento reciproci avvengono tra un mentore e un mentee coetanei diversamente da quanto accade nella tradizionale forma intergenerazionale. In questo caso dunque non si pone enfasi sull'esperienza, né sulle passate esperienze del mentor (evidentemente simili a quelle del mentee) ma sulla maggior facilità di comunicazione per via orizzontale. GLI APPROFONDIMENTI SONO TRATTATI NELLA PARTE SECONDA (II) A PARTIRE DALLA PAG.49 • • • • LA QUALITÀ DEI RAPPORTI UMANI GENERA VERAMENTE RICCHEZZA IN AZIENDA? – PAG. 53 FORMALITÀ E INFORMALITÀ NEL MENTORING – PAG. 54 ESEMPI DI REVERSE MENTORING – PAG. 55 MENTORING A DISTANZA: PUÒ UN AMBIENTE VIRTUALE SOSTITUIRE UN AMBIENTE FISICO NELLA RELAZIONE? – PAG. 56 • È COMPATIBILE L’UTILIZZO DEI SOCIAL NETWORK? – PAG 56 23 L’EFFICACIA DEL MENTORING NELLE ORGANIZZAZIONI. Esiste un’ampia gamma di ricerche scientifiche, che dimostrano come il mentoring gioca un ruolo importante nello sviluppo dei collaboratori all’interno di un’organizzazione. Nel porre a confronto coloro che hanno beneficiato di un programma di mentoring, con coloro che non hanno avuto la possibilità di avvalersene, le ricerche evidenziano un maggiore successo dei primi in termini di: • • • retribuzione; ruolo all’interno dell’organizzazione; soddisfazione personale. quanto è “scientifica” la ricerca sul mentoring? Questo lavoro muove dal presupposto che il mentoring è uno strumento efficace sotto differenti profili dello sviluppo professionale e personale. Le indagini e gli studi che sostengono questa conclusione debbono tuttavia scontare l’ovvia considerazione che si tratta pur sempre di investigazioni sui rapporti umani e che, pertanto, la valutazione dei risultati riguarda essenzialmente le percezioni personali degli attori coinvolti nel programma di mentoring. Anche le indagini di natura “quantitativa”, che mettono a confronto posizioni sociali, professionali, economiche dei soggetti che hanno partecipato a programmi di mentoring con quelli che invece non ne hanno beneficiato, mettono in evidenza l’efficacia del metodo. Anche in questo caso, ad ogni buon conto, si tratta di studi che presuppongono una marcata riduzione della complessità. Per farla breve: non è possibile affermare con certezza che il successo professionale e personale di chi ha partecipato a programmi di mentoring dipenda dall’attività formativa sviluppata; la partecipazione al programma di mentoring potrebbe invece essere l’espressione di una capacità e di un desiderio di sviluppo che la persona porta già con sé e che l’avrebbe in ogni modo portata ad 24 emergere nella professione, con o senza mentoring. Si tratta in fondo del consumato problema sulla misurabilità dei risultati della formazione, problema rispetto al quale (senza volere qui aprirne il dibattito) non pare essere disponibile nel breve periodo una convincente soluzione. Ad ogni buon conto, per la redazione della guida sono stati consultati circa 345 studi la stragrande maggioranza dei quali pubblicati negli anni 2014 e 201511. non tutte le organizzazioni sono compatibili con il mentoring Per sperimentare un programma di mentoring è necessario che l’organizzazione soddisfi una condizione culturale preliminare, e che sia cioè un’organizzazione in grado di apprendere. Si tratta cioè di un’organizzazione che si interroga sul modo in cui le decisioni vengono prese al suo interno e sugli effetti che queste avranno nel lungo periodo. Un’organizzazione che apprende si basa in sostanza di un processo relativamente permanente, con cui modifica i criteri, le modalità e le prassi organizzative che erano adottate in passato per definire ed affrontare nuovi problemi. In termini estremamente sintetici è un’organizzazione in cui: le decisioni non si prendono “perché si è sempre fatto così”; ciascuno ragiona pensando all’impatto delle proprie scelte sull’azienda e non esclusivamente sulla propria posizione professionale; di fronte ai problemi si cercano prima le soluzioni e non solo le eventuali colpe; le persone agiscono per raggiungere un traguardo e non invece reagiscono per mantenere lo cose come stanno. 25 GLI APPROFONDIMENTI SONO TRATTATI NELLA PARTE SECONDA (II) A PARTIRE DALLA PAG. 49 • L’ORGANIZZAZIONE CHE NON APPRENDE, PERCHÉ UNIFORMATA AL SISTEMA DI GESTIONE DOMINANTE – PAG. 57 • PRINCIPI DEL PENSIERO SISTEMICO - 58 26 LE CARATTERISTICHE PERSONALI E PROFESSIONALI DEL MENTOR la predisposizione personale Considerato il significativo impegno in termini di tempo e di responsabilità richiesto al mentor, non tutte le persone d’esperienza sono motivate o propense ad assumere tale ruolo. Non tutte le persone d’esperienza sono anche in grado di svolgere il ruolo di mentor, sia per ragioni strettamente personali attinenti al carattere ed alla personalità, sia per ragioni ambientali inerenti i carichi di lavoro ed il supporto dell’organizzazione. Tra le caratteristiche personali che maggiormente influiscono sulla disponibilità ad assumere il ruolo di mentor vi è la prosocialità e cioè, in sintesi, la competenza a favorire gli altri senza la ricerca di ricompense esterne. Con particolare riferimento al mentoring, spiccano due dimensioni principali della prosocialità, che tra tutte maggiormente influenzano in modo positivo il rapporto: • • empatia (la capacità di mettersi nei panni dell’altro); disponibilità (la generosità e la cortesia nel servire un obiettivo altruistico). Come verificare se una persona dispone di questi tratti, che sono destinati ad influenzare in modo favorevole il mentoring? Tra gli schemi in allegato, alla pagina 71 forniamo un breve test di autovalutazione. I ruoli del mentor Tra i ruoli che il mentor assume nella relazione, ve ne sono alcuni caratteristici che possono presentarsi in modo singolo, in alternativa l’uno all’altro, oppure in combinazione tra loro. Alcuni tratti sono più o meno decisivi a seconda dell’obiettivo del programma di formazione, ma tutti i tratti sono comunque vantaggiosi. 27 • • • • • • • consigliere: offre consiglio sulla base dell’esperienza; allenatore (coach): fornisce insegnamenti e dà riscontro su come migliorare le capacità ed i comportamenti; modello (role model): è d’esempio nel mostrare i comportamenti, attitudini e valori di successo; timoniere: mantiene il mentee in linea con i propri obiettivi proponendo piani di breve e medio termine; promotore: guida il mentee all’assunzione di incarichi che gli diano visibilità nell’organizzazione; sponsor: introduce il mentee in gruppi formali o informali le cui porte rimarrebbero altrimenti chiuse; confidente: assicura la riservatezza e la capacità di ascolto necessarie affinché il mentee possa esprimersi senza timore. i benefici per il mentor L’introduzione di un programma di mentoring ha chiaramente ricadute positive sul ruolo, l’atteggiamento e la produttività di coloro che svolgono il ruolo di mentor. Per semplificare, il lavoratore senior: • • è incoraggiato a condividere le proprie conoscenze che inevitabilmente valuterà come preziose, con un’immediata ricaduta positiva sulla propria autostima; aumenterà (o svilupperà) un atteggiamento favorevole nei confronti dell’organizzazione che lo ha valorizzato proprio in quanto senior, con evidenti ricadute positive sulla sua produttività. Le ricerche sui benefici nel rapporto di mentoring si sono tradizionalmente concentrate sul protégé misurandone incrementi qualitativi e quantitativi in azienda. Studi più recenti hanno preso in considerazione gli aspetti positivi di cui i mentor beneficiano, rispetto a coloro che non hanno partecipato ad alcun programma in tal senso: i risultati danno evidenza, soprattutto, di una maggiore soddisfazione 28 sul lavoro ed u maggiore impegno nell’organizzazione come conseguenza dell’esperienza di mentorship.12 comportamenti di sabotaggio del rapporto: le trappole per il mentor. Prima di iniziare il rapporto formativo il mentor deve chiarire innanzitutto a se stesso alcuni punti chiave del proprio stile e delle proprie aspettative che, se non chiariti, rischiano di far fallire o di impedire l’inizio di un rapporto efficace. • accettare il ruolo senza chiarirne le incombenze. Occorre mettere sul tavolo la propria disponibilità in termini di numero di incontri, durata degli stessi, luoghi e modalità di svolgimento del rapporto e, soprattutto, rendere visibili al mentee le proprie aspettative. • accettare il ruolo (o rifiutarlo) per mero intuito. Prima di dare la propria disponibilità perché c’è feeling con il mentee, occorre prendersi il tempo per una conversazione approfondita. È vero che spesso le reazioni chimiche tra le persone anticipano la qualità di un futuro rapporto, ma la mera sensazione di sintonia non può sostituire una valutazione più approfondita. • accettare che il mentee diventi dipendente dai consigli del mentor. Un buon mentore è a disposizione come guida, ma non potrà mai convalidare in via preventiva le decisioni che il mentee si trova a dover prendere. • conversare senza concludere. Per quanto possa essere gradevole la conversazione, quella del mentor sarà sempre orientata a scopi pratici inerenti gli obiettivi del rapporto di mentoring, sia quelli più orientati alla carriera, sia quelli maggiormente inerenti il supporto psicosociale. 29 • avere la sensazione di lavorare di più del mentee. Per scongiurare questo sbilanciamento percettivo è opportuno che sia il mentee a pianificare le scadenze nel rapporto, a fornire i riscontri sulla propria attività, a programmare i follow-up. GLI APPROFONDIMENTI SONO TRATTATI NELLA PARTE SECONDA (II) A PARTIRE DALLA PAG. 49 • LE MOTIVAZIONI DEL MENTOR A RIVESTIRE IL RUOLO – PAG. 58 • LA COMPETIZIONE CON IL MENTEE COME FATTORE DI INSUCCESSO - PAG. 59 • I TRATTI DI PERSONALITÀ PROSOCIALE NEL MENTORING – PAG. 60 • ALTRI TRATTI DI PERSONALITÀ CHE INFLUENZANO IL MENTORING – PAG. 60 • I BENEFICI PER IL MENTOR – PAG. 61 30 COSTRUIRE RELAZIONI DI SUCCESSO gli elementi necessari per l’efficacia della relazione di mentoring Quali sono i comportamenti cui i soggetti della relazione di mentoring dovrebbero fare riferimento per ottenere la massima efficacia del rapporto? Si tratta di un interrogativo di cui la ricerca si è occupata solo di recente. Uno degli studi più attuali13 individua 8 elementi chiave: COMUNICAZIONE INDIPENDENZA E COLLABORAZIONE PASSIONE ED ISPIRAZIONE RISPETTO E FIDUCIA 8 MODELLO SCAMBIO DI CONOSCENZE OBIETTIVI E SFIDE CURA DELLA RELAZIONE Per chiarire il senso degli elementi lasciamo di seguito parlare i diretti interessati in uno scambio virtuale di opinioni: COMUNICAZIONE: apertura e tempo da dedicare al dialogo 31 - “un mentor dovrebbe essere accessibile con facilità, anche al di fuori delle ore d’ufficio, e dire con chiarezza al protégé ciò che va e ciò che non va”. OBIETTIVI E SFIDE: alzare l’asticella della sfida e far sperimentare compiti nuovi e stimolanti - “credo sia importante far affrontare al protégé compiti un poco al di sopra di quelli che lui stesso crede di poter gestire”. RISPETTO E FIDUCIA. - “cerco sempre di ricordare che la mia protégé sta forgiando il proprio cammino, che lei può imparare da me ma che non deve diventare un mio duplicato” PASSIONE ED ISPIRAZIONE - “ho bisogno di sentire che il mentor ama affettivamente quello che fa, altrimenti tutto l’insegnamento risulta insipido”. - “un mentor deve aprire l’immaginazione al possibile e non la critica sul quotidiano”. MODELLO - “dare l’esempio è forse il modo migliore per distinguere un capo da un mentor”; - “il rapporto deve essere coerente: se il comportamento ed i valori del mio mentor non sono in linea con quello che <predica>, credo che a) il mentor abbia nei miei confronti finalità che mi superano; b) mi trovo in un’organizzazione di cui non mi posso fidare”. SCAMBIO DI CONOSCENZE - “non mi aspetto di imparare nuove teorie, ma nuovi modi di mettere in pratica ciò che ho imparato”. 32 CURA DELLA RELAZIONE - “si sente da subito se un mentor si sta effettivamente occupando di te, o sta solo svolgendo una delle tante mansioni che la sua organizzazione gli richiede!”. INDIPENDENZA E COLLABORAZIONE: la necessità di sbagliare per conto proprio. - “in fondo non siamo a scuola, qui si tratta di un rapporto più maturo, in cui mi aspetto di essere trattato come collega e non come alunno”. - “se impedisco al protégé di sbagliare, in definitiva lo costringo ad una relazione di dipendenza da me”. l’importanza delle affinità profonde Recenti ricerche14 suggeriscono che uno dei più affidabili indicatori predittivi di una relazione di mentoring destinata al successo è il grado di similitudine tra mentor e mentee in termini di personalità, valori e attitudini15. La percezione di dissimilarità ha effetti negativi nell’esperienza che il mentee fa del supporto. Le difficoltà che derivano da una dissimilarità in termini di personalità, interessi, valori personali e nel lavoro, stili di organizzazione, approccio al problemsolving, può tuttavia essere superata sia quando il mentor dispone di buone capacità di altruismo, sia quando l’autostima del mentee è solidamente fondata. Tra gli elementi che contribuiscono a determinare le affinità, quelli strutturali ed esterni (come l’etnia, la religione, lo status sociale, etc.) paiono avere un peso minore rispetto ai tratti di personalità dei singoli. In questo senso vi è chi suggerisce come, un’analisi preventiva dei tratti di personalità, consentirebbe di un abbinamento (matching) più efficace16. 33 i rapporti gerarchici nel mentoring In linea generale il mentor non dovrebbe trovarsi in una diretta relazione gerarchica con il mentee. Le ragioni sono chiaramente intuitive, e riguardano la difficoltà di conciliare e distinguere il ruolo direttivo del superiore, con quello di fiducioso sostegno che appartiene invece al mentor. In una eventuale situazione di conflitto sarebbe in pratica impossibile comprendere se il superiore si comporta nei confronti del mentee usando il ruolo direttivo per imporre una soluzione che ritiene corretta rispetto ai propri personali obiettivi e strategie aziendali, o in quello della figura di sostegno, che non mette necessariamente in primo piano le strette ragioni d’azienda e cerca di fornire strumenti per la corretta gestione del conflitto. Il rischio principale è che la relazione sia snaturata per divenire, nel migliore dei casi, un ordinario rapporto tra insegnante-alunno17. Al contrario, un superiore che è in grado di comportarsi da mentor ( (senza assumerne il ruolo) sarà di beneficio all’itera organizzazione.18 i rapporti di genere nel mentoring Meglio un mentor di sesso maschile o femminile? Vi è un’ampia letteratura che si occupa di studiare le differenze nei risultati del mentoring a seconda della combinazione di genere nella coppia. Nonostante le differenti conclusioni vi sono alcune considerazioni sulle quali i ricercatori sostanzialmente concordano e che si tracciano di seguito, generalizzando nel tentativo tuttavia di non banalizzare. • Il mentor di sesso maschile è più efficace nel fornire al mentee un supporto alla carriera. • Il mentor di sesso femminile è più efficace nel fornire al mentee un supporto di tipo psicosociale19. GLI APPROFONDIMENTI SONO TRATTATI NELLA PARTE SECONDA (II) A PARTIRE DALLA PAG. 49 • • LA QUALITÀ DELLA RELAZIONE DIPENDE DIRETTAMENTE DALLA QUANTITÀ DI TEMPO DEDICATO? - PAG. 61 34 LA FORMAZIONE DEL MENTOR: linee guida Se è vero che esistono corsi specifici per la formazione dei mentor, si tratta in larga parte di corsi di formazione per operatori sociali e sanitari e, anche in questo caso, attivi soltanto all’estero. Indicare la metodologia e le tecniche di formazione esorbita dallo scopo di questa guida: esistono infatti alcune (poche) pubblicazioni specifiche sul tema (alla pag. 65 della parte II sono indicate quelle più operativamente fruibili). L’imprenditore o il responsabile dell’organizzazione non si possono direttamente occupare di predisporre un piano di formazione (per carenza di tempo e competenza), eppure è importante che sappiano quali sono le competenze di cui il mentor designato deve senz’altro avvalersi. In questa prospettiva il lavoro di sintesi più utile che questa guida può offrire è quello di suggerire a chi si occupa di un programma di mentoring, qual è la formazione di cui il mentor designato ha (eventualmente) bisogno, e come verificare quella di cui non ha bisogno. Per farla breve, con le sintetiche indicazioni che seguono l’imprenditore sarà in grado di valutare in autonomia di cosa c’è effettivamente bisogno: inviare il mentor designato ad un “corso sul mentoring” (supposto che ve ne sia la disponibilità) non è infatti una garanzia che si otterrà il necessario. le competenze di base necessarie Indipendentemente dal talento e dall’esperienza personale, le competenze che debbono essere presenti in un mentor, qui ora sotto il profilo strettamente tecnico delle “competenze trasversali” sono le seguenti: • capacità di ascolto cd. attivo (che includa quantomeno le tecniche di formulazione e di ricezione del feedback20, le tecniche di formulazione delle domande; le tecniche di riformulazione di cd. looping, e cioè quelle che servono per 35 accertarsi circa la comprensione del messaggio e delle sfumature emotive dello stesso). • competenze di coaching. • competenze di gestione dei conflitti e di gestione dello stress. • capacità di formulazione degli obiettivi e valutazione dei risultati. Per quanto possano sembrare ovvie o elementari, si tratta di competenze rispetto alle quali non si nasce preparati. Lo sanno bene coloro che lavorano nella formazione o nella gestione del personale. l’offerta formativa in materia di competenze personali. In questa parte della guida è sufficiente avvertire che esistono strumenti gratuiti messi a disposizione dai programmi della comunità europea, primo tra tutti il programma MAITRE che offre in rete un kit-pedagogico a favore dei formatori. Il programma è pensato per la preparazione dei mentor nell’ambito delle scuole di formazione professionale, ma l’impianto metodologico è sostanzialmente trasferibile nell’ambito di un mentoring nell’organizzazione aziendale. La documentazione è scaricabile dal sito http://www.amitie.it/maitre/it/ 36 LA DECISIONE DI INTRODURRE UN PROGRAMMA DI MENTORING Introdurre nella propria organizzazione il mentoring perché è “buona cosa” non è un messaggio sufficiente affinché l’intervento abbia successo. Occorre in prima battuta aver chiaro il significato di mentoring ed in secondo luogo essere consapevoli di quali obiettivi si vogliono raggiungere, così come del perché saranno raggiunti con il mentoring21. La considerazione potrebbe apparire scontata, ma in questo caso la si sottolinea perché questo è ciò che è emerso dall’analisi delle esperienze sul campo. L’introduzione e la gestione di un programma di mentoring richiede una serie di attività che si svolgono “dietro il palco” dalle quali dipendono non solo l’efficacia dei singoli interventi, ma la reputazione stessa del mentoring nel futuro dell’organizzazione. Il mentoring si pone al limite tra l’attività organizzativa e quella formativa che necessitano del riscontro positivo di tutti i soggetti che ne sono a vario titolo coinvolti al fine di sopravvivere e dare risultati. L’attività di programmazione dell’intervento è pertanto cruciale affinché il progetto abbia successo: se la programmazione è solida, allora saranno gestibili i piccoli ordinari fallimenti, gli errori nella formazione delle coppie, e gli altri incidenti di percorso. Diversamente, no. i passi di un progetto vincente Esistono numerosi suggerimenti su come impostare efficacemente un programma di mentoring. Ogni autore propone il proprio modello in cui indica i passaggi essenziali da seguire, suggerendo un numero maggiore o minore di gradini di percorso, denominandoli in modo differente e puntando più sull’uno o sull’altro. Molte di queste proposte, come è d’abitudine nel mondo della formazione, vengono contrassegnate come esclusivamente personali o addirittura 37 registrate come marchio. Senza nulla togliere alle pretese di originalità di ciascuno di questi modelli, sono certo di non violare alcun diritto intellettuale nel proporre di seguito un sunto che, lungi dall’essere un’invenzione da tutelare, rappresenta invece una serie di considerazioni di ragionevolezza da divulgare. Considerazioni che, s’intende, traggono spunto e rispecchiano i tanti modelli di programmazione del mentoring disponibili in letteratura. I passi da seguire per una solida programmazione contemplano: • • • • • • il coinvolgimento di tutti coloro che giocheranno un qualche ruolo (anche limitato) nel programma (in buona sostanza ciò dipende dalla struttura peculiare di ciascuna organizzazione e dal settore di attività: se in una determinata struttura i collaboratori che si occupano esclusivamente della produzione possono esser ritenuti estranei ad un intervento che riguarda, per esempio, il settore dell’amministrazione contabile, in un’altra organizzazione ciò potrebbe non essere vero perché, è questo il caso più verosimile, l’azienda è di piccole dimensioni e tutti i collaboratori hanno rapporti continui e diretti tra di loro e debbono pertanto essere considerate le interferenze emotive: perché lei ha un mentor e io no? – oppure, in versione positiva, - questa sembra una struttura seria perché si fa carico del nostro sviluppo personale!) la promozione del progetto; la definizione del processo di mentoring e la pianificazione degli interventi; la procedura di costituzione delle coppie (o dei “gruppi”); l’addestramento dei partecipanti; la valutazione dei risultati . 38 coinvolgimento stakeholders valutazione dei risultati promozione del progetto passi abbinamento delle coppie definizione dei processi addestramento dei partecipanti identificare e coinvolgere i soggetti interessati (stakeholders) Il termine “soggetti interessati” significa “coloro che detengono un interesse particolare” e che pertanto saranno toccati da un’iniziativa e da un processo. Forse tra i più fortunati inglesismi di moda, lo stakeholder è per definizione una persona che va considerata nella programmazione dell’intervento di mentoring proprio perché, volente o nolente, ne sarà coinvolto in fase di attuazione. Ogni soggetto interessato ha anche una prospettiva particolare dalla quale sarà spettatore o attore dell’iniziativa, ed è pertanto da quella specifica prospettiva che andranno pensati gli interventi che lo riguardano. Il primo e più banale esempio è proprio quello della coppia mentormentee: quando si pensa ad un addestramento dei partecipanti al progetto, è chiaro che si tratterà di misure differenziate a seconda che riguardino l’uno o l’altro. 39 Ma quali sono esattamente gli stakeholders? Se pensiamo ad un’organizzazione strutturata, si tratterà de: 1. 2. 3. 4. il gruppo dei mentee; i diretti superiori dei mentee; il gruppo dei mentor; i manager dei mentor (sempre che non si tratti dei soggetti già apicali); 5. il direttore del personale e l’ufficio del personale, o comunque coloro che si occuperanno del programma; 6. responsabili dei settori/divisioni dell’organizzazione; 7. l’organizzazione nel suo complesso (da un punto di vista delle “relazioni con il pubblico”); 8. il titolare, il top-management, che deve supportare con convinzione l’iniziativa. Da questo elenco è possibile verificare la varietà e l’ampiezza dei soggetti che sono coinvolti. Un messaggio forte che deriva da questa varietà è appunto che il mentoring deve essere visto come un approccio culturale all’interno dell’organizzazione ed è importante che non sia sottovalutato il suo impatto, soprattutto quando lo si introduce per la prima volta22. Se ciò non è programmato, le aziende sono destinate ad apprendere la forza di questo impatto in modo sfavorevole. La letteratura scientifica fornisce esempi di aziende in cui il programma di mentoring non è stato né formalizzato né annunciato così che “il vino è andato in aceto”. I responsabili del personale si sono trovati a fare i conti con collaboratori arrabbiati perché a loro non era stato chiesto di fare il mentor. “Perché non l’hanno chiesto a me?” è divenuta una domanda a cui il responsabile del personale ha dovuto dare troppe volte risposta ancorché replicando che “si presumeva che la persona fosse troppo occupata per dedicarsi all’attività di mentor”. matching (la costruzione delle coppie o dei gruppi) Nell’ambito di qualsiasi programma di mentoring, l’abbinamento delle coppie o la composizione dei gruppi è un momento critico che 40 determina in larga misura il successo dell’intervento. Quali sono le misure che si possono adottare al fine di assicurare che gli abbinamenti siano stabili e positivi? 1) Tenere a mente gli obiettivi del programma di mentoring. Abbinare le persone sulla base della similarità dei tratti di personalità è ciò che, generalmente, ciascuno di noi tenderebeb a fare pensando alla necessità di costruire un rapporto personale. In realtà nel matching occorre avere sempre come riferimento l’obiettivo che si vuole raggiungere: se si tratta di creare leadrship nei giovani, occorre selezionare coloro che presentano le maggiori deficienze in questo tipo di competenza ed abbinarli a mentor che hanno dimostrato in modo coerente di saper essere leader. Solo successivamente sarà opportuno valutare la compatibilità della coppia in termini di similarità. 2) Verificare l’affinità dei valori sul lavoro. Nei rapporti di mentoring, indipendenetemente dagli obiettivi del programma, dalle modalità di attuazione, dall’oggetto delle competenze che s’intendono trasferire, è importante che la coppia )o il gruppo) poggi su una base di valori quanto più possibile condivisa in merito al lavoro nell’organizzazione. Si tratta di verificare le rispettive sensibilità rispetto a temi quali: retribuzione, impegno, dedizione al lavoro, etica sul lavoro, stili di carriera, equilibrio tra lavoro e famiglia, significato di successo professionale, e via di seguito.23 Per farlo sarà sufficiente un primo incontro “orientato” in cui le parti possono esprimersi liberamente su questi temi. 3) Limitare il numero di criteri di scelta. In linea teorica, il matching perfetto dovrebbe scaturire dal soddisfacimento del numero più alto possibile di criteri (professionali, personali). In pratica tuttavia, un simile modo di operare sarebbe troppo dispendioso in termini di tempo e difficilmente applicabile in una organizzazione in cui le persone sono in numero limitato per assicurare una coppia perfetta. È invece consigliabile scegliere 3 (al 41 massimo 5) criteri e metterli in ordine di priorità. Ad esempio, a) differenza di età; b) esperienza nel settore produttivo; c) capacità di leadership – oppure: a) capacità di ascolto; b) livello delle competenze scientifiche; c) gestione dei conflitti, etc. etc. È chiaro che i criteri scelti da un’organizzazione che è attiva, per esempio, nel sostegno alle persone svantaggiate sarà differente da quella di un’industria farmaceutica, quelli di una pubblica amministrazione saranno forse lontani da quelli di un’azienda di multilevel-marketing, e via di seguito. 4) Consentire un preliminare contatto personale. Si tratta di evitare che, rispettati tutti i criteri più obiettivi, l’abbinamento fallisca per unilaterale o reciproca avversione “fisica”. Al di là dei criteri e dalla modalità scelta per arrivare all’abbinamento delle coppie e dei gruppi, la ricerca segnala come importante il fatto che i partecipanti possano in qualche misura intervenire ed esprimersi sulla scelta del rispettivo partner24. ottenere e generare consenso Essere preparati a rispondere alle domande dei collaboratori, come nell’esempio citato poc’anzi, non è questione di abilità individuali del direttore del personale o del responsabile della formazione, ma è il risultato di una programmazione seria. Valutate le differenti prospettive dalle quali sarà ossevato il mentoring è opportuno che l’organizzazione abbia riflettuto su alcuni punti di vista essenziali. Lo schema che segue fornisce un esempio per supportare la riflessione: OTTENERE E GENERARE CONSENSO AREA Supporto organizzativo RIFLESSIONE qual è il livello del supporto organizzativo richiesto? Se il livello è alto, il direttore o il CONCLUSIONE 42 Sostenibilità dei costi diretti e indiretti Opportunità specifica Velocità del cambiamento Attitudine dei top-manager sarà in grado di fornire sostegno adeguato creando consenso tra i colleghi? Quali sono i settori dell’azienda coinvolti? Il programma di mentoring sarà affidato alla gestione di ciascun singolo settore e del suo manager, o sarà gestito dall’ufficio del personale? la situazione economica dell’azienda e l’andamento degli affari consentono di spendere tempo per dedicarsi al mentoring? Il programma di mentoring è in linea con gli obiettivi dell’azienda? In che modo può essere strutturato al fine di sostenere un risultato economico positivo? perché l’organizzazione dovrebbe investire nel programma in questo memento? C’è qualche caso di riferimento in altre aziende con il quale confrontare la nostra situazione (benchmark)? l’organizzazione sta attraversando un cambiamento radicale, per esempio una riduzione delle proprie attività, tale che il mentoring potrebbe essere percepito come inappropriato o, per converso, appropriato? lo sviluppo della 43 collaboratori Soggetti interessati Criteri misurazione di professionalità e della persona sono essenziali o sono soltanto una “buona cosa”? il programma contiene aspetti cui tutti le parti coinvolte possono fare riferimento, nel senso di riconoscersi come parte attiva o necessaria? Oppure il coinvolgimento dei soggetti avviene in modo solo formale per ossequienza? quali parametri saranno usati per definire se l’iniziativa ha avuto successo o no? 1) 2) 3) 4) 5) 6) ES: la sola percezione personale dei partecipanti…. La riduzione dei costi per la consulenza… Numero di promozioni tra i partecipanti al progetto… Numero di posti vacanti che saranno coperti internamente… […] rischi e benefici da considerare Uno tra i presupposti fondamentali per riuscire a coinvolgere l’organizzazione nel progetto, è quello di avere ben chiari i punti virtuosi ed i rischi legati al mentoring. Essere in grado di dimostrare agli stakeholders che gli aspetti negativi e positivi sono stati effettivamente presi in considerazione serve per spianare la strada che porta dalla programmazione alla realizzazione. I benefici ed i rischi potenziali sono evidentemente differenti a seconda delle prospettive e dei soggetti che li considerano. Nella parte seconda (II) dalla pagina 69, si forniscono schemi guida per effettuare l’investigazione. 44 marketing interno Valutare come promuovere un progetto di mentoring è un passo iniziale molto importante nel suscitare interesse e reclutare volontari. La cultura all'interno della quale viene introdotto il programma gioca un ruolo determinante nel definire il modo più appropriato per promuovere l'idea. Una campagna informativa sul programma di mentoring dovrebbe in ogni modo indirizzarsi secondo due direzioni principali: • informazioni sul programma - qual è l’obiettivo del programma; - chi sono i potenziali partecipanti; - come saranno scelti i mentor ed i mentee; - quali saranno le funzioni dell’organizzazione che saranno coinvolte (in modo attivo o di riflesso) • sostegno del programma - realizzare e trasferire un’immagine positiva legata al programma; - rendere visibili le attività del programma ed i relativi partecipanti; - creare momenti di celebrazione comune; - mantenere attivo il coinvolgimento del responsabile e del management dell’organizzazione. valutazione dei risultati Come si accennava a pagina 24 nel discutere su quanto è “scientifica” la ricerca sul mentoring?, la valutazione dell’impatto economico sull’azienda dei programmi di formazione è uno dei temi più controversi nell’ambito dell’educazione degli adulti. Più le competenze che entrano in gioco nella formazione sono sottili (comunicazione, problem solving, creativtà, ascolto attivo, etc.) più 45 diventa difficile misurarne l’accrescimento ed il diretto impatto nell’attività quotidiana. Si tratta spesso di valutazioni che sono lasciate all’intuizione personale. Nel caso del mentoring, le competenze sottili senz’altro entrano in giuoco, ed è opportuno allora, nella fase di pianificazione, definire in modo ragionevolmente accurato, quali saranno i criteri e gli elementi sulla base dei quali sarà valutato il successo dell’intervento, concentrandosi su elementi il più possibile obiettivi e pertanto, senza ossessivo riguardo alle competenze sottili. Per fare un esempio, in un officina meccanica, l’esito positivo del mentoring potrà essere ancorato alla capacità finale del mentee di assumere il ruolo di responsabile delle revisioni degli automezzi, definendo alcuni elementi fondamentali che consentano di capire se il trasferimento delle competenze è avvenuto con successo: a) il soggetto è in grado di eseguire autonomamente una revisione? b) nell’emergenza di problemi relativi agli strumenti di misurazione sa a chi rivolgersi? c) è in grado di gestire la programmazione degli appuntamenti con riguardo alle forze disponibili in officina? d) sa accogliere i clienti e rispondere alle loro domande? e) è in grado di organizzare gli acquisiti? f) riesce a farsi rispettare/benvolere dagli altri collaboratori? Etc, etc. Le valutazioni non cambiano anche nelle professioni a maggiore contenuto intellettuale, quale può essere, il caposervizio di una testata giornalistica: a) sa sfruttare i nuovi strumenti di comunicazione 2.0? (e si pensi in questo caso al reverse mentoring di cui abbiamo parlato a pagina 21) b) è capace di coordinare i colleghi giornalisti?, c) …e via di seguito. l’assistenza esterna: è indispensabile una consulenza? Dalla nostra indagine sul territorio provinciale emergono sensibilità molto diverse sul tema: tra chi sostiene che non è possibile fare a meno di una consulenza e chi afferma come sia impensabile che un 46 consulente esterno possa fare qualcosa di buono in un ambiente che non conosce. A nostro giudizio, la valutazione di coinvolgere un consulente per l’approntamento di un programma di mentoring è appunto una valutazione strettamente personale dell’organizzazione. Valutazione personale non significa comunque valutazione arbitraria o capricciosa. Se a questo punto si sarà compreso quali sono gli strumenti e le risorse necessarie per allestire un programma efficace, ogni organizzazione dovrebbe essere in grado di valutare con obiettività ciò che possiede e ciò di cui invece è carente. Un’impresa che già si avvale di collaboratori esperti nella gestione e nella formazione delle risorse umane, potrà senza dubbio far da sé con l’aiuto di qualche lettura di supporto, se necessario. In linea di massima si può suggerire che l’intervento del consulente è senz’altro più opportuno in fase di progettazione dell’intervento, e soprattutto, nelle fasi in cui si tratta di allineare gli obiettivi dell’azienda con il programma operativo. GLI APPROFONDIMENTI SONO TRATTATI NELLA PARTE SECONDA (II) A PARTIRE DALLA PAG. 49 • SUGGERIMENTI PER FACILITARE IL MATCHING PAG. 61 47 I COSTI DI UN PROGRAMMA DI MENTORING Come si è già indicato trattando de Il mentoring come risorsa di competitività alla pagina 19, la relazione tra mentor e protégé non porta benefici alla sola coppia, ma a tutta l’organizzazione nel suo complesso, in ragione dell’incremento della produttività, della soddisfazione sul lavoro, del mantenimento della forza lavoro qualificata, e della comunicazione in generale. Ma quanto costa effettivamente un programma di mentoring? Come in tutti i servizi ciò dipende dalla qualità ma la buona notizia è che, per coloro che non hanno disponibilità di budget, gli oneri possono essere effettivamente contenuti. A) L’elemento più oneroso è sicuramente il TEMPO, in termini di costo orario delle persone coinvolte, e cioè quantomeno del mentor, del mentee e dell’eventuale gestore del progetto. Al di là del costo del lavoro che viene (non diciamo sottratto alla produzione ma, più correttamente) investito nell’azienda, altri costi possono essere rappresentati da: B) C) D) E) l’acquisto dei materiali per la progettazione; l’eventuale formazione del mentor; l’eventuale formazione del mentee; la spese per gli eventuali incontri comuni dell’intero programma; Elementi di contenimento della spesa possono riguardare: A) l’aumento del numero di protégé per ciascun mentor; B) l’utilizzo di strumenti d’incontro telematici; GLI APPROFONDIMENTI SONO TRATTATI NELLA PARTE SECONDA (II) A PARTIRE DALLA PAG. 49 • MENTORING A BASSO COSTO = A BASSA QUALITÀ? PAG. 62 48 PARTE SECONDA (II) – approfondimenti sui temi trattati le affinità tra mentor e coach Si è già precisato che, per quanto interessa ai fini di questo manuale si può semplificare la differenza tra le 2 figure e dire che il mentore lavora sul lungo periodo mentre il coach sul breve, ma entrambi condividono il medesimo obiettivo di aiutare qualcuno a raggiungere il cambiamento desiderato. Il coach. Si tratta di un termine preso in prestito dal mondo dello sport a squadre. Nel significato originale il coach è tecnicamente l’allenatore che insegna ai giocatori come giocare il prprio ruolo, decide che far giocare ad un determinato momento della partita ed elabora strategie e tattiche per raggiungere la vittoria. In questi termini il ruolo del coach è concepito come legato ad una posizione di potere ed autorità nell’organizzazione: un membro quasi stabile dell’organizzazione sportiva che risponde direttamente al presidente. Con l’utilizzo del termine nel settore della consulenza aziendale il ruolo del coach si distacca da questo originario significato per divenire “l’allenatore personale del singolo giocatore”, la persona che assiste i manager dell’organizzazione con l’obiettivo di incrementare i loro risultati. In questo senso il coach è posto al di fuori della gerarchia dell’organizzazione. Spesso il punto focale dell’intervento del coach riguarda le relazioni interpersonali tra l’azienda, il boss ed i subordinati della persona che assiste. Un intervento di coach può rappresentare una sorta di riconoscimento per l’attività prestata ed una preparazione per rivestire un ruolo di maggiore importanza nell’organizzazione (o al limite, un ultimo tentativo per “rassicurare” il top management di aver fatto il possibile per evitare che la persona entri in un insanabile contrasto con l’organizzazione). Il coach aziendale è incaricato dall’organizzazione e non da manager che dovrà servire come cliente. In termini generali il coaching si concentra sul trasferimento di singole competenze e di capacità specifiche al fine di eseguire con 49 competenza determinati compiti. È senz’altro comune che il responsabile di un particolare settore dell’azienda assuma il ruolo di coach nei confronti dei membri della propria squadra, ed in effetti si tratta sovente di un ruolo che la stessa organizzazione si attende che egli assuma. Il mentoring si rivolge invece all’intera persona (personalità) e sarebbe in questo caso inopportuno che un responsabile di area assumesse tale ruolo nei confronti dei propri collaboratori: gli obiettivi di risultato assegnati al responsabile ostacolerebbero una genuina conversazione.25 In conclusione, questa guida non condivide la pur motivata opinione di quegli autori che sostengono la sovrapponibilità del ruolo di coach e mentor. 26 COACHING (il come) MENTORING (il perché) 27 sviluppo specifico / formazione breve periodo sviluppo del comportamento, delle attitudini e dell’efficacia personale direttivo assistenza nel raggiungimento di un obiettivo sviluppo globale /olistico lungo periodo sviluppo in termini di ampliamento degli orizzonti del pensiero orientativo insistenza sull’allineamento dei propri obiettivi personali, sulla capacità di integrazione con l’organizzazione, sulla qualità della prestazione professionale lavorare su ciò che già esiste le distinzioni con altri strumenti e ruoli La sovrapposizione dei ruoli citati al paragrafo precedente con quello del mentor è piuttosto comune, soprattutto nelle organizzazioni di minore dimensione. La confusione di certo non aiuta28 perché si tratta appunto di ruoli distinti che andrebbero mantenuti tali. Per meglio comprendere il ruolo del coach e distinguerlo da quello del mentor è opportuno passare in rapida rassegna altri due ruoli spesso collegati. 50 Il capo (boss). In una organizzazione gerarchica è la persona che sta direttamente sopra il protégé. I capi posseggono l’autorità di promuovere (o di impedire) l’attribuzione di gratificazioni e l’avanzamento in carriera. Lo sponsor. In un’organizzazione gerarchica è la persona che sta in una posizione superiore a quella del protégé e che ha il compito di identificare nell’azienda le persone con alto potenziale per assicurare che ricevano le necessarie opportunità di sviluppo anche al fine di farle avanzare in carriera. le numerose definizioni di mentoring La letteratura del settore fornisce innumere definizioni che sono tuttavia condizionate dallo specifico ambiente in cui il mentoring viene impiegato e dalle finalità cui l’intervento è preordinato. “Vengono proposte svariate definizioni riguardo al possibile significato di questo termine […] <un’attività finalizzata allo sviluppo delle competenze individuali attraverso la realizzazione di un percorso di apprendimento guidato da un collega più anziano e più esperto all'interno del contesto lavorativo> […] <il mentoring è un’attività finalizzata alla promozione delle potenzialità individuali attraverso la realizzazione di un percorso di apprendimento guidato da un collega più anziano e più esperto>. <Il Mentore è una figura capace di offrire guida e sostegno, dar vita ad un insegnamento, facilitare il cambiamento>. <Quella di mentoring è un’attività che ha come fine la valorizzazione delle potenzialità personali attraverso la realizzazione di un percorso ili apprendi inculo guidato da un collega più anziano e dotato di maggiorie esperienza>. […] <una delle tattiche e uno sistema organizzativo con cui vengono programmati e pianificati gli inserimenti lavorativi per cercare di conseguire obiettivi organizzativi e di socializzazione> […] <una modalità di apprendimento socialelavorativo al fine di raggiungere una più rapida consapevolezza delle azioni lavorative>. <Relazione tra neofita e lavoratore esperto che non ha responsabilità gerarchica>. <Un sostegno emozionale che 51 offre consigli e feed back sulla situazione di inserimento, instaura un piano interpersonale, è interessato alle competenze trasversali e gestionali> […] <modalità per effettuare formazione individualizzata> […] <una relazione uno ad uno che si instaura tra un esperto e un novizio, e che prosegue fino a quando quest’ultimo non ha pienamente sviluppato le proprie potenzialità> […] <Il mentoring è “qualunque rapporto tra anziani e giovani, oppure tra pari, che si orienti ad una funzione di sviluppo> […] <una relazione ad elevato potenziale di sviluppo personale e professionale in cui l’obiettivo è sostenere la crescita di una o entrambe le parti>. […] <Il mentoring raggiunge i suoi scopi primariamente attraverso la costruzione di un rapporto. Il mentor è solitamente qualcuno che ha esperienza e conoscenza di chi è e di come le cose devono essere fatte>. (Perchiazzi, 2009) pp. 18-19. l’evoluzione del mentoring nell’azienda. Il mentoring come strumento di sviluppo in azienda, viene oggi utilizzato (e forse sovrastimato) per numerose finalità, tra cui l’avanzamento di carriera, la comunicazione dei valori aziendali, il miglioramento dell’ingaggio e della conservazione dei collaboratori, la crescita della soddisfazione sul lavoro, la facilitazione del lavoro in rete, l’incremento della prestazione lavorativa, l’affinamento delle capacità comunicative.29 Sono in primo luogo i manager delle risorse umane ad aver compreso ed utilizzato le tecniche di mentoring per risolvere una serie di problematiche legate alla gestione dei collaboratori, e in particolar modo per intervenire sulle carenze motivazionali.30 il mentoring come strumento di sviluppo “spirituale” 52 In numerose organizzazioni, le prospettive di stile partecipativo di gestione dell’impresa (di cui si parlava nella parte “la qualità dei rapporti umani genera veramente ricchezza in azienda?” a pag. 53) Sir Richard Branson hanno favorito l’emergere di nuove sfumature legate al mentoring, come quella della “spiritualità”. Di spiritualità sul posto di lavoro si iniziò aparlare già negli anni ’20 del secolo scorso, come la rivendicazione dei lavoratori a poter coltivare la propria fede o i propri valori spirituali anche sul posto di lavoro. Oggi la si può intendere come l’aspirazione dei lavoratori ad utilizzare il lavoro come strumento di crescita spirituale, nel senso di contribuire allo sviluppo della società e trarre da esso significato. Le aziende che si ispirano alla work-spirituality sono quelle in cui, ad esempio, si coltivano i programmi di integrazione famiglia lavoro; si (in)formano i lavoratori in tema di benessere personale; esistono programmi di gestione della diversità (diversity managment) per accogliere le diverse culture; sono disponibili programmi di assistenza ai lavoratori in disagio; si prendono le decisioni in modo coerente con i dichiarati valori aziendali; si supportano stili di leadership che stimolano la crescita di tutti i lavoratori; etc. Sono oggi molte le grandi aziende che hanno fatto della spiritualità un punto centrale della propria identità. Ecco che, secondo recenti ricerche31, entra dunque in gioco il mentoring quale strumento più adatto per diffondere nell’organizzazione i valori della spiritualità (come venivano poc’anzi declinati a titolo esemplificativo in comportamenti ed attitudini dell’organizzazione). Il modo migliore per diffondere Mai prima d’ora c’è stato un tempo più favorevole per tutti noi, per esplorare la nuova grande frontiera in cui i confini tra il lavoro ed il perseguimento di obiettivi elevati convergono in un unico scopo. la qualità dei rapporti umani genera veramente ricchezza in azienda? Dai primi passi verso la scoperta della dimensione sociale all’interno delle organizzazioni, quale elemento generatore di produttività, 53 compiuti negli anni 20 del secolo scorso, alla scuola delle risorse umane dei successivi anni ’50, sino all’attuale auspicio verso la diffusione dello stile partecipativo32 nella gestione dei collaboratori all’interno delle aziende, il fattore umano e motivazionale è il protagonista dell’organizzazione efficiente, efficace ed eticamente orientata. La documentazione di questa transizione compare in tutti i testi di organizzazione aziendale.33 Quanto più specificamente al mentoring, la letteratura scientifica segnala come si tratti di uno degli strumenti più validi per incentivare la motivazione dei collaboratori3435, per ridurre il turnover e incrementare la produttività3637. mentoring per la carriera e mentoring psicosociale Il mentoring in azienda ha tradizionalmente due funzioni, una è quella di dare un supporto allo sviluppo della carriera per facilitare l’avanzamento nell’azienda, e l’altra è la funzione psicologica, che contribuisce alla crescita personale e allo sviluppo professionale. In particolare per adempiere alla seconda funzione, il mentor deve fare sviluppare al mentee il senso d’identità professionale, la competenza e la confidenza con il lavoro. Alcuni studi ritengono autonoma un’ulteriore funzione che è quella del role-model38, ovvero del modello da imitare. Ai nostri fini tuttavia, quella del role-model può più efficacemente essere ascritta al ruoli del mentor e non alle funzioni del mentoring. formalità ed informalità nel mentoring “Esiste una chiara distinzione ormai dalla letteratura di quello che è Mentoring formale e Mentoring informale. Relazioni in cui un Mentor e un Mentee sono accoppiati da un terzo soggetto (staff di progetto, o professore, o HR Manager, etc.) sono parte di un programma ufficiale sono tipicamente considerate Mentoring formale. Le 54 relazioni che si sviluppano maturalmente o spontaneamente senza assistenza esterna sono considerate mentoring informale”39. esempi di reverse mentoring Il reverse mentoring è il processo mediante il quale i giovani tipicamente con meno esperienza, ma con una forte competenza digitale, aiutano i senior, con una lunga esperienza lavorativa, a familiarizzare con la tecnologia, alla ricerca di un reciproco scambio. Il concetto di reverse mentoring è stato formalmente introdotto dal passato CEO di General Electric Jack Walsh nel 1999 (Chaudhuri & Ghosh, 2011), che ha così definito un nuovo paradigma di operazione nell’ambito del processo di socializzazione organizzativa o, come viene indicata in letteratura, di induction. Walsh chiese a 500 dei suoi top manager di trovare dei giovani impiegati che potessero spiegare loro come usare internet. La nascita di nuove tecnologie ha portato con sé un digital divide tra junior e senior all’interno delle aziende, cioè un gap di conoscenze e comportamenti efficaci nell’utilizzo delle nuove tecnologie. Tradizionalmente chi ha maggiore esperienza dovrebbe essere in grado di presidiare un problema con maggiore efficacia, grazie a competenze acquisite durante tutta la carriera professionale, tuttavia i senior di oggi devono accettare di studiare e sperimentare nuovi strumenti digitali, spesso fondamentali per affrontare le sfide delle organizzazioni. Un programma di reverse mentoring può avvenire attraverso degli incontri formali tra junior e senior, con il reciproco impegno a formarsi su aspetti differenti del lavoro. Ad esempio possono essere implementate le capacità di project management di entrambe le generazioni, se da una parte i giovani insegnano l’utilizzo di strumenti digitali per la gestione di un progetto come l’e-calendar, l’organizzazione di riunioni a distanza o strumenti digitali per programmare le attività. I senior possono trasmettere i principi sempre validi per raggiungere i risultati di un progetto come la formulazione di una vision o la definizione di un obiettivo efficace.Il reverse mentoring se ben implementato all’interno dell’organizzazione può diventare uno strumento per 55 migliorare diversi processi come la gestione dei talenti, l’employer branding, la promozione della diversità, il superamento del digital gap, lo sviluppo della leadership, lo scambio di contenuti intergenerazionali, la diffusione del know-how interno e la promozione della cultura del long life learning40. mentoring a distanza: può un ambiente virtuale sostituire un ambiente fisico nella relazione? Si può ipotizzare anche l’utilizzo di ambientazioni virtuali per risolvere i problemi di un mentoring a distanza. In ogni modo per situazioni di trasferimento di competenze e conoscenze complesse la presenza fisica del mentor risulta in ogni caso necessaria. L’uso del sistema di comunicazione virtuale unitamente a quello odinario ha suggerito di approfondire lo studio sull’efficacia della comunicazione face to face virtuale attraverso le chat. Gli studi concludono che, se il contesto è idoneo, l’ambiente virtuale attraverso la chat può essere efficace tanto quanto il rapporto di mentoring face-to-face.41 La definizione contenuta nella guida in merito all’organizzazione in grado di apprendere come un’organizzazione che si interroga sul modo in cui le decisioni vengono prese al suo interno e sugli effetti che queste avranno nel lungo periodo, è una sintesi estrema e personale di ciò che ritengo sia il succo del pensiero sistemico. “È qui il dilemma centrale dell’apprendimento che le organizzazioni devono affrontare: noi apprendiamo meglio dall’esperienza, ma non sperimentiamo mai direttamente le conseguenze di molte delle nostre decisioni più importanti. Le decisioni più critiche prese nelle organizzazioni hanno conseguenze a livello dell’intero sistema che si estendono su anni o decenni”.42 è compatibile l’utilizzo dei social network? Per quanto possa sembrare un mezzo di sabotaggio, l’utilizzo dei social media come mezzo di comunicazione tra mentor e mentee, che 56 siano in una relazione di adulto-ragazzo, viene percepito positivamente da entrambe le parti, aiutando ad avere una relazione di qualità e di lunga durata. Il risultato degli studi in questo particolare tipo di coppie di mentoring sottolinea che non viene tolto nulla alla vicinanza ed alla qualità dei rapporti faccia a faccia.43Si tratta di un’ipotesi allora da considerare nelle organizzazioni in cui iniziano la propria attività adolescenti in tirocinio. l’organizzazione che non apprende, perché uniformata al sistema di gestione dominante L’estrema sintesi rischia di banalizzare la riflessione sull’organizzazione che apprende e, per coloro che desiderassero conoscere un poco più nel dettaglio il tema, si consiglia la lettura delle pagine da 20 a 30 di P. Senge, La quinta disciplina - l'arte e la pratica dell'apprendimento organizzativo (Senge, 2006). “Il nostro sistema di gestione dominante ha distrutto la nostra gente: Le persone nascono con qualità intrinseche quali la motivazione, il rispetto per se stesse, la dignità, la curiosità di imparare, la gioia nell’apprendere. Le forze distruttive iniziano ad agire quando si fanno i primi passi, tramite i premi per il costume di Halloween più bello, i voti a scuola, le medaglie, e continuano ad operare fino all’università. Al lavoro, le persone, le squadre e le divisioni vengono classificate, prevedendo un premio per chi arriva in cima e una punizione per chi resta in fondo. La gestione che si basa sugli obiettivi, le quote, gli incentivi, le pianificazioni aziendali, considerandoli come aspetti separati seppur collegati, divisione dopo divisione, determina delle perdite ancora più grandi, finora sconosciute e che non sarà possibile conoscere. W. Edwards Deming”.44 Un gruppo di innovatori aziendali e riuniti dalla SOL (Society of Organizational Learning) e dal Change Leadership Group della Graduate School of Education di Harvard identifica gli 8 elementi 57 fondamentali che costituiscono il sistema di gestione dominante. La tabella è riportata al n. XX.45 principi del pensiero sistemico Il pensiero sistemico è la disciplina che insegna a comprendere la connessione tra gli eventi per imparare a influenzarli al minor costo di intervento possibile. ll pensiero sistemico è un modo di pensare, è un linguaggio per la descrizione e la comprensione delle forze e delle interrelazioni che modellano il comportamento dei sistemi. Questa disciplina ci aiuta a vedere come modificare i sistemi in modo più efficiente e ad agire più in sintonia con i processi naturali del mondo naturale ed economico. “Prima regola: se vogliamo capire il mondo, dobbiamo essere capaci di «vedere gli alberi e la foresta»; dobbiamo sviluppare l’attitudine a “zoomare” tra tutto e parti, tra sistemi e componenti. Seconda regola: non dobbiamo limitare la nostra osservazione a ciò che appare costante ma «ricercare ciò che varia»; le variabili sono ciò che interessa al systems thinker. Non dobbiamo, però, semplicemente, esplicitare le variabili che riteniamo significative ma dobbiamo essere in grado di rilevare le “variazioni” che esse subiscono nel tempo. Terza regola: se vogliamo veramente comprendere la realtà ed il cambiamento dobbiamo sforzarci di «capire la causa delle variazioni nelle variabili che osserviamo»; dobbiamo formare catene di relazioni causali tra variabili connesse. Quarta regola: non è sufficiente ricercare le cause delle variazioni che si osservano; è necessario «concatenare le variabili fino a specificare i loop tra tutte quelle variazioni»; in altri termini, occorre passare dalle catene causali alle interrelazioni sistemiche e dalle variazioni lineari alle interazioni sistemiche tra le variabili che ci interessano. Quinta regola: nell’osservare il mondo, occorre «specificare sempre i confini del sistema che vogliamo indagare»”46. 58 le motivazioni del mentor Assistere un’altra persona nel suo sviluppo, come nel caso del mentoring, rappresenta senza dubbio un comportamento c.d. prosociale, una condotta che, indipendentemente dalla presenza di una remunerazione, è diretta a procurare benefici e ad incrementare il benessere degli altri. La domanda su cosa spinge una persona a comportamenti prosociali è aperta e da lungo tempo dibattuta nella psicologia ed è un tema che interessa evidentemente anche gli studi sul mentoring, soprattutto su quello informale. La letteratura scientifica utilizza tradizionalmente la lente d’analis fornita dalla teoria dello scambio sociale, il cui paradigma prevede che gli individui tendono ad intrattenere relazioni che ritengono vantaggiose per sé. Da questa premessa dovrebbe dunque discendere la conclusione che anche il mentor tenderà ad essere maggiormente disponibile a rivestire il ruolo tanto maggiori saranno i benefici attesi da quest’attività. Molti studi parrebbero effettivamente confermare questa conclusione e spiegherebbero la tendenza dei mentor a scegliere protégé sulla base delle loro abilità e non invece delle loro esigenze47. Ricerche più recenti mettono invece al centro dell’attenzione non l’interesse strumentale a ricevere benefici dalla relazione, ma l’esigenza umana stessa di stringere relazioni ed illustrano tutta una serie di sfumature che caratterizzano l’interesse del mentor a prestare la propria assistenza: la competizione con il mentee come fattore di insuccesso Uno dei fattori che rilevano come principali cause di fallimento del rapporto di mentoring consiste nell’atteggiamento competitivo del mentor nei confronti del protegé, con atteggiamenti quali la svalutazione delle qualità, l’appropriazione di meriti.48 Uno stringato ma efficace documento ricognitivo dei ruoli del mentor e delle trappole che possono sabotare il rapporto si trova in (McBurney, 2015) 59 I tratti di personalità prosociale nel mentoring Il rapporto tra questi elementi di personalità prosociale e la loro favorevole influenza nel mentoring è stato approfondito da T.D. Allen. (Allen, 2003). Lo studio si occupa non solo di verificare il rapporto esistente tra caratteristiche prosociali e disponibilità ad assumere il ruolo di mentor, ma anche di valutare la relazione tra queste caratteristiche e la quantità di formazione erogata da ciascun mentor (che risulta più elevata nei rapporti in cui il mentor presenta una personalità prosociale). La ricerca si occupa inoltre di analizzare il tipo di rapporto in relazione alle motivazioni personali del mentor per concludere che, le motivazioni di sviluppo personale tendono a favorire un tipo di mentoring per la carriera, mentre le motivazioni più legate alla soddisfazione interiore promuovono un tipo di mentoring psicosociale49 (per la distinzione si veda il capitolo inerente le tipologie di mentoring a pag. 19). Per altro verso, è stato ampiamente dimostrato che i tratti altruistici del mentor contribuiscono a incrementare direttamente il livello di supporto che ciascun mentee percepisce nei confronti della propria organizzazione. 50 altri tratti di personalità che influenzano il mentoring Tra i numerosi tratti di personalità del mentor, investigati dalla letteratura scientifica, ve ne sono alcuni ai quali vengono collegati effetti diretti e specifici nei confronti del mentee. Il tratto di stabilità emotiva (e cioè la tendenza a conservare la propria sicurezza, la calma e la libertà da fluttuazioni emotive disturbanti) è stato collegato direttamente al grado di resilienza professionale del singolo mentee51 (e cioè la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà). 60 I benefici per il mentor Il mentoring è stato studiato in modo estensivo soprattutto per quanto attiene allo sviluppo della carriera del protégé. Le ricerche più recenti hanno per altro verso fatto emergere che pure i mentor possono beneficiare in modo sostanziale dal rapporto. Una metaanalisi del 2013 ha preso in considerazione una serie di studi che avevano ad oggetto programmi di mentoring orientati allo sviluppo della carriera, al sostegno psicosociale ed al role-model. Sono stati analizzati cinque distinti parametri di verifica quali: la soddisfazione sul lavoro, l’impegno nell’organizzazione, le intenzioni di abbandono lavorativo, la produttività e il successo in termini di carriera rispetto ai mento che hanno partecipato a tali programmi. I risultati hanno dimostrato che i soggetti che avevano rivestito il ruolo di mentor dimostravano una maggiore soddisfazione sul lavoro ed un maggiore impegno nell’organizzazione. c’è una relazione diretta tra la quantità di tempo dedicato e la qualità della relazione? Per una relazione di successo non è indispensabile un’alta frequenza di incontri se quelli che avvengono sono intensi. In verità, nei casi in cui si lamenta il fallimento del mentoring per carenza di tempo disponibile emerge che le ragioni più profonde sono invece altre e cioè: a) la mancanza di chiarezza sul proprio ruolo di mentor; b) la mancanza di chiarezza sul 52 funzionamento del processo di mentoring. suggerimenti per il matching – lo speed mentoring L’errato abbinamento delle persone in una relazione di mentoring è, come si è ampiamente spiegato, un fatto abbastanza frequente che conduce sovente ad una bassa qualità di supporto a favore del protegé o direttamente al fallimento del progetto. Ciò pone la domanda su come è possibile favorire la copatibilità tra i soggetti. Tra le soluzioni più efficaci nell’assicurare la giusta scelta del partner sì presenta quella dello speedmentoring . rivelatasi in grado di incrementare significativamente sia la durata del rapporto. 61 In uno studio del condotto nel 2011 nell’ambito di un programma di mentoring tenuto presso l’Università di medicina di Amburgo-Eppendorf, in Germania, si è tentato di replicare quello che avviene nello speed-dating. Più in particolare, i candidati mentee hanno speso 5 minuti nell’incontro con ciascuno dei candidati mentor per discutere insieme di temi rilevanti nella relazione di mentoring e anche di questioni personali e professionali. I mentee avevano avuto l’opportunità di visionare i profili personali dei mentor e sulla base di questi hanno stilato una serie di domande da rivolgere a ciascuno. Allo stesso modo, e per converso, i mentor avevano ricevuto le richieste di incontro da parte dei candidati mentee con i relativi curricula. Al termine degli incontri, ciascuno dei partecipanti ha stilato una propria graduatoria sulla base dei punteggi assegnati a ciascuna delle 53 reciproche risposte. mentoring a basso costo = a bassa qualità? È possibile mettere in piedi un programma di mentoring “senza fronzoli” se si dispone di un budget limitato? Gli esperti hanno (chiaramente) opinioni differenti sul tema. C’è chi sconsiglia l’adozione di un programma formale e suggerisce di introdurre quello che definisce un mentoring informale avanzato: si metta a disposizione delle persone del buon materiale formativo, si tengano una o due sessioni formative “in aula” per spiegare che cos’è il mentoring, e si metta a disposizione un processo strutturato da seguire (una sorta di istruzione operativa). A questo punto, una volta definite le regole di base, si lascino le persone libere di cercarsi e di trovarsi”. Altre opinioni che sostengono la fattibilità di un programma no-frills (senza fronzoli) divergono sul modo di condurlo e marcano l’importanza di attrezzarsi da subito di un programma ben fatto. Un programma disegnato bene e su misura avrebbe, secondo questa linea di pensiero, poche necessità di manutenzione e pochi costi accessori una volta lanciato. Il resto del lavoro può essere fatto attrezzandosi con dei buoni manuali che sono ovunque disponibili anche nelle biblioteche locali. Vi sono poi i siti dedicati, le 62 newsletters, i gruppi di discussione che possono coprire le più disparate necessità di consulenza in materia di mentoring. Coloro che ritengono sconsigliabile di riservare ad un programma di mentoring risorse limitate si concentrano soprattutto sul valore simbolico del programma e sul rischio che possa trasformarsi un messaggio contrario e negativo per cui ai lavoratori ed alla crescita organizzativa si dedica sì qualcosa, ma quel che resta! age management L'invecchiamento della forza lavoro è un problema grave in tutta Europa. Si tratta di una sfida per la società nel suo complesso, per la politica e per i datori di lavoro che ha profili ad dire il vero paradossali. Da un lato aumenta costantemente nell’Unione l’età media della popolazione economicamente attiva, dall’altro tuttavia, di fronte al costante abbassarsi dell’età della pensione e alle discriminazioni operate in base all’età all’interno del mercato del lavoro, le persone di oltre 40 anni sono considerate lavoratori “anziani”. Le nazioni europee stanno vivendo un cambiamento demografico che porterà ad una drammatica una disparità tra la popolazione attiva e quella non attiva. Agli attuali livelli d’impiego, il risultato sarà la rapida crescita della percentuale di pensionati rispetto ai lavoratori e la conseguente necessità di, alternativamente, ridurre la spesa sociale o di aumentare le tasse in modo significativo. Per evitare ambedue le opzioni, la strategia Europa 2020 punta sulla crescita della partecipazione al lavoro da parte di tutta la popolazione54. La prospettiva che oggi ci si presenta è quella di una lotta di posizione tra “giovani” ed “anziani” non solo per l’acquisizione o la conservazione del posto di lavoro, ma anche per l’affermazione delle rispettive e differenti “culture”: quella del richiamo al passato come fonte di valori e di virtù, o l’appello alle tecnologie come fonte di progresso e di sviluppo. La letteratura sociologica che analizza questo 63 conflitto intergenerazionale rileva valori, riferimenti culturali, atteggiamenti e comportamenti che sono peculiari di ciascuna delle generazioni: si tratta di un dialogo tra persone che parlano lingue diverse. Per far fronte a queste tensioni e a questi cambiamenti e per trasformare il rischio insito nella compresenza di così forti differenze generazionali in opportunità di crescita per tutti, il mondo del lavoro si sta attrezzando con politiche di “age diversity management”. Si tratta di una necessità ed al contempo di una opportunità poiché: “Dal modo in cui si compongono queste differenze dipendono non solo il “clima” aziendale in generale ma anche e soprattutto il concreto funzionamento dei team di lavoro, nonché il consolidarsi di una cultura aziendale condivisa ed efficace. Poiché spesso la differenza d’età si associa ad una diversa posizione nella gerarchia aziendale, anche l’efficacia delle pratiche di direzione può dipendere da come vengono affrontate e risolte possibili divergenze di fondo tra generazioni”55. Il mentoring è sempre più individuato in azienda come strumento strategico per la gestione della “age diversity”, principalmente per: • • • aiutare il personale di elevata esperienza a non avere la percezione dell’abbandono e dello scarto ma a trovare uno spazio di riconoscimento della propria storia e del proprio valore e di condivisione delle proprie competenze di “mestiere”; sostenere le persone in entrata o entrate da poco ed invitarle a mettere al servizio dell’azienda le proprie competenze professionali ma anche quelle inerenti le nuove tecnologie e le forme di comunicazione 2.0” agevolare l’integrazione tra le due culture per portarle a uno scambio di logiche e linguaggi e di conseguenza aumentare la competitività dell’azienda attraverso l’interazione tra 64 • • l’innovazione portata “giovani” e la struttura custodita dagli “anziani”; superare la vecchia logica del “passaggio di testimone” in quanto la competitività di un’organizzazione è sempre più data dalla sua capacità di valorizzare, con leve motivazionali e strumenti diversi, l’apporto di tutti incrementare la work-ability56 dei lavoratori senior. Il mentoring è quindi uno degli strumenti che già adesso permettono di valorizzare i senior e gli junior di un’organizzazione57, favorendo e presupponendo la creazione in azienda di un contesto di “cross learning”58 dove figure di età e storie professionali e personali diverse possono: • • • sperimentare modalità di condivisione e scambio delle esperienze e degli approcci, in un clima di fiducia, riconoscimento e valorizzazione reciproca; approfondire, integrare e sviluppare le diverse e specifiche competenze professionali; arricchirsi, anche a livello umano, nella conoscenza e nella valorizzazione delle loro diverse “biografie”, dei loro percorsi di vita e di lavoro.59 Quello del mentoring in azienda rappresenterebbe l’uovo di Colombo per mantenere i lavoratori anziani al lavoro e risparmiare nella formazione dei giovani (come peraltro confermano alcuni recenti studi)60. pubblicazioni specifiche sulla formazione del mentor La pubblicazione più attuale e completa che affronta il mentoring sotto profili concettuali e pratici e senz’altro quella di Nele Graf e Frank Edelkraut dal titolo “Mentoring”61. Si tratta di una lettura che garantisce una conoscenza sostanzialmente completa dei temi e dei problemi afferenti il mentoring. 65 Matteo Perchiazzi ha pubblicato nel 2009, per i tipi di Transeuropa, un libro dal titolo “Apprendere il mentoring – manuale operativo per la formazione del Mentor”62 con il quale egli affronta nel dettaglio le tematiche concettuali dello strumento e le tematiche pratiche della formazione del mentor. Si tratta di una pubblicazione approfondita dalla quale questa guida ha tratto spunti significativi. Destinato a coloro che sono o intendono divenire un mentor, il libro “Coaching & Mentoring at work”63 rappresenta un riferimento valido per comprendere i principi basilari che rendono efficace l’attività di mentoring sul posto di lavoro. Nella stessa prospettiva si pone “Techniques for coaching and mentoring”64 che si presta maggiormente all’autoapprendimento, sulla scia del “fai da te”, attraverso esercizi di riflessione e tavole sinottiche che portano il lettore a chiarire a se stesso, prima che agli altri, le competenze personali necessarie. Una pubblicazione ancora più tecnica, destinata principalmente agli operatori della formazione, è quella di Malderez e Bodóczky dal titolo “Mentor Courses”65 nella quale si forniscono strumenti operativi da utilizzare nella formazione d’aula, dai giochi di ruolo ai questionari, dalle metodologie di strutturazione dei corsi, alle simulazioni. Il testo inglese è comunque di facile lettura. 66 PARTE TERZA (III)- note tecniche e di riferimento scientifico / tabelle e quadri sinottici on-line Le pubblicazioni cartacee contenenti la presente sezione sono edite in numero limitato e pertanto, ove qui assente, la parte terza (III) è consultabile on-line sul sito www.wisementor.it/parteIII 67 gli 8 indicatori del sistema di gestione dominante Gestione basata sulla misurazione: Culture basate sul conformismo: focus sulla valutazione a breve termine; svalutazione dei risultati non evidenti. compiacere il capo per avanzare; gestione basata sulla paura. Gestione dei risultati: Risposta giusta contro risposta sbagliata: obiettivi stabiliti dai dirigenti; le persone sono ritenute responsabili del raggiungimento o meno degli obiettivi (indipendentemente dalla possibilità di realizzarli in un determinato processo o sistema). viene enfatizzata la risoluzione dei problemi a livello tecnico; non vengono considerati i problemi a livello sistemico. Uniformità: Prevedibilità e controllabilità: la diversità è intesa come un problema da risolvere; il conflitto va risolto a favore di una soluzione superficiale. gestire significa controllare; la “santa trinità della gestione” – pianificazione, organizzazione e controllo. Eccessiva competitività e sfiducia: Perdita del concetto di intero: la competizione è essenziale per raggiungere le performance desiderate; frammentazione; le innovazioni locali non si diffondono. senza la competizione tra le persone non c’è innovazione. 68 schemi per la valutazione dei rischi e benefici La prospettiva dei mentee ◊ aumentare autostima e sicurezza ◊ ampliare la conoscenza dell’organizzazione ed essere in grado di gestire e risolvere tematiche di interesse generale dell’azienda ◊ possibilità di testare le proprie idee in un ambiente “protetto” ◊ avere accesso a differenti prospettive ed esperienze ◊ sviluppo di competenze trasversali quali management, leadership, comunicazione, gestione dei conflitti, etc. ◊ sensazione di “contare” per l’organizzazione ◊ opportunità di allargare la rete di relazioni La prospettiva dei mentor ◊ aumentare la soddisfazione sul lavoro ◊ rivitalizzare l’interesse per il lavoro ◊ affrontare sfide ed essere stimolati ◊ possibilità di influenzare l’azienda e trasferire le proprie conoscenze ◊ valorizzare la propria figura tra i propri colleghi, in quanto modello da seguire ◊ sviluppo personale nell’utilizzo di nuove competenze, principalmente relazionali ◊ opportunità di mettere in discussione per proprie idee e prospettive 69 La prospettiva dell’organizzazione ◊ aumentare la motivazione dei collaboratori attraverso l’investimento nel loro sviluppo ◊ rafforzare e stabilizzare i valori e la cultura dell’impresa ◊ mantenimento dei livelli professionali ◊ miglioramento della comunicazione ◊ mantenimento del know-how. ◊ aumentare la produttività attraverso il maggior impegno dei mentee ◊ allenarsi al cambiamento 70 schema di autovalutazione per il mentor Lo schema che segue è destinato unicamente all’autovalutazione. In una progressione ideale si rifletta sulla seguente serie di competenze / attitudini indicando in quale misura le si ritiene proprie, da (1) nessuna competenza a (7) piena competenza. (La casella N/A significa che si tratta di una competenza non applicabile in relazione alla posizione personale del mentee). COMPETENZA: Ascoltare attivamente Fornire feedback costruttivo Stabilire relazioni basate sulla fiducia Riconoscere e calibrare differenti stili di comunicazione Utilizzare strategie di comunicazione efficace Stabilire aspettative chiare nel rapporto di mentoring Allineare le proprie aspettative con quelle del mentee Riconoscere in che modo le differenze professionali e personali si riflettono sulle aspettative Aiutare il mentee a definire i propri obiettivi in modo chiaro Aiutare il mentte ad ideare strategie per raggiungere gli obiettivi prefissati Valutare la competenza professionale/scientifica del mentee Elaborare strategie per incrementare le conoscenze del mentee Fornire supporto motivazionale Stimolare la creatività Riconoscere l’apporto del mentee all’incremento delle proprie competenze Negoziare un percorso di progressiva e piena autonomia professionale a favore del mentee nessuna 1 □ □ □ □ 2 □ □ □ □ 3 □ □ □ □ moderata 4 □ □ □ □ 5 □ □ □ □ piena 6 □ □ □ □ 7 □ □ □ □ N/A □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ 71 Riconoscere i propri pregiudizi e convinzioni limitanti Capacità di lavorare con persone di estrazione culturale e personale differente dalla propria Aiutare il mentee a bilanciare la propria vita professionale con quella privata Comprendere il proprio impatto quale modello di riferimento Introdurre il mentee nei propri ambienti professionali □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ □ 72 • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • indice analitico 8 indicatori del sistema di gestione dominante; 68 age management; 15; 63 assistenza esterna; 46 benefici per il mentor; 61 coach; 18 competenze di base; 35 COSTI DI UN PROGRAMMA DI MENTORING; 48 cross-company mentoring; 20 disponibilità; 27 diversity managment; 53 empatia; 27 feeling con il mentee; 29 generare consenso; 42 marketing interno; 45 matching; 33; 40; 61 Mentore; 16 mentoring a distanza; 22; 56 mentoring formale; 19 mentoring informale; 19 mentoring informale avanzato; 62 mentoring per la carriera; 54 motivazioni del mentor; 59 peer mentoring; 23 • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • pensiero sistemico; 58 promotore; 28 rapporti di genere; 34 rapporti gerarchici; 34 resilienza professionale; 60 reverse mentoring; 21; 46; 55 ricerca sul mentoring; 24; 45 rischi e benefici; 44 role model; 28 sabotaggio del rapporto; 29 schema di autovalutazione per il mentor; 71 schemi per la valutazione dei rischi e benefici; 69 social network; 56 soggetti interessati (stakeholders); 39 speed mentoring; 61 sponsor; 28 stile partecipativo; 53; 54 supporto psicosociale; 29; 34; 61 sviluppo “spirituale”; 52 tratti di personalità; 60 work-ability; 65 73 nota finale La guida riunisce in una struttura coerente e leggibile i risultati delle differenti fasi del progetto “WISE MENTOR – un sistema per aumentare la valorizzazione dei lavoratori over 50 e per facilitare il trasferimento di know-how alle imprese locali” finanziato dal Fondo Sociale Europeo - N. fascicolo: 2/47/2015, a volte sintetizzando, a volte sviluppando, i temi già trattai nei reports di ciascuna fase. Rispetto all’impostazione originaria è stato tuttavia necessario ricalibrare l’obiettivo del manuale, poiché il FSE ha ritenuto di espungere dal progetto la fase inerente la sperimentazione, durante la quale si sarebbe provveduto a selezionare ed a formare un gruppo di mentor costituito da lavoratori over50. Il manuale operativo per la formazione dei mentor è divenuto così superfluo. Il progetto prevede comunque la “la stesura di un manuale sul mentoring sul posto di lavoro” (punto 4, “fase di sensibilizzazione” pag. 19 del progetto) così che si è ritenuto opportuno affinare gli obiettivi della guida contraendo la parte sulle tecniche di formazione dei mentor (per le quali sono già disponibili in commercio numerosi testi) e dare maggiore spazio alla finalità “politica” dell’intero progetto, e cioè quella di sensibilizzazione alla cultura della valorizzazione delle esperienze dei lavoratori più anziani nelle organizzazioni. Mantenendo un taglio estremamente pratico si è dunque cercato di fornire gli strumenti affinché gli imprenditori e le organizzazioni possano, attraverso la guida: • • • • • comprendere se lo strumento del mentoring è applicabile nelle rispettive realtà aziendali / organizzative; impostare un programma di mentoring (o quantomeno di sapere quali sono le risorse necessarie per farlo); comprendere i benefici ed i rischi di un programma di mentoring; stimare il costo dell’intervento; orientare l’impostazione del mentoring a seconda dei propri specifici obiettivi. 74 BIBLIOGRAFIA: Alderfer, C. P. (2014). Clarifying the meaning of mentor protégé relationships. Consulting Psychology Journal: Practice and Research, 6-19. Allen, T. D. (2003). Mentoring others: A dispositional and motivational approach. Journal of vocational Behaviour(62), p. 134-154. Arnold, R. (2014). Leadership by personality - Von der emotionalen zur spirituellen Führung - ein Dialog. Wiesbaden: Springer Gabler. 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Secondo una classificazione che facilita il riconoscimento delle organizzazioni che pongono come prioritari tra i propri output prodotti e servizi che producono un flusso economico, ci si può riferire a quella di A. Etzioni, che distingue tra organizzazioni: a) utilitaristiche (aziende di produzione artigianale/industriale, aziende di credito, aziende di servizi, associazioni senza fini di lucro); b) normative (chiese, partiti politici, esercito, ospedali, scuole); c) coercitive (carceri, centri di accoglienza, comunità terapeutiche). (Favretto, 2010) pp. 25-30. 2 (CEDEFOP, 2015) pag. 9. 3 Cfr. (Grant & Hazel, 1986) alla voce: Mentore. 4 “In tale epoca, infatti, esisteva la consuetudine che coloro che rano dotati di esperienza, con ottima reputazione nel loro lavoro, nonché anche titolari di un’attività, i cosiddetti <maestri>, assumevano il compito di seguire i giovani apprendisti, ai quali era data la possibilità, in seguito, di diventare a loro volta <mastri> dopo il superamento di un esame o dopo la realizzazione di un’opera degna del nome dell’officina presso la quale si svolgeva l’apprendistato. L’apprendista qualificato aveva anche l’opportunità di subentrare nell’attività del <mastro dopo i suo ritiro o alla sua morte; egli poteva anche, come prevedeva la tradizione, contrarre matrimonio con la vedova, assumendosi così, oltre alla responsabilità dell’officina, anche quella della famiglia del defunto”. (Varriale, 2008) pp. 3-4. 5 “Mentoring is a time-proven strategy that can help young physicians and healthcare workers of all circumstances achieve their fullest potential. Although there is ample opportunity to seek the right mentors during formal cardiology training, much of the value of that relationship is often lost when we make the transition into practice in the “real world.” However, early career professionals (ECP) ranked the need for formal mentoring among the highest objectives as a reason to join the American College of Cardiology (ACC), based on surveys carried out by the ACC ECP section. In our careers, the most beneficial forms of mentoring have been positive relationships with attending physicians that resulted in trustworthy, nurturing environments 83 that have facilitated learning. Our most successful, long-lasting mentorships have begun with open expression of personal concerns about professional goals and aspirations. […] We have found that a successful mentoring relationship is a synergistic relationship between the mentor and mentee in which both parties benefit. In the process of providing career guidance, encouragement, scope for research, and opportunities to make professional contacts, mentors make substantial contributions in recruiting promising young people to their area of expertise. Mentors are often able to see how their involvement and guidance can really make a difference in mentees’ lives beyond traditional training”. (Sharma & Freeman, 2014) p. 1964. 6 “In both coaching and mentoring, one person is helping another with either short-term work issues or long-term development: Their relationship, a learning relationship, is crucial in releasing potential and producing results. One person becomes a trusted and faithful guide for another on a journey of personal, professional and career development which may last for many weeks or months or only for one meeting. However the objective is the same: to help someone to achieve change which hey value. In this way, coaching and mentoring helps an individual to be strategic and proactive in their work and career”. (Connor & Pokora, 2007) pp. 24-25. 7 “Des Weiteren fungiert in beiden Methoden der Coach oder Mentor als Zuhörer und Gesprächspartner und regt seinen Klienten dazu an, eigene Lösungen zu finden und so die eigene Handlungskompetenz zu erhöhen. Die Beratungsbeziehung basiert dabei auf dem Prinzip der Freiwilligkeit und Vertraulichkeit und versteht sich als <Hilfe zur Selbsthilfe>“. (Graf & Edelkraut, 2014) p. 8. 8 Cfr. (de Jong, Janssen, & van Vuuren, 2015)p. 2. 9 Per un’analisi delle ulteriori ragioni di impedimento all’adozione di Programmi di cross-mentoring si leggano le riflessioni del Focus Group istituito nell’ambito della Henley Learning Partnership presso la Henley Business School di Reading (GB), http://www.henley.ac.uk/executiveeducation/henley-partnership/ in (Cranwell-Ward, Bossons, & Gover, 2004), p. 38-40. 10 Si pensi al settore delle professioni sanitarie, in cui gli infermieri dei paesi in via di sviluppo beneficiano del mentoring di medici operanti nei paesi a sviluppo avanzato. In questi casi Il mentoring a distanza può funzionare attraverso alcuni accorgimenti che riguardano la fissazione di obiettivi ed aspettative chiare, e la pianificazione dei tempi e dei metodi per una 84 connessione adeguata. Cfr. (Lach, Hertz, Pomeroy, Resnick, & Buckwalter, 2013) Viene anche suggerita l’opzione di un primo incontro faccia a faccia e la successiva costante condivisione di informazioni personali e di esperienze reciproche. Cfr. (Lasater, Young, Mitchell, Delahoyde, Nick, & Siktberg, 2014). 11 In questo caso fino alla data di chiusura della seconda pubblicazione di questa guida, al 15 settembre 2015. Non tutte le pubblicazioni sono esaminate sono state citate nella bibliografia in cui compaiono unicamente quelle di più diretta pertinenza allo progetto. Per un elenco completo delle pubblicazioni è possibile consultare il sito web alla sezione bibliografia completa. 12 “In sum, the results of our meta-analysis provide substantial evidence for mentor benefits associated with mentoring. Further, we found interesting differences in associations between the different kinds of mentoring functions and mentor outcomes. Still, given the smaller number of correlations for many of the outcome variables studied, much research needs to be conducted to extend our findings for enhancing both theoretical and practical understanding of the mentor's perspective and needs in mentoring”. (Ghosh & Reio, 2013). p. 114. 13 (Eller, Lev, & Feurer, 2014) 14 (Hu, Baranik, & Wu, Antidotes to dissimilar mentor–protégé dyads, 2014) 15 Più che di effettiva similitudine occorrerebbe parlare di similitudine percepita. Indipendentemente dagli effettività comuni/simili tratti di personalità, la ricerca suggerisce che la similarità percepita è 16 “The idea that personality plays substantial part in interpersonal processes and outcomes, such as mentoring receipt, adheres to the dispositional perspective to organizational behavior (…). The dispositional view asserts that enduring dispositional traits, such as personality, determine individual outcomes across situations and settings, and through time. With respect to the present theme, this means that individuals with similar personality profiles must show consistency across settings and over time in the extent to which they receive mentoring. Hence, information on one's personality can enable the informed prediction of whether this individual will develop mentoring relationships”. (Bozionelos, Bozionelos, Panagiotis, & Kostopoulos, 2014) p. 172. 17 “The traditional image of a mentor perpetrated the misconception that mentors are usually more mature and experienced people, who pass on their 85 knowledge and skills to help their protégés up the corporate ladder. This notion fixes the roles into a learner–teacher hierarchy and counters our value of equality and the idea that the process is mentee-driven” (Law, 2013) cap. The Meaning of Mentoring. 18 “Leaders who mentor effectively transfer their knowledge and expertise back into their organizations. They nurture the alignment between employee aspirations and organizational imperatives, and they create depth and loyalty within the organization. They help employees and organizations realize their hopes for each other. Mentors help to develop the leadership capacity of their mentees while increasing their own skills. If they take mentoring seriously and handle it effectively, their impact can be profound”. (Hart, 2009). 19 Cfr. (Kao, Rogers, Spitzmueller, Lin, & Lin, 2014). 20 Quella di fornire in modo corretto il proprio riscontro (feedback) è ritenuta da alcuni autori una delle competenze principali richiesta per svolgere l’incarico di mentor. “Giving feedback is high on the list of mentor roles, and in fact may be the most ‘skilful’ (…). Inherent here is the dilemma of how to give advice in ways that are palatable and catalytic or ‘affirming, non-threatening, and, at the same time, effective’ (…). Feedback should not become a ‘monologue’ (…) or simply a process of transmission by the mentor (…). Rather, mentors should collaborate and encourage reflection in dialogue with their co-inquirers (…)”. (Smith & Lewis, 2015) p. 141. 21 Cfr. sul punto i risultati degli studi condotti dalla Henley Learning Partnership della Henley Business School di Reading (GB), in (CranwellWard, Bossons, & Gover, 2004), p. 53. 22 “The stakes are high. For example, it was reported that poor mentoring contributed to infant deaths after cardiac surgery at the John Radcliffe Hospital in Oxford.5 Hence, getting the meanings and definitions right matters. All institutions should take note that mentoring is not about performance management. For mentoring to be successful, there must also be a supportive and facilitative environment within the institution”. (Lakhani, 2015) p. 758. 23 “Choosing a mentor is a crucial component of mentorship. Assigning mentors randomly, or taking into consideration the desires of only one of the parties puts the relationship at risk from the very beginning; however, having the agreement and commitment of both parties may be very important to see the pair through any rough times that develop during the relationship. 86 Shared values are one of the keys to successful mentorship. There are many examples of this, and such values include compensation, commitment to job or family, time commitments, work ethic, promotion issues, and so forth. It is not that both must agree on every value enumerated, but shared core values will be important to the success of any mentoring relationship. On occasion, it may be that core values are not aligned and that significant differences surface over time. It will be important for both parties to be sure that diversity recognition supplants the advantages of shared core values for the relationship to still be viable”. 24 Mentee assignment to a mentor in a formal program varies greatly as mentors and mentees go through a match-making process. Both mentors and mentees may review profiles of each other and select each other, or program managers may match mentors and mentees (…). Irrespective of the process, a good formal mentoring program would require both parties to discover the relationship and assess the suitability of the mentor–mentee match” (Memon, Rozan, & Kamariah, 2015) pag. 3. 25 „Die Überlappung der Konzepte Mentoring und Coaching resultieren aus den thematischen Schwerpunkten, die sowohl bei Mentoring als auch bei Coaching gesetzt werden: „Arbeitsaufgaben, Karriereberatung, Beziehungsgestaltung, Rollenklärung, Anregung zum Finden eigener Lösungen zur Selbsterkenntnis, [Weiterentwicklung] der Selbstmanagementund Selbstreflexionsfähigkeiten (..) [und des] Potentials zur eigenständigen Problemlösung (…)“ (…). Insofern kann Coaching eine Teilfunktion des Mentorings sein (…). Dennoch wird eine Linie zwischen Coaching von Mentoring gezogen, wobei das Differenzkriterium die „persönliche Zuständigkeitserklärung“ (…) ist, da sich der Mentor in besonderem Maße verantwortlich für seinen Mentee fühlt (…). Dies äußert sich darin, dass im Gegensatz zum Coaching der Mentor keine monetäre Gegenleistung erwartet und erhält, die Motivation zum Mentoring ist somit zumeist ideeller Natur. Zudem fokussiert Coaching, das zumeist durch einen professionell ausgebildeten Prozessberater ausgeführt wird, der nicht Organisationsmitglied ist, auf die Lern- und Veränderungsanforderungen des Klienten, während Mentoring mehr mit einer persönlichen Unterstützungsfunktion gleichzusetzen ist”. (Voigt, 2013) pp. 145-146. 26 “[…] coaching and mentoring are similar activities and processes. Coaches and mentors often share the same skills and practices. […] I advocate the 87 overlapping and interchanging nature of a coaching–mentoring continuum, not only because it is grounded in a common psychology of learning, but also, and more importantly, because it is more fluid, flexible and adaptable to an individual’s changing needs over time across contexts and cultures”. (Law, 2013) chap. The meaning of Mentoring. 27 Lo schema rappresenta un personale adattamento di quello proposto dallo Henley Mentoring Focus Group. (Cranwell-Ward, Bossons, & Gover, 2004) p. 46. 28 “Examined according to the definitions given above, the four terms identify role relationships that may exist singly or in combinations of two, three, and four for a given protégé. Singly, they are: boss only; sponsor only; coach only; mentor only, as defined above. Combinatorial definitions apply to roles that bring together two or more sets of activities: boss and sponsor; boss and coach; boss and mentor; boss, sponsor, and coach; sponsor, coach, and mentor; boss, coach, and mentor; sponsor and coach; sponsor and mentor. Given the overlapping meanings (and the fact that complex authority relations are involved), one can hardly be surprised that confusion has grown up about whether one of the terms or a combination should be employed. In light of the generally recognized importance of mentor– protégé relationships (and the untoward effects of confusing them with other important relationships), professional consultants and senior managers would be well-served to use the several terms with care and precision.” (Alderfer, 2014) p. 8. 29 “Mentoring wird im Business-Kontext beinahe emphatisch für viele Zwecke für brauchbar gehalten und daher oft überschätzt. So gilt es vielfach als Unterstützung bei der Karriereentwicklung, als Hilfe bei der Kommunikation von Werten im Unternehmen, zur Verbesserung von Recruitment und Retention-Maßnahmen, zur Entwicklung eines inklusiven Umfeldes und zur Erweiterung von Netzwerken, zum Empowerment der Beschäftigten, um JobZufriedenheit, Entscheidungsfindung und Leistungsfähigkeit zu verbessern und als Möglichkeit, den Wissenstransfer zu steigern (...). Grundsätzlich gilt Mentoring zunächst als geeignetes Mittel zur Führungskräfteentwicklung (...) und Nachwuchsförderung, des Weiteren auch als unterstützende Beziehung auf „senior level“ für „executives and directors“, vor allem, weil es die Reflexionsfähigkeit fördert (…) sowie zur Integration spezieller Gruppen in die Organisation, s. Diversity-Mentoring„. (Höher, 2014) pp. 85-86. 88 30 “This [study] considers the emerging practice of formal workplace mentoring and reports on how company-initiated mentoring programs have become the latest trend in a long line of communication techniques used by human resource managers to engage employees and potentially resolve a wide range of motivational, developmental”. 31 “Workplace spirituality has become the focus of several major business organizations and scholars. Research has found spirituality to bemost beneficial when fostered at the individual rather than collective level […] As spirituality has been previously linked to a number of organizational outcomes, and mentoring support is related to protégé spiritual well-being, it makes sense that a spiritually-supportive mentoring relationship may help to encourage positive results. Spiritual mentoring may help to ameliorate a number of human relations and human resource management issues. Spiritual mentoring is likely to bring about a protégé's sense of fulfillment, job satisfaction, and job involvement, thereby allowing the supported member to ultimately feel higher levels of commitment to the job and to the organization. Together, these positive sentiments, along with the continuation of spiritual mentoring, may bring about higher levels of creative problem-solving and engagement in prosocial, extra-role behaviors”. (Weinberg & Locander, 2014) p. 392 e p. 405. 32 “Noi siamo soliti pensare che questo mondo favorisca quelli <con il pelo sullo stomaco>, I <duri>, gli individui <senza scrupoli> nel prendere decisioni e che nella concorrenza <non si fanno prigionieri>. Gli stereotipi sono senza fine. Invece, sembra che al cuore della moderna impresa concorrenziale stia, quale principale fonte di successo, la coesione sociale creata dalla cooperazione. Le aziende che godono di un duraturo successo sono quelle che, promuovendo lo spirito cooperativo dei dipendenti, traggono benefici dal loro impegno”. (Buchanan, 2008) p. 190. 33 Per qualità di chiarezza e sintesi si propongono i capitoli 10 (“la scoperta dell’uomo sociale nelle organizzazioni”) e 12 (“la motivazione lavorativa e la scuola delle risorse umane”) in (Favretto, 2010). 34 L’analisi della relazione di mentoring attraverso gli strumenti della OST (organizational support theory) ed il suo perno centrale definito POS (perceived organizational support) è stata condotta in un recente studio (Hu, Wang, Yang, & Wu, 2014). Secondo questa teoria, quando l’organizzazione si occupa del benessere dei propri membri, o è comunque questa la percezione diffusa, si instaura un rapporto di reciprocità sulla base del quale 89 anche i membri si occuperanno nel benessere dell’organizzazione nel suo complesso con un impegno minore o maggiore a seconda, appunto, del livello di supporto percepito (POS). Poiché i dipendenti personificano l’organizzazione in cui lavorano, i comportamenti dei soggetti con maggiore potere o di status più elevato (quali i mentor) sono percepiti come diretta espressione dell’organizzazione stessa. In questo senso, l’introduzione di programmi di mentoring contribuisce ad elevare il grado di POS dei dipendenti, i quali percepiscono simili interventi formativi come espressione della volontà dell'organizzazione di investire risorse in loro e di sviluppare un rapporto positivo di lungo termine. Il messaggio che traspare è quello di un’organizzazione che intende prendersi cura del benessere dei propri membri. Dallo studio emerge peraltro che i mentor con uno spiccato altruismo sono più sensibili ai bisogni del proprio mentee, e rafforzano il grado di POS dei collaboratori, più di quanto lo facciano tradizionali strumenti di riconoscimento aziendale come gli incentivi o altri rewards. Ed ancora, i mentor con personalità altruistica sono più invogliati ad aiutare il proprio mentee senza l’aspettativa di ricevere benefici in cambio. 35 “[…]company-initiated mentoring programs have become the latest trend in a long line of communication techniques used by human resource managers to engage employees and potentially resolve a wide range of motivational, developmental or employee-related issues”. (Harris & Short, 2014), pag. 133. 36 “Encouraging and rewarding mentoring not only between supervisors and subordinates, but also among peers may be another way to create a positive developmental climate (…). Efforts such as these that emphasize the importance of developing collaborative, cohesive, and supportive work groups may payoff in less subsequent turnover and higher employee performance”. (Spell , Eby, & Vande, 2014) pp. 290-291. 37 “In times of increased workplace change and uncertainty mentoring can help to build morale, promote job satisfaction and improve levels of retention. Importantly for skilled vocational settings, mentoring allows organizations to utilize the skills of experienced staff by encouraging the transfer of tacit knowledge to mentees who may be new to the organization”. (Short & Harris, 2014) p. 99. 38 “The two-dimensional framework does not include the role modeling function (…). Thus the role modeling function of mentoring in early organizational behavior studies was treated as part of the psychosocial 90 support function (…). However, the importance of the role model function was highlighted in the development of the concept of mentoring. Frequent contact in the process of mentoring makes a mentee spontaneously respect his or her mentor as a role model. Therefore, this function was eventually recognized as a single dimension. As a result, role modeling has since been separated into its own category as one of the fundamental functions of mentoring (…). Mentors act as facilitators for mentees by providing role models. The role models demonstrate enhanced job competency and professional undertaking of assigned duties (…). This function can also have a wider effect on the workforce, because in following the example of their mentors, the mentees may share the know-how, experience, and professionalism they have received with the other employees. As a result, a mentee may serve as an exemplary person to enhance the staff’s effectiveness and quality of service”. (Seongseop, Imb, & Hwang, 2015) pag. 70. 39 (Perchiazzi, 2009) (pag 47) 40 “Questi gap, se non governati, rischiano, a seguito delle differenti reciproche aspettative, di inibire una comunicazione efficace tra le parti. Di bloccare il processo di mutuo riconoscimento indispensabile per lo sviluppo di un terreno comune di apprendimento. Sempre più i processi di apprendimento si spostano dalla conoscenza verso l’essere”. (Crescenzi & Gironi, 2013) p. 54. 41 “Research has shown that computer games and other virtual environments can support significant learning gains because they allow young people to explore complex concepts in simulated form. However, in complex problem-solving domains, complex thinking is learned not only by taking action, but also with the aid of mentors who provide guidance in the form of questions, instructions, advice, feedback and encouragement. […] These results have the potential to influence the design, implementation and assessment of virtual environments by showing that that mentoring via chat can be as effectiveas mentoring face-to-face in appropriately structured contexts”. (Bagley & Shaffer†, 2014)p. 1 e p. 14. 42 (Senge, 2006) pp. 26-27. 43 Queste le conclusioni di uno studio del 2014 su programmi di mentoring condotti principalmente in Canada e Stati Uniti. Cfr. (Schwartz, et al., 2014), p. 212 44 (Senge, 2006) p. XIV. 91 45 Cfr. (Senge, 2006) p. XVI. Le 5 regole sono integralmente trascritte da (Mella, 2007), punto 3 della prefazione. 47 “Although each of these studies made a great effort in explaining one's willingness to mentor, a limitation of a social exchange approach is that it fails to take relational motivations into account (…). Kram (1985) stated that both instrumental and psychological needsmay drive mentors to help others”. (Janssen , van Vuuren, & de Jong, 2014) p. 267. 48 “A more difficult situation is when a mentee encounters a bad mentor and needs to unilaterally terminate the relationship. A bad mentor may misinterpret a mentee’s potential, fail to define appropriate professional and personal limits, or even take credit for the mentee’s work. Competition between mentors and mentees can be a major contributor to a failed relationship. Other qualities of a bad mentor include inappropriate praise or criticism, disregard for the mentee’s opinions, and unethical and, rarely, immoral behavior. Major negative qualities include exploitation, secrecy, and dishonesty. The mentee will very carefully need to seek the advice of a more senior colleague, possibly at a different institution, and may need the advice of multiple colleagues to effectively manage ending an ineffective mentoring relationship. Care should be taken to gain the trust of the colleague from whom the mentee seeks advice while maintaining professionalism with regard to the issues of concern”. (Sanfey, Hollands, & Gantt, 2013), p. 719. 49 Tra gli elementi che caratterizzano la qualità di un rapporto di mentoring viene preso in considerazione il PMA (protégé-mentor agreement), che definisce in sostanza il livello di convergenza con il quale le parti valutano il mentoring stesso: più vi è sintonia tra le aspettative e le valutazione di entrambe le parti sul progetto di mentoring, maggiore sarà anche il livello di sostegno psicosociale che sarà scambiato nel rapporto. “Protégés and mentors who hold a shared view of the relationship may be more likely to understand the needs of the other, be more open to receiving and understanding feedback from the other, and be more likely to make the attitudinal and behavioral adjustments required to ensure a continued relationship”. (Waters, 2004) pp. 520. Uno studio australiano del 2004 si era occupato di verificare in che modo il sostegno psicosociale all’interno del mentoring, si riverberasse sul risultato complessivo della formazione, concludendo che: una visione condivisa (PMA) del livello di sostegno psicosociale che le parti sono disposte a scambiare nel mentoring è 46 92 direttamente e positivamente collegato ad un successivo incremento principalmente di due parametri, quali la soddisfazione sul lavoro e la misura dell’impegno personale nell’organizzazione. “The extent to which protégés and mentors agree about the level of psychosocial support being provided in their relationship is an important factor for work outcomes”. (Waters, 2004) pp. 530. 50 “Of particular interest is mentors’ altruistic personality, which refers to the extent to which individuals are predisposed to caring and helping others such as supporting their protégés. Individuals high in altruistic personality are also more likely to feel socially obligated to fulfill justified needs of others (…) To provide a nurturing mentoring relationship, the mentor needs to go above and beyond formal job requirements, usually without immediate benefits or payoff. Even in a formal mentoring program, there is usually no “job description” for being a mentor, and there is a great variation in mentor behaviors and interactions with their protégés as well as the extent of mentoring functions protégés receive from their mentors (…) Therefore, mentoring is often considered a form of prosocial behavior within the organization. Altruistic individuals tend to show concern for others and engage in helping behaviors without strong extrinsic incentives such as company rewards (…). Therefore, we argue that mentors’ altruistic personality, which captures the prosocial aspect of an individual’s propensity to help other people, can be a meaningful moderator of the relationship between mentors’ POS and mentoring functions protégés receive. (…), altruistic individuals are less inclined to evaluate personal costs and benefits when processing and acting on social information. In the context of mentoring, mentors high in altruistic personality are likely to be more sensitive to the social information relevant to their protégés’ needs and serve the role of a mentor that fits the social expectation, rather than acting on external incentives or motivation such as the extent of support they receive from their organization. They are more likely to help and care for their protégés without the expectation of receiving benefits in return (…).That is, altruistic motivation is salient for mentors with a high level of altruistic tendency, and such motivation will drive these mentors to display prosocial behaviors toward protégés through mentoring”. (Hu, Wang, Yang, & Wu, 2014), p. 26. 51 “[…] emotional stability personality disposition was found to be a positive significant predictor of career resilience. This implies that those protégés, 93 who exhibit greater self-control, remain calm and composed and regulate their emotions, are higher on career resilience”. (Arora & Rangnekara, 2015), pag. 25. 52 Questo è quantomeno ciò che emerge da un ampio studio condotto nelle imprese manifatturiere indiane e pubblicato lo scorso 2014. Cfr. (Sushmita, 2014). 53 “Our study describes the results of a comparison between the speedmentoring process and a conventional procedure conducted in 2010 when a cohort of students chose their mentors according to their online profiles. We conducted: (i) a survey (six items that illustrate characteristics of the mentoring relationship using a 1–6-point Likert scale) among both mentoring cohorts after they had each participated in a mentoring programme for 6 months, and (ii) focus groups with mentors and mentees in order to gain an in-depth understanding of speed mentoring as an innovative matching method. What lessons were learned? Twenty-nine of 37 (78.4%) students in the online-profile cohort and 35 of 37 (94.6%) students in the speed-mentoring cohort completed the survey after 6 months of mentorship. Overall, the ratings of mentees in the speed-mentoring cohort were substantially higher than those of students in the online-profile cohort. An analysis of the longevity of the mentoring relationship indicated that more than a third of students in the online-profile cohort quit mentoring after 1 year. In comparison, only one of 37 students in the speed-mentoring cohort resigned from the mentor– mentee relationship. Six mentors and eight mentees participated in separate focus groups. According to both groups, speed mentoring largely benefits from its efficiency and the fact that it allows participants to make comparisons among candidates. Furthermore, the timeframe facilitated a focus on important issues, including academic interests as well as personal similarities. The expectations of both parties were made clear. Thus, speed mentoring served as a valuable aid in decision making. Nearly all of the focus group participants were convinced that a speed-mentoring encounter can provide an excellent starting point for a long-term mentoring relationship. The findings suggest that speed mentoring serves as an efficient tool to initiate long-term mentoring relationships because it overcomes common barriers to successful mentoring, such as a lack of fit between the mentor and mentee”. (Kurré, Schweigert, Kulms, & Guse, 2014) p. 1131. 54 Cfr. (Vermeylen, 2014) 94 55 (Fondazione Sodalitas, 2011) p.7. “Che cos’è la work ability? Il lavoro quale contributo alla salute. Il modo in cui la gente invecchia, la possibilità di continuare la propria attività lavorativa e le condizioni di salute dipendono in larga misura dalle condizioni lavorative. A seconda del tipo di attività svolta e della posizione professionale, l’età assume un peso diverso: se infatti nel settore alberghiero e della ristorazione una persona alla soglia dei quarant’anni si considera “vecchia”, una capomedico della stessa età è ancora relativamente “giovane”. E tuttavia l’età entro la quale le persone possano mantenersi abili al lavoro è un parametro che si può influenzare. L’incremento della presenza di persone in età più avanzata tra la popolazione attiva è peraltro possibile solo se si migliora la qualità del lavoro. […] la work ability è il presupposto indispensabile per poter lavorare e per essere disposti a farlo. L’equilibrio tra ciò che ci viene richiesto (esigenza prestazionale) e ciò che possiamo dare (potenziale individuale) determina la nostra vita privata e soprattutto quella lavorativa. La work ability e il mantenimento nel medio e lungo periodo di questo equilibrio sono anche il presupposto per poter lavorare più a lungo e meglio. […]. (Pramstrahler, 2012) pp. 1-2. 57 Le organizzazioni più avanzate ritengono cruciale conciliare le azioni a favore dei talenti con quelle indirizzate ai senior. Focalizzare l’attenzione sui soli talenti infatti rischia di creare scollamenti significativi e andamenti a due velocità. “Lo abbiamo verificato direttamente – precisa Myriam Finocchiaro, della Granarolo Spa – È possibile individuare progetti specifici in grado di rimettere in gioco persone vicine alla pensione, promuovendo la trasmissione di saperi verso i più giovani, a patto di gratificare entrambi i ruoli. Si tratta quasi sempre di azioni di mentoring e di tutoring o, in alternativa e con risultati migliori, di concentrare entrambe le categorie su un progetto sfidante fuori ruolo”. (Toppan & SCS Consulting, 2014) p. 117. 58 “Il mentoring, in questo senso, è uno degli strumenti che permettono di valorizzare entrambe le componenti della popolazione aziendale, favorendo e presupponendo in azienda la creazione di un contesto di cross learning attraverso il quale, figure di età e storie professionali e personali diverse possono incontrarsi, approfondire, integrare. La possibilità di strutturare percorsi in terni di mentoring può diventare un’opportunità per trasferire i saperi, migliorare la definizione dei compiti e dei ruoli, nonché per sviluppare una leadership consapevole. Il mentoring è uno strumento organizzativo che può essere utilizzato per accogliere, inserire nella cultura organizzativa, far 56 95 crescere i talenti e creare un legame tra loro e le organizzazioni”. (Marcaletti, Garavaglia, & Milone, 2014) p. 152. 59 I punti elencati sono la trasposizione di quelli elaborati da M. Rossi nel suo studio sul mentoring e l’age management. Nonostante una trascrizione quasi testuale, vi sono alcuni adattamenti che rispecchiano le convinzioni dell’autore del report. Per consultare la versione originale si veda (Rossi, 2012). 60 “By 2050 the share of elderly people to the total number of population will be more than 30% in 64 countries. Today in more developed countries of the world the age of more than one fifth part of population is 60 years and more, and by 2050, according to forecasts, almost the third part of world population will belong to this age group. In less developed countries there are 8% of elderly people, but by 2050 it is expected that elderly people will make up one fifth part of world population. Modern demographic tendencies lead to labor force shortage. A number of countries, particularly industrially developed countries, are worried about the perspective of labor force shortage due to high speed of population getting old. […] Labor force shortage can be compensated by its usage effectiveness. In current demographic conditions the guidance of young specialists by elderly people can decrease company’s expenses on qualification upgrade of workers and can provide pensioners’ employment. Elderly people must be tutors on managing positions where experience is more important factor which determines working efficiency. Job performance of elderly people, as a rule, is not worse than job performance of their younger colleagues”. (Artcera, Mondello, & Galiegue, 2015) p. 58. 61 Si veda nella bibliografia: (Graf & Edelkraut, 2014) – pubblicazione in lingua tedesca 62 Si veda nella bibliografia:(Perchiazzi, 2009) – pubblicazione in lingua italiana 63 Si veda nella bibliografia: (Connor & Pokora, 2007) – pubblicazione in lingua inglese 64 Si veda nella bibliografia: (Megginson & Clutterbuck, 2007) – pubblicazione in lingua inglese 65 Si veda nella bibliografia: (Malderez, Bodoczky, & Bodóczky, 1999) – pubblicazione in lingua inglese 96