LA VIVISEZIONE

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LA VIVISEZIONE
LA VIVISEZIONE:
COS’È E A COSA SERVE
Per vivisezione s’intende la dissezione anatomica di esseri viventi eseguita a
scopo di studio e ricerca. Si tratta quindi di un tipo di sperimentazione effettuata su animali di laboratorio che porta alterazioni a livello anatomico o funzionale. In senso più ampio il termine vivisezione è usato anche per definire
tutti quei tipi di test che usano soggetti viventi animali come l’esposizione a
radiazioni, o l’inoculazione di sostanze chimiche, di gas, batteri, virus, ecc. I
test più diffusi consistono nell'
indurre su un campione animale specifiche patologie o addirittura stati di stress mediante sofferenza provocata per verificare la reazione dei soggetti ai farmaci e cure da testare.
Gli animali da laboratorio utilizzati nella vivisezione possono essere di numerose specie. Cavie e topi, per la loro fecondità e la
similarità con l'
uomo rispetto ad alcune funzioni biologiche, sono un soggetto tipico; ma
esperimenti che coinvolgono la vivisezione
vengono frequentemente eseguiti anche su
scimmie, cani, cavalli, nonché invertebrati
come insetti e così via. Nella maggior parte
dei casi, gli scopi della vivisezione hanno a
che vedere con la ricerca nei settori
farmaceutico, biomedico, fisiopatologico e
così via. Rispetto all'
utilità della vivisezione,
la posizione della comunità scientifica è, sia
pure con molti distinguo, prevalentemente
favorevole.
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Per esempio Rita Levi Montalcini, premio Nobel nel 1986, trovandosi per caso presente ad una manifestazione antivivisezionista, ha osservato che molti
dei manifestanti dovevano la propria vita, indirettamente, alla vivisezione. Vi
sono tuttavia, anche all'
interno della comunità scientifica, posizioni fortemente
critiche verso la vivisezione, che denunciano la fallacità delle conclusioni ottenute con la sperimentazione sugli animali.
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COSA DICONO LE STATISTICHE
Secondo le statistiche ufficiali (spesso
inattendibili per difetto) solo in Europa la
vivisezione comporta trattamenti medici
traumatici su circa 12 milioni di animali
all’anno, con il decesso accertato di circa
1 milione di essi. 17 milioni sarebbero gli
animali sacrificati ogni anno nei centri di
ricerca degli Stati Uniti. In Italia risulta
che ogni anno oltre un milione di animali
vengano impiegati per fini scientifici o
sperimentali.
Dai dati forniti dal Ministero della salute, e pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale,sugli animali utilizzati in Italia per fini scientifici o sperimentali emerge una
barbarie legalizzata. Tra il 2001 e il 2003 questi sono stati ufficialmente
2.735.042. In particolare 923.594 nel 2001; 924.889 nel 2002; e 886.559 nel
2003. I numeri sono peraltro parziali perché dall’elenco del Ministero mancano i numerosissimi casi illeciti, nonché tutti i casi relativi a informazioni “che
rivestono un particolare interesse commerciale”. Ad esempio il ministero non
dà conto di tutti gli animali utilizzati per gli esperimenti delle case farmaceutiche. Non vengono poi contati gli animali geneticamente modificati che nascono sofferenti a causa della manipolazione genetica e magari muoiono poco
dopo senza mai essere usati o che nascono morti. Una stima più realistica fa
quindi pensare che gli animali soggetti a vivisezione nel periodo 2001-2003
siano stati più di 3 milioni e 500.000, e che almeno 45.000 animali muoiano
ogni anno sfigurati da rossetti, intossicati da profumi, bruciati da creme o saponi, tormentati da elettrodi e sonde infilate nel cranio.
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IL BUSINESS DELLA VIVISEZIONE
Da anni le associazione animaliste denunciano il business della vivisezione.
Sulla vivisezione prospera infatti un’industria per la quale la prova sugli animali è un certificato di garanzia per tutte le sostanze chimiche, per tutti i veleni che vengono immessi nell’ambiente naturale. Ma accanto all’industria farmaceutica e a quella dei cosmetici, prospera l’industria parallela dell’ allevamento e della vendita di animali destinati alla vivisezione. Per conoscere le cifre del mercato della vivisezione, basta cliccare sul sito della Harlan
(www.harlan.com), che pubblicizza prezzi e prodotti. Un beagle di sei mesi
costa 473 euro, un gatto di nove 526. I topolini vanno da un paio di euro a oltre 70 per una femmina gravida. Dello stesso tenore il sito della Charles River
(www.criver.com), che fornisce più di 55 alterazioni chirurgiche sui roditori.
L’acquirente può scegliere tra animali transgenici, ibridi, mutanti, sottoposti a
operazioni, femmine gravide o con nidiata.
Molte di queste “ditte” operano anche in Italia, perché si tratta di multinazionali. Ma nel nostro paese fiorisce soprattutto un mercato in nero costituito da
piccoli allevamenti clandestini non apertamente destinati alla vivisezione. Tra
le multinazionali più fiorenti si può citare la Covance Inc. una multinazionale
britannica specializzata in vivisezione. Ha filiali in 18 paesi, 6000 dipendenti,
un fatturato di circa 900 milioni di dollari. Lavora per conto di 50 imprese farmaceutiche e biotech, Alleva e vende cani, conigli, porcellini d’India, topi,
maiali, scimmie e ha anche brevettato una razza di cani, il mini-meticcio destinato esclusivamente alla vivisezione. La sua filiale tedesca, a Munster è il
laboratorio che in Europa fa il maggior uso di primati non umani: 2000 tra
macachi e scimmiotte tropicali. Vengono svolti test di tossicità, studi sul cancro e istopatologia.
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I test eseguiti specificamente per i prodotti cosmetici sono solo una parte dei
test di tossicità e le associazioni antivivisezioniste si stanno impegnando per
ottenerne l’abolizione in tempi brevi non
perché questi test siano più inutili o più
condannabili dal punto di vista dell’etica
o dal punto di vista scientifico, ma perché, per il “sentire comune” sono meno
giustificabili di altri test. In effetti le ricerche sui cosmetici non possono essere
presentate come indispensabili per il
progresso della scienza, al contrario di
quanto dichiarato dai vivisettori per
quanto concerne ad esempio la farmacologia.
Ad essere normalmente testate su animali sono tutte le nuove sostanze chimiche che costituiscono il prodotto. La
stragrande maggioranza dei prodotti
cosmetici finiti non è testato su animali
perché non è obbligatorio per legge
(prima della loro messa in commercio).
Fanno eccezione i prodotti di alcune
grosse multinazionali (p.e. la Procter &
Gamble”) che dichiarano di testare anche i prodotti finiti per garantire ai consumatori una maggiore sicurezza, mentre in realtà lo fanno solo per avere ulteriori dati di tossicità dei loro prodotti, da
utilizzare in eventuali processi intentati
dai consumatori. Da un punto di vista etico, chi sostiene questo business afferma che è meglio sacrificare degli animali se questo serve a salvare qualche vita umana. Chi si oppone, invece,
replica che non si deve scegliere tra
due mali, specie se il prezzo di questa
scelta è comunque la sofferenza inflitta
a un essere vivente.
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NECESSITÀ SCIENTIFICA O
BARBARIE LEGALIZZATA?
Il legislatore, dopo anni di silenzio sul tema, si è finalmente sentito in dovere di dettare una disciplina capace di trovare un ragionevole compromesso tra la
tutela della libertà della ricerca e
l’accoglimento delle obiezioni
che si sono levate contro la vivisezione da parte di associazioni
animaliste e di settori dello
stesso mondo scientifico.
Per il codice civile gli animali sono solo dei beni, e vengono pertanto trattati
alla stregua di semplici cose. Il fatto che siano esseri viventi è stato per diversi decenni giuridicamente irrilevante. Solo recentemente, grazie alla pressione esercitata dalle associazioni antivivisezioniste, col decreto legislativo n.ro
116 del 1992 è stata introdotta una disciplina specifica sulla sperimentazione
animale. Secondo l’interpretazione datane dalla Consulta, tale legislazione bilancia attentamente il doveroso rispetto verso gli animali sottoposti a sperimentazione con l’interesse collettivo alle attività di sperimentazione che siano
ritenute indispensabili (Corte Costituzionale, sentenza 7 giugno 2004, n. 166).
In particolare, si vieta la sperimentazione senza anestesia, come pure quella
su primati ed animali d’affezione. Purtroppo i divieti sono seguiti da deroghe
che di fatto li rendono facilmente aggirabili. Si prevede infatti che gli esperimenti su animali possano essere eseguiti soltanto quando, per ottenere il risultato ricercato, non sia possibile utilizzare altro metodo scientificamente valido e applicabile, che non implichi l'
impiego di animali. A questo si aggiunge
che quando non sia possibile evitare un esperimento, si deve documentare
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alla autorità sanitaria competente la necessità del ricorso ad una specie determinata e al tipo di esperimento. Il problema fondamentale della normativa
è che essa consente proprio ai vivisettori di "autocertificare" la necessità degli
esperimenti che loro stessi propongono.
Per quanto concerne i controlli, la legge prevede un'
autorizzazione iniziale
che lo "stabilimento utilizzatore" (cioè la struttura in cui si compiono esperimenti su animali) deve richiedere al Ministero della Salute prima di iniziare la
sua attività. Essa viene concessa dal Ministero se la struttura, le dotazioni e il
personale dello stabilimento utilizzatore soddisfano alcune condizioni previste
dalla legge, ma in questa fase non viene affrontato il problema di quali esperimenti vi saranno effettuati. Dopodiché, ottenuta la suddetta autorizzazione,
ogni struttura deve semplicemente limitarsi a "comunicare" quali esperimenti
intende compiere e non deve attendere alcuna risposta o permesso specifico
da parte del Ministero. Solo se lo stabilimento utilizzatore intende usare cani,
gatti e primati non umani o vuole eseguire esperimenti senza somministrazione di anestesia, il Ministero dovrebbe esaminare la richiesta e autorizzarla
espressamente.
Per le trasgressioni degli obblighi e dei divieti, la disciplina in vigore prevede
solo sanzioni pecuniarie, che generalmente hanno rilevanza amministrativa
(multa); una sanzione di carattere penale, sempre sotto forma monetaria, è
prevista qualora i vivisettori vengano condannati ai sensi dell’art. 727 del codice penale per maltrattamento sugli animali.
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LE SPERIMENTAZIONI ALTERNATIVE
E L’ANTIVIVISEZIONISMO SCIENTIFICO
L’analisi effettuata dalla LAV su centinaia di protocolli sperimentali inviati al
Ministero della Salute prima di apprestarsi a svolgere esperimenti su animali
dimostra un grave inadempimento da parte degli utilizzatori. Infatti non uno di
tali protocolli riporta una relazione dettagliata sul perché nel caso specifico
non si possa ricorrere a metodi alternativi alla vivisezione, come ad esempio
la sperimentazione su culture cellulari. Eppure, come risulta dal rapporto LAV
2004, emerge un importante dato: il 40% degli animali viene ucciso col solo
scopo di allestire colture cellulari; se al posto di questi venissero impiegati
tessuti umani provenienti da biopsie, interventi chirurgici di vario tipo o da cadavere, si risparmierebbe la vita a migliaia di animali ogni anno.
Naturalmente, sulla necessità della vivisezione ciascuno è libero di pensarla
come crede. Ma a favore di un suo
progressivo abbandono esiste un dato
scientifico incontrovertibile: oggi vi sono e vengono continuamente studiate
sperimentazioni alternative a quelle
sugli animali. Dal 2003 anche l’Italia è
dotata di un organo per la diffusione di
metodi alternativi.
Si tratta dell’IPAM (Italian Platform on Alternative Methods) costituita da quattro aree di interesse: istituzioni,industria, mondo scientifico, organizzazioni animaliste. Il suo scopo è quello di dare impulso all’ulteriore sviluppo di metodi
alternativi alla sperimentazione animale in Italia. Esiste quindi una istituzione
nazionale, attraverso la quale è possibile incoraggiare finanziamenti che va59
dano a sostenere una ricerca alternativa a quella che per buona parte viene
impiegata su esperimenti su animali. Attualmente sono stati validati dieci test
alternativi, di cui alcuni totalmente esenti dall’impiego di animali (replacement) applicabili ai test chimici. Altri prevedono un impiego di animali molto
ridotto (reducement) con l’applicazione di tecniche meno invasive. Tra i metodi scientifici più significativi occorre citare le colture cellulari:le cellule possono essere ottenute sia dai tessuti sani sia patologici e una volta messe nel
terreno di coltura possono continuare la loro attività per parecchi mesi. Importanti sono poi i metodi non biologici come epidemiologia e statistica.
Accanto ad un puro antivivisezionismo etico, si è dunque ormai affermato anche un forte ed autorevole antivivisezionismo scientifico. Questo si sforza di
dimostrare che i test effettuati su animali, oltre che inutili e cruenti, spesso
sono fuorvianti, in quanto spesso offrono risultati inattendibili. È infatti ragionevole presupporre che animali di specie diverse risponderanno in modo diverso ad un dato stimolo, trattamento o somministrazione. Se ogni specie animale è biologicamente, fisiologicamente, geneticamente e anatomicamente
differente dalle altre, allora anche presso la comunità scientifica la validità
della vivisezione non può sempre essere considerata come un dogma assoluto. Le profonde difformità tra noi e le specie animali sottoposte a vivisezione, possono quindi causare anche gravi errori, proprio ai danni dell’uomo.
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