Acqua madre

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Acqua madre
Acqua madre
indispensabile, preziosa,
inalienabile
“Laudato sii mii Signore per sorella acqua, la
quale è molto utile, umile, pretiosa et casta……”
Il corpo di tutti gli organismi viventi è composto in gran parte da acqua, con
percentuale variabile dal 70% a oltre il 90%, ….. Non è dunque una licenza
poetica chiamarla Madre …..
Ma di tutta l’acqua presente sulla terra solo una piccola parte può essere
direttamente utilizzata per bere, per coltivare la terra e per produrre i beni
di cui abbiamo bisogno: l’acqua dolce, cioè meno del 3% del totale.
In questo preciso momento le risorse idriche di molti territori si stanno
rapidamente esaurendo, minate, da una parte, dallo sfruttamento
sconsiderato delle falde e dei corsi d’acqua superficiali e, dall’altro, dai
cambiamenti climatici in atto, ormai noti a tutti come “global warming” o,
nella nostra lingua, “riscaldamento globale”. Di entrambi i fenomeni
siamo direttamente responsabili
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Il ciclo dell’acqua
Deforestazione e cambiamenti climatici
Usi e consumi odierni
Acqua e agricoltura
Acqua e industria
Inquinamento dell’acqua
Salinizzazione
Desertificazione
L’acqua che scompare
I conflitti per l’acqua
La privatizzazione delle acque
L’acqua potabile
Quanta acqua richiedono i prodotti che consumiamo?
Cosa possiamo fare?
Qualche consiglio utile
Da “clic & go”
Poseidonia Edizioni
• Sotto l’azione del calore
solare le acque di
oceani, mari, laghi ecc..
evaporano lentamente..
• ….Altro vapore è
prodotto dalla
traspirazione delle
piante
• Il vapore acqueo si
condensa in nubi e e
ricade sul globo
terrestre sotto forma di
pioggia, neve, grandine
• Le precipitazioni in
parte alimentano
l’idrografia
superficiale, in parte
si infiltrano nel
sottosuolo
alimentando le falde
acquifere …
•
…… tendono a
tornare infine al
mare che è il
principale serbatoio
di vapore acqueo
Meno del 3% di tutta l’acqua presente
nel pianeta è acqua dolce e di
quest’ultima solo il 31% è realmente
utilizzabile
Deforestazione e riscaldamento
globale: una minaccia al ciclo dell’acqua
L’acqua che utilizziamo proviene in parte dai corsi d’acqua e dai bacini
superficiali, ma in gran parte da falde sotterranee situate a varia
profondità. L’acqua di falda è generalmente la più pura in quanto il
passaggio attraverso il suolo, che avviene in tempi molto lunghi, la
purifica dagli inquinanti chimici e dai microrganismi nocivi che può
contenere.
Durante un evento piovoso, il rapporto tra la quantità di acqua che si
infiltra nel suolo, e quella che scorre in superficie raggiungendo
direttamente gli alvei dei corsi d’acqua, dipende dall’intensità e dalla
durata della pioggia, dalla pendenza del suolo, dalla granulometria del
terreno e dalla interazione tra questa e la copertura vegetale presente.
Ad es. i suoli sabbiosi assorbono l’acqua più rapidamente dei suoli
argillosi, ma, a parità di pioggia caduta, se l’evento piovoso è stato
prolungato ma di bassa intensità la differenza tra la quantità di acqua
infiltrata nei due tipi di suoli è minore di quanto sarebbe per una pioggia
breve ma intensa.
Inoltre se il suolo è coperto da vegetazione, questa svolge tre azioni
benefiche ai fini dell’infiltrazione: attenua l’effetto battente della pioggia,
trattiene l’acqua al suo interno facendola infiltrare lentamente nel suolo,
ostacola l’evaporazione superficiale dell’acqua al termine dell’evento
piovoso, inoltre mantiene un microclima umido sulla superficie del suolo.
La desertificazione, soprattutto nei climi caldi e poco piovosi è la
conseguenza diretta dell’eccessivo disboscamento.
L’aumento della temperatura media
del pianeta, fenomeno di cui oggi si parla
quotidianamente in quanto oramai evidente
a tutti, è determinato, come afferma
ormai unanimemente la comunità scientifica,
dall’aumentata concentrazione di gasserra nell’atmosfera: prima fra tutti la
CO2. La causa principale di tale aumento
sono le emissioni generate dal massiccio
utilizzo di combustibili fossili per la
produzione di energia, la cui combustione
produce CO2 ed acqua. Ma una grossa parte
di responsabilità va anche alla
deforestazione, in quanto le piante sono in
grado di “assorbire”, la CO2 presente
nell’atmosfera, trasformandola in sostanza
organica attraverso la fotosintesi.
Il riscaldamento globale sta
determinando disordini nel ciclo
dell’acqua, con variazioni notevoli
nella distribuzione e nella frequenza
degli eventi piovosi, accentuando
anche i fenomeni meteorologici
estremi: siccità prolungate, piogge
catastrofiche, numerosità ed intensità
degli uragani nelle zone tropicali.
Tutto questo influisce pesantemente
nella disponibilità di risorse idriche.
La siccità in Italia
L’ultimo rapporto periodico della Protezione Civile rilevava come nel periodo settembre 2006aprile 2007 in tutto il nostro paese si evidenziava un deficit delle precipitazioni piovose variabile
dal 10% al 50%, rispetto allo stesso periodo del trentennio di riferimento 1961-1990. A questo
dato si deve aggiungere quello delle temperature medie, di gran lunga superiori alle medie del periodo, ed il
dato allarmante dello scioglimento rapido dei ghiacciai alpini.
Il bacino del Po
Secondo il rapporto della Protezione Civile l’Arpa
Piemonte ha evidenziato, a gennaio 2007, un deficit
pluviometrico medio del 32% rispetto al valore medio
di gennaio.
E’ stata riscontrata inoltre una ridotta copertura
nevosa per lo stesso periodo e deflussi mensili ridotti
in media del 26% rispetto ai valori medi storici.
In Emilia Romagna, le portate fluenti nel Po alla
stazione di misura di Pontelagoscuro (Fe)
ammontavano a metà aprile a 431 m3/s, inferiori ai
valori del 2003 e del 2006 e pari a meno della metà
del valore medio storico di 953 m3/s del periodo 19242007.
Anche le portate del fiume Po nelle stazioni di
Piacenza, Cremona, Boretto, Borgoforte, sono tutte
inferiori a quelle del medesimo periodo del 2003 e del
2006.
Po in secca – aprile 2007
Il bacino dell’Arno
Il bacino dell’Arno grazie alle
precipitazioni dei mesi di febbraio e
marzo, ha ridotto il deficit di piogge,
rispetto alla media stagionale dal 50%
di fine gennaio all’attuale 20%.
Nonostante queste precipitazioni, i dati
raccolti dall’Autorità di bacino dell’Arno
sottolineano che i deflussi medi dei mesi
invernali, relativi al periodo 1981-2007
sono praticamente la metà di quelli del
cinquantennio 1930-1980. In
particolare, gli anni 2006 e 2007 sono
ulteriormente e significativamente al di
sotto della media.
Usi e consumi odierni
• Nel mondo, in media, il 70% dell’acqua complessivamente captata da fiumi laghi e
•
•
falde è assorbita dall’agricoltura;
il 22% è utilizzato dall’industria;
l’ 8% dagli usi domestici.
C’è tuttavia grande variabilità tra queste percentuali, in relazione al livello di sviluppo
dei paesi, in quanto, in quelli ad economia più arretrata, l’agricoltura assorbe la
maggior parte dei consumi ( ad es. in Africa l’88% della risorsa idrica), mentre in
quelli più sviluppati è l’industria a consumare di più (ad es. il 65% della risorsa negli
Stati Uniti).
In Italia, secondo dati di IRSA Cnr (1999), l’agricoltura assorbe il 49% dei prelievi di
acqua dolce, il 21% è utilizzato dall’industria, ed il 19% ha destinazione idropotabile e
l’11% è assorbito dal settore energetico
Per quanto riguarda i consumi veri e propri, ovvero l’acqua effettivamente
consumata in rapporto ai prelievi, si può osservare che l’agricoltura
consuma quasi tutta l’acqua captata, che non viene restituita all’ambiente
perché si infiltra nel terreno, mentre l’acqua assorbita da industria ed usi
civili torna al 90% in circolo, sebbene venga restituita all’ambiente in
condizioni molto degradate.
Acqua e agricoltura
Consumi e sprechi
Secondo Legambiente l’Italia è il paese con la maggiore estensione
agricola irrigata d’Europa, pari a circa 4,5 milioni di ettari. Altri 7,5 milioni
di ettari sono coltivati senza fare ricorso all’irrigazione. La produzione
ottenibile potrebbe sfamare una popolazione di 200 milioni di persone,
mentre la bilancia agroalimentare del nostro paese è in pesante deficit.
Dove finisce tutta la produzione in eccesso? La risposta è semplice e
allucinante al tempo stesso: viene in gran parte distrutta.
C’è da chiedersi chi produce sapendo che non c’è mercato per i propri
prodotti. La risposta è, per i non addetti ai lavori, ancora più sconvolgente:
chi sa che le proprie eccedenze saranno comunque pagate grazie a
sovvenzioni apposite. Da questo punto di vista bisogna però dire che le
cose rispetto a qualche anno fa sono un po’ migliorate, troppo poco però.
La situazione italiana, purtroppo, non è isolata in ambito europeo e
mondiale. Molti altri paesi producono da anni eccedenze alimentari
superiori alle nostre, che costano molto in termini monetari diretti e, cosa
ancora peggiore, in termini di spreco di risorse, idriche soprattutto.
Paradossi
A fronte delle eccedenze alimentari dei paesi
ricchi, in paesi poverissimi, come l’Etiopia, le
già scarse risorse idriche vengono impiegate
per produrre alimenti di nessuna utilità per le
popolazioni locali, ma pregiate per i paesi
ricchi, quali il caffè. La tecnica di produzione
adottata, comporta grande spreco di acqua,
in parte per i metodi di irrigazione non adatti
a quei climi torridi, in parte per la grande
evaporazione diurna dell’acqua distribuita.
Il risultato finale è che per produrre una
tazzina di caffé occorrono mediamente 80
litri di acqua, mentre alle popolazioni locali
manca la produzione agricola necessaria per
sfamarsi e si muore per mancanza d’acqua o
per l’utilizzo di acqua contaminata.
La ragione di questa tragica contraddizione
sta in parte nel fatto che questo tipo di
produzione, pagata in valuta pregiata, porta
nelle casse dei paesi poveri il denaro
occorrente per l’acquisto di beni non prodotti
in tali zone, ed inoltre consente di pagare
almeno in parte gli interessi sull’immane
debito estero contratto con paesi ricchi.
In altri termini funziona così: i paesi ad
economia arretrata chiedono prestiti ai paesi
ricchi e si indebitano. Per pagare gli interessi
sui prestiti che non sono in grado di
restituire, “vendono” parte delle proprie
risorse o, come nel caso descritto, producono
beni pregiati per i paesi ricchi, risicandole
ulteriormente ….poi magari sono costretti a
ricorrere ad aiuti alimentari o di altro genere
indebitandosi ulteriormente …
Situazioni analoghe a quella illustrata
si verificano in molte altre zone del
mondo.
….. e paradossi
I consumi idrici legati alle attività agricole potrebbero comunque essere ridotti di
oltre il 50%, anche a parità di produzione, se venissero utilizzate tecniche di
irrigazione adeguate. Già negli anni sessanta la produzione agricola di Israele si avvaleva
di tecniche dette di irrigazione “a goccia” con microportate di acqua nei pressi delle piante,
che consentivano di produrre agrumi con consumi inferiori a quelli italiani del 70%. Tale
tecnica si è successivamente diffusa ovunque, ma non risulta ancora oggi sfruttata appieno,
neppure in zone dove le risorse idriche risultano gravemente minacciate dagli eccessivi
prelievi. Per fare un esempio, il sistema di irrigazione per aspersione (detto anche “a
pioggia”), il più diffuso nei nostri ambienti, richiede portate elevate che si distribuiscono su
tutto il terreno, ma gran parte dell’acqua, specie durante i periodi più caldi si perde per
evaporazione. I sistemi per microirrigazione, oltre a richiedere portate più ridotte,
distribuiscono l’acqua nella ristretta zona intorno alla pianta, ove arriva l’apparato radicale.
In questo modo, oltre ad prelevare meno acqua si riducono al minimo le perdite.
Acqua e industria
I comparti che usano la risorsa idrica sono l’idroelettrico, alcuni settori industriali per il
raffreddamento degli impianti o per lavorazioni specifiche, il settore agro-alimentare, la
trasformazione dei materiali rocciosi di cava come acque di lavaggio. Come abbiamo visto
l’industria assorbe in media in Italia il 21% dei prelievi, ma il principale problema legato
all’uso dell’acqua per questo settore è l’inquinamento anche molto grave delle
acque reflue che tornano ai corsi d’acqua e al mare.
Nella nostra provincia il settore più inquinante è quello tessile, ma per fortuna, Prato già dalla
fine degli anni ’70, e fra i primi in Italia, si è dotato di un efficiente impianto di depurazione
delle acque reflue, ampliato nel tempo ed attualmente ancora in efficienza: l’impianto gestito
da GIDA in località Baciacavallo
Inquinamento dell’acqua
L’agricoltura, così come l’industria, è responsabile
di gran parte della contaminazione dell’acqua
causata dall’immissione di sostanze quali prodotti
chimici e scarichi di materiali organici che ne
alterano la qualità compromettendone gli abituali
usi. Il danno recato dalle attività agricole è
particolarmente grave perché colpisce le
falde freatiche. Il tempo di ricambio medio
dell’acqua nelle falde è di 1400 anni,
pertanto la loro contaminazione diventa
pressoché irreversibile. Alcuni dei principali
inquinanti idrici sono: le acque di scarico
contenenti materiali organici che per decomporsi
assorbono grandi quantità di ossigeno; parassiti e
batteri; i fertilizzanti e tutte le sostanze che
favoriscono una crescita eccessiva di alghe e
piante acquatiche; i pesticidi e svariate sostanze
chimiche organiche (residui industriali, tensioattivi
contenuti nei detersivi, sottoprodotti della
decomposizione dei composti organici); il petrolio
e i suoi derivati; metalli, sali minerali e composti
chimici inorganici.
Salinizzazione
Un altro fenomeno legato al sovrasfruttamento
delle risorse idriche è l’accumulazione di sali nel
terreno. La salinizzazione in realtà può essere
dovuta alla co-azione di fattori naturali, ed in tal
caso è considerata salinizzazione primaria,
mentre se prevalgono fattori antropici la
salinizzazione viene considerata secondaria.
I problemi legati all’accumulazione di sali
sono complessi, dinamici o cronici, con
proprietà fisico chimiche dei suoli che
vengono alterate rapidamente.
Comunque la ragione prevalente di
salinizzazione secondaria è l’irrigazione.
E’ un fenomeno noto fin dall’antichità e fu
la ragione per la quale, dopo un millennio
di coltivazione, venne abbandonata la
“Mezzaluna Fertile” tra il Tigri e l’Eufrate.
E’ dovuto all’accumulo nel terreno di
sali depositati dalle acque dei fiumi
deviate per irrigare i campi. Se
queste sono molto ricche di sali, la loro
evaporazione fa sì che questi si
depositino sul terreno rendendolo sterile
dopo qualche tempo. Le tecniche di
irrigazione più antiche
(ma ancora
largamente utilizzate), consistevano nel
deviare piccole portate di acqua dai fiumi
e nel farle arrivare ai campi entro
canalette adacquatrici da cui, dopo la
rottura delle sponde, l’acqua veniva
riversata sui campi. In questo modo gran
parte dell’acqua veniva persa per
evaporazione, lasciando il suo pericoloso
deposito sul suolo.
Attualmente il fenomeno della
salinizzazione riguarda vaste aree,
quali in delta del Nilo, dove a causa delle
numerose dighe a monte, la portata del
fiume si è ridotta da 32 miliardi di m3 a 2
miliardi e sono venute a mancare le
benefiche inondazioni periodiche, che
“lavavano” il suolo dai sali.
Anche il delta del Po è attualmente
minacciato dall’avanzamento di un cono
salino determinato da due fattori
concomitanti: la riduzione della portata di
acqua dolce del fiume e l’innalzamento
del livello del mare (attualmente 1mm
all’anno),che sta facendo avanzare il
fronte delle acque saline. Inoltre l’acqua
salmastra sta sostituendo l’acqua dolce di
falda, abbassata dagli eccessivi prelievi e
dalla siccità.
I cambiamenti climatici in atto, secondo quanto è attualmente possibile prevedere,
determineranno in futuro lo scioglimento di gran parte dei ghiacciai terrestri, tra cui
quelli antartici ….. L’innalzamento del livello medio del mare che ne seguirà, non solo
sommergerà gran parte delle coste attualmente abitate ma ridurrà ulteriormente le
riserve d’acqua dolce freatica.
Desertificazione
La desertificazione è il processo di
degradazione del suolo causato da
numerosi fattori, tra cui variazioni
climatiche e alla pressione non sostenibile
delle attività umane sull’ambiente.
La desertificazione spesso ha origine dallo
sfruttamento intensivo della popolazione
che si stabilisce nel territorio per coltivarlo
oppure dalle necessità industriali e di
utilizzo per il pascolo.
E’ una delle emergenze ambientali più
gravi degli ultimi anni e riguarda
principalmente le zone climatiche aride,
semiaride e sub-umide secche.
In Italia, Puglia, Calabria, Basilicata, Sicilia
e Sardegna presentano già fenomeni di
avanzata desertificazione, dovuti in parte
alle variazioni climatiche intervenute negli
ultimi anni, ma anche e soprattutto ad
una cattiva gestione dei terreni agricoli ed
all’eccessivo sfruttamento delle riserve
idriche
In Toscana sono a rischio di desertificazione le
zone costiere, la media valle dell’Arno e vaste
zone interne tra le province di Siena ed Arezzo.
In alcune zone, come la costa compresa tra
Livorno e Orbetello prevalgono cause di natura
climatica, dovute alla riduzione delle
precipitazioni, ma in altre le cause sono da
ricercarsi nell’aumento della popolazione, nella
pressione turistica estiva, e nella gestione non
ottimale del suolo.
L’acqua che scompare
Il lago di Aral costituisce uno dei maggiori
disastri ambientali del pianeta. Prima del
1960 una media di 55 miliardi di m3 di
acqua confluivano nel lago di Aral. I
prelievi per l'irrigazione del cotone e la
costruzione di invasi per immagazzinare le
piene, hanno avuto il risultato di far
diminuire il flusso medio annuo in entrata a
7 miliardi di m3 fra il 1981 ed il 1990. Come
risultato il livello del lago è sceso di 16
metri tra il 1962 ed il 1994 ed il
volume del lago si è ridotto di tre
quarti. Venti delle 24 specie di pesci che
erano presenti nel lago sono scomparse, e
la pesca che ammontava a 44 mila
tonnellate annue negli anni '50, e
sosteneva 60 000 posti di lavoro è crollata
a zero. Una mistura tossica di sale e
polvere, sollevatasi dal fondo asciutto del
lago e depositatasi sui terreni coltivabili
circostanti, sta danneggiando e facendo
morire i raccolti. La ridotta portata del
fiume ha concentrato sale e prodotti
chimici tossici,
rendendo le risorse idriche inadatte per
l'uso potabile e contribuendo all'alto tasso
di malattie nell'area. Coloro che continuano
a vivere nella zona hanno perduto il loro
principale mezzo di sostentamento e coloro
che sono partiti sono diventati dei rifugiati
ambientali
Una situazione analoga è
quella del lago Ciad. Qui,
l’eccessivo sfruttamento dei
pascoli, unito a interventi
invasivi sulla vegetazione
spontanea per far posto alle
colture, ha aggravato un
progressivo processo di
desertificazione, causa, tra
l’altro, del lento prosciugarsi
del lago. Programmi speciali a
sostegno dell’ambiente hanno
trovato difficoltà di attuazione
in conseguenza della guerra
civile protrattasi per un
trentennio.
Anche molti grandi fiumi, che una volta venivano
definiti “vie d’acqua” soffrono ormai da decenni di
siccità, dovuta in gran parte all’eccessivo
sfruttamento delle loro risorse. Negli Stati Uniti il
Colorado ed il Rio Grande, non giungono più al
mare, letteralmente prosciugati dai prelievi idrici
per l’agricoltura e per l’assorbimento delle grandi
città che si snodano lungo il loro corso. Una sorte
simile sta toccando allo Yangtze (Fiume Giallo) in
Cina, bloccato a monte da numerose dighe la più
grande delle quali, ed in assoluto la più grande al
mondo, è oramai in via di completamento.
Attualmente 45.000 dighe bloccano i fiumi del
mondo, costruite per produrre energia idroelettrica
e come invasi per le esigenze dell’agricoltura e delle
città. Il risultato è spesso disastroso per l’ambiente
e comporta enormi perdite di acqua per
evaporazione.
Ai danni diretti causati dall’uomo si
aggiungono quelli determinati dal
surriscaldamento globale dell’atmosfera
determinato dall’aumento dell’effetto serra
(anch’esso in parte di origine antropica). I
ghiacciai arretrano rapidamente ed
alimentano sempre meno i fiumi, ampi
territori a causa della siccità sono soggetti a
desertificazione……i fiumi muoiono e con
essi, prima o poi, questa parentesi della storia
della Terra che qualcuno ha definito
Antropocene.
A proposito di dighe: i conflitti per l’acqua
Quando uno stesso fiume (o una riserva
idrica sotterranea) attraversa più paesi, in
questa condizione generalizzata di penuria
d’acqua, spesso sorgono conflitti per lo
sfruttamento delle sue risorse. Tali conflitti
in alcuni casi sfociano in vere e proprie
guerre. In Medio Oriente, c’è un contenzioso
aperto da decenni tra Israele da un lato e la
Giordania e la Siria dall’altro per lo
sfruttamento delle acque del fiume
Giordano, quasi integralmente sfruttato da
Israele che si trova nella zona più a monte
del suo percorso. Altri conflitti ci sono tra
Turchia, Iraq e Siria per lo sfruttamento
delle acque del Tigri e dell’Eufrate. In Africa
altri conflitti sono sorti tra Sudan ed Egitto
per lo sfruttamento delle acque del Nilo.
Esistono attualmente 261 situazioni di
questo tipo ed in 13 casi si tratta di bacini
che attraversano 5 o più paesi. Per risolvere
questi casi sono stati stipulati innumerevoli
trattati internazionali, che spesso non sono
riusciti a impedire la trasformazione delle
controversie in conflitti veri e propri.
La privatizzazione delle acque
Da qualche tempo, in tutto il mondo, è in atto la
privatizzazione delle aziende pubbliche che
forniscono acqua potabile e talvolta l’acqua
dolce per agricoltura e industria. Nei paesi
sviluppati la privatizzazione è iniziata in Gran
Bretagna nel 1987. Si è creato così un mercato
privato delle acque che attualmente ha un fatturato
pari al 40% del mercato petrolifero. Tale mercato è
controllato da una decina di gruppi transnazionali i
cui maggiori rappresentanti sono attualmente tre
europei: i francesi Suez e Vivendi (che hanno
rispettivamente 125 e 40 milioni di clienti in tutto il
mondo) ed il tedesco RWA, con 70 milioni di clienti.
In Italia, Suez fa parte del consorzio della ATO4
Valdarno, mentre un altro colosso francese la Veolia
Waters, fa parte della società Acqualatina, che nel
2002 si è aggiudicata la gara d’appalto per la
gestione dell’acqua in 38 comuni nel basso Lazio.
La motivazione che nei paesi sviluppati ha spinto
alla privatizzazione, è stata quella di diminuire le
spese pubbliche per la gestione e la manutenzione
dei servizi idrici e, nelle intenzioni generali, quella di
diminuire gli sprechi. Queste stesse società
affermano che la gestione privata, oltre a migliorare
il servizio, alla lunga abbassa i costi per il
consumatore.
In realtà si è creato un prevedibile mercato di
monopolio od oligopolio che ha generato
aumenti spropositati dei costi per l’utente
finale soprattutto nei paesi in via di sviluppo,
al punto che, come è accaduto in Sudafrica, 10
milioni di persone si sono viste sospendere
addirittura l’erogazione dell’acqua perché non
potevano pagare le bollette.
.
Una situazione simile si stava verificando in Bolivia
dove, nel 1999 il governo ha privatizzato la
gestione delle risorse idriche affidandola ad un
gruppo formato dalla statunitense Bechtel, dall’
italiana Edison, e dalla spagnola Albengoa. Nel giro
di poche settimane le tariffe dell’acqua sono
aumentate del 300% ed è scoppiata la rivolta dei
campesinos con l’occupazione delle piazze. Negli
scontri con la polizia ci sono stati anche 4 morti, ma
dopo 8 giorni il governo ha ceduto, rotto il contratto
e modificato la legge. Successivamente è stato
citato in giudizio dal consorzio per i danni subiti
dalla rescissione del contratto ed il risarcimento
calcolato è di circa 25.000.000 di dollari. La Banca
Mondiale sarà l’arbitro della controversia. Situazioni
analoghe ci sono in tutto il mondo.
In molti paesi in via di sviluppo le
amministrazioni pubbliche non sono in grado
di dare alla popolazione acqua potabile
perché sono povere, indebitate e spesso
corrotte. Nel momento in cui le
amministrazioni si rivolgono alla Banca
Mondiale per ottenere di prestiti e la
riduzione del debito, la stessa banca spinge
tali governi a risolvere le questioni relative
alle acque affidandosi alla gestione di privati,
che offrono maggiori garanzie di risoluzione
del problema. Tuttavia accade che spesso,
anche per speculazioni indebite interne, i
costi di approvvigionamento non siano
sostenibili da larghe fasce della popolazione
che talvolta vedono persino peggiorare la loro
situazione.
Quanta acqua richiedono i prodotti che
consumiamo?
Per produrre 1 Kg di cotone,
ovvero più o meno un paio di
jeans e una T-shirt da donna,
occorrono mediamente 20700 litri
di acqua cioè 20,7 m3 , ovvero il
consumo medio di una famiglia
italiana di 3 persone per 1 mese
Per produrre una bistecca
“fiorentina” da 1 kg occorrono
15.500 litri (15,5 m3 ) di acqua. Se
rinunciassimo (del tutto) a fare la
doccia per un anno
risparmieremmo meno acqua che
rinunciando alla bistecca
…..e ancora
• 1 Kg di riso può richiedere, a
seconda della zona climatica e
della tecnica di irrigazione,
1800- 4500 litri di acqua;
• 1 Kg di carta da cellulosa
vergine richiede 250 litri di
acqua;
• per produrre 1 Kg di caffé
tostato occorrono 17400 litri di
acqua;
• 1 Kg di plastica 2000 litri.
L’acqua potabile
Cos’è
Acqua potabile significa in senso letterale ”che può essere
bevuta”senza danno per la salute , in quanto presenta tutti i requisiti
di legge per servire all’alimentazione: deve essere limpida, inodore,
incolore e di sapore gradevole e non deve contenere germi patogeni
o sostanze chimiche che possono danneggiare l’organismo.
La principale normativa italiana relativa alle acque potabili è
rappresentata dal DPR 515/1982 e dal DPR 236/1988. Quest’ultimo
in particolare indica quali sono le concentrazioni massime ammissibili
(CMA) e i valori guida (VG) per i vari parametri fisici, chimici,
organolettici, microbiologici e riguardanti le sostanze tossiche
indesiderabili.
Da dove viene
L’acqua per usi civili può provenire da raccolta di acque meteoriche
(raramente), da acque dolci superficiali , cioè provenienti da corsi
d’acqua superficiali, laghi e invasi naturali e artificiali, da acque
telluriche, cioè da falde sotterranee. Tutte le acque devono essere
trattate prima di essere distribuite per l’uso, ma generalmente quelle
di falda richiedono trattamenti meno intensi perché più pure.
Come viene depurata
Trattare l'acqua per renderla adatta ad essere bevuta è simile a trattare l'acqua reflua. Nelle zone
che dipendono dall’acqua di superficie è di solito immagazzinata in un serbatoio per parecchi
giorni, per migliorarne la chiarezza ed il gusto permettendo una maggiore ossigenazione e
lasciando che la materia sospesa sedimenti. Successivamente subisce una serie di trattamenti
fisici e chimici fin quando non soddisfa standard di qualità prescritti. Solitamente passa per prima
cosa attraverso filtri a sabbia e qualche volta attraverso filtri a carbone attivo.
In seguito, per eliminare le eventuali
particelle che restano ancora in
sospensione, vengono aggiunti additivi
che provocano la flocculazione dei
materiali. Infine si procede alla
disinfezione vera e propria ottenuta
attraverso l’addizione di cloro e/o
ozono.
Il numero di misure di depurazione che
si prendono dipende dalla qualità di
acqua che entra nell'impianto di
depurazione. Nelle aree con fonti di
acqua freatica molto pura è necessario
poco trattamento .
L’acqua in bottiglia
In Italia il consumo medio pro-capite di
acqua minerale è il più alto del mondo, pari
a 185 litri all’anno, grazie anche al fatto che il
prezzo dell’acqua imbottigliata è tra i più bassi dei
paesi ricchi. La ragione di tali consumi sta nella
presunta scarsa qualità dell’acqua di rubinetto.
Tuttavia, indagini condotte non molto tempo fa
hanno dimostrato che la qualità dell’acqua
proveniente dagli acquedotti è spesso superiore a
quella dell’acqua in bottiglia. Non solo, 1000 litri
di acqua costano, tasse escluse, circa 52
centesimi, ovvero la cifra necessaria per
acquistare al supermercato una bottiglia da 2 litri.
Inoltre, chi acquista regolarmente acqua
imbottigliata, consuma mediamente in un anno,
anche 11 kg di PET (il materiale plastico delle
bottiglie) la cui produzione richiede circa 192,5 kg
di acqua, ovvero più di un terzo di quella
contenuta nelle bottiglie. Senza contare i
consumi energetici per la produzione delle
bottiglie, la confezione , il trasporto e lo
smaltimento finale.
E ’proprio il caso di dire : tutto sommato …
chi ce lo fa fare?
Consumo di acqua potabile in ambito civile
Secondo recenti indagini in Italia, la disponibilità media pro capite di acqua è di 306 litri, mentre
consumi medi pro-capite per usi civili si aggirano intorno ai 186 litri giorno (nella provincia di
Prato 194,3), ripartiti mediamente come indicato sotto. Il principale problema legato a questo
settore sta nelle precarie condizioni della rete di distribuzione, con perdite medie del 40%,
maggiori al Sud, dove si riscontrano anche punte superiori al 60% (a Cosenza il primato con il
70%)
Ripartizione dei consumi idrici in ambito residenziale
6%
6%
Bagno/ docci a
6%
36%
6%
Al tr i usi sani tar i
Uso potabi l e
Lavaggi o stovi gl i e
Bucato
Usi di Cuci na
11%
Usi di Cuci na
Lavaggi o auto/ gi ar di naggi o
9%
Al tr i usi
1%
19 %
Un’indagine svolta nella
nostra classe ha dato però
risultati abbastanza
diversi in termini di
consumi complessivi, che
risultano mediamente di
circa 120 litri al giorno procapite. Probabilmente ciò è
dovuto al fatto che, nei
consumi civili, le statistiche
includono anche il settore
terziario. Il dato che abbiamo
trovato almeno in parte ci
consola, ma stante la
situazione di precarietà della
risorsa idrica nel nostro
territorio, si tratta di una
consolazione modesta e di
breve durata. Se anche fosse
vero che consumiamo
relativamente poco … quel
poco è comunque troppo!
Cosa possiamo fare?
Quanto abbiamo illustrato finora dimostra che per contribuire alla
conservazione ed alla corretta gestione delle risorse idriche non
possiamo limitarci a cercare di risparmiare acqua, ma dobbiamo
ripensare tutto il nostro stile di vita. In estrema sintesi le azioni da
esercitare devono riguardare:
• i consumi energetici personali, che devono essere ridotti per diminuire le
•
•
•
emissioni di CO2 e contribuire rallentare il processo di riscaldamento
globale;
la scelta dei prodotti di consumo, facendo attenzione all’intero ciclo di vita
del prodotto, per tener conto dei costi energetici e della quantità di acqua
impiegata per produrli, confezionarli e smaltirne i residui;
i consumi idrici personali, riducendo gli sprechi inutili e l’inquinamento
dell’acqua;
non meno importante sarà, infine, impegnarci civilmente affinché le
istituzioni locali e nazionali che ci governano, operino le scelte più adeguate
nella direzione giusta.
Qualche
consiglio utile
per un
consumo
responsabile
della
risorsa idrica
nelle nostre
case
Per evitare sprechi di acqua bastano piccoli accorgimenti che non
influenzano le nostre abitudini, ma hanno un elevato effetto sui consumi
e quindi sulla bolletta.
1.
Chiudere i rubinetti mentre ci si lava;
2.
Sostituire il bagno con la doccia permette un risparmio di oltre il 75% ;
3.
Controllare perdite di rubinetti o dello sciacquone del W.C. ;
4.
Verificare che il valore registrato dal contatore sia il medesimo la sera e
la mattina seguente (tendo chiusi i rubinetti in questo intervallo di
tempo). Una piccola differenza vuol dire che ci sono perdite;
5.
Montare una cassetta di scarico dotata di doppio tasto o di un regolatore
di flusso. Inserire nella cassetta dello scarico un mattone o una bottiglia
piena , senza ostacolare il meccanismo di scarico, permette un risparmio
del 30%;
6.
Montare un frangigetto permette un
risparmio del 50% ;
7.
Usare la lavatrice e la lavastoviglie a
pieno carico fa consumare meno
acqua e meno energia.
8.
Lavare l’ auto con parsimonia
usando il secchio.
9.
Lavare i piatti,le verdure riempiendo
un contenitore usando l’acqua
corrente solo per il risciacquo.
10.
Installare sistema di irrigazione a
timer o innaffiare la sera e cercare
di raccogliere l’ acqua piovana.
11. Utilizzare detersivi e
tensioattivi con parsimonia,
dando la preferenza a quelli
totalmente biodegradabili
Le nostre fonti
I principali siti che abbiamo visitato
www.legambiente.com
www.ibimet.cnr.it
www.retelilliput.com
www.wwf.it
www.report.rai.it
Le principali pubblicazioni/rapporti/dossier a cui abbiamo fatto riferimento
Rapporto sullo stato dell’
dell’ambiente e della sostenibilità
sostenibilità della Provincia di Prato – 2004”
2004”
Provincia di PratoPrato- Agenda 21 Locale
Cambiamenti climatici e sostenibilità
sostenibilità: i problemi e le soluzioni in Toscana -Ibimet Regione
Toscana
Emergenza idrica in Italia - Il libro bianco di Legambiente”
Legambiente” Roma 3/5/2007
I testi
Dinucci Manlio – Il sistema globale (seconda edizione) – Zanichelli 2004
Chi siamo
Alì Elfawi Karim
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