Il Delegato Nel periodo delle Guerre d
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Il Delegato Nel periodo delle Guerre d
ISTITUTO NAZIONALE per la GUARDIA d’ONORE alle REALI TOMBE del PANTHEON Fondato nel 1878, confermato con R.D. n. 1348 del 24 settembre 1932 Ente Morale sotto l'egida del Ministero della Difesa con D.P.R. del 27 febbraio 1990 Aderente ad AssoArma Delegazione di Brescia Il Delegato COMUNICATO STAMPA Nel periodo delle Guerre d'Indipendenza, e successivamente, sodalizi di Veterani si costituirono autonomi nelle varie regioni d'Italia con finalità assistenziali e di soccorso, come quello di Genova sorto il 4 ottobre 1849, quello di Torino sorto nel 1865, quelli di Venezia e di Brescia sorti nel 1866. Nel 1878, a Roma, fu istituito il “Comizio Generale dei Veterani delle Guerre Combattute negli anni 1848-1849 per l'Indipendenza e l'Unità d'Italia” che alla morte di Re Vittorio Emanuele II, avvenuta il 9 gennaio 1878, per mantenere viva la devozione e la riconoscenza a Casa Savoia nonché per onorare i Caduti dell'Unità d'Italia, decise di prestare un servizio di guardia alla tomba del "Padre della Patria" presso il Pantheon di Roma. Re Umberto I approvò tale decisione il 18 gennaio 1878: data di fondazione dell’Istituto. Nell'agosto del 1900 si rese necessario erigere nel Pantheon un secondo monumento funebre, per onorare il secondo Re d'Italia, Umberto I, assassinato a Monza il 29 luglio di quell'anno. In conseguenza di ciò gli statuti furono modificati e le Guardie d'Onore estesero il loro servizio alle due Tombe di Vittorio Emanuele II e di Umberto I. Dal 1926 anche la Regina Margherita, prima Regina d'Italia e moglie di Umberto I, riposa nel Pantheon. L'evoluzione delle denominazioni dell'Istituto è stata la seguente: nel 1878 Comizio Generale dei Veterani delle Guerre Combattute negli anni 1848-1849 per l'Indipendenza e l'Unità d'Italia; nel 1911 Comitato Centrale Romano dei Veterani delle guerre per l'Indipendenza e l'Unità d'Italia; nel 1925 Comitato Centrale dei Veterani delle Campagne Nazionali e Coloniali; nel 1932 Istituto Nazionale per la Guardia d'Onore alle Reali Tombe del Pantheon. Dal 1990 l'Istituto è giuridicamente un Ente morale dipendente dal Ministero della Difesa ed aderisce ad Assoarma. Pertanto l'Istituto, lungi dall'essere un partito o un movimento politico monarchico, rappresenta la più antica Associazione d’Arma Italiana custode della gloria e della memoria storica dell'Unita d'Italia. L’Istituto è patriottico, apolitico, apartitico e si propone di: – fornire con i propri iscritti una Guardia d’Onore alle Tombe dei Sovrani d’Italia, quale tributo di riconoscenza per Casa Savoia che guidò l’unità della Patria; – onorare i Caduti per l'Unità e l'Indipendenza d'Italia; – mantenere vivo il culto della Patria ed il senso dell’Onore; – esaltare, custodire e tramandare le glorie e le tradizioni militari della Patria; – conservare e consolidare i vincoli di amicizia e di solidarietà fra tutti gli iscritti; – tenere i necessari collegamenti con le Istituzioni civili dello Stato, con le Forze Armate e conservare stretti rapporti di collaborazione con le Associazioni Combattentistiche e d’Arma italiane ed estere. L'Istituto, fedele al suo statuto e alla sua vocazione storica, non garantisce solo il servizio di guardia d'onore alle Reali Tombe ma, essendo l'associazione d'arma erede dei Combattenti e dei Caduti delle guerre per l'Indipendenza e l'Unità d'Italia, organizza e partecipa a pieno titolo alle cerimonie patriottiche nazionali (vedi il IV novembre e il II giugno). Il labaro dell'Istituto è insignito di 40 Medaglie d'Oro al Valore Militare (Le cito alcuni nominativi: Generale Giuseppe Garibaldi, Capitano Nazario Sauro, Cappellano militare Don Giovanni Mazzoni, Generale degli Alpini Luigi Reverberi, Generale Alberto Li Gobbi per la resistenza al nazi-fascismo, Colonnello Giuseppe Cordero di Montezemelo trucidato alle Fosse Ardeatine, Generale dei Carabinieri Umberto Rocca) e due Medaglie d’Oro al Valor Civile (Giorgio Perlasca per aver salvato oltre 5000 Ebrei dall’olocausto, Ispettore Capo della Polizia di Stato Filippo Raciti) concesse a singole Guardie d'Onore; si onora altresì di aver concesso la Medaglia di Benemerenza dell’Istituto alla memoria alle Guardie d’Onore Brigadiere Giuseppe Colletta e al Maresciallo Carlo De Trizio dei Carabinieri caduti a Nasiriyya. La forza dell'Istituto è costituita da oltre 5000 Soci – il Sodalizio di Brescia ne conta 35 - e dalla sua fondazione è sempre stato presieduto da un militare di alto rango (in ausiliaria, della riserva o in congedo); attualmente il Presidente nazionale è il Cap. di Vasc. (ris.) Dottor Ugo d'Atri. Brescia e la sua provincia hanno innegabilmente contribuito in maniera fattiva e tenace all’Unità della nostra Patria dai moti e dalle battaglie risorgimentali sino alla Grande Guerra combattuta sull’Adamello ed è pertanto doveroso che tutto questo patrimonio di valori e di memoria non vada disperso ma doverosamente tramandato e ricordato. Questo è il solco culturale che la nostra Delegazione si sforza di seguire attraverso una intensa attività di testimonianza e di rieducazione valoriale soprattutto rivolta alle giovani generazioni. Annualmente la Delegazione bresciana organizza una Santa Messa in suffragio dei Sovrani e delle Sovrane d’Italia (quest’anno con particolare riguardo al 30° anniversario della morte di Re Umberto II avvenuta a Ginevra il 18 marzo 1983) nonché dei Caduti di tutte le Guerre per cui sabato 19 ottobre p.v. la Sacra Funzione verrà officiata dal Reverendo Parroco Don Enrico Andreoli presso la Chiesa di Santa Maria delle Nevi a Boario Terme. All’evento interverrà il Sindaco della Città di Darfo BT Dott. Ezio Mondini e la Signora Alda Comincioli – figlia dell'eroe Giacomo Comincioli a cui verrà intitolata la Delegazione bresciana dell'Istituto Nazionale per la Guardia d'Onore alle Reali Tombe del Pantheon. In allegato il programma della cerimonia che prevede la commemorazione di Re Umberto II e dell’eroe camuno Maggiore Giacomo Comincioli con alcuni cenni biografici degli Stessi. La S.V. è invitata alla CERIMONIA ANNUALE IN MEMORIA DELLE LL.MM. I SOVRANI E LE SOVRANE D'ITALIA E DEI CADUTI DI TUTTE LE GUERRE Sabato 19 Ottobre 2013 - Boario Terme (Brescia) PROGRAMMA Ore 18.00: Ritrovo presso il sagrato della Chiesa di Santa Maria delle Nevi – Santuario Madonna degli Alpini via Nikolajevka, 3 - Boario Terme Ore 18.15: Santa Messa in suffragio delle LL.MM. i Sovrani e le Sovrane d'Italia e dei Caduti di tutte le guerre celebrata dal Reverendo Parrocco Don Enrico Andreoli Ore 18.45: Onor Caduti con deposizione corona d'alloro nella cripta del Santuario Ore 19.00: Trasferimento presso l'Hotel Excelsior Palace - via Galilei, 1 - Boario Terme Ore 19.15: presso la sala conferenze commemorazione di SM il Re Umberto II nel trentesimo anniversario della morte e dell'Eroe camuno Magg. Giacomo Comincioli caduto nella Campagna di Russia Ore 20.00: cena sociale Le Guardie d'Onore presenzieranno con la divisa sociale e/o il mantello e piccole decorazioni Il Delegato Dott. Valter Luigi Cotti Cometti via Alboi 36/A – 25040 Esine (Brescia) rec. tel. 335.6251478 e-mail [email protected] Giacomo Comincioli, un valoroso soldato del Regio Esercito Italiano, decorato di croce al VM, 2 MBVM, 4 MAVM di cui l’ultima alla memoria, Cavaliere della Corona d’Italia, un eroe della Valle Camonica, la cui memoria è stata inspiegabilmente obliata e merita invece di essere trasmessa e perpetuata. Nato a Cevo il 6 aprile 1891, dopo un servizio prestato quale Carabiniere, dal 25 dicembre 1916 fu Aspirante Ufficiale, dal 1 febbraio 1917 Sottotenente, dal 1 novembre 1917 Tenente, prima nella seconda Compagnia Sciatori, poi nel Battaglione Cavento del 5° Alpini. Sull’Adamello, quale comandante di plotone Arditi, guadagnò due medaglie d’argento ed una di bronzo. Per l’agilità e l’irruenza con le quali sapeva muoversi in montagna i commilitoni l’avevano soprannominato “il camoscio”. Tornato alla vita civile dopo la guerra aderì al movimento degli ex-combattenti di Cevo e fu in prima fila nelle manifestazioni degli ex-combattenti, tanto che nell’aprile 1923 guidò una pattuglia di dodici socialisti cevesi che, dal poggio dell’Androla, spararono sei colpi a testa con fucili “modello 91” contro un convoglio ferroviario imbandierato da vessilli del fascio littorio, transitante tra Forno Allione e Cedegolo. Dopo questa temeraria azione si ritirò in disparte e nel 1926 Giacomo Comincioli, uomo d’azione, antifascista della prima ora ma anche impiegato comunale, finì per adattarsi al nuovo regime politico iscrivendosi al partito nazionale fascista. Nel 1935 il fascismo intraprese la conquista e la colonizzazione dell’Abissinia, impresa che innegabilmente innalzò il seguito popolare del regime, così molti furono i Camuni che presero parte all’impresa sia come soldati sia come operai militarizzati. Tanti erano giovani adattatisi alla divisa militare per sfuggire all’indigenza, alcuni erano fascisti convinti, tra questi ultimi vi era l’ufficiale della MVSN Giacomo Comincioli. E’ quanto mai significativo che, benché nel Regio Esercito rivestisse già il grado di capitano, non gli importò di arruolarsi nelle Camicie Nere come capo-manipolo, grado pari a tenente. Solo successivamente, in considerazione di tale circostanza e soprattutto della capacità, della dedizione, del valore dimostrati, fu promosso centurione, grado pari a capitano. Il 27 febbraio 1936, a Uork Amba, come ufficiale esploratore, condusse con successo una squadra contro un caposaldo nemico; pur ferito, rimase sul campo fino al termine del combattimento e fu decorato di medaglia di bronzo. Non aderì alla campagna di Spagna probabilmente perché avvertita come guerra di partito e non d’Italia. Nel secondo conflitto mondiale, sul fronte greco, era ufficiale osservatore di una Legione di Camicie Nere; gli era quindi consentito assumere un ruolo defilato, ma benché in condizioni fisiche oramai menomate, assunse volontariamente il comando dei superstiti di un battaglione duramente provato e in tre giorni di aspri combattimenti contro forze preponderanti, difese strenuamente un’importante posizione. Alla testa di pochi Legionari, assaltò una compagnia nemica che tentava di infiltrarsi nello schieramento e dopo una lotta furiosa a colpi di bombe a mano, la mise in fuga, catturando prigionieri ed armi. Ebbe una medaglia d’argento. Nella campagna di Russia, olocausto dei nostri Alpini, da seniore (maggiore) comandava il 15° Battaglione “M” del Gruppo Leonessa, il 15 dicembre 1942, sul Don, sotto una tempesta di “katiuscia” andò all’assalto per quattro ore e infine cadde sulla quota 192 di Orobinskji. Ebbe la sesta medaglia al valore, d’argento, conferitagli nel 1952: si può ipotizzare, senza vana retorica e scevri da alcun intendimento nostalgico, che se non fosse caduto in camicia nera, sarebbe meritatamente stata d’oro. La generosa “famiglia alpina”, a cui mi onoro di appartenere, sulla vetta dell’Adamello, al centro della grande croce, ha posto un medaglione in ricordo di Giacomo Comincioli, eroico alpino del quale pochissimi ancora sanno. A lui è inoltre intitolata la Sezione bresciana dell’Associazione Volontari di Guerra e per iniziativa della Stessa, il 24 maggio 1999 in occasione dell’84° anniversario dell’entrata dell’Italia nella Grande Guerra, nella cripta del Tempio ai Caduti di Boario Terme è stata posta una lapide in suo ricordo. Il ripudio della guerra è un nostro principio miliare ma la nostra amata Italia ha vissuto più volte questa tragica, disumana esperienza, ma deve altresì andare fiera dei suoi Figli che giurarono fedeltà al bene indissolubile della Patria e del Re. Si è inteso condividere con animo sereno e scevro da vana retorica l’esperienza eroica di Giacomo Comincioli anche per iniziare un cammino che ristabilisca la verità storica e morale di coloro che pur facendo solo il loro dovere sono stati inopinatamente “nascosti e dimenticati” in ossequio alla massima dell’Apocalisse (XII,8) “ma non vinsero e nel cielo non vi fu più posto per loro”. Re Umberto II. Nato nel Castello di Racconigi giovedì 15 settembre 1904, erano le 15,35 del 18 marzo 1983, trent’anni or sono, che Re Umberto II di Savoia si spegneva in una clinica di Ginevra, dopo una lunga malattia, Sua Maestà Umberto II di Savoia, Re d'Italia, per gli Italiani era semplicemente Umberto. Come si conviene ai Re. Aveva 78 anni di cui 37 passati in esilio. In esilio fu lasciato morire. In esilio riposa ancora condividendo la sorte dei suoi genitori, Re Vittorio Emanuele III e la Regina Elena. Agli Italiani delle nuove generazioni non fu concesso conoscerlo, grazie ad una congiura del silenzio che non si fermò neanche in occasione dei suoi funerali che non furono trasmessi in televisione. Nonostante questo l'amore che legò il Re alla sua gente e la gente al suo Re non venne mai meno. Indro Montanelli diceva, a ragione veduta, che senza Risorgimento non sarebbe esistita una Storia nazionale italiana, e senza i Savoia non sarebbe esistito il Risorgimento e proseguiva affermando che la Repubblica italiana può esiliare i Savoia ma chi tenta di estrometterli dalla Storia d'Italia, se non è un analfabeta è certamente un falsario. L’ "Italia innanzi tutto" fu il motto di Umberto II di Savoia: un monito di viva attualità. Il Paese attraversa tempi difficili, ma ne ha veduti di peggiori. Ce l’ha fatta e ce la farà, se saprà superare divisioni artificiose e recuperare lo spirito del Risorgimento. Con quegli ideali due generazioni di patrioti tra il 1820 e il 1870 fondarono l’Unità d’Italia. Altre due generazioni portarono a Vittorio Veneto e alla Ricostruzione. Di padre in figlio. Tra errori e riscosse, peccati ed espiazioni. Questo è l’insegnamento che viene da Umberto II. La sua figura sintetizza la tragica grandezza della Nuova Italia: un’Idea che si è fatta storia e che resiste nelle tempeste. Unico maschio dei cinque figli di Vittorio Emanuele III e di Elena di Montenegro, Umberto venne educato da futuro Re d’Italia: studi giuridici, politici, storici, letterari e soprattutto il severo "mestiere delle armi". Appena maggiorenne all’avvento del governo Mussolini (che inizialmente fu di unione nazionale, non un "regime"), da ufficiale nel novembre 1922 giurò fedeltà al padre, Capo delle Forze Armate. Estraneo agli affari politici ma non alla vita del Paese, al rovesciamento del Duce e alla proclamazione dell’armistizio era comandante delle Armate Sud. Pur con molti dubbi, il 9 settembre 1943 seguì il Re da Roma a Brindisi. Ispezionò il fronte della guerra di liberazione in missioni rischiose che gli meritarono plausi e decorazioni degli avari anglo-americani. Con effetto dalla liberazione di Roma (5 giugno 1944) Vittorio Emanuele III gli trasferì tutti i poteri della Corona, "nessuno escluso". Da Luogotenente del Regno, Umberto operò per la liberazione e la ricostruzione guadagnandosi la stima di ex nemici e di molti politici pur prevenuti nei confronti della monarchia. Il 9 maggio 1946 Vittorio Emanuele III abdicò e partì per Alessandria d’Egitto. Quarto Re d’Italia, Umberto II percorse febbrilmente il paese, soprattutto l’ "Alta Italia", riscuotendo ampia simpatia. Il 2-3 giugno 1946 i cittadini si pronunciarono sulla forma dello Stato ed elessero l’Assemblea costituente. Pochi giorni prima del voto, il Re annunciò da Genova che, se la monarchia fosse prevalsa, la costituzione sarebbe stata proposta a referendum: prova d’appello per la forma dello Stato. Nella notte fra il 12 e il 13 giugno, con “gesto rivoluzionario”, il governo conferì le funzioni di capo dello Stato al presidente del consiglio, Alcide De Gasperi, che accettò. Per non provocare la guerra civile l’indomani Umberto II lasciò Roma in aereo alla volta del Portogallo, ove sin dal 5 aveva mandato la regina e i quattro figli. Partì senza riconoscere la repubblica, che del resto ancora non c’era ("nacque" solo il 19 giugno). Sciolse chi l’aveva pronunciato dal giuramento verso la monarchia ma non alla Patria. Umberto partì per l'esilio Re e tale rimase sino alla morte. La Repubblica si può reggere col 51%, la Monarchia no. La Monarchia non è un partito. È un istituto mistico, irrazionale, capace di suscitare negli uomini incredibile volontà di sacrificio. Deve essere un simbolo caro o non è nulla. Dal 1 gennaio 1948 la Costituzione vietò l’ingresso e il soggiorno in Italia agli "ex Re d’Italia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi”. Vittorio Emanuele III morì il 28 dicembre 1947 ad Alessandria d’Egitto, ove è sepolto. Umberto II visse esule trentasette anni, apprezzato da Capi di Stato e dai Pontefici per saggezza e sapienza. Agli italiani mandò sempre messaggi di pacificazione, attualissimi scanditi da: "Italia innanzi tutto". La repubblica non gli concesse di rientrare in Patria neppure per spirarvi: una crudeltà e una macchia indelebile. Riposa accanto alla regina Maria José ad Altacomba, in Savoia, meta di pellegrinaggi sempre più radi. I suoi genitori giacciono pressoché dimenticati, uno ad Alessandria d’Egitto l’altra a Montpellier. Unico Stato in Europa, solo l’Italia non ha traslato in Patria le salme dei propri sovrani. E’ un paese in ritardo con l’esame di coscienza. Umberto II è tutt’uno con la storia della Nuova Italia, grande e tragica. Nel trentennale della morte, mentre nubi gonfie di incertezze si addensano sul Paese, la sua figura e la sua opera vengono ricordate ovunque con scarso riverbero da parte dei mass media. Nel 1849 Carlo Alberto partì per l’esilio come conte di Barge, Vittorio Emanuele III nel 1946 andò in Egitto quale conte di Pollenzo e Umberto II predilesse il Castello di Racconigi ove era nato. Nell’esilio il Re ricordava ogni dettaglio della sua terra. Conoscere meglio Umberto II, profeta di un’Europa di popoli uniti nella pace e nella libertà, significa farsi carico della storia nazionale, con le sue ombre (poche) e le sue luci (molte). E’ l’ora di farlo per andare oltre, per l’Italia innanzitutto! E’ innegabile che Umberto Il sia stato un Re – un Capo di Stato - di esemplare correttezza e che Giacomo Comincioli sia stato un fulgido esempio di virtù militari, ambedue accomunati dal senso del dovere, che pagarono di tasca propria e senza un lamento le colpe degli altri. In fondo, sono un pezzo detta nostra storia e chi rinnega la propria storia, bella o brutta che sia - ma non è mai né tutta bella, né tutta brutta - rinnega se stesso. Esine 16.9.2013