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LAURANA
EDITORE
direzione editoriale:
Calogero Garlisi
redazione e comunicazione:
Gabriele Dadati
grafica e interni:
Daniele Ceccherini
utili consigli:
Giulio Mozzi
grafica di copertina: Giulia Furegato
ISBN 978-88-98451-02-9
Laurana Editore è un marchio Novecento media s.r.l.
Copyright © 2014 Novecento media s.r.l.
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Fatto ogni possibile tentativo per rintracciare il titolare dei diritti
dell’immagine in copertina, l’editore resta a disposizione di chi, in
futuro, potesse rivendicarli a norma di legge.
Napoleone Bonaparte
CLISSON ED EUGÉNIE
romanzo d’amore e di guerra
traduzione e cura di Gabriele Dadati
LAURANA
EDITORE
CLISSON ED EUGÉNIE
F
in dalla nascita, Clisson era sempre stato
fortemente attratto dalla guerra. Mentre
gli altri bambini erano ancora tutti intenti
alle fiabe da focolare, lui sprofondava in sogni di
battaglie, e lì si perdeva. Non appena raggiunse l’età per imbracciare armi, iniziò a prendere
parte ad azioni militari, trovando sempre modo
di distinguersi per gesti strabilianti. E aveva raggiunto il primo grado della Guardia Nazionale
della Rivoluzione pur essendo ancora un adolescente. Presto fu in grado di superare le attese
che aveva suscitato nella gente, che pure erano
alte: la vittoria, infatti, non mancava mai di camminare al suo fianco.
Tuttavia l’invidia e tutte le grette rivalità che
una fama in crescita solleva – capaci di rovinare così tanti uomini di valore e talvolta addi5
rittura dei genii – portarono a false accuse nei
suoi confronti. La sua limpidità di pensiero e
la sua moderazione non fecero che aumentare
il numero dei suoi nemici. Dicevano che la sua
grandezza d’animo era in realtà orgoglio, che
la sua fermezza era da intendere come insolenza; addirittura i suoi trionfi gli furono imputati
come una colpa, e usati a pretesto per cercare
di avvilirlo. Iniziò a provare il tedio d’essere al
servizio di uomini che non erano in grado di
apprezzarne il valore. Sentiva il bisogno di trovare un suo spazio intimo. Per la prima volta,
volse lo sguardo a riconsiderare la sua vita, le
sue propensioni e la sua situazione. Come tutti
gli uomini, non provava altro desiderio se non
quello di essere felice. E invece era solo coperto
di gloria.
Questo suo rivolgersi a sé e questo meditare sulla sua condizione convinsero Clisson che in realtà non era la guerra a essere al centro dei suoi
desideri, che aveva altri talenti oltre a quello di
esser causa di distruzione. Che dare nutrimento
agli uomini, favorire la loro crescita, e quindi in
definitiva la loro felicità, era più importante che
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sapere come distruggerli. Volle un periodo di riflessione per riordinare la confusione delle nuove idee che da diversi giorni andavano gravando
sulla sua anima.
Lasciò il campo di battaglia e in gran fretta andò
a cercare rifugio presso un amico a Champvert,
vicino a Lione. Questa campagna, in una delle
posizioni migliori nei dintorni della grande città, riuniva tutto quanto l’arte e la bellezza della
natura possono produrre.
Clisson stava presso l’amico, cercando di
capire come avrebbe potuto ottenere la felicità
ora che era disilluso e aveva smesso di inseguire la gloria. Aveva cura di non passare il suo
tempo rinchiuso in casa. Il suo amico faceva
vita di società, riceveva ospiti di gran lignaggio
e livello, e Clisson trovava le minute formalità fastidiose. Un uomo d’immaginazione così
fervida, dal cuore ardente, d’intelligenza priva
di meschinità, non poteva che essere costretto
alla noia dalle leziose conversazioni delle donne galanti, dai giochi di seduzione, dalla logica dei pettegolezzi e dalla morale dei motti di
spirito. Non sapeva trarre godimento dal complottare né profitto dal dedicarsi ai giochi di
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parole. Piuttosto, conduceva una vita solitaria,
ed era tutto preso da un solo pensiero, che non
sarebbe stato in grado di definire e ancor prima di comprendere, sebbene dominasse il suo
intero essere.
Poiché s’era lungamente abituato alle fatiche,
ora aveva bisogno d’azione e di un’attività fisica
piena. Non c’era occupazione che gli garantisse
maggior diletto del vagabondare per i boschi. Là
si sentiva in pace con se stesso, infischiandosene della cattiveria degli uomini e levandosi alto
sopra la follia e la crudeltà. Clisson si scopriva
incantato dagli scorci su cui posava lo sguardo
e se ne stupiva. Il sorgere e il morire del giorno, il tragitto di Venere che spandeva la sua luce
argentata sopra la macchia boschiva e i campi
arati, le stagioni che si susseguivano, il mutare
del panorama, i canti degli uccelli di concerto, le acque che sussurravano – tutto quanto lo
colpiva come se lo stesse vedendo per la prima
volta. Mentre in realtà posava gli occhi su cose
che aveva già visto migliaia di volte senza che gli
facessero un effetto del genere. Quanto miserabile
era stato nella sua vita di prima. Non solo era stato
testimone del perire di così tanti uomini, ma la sua
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punizione veniva anche dal fatto che la sua anima,
preda delle illusioni, delle frenesie e dei timori, s’era
rivelata cieca alle bellezze e insensibile ai piaceri della
natura.
Dal suo essere diffidente per natura Clisson si
fece malinconico. Nel suo cuore la fantasticheria
aveva preso il posto della riflessione. Non aveva
più nulla a cui indirizzare le proprie fatiche, nulla da temere, nulla in cui riporre le proprie speranze. La condizione di tranquillità, così nuova
al suo animo, si sarebbe potuta mutare in torpore alla svelta, senza che lui se ne accorgesse.
Dall’alba al tramonto vagabondava per la campagna sulle tracce delle sfortune della gente che
incontrava, pronto ad allungare loro una mano
caritatevole.
Le terme di Allès distavano più o meno una
lega da Champvert. Molta gente ci si recava per
godere della dolcezza del clima. Fin dall’inizio lui individuò quel posto come un orizzonte
dell’anima, capace di emozionare. Era il regno
dell’incanto, e così se ne inebriò ogni singolo
giorno. Forestiero com’era, si aggirava in mezzo
alla folla dei “cuori”. Dedicava la sua attenzione
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con vivo interesse alla bellezza delle donne e ai
loro vestiti, per lo più tessuti in lino. Le persone
erano a proprio agio durante quei bagni ed egli
ebbe occasione di conversare un gran numero di
volte (conversazioni in sé di nessun rilievo, ma
in ogni caso conversazioni), e ne ricevette sollievo da malinconia e solitudine.
Un giorno, che veniva dopo uno di brutto
tempo, erano davvero in pochi alle terme. Vide
due ragazze che sembravano divertirsi un mucchio nell’andare a spasso; camminavano con
la leggerezza e l’energia dei loro sedici anni.
Amélie aveva begli occhi, una figura slanciata
ed elegante, un incarnato luminoso, un volto un
poco ovale e un collo bianco-alabastro; aveva diciassette anni. Eugénie era di un anno più giovane e non così bella. Quando Amélie ti guardava
sembrava dicesse: “Mi trovi bella; forse ti sei addirittura innamorato di me. Ma sappi che non
sei certo il solo; e avrai modo di interessarmi
solo con l’adulazione. Mi piace essere vezzeggiata, e amo concedermi agli uomini che rivolgano
a me complimenti”.
Eugénie, invece, non guardava mai direttamente un uomo. Quando si lasciava andare al
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suo dolce sorriso, disserrava le labbra su denti
perfetti, candidi alla maniera delle perle. Se qualcuno faceva per prenderle la mano, la concedeva
timidamente, ma in seguito faceva in modo di ritrarla il prima possibile. Era come se avesse paura di mettere in mostra la sua bella mano, mentre il blu delle vene contrastava con il biancore
della sua pelle. Amélie aveva lo stesso effetto di
un brano di musica francese a cui tutti prestano
orecchio con piacere perché apprezzano la suite
di accordi e si sentono rinfrancati dall’armonia.
Eugénie, d’altra parte, era come un’aria di Paisiello che incanta e rapisce solo le anime nate per
intenderlo, lasciando la gente qualunque indifferente. Amélie sembrava imporre ai giovanotti
che si innamorassero di lei, mentre Eugénie si
rivolgeva agli uomini appassionati, capaci di
amare non certo come un passatempo o per sfida, ma con ardore profondo e totalizzante. La
prima suscitava amore per mezzo della bellezza;
la seconda necessitava di un’empatia reale. Molti uomini erano stati amici di Eugénie. Ma lei intendeva condividere i suoi sentimenti profondi
con uno solo.
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Clisson rivolse la sua attenzione ad Amélie per la
freschezza del suo volto e i suoi occhi incantevoli. Egli seppe far nascere occasione di rivolgere
parola alle due ragazze e di accompagnarle fino
alla loro villa di campagna, dove ebbe l’ardire di
chiedere se gli sarebbe stato possibile tornare a
trovarle di tanto in tanto.
Non gli era possibile arrestare i pensieri dedicati alle due belle ragazze appena conosciute.
Non si stancava mai di tornare con la memoria
al volto di Amélie e di ricordare le parole che
aveva detto; si stava concedendo un’infatuazione per lei. Ma l’idea della silenziosa, riservata
Eugénie cominciava a farsi ostacolo. La ragazza
aveva avuto uno strano effetto sul suo cuore, che
turbava il piacere del ricordo della bella Amélie.
Per quanto riguarda le due ragazze, ognuna era
stata colpita in maniera molto diversa da Clisson.
Amélie rimproverava Eugénie per non aver celato il poco piacere che il dialogo con lo sconosciuto aveva generato in lei. Amélie infatti lo trovava
cupo ma di aspetto signorile e schietto in modo
rigenerante. Eugénie dal canto suo riteneva che
Amélie fosse stata troppo aperta con lui. Il suo
cuore era in subbuglio, e credeva che il suo di12
sagio derivasse da una profonda avversione che
aveva maturato nei confronti dello sconosciuto; e
tuttavia non era in grado di trovare a questo stato
né una spiegazione né una giustificazione.
Il giorno seguente, Amélie provò invano a
convincere Eugénie ad andare alle terme, sostenendo con ostinazione il suo volere. Ma Eugénie
non acconsentì e non appena Amélie si mise in
strada ne approfittò per scriverle e per uscire a
passeggiare nella campagna.
Clisson era già là quando arrivò Amélie; e si
misero a discorrere come vecchi amici. La libertà
delle terme e la rilassata atmosfera di vacanza sollevavano da ogni cerimoniale e da ogni rigidità.
Trascorsero diverse ore assieme, rivolgendo critiche alle innamorate; e l’amabile, meravigliosa, affascinante Amélie tornò a casa con un’ottima opinione di Clisson. Era vero che non lo trovava particolarmente attraente, ma era senz’altro amabile.
Parlò di Clisson tutto il tempo e convinse Eugénie
a dedicarsi ai bagni l’indomani. Eugénie, per parte sua, s’era messa a pensare molto alle cose che
lo sconosciuto aveva detto; tuttavia non riusciva
a risolversi, e non sapeva se doveva odiarlo o lasciarsi affascinare da lui.
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