parole-chiave per aprire il nostro inconscio

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parole-chiave per aprire il nostro inconscio
Published in www.anthropos-web.it 2007.
Published in www.anthropos1987.org 2010.
PAROLE-CHIAVE
PER APRIRE IL NOSTRO INCONSCIO
Jerome Liss
La PAROLA-CHIAVE è come una CHIAVE
La porta dell’inconscio è chiusa. Le Parole-Chiave aprono la porta.
Quando sono angosciato e scontento, so una cosa: “Sono angosciato e scontento!”.
Ma perché, come succede, da cosa? Forse c’è un pensiero ricorrente: “Non l’avrei dovuto fare!”,
“Sono triste”, “E' la fine del mondo”, “Vuoto, niente!” o “Prendi questo, bastardo!”.
Queste sono tutte le Parole-Chiave della mia infelicità. Sono la superficie della mia
consapevolezza, la cima dell’iceberg e c’è un inferno sotto, che non posso ancora
contattare. Ed io ho paura di contattarlo o semplicemente non so come farlo. LA
PAROLA-CHIAVE APRE LA PORTA DELL’INCONSCIO.
1
Attraverso il contenitore profondo o fuori dalla finestra
Il mio compagno-terapeuta dice, “Dillo ancora!” ed io comincio a ripetere le mie FrasiChiave sempre più forte, per disserrare la porta, per aprire le botole, forse per schiudere il
contenitore profondo delle paure o semplicemente per spiccare un salto attraverso la mia
finestra mentale. Tutto per sapere meglio cosa sta succedendo…dentro.
“Semplicemente ripetere le Parole-Chiave Dr. Liss? E questo basta? Ma io so che il terapeuta
dovrebbe fare molto di più: interpretare, provare, penetrare attraverso le resistenze con un
coltello.”
Dr. Liss: “Se diventerò un suo paziente, per favore non usi il suo coltello su di me!”
“Rimanere a quello che c’è”
Quindi io sto parlando di un approccio terapeutico che è molto profondo e in più che non fa
uso del coltello. È rispettoso e sicuro.
Quando uso le Parole-Chiave (sia come paziente che come terapeuta) sto andando in
profondità, ma in senso Gestaltiano, che è, con “quello che c’è”.
Sebbene ogni terapeuta possa usare le Parole-Chiave, queste sono utili specialmente ai
terapeuti ad orientamento corporeo. Tornerò su questo tra un momento.
Le interpretazioni negative diminuiscono l’autostima del paziente
Ricorderò alcune esperienze. Quando incontro Gruppi di Training in Psicoterapia Corporea,
come conduttore ospite, rimango sempre colpito dall’abilità e dalle intuizioni degli studenti
terapeuti nella conduzione del lavoro corporeo: aiutando il paziente a contattare emozioni
profonde semplicemente con il giusto contatto, creando relazione e sicurezza con l’empatia
corporea, supportando l’appena scoperta libertà espressiva del paziente con scherzi reciproci e
così via.
D’altro canto, quando si giunge all’aspetto verbale del lavoro, gli studenti dimostrano
sovente un certo grado di vaghezza, confusione e spesso contraddittorietà, usando
“interpretazioni negative” per contattare traumi infantili repressi, ma stimolando nuovamente
quello stesso trauma (quel senso di negatività ed errore) che il loro intervento terapeutico sta
cercando di vincere.
Per questo motivo mi impegnerò, in questo articolo, a chiarificare una metodologia su “l’uso
del linguaggio in psicoterapia” che ha i vantaggi di chiarezza, precisione e, suggerisco,
effettività terapeutica. Il modello viene chiamato “la Parola-Chiave” e la “Parola-Chiave” può
anche voler dire la “Frase-Chiave”. Il lavoro si approfondisce ed avanza nel momento in cui il
terapeuta tiene a mente varie mappe dell’evoluzione personale: approfondendo emozioni già
presenti, muovendo dal problema verso la soluzione, favorendo un’alternanza simpaticoparasimpatico, e andando avanti congiuntamente al pensare dell’altro.
2
Parte I: Approfondendo con la Parola-Chiave
Cos’è la “Parola-Chiave”?
Con Parola-Chiave o Frase-Chiave si intende la parola appassionata o la frase appassionata.
Sono colorate di rosso, per l’essere in collera, o di nero, per disperazione, o di bianco e giallo,
nell’essere speranzosi e raggianti, o arancioni per il sapore di arance dolci. Tecnicamente, la
Parola-Chiave e la Frase-Chiave si riferiscono a quelle speciali parole incastrate all’interno
della comunicazione verbale del paziente che portano con se una speciale carica emotiva e che
rivelano un importante aspetto dell’esperienza del paziente. Ogni volta che udiamo la Parola-Chiave possiamo vedere leggeri sbattimenti di palpebre, vibrazioni luccicare e carne bisognosa
di tremare: emozione, carica, impulso e forza! O anche i petali di fiore della vulnerabilità.
Un semplice esempio: “Oggi non mi sento molto bene. Infatti, per dirti la verità mi sento di
merda! Parola-Chiave: di merda!
Altro esempio: “Quando mi sono alzato, questa mattina, ho avuto un pensiero ripetitivo:
“Sei un disastro! La tua vita è a pezzi!” Parole-Chiave: disastro! A pezzi!
“Stavo pensando a come appariva mia madre in quella foto. Qualcosa nella sua espressione,
i suoi occhi… Potrebbe essere vero? È veramente pazza? Qualcosa di lei… una assenza…”
Parole-Chiave: Pazza? Assenza… Forse occhi…
“Mio marito non è mai stato un gran chiacchierone. Ma ora quando torna a casa, sprofonda
davanti alla televisione e per tutta la sera non dice una parola, no, non una parola, non una
maledetta parola! (pausa) Mi fa sentire sola… Che posso fare? Cosa dovrei fare? (guardando
il terapeuta)
Parole-Chiave: Non una maledetta parola! (carica simpatica di rabbia) Poi sola…
(rimbalzo verso la vulnerabilità parasimpatica). Quale Parola-Chiave il terapeuta stimolerà?
L’intuizione clinica e l’esperienza condurranno il clinico ad una decisione molto rapida: sola se
vuole favorire, per il momento, l’approfondimento dei sentimenti di vulnerabilità e ferita, Non
una maledetta parola! se sente che è preferibile, per il momento, approfondire ed elaborare
l’impegno simpatico1. Qualunque sia la decisione, è la Parola-Chiave che sblocca il
lucchetto.
Un ultimo punto: non tutti saranno d’accordo, in qualche caso, su quale parola (o frase, o
parte della frase) rappresenta la Parola-Chiave. Ma questo è bene. Non possiamo mai
conoscere alla perfezione la vita interiore del nostro paziente o, in questo senso, di nessuno,
oltre a se stessi, come R.D. Laing così acutamente puntualizza in The politics of
experience2.Quindi dobbiamo riconoscere che ogni intuizione che abbiamo, nel tentativo di
scegliere tra la totalità delle affermazioni del paziente la Parola-Chiave più pungente, rimane,
epistemologicamente parlando, un’ipotesi, non una certezza.3
Ripetendo la Parola-Chiave
Come il terapeuta userà la Parola-Chiave del paziente? Ripetendola! Non solo ripetendo la
sola Parola-Chiave, ma ripetendola con intonazione e ritmo vicini a quelli del cliente. Per
questa ragione ho scritto le sopraindicate Parole-Chiave, come “…solitudine…” e “Non dice una
dannata parola!” in compagnia dei loro vari segni grammaticali, dato che l’intonazione ed il
ritmo delle espressioni verbali sono parte integrante della Parola-Chiave, anche se il lettore non
potrà sentire i suoni scritti sulla pagina.
3
L’opportunità del corpo del terapeuta: l’utilizzo della Parola-Chiave approfondito dagli
interventi del corpo
Domanda: “Dr. Liss, suppongo che ci sia di più in questo approccio terapeutico che ripetere
semplicemente la Parola-Chiave.” “È giusto.” “Ma prima di arrivare a questo, perché ha detto
in anticipo che l’approccio Parola-Chiave è particolarmente interessante per psicoterapeuti
corporei?”
Risposta: Prima di tutto, direi, come preambolo, che amo la psicoterapia corporea. Spero
non sia pericoloso dirlo su Energy and Character. E dico questo perché penso che la
psicoterapia ad orientamento corporeo è lo strumento più incredibile per aiutare le persone ad
esplorare i propri problemi e a giungere a soluzioni vitali. Il punto è che quando i metodi
Parola-Chiave sono applicati CON interventi di psicoterapia corporea, abbiamo un
modo straordinario di aiutare le persone ad aprire il proprio inconscio e dissotterrare
le risorse nascoste. In tal modo, mentre Freud usava “libere associazioni” di parole come la
Strada Regale verso l’Inconscio, e mentre alcuni psicoterapeuti corporei usano, molto
esclusivamente, secondo la mia opinione, solo contatto corporeo e mobilità corporea per aprire
la stessa strada, il metodo della Parola-Chiave propone, “usiamo parole e corpo in un sol
colpo!”. E questo vuol dire a volte venti molto forti. O, in altri momenti, sostegni molto fertili.
Ripetere la Parola-Chiave crea una camera d’eco dell’esperienza
Prima di sviluppare i possibili metodi con esempi, vorrei spiegare un po’ della
fenomenologia, che è, l’impatto esperienziale della ripetizione da parte del terapeuta delle
Parole-Chiave del paziente: quando dico, per esempio, “Sono depresso”, ed il mio Aiuto dice
“M-m-m, depresso” (e penso in questo momento a Ron Kurtz, creatore della terapia Hakomi,
per averlo visto in un breve e toccante momento a Trimurti in Francia mentre usava questo eco
ritmico), sto creando una camera d’eco, non solo per la parola, ma dell’esperienza.
Depresso. Ciò dà al paziente tempo… tempo per assorbire la propria esperienza di “depresso”,
ed anche tempo per assorbire l’assorbimento del terapeuta della sua esperienza
depressiva. Il punto è che quando il paziente assorbe l’introiezione empatica del
terapeuta, questo è già il passo maggiore in terapia.4
Cosa succede quando siamo nella posizione del paziente? Ogni volta che il nostro terapeuta
semplicemente ripete la nostra Parola-Chiave o frase, con attitudine empatica, beneficiamo di
due effetti immediati: primo, sentiamo l’eco della nostra esperienza attraverso le parole del
terapeuta così che possiamo mantenere la nostra coscienza su ciò che abbiamo detto: “Stare
con quello”.
Secondo, possiamo sentire direttamente la vicinanza ed il supporto del nostro terapeuta.
Come suggerito nell’articolo, “The Self, the Impulse and the Other”5, l’impulso è rinforzato,
l’altro è empatico ed il Sé si accetta di più.
Se la terapia è come attraversare il fiume, a questo punto il paziente sta rimanendo sulla
stessa roccia, quasi rannicchiandosi e affondandovi dentro i talloni. Non molto? L’opposto!
Questo è un gran programma! “Dobbiamo diventare quello che siamo allo scopo di cambiare!”,
una bella frase Gestalt e di meditazione. Questo è un metodo per arrivare là…
4
RANNICCHIARSI SULLA ROCCIA
“Esprimi la Parola-Chiave con il tuo corpo! Io lo farò con te!”
Come può il terapeuta combinare le Parole-Chiave con l’intervento corporeo? Suggerendo al
paziente di esprimere entrambi gli impulsi insieme: la parola ed il corpo. Per illustrare questo
punto, torniamo ad uno degli esempi iniziali:
“Quando mi sono alzata questa mattina, ho avuto un pensiero ripetitivo: ‘Sei un disastro!
La tua vita è tutta a pezzi!’ (Parole-Chiave: disastro! A pezzi!)
È la sesta sessione. Quindi la paziente, Louise, già conosce le maschere e i ruoli del gioco. E
chiaramente ha dato il suo consenso per lavorare in questo modo, esprimendo più pienamente
le sue Parole-Chiave con l’utilizzo dell’intero corpo.6
Terapeuta: “Disastro! Tutta a pezzi” Lì nel letto… svegliandoti… puoi dirmi di più?
Paziente: Appena mio marito è uscito, io sono stata in grado questa mattina di pensare alla
situazione mentre ero stesa sul letto. Non funziona – intendo il matrimonio – ma abbiamo i due
bambini. L’attrazione per il mio collega Frank, non aiuta. Non è che voglio lasciare Jeff (il
marito) e correre nelle braccia di Frank. I problemi sono andati avanti per troppo tempo, anni,
da prima che conoscessi o sentissi parlare di Frank. Insomma cosa farò?!
5
Terapeuta: Fare!… Si, fare. Ma va bene se torniamo indietro al “sentire”? Poi più tardi, al
“fare”?
Paziente: Si, certamente…
Terapeuta: Sentire… “A pezzi. Un disastro.” Potresti dirlo più volte, lasciarlo uscire fuori,
così lo possiamo vedere meglio, sentirlo meglio…
Paziente: “A pezzi… Un disastro!” Il terapeuta accompagna le parole di Louise così
come i suoi nuovi gesti che escono fuori spontaneamente. Questa è chiamata empatia
corporea.7 E cosa succede? Le braccia di Louise, le spalle e il viso cominciano a contorcersi
come intestini gonfi in paralisi peristaltica – e lei ha avuto problemi addominali per più di due
anni – e come le sue parole vengono ripetute con sempre maggiore forza, mentre il terapeuta
ripete con lei le parole e i gesti per creare empatia corpo-voce, lei socchiude gli occhi e
conclude con una vigorosa espressione che è tra rabbia e pianto (si trova tra rabbia
simpatica e pianto parasimpatico.)
Ad un certo momento alza entrambe le braccia come sul punto di dichiarare qualcosa di
importante (un gesto simpatico-mesodermico), ma le parole si bloccano e le sue braccia
crollano in disfatta (rimbalzo al parasimpatico, “non ce la faccio”).
Terapeuta: (gentilmente, fermamente) Louise, puoi portare le tue braccia in alto ancora una
volta, solo per un momento, ed egli gentilmente solleva un braccio nella posizione che intende,
leggermente sopra la testa di lei. Lei porta le braccia nella posizione sopra la sua testa, lui le
tiene entrambe a supporto, e le chiede di ripetere le stesse Parole-Chiave in quella posizione
tonica del corpo: “A pezzi… Un disastro!” Lo dicono insieme tre volte, le sue braccia si
muovono a ritmo con i suoni e… Louise collassa! Rapidamente si rovescia, lascia crollare le
braccia, piega tutta la schiena in avanti, fino a che il suo viso si trova all’altezza del grembo, ed
un profondo e penoso grido sguscia fuori, seguito da torrenti di lacrime. Il terapeuta la
incoraggia a ripetere le stesse parole, o a dire qualsiasi altra cosa le venga in mente e con pena
e disperazione lei ripete “A pezzi… Un disastro!”
Poi lo cambia e ripete solo “A pezzi!”, con il terapeuta che lo dice insieme a lei (proprio
allo stesso momento, con lo stesso tono e ritmo). Così le parole del “nodo” endodermicomesodermico8 vengono ripetute da entrambi, paziente e terapeuta insieme, con il risultato che
il pianto del paziente resta abbondante fino a che dà piena liberazione.9
Approfondendo la sensazione di sollievo e liberazione
“Ho dovuto risolverlo!” è la frase successiva che spontaneamente viene fuori. (una frase
d’azione mesodermica) Quindi il terapeuta e il paziente cominciano a ripetere più volte insieme.
Man mano che la ripete, l’energia di Louise diviene più “chiara”, il suo respiro più ampio, la sua
posizione torna ad essere circa quella di stare seduta con la schiena eretta, gli occhi lucenti,
non solo per il pianto ma anche per il sollievo, e la frase espressione del problema è pronta ora
per passare alla fase di soluzione-costruzione.10
Il sollievo emozionale non è totale, come io avrei preferito, ma la sua insistenza su “cosa fare”,
detto ancora due volte, vuol dire che lei ha bisogno di considerare qualche primo passo in
ordine per la terapia (questa è, la sua vita) per andare avanti.
Nota finale: vedi l’articolo, “From Negative to positive”, precedentemente citato.
Il punto di questo esempio è che l’attenzione sulle Parole-Chiave senza l’introduzione di
alcuna Parola-Chiave estranea di interpretazione, associazione, comprensione o qualsiasi cosa
ancora il terapeuta potrebbe voler inserire, ha permesso alla paziente di mettere a fuoco
entrambi i suoi dilemmi situazionali e le sue profonde emozioni. Se il terapeuta introduce
troppe delle sue Parole-Chiave, l’intensità dell’esperienza emozionale-cognitiva del
6
paziente può diventare diluito. E che dire degli interventi corporei? La Parola-Chiave
funziona connessa solo ai giusti interventi corporei dell’endoderma e del mesoderma11
aggiungono anche intensità al lavoro terapeutico e ciò significa un approfondimento e una
trasformazione dell’esperienza del paziente. Le nuvole di ansia e depressione si dissipano non
appena le emozioni si rivelano e trovano conforto.
Obiezione: Dr. Liss, trovo che ci sia una contraddizione. Lei ha detto che il terapeuta
restringe il proprio linguaggio alle Parole-Chiave che provengono dal paziente. Ma in questo
esempio il terapeuta ha aggiunto molte altre parole.
Dr. Liss: Questo è vero. Ma se lei osserva le parole del terapeuta – “Puoi dirlo più voltre?”
“Puoi lasciarlo uscire?” “Posso dirlo con te!” “Proviamo a dirlo sempre più forte!” “Possiamo fare
questo movimento insieme?” – possiamo vedere che queste non sono Parole-Chiave con
impatto emozionale. Queste sono “parole direzionali” che indicano quale sia la direzione del
terapeuta: dire la parola con più forza, espressività e movimento dell’intero corpo, e per il
terapeuta al fine di supportare il paziente facendo allo stesso modo. Vedremo in una sezione
successiva, “Il rigore nella selezione della Parola-Chiave”, come il terapeuta può spesso
aggiungere “indicazioni direzionali” per suggerire una direzione dell’attenzione psicologica:
“qual è l’immagine?”, “com’è il sentire?”, “vengono in mente altre parole?”.
Queste sono ”domande direzionali” che seguono la logica di una mappa esperienziale
contenente tre canali: immagine, emozione e pensiero.
Parte II: Dal problema alla soluzione usando le Parole-Chiave
“Venendo al sodo”
Il “successivo passo” di lavoro verso la soluzione può anch’esso andare avanti con le ParoleChiave: nell’esempio di Louise, lei è venuta fuori con le Parole-Chiave “spazio di respiro”. Da
qui, abbiamo focalizzato il lavoro sul determinare quali azioni concrete potrebbe
intraprendere Louise nell’ordine della creazione “spazio di respiro”, almeno in parte,
nel prossimo futuro.12 La sua idea era di sfruttare l’assenza del marito di dieci giorni per
motivi di lavoro, per cercare di ricavare qualche “spazio di respiro” per se stessa: quale sarebbe
stata l’ipotesi concreta?
Una serata con le sue due migliori amiche donne, con le quali lei decise
di confidarsi più intimamente a proposito del suo stress e confusione,
chiedendo loro di promettere riservatezza.
Una serata da sola per andare al cinema con l’intenzione di assaporare
questo libero “spazio di respiro”, avrebbe potuto in modo più convincente
decidere per la separazione.
E un giorno da sola con i bambini all’aria aperta (“spazio di respiro”)
nell’ordine d’idee di rinforzare ed esplorare la relazione di unico genitore che
potrebbe diventare più abituale per il loro futuro.
Ancora una volta, tutto questo affrontare “passi successivi concreti”13, è accompagnato da
parole, “spazio di respiro”, le mani in aria con le braccia aperte, gesti di apertura del respiro
(per mantenere l’appropriata vitalità corporea durante la formulazione e l’immaginazione14 di
questi nuovi passi) e l’empatia del terapeuta nell’accompagnamento corpo-voce.
7
Il rigore nella selezione
formulazioni di soluzione
della
Parola-Chiave:
materia
del
problema
contro
Ci sono “vantaggi e svantaggi” in ogni intervento terapeutico. Il terapeuta ad esempio
orienterà spesso il lavoro esploratorio con domande aperte, come, “Cosa ti viene in mente?”, o
anche, “C’è un’immagine o altro pensiero importante?”, ognuna delle quali può aiutare ad
aprire la porta ad associazioni inconsce.
D’altro canto, il terapeuta interverrà spesso con grande specificità selezionando ParoleChiave che corrispondono alla tappa del lavoro emozionale del paziente: “esplorare il problema”
o “formulare la soluzione”. Così, nel nostro precedente esempio, il terapeuta sceglie un lavoro
di soluzione connesso alla Parola-Chiave , “spazio di respiro”. Cosa ha guidato la sua scelta?
Primo, la paziente stava già cominciando a respirare in modo più pieno e questo era associato
ad un senso generale di “forza positiva” proveniente dal corpo di lei (tonicità del corpo, postura,
gesti) ed anche dalla sua espressione facciale. In altre parole, il suo stato generale corrisponde
all’esperienza di “sollievo” che dà i segni per passare dall'esplorazione del problema al lavoro di
soluzione. Secondo, Louise ha espresso, proprio all’inizio della sessione, la domanda “Cosa
posso fare?”, quindi negare questa domanda di base indicherebbe che il suo terapeuta non era
in ascolto rispetto ai suoi bisogni.
C’era un’altra considerazione: durante una delle prime sessioni, gran parte del tempo è stato
dedicato ad approfondire le emozioni di dolore della paziente connesse con le sue Parole-Chiave
orientate al problema: “confusa”, “una fine tragica”, “un nodo che non può essere sciolto”, ecc..
queste Parole-Chiave hanno collegato Louise alla memoria associata all’essere stufa del cibo
della madre che lei non riusciva a mandare giù, e successivamente ad altri ricordi della sua
difficoltà a sottrarsi agli interventi invadenti e forzati della madre. Infine, nella sessione
precedente basata su “l’esplorazione del problema”, Louise ha collegato questi sentimenti
Parola-Chiave di “confusione” e “fine tragica” a situazioni più recenti che coinvolgono suo
marito. Esempio: quando egli espresse “parole e attitudini” (ne ha dato alcuni esempi) che ella
“non poteva digerire”.
Il punto è che il lavoro basato sulla Parola-Chiave mette a fuoco con precisione e
rigore il linguaggio carico di energia emozionale del paziente. Per estrapolarne
significato e forza lo psicoterapeuta corporeo seleziona le Parole-Chiave pertinenti
alla Elaborazione del Problema o alla Tappa di Creazione della Soluzione del lavoro e,
allo stesso tempo, invita ad una intensificazione mente-corpo.
Come possiamo comprendere meglio questo processo? Immaginiamo il modo in cui un
microscopio si addentra nelle strutture della cellula, a volte malata, a volte sana. In modo
simile, i significati, le associazioni, le immagini e le passioni incastrate all’interno delle strutture
cellulari della Parola-Chiave diventano particelle indicative di una patologia o generatrici di
soluzione ingrandite alla coscienza.
Forse sono necessari una serie di esempi completi per illustrare meglio la potenzialità
dell’uso delle Parole-Chiave. Ma per il momento, vorrei limitarmi a sottolineare una serie di
frequenti interventi che il terapeuta ad orientamento corporeo può utilizzare nell’intento di
combinare corpo e mente in una strategia terapeutica efficace: in altre parole, come possiamo
usare questa strada biforcata verso l’inconscio – il sentiero del corpo nella direzione
dell’intensificazione, il sentiero della mente attraverso la ripetizione delle Parole-Chiave – al
fine di approfondire e lavorare dal principio alla fine il malessere psicologico del paziente? Nella
sezione seguente esamineremo la ricchezza di metodi che possano contemporaneamente
ispirare l’interesse del terapeuta e far procedere la crescita emozionale del paziente.
Tornando alla metafora: se richiamiamo l’immagine del paziente stante sulla prima roccia
come se volesse attraversare il torrente, chiamiamo questa nuova sezione, “Saltando sulla
roccia”.
8
“Saltando sulla roccia”
“Saltando sulla roccia” significa intensificare il lavoro emozionale con la mera ripetizione
della Parola-Chiave o della frase-Chiave. “Mi sento bloccato!” terapeuta e paziente (insieme):
“Bloccato! Bloccato! Bloccato!” detto con volume crescente.
Una “domanda direzionale” anche più incisiva offerta dal terapeuta è la frase, “Puoi
mostrarlo con tutto il tuo corpo?” (il tono della frase è i portante quanto il suo contenuto,
come custodia di tutte le indicazioni direzionali che cercano di far vibrare le Parole-Chiave e le
frasi nella loro fresca, sanguigna vitalità, o anche nelle loro mormorate delicatezza e
vulnerabilità parasimpatiche).
SALTANDO SULLA ROCCIA
Parole quali “bloccato”, “impaurito”, ”miserabile”, “scacciato” escono fuori durante la Tappa
Problematica del lavoro sulle emozioni, poiché esprimono l’esperienza del paziente delle sue
difficoltà nel vivere. Dopo di queste salta fuori una serie totalmente differente e sappiamo di
aver raggiunto la Fase Risolutiva: “libero”, “liberato”, “chiaro” o “sicuro”. Come chiarito
nell’articolo “From Problem to Solution: Guiding Emotional Work with Deepening Followed by
Construction”15 È come tirare fuori la giusta parola-pesce che salti fuori dal torrente
9
dell’inconscio. Essere un povero pescatore, che tira fuori parole sbagliate, può bloccare il
progresso terapeutico e può anche creare un impatto dannoso.
Facciamo un altro esempio di Parola-Chiave di approfondimento verso la Fase Risolutiva. Il
paziente dice: “Ora mi sento libero!”, il terapeuta propone “Posso dirlo con te?”, pensando al
motto “Nel tango si è in due!” A questo punto il terapeuta e il paziente cominciano a ripetere
all’unisono la frase “Ora mi sento libero!”, ogni volta con maggior vigore. Durante questa
intensificazione, potrebbero mettersi in piedi, cominciando ad ondeggiare le braccia in aria,
ridendo e ridacchiando come due bambini giocherelloni e finire così per saltare su e giù
cantando “Mi sento libero! Mi sento libero. Assolutamente libero!”. Non si può negare che in
quel momento stiano attivamente ‘saltando sulla roccia’!
“Rannicchiarsi sulla roccia”
Cosa vuol dire quando diciamo che un paziente comincia a “rannicchiarsi sulla roccia”. Vuol
dire che la Parola-Chiave del paziente e tutta l’energia corporea rappresentano uno stato
parasimpatico “interiore”. Quindi la semplice logica ci dice che è il momento giusto per usare
metodi di intensificazione corporea che aiutino il paziente a cercare giù nelle sue profondità
parasimpatiche di sentimenti di doloro — pena, ferita, paura, tristezza, vergogna —
beneficiando di movimenti spontanei, per esempio, che coinvolgono la rotazione delle spalle
all’interno, lasciando che la testa si pieghi in avanti, incurvando la schiena, mettendo una o
entrambe le mani sull’addome o sul torace — dove le emozioni di vulnerabilità sono
generalmente più forti — e curvando le ginocchia per assumere una posizione rannicchiata. Le
Parole-Chiave o frasi del paziente implicano generalmente un senso di vulnerabilità ed
impotenza: “Mi sento abbandonato.” “Non c’è niente da fare.” “Mi sento depresso.” “Mi voglio
nascondere al mondo.” Ecc. In altre parole, ripetere simili Parole-Chiave e frasi nella posizione
di rannicchiamento e incurvatura in avanti, rappresenta un’ulteriore intensificazione psicofisica.
Sia che stiamo “saltando su e giù” o “assumendo una posizione di rannicchiamento” sulla
roccia, ciò significa che nessuna nuova Parola-Chiave è stata aggiunta dal paziente.
Ancora non stiamo avanzando sul piano dei pensieri. Stiamo semplicemente
distinguendo, con grande sensibilità stati simpatico-mesodermici da stati parasimpaticoendodermici, e guidando l’alternanza tra queste due modalità emozionali con destrezza, così da
aiutare il paziente a sciogliere i suoi nodi emozionali.16
III. Andare avanti con le Parole-Chiave
Avanzando: “Saltellare da roccia a roccia”
Io trovo che l’eleganza dell’approccio Parola-Chiave diventa particolarmente evidente quando
avanziamo da un pensiero all’altro, come se stessimo saltellando da una roccia
all’altra, nell’attraversare il fiume dell’esplorazione personale.
E da dove viene il pensiero successivo? Dal paziente! Nessuna interpretazione, nessun
dirigente, nessuna spinta da parte del terapeuta. Il terapeuta dice semplicemente, dopo un
momento di intensificazione corpo-mente usando la Parola-Chiave, (saltando o rannicchiandosi
sulla roccia), “Ti sta venendo in mente qualcosa ora? (oppure: “Cosa stai sentendo?” “C’è
qualche pensiero in arrivo?” “C’è qualche immagine? E se no, una sensazione particolare?”).
Queste sono “frasi direzionali”, non Parole-Chiave. E molto spesso il terapeuta non dice nulla.
Quando il rimbalzo simpatico-parasimpatico è ottenuto, c’è generalmente un cambio dello stato
emozionale verso l’approfondimento o verso il sollievo emotivo.
10
AVANZANDO DA ROCCIA A ROCCIA
Questo momento diventa particolarmente produttivo se la precedente intensificazione
mente-corpo ha generato un forte impulso aggressivo-simpatico. Abbiamo scalato la
montagna con la nostra forza mesodermica, quasi fino in cima! E dopo? E dopo… Un
momento di silenzio. Il paziente è nel suo essere più profondo… un sentire più più
profondo, morbido, delicato, prezioso, può emergere. “E ora in profondità?”, dice il
terapeuta, dolcemente. Forse è un sentimento di pianto. Forse è una ferita insepolta. “Sento
dentro come una ferita gonfia.” Terapeuta: “Una ferita gonfia…” E possiamo andare avanti
con le Parole-Chiave. Quello che è avvenuto è che l’intensificata dinamica corporea ci ha
permesso di raggiungere il “rimbalzo parasimpatico”17 (rimbalzo dal simpatico al
parasimpatico), e questo momento rivela il sé profondo.
Se il paziente continua a rispondere alle “domande direzionali” del terapeuta, nuove ParoleChiave possono emergere: “Mi fa uscire di senno.” “Non mi arrenderò.” “Sto cadendo in un
buco profondo.” “Sento un gran vuoto dentro.” E queste Parole-Chiave in seguito diventano
elementi per far saltare fuori nuove intensificazioni ed avanzare.
Alcune considerazioni neurologiche: tuffandosi nella profonda sostanza cerebrale
I processi linguistici sono in gran parte legati alle funzioni neurologiche intorno all’area di
Broca nella corteccia cerebrale, come hanno dimostrato numerosi studi per più di un secolo.18
Ma sappiamo che un centro neurale non “contiene” tutti gli aspetti di una funzione, come una
macchina contiene tutti i pezzi del motore sotto il cofano. Il cervello è una vasta rete ed il suo
genio proviene dalle vaste interrelazioni tra tutte le sue parti
Questo modello di “rete” del cervello ci permette di speculare su come le Parole-Chiave e le
frasi rivelano una speciale carica emozionale. E la nostra ipotesi? Che la Parola-Chiave, in
relazione al funzionamento dell’area di Broca, ha importanti ma dormienti connessioni con le
aree cerebrali concernenti in primo luogo le emozioni: l’ippocampo e l’amigdala, due importanti
centri sub-corticali che costituiscono il sistema limbico, conosciuto anche come “cervello
emozionale”. L’ippocampo, che è il luogo d’azione della benzodiazepina
— essendo la
11
benzodiazepina un tranquillante che agisce contro l’ansia— è anche intimamente connesso al
lobo temporale, l’importante settore di “immagazzinamento della memoria” del cervello. Ma le
connessioni tra la superiore area corticale di Broca e la più bassa regione ippocampo-lobo
temporale non sono di alta densità. I messaggi neurali tra queste due aree devono passare
attraverso la corteccia entorinale ed il girone cingolare(?), due strutture subcorticali che
funzionano da filtro. Per cui, un modello di linguaggio può avere qualche relazione con uno
stato emozionale, ma le due funzioni non sono sempre intimamente collegate.
Perciò, come possiamo far risaltare la connessione tra la corticale area del linguaggio di
Broca ed il subcorticale sistema limbico delle emozioni?
Dall’esperienza clinica, rileviamo che ripetendo le Parole-Chiave e le frasi, incrementando
l’intensità del suono, e aggiungendo a questo la potenza del nostro intero corpo usando le
nostre braccia, le gambe, il tronco e le espressioni facciali, tutto sembra “risvegliare” le
dormienti connessioni tra emozioni e linguaggio. Possiamo immaginare che queste espressioni
integrate di corpo e voce, ripetute ed intensificate, risveglino un gran numero neuroni cerebrali
ed anche le loro connessioni somatiche (muscolari, viscerali, ormonali, ecc.), rendendo
giovamento attraverso un ritorno somatico di “ricarica” e una scarica dei neuroni cerebrali. Per
questo il nostro lavoro risveglia innumerevoli circuiti centro-cerebrali/periferico-somatici che si
accendono insieme in positivi anelli di ritorno. Forse si potrebbe dire di più a proposito di quali
sentieri neurali e centri costituiscono questi particolari anelli di ritorno. Ma per le nostre
proposte, è sufficiente immaginare uno schema generale del funzionamento cerebrale ad una
molteplicità di livelli: la corteccia cosciente, i centri emozionali del sistema limbico ed i più bassi
centri vitali, per seguire lo schema del cervello a tre livelli di Paul MacLean.19 La ripetizione della
Parola-Chiave e le associazioni verbali risvegliano l’area delle associazioni corticali,20 mentre
“l’intensificazione dell’intero corpo” risveglia i centri vitali del cervello inferiore. In tal modo, il
sistema limbico del cervello emozionale riceve impulsi corticali da sopra ed impulsi dei centri
vitali da sotto,21 ognuno dei quali catalizza intensificazioni emozionali a base limbica e
trasformazioni.
Per riassumere, il nostro metodo corpo-mente di ripetizione delle Parole-Chiave e delle frasi
con alti livelli di vitalità può risvegliare le connessioni neurologiche del nostro Mondo Emotivo e
su questa via aiutarci ad esplorare i nostri problemi emozionali, così come a formulare le nostre
soluzioni emotive.
Per tornare al nostro lavoro clinico, gli esempi precedentemente illustrati di intensificazione
corpo-mente non sono l’unico modo per usare le Frasi-Chiave. Un approccio più graduale
implica l’utilizzo attento di “domande direzionali” (come menzionato precedentemente) che
semplicemente chiedono qualcosa in più su un piano verbale. (questo è uno dei più frequenti
tipi di intervento psicoterapeutico)
Diciamo che il paziente dice semplicemente, “Mi sento ansioso.”
Terapeuta: Ansioso… (e poi aggiunge)
“Come…?”
“In che modo…?”
“Ti senti ansioso NEL CORPO adesso? A cosa assomiglia?”
“Puoi descrivere COSA SUCCEDE DENTRO nel momento in cui dici, ‘Mi sento
ansioso’?”
“Forse sai qualcosa a proposito delle SITUAZIONI che ti fanno sentire ansioso.
Cosa succede in quelle situazioni?”
12
Il terapeuta, perciò, può chiedere associazioni, a volte indicando un particolare canale
esperienziale — sensazione, emozione, pensiero, immagine, situazione, anche spazio o tempo
(questi sono canali o campi della coscienza che sono parte della mappa esperienziale)22 — o a
volte mantenendo una direzione generale: Cosa viene in mente? Cosa succede dentro?
Il risultato è che stiamo attraversando il fiume, andando da una roccia all’altra, passo dopo
passo, seguendo l’andatura del paziente approfondendo insieme la nostra consapevolezza del
problema. Evidentemente questi sono metodi e domande che ancora utilizziamo nelle nostre
sessioni terapeutiche. La strategia della Parola-Chiave dice solo questo: Evita un linguaggio
estraneo. Non aggiungere le tue associazioni . Lascia che le risorse proprie del paziente di
consapevolezza e disposizione psicologica guidino questo delicato lavoro.
Piantare il seme: il terapeuta è discreto quando usa le sue intuizioni
Come parola conclusiva, il principio, “Il terapeuta non aggiunge alcuna Parola-Chiave
estranea”, non è assoluto. In seguito al padroneggiamento dei suddetti metodi della ParolaChiave—vitalizzazione corporea, il terapeuta coglie determinate opportunità per aggiungere
nuove Parole-Chiave. Ma questo deve essere fatto giudiziosamente e con grande rispetto per la
disposizione psicologica del paziente.
Per illustrare questo punto finale, ritorniamo al precedente esempio del paziente che dice la
semplice frase, “Mi sento ansioso”. Se il terapeuta avverte che i vantaggi di una lenta e
paziente esplorazione, come illustrato nella sezione precedente “Usare le Parole-Chiave per
aprire nuovi canali esperienziali”, può essere superato per importanza da un approccio verbale
che più specificamente ricerca connessioni cognitive e associazioni con situazioni di vita reale,
può “piantare il seme” di associazioni concrete suggerendo in modo umile, una o due possibilità
che germoglino da proprie intuizioni. Questo è un terreno più complicato, ma offrirò qualche
indicazione per mostrare che è possibile.
Piantare leggero: il terapeuta offre diversi esempi generali
Nel seminare il terreno psichico del paziente ‘piantando leggero’, il terapeuta non segue altro
che l’andare al successivo livello concreto di associazioni situazionali:
Terapeuta: Ansioso… è qualcosa che riguarda il lavoro? O la tua situazione a casa?
Terapeuta: Sentirti ansioso… è connesso all’aver paura di critiche, o in qualche modo di
essere rifiutato dalla gente?
Terapeuta: dire ‘Mi sento ansioso’, riguarda il fatto di venire qui, il nostro modo di cercare
di affrontare le tue emozioni, o qualcosa della mia presenza, che porta a questa ansietà?23
Terapeuta: Immagino che la sensazione, ‘Mi sento ansioso’ sorge in particolari momenti.
Quando hai parlato della difficoltà di parlare ai tuoi colleghi l’altro giorno, mi stavo
domandando se questo avrebbe potuto creare lo stesso tipo di sensazione di ‘Mi sento ansioso’.
(nota che la Frase-Chiave è ripetuta in tutte queste proposte di “piantare il seme”, solo che il
potenziale della camera d’eco della parola del terapeuta è utilizzata più spesso possibile).
Piantare più profondo: il terapeuta offre poche intuizioni sondanti e poi si ferma!
13
Qui, viene offerta una situazione più concreta per la considerazione del paziente, non perché
il terapeuta crede di essere nel giusto, ma solo per stimolare il livello mentale delle
“associazioni concrete”.
Terapeuta: “Per esempio, quando tuo marito comincia a criticare tuo figlio maggiore,
come hai ricordato la volta scorsa, e tu sei in disaccordo con l’attitudine di tuo marito,
ma, come ricordo mi dicesti, tu non vuoi contraddirlo di fronte al bambino, ti rende
ansiosa?
Paziente: No, non è questo… Ma quando improvvisamente entra in uno di questi irritabili
stati d’animo, sbatte la porta dicendo che sta uscendo, ed io so che probabilmente si
ubriacherà di nuovo, è questo che mi mette così in ansia!
Vediamo che il Piantare il Seme del terapeuta, offrendo associazioni concrete, ad un livello
sia leggero sia profondo, significa che il terapeuta può, occasionalmente, introdurre nuove
Parole-Chiave e situazioni concrete provenienti dalla propria impalcatura intuitiva. Infatti
possiamo dire che ciò equivale ad “offrire interpretazioni”. Comunque, ci sono varie differenze
o, per lo meno, precauzioni: Primo, l’iniziativa di “piantare semi” non dovrebbe essere presa
troppo spesso, per non creare piccole rotture nei processi mentali associativi del paziente.
Secondo, questo è il lavoro che il cliente dovrebbe fare per se stesso, e per questo motivo gli
“interventi associativi” del terapeuta vengono proposti principalmente per catalizzare, come
“enzimi”, l’andare del cliente verso “pensieri di approfondimento” con i suoi due piedi. Terzo, il
tono del terapeuta è estremamente modesto: la sua attitudine mostra chiaramente che egli
non ha interesse nell’apparire “corretto” nei suoi contributi intuitivi, ma che il suo unico
desiderio è quello di aiutare il cliente a trovare il proprio materiale associativo.24 Quarto, ogni
offerta è connessa alle Parole-Chiave o frasi che il terapeuta sta anche ripetendo, in questo
modo il lavoro di passeggiare da roccia a roccia va avanti senza impedimenti.
Conclusioni
Io propongo che tre mappe fondamentali sono condizioni necessarie (e a volte appena
sufficienti) per condurre sessioni terapeutiche che esplorano e trasformano disturbi emozionali.
1. La mappa delle Emozioni Simpatico-Muscolari in alternanza con Emozioni ParasimpaticoViscerali, 2. La mappa del Problema verso la Soluzione, 3. La mappa della Astrazione verso la
Concretezza.
Seguire il processo emozionale-cognitivo in accordo con queste tre mappe può dare al
paziente una struttura terapeutica che consenta un approfondimento ed una esplorazione delle
emozioni penose così come di progettare in avanti verso possibili soluzioni per il futuro.
E la Parola-Chiave? Questa è la-Chiave per aprire questi processi inconsci. Il terapeuta segue
il paziente passo dopo passo, così può esplorare, primo, il luogo del suo più oscuro inconscio, e
poi appena costruisce nuove possibilità verso i piani più alti dove c’è la luce del sole.
14
NOTE BIBLIOGRAFICHE
1
I sentimenti di “vulnerabilità” del parasimpatico e di sentimenti “aggressivi ed assertivi” del simpatico sono discussi in
Liss, J., “The Autonomic Nervous System and the Emotions”, in Free to feel, London, Wildwood House Pub., 1974.
2
R.D. Laing puntualizza che possiamo osservare il comportamento di un altro, ma non l’altrui esperienza interiore, che
rimane invisibile e privata a chiunque eccetto che alla persone che detiene l’esperienza. Questo significa che le
nostre affermazioni sulla vita profonda di qualcun altro – come le interpretazioni – devono sempre essere espresse
come ipotesi. Dichiarare con certezza la natura della vita profonda di qualcun altro – le sue emozioni, i suoi pensieri,
le sue intenzioni – è trasgredire questa essenziale differenza tra le persone e perciò diventa un segno di invasione e
mancanza di rispetto. Vedi Laing R.D., The politics of experience, London, Penguin Books, 1969, capitolo 1,
“Persons and experience”, (pp. 18-20).
3
Lo speciale compito di tentare di intuire con competenza quale sia la Parola-Chiave del paziente può essere dato
come esercizio in un training di gruppo, e se un certo disaccordo viene fuori tra gli studenti terapeuti riguardo a quale
parola o serie di parole rappresenti la Parola-Chiave o frase, allora la domanda può essere posta allo studente
terapeuta che stia interpretando il ruolo del cliente. Il giudice finale, in ogni situazione, su cosa costituisca la
Parola-Chiave, è la persona che ha pronunciato la frase.
4
Laing, R.D., Phillipson, H. and Lee, A.R., Interpersonal perception, London, Tavistock Pubs., 1966.
5
Questo articolo propone che ci sono tre teorie fondamentali in psicoanalisi: la teoria del Self (Sé) è stata sviluppata
da Fairbairn, Mahler, Jacobsen e Kohut. La teoria dell’Impulso è stata sviluppata da Freud e Melanie Klein. La teoria
delle Relazioni Oggettuali è stata sviluppata da Fairbairn, Guntrip e Winnicott. Queste tre teorie sono state scelte come
base del lavoro psicologico per le loro corrispondenze, in generale, con la forma grammaticale “soggetto, verbo ed
oggetto” che rappresenta la base della struttura linguistica nelle lingue occidentali. Vedi Liss J., “The Self, the Impulse
and the Other”, in Energy and Character, (edited by David Boadella), Sept., 1992 e April, 1993.
6
Quando il cliente rifiuta questo approccio – e secondo il mio pensiero questa non è una resistenza, ma solo un’altra
aspettativa riguardo alla terapia – allora possiamo vertere verso altre possibilità.
7
Il concetto di empatia corporea fu inizialmente suggerito e sviluppato dal Dr. Maurizio Stupiggia nel Cap. II,
“Empatia”, in La terapia biosistemica, (curato da Jerome Liss e M. Stupiggia, Milano, Ed. Franco Angeli, 1995).
8
Per maggiori dettagli a proposito della transizione “dal problema, alla liberazione, alla soluzione”, vedi l’articolo in
nota 10.
9
Per comprendere i termini “endoderma” e “mesoderma” che corrispondono a “parasimpatico” e “simpatico”, vedi
Lifestreams, di David Boadella, (London, Routledge and Kegan Paul, 1987) e anche l’articolo di Jerome Liss, “Muscles
and Guts: The Boadella-Liss Model as a Scientific Project”, in Energy and Character, Vol. 28, No. 1, Aprile 1997.
10
Vedi l’articolo, “From Problem to Solution: Guiding Emotional Work With Deepening Followed by Construction”. (J.
Liss, unpublished, 1998).
11
Come da nota 9.
12
Il fatto che alcuni terapeuti terminano il loro lavoro con questi orientamenti generali, “Io voglio prendere più spazio
di respiro…”, piuttosto che andare al sodo, creano un considerevole limite, io credo, alla crescita dei clienti. Il lavoro
terapeutico di definire “cosa? quando? e con chi?” in termini concreti è essenziale per l’evoluzione del paziente ad
alcune tappe del lavoro.
13
Questa particolare fase terapeutica è detta “Lavoro di concreta soluzione” e, anche se non discusso spesso su trattati
riguardanti “la psicologia del profondo”, è una potente leva per operare reali cambiamenti di vita e , quando c’è auto
sabotaggio, per provocare nuovi “lavori in profondità” in sessioni successive. Vedi l’art. “From Negative to Positive”,
(op.cit.) per un’elaborazione più completa.
14
Vedi Rossi, Ernest, The psycology of mind-body healing, (N.Y., W.W. Norton Pubs.) sulla memoria fisicodipendente e le associazioni mentali, che egli chiama “memoria stato-dipendente”.
15
Le Parole-Chiave vengono anche selezionate in relazione al loro significato muscolare-simpatico o visceraleparasimpatico. Per esempio, “Io so cosa voglio fare!” (detto con movimento tonico delle braccia e delle spalle) è una
Frase-Chiave “muscolare-simpatica”. Per contro, “Ora ho questa sensazione calda e morbida” (detto con voce calma e
movimenti circolari di una mano sulla pancia) mostra che lo stato della persona è “viscerale-parasimpatico”. Vedi
l’articolo “Muscles and Guts” (citato precedentemente) per una illustrazione dell’intero caso. Vedi anche il video
“Father I want to see you!” per una dimostrazione dell’interazione visceral-muscolare tra paziente e terapeuta (video
solo per professionisti).
16
Vedi Liss, Jerome, “The autonomic Nervous System and Our Emotions”, in Free to feel, op.cit.
17
Liss, Jerome, “Vertical Grounding, Horizontal Grounding and the Sympathetic-Parasympathetic Rebound”, Energy
and Character, vol.20, n°1, Aprile, 1989, pp.21-44.
18
Pinker, Steven, Language instinct: how the mind creates language, London: Harper e The new science of
language and mind, London, Penguin Books, 1994, pp. 307-314.
19
Vedi l’arti colo classico di Paul MacLean: “Psycosomatic Disease and the Visceral Brain, Recent Developments Bearing
on the Papez Theory of Emotions”, Psychosomatic Medicine, 1948, vol.11, pp. 338-353.
20
Per una esposizione su come lo stress distrugge le funzioni delle associazioni corticali, e come la riattivazione
dell’area di interazione delle associazioni corticali può aiutare la persona a tornare ad uno stato di equilibrio, vedi
l’interessante ricerca basata sugli studi EEG di Quarti, C. e Renaud, J., Neurophysiologie de la douleur, Paris,
Hermann, 1972.
21
Gli impulsi viscerali raggiungono il sistema limbico tramite un percorso tortuoso: partendo col nervo vago, l’impulso
dei sensori viscerali entra nel cervello al livello del Nucleo Solitario, poi scala le pareti attraverso una serie di corte
fibre per raggiungere la regione trigeminale e la materia grigia centrale, e di lì il messaggio viene consegnato
immediatamente al soprastante sistema limbico. Questo indica ancora una volta “connessioni indirette” che hanno
bisogno di essere rinforzate, con la ripetizione della Parola-Chiave e l’intensificazione, in modo da integrare i viscerali
impulsi emozionali con l’esperienza emotiva. Vedi Nauta, Walle, ”The central visceromotor system: a general survey”,
(pp. 21-39) in Hockman, Charles H. (ed.), Limbic system mechanism and autonomic Functions, Springfield, III.,
1
Charles C. Thomas Pub., 1972.
22
Per esempi di “mappe esperienziali” che vengono usate per guidare il processo psicoterapeutico:
a. Liss, Jerome, Free to feel, (cit.), (Eccitamento, Flessibilità, Chiarezza e Complessità” (pp.102-103) per una
mappa della coscienza basata su questi criteri.
b. Bandler, Richard and Grinder, John, Frogs into princes. Neurolinguistic Programming, Moab, Utuah, Real
People Press, 1979, per il modello delle dimensioni corporea, della parola-pensiero e immaginativa, della
coscienza.
c. Gendlen, Eugene, Focusing, New York, Everest House Pubs., 1978, per una mappa che enfatizzi le interazioni tra
sensazioni corporee, parola ed immagine.
d. Downing, George, Il corpo e la parola, Roma, Astrolabio, 1996, per una presentazione dei domini della
coscienza riguardanti parola, immagine, corpo, con il dominio corporeo contenente posizione, gesti, sensazioni e
movimenti.
23
Il linguaggio qui non è particolarmente caricato con materiale proveniente dalla storia del paziente, ed in questa
direzione rappresenta una “semina leggera”, il fatto che è in rapporto con la relazione del tipo ‘qui ed ora’ tra paziente
e terapeuta; il cosiddetto ‘trasferimento’ può giustificare l’essere recategorizzato come “Semina Profonda”.
24
Come può il paziente sentire che il terapeuta non è interessato ad imporre le sue idee personali ma solo a stimolare
le intuizioni proprie del paziente? Qui ci sono due indicazioni: primo, quando il tono di voce del terapeuta, mentre
offre nuove idee, non è quello della certezza, ma piuttosto, quello di “offrire ipotesi” che il paziente possa valorizzare
da solo. Secondo, quando il paziente dice “no” all’intuizione del terapeuta, poi da l’alternativa corretta, ed il terapeuta
mostra accettazione immediata ed apprezzamento per questa correzione.