Proposta di revisione dello stemma della Provincia

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Proposta di revisione dello stemma della Provincia
Proposta di revisione
dello stemma della
Provincia di Rovigo
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1) Cenni elementari di araldica.
La parte principale di uno stemma è lo scudo, che è «il fondo su cui si disegnano
le figure e le pezze araldiche»1 .
Una delle cose più importanti da tenere a mente nel descrivere — o blasonare,
com’è l’esatto termine tecnico — uno stemma è che la destra e la sinistra sono invertite.
Poiché l’araldica si sviluppò dall’usanza degli antichi cavalieri di dipingere sui propri
scudi figure particolari che li distinguessero in battaglia, si ha riguardo, nel descrivere lo
scudo, alla destra e sinistra dell’uomo che lo imbraccia. Pertanto, quella che all’osservatore appare “destra” è sinistra e, viceversa, quella che appare “sinistra” è indicata come destra. La regola vale per tutti gli elementi di uno stemma.
Tornando allo scudo, esso può essere di varie forme: rotondo, ovale, a losanga, a
targa ecc. La foggia più usata modernamente, soprattutto per gli stemmi degli Enti Locali, è quella sannitica: lo scudo è rettangolare, leggermente arrotondato negli angoli inferiori ed aguzzo in punta (Figura 1).
Figura 1 - Scudo sannitico.
Il campo, ossia l’area dello scudo, può presentare suddivisioni interne. Le principali sono sei, dette semplici; di queste c’interessano qui il partito, il troncato, il trinciato ed il tagliato (Figura 2).
1
Le definizioni tecnico-araldiche sono tratte dal Dizionario araldico di P. GUELFI CAMAIANI,
Hoepli, Milano, 1940 (rist. Cisalpino-Goliardica, Milano, 1982).
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Figura 2 - Partizioni semplici.
Tra le partizioni composte, che risultano dall’unione di due o più partizioni semplici, ha rilievo per noi l’inquartato, normale (partito + troncato) od in croce di Sant’Andrea o decusse (trinciato + tagliato)2 (Figura 3).
Figura 3 - Inquartati.
Nel campo o nelle sue partizioni si pongono le figure, che possono essere geometriche più o meno complesse (figure araldiche propriamente dette) o rappresentare
persone, animali, piante, oggetti naturali od artificiali e creature di fantasia (figure naturali, artificiali e chimeriche o fantastiche).
Il campo, le sue partizioni e le figure dello scudo possono essere di diversi smalti. Gli smalti si suddividono in colori (rosso, azzurro, nero, verde, violaceo o porpora) e
metalli (oro, argento). Accanto a questi colori principali si trovano il colore di carnagione (per figure umane) ed il colore naturale (quello che ha realmente una figura natu-
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rale se non assume un colore di fantasia). Spesso, nelle raffigurazioni a colori, l’oro è
rappresentato dal giallo chiaro e l’argento dal bianco, sebbene tale prassi non sia del tutto corretta.
Quando la raffigurazione dello scudo non è a colori, per indicare smalti e metalli
si adoperano particolari tratteggi (Figura 4):
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azzurro: linee orizzontali;
–
rosso: linee verticali;
–
nero: linee orizzontali e verticali sovrapposte;
–
verde: linee diagonali da destra a sinistra (araldiche);
–
porpora: linee diagonali da sinistra a destra (idem);
–
oro: puntini;
–
argento: nessun tratteggio;
–
naturale: piccole squame a forma di “C”.
Figura 4 - Tratteggi degli smalti.
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Esistono anche l’inquartato in squadra e l’inquartato in grembi ritondati, molto rari e che comunque qui non c’interessano.
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Oltre allo scudo, fanno parte dello stemma di un Ente Locale la corona e l’ornamento. Le corone degli Enti Locali sono state da ultimo definite negli art. 95, 96 e 97
del regolamento per la Consulta Araldica approvato nel 1943 (v. infra). La corona di
Provincia è così descritta, all’art. 95:
«La corona della Provincia (a meno di concessione speciale) è formata da
un cerchio d’oro gemmato con le cordonature lisce ai margini, racchiudente due rami, uno di alloro ed uno di quercia, al naturale, uscenti dalla corona, decussati e ricadenti all’infuori»3 (Figura 5).
Figura 5 - Corona di Provincia.
L’ornamento non è definito in alcun testo normativo. Tradizionalmente, esso è
composto da un ramo di quercia ed uno d’alloro — più o meno frondosi e ritorti — che
circondano in misura maggiore o minore lo scudo e finiscono incrociati sotto la punta di
questo. Qualche Ente Locale aggiunge, secondo le proprie tradizioni peculiari, ulteriori
elementi all’ornamento quali cartigli con motti, simboli mitologici, decorazioni ricevute
ecc.
Analogamente, alcuni Enti Locali — quasi sempre per speciale concessione ricevuta dall’autorità statale — portano, al posto della corona del tipo che loro competerebbe, corone particolari. È il caso, per esempio, della Provincia di Treviso, che sormonta (“timbra” in gergo tecnico) il proprio scudo con una corona di marchese, allusione alla Marca Trevigiana.
3
La descrizione normativa non prevede, com’è possibile leggere, che i rami siano legati da un
nastro tricolore come quello che si trova nello stemma concesso alla Provincia nel 1934. In effetti, nella
stampa con la versione corretta rinvenuta a Rovigo (v. più avanti nel testo), le due fronde sono legate da
un nastro azzurro; altre Province usano nastri di altri colori o nessuno del tutto. Si ritiene comunque che il
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Venendo infine al gonfalone, esso è una «bandiera quadrata e scaccata in fondo,
attaccata ad un bastone orizzontale sostenuto da un’asta; esso porta nel suo campo le
armi del comune». L’art. 5 del r.d. 652/1943 (v. infra) fissa per esso le dimensioni di m
1 × 2 (benché tali misure non siano tassative, è consigliabile osservare sempre il rapporto 1 : 2 fra larghezza ed altezza).
Se non vi sono specifiche ragioni che depongono per colori particolari, li gonfalone prende il colore od i colori principali dello stemma che è destinato a portare, e così
pure il velluto che ricopre l’asta. Nel caso della Provincia, i cordoni, i fiocchi, le frange
e le parti metalliche sono dorate.
2) Quadro normativo di riferimento.
Prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 267/2000 «Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali» la materia era regolata dal r.d. 651/1943 «Ordinamento
dello stato nobiliare italiano» e dal r.d. 652/1943 «Regolamento per la Consulta Araldica». Ai sensi dell’art. 31 dell’ordinamento e dell’art. 5 del regolamento, gli stemmi degli Enti Locali non potevano essere modificati senza decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri previo parere della Consulta Araldica (ora Ufficio Araldico della Presidenza del Consiglio). L’art. 274 del d.lgs. 267 ha abrogato il citato art. 31.
L’art. 6, comma 2 del nuovo t.u.e.l. prevede ora invece che sia lo statuto dell’ente a determinare la composizione dello stemma e del gonfalone. Ferma restando la
necessità di osservare le regole araldiche, l’Ente Locale può dunque crearsi — se ne è
ancora sprovvisto — o variare da sé il proprio stemma con una modificazione statutaria.
3) La deliberazione del Consiglio Provinciale n. 21 del
18 marzo 1925.
La Provincia di Rovigo iniziò ad affrontare il problema di munirsi d’uno stemma
nel 1925, quando il Consiglio Provinciale, con la deliberazione n. 21 del 18 marzo, ap-
nastro tricolore (araldicamente «interzato in palo di verde, di bianco e di rosso») possa senz’altro essere
mantenuto quale doveroso richiamo alla bandiera nazionale.
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provò la richiesta al Governo della concessione di uno stemma raffigurante una rosa ed
una spiga di grano da essa sorgente. Con tale simbologia si voleva rimembrare da un lato la leggenda secondo la quale la rosa fu così abbondante, nell’antichità, in Polesine da
dare il nome alla città capoluogo — con riferimento al nome latino di Rovigo Rhodigium, ritenuto derivare dal greco ρωδον (rosa, appunto) — e dall’altro la situazione di
quegli anni, nella quale era il frumento la pianta più intensamente presente nelle terre
polesane 4 .
La Consulta Araldica non accolse tuttavia lo stemma proposto, ritenendo che esso, di natura totalmente simbolica, non rispecchiasse le vicende storiche del Polesine.
Essa ne disegnò conseguentemente un altro, significativo del passato della Provincia. Lo
scudo doveva infatti portare, inquartati fra di loro, lo stemma della Contea di Rovigo —
parte del Ducato di Ferrara, cui il nostro territorio appartenne sino al 1484 — ed uno
stemma allusivo alla Repubblica di Venezia, alla quale il Polesine fu soggetto sino alla
caduta della Serenissima, avvenuta nel 1797.
La descrizione dello stemma divenne pertanto:
«Inquartato. Nel I e nel IV partito d’argento e d’azzurro all’aquila bicipite
dell’uno nell’altro. Nel II e nel III di verde al castello d’oro, cimato da un
leone alato passante dello stesso. Il tutto sormontato dal capo del Littorio»5 .
4) Il decreto di concessione del 25 luglio 1934 e la sua
errata raffigurazione dello stemma.
In attuazione della citata decisione della Consulta fu emanato, il 25 luglio 1934,
il regio decreto di concessione dello stemma.
Proprio da tale provvedimento, recante le firme di Vittorio Emanuele III e di
Mussolini e custodito in originale dalla Biblioteca Provinciale, deriva l’errore da cui sono state sin qui affette pressoché tutte le riproduzioni dello stemma provinciale. Infatti,
il bozzetto a colori allegato è errato rispetto alla descrizione tecnica: in esso, nel I e IV
4
Atti del Consiglio Provinciale di Rovigo. Anno 1925, Officine Grafiche Corriere, Rovigo, 1927,
5
Due quadrienni di amministrazione del Rettorato (1929 – 1936), Rovigo, 1937, pag. 7-10.
pag. 58.
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quarto è raffigurato un tagliato anziché un partito (Figura 6). Il campo cioè, e conseguentemente l’aquila bicipite che lo riempie, è diviso da una linea diagonale che va dal
cantone inferiore di destra (araldica) a quello superiore di sinistra (idem) invece che da
una linea verticale mediana (cfr. fig. 2).
Figura 6 - Stemma errato del 1934.
Per incidens notiamo che nello stemma è raffigurato anche il capo (pezza che
occupa poco meno della terza parte superiore dello scudo) c.d. del Littorio, che fu aggiunto agli stemmi di tutti gli Enti Locali durante il periodo fascista. Va osservato anche
che, benché non sia specificato nella descrizione, il castello è “aperto di nero” (ossia con
le porte colorate di nero invece che d’oro, come il resto della figura).
La raffigurazione corretta sarebbe dovuta essere invece la seguente, raffigurata
in una stampa — sempre d’epoca fascista, dalla quale è già stato espunto il capo del Littorio — recentemente rinvenuta in un negozio di Rovigo (Figura 7).
Figura 7 - Stemma corretto secondo il r.d. del 1934.
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5) Spunti per la revisione dello stemma e del gonfalone;
proposta di tipizzazione del sigillo provinciale.
Già da quanto abbiamo esposto al paragrafo precedente risulta che, su tutte le
raffigurazioni dello stemma provinciale attualmente in circolazione (gonfaloni, targhe,
timbri, carte intestate ecc.), si dovrebbe quantomeno procedere alla correzione dello
stemma in base alla sua corretta composizione e non all’errato bozzetto di cui sopra.
Tuttavia, dal momento che ora l’Ente Locale non necessita più dell’intervento
statale per modificare il proprio stemma, e ciò rende più celere l’operazione, vale forse
la pena di attuare sino in fondo l’idea che la Consulta Araldica ebbe quasi settant’anni
fa a proposito del simbolismo che doveva contenere lo stemma.
Lo stemma della Contea di Rovigo è infatti, in realtà, abbastanza diverso da
quello individuato allora. Esso fu concesso a Borso d’Este dall’imperatore del Sacro
Romano Impero Federico III nel 1452, allorché il sovrano ferrarese fu, appunto, investito conte di Rovigo, e consta di «un partito d’oro e d’azzurro, all’aquila bicipite di nero a
volo abbassato sull’oro e d’argento sull’azzurro linguata di rosso, rostrata, membrata e
coronata d’oro unghiata di nero nel I e di rosso nel II»6 (Figura 8).
Figura 8 - Stemma della Contea di Rovigo.
Il campo dello stemma è dunque partito d’oro (non già d’argento) e d’azzurro, e
l’aquila bicipite che in esso campeggia è a sua volta partita di nero e d’argento, è sormontata da una corona dorata, ha le ali chiuse e non dispiegate, il becco e le zampe (ri-
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spettivamente rostro e membra) sono d’oro, la lingua è rossa (linguata ovvero, con un
francesismo, lampassata) e gli artigli (unghiata, od anche armata) sono neri nella metà
nera e rossi nella metà argentea7 .
6
A. SPAGGIARI – G. TRENTI, Gli stemmi estensi ed austro-estensi. Profilo storico, Aedes, Modena, 1985, pag. 50.
7
Si discute se lo stemma della Contea di Rovigo sia entrato a fare parte del precedente stemma
dei duchi ferraresi — il c.d. “inquartato di Francia” — che riuniva in sé l’originario emblema familiare e
quelli di concessione, dati dal re di Francia e dall’imperatore (Figura A).
Figura A - “Inquartato di Francia” di Borso d’Este.
Di questo parere è L. CHIAPPINI, Gli Estensi, Dall’Oglio, Milano, 1967, pag. 554: «Lo stemma
degli Estensi è costituito da un’aquila d’argento in campo azzurro, che fregiò la loro bandiera fino dal
1329. I tre gigli in campo azzurro dentellato d’argento vennero aggiunti dal marchese Nicolò III, cui aveva concesso l’ambito privilegio Carlo VII, re di Francia. L’aquila imperiale in campo d’oro denota invece
il feudo imperiale di Modena e Reggio, ottenuto nel 1452 dall’imperatore Federico III, mentre l’aquila,
divisa longitudinalmente in una metà argentea in campo azzurro e nell’altra metà nera in campo oro, rappresenta la contea di Rovigo, che comprendeva anche Adria, Comacchio, Lendinara, Argenta, S. Alberto
e altre terre. Le chiavi pontificie sono il simbolo della rinnovata investitura di Ferrara da parte di papa Sisto IV ad Ercole I nel 1474, come il triregno lo è del vicariato della Chiesa. Il gonfalone venne inserito
nel 1368 nell’occasione della nomina del marchese Nicolò II a gonfaloniere perpetuo di Santa Chiesa».
A questa posizione aderisce l’Enciclopedia Italiana la quale, alla voce Este (vol. XIV), riporta la
seguente raffigurazione dello stemma, che effettivamente — benché, erroneamente, colle ali spiegate —
raffigura nel I quarto l’aquila imperiale e nel IV quella della Contea rodigina (Figura B).
Figura B - “Inquartato di Francia” con stemma della Contea di Rovigo.
Di avviso nettamente contrario, invece, SPAGGIARI e TRENTI, op. cit., loc. cit. ed ivi in nota 6, secondo i quali «Non sembra invece documentato l’uso di un altro stemma proposto da alcuni autori e che
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Parimenti, curiosamente incompleto si presenta il riferimento alla Serenissima,
dal momento che il leone rappresentato nel II e III quarto dello stemma è sì alato, ma
non presenta l’aureola né, soprattutto, il libro che è caratteristico del leone di San Marco, emblema universalmente noto della Repubblica di Venezia.
Pertanto, uno stemma non solo araldicamente preciso, ma che volesse veramente
rimembrare i due periodi salienti della storia polesana, dovrebbe contenere uno scudo
così blasonato (Figura 9):
«Inquartato. Nel I e nel IV partito d’oro e d’azzurro all’aquila bicipite —
col volo abbassato — partita di nero (sull’oro) e d’argento (sull’azzurro),
coronata d’oro, rostrata e membrata pure d’oro, linguata di rosso ed armata di nero sull’oro e di rosso sull’azzurro. Nel II e nel III di verde al castello
d’oro, non merlato e leggermente rastremato in alto, murato di nero ed aperto d’uno, pure di nero; il castello è cimato dal leone di San Marco passante, alato e nimbato e col libro aperto, il tutto d’oro; il libro reca, in caratteri romani maiuscoli di nero, le iscrizioni PAX TIBI MARCE sulla pagina di destra, in quattro righe, ed EVANGELISTA MEVS sulla pagina di sinistra, pure in quattro righe».
Figura 9 - Stemma provinciale riveduto.
Oltre a rappresentare correttamente lo stemma dell’antica Contea estense, la raf-
consisterebbe nell’inquartato di Borso recante nell’ultimo quarto — al posto della seconda aquila imp eriale — il partito della contea di Rovigo […] in effetti, nel corso della presente ricerca — che dura ormai
quasi un decennio — non abbiamo mai rinvenuto stemmi di tale foggia in qualche modo adottati dagli Estensi».
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figurazione proposta descrive più puntualmente il castello, che non ha merli e si restringe verso l’alto (a differenza, ad esempio, di quello che compare sullo stemma del Comune di Rovigo), è “murato” di nero (cioè, di tale colore sono le connessure fra i mattoni) ed “aperto di uno” (ossia con una sola porta) del medesimo (il castello aperto simboleggia liberalità ed accoglienza). Il leone marciano è passante (vale a dire visto di fianco
e non di fronte cioè in maestà, come appare ad esempio nello stemma della Provincia di
Venezia) e porta l’aureola (nimbato) ed il libro aperto del tempo di pace (com’è noto, in
tempo di guerra il leone con una zampa anteriore brandiva una spada ed aveva sotto
l’altra il libro chiuso, sì da non mostrare la frase PAX TIBI MARCE EVANGELISTA
MEVS).
Va sottolineato che, pur non sussistendo in questa materia un vero e proprio diritto d’autore, il leone di San Marco appartiene al patrimonio storico e culturale veneziano; potrebbe pertanto porsi l’interrogativo se, prima di deliberare le modificazioni, la
nostra Provincia debba richiedere al Comune di Venezia — ed eventualmente anche alla
Provincia ed alla Giunta Regionale — il beneplacito alla raffigurazione dell’emblema
sul proprio stemma. Bisogna anche dire, tuttavia, che il leone di San Marco già compare
nello stemma di alcuni Comuni polesani: Lendinara, Fiesso Umbertiano, Giacciano con
Baruchella, Canda, Contarina (sino alla fusione con Donada) e di moltissimi altri Comuni veneti, e che la scelta di raffigurarlo sul proprio stemma è segno di rispetto ed ammirazione certamente privo di intenti usurpativi.
Lo scudo è timbrato dalla corona di Provincia — così come descritta all’art. 95
del r.d. 652/1943 e col nastro tricolore a legare i due rami — ed è accollato ad un ornamento formato come segue:
«L’ornamento è composto di due fronde al naturale, di quercia a destra e
d’alloro a sinistra, circondanti lo scudo sino a lambirne gli angoli superiori, passate sotto di esso in croce di Sant’Andrea in corrispondenza della
punta ed ivi legate da un nastro d’azzurro».
Per quanto riguarda il gonfalone, seguendo la regola generale esposta più sopra
sorgerebbero dubbi su quali debbano essere i suoi colori, non essendovi nello scudo uno
smalto che prevalga sugli altri per quantità (come invece accade pel gonfalone del Comune di Rovigo, che è interzato in fascia — ossia orizzontalmente — di azzurro, di
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bianco e di verde poiché l’azzurro, l’argento ed il verde sono gli smalti predominanti
nello stemma).
Le soluzioni potrebbero essere due: la prima è quella di mantenere l’uso sin qui
praticato, che vede per la nostra Provincia un gonfalone interamente azzurro. La seconda, innovativa, potrebbe essere quella di scegliere un gonfalone a tre strisce orizzontali
sovrapposte azzurra, verde ed azzurra; tale disposizione è detta araldicamente interzato
in fascia.
Quest’ultima soluzione sarebbe comunque corretta dal punto di vista tecnicoaraldico — riprendendo due smalti predominanti dello scudo — ed avrebbe il pregio di
simboleggiare la collocazione geografica del Polesine, terra posta fra due fiumi. Motivi
simili si trovano, del resto, anche in qualche stemma comunale: in quello di Gavello una
doppia banda (rectius “gemella in banda”) ondata d’argento attraversa lo scudo; una
banda ondata simboleggiante il fiume si trova anche negli stemmi di Corbola e di Porto
Viro. Più in generale, molti sono i riferimenti al fiume ed all’acqua negli stemmi polesani: Occhiobello, Taglio di Po, Crespino, Polesella, Papozze.
La descrizione sarà dunque:
«Drappo interzato in fascia d’azzurro, di verde e d’azzurro — di altezza
doppia della larghezza — appeso a bilanciere ad un’asta verticale e caricato dello stemma provinciale sovrastato dalla scritta diritta, in caratteri maiuscoli d’oro, PROVINCIA DI ROVIGO. Il drappo termina in sei code diritte, di eguale lunghezza, ciascuna frangiata d’oro e caricata di un rametto di
quercia con ghiande, pure d’oro. L’asta è ricoperta di velluto azzurro, adorna di bullette metalliche poste a spirale e cimata da una freccia che reca
inciso lo stemma. Sotto la freccia è annodata una cravatta tricolore — interzata in palo di verde, di bianco e di rosso — frangiata d’oro. Il drappo è
fiancheggiato da un cordone ritorto, passante sotto la freccia e terminante
con una nappa a ciascun capo. Il cordone, le frange, le nappe e tutte le parti metalliche sono d’oro» (Figura 10).
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Figura 10 - Possibili composizioni del gonfalone.
La descrizione indica con sufficiente precisione il rapporto fra le due dimensioni
del drappo (che concretamente potrà essere confezionato in più grandezze a seconda
dell’uso da farsene: per manifestazioni pubbliche, per le sale del Consiglio e della Giunta ecc.) e la forma del suo lato inferiore, che riprende quella attuale. L’iscrizione è può
essere diritta, com’è ora, ovvero centrata e cioè, in termini araldici, non tanto ad eguale
distanza dai margini del drappo — cosa che comunque dev’essere — bensì leggermente
arcuata convessamente. Le bullette poste a spirale sono ornamento tradizionale dei gonfaloni; ad esse si può anche rinunciare, ma è consigliabile mantenere in ogni modo la ricopertura in velluto dell’asta. Quest’ultima è di colore azzurro, poiché questo è lo smalto del gonfalone. Tale ricopertura monocroma può andare bene anche qualora si scelga
il drappo interzato azzurro/verde/azzurro, poiché quest’ultimo rimane colore dominante.
La revisione di stemma e gonfalone può costituire anche l’occasione per tipizzare — come ha fatto la Regione del Veneto con la l.r. 56/1975 — la foggia del sigillo
provinciale, da prendere a modello per la realizzazione di timbri, placche e simili. Qui si
propone un sigillo circolare del diametro di trentacinque millimetri — come quelli assegnati alle Amministrazioni statali — recante, oltre allo stemma completo, il nome ufficiale dell’Ente e la denominazione dell’ufficio cui il sigillo è in concreto assegnato.
Nulla impedisce, ovviamente, che si adotti un sigillo uguale per tutti col solo nome del-
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l’Ente o che questo sia usato soltanto per i documenti degli organi di governo, lasciando
quelli coll’indicazione della struttura ai vari uffici.
Rovigo, luglio 2001.
– dr. Stefano Salandin –
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Allegato – Bozza di articolo dello Statuto disciplinante gli emblemi araldici provinciali.
«1. I simboli ufficiali della Provincia di Rovigo, la descrizione dei quali è contenuta nel presente articolo, sono:
a) lo stemma;
b) il gonfalone;
c) il sigillo.
2. L’uso dello stemma e del gonfalone è disciplinato da un apposito regolamento.
3. Lo stemma della Provincia è composto dallo scudo, dalla corona e dall’ornamento.
4. Lo scudo è così blasonato: «Inquartato. Nel I e nel IV partito d’oro e d’azzurro all’aquila bicipite — col volo abbassato — partita di nero (sull’oro) e d’argento
(sull’azzurro), coronata d’oro, rostrata e membrata pure d’oro, linguata di rosso ed armata di nero sull’oro e di rosso sull’azzurro. Nel II e nel III di verde al castello d’oro,
non merlato e leggermente rastremato in alto, murato di nero ed aperto d’uno, pure di
nero; il castello è cimato dal leone di San Marco passante, alato e nimbato e col libro
aperto, il tutto d’oro; il libro reca, in caratteri romani maiuscoli di nero, le iscrizioni
PAX TIBI MARCE sulla pagina di destra, in quattro righe, ed EVANGELISTA MEVS
sulla pagina di sinistra, pure in quattro righe».
5. Lo scudo è cimato dalla corona di Provincia, che è formata da un cerchio d’oro gemmato con le cordonature lisce ai margini, racchiudente due rami, uno di alloro ed
uno di quercia, al naturale, uscenti dalla corona, decussati e ricadenti all’infuori e legati
da un nastro svolazzante interzato in palo di verde, di bianco e di rosso (art. 95 del r.d. 7
giugno 1943, n. 652).
6. L’ornamento, cui lo scudo cimato dalla corona è accollato, è composto di due
fronde al naturale, di quercia a destra e d’alloro a sinistra, circondanti lo scudo sino a
lambirne gli angoli superiori, passate sotto di esso in croce di Sant’Andrea in corrispondenza della punta ed ivi legate da un nastro d’azzurro.
7. Il gonfalone della Provincia è costituito da un drappo interzato in fascia d’az-
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zurro, di verde e d’azzurro — di altezza doppia della larghezza — appeso a bilanciere
ad un’asta verticale e caricato dello stemma provinciale sovrastato dalla scritta diritta, in
caratteri romani maiuscoli d’oro, PROVINCIA DI ROVIGO. Il drappo termina in sei
code diritte, di eguale lunghezza, ciascuna frangiata d’oro e caricata di un rametto di
quercia con ghiande, pure d’oro. L’asta è ricoperta di velluto azzurro, adorna di bullette
metalliche poste a spirale e cimata da una freccia che reca inciso lo stemma. Sotto la
freccia è annodata una cravatta tricolore — interzata in palo di verde, di bianco e di rosso — frangiata d’oro. Il drappo è fiancheggiato da un cordone ritorto, passante sotto la
freccia e terminante con una nappa a ciascun capo. Il cordone, le frange, le nappe e tutte
le parti metalliche sono d’oro».
8. Il sigillo della Provincia è di forma circolare ed ha il diametro di mm 35. Esso
reca al centro la raffigurazione dello stemma provinciale, così come definito al comma
3, circondato da una corona circolare a bordi semplici dello spessore di mm 5. Questa
reca, in caratteri romani maiuscoli, la legenda PROVINCIA DI ROVIGO, i cui principio e termine sono separati da una piccola stella a cinque punte in corrispondenza della
punta dello scudo».
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