Birmania e Cambogia

Transcript

Birmania e Cambogia
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Raffaele Banfi
Diario di viaggio
Birmania e Cambogia
10 – 27 ottobre 2006
By RB
Pag. 1
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Dedicato a tutte le persone a me care che per motivi
di lavoro, di età o salute non hanno potuto condividere la
bellezza e l’armonia di questi incantevoli luoghi.
Raffaele Banfi
By RB
Pag. 2
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Indice e località del diario
Indice
Pag.
3
Presentazione dei luoghi visitati
Pag.
4
Il programma turistico
Pag.
7
Il diario di viaggio
Pag.
10
Birmania - Yangon
Pag.
11
“
- Bago
Pag.
17
“
- Roccia d’oro
Pag.
18
“
- Bago
Pag.
19
“
- Yangon
Pag.
20
“
- Heho
Pag.
22
“
- Lago Inle
Pag.
23
“
- Pindaya
Pag.
28
“
- Mandalay
Pag.
31
“
- Mingun
Pag.
32
“
- Mandalay
Pag.
33
“
- Amarapura
Pag.
36
“
- Sagaing
Pag.
38
“
- Monywa
Pag.
39
“
- Grotte degli Sciamani
Pag.
41
“
- Pakkoku
Pag.
43
“
- Bagan
Pag.
44
“
- Yangon
Pag.
51
Pag.
52
Cambogia – Siem Reap
“
- Angkor Thom
Pag.
54
“
- Phnom Penh
Pag.
59
Tre motivi per andare in:
Pag.
62
Ringraziamenti
Pag.
63
By RB
Pag. 3
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Presentazione dei luoghi visitati
La geografia – La penisola indocinese
Il Myanmar (Birmania)
By RB
Pag. 4
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
La Cambogia
Alcuni dati economici *
Italia
Forma di governo
Superficie kmq
Myanmar
(Birmania)
Cambogia
Repubblica democratica di
Repubblica
tipo parlamentare (parlamento eletto e mai
convocato)
Monarchia
costituzionale
301.338
676.577
181.035
58.752.000
47.180.000
13.807.000
195
70
76
Capitale
Roma
(2.548.000 ab)
Yangon
(4.082.000 ab)
Phnom Phem
(570.200 ab)
Moneta
Euro
Kyat
Riel
18° posto
129° posto
130° posto
M 78
F 83
M 58
F 63
M 58
F 64
Italiani 94,8
Immigrati 5,2
Birmani 55,9
Karen 9,5
Shan 6,5
Chin 2,5
Mon 2,5
Kmer 85,2
Cinesi 6,4
Vietnamiti 3
Chan 2,5
Altri 2,9
Italiano
Presenza di idiomi regionali
Birmano (ufficiale)
inglese
Kmer (ufficiale)
francese
Popolazione
Densità ab/kmq
Indice sviluppo
Umano
Speranza vita
Gruppi Etnici %
Lingua
By RB
Pag. 5
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Italia
Myanmar
(Birmania)
Cambogia
Cattolici 82,1
Mussulmani 1,7
Altri 16,2
Buddisti 89,4
Cristiani 4,9
Mussulmani 3,8
Animisti 1,2
Induisti 0,5
Altri 0,2
Buddisti 95
Mussulmani 2,2
Altri 2,8
PIL ml $
1.718.903
5.378
5.419
PIL/ab $
29.635
97
375
1,9
17,7
5,8
Religione %
Inflazione %
Economia
Presenti e ben sviluppati tutti
Principale coltura riso Prodotto principale è il
i settori con forte import ed Piantagioni di frumento,
riso.
export
mais, patate, canna da Pesca interna necessaria
zucchero, sesamo
per il paese
Petrolio, gas naturale,
Sale è l’unica risorsa
piombo, rame. stagno.
mineraria
tungsteno, pietre
Poche industrie
preziose
moderne (capitale
straniero)
Export
Turismo
(visite anno)
Riso 7° posto
Caucciù soia, mais,
fagioli secchi 2°posto sesamo, pesce, vestiario
crostacei, rame, pietre
preziose
33.000.000
242.000
900.000
450.233
28.598
12.400
(2.000 asfaltate)
Ferrovie km
15.864
3.955
650
Autoveicoli
38.175.600
(33.931.100 autovetture)
120.000
(70.000 autovetture)
219.400
(186.000 autovetture)
Telefoni fissi %
sulla popolazione
62,3
0,79
0,26
Cellulari %
sulla popolazione
98,5
0,34
7,55
1,6
10,1
26,0
Strade km
Analfabeti %
* I dati economici utilizzati per questa presentazione sono tratti da :
Calendario Atlante De Agostini 2007
Istituto Geografico De Agostini – Novara
By RB
Pag. 6
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Il programma turistico
Un viaggio attraverso due Paesi straordinari che custodiscono tesori di tutta l’Umanità.
La Birmania custodisce un patrimonio storico ed artistico eccezionale con migliaia di templi millenari,
a ricordo di antichi splendori, posati tra verdi vallate fertilissime, radure steppose, altopiani e catene
montuose ricoperte da foreste. Lunghi fiumi navigabili con un lago straordinario, Inle, dove il tempo e
la gente sembra essersi fermata con le secolari tradizioni. Mille pinnacoli d’oro si stagliano
all’orizzonte, con i Buddha di ogni dimensione e stile, mentre al tramonto, tutto il paesaggio acquista
un fascino irreale.
La Cambogia, scrigno di un tesoro nascosto per secoli dalla giungla che, ancora adesso, avvolge
come in un abbraccio templi e monumenti unici in tutto il mondo. Tutto l’insieme è un continuo di
emozioni che si materializzano con la raffinata arte che è stata scolpita nella roccia. Una ricchezza
lasciataci dalla civiltà dei khmer che ha espresso in centinaia di monumenti nella giungla, la propria
cultura e fede.
10 ottobre 2006 – Milano Malpensa / Bangkok
Partenza con volo di linea TG 941 alle ore 14,30 per Bangkok. Pasti e pernottamento a bordo.
11 ottobre 2006 – Bangkok / Yangon
Pensione completa. Arrivo alle 06,10 a Bangkok. Proseguimento con volo TG 303 alle ore 08,05 per
Yangon. Arrivo alle 08,55 e disbrigo delle formalità doganali e visto.
Trasferimento in città e sistemazione all’Hotel Traders. Riposo. Nel pomeriggio visita della Pagoda
Shwe Dagon, definita anche “la montagna d’oro” di quasi 100 metro d’altezza, coperta da 2 tonnellate
d’oro, è posizionata su un colle ed è visibile da tutta la città. Lo stupa è famoso in tutto il mondo per il
suo significato religioso e la bellezza artistica, ed è bellissimo all’ora del tramonto. Cena e
pernottamento.
12 ottobre 2006 – Yangon / Kyaikhtiyo
Pensione completa. Partenza per Kyaikhtiyo, il monastero della Roccia d’oro, un luogo tra i più sacri
del Paese, a circa 180 km da Yangon. Un grosso masso coperto di foglie d’oro situato prodigiosamente
in equilibrio sul bordo di una roccia. Sulla cima del masso, ritenuto sacro, è adagiata una piccola
pagoda dorata che contiene una reliquia di Buddha. Pranzo in un ristorante locale. Salita al monte
Kyaityio a bordo di camion, adibiti al trasporto dei pellegrini e proseguimento a piedi. L’atmosfera in
cima al monte è carica di devozione e magia, con i pellegrini che pregano e cantano. Sistemazione
all’hotel Kyaikhto, cena e pernottamento.
13 ottobre 2006 – Kyaikhtiyo / Bago / Yangon
Pensione completa. Prima colazione all’alba per godere di un suggestivo panorama sulla Roccia d’oro
quando i primi raggi del sole si posano sul masso. Discesa dal monte e partenza per l’antica capitale
Bago. Lungo la strada sosta ad un mercato tipico di campagna ed alle fabbriche di vasi. Visita alla
pagoda di Shwemandaw, detta la grande pagoda d’oro, risalente a 1.000 anni fa e considerata una
delle più sacre della Birmania. Sosta per ammirare il panorama dalla pagoda Hinta Gone sulla collina e
pranzo in ristorante locale. Visita del Buddha sdraiato gigante “Shwethalyaung” lungo 55 metri e alto
16. Passeggiata in un tipico villaggio su palafitte della popolazione Mon. Sulla via del ritorno sosta alla
pagoda Kyaik Pun con 4 Buddha giganti alti 30 metri seduti schiena a schiena e al tempio Nat. Rientro
a Yangon, sistemazione all’hotel Traders, cena e pernottamento.
14 ottobre 2006 – Yangon / Heho / Pindaya
Pensione completa. Al mattino trasferimento all’aeroporto e partenza con volo 6T 531 per Heho alle
10,30. Arrivo alle ore 12,50 e proseguimento via terra per Pindaya. Arrivo e sistemazione all’hotel
Conquror. Nel pomeriggio visita delle famose grotte calcaree di Pindaya, affacciate sul lago Boutaloke,
By RB
Pag. 7
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
con oltre 9.000 statue di Buddha in varie fogge e forme, di alabastro, lacca, mattoni situate tra
stalattiti, stalagmiti e nicchie in cui dei monaci sono in meditazione. Cena e pernottamento.
15 ottobre 2006 – Pindaya / Lago Inle
Pensione completa. Al mattino visita al mercato di Pindaya e proseguimento del viaggio attraverso gli
splendidi paesaggi dall’altopiano Shan, ai confini con la Thailandia. Sistemazione all’hotel Hu Pin in
cottage sul Lago. Nel pomeriggio gita in barca sul lago Inle dove vive una piccola tribù degli Intha,
famosa per il modo in cui spingono le loro imbarcazioni, remando con una gamba facendo scorrere
silenziosamente le loro imbarcazioni sull’acqua fra i canali, isolotti ed i giardini galleggianti: il
paesaggio è bellissimo e durante l’escursione ci si fermerà alla pagoda Phaung Daw Oo, al monastero
dei Gatti che saltano e si avrà modo di ammirare l’ingegnosità con cui sono stati costruiti gli orti
galleggianti, tenuti insieme dai gigli d’acqua e pali di bambù. In questi orti, gli Intha, coltivano fiori,
verdura e frutta. Cena e pernottamento.
16 ottobre 2006 – Lago Inle / Heho / Mandalay
Pensione completa. Visita delle colline di Inthein dove migliaia di pagode sorgono in mezzo alla
vegetazione tropicale, raggiungibili attraverso canali rurali. Nel pomeriggio, trasferimento all’aeroporto
di Heho e imbarco sul volo 6T 501 alle ore 16,30 per Mandalay. Arrivo alle 17,00 e trasferimento in
città. Sistemazione all’hotel Mandalay Hill Resosrt. Inizio delle visite. Cena e pernottamento.
17 ottobre 2006 – Mandalay / Mingun / Mandalay
Pensione completa. Navigazione in battello lungo l’Irawaddy, e visita a Mingun, l’antica città reale e
zona archeologica comprendente: la pagoda incompiuta, la campana più grande del mondo, la pagoda
Myatheindan. Rientro in barca a Mandalay. Nel pomeriggio visita di Mandalay, che fu l’antica capitale
dal 1857 al 1885, e oggi è un importante centro culturale, religioso e commerciale. Visita e sosta ai
laboratori artigianali delle marionette e degli arazzi. Visita della pagoda Mahamuni col Buddha seduto
coperto d’oro e del bellissimo monastero Shwenandaw, con splendidi intarsi di legno, unico superstite
degli edifici del Palazzo Reale andati distrutti durante la seconda guerra mondiale. Visita al laboratorio
dove lavorano l’oro in maniera tradizionale. Tramonto dalla collina di Mandalay. Cena e
pernottamento.
18 ottobre 2006 – Mandalay / Amarapura / Sagaing / Mandalay
Pensione completa. Partenza per la visita di Amarapura, l’antica capitale, comprendente il monastero
Mahagandayon che ospita mille monaci, e il ponte pedonale U’Bein, il più lungo ponte in teak del
mondo. Nel pomeriggio, visita alle colline di Sagaing, costellate di templi e pagode ed al monastero
delle monache buddiste dai delicati vestiti color rosa. Cena e pernottamento.
19 ottobre 2006 – Mandalay / Monywa
Pensione completa. Partenza per la città di Monywa, posta sulle rive del fiume Chindwin, un
importante centro commerciale. Arrivo dopo circa 2 ore. Visita alle grotte “dello sciamano” a Po Wing
Taung, un santuario religioso meta di pellegrinaggi, che si raggiunge con una breve traversata del
fiume e poi lungo una strada che porta alla collina, dove monaci si rifugiano per la loro meditazione.
Nel pomeriggio visita della pagoda Tanbodday, uno stupefacente complesso religioso che comprende
diversi stili architettonici del Paese. Circa 600.000 statue di Buddha, di tutte le dimensioni, sono poste
nella grande pagoda. Visita alla foresta sacra e alla collina dove si trova la statua di un grande Buddha
reclinato cavo, che si visita internamente. Sistemazione all’hotel Monywa, cena e pernottamento.
20 ottobre 2006 – Monywa / Pakokku / Bagan
Pensione completa. Partenza in macchina per Pakokku. Arrivo in circa 4 ore, visita dell’antico
monastero tutto in legno di Pakhangyi. Trasferimento al porto e imbarco su battello pubblico per
Bagan. Navigazione sul fiume Irawaddy e arrivo a Bagan dopo circa 2 ore. Trasferimento all’Hotel
Thripyitsaya Satura. Cena e pernottamento.
21 ottobre 2006 - Bagan
Pensione completa. Intera giornata dedicata alla piana archeologica di Bagan, un’area di circa 40 kmq,
dove templi, monasteri e pagode, esaltano la religione buddista, un immenso museo all’aperto.
Disseminati nella valle del fiume Ayeyardway, si trovano oltre 1.300 edifici e l’area è dichiarate
dall’Unesco “patrimonio dell’umanità”. Inizio delle visite: la pagoda Shwezigon, prototipo dell’ultima
By RB
Pag. 8
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
civiltà birmana; il tempio di Wetky-In-Gubyakkyi, tipico per le sue mura dipinte con scene di jataka, il
tempio di Htilominlo, famoso per le sue sculture in gesso e la porta dell’antica città di Tharaba, il più
antico esempio della cultura di Bagan. Nel pomeriggio, proseguimento della visita della città, il tempio
Myinkaba Gubyaukki, tipico esempio dello stile Mon, il tempio Manuha, testimonianza della vita in
prigione del re, il tempio di Nampaya, un recente capolavoro con sculture di pietra. Sosta per
fotografare le pagode di Seinnyet Hyima, templi dallo squisito design e la pagoda Mingala, una delle
ultime costruite in stile pagano e da dove si potrà ammirare il fantastico tramonto sulla pianura di
Bagan. Cena e pernottamento.
22 ottobre 2006 – Bagan / Yangon
Pensione completa. Continuazione delle visite alla parte sud est della città, dove si trovano i
caratteristici templi del XIII secolo tra cui il Nanamanya, il Thambula, ed il Lemyethna, noti per le loro
belle pitture murali di carattere Mahayana. Visita quindi alle botteghe artigianali per la produzione
delle lacche.
Nel pomeriggio visita al tempio di Ananda, capolavoro di architettura, simile ad una croce greca; il
Dammayangyi, tempio che raccoglie un bellissimo lavoro di mattoni: il Thatbyinnyu, il più alto dei
templi di Bagan e la pagoda Bypaya in stile pyu, sulle sponde del maestoso fiume Irawaddy. Nel tardo
pomeriggio, trasferimento in aeroporto e partenza con volo 6T 342 alle ore 19,05 per Yangon. Arrivo
alle ore 20,25, trasferimento all’hotel Traders. Cena e pernottamento.
23 ottobre 2006 – Yangon / Bongkok / Siem Reap
Prima colazione. Trasferimento all’aeroporto e partenza per Bangkok con volo TG 304 alle ore 09,55.
Arrivo alle ore 11,40. Proseguimento per Siem Reap con volo PG 938 alle ore 14.50. Arrivo alle ore
16,00. Trasferimento sulla collina per ammirare un bellissimo tramonto sui templi. Trasferimento e
sistemazione all’hotel Empress Angkor. Cena a pernottamento.
24 ottobre 2006 - Angkor
Pensione completa. Giornata dedicata alla zona archeologica di Angkor. Visita ai templi del regno
Jayavarman VII (1181-1220). In mattinata visita di Angkor Thom, attraverso la porta meridionale si
accede a Bayon, caratterizzato dai misteriosi volti di pietra. Il perimetro del tempio buddista è
decorato con bellissimi bassorilievi. Si prosegue con la terrazza degli elefanti. Si prosegue per i templi
della 3° capitale: per Baphuon, una rappresentazione piramidale, per il recinto reale di Phimeanakas,
e gli edifici di Khleang nord e sud. Rientro in hotel. Cena e pernottamento
25 ottobre 2006 - Angkor
Pensione completa. Escursione a circa 20 chilometri da Bayon, per visitare Banteay Srei, un tempio
indù dedicato a Shiva, in perfetto stato di conservazione, un bel esempio di arte khmer, che è stato
aperto alle visite da poco tempo e si può ammirare in tutta la sua bellezza con dei raffinati bassorilievi.
Proseguimento per Banteay Samre, Pre Rup, un tempio montagna a forma di piramide con degli
architravi scolpiti. Nel pomeriggio visita di Angkor Wat, un maestoso tempio dedicato a Vishnu, ricco
d’interessanti bassorilievi che riproducono in miniatura l’universo e raffigurano combattimenti, scene di
poemi epici, inferni e paradisi, un vero capolavoro dell’arte khmer. Al tramonto visita al tempiomontagna di Phnom Bakhaeng. Rientro in hotel, cena e pernottamento.
26 ottobre 2006 - Siem Reap / Phnom Phen / Bangkok
Prima colazione. Trasferimento all’aeroporto e partenza con volo FT 991 alle ore 08,10 per Phnom
Penh. Arrivo alle ore 09,00. Inizio delle visite alla città con sosta al Museo Nazionale con importanti
reperti archeologici di epoca angkoriana e pre-angkoriana; il Palazzo Reale con la Pagoda d’Argento, e
il Wat Phnom, un piccolo tempio molto suggestivo, visita al Mercato centrale. Nel pomeriggio
trasferimento in aeroporto e partenza con volo TG 699 per Bangkok. Arrivo alle 21,30.
27 ottobre 2006 – Bangkok / Milano Malpensa
Partenza con volo TG 940 per Milano alle ora 00,40. Pernottamento a bordo. Arrivo a Milano alle ore
07,20.
By RB
Pag. 9
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Il diario di viaggio
Rieccomi in partenza per un altro viaggio, stavolta la destinazione è il Myanmar la ex
Birmania (che, per praticità continuerò, a chiamare col vecchio nome) e la Cambogia. Paesi
lontani mille e mille miglia, con culture diverse dalla nostra e la storia letta velocemente sui
libri, ascoltata in televisione per i fatti degli ultimi decenni avvenuti nella penisola
indocinese. Le informazioni recuperate sulle guide ed in internet, danno parzialmente un
quadro della situazione attuale, quindi non so che troverò in questi paesi a me totalmente
sconosciuti.
Si preparano le valigie, la macchina fotografica e le schede di riserva (da poco mi sono
convertito al digitale abbandonando la mia gloriosa Pentax meccanica), il mio inseparabile
blocco per gli appunti, delle penne, passaporto, programma di viaggio, guide e non per ultimi
gli indispensabili biglietti aerei.
Per il viaggio ho scelto due guide;
• Per la Birmania (Myanmar): la prima è l’Ulisse Mozzi - ed 2003 - (molto bella per le
parti descrittive, che permettono di conoscere la storia, le usanze, la geografia e le
etnie), la seconda è la Lonely Planet-EDT - 5° edizione italiana, marzo 2006 -(molto
utile per l’elenco dei luoghi e dei monumenti da visitare, oltre che fornire altre
“notizie utili” per il viaggio).
• Per la Camboga: l’Ulisse Mozzi - ed 2003 – e la Lonely Planet-EDT - 5° edizione
italiana, gennaio 2006 -.
Nel diario farò riferimento ai luoghi da me visitati indicando la pagina di riferimento per la
guida Ulisse Moizzi con (M pag.), mentre per la Lonely Planet-EDT sarà indicata con (L
pag.), in modo che chi volesse approfondire dettagli storici e culturali abbia tutti i riferimenti
del caso.
10 ottobre 2006
Parto da casa diretto alla stazione ferroviaria di Saronno (VA) dove il gruppo si sta
formando, siamo 29 persone, con qualcuna ho già condiviso altri viaggi, altre le conosco
altre no, ed il primo impatto è buono. Alla stazione c’è che arriva in auto, chi in treno, chi
con un pulmino di un’associazione del paese, che gentilmente si è offerta di trasportare i
bagagli dei viaggiatori. Facciamo i biglietti ferroviari e saliamo sul Malpensa Express delle
11,16, il treno che congiunge velocemente Milano all’aeroporto di Malpensa, effettuando
poche fermate intermedie. Alle 11,37 siamo all’aeroporto lombardo, la procedura di imbarco
è rallentata dalle bizze del computer aeroportuale che non riconosce alcuni biglietti, ma dopo
qualche minuto di stand-by riparte ed il gruppo può imbarcare le valigie. L’aereo per
Bangkok è pieno, il gruppo si confonde con altri passeggeri che viaggiano chi per lavoro, chi
per trekking sull’Himalaya, chi rientra in Thailandia, chi come noi è diretto in altri paesi
della penisola indocinese. Il volo è allietato dall’ottimo servizio della Thai (la compagnia
thailandese) e dopo 11 ore di volo attraversando una coltre di nuvole, arriviamo in vista
dell’aeroporto di Bangkok.
By RB
Pag. 10
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
11 ottobre 2006
Atterriamo, la struttura aeroportuale in acciaio e teloni è moderna, vastissima, pulita ed
ordinata, richiama una vela continua, è davvero imponente. Lunghi corridoi portano agli
imbarchi di chi come noi ha solo il transito, procediamo per oltre 1 km su tappeti mobili e
saliti al piano superiore, transitiamo dal controllo per l’imbarco verso Yangon, la capitale
della Birmania, ci sediamo all’uscita, guardo l’orologio, sono le 6,35, il sole è già alto nel
cielo, il sonno comincia a farsi sentire, durante il volo praticamente non si è dormito, chi
leggeva, chi utilizzando i monitor TV LCD dell’aereo guardava un film, chi giocava, chi
ascoltava musica. Dopo un breve attesa riprendiamo il volo diretti a Yangon, il volo è breve,
circa 50 minuti. Le hostess della Thai, alle donne presenti sull’aereo, prima di scendere
hanno omaggiato una colorata e stupenda orchidea, proprio un pensiero gradito di
benvenuto.
Osservando dal finestrino, il paesaggio si presenta come una distesa pianeggiante, una
sterminata risaia. Risaie irregolari con molti corsi d’acqua vicini, qualche grande fiume
adiacente, si vedono case e palme, alcune abitazioni sono nuove, altre sembrano delle
capanne. Atterriamo e vedo delle persone che lavorano ai margini della pista, la prima
impressione è di essere arrivato in un paese in via di sviluppo. L’aereo si ferma, scendiamo,
ad aspettarci c’è un pullman molto fatiscente che in un tragitto lungo pochi metri ci conduce
alla zona di arrivo dei voli internazionali. L’aeroporto da più l’impressione di un grande
cantiere aperto, dove chi transita deve far attenzione alle impalcature presenti ed agli operai
che lavorano, uomini e donne sono su impalcature senza nessuna protezione, restando in
equilibrio su delle semplici assi di legno. Passiamo il controllo per l’ingresso in Birmania, ci
apprestiamo a ritirare le valigie e cercare la guida che ci accompagnerà per il tour.
Troviamo una ragazza birmana che parla italiano, è una guida turistica che sta rientrando a
casa, ci da una mano ad individuare le nostra guida locale, man mano che la valige arrivano,
si ritirano e si passa la dogana aeroportuale, sono alla fine del nastro e .... la mia valigia non
arriva. Grazie alla ragazza birmana chiedo delle informazioni e mi dicono che se la valigia
non è arrivata, potrebbe arrivare alla sera con un altro volo della Thai e che comunque sono
cose che succedono. A quel punto bisogna compilare il modulo di denuncia, c’è coda, da
quanto comprendo non sono arrivate 4 valigie. Formalità burocratiche espletate parlando
con la nostra guida, mi dice che provvederà l’agenzia al reperimento ed alla consegna della
valigia direttamente in albergo. Non sono del tutto tranquillo. Meno male che nel bagaglio a
mano, mi sono portato un cambio, oltre che la macchina foto ed il blocco per gli appunti.
Finalmente riesco a raggiungere gli altri sul pullman che è posteggiato fuori dall’aeroporto,
nel salire noto subito qualcosa di strano, la guida del veicolo è a destra, ma la direzione di
marcia è come in Italia; il pullman risale a quando la circolazione era in stile inglese, quindi
si sale dalla parte sinistra del pullman, ovvero dal centro della carreggiata.
Partiamo verso l’albergo, la guida si presenta, si chiama Soe Min Tun, ma dice di abbreviare
il suo nome con Sosò; è un ragazzo gioviale, parla fluentemente l’italiano, la prima
impressione è ottima.
Durante il viaggio di oltre un’ora verso l’albergo, Sosò ci accenna qualcosa della situazione
del suo paese, che coincide con quanto letto sulle guide e reperito in internet; la situazione
politica del paese è delicata, il regime è militare e per il controllo si avvale di un efficiente
servizio di spionaggio interno. Il telefono cellulare non funziona, chiedo spiegazioni e mi dice
che funzionano solo le schede birmane, tutte le altre sono inutilizzabili. Con l’Italia nessun
collegamento tramite cellulare, è possibile mantenere il contatto con il telefono dell’albergo e
con la posta elettronica, dove è reperibile.
Dall’aeroporto, ho notato che le persone non vestono all’occidentale, solo i militari e la
polizia indossano i pantaloni, tutte le altre persone portano una specie di gonna la cui
lunghezza varia dalla caviglia alle ginocchia. Chiedo a Sosò, il quale ci spiega che è il
By RB
Pag. 11
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
longyi, l’indumento tradizionale birmano, usato da uomini e da donne, è comodo e pratico.
La calzatura comune per i birmani è la ciabatta infradito, comoda, pratica, facile da togliere
e da mettere. L’usanza vuole che nelle abitazioni si circoli scalzi, quindi prima d’entrare,
occorre togliere le calzature, altro motivo della comodità delle ciabatte infradito. Inoltre
l’accesso ai luoghi sacri, in segno di rispetto, è permesso solo scalzi.
Penso: se la valigia non arriva, potrei acquistare un longyi, oppure andare in cerca degli
abiti occidentali? Vedrò l’evolversi della situazione nella serata.
Procedendo verso l’albergo, noto un contrasto urbanistico notevole, palazzi nuovi affiancati
da abitazioni fatiscenti realizzate con uno stile indefinito, moderne come fattura, ma
trascurate. Si vede un’urbanizzazione molto caotica, quasi senza regole con uno stridente
contrasto tra gli edifici, la zona residenziale è molto ben curata, con case in stile coloniale
inglese. Durante il viaggio, dal pullman, si vedono delle pagode dal tetto dorato, transitiamo
nei pressi dell’imponente, elegante e scintillante Shwedagon Paya, la pagoda meta del tour
pomeridiano.
Arriviamo il albergo, cocktail di benvenuto e sistemazione nelle camere. Sono al 19° piano,
osservando dalla finestra il panorama, seppur assonnato vedo meglio il contrasto degli
edifici visti dalla strada. Dopo il viaggio un sonno di alcune ore ci vuole proprio per
riprendersi dalla differenza creata dal fuso orario, siamo 5 ore più avanti dell’Italia, qui è
giorno inoltrato praticamente non abbiamo dormito una notte. Suona il telefono che sono le
11,45 locali, ed è l’inizio del tour, benvenuti in Birmania sembra annunciare la sveglia .... Il
ritrovo è nella hall dell’albergo, la guida cerca di tranquillizzarmi per la mia valigia che
“forse” arriverà stasera, meno male che sono stato previdente col cambio nel bagaglio a
mano (prevenire è sempre meglio che curare). Saliamo sul pullman ed attraversando la città
arriviamo nei pressi di un lago, dove in un ristorante cinese, degustiamo alcuni piatti della
cucina birmano/cinese, involtini di gamberi avvolti in una pasta di riso e fritti, zuppa con
carne di pollo e funghi, manzo con verdure, pesce, anatra, verdure cotte, tutto accompagnato
da riso bianco bollito. Sono sapori nuovi, il pranzo si conclude con dell’ottima frutta fresca,
melone bianco, papaja, anguria. I sapori ricordano vagamente i nostri ristoranti cinesi, il
servizio è ottimo. Per fortuna che a detta di Sosò, questa doveva essere solo una breve sosta
per uno spuntino prima d’iniziare il tour.
La temperatura è calda ed umida, oltre 35 gradi con 80% d’umidità, il monsone è appena
passato e dovremmo trovare solo delle perturbazioni residue.
Risaliamo sul pullman e girando per la città vediamo degli autobus un “po datati”, sono
vecchi automezzi inglesi, risalenti al secondo conflitto mondiale, una volta usati per il
trasporto truppe ed ora trasformati in bus cittadini. Alcuni sono strapieni di persone, Sosò ci
spiega che tutti pagano il biglietto, ma solo i più fortunati si siedono, altri viaggiano in piedi,
altri viaggiano abbarbicati all’esterno dell’autobus. Ad una fermata noto l’interno vuoto di
questi bus: i sedili sono costituiti da 2 panche di legno poste longitudinalmente ai lati
collocate sotto i finestrini e di altre 2 panche di legno poste centralmente.
Proseguiamo per la città e velocemente arriviamo nei pressi di una struttura che si presenta
come un capannone, ma l’ingresso è abbellito e finemente decorato, siamo a Chaukhtatggi
Paya (L95 – M96): essendo un luogo sacro dobbiamo togliere le scarpe per entrare,
un’imponente statua di Buddha disteso, lunga 72 metri si presenta alla nostra vista. Il rispetto
per i luoghi sacri è enorme, bisogna sempre entrare a piedi nudi e, nei templi maggiori vestiti
con coperte gambe e braccia (questo rispetto lo attueremo in tutta la Birmania e nei maggiori
templi della Cambogia). La statua di Buddha risale al 1962, è realizzata in mattoni pieni,
finemente rivestita e colorata; la colorazione è un particolare molto apprezzato dai birmani.
Il capannone è sorretto da alcuni pilastri decorati con argento e specchi. Vicino la statua,
delle teche raccolgono le offerte dei fedeli, offerte che servono per la manutenzione della
statua e di tutto il complesso. Il cuscino della statua è fatto con vetri decorati. Nel capannone
c’è una foto della statua originale, che è stata demolita e sostituita con l’attuale. Le piante
By RB
Pag. 12
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
dei piedi della statua di Buddha, sono decorate con 108 tavole raffiguranti fiori, animali ed
habitat. Sono un punto di riferimento della religione buddista, queste tavole rappresentano
l’essenza del credo buddista. Sono raffigurati i 7 monti che bisogna superare ed i 7 mari che
bisogna attraversare per raggiungere il Monte Merù, punto centrale della religione buddista.
Inoltre sono raffigurati tutti i piani che componenti il paradiso che rappresentano le
reincarnazioni espresse dal buddismo. Il paradiso è composto da 26 piani di cui 6 inferiori,
dove vivono gli angeli e 20 superiori, poi esiste il piano attuale dove vivono le persone e gli
animali, infine esistono 4 piani dell’inferno. In totale sono 31 livelli.
Lasciamo l’imponente statua e Sosò ci accompagna a visitare l’adiacente monastero, dove
centinaia di monaci vivono e studiano. Mentre giriamo, ci racconta la vita quotidiana dei
monaci; all’alba si alzano, colazione e poi con in mano un vaso nero, completamente avvolti
dal loro mantello marrone scuro, girano scalzi per il paese alla richiesta di carità, il cibo
viene versato loro dai fedeli nel vaso nero (solitamente riso bianco bollito). Il monaco fa due
pasti al giorno, il primo all’alba ed il secondo comunque prima della 12 e fino alla mattina
successiva non ingerisce alimenti. Nel pomeriggio, il monaco può girare con una spalla
scoperta. L’abbigliamento completamente coperto della mattina è un segno di rispetto per i
fedeli che danno offrono loro cibo.
Girando per il monastero vediamo come sono strutturate le case birmane, innanzitutto si
entra scalzi, le scarpe e le ciabatte vanno lasciate sull’uscio. Solitamente la prima stanza che
si trova è un salotto dov’è posizionato un altare con sopra una statua di Buddha, davanti alla
quale sono posti 5 bicchierini che rappresentano: Buddha, i monaci, i benefattori, i genitori
ed i maestri.
Visitiamo la casa dove vivono i monaci, un salotto con l’altare, dei servizi molto semplici, un
lavello, una stanza con delle stuoie collocate per terra, dove i monaci dormono, infine un
locale dispensa dove dormono il capo ed il vice capo dei monaci. L’edificio è totalmente in
legno, l’interno è semplice ed accogliente, le finestre lasciano entrare una luce che illumina i
luoghi che sono dedicati alla lettura ed allo studio.
Visitiamo totalmente il monastero: posto su una collina, è costituito da case il legno, i viali
interni sono interamente protetti da coperture, a riparo dal sole e dalla pioggia. All’esterno
delle loro residenze, alcuni monaci si lavano, indossando il loro mantello marrone si versano
addosso dell’acqua servendosi di alcuni catini in ferro (usanza che troverò per tutta la
Birmania). Altri monaci riposano su panche di legno poste sotto delle piante presenti
comunque vicino alle abitazioni.
Usciamo dal convento, risaliamo sul pullman e rimettiamo le scarpe, ma poco dopo
effettuiamo un’altra fermata, siamo arrivati all’imponente ed estesa pagoda di Shwedagon
Paya (L87 – M87)) con lo stupa dorato.
Ho appena parlato di pagoda e di stupa, ma che significa? Noi occidentali utilizziamo
indifferentemente il termine pagoda per indicare qualsiasi struttura religiosa buddista, ma
esistono delle differenze fondamentali, vediamole:
• la pagoda è un complesso religioso dove sono presenti più strutture;
• lo stupa è un edificio di mattoni pieni, solitamente la forma ricorda le foglie del
“Ficus Religiosa” o “Albero della Pippala”, l’albero dove Buddha ha avuto
l’illuminazione e le cui foglie dalla forma che vagamente rappresentano un cuore
capovolto, sono divenute modello per la costruzione degli stupa, tendenzialmente
dorato, ma i birmani amano colorarlo anche di bianco.
Alla base dello stupa possono essere custodite: delle reliquie di Buddha, o delle
reliquie di monaci, o copia dei tre libri sacri del buddismo, oppure una tavoletta
votiva.
Lo stupa termina con una cima decorata la “hti”, con forma ad ombrello o a corona
votiva; in cima all’hti sventola sempre una banderuola, la “hingetmana”.
By RB
Pag. 13
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
L’hti è realizzato in ferro dorato o in bronzo dorato e, nelle costruzioni più importanti
anche d’oro tempestato di pietre preziose.
• il tempio è un luogo di culto, di preghiera, è accessibile ai fedeli e contiene delle
statue di Buddha.
Ma ritorniamo al nostro giro, il pullman si ferma, togliamo le scarpe e ci apprestiamo ad
entrare nel complesso accedendo dal portale ovest. Nella pagoda sono presenti 4 accessi, uno
per punto cardinale, gli accessi originali erano in legno decorato, sono stati rifatti iniziando
1997 e terminando nel 2002. Gli accessi alla pagoda si presentano come dei corridoi
interamente ricoperti da tettoia, i bianchi muri, sostengono una serie di sette tetti verdi
abbelliti da lavorazioni dorate, che degradano verso l’alto, alla fine il tetto è sormontato da
un pinnacolo anch’esso dorato, lo sguardo si perde verso l’infinito a guardare la bellezza di
simili coperture.
La copertura dei templi e di altri edifici è chiamato “pytthat” si presenta con più tetti
sovrapposti, decorati con trafori in legno dorato o in latta, che vanno man mano stringendosi
verso l’alto.
Per accedere alla pagoda, evitiamo di salire le gradinate degli accessi ed utilizzando un
ascensore recentemente costruito arriviamo velocemente in cima alla collina, avendo una
visione unica sulla città, sulle colline circostanti e sul paesaggio complessivo, la vista che si
presenta è davvero affascinante, verdi colline sono a perdita d’occhio.
Entriamo nel perimetro della pagoda, subito vediamo un altare posto sotto un “Ficus
Religiosa”, l’atmosfera appare surreale ed è immensa le religiosità che si percepisce in
questo luogo, giriamo fra pinnacoli dorati, camminiamo tra fumate d’incenso e persone
oranti. Il cielo è grigio, ma uno squarcio azzurro fa breccia nelle nuvole, il sole illumina
l’imponente stupa dorato, una struttura alta 99,6 mt. Si gira intorno alla struttura in senso
orario, lo stupa è circondato dalle statue che indicano i punti planetari con raffigurazioni
(L92) che rappresentano i nati alla mattina o al pomeriggio di ogni giorno della settimana;
dove i nativi pregano ed offrono offerte alle corrispondenti statue.
Lo stupa è circondato da un pavimento di marmo bianco che viene pulito costantemente da
dei volontari 2 volte al giorno seguendo precise e rigide formazioni, la pulizia avviene alla
mattina ed al pomeriggio. Nell’area vi sono molti stupa bianchi o dorati edificati da privati
fino al 1999, dopodiché ne è stata proibita l’ulteriore proliferazione. Proseguiamo nel nostro
giro in senso orario ed arriviamo ad un edificio contenente una campana di 20 tonnellate, la
campana è divisa in 3 parti ben distinte, la prima è il bordo, la seconda illustra storie di
Buddha, la terza ha dei riferimenti astrologici.
Vicino alla campana un edificio contiene dei telai in legno, sono telai su cui nella notte di
luna piena, in occasione della festa buddista celebrata, le donne tessono un tessuto; è una
gara che alla fine vedrà un vincitore che verrà premiato con molto denaro ed il suo prezioso
tessuto servirà per vestire una statua di Buddha.
Poco distante vi è una statua di Buddha con un ventaglio azionato a mano, la credenza
popolare vuole che agitare questo ventaglio serva ad allontanare i nemici personali.
Proseguiamo sempre a piedi nudi, ed in un edificio troviamo un’interessante galleria
fotografica della pagoda, vi sono foto in b/n e foto a colori che testimoniano le varie
vicissitudini che il complesso ha attraversato nel corso della storia. Vi sono delle stupende
foto a colori del’hti, posizionata sul punto più alto dello stupa, contenente un diamante di 76
carati, è completamente d’oro ed è incastonata di pietre preziose; l’hti attuale è stato
collocato nel 1999, sostituendo il precedente di bronzo dorato. Lo stupa è interamente
ricoperto da lamine d’oro.
Vi sono foto che testimoniano gli imponenti lavori di restauro effettuati, il rifacimento degli
edifici e l’abbellimento degli stessi; una bella ed importante testimonianza che manifesta
anche il rispetto per questo luogo sacro per i buddisti.
By RB
Pag. 14
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Poco distante, sotto un tempio in legno è conservata una campana di 40 tonnellate.
Proseguendo nel giro, vediamo una cappella con una statua dorata di Buddha tempestata di
pietre preziose, questo è un luogo particolare per la preghiera e la meditazione. Uscendo
dalla pagoda e dirigendomi verso l’ascensore che mi riporterà alla base della collina, noto
che il sole sta tramontando facendo breccia nel cielo grigio, invia i suoi raggi sul
rivestimento dorato dello stupa, illuminando anche le altre decine di stupa dorate, quale
migliore benvenuto in Birmania si poteva auspicare?
Ho parlato delle statue di Buddha che abbiamo visto finora, ma vediamo le tre posizioni
dell’iconografia classica che maggiormente incontreremo nel percorso in Birmania ed in
Cambogia:
• il Buddha seduto, con la mano destra che tocca il suolo e la mano sinistra appoggiata
sul grembo, questa posizione simboleggia la meditazione;
• il Buddha in piedi, con la mano destra tesa e l’indice puntato indica la via, con la
mano sinistra alzata in segno di saluto, indica rassicurazione;
• il Buddha sdraiato con le gambe flesse rappresenta il raggiungimento del nirvana,
con le gambe distese è l’atto prima della morte;
Finora le statue viste erano quelle di Buddha seduto che simboleggia la meditazione e,
saranno anche la maggior parte di quelle che vedremo nelle visite, qualora le statue fossero
diverse le indicherò volta per volta nel racconto.
Rientrando in albergo facciamo un giro al mercato cinese, noto la ricchezza di colori della
frutta, assaporo il profumo delle carni cotte alla griglia, vedo negozi di abbigliamento (di cui
prendo il riferimento, qualora la valigia non arrivasse), negozi di cosmetici e di gioielli. I
banchi del mercato sono fatti con dei sostegni di legno, le tavole sono di bambù intrecciato e
le tovaglie fatte con delle enormi foglie, dove viene posato il cibo in vendita. Innumerevoli
sono i pesci secchi esposti di cui ignoro il nome, anche la variegata frutta presenta vegetali a
me sconosciuti, fra quelli conosciuti, individuo i meloni bianchi che abbiamo gustato nel
pranzo.
Rientriamo in albergo per una doccia, mi cambio (con quello che ho nel bagaglio a mano) e
poi si riparte col pullman per un ristorante posto, anche questo su un lago. Il ristorante, in
muratura, ha una forma simile ad un battello, è un posto solo per turisti, e questo lo dimostra
la qualità dozzinale del cibo. La serata è rallegrata da uno spettacolo musicale di danze
tradizionali e poi da uno spettacolo di marionette. La cena trascorre velocemente e
rientriamo in albergo verso le 21,30. Sosò avverte tutti di preparare una valigia leggera per
un pernottamento di una notte, per l’escursione del giorno successivo.
La mia valigia non è giunta all’aeroporto, di conseguenza il mio zaino si adatta
perfettamente all’occasione, nel frattempo recupero qualche maglietta.
In camera, dopo il viaggio aereo e la giornata trascorsa tra pullman e visite, con negli occhi
ancora lo spettacolo della pagoda dorata e l’enorme statua di Buddha, crollo in un profondo
sonno .
12 ottobre 2006
Alla mattina Yangon si presenta avvolta da una coltre nebbiosa, dal 19° piano del Traders
Hotel e la vista spazia sulle abitazioni e sul porto, prendendo l’ascensore posso intravedere
sulla collina la Shwedagon Paya visitata il giorno prima. Avere qualche punto di riferimento
per orientarsi è meglio.
Colazione in albergo, si riprende il pullman e si attraversa la città diretti alla Golden Rock:
la Roccia d’oro. Nell’attraversare la città, visto il traffico intenso, Sosò ne approfitta per
cominciare ad illustraci alcuni aspetti del suo paese.
By RB
Pag. 15
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
La prima curiosità riguarda le targhe degli autoveicoli che hanno 5 colori, il rosso per
automezzi adibiti al trasporto pubblico, il nero per automezzi privati, il bianco per gli
automezzi delle autorità, il celeste per i pullman ed infine il giallo per gli automezzi dei
monaci (pochissimi a dire il vero).
Vediamo dei bambini che in file ordinate camminano lungo il ciglio della strada, sono vestiti
con il “longyi” verde e camicia bianca sono studenti che si stanno recando a scuola, il ciclo
scolastico ricorda quello italiano, elementari, medie e superiori. Ma in Birmania esiste un
sistema meritrocatico, e solo secondo i voti acquisiti nelle superiori si accede alle facoltà
universitarie, dove i migliori studenti accedono a medicina ed ingegneria, mentre l’accesso
alle altre facoltà degrada secondo i voti ottenuti alle superiori.
In Birmania si utilizzano tre calendari, il Gregoriano (quello usato in occidente), il
calendario Birmano (che corrisponde al 1300) ed il calendario Buddista (che corrisponde al
2500). Gli ultimi due calendari seguono le fasi lunari, hanno periodi di 28 giorni ed in vario
modo compensano per arrivare ai 365 giorni del percorso terrestre intorno al sole.
Durante il viaggio transitiamo nei pressi di un ospedale, Sosò ci spiega che esistono 3 tipi di
ospedali. I primo è una struttura prettamente ambulatoriale dove è presente solo il medico
che prescrive le ricette, il paziente deve poi recarsi ad acquistare i farmaci in una farmacia,
collocata solitamente nei pressi dello studio medico; questo servizio è riservato alla
popolazione. Il secondo tipo di ospedale è riservato agli impiegati statali, dove, accedono
solo gli impiegati statali ed i loro familiari; queste strutture utilizzano medicine cinesi di
scarso effetto terapeutico. Esistono poi gli ospedali militari, accessibili ai militari ed ai loro
familiari, sono le migliori strutture sanitarie del paese, dotate di macchinari e farmaci
occidentali.
Infine, ma fuori dai tre tipi su descritti e solo nelle grandi città, esistono gli ospedali per i
monaci, accedono solo ed esclusivamente i monaci dei vari conventi; durante il viaggio,
attraversando Yangon, transiteremo più volte nei pressi di un ospedale per monaci, un
edificio grande e molto modesto.
Sosò prosegue descrivendo altre caratteristiche della vita in Birmania; è un paese che par
essere costituito da caste, i militari, gli impiegati statali, i contadini e poi il resto della
popolazione.
Poter entrare nei ranghi militari e superare i primi duri periodi, fornisce la possibilità di
accedere alle scuole militari che servono anche come avanzamento di grado.
L’altra categoria di persone che hanno dei benefici sono gli impiegati statali, i quali,
diversificati per ministero godono di una serie di “benefit” statali, chi riceve buoni per i
mezzi pubblici, chi viaggia gratis, chi ha sconti su energia elettrica, chi riceve riso ed olio per
sé e per la propria famiglia.
Da quanto raccontato, la Birmania appare un paese molto simile ad altri, dove solo a
qualcuno sono concessi alcuni privilegi e benefici. Dalle spiegazioni e da quanto ho letto
prima di partire, emerge che anche qui la corruzione è una presenza costante in molte attività
e qualche scandalo riguardante persone pubbliche ben in vista, è abbastanza recente. Come
metro di misura anche correlato a questo fenomeno, abbiamo delle cifre, lo stipendio medio
di un impiegato statale è di 80 dollari al mese, per acquistare una Land Rover nuova (e ne
girano parecchie), occorrono 150.000 dollari, di cui la maggior parte sono tasse governative.
Questo parametro potrebbe spiegare la piaga che permette a qualcuno d’arricchirsi. Un
appartamento in città costa molto meno di un’auto.
La Birmania è il settimo produttore mondiale di riso che risulta essere una delle principali
voci nell’esportazione. I terreni sono di proprietà dello stato e sono dati ai contadini per un
periodo di 60 anni, il pagamento può avvenire in due modi; il primo è l’affitto puro, il
secondo modo è il 10 % del raccolto, calcolato sulla stima della produzione media della
superficie della risaia, ma in questo caso potrebbero esserci seri problemi in caso di carestia,
in quanto questo sistema crea indebitamento ai contadini stessi.
By RB
Pag. 16
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Ai contadini, lo stato fornisce riso ed olio a prezzi bassissimi e gli oli utilizzati dai birmani
sono: quello di palma (nocivo per la salute), quello di arachidi e quello di sesamo.
Proseguiamo verso la periferia di Yangon e ci fermiamo nei pressi di un’edicola; un luogo
dove tutti i conducenti di automezzi si fermano per un ringraziamento a San Cristoforo,
protettore degli autisti: infatti, qualsiasi mezzo che transita, si ferma un attimo e poi riparte.
Percorriamo qualche chilometro e poi effettuiamo una sosta al cimitero degli alleati, dove
riposano 27.026 inglesi e loro alleati caduti nella seconda guerra mondiale; le lapidi
indicano, nome e cognome, battaglione e nazionalità, sono ben curate e vediamo del
personale intento al taglio dell’erba ed alla lucidatura del bronzo delle lapidi. La
manutenzione del cimitero è di assoluta e rigorosa precisione, un bell’ordine in puro stile
inglese.
Ripartiamo e poco distante un casello per il pedaggio, è l’accesso all’autostrada birmana,
due corsie asfaltate per direzione ed ai lati .... pedoni e poi la pista per i carri trainati dai
buoi e per i trattori: veramente un’autostrada unica.
Il manto stradale presenta qualche buca, e dopo 80 km percorsi in oltre un’ora, arriviamo
nella città di Bago dove ci fermiamo a vedere la Shwethalyaung Buddha (L145 – M109), una
colossale statua di Buddha sdraiato lunga 55 mt ed alta 16. Anche in questo caso, come nel
precedente, la statua è realizzata con mattoni pieni, rivestita di malta e finemente decorata.
Sul retro della statua delle raffigurazioni illustrano la storia della statua; alla testa, il
basamento è ricoperto di formelle di vetro colorato che illustrano la storia di Buddha. Anche
qui il luogo è di pellegrinaggio e, come in tutto il mondo …... esiste un luogo di
pellegrinaggio senza l’adiacente mercatino? Ottimo motivo, per qualche componente del
gruppo di cominciare a far compere.
Riprendiamo il viaggio diretti verso lo Stato Mon (una delle regioni della Birmania), e
percorrendo una strada piena di buche l’andatura rallenta di molto, ma questo permette
d’osservare bene le risaie e di poter scattare qualche foto dal pullman. Ad un certo punto il
mezzo si ferma di fianco ad una risaia, scendono i due autisti e cominciano a trafficare ....
non vedo che fanno, ma stanno prendendo acqua dalla risaia … Sosò c’informa che stanno
aggiungendo acqua nel radiatore. Riprendiamo il viaggio ed attraversando un fiume, su un
ponte di ferro costruito dagli inglesi, passiamo il confine regionale ed entrando nello Stato di
Mon, ci avviciniamo alle colline dove il paesaggio cambia, le risaie lasciano il posto alla
foresta tropicale, si vedono campi coltivati ed immense piantagioni di piante da gomma. Altra
sosta, siamo in un villaggio costruito lungo la strada, il pullman ha dei problemi con
l’impianto di raffreddamento, anche l’aria condizionata è ferma, gli autisti scendono, aprono
il cofano motore e cercano di sostituire un manicotto, tentativo fallito in quanto il pezzo non
originale si rivela inadatto alla sostituzione per cui viene rimontato il vecchio manicotto.
Terminata la sosta dove ci siamo dedicati a scattare alcune foto agli abitanti del villaggio, ai
bambini ed alle abitazioni, il viaggio riprende; il cielo che durante la sosta era diventato
grigio cupo, comincia a scaricare acqua, meno male che siamo in viaggio e non stiamo
visitando qualche monumento, il pullman ci protegge dalla pioggia tropicale. Ci fermiamo in
un ristorante per il pranzo, siamo ai margini di una verdissima vallata ed in lontananza si
vedono le colline meta del nostro viaggio. La cucina birmana offre: zuppa, pollo con
arachidi, anatra, verdura, frutta. Anche oggi, come ieri, io e Sandro mangiamo con i
bastoncini di bambù. Terminato il pranzo, si risale sul pullman e si riparte costeggiando la
foresta tropicale. Dopo 40 minuti di viaggio, arriviamo al villaggio di Kinpun (154 – M110),
dove il pullman si ferma. Scendiamo e ci rechiamo presso una piazzola rialzata, ai lati della
piattaforma sono posteggiati dei camion, nel cui cassone sono state collocate delle assi di
legno che fungono da sedile. Posizioniamo i nostri zaini in una gabbia posta in fondo al
camion e cerchiamo di prendere posto su questo singolare mezzo di trasporto. Essendo noi
europei più alti degli indocinesi le nostre lunghe gambe faticano a trovare la giusta posizione
fra le strette assi che fungono da sedile. Saliti sul camion tutti e 30, partiamo; la strada è
By RB
Pag. 17
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
cementata e tortuosa, non si vede nulla, siamo tutti sballottati dall’andatura e dai sussulti
causati dal fondo irregolare. La prima fila si posiziona in piedi e guardando oltre il tetto
della cabina del camion avvisa gli altri passeggeri di com’è la strada, è un continuo “curva a
destra”, “curva a sinistra”, “salita”, “discesa”, “salto” ... dietro, le urla mischiate a risate,
rendono indimenticabilmente piacevole il viaggio. Incrociamo altri camion che scendono, poi
una sosta in un posto di controllo, dove la strada diventando stretta impone un senso
alternato di marcia. Approfitto per fare delle foto al gruppo seduto sulle assi nel cassone del
camion. Riprendiamo la salita, la strada è veramente stretta e sale sinuosa e ripida, ad un
certo punto la strada è costeggiata da fiori rossi, una sbarra indica che siamo a Yatetaung
Bus Terminal (L154), gli 11 chilometri di percorso sono stati coperti in 45 minuti di tempo.
Fra le colline, troviamo un’enorme piazzale, il camion si ferma, noi scendiamo e riprendendo
i nostri zaini ci apprestiamo ad effettuare l’ultimo tratto di salita che ci divide dalla Roccia
d’oro, sono oltre 200 metri di dislivello. Al centro del piazzale sono posteggiati i camion che
servono per il trasporto dei pellegrini, ai lati vi sono capanne con negozi, bar e punti di sosta
per chi vuole riposare. La piazza è animata dai portatori che con la loro inconfondibile
camicia blu, si offrono per portare valigie e zaini dei pellegrini che vogliono salire verso la
Roccia d’oro. Per chi ha difficoltà a percorre la ripida strada, i portatori offrono un servizio
di portantina, una sdraio sostenuta da due robuste canne di bambù. Qualcuno del gruppo
approfitta del servizio, contratta il prezzo di andata e ritorno e parte, altri invece contrattano
il prezzo per zaini o valige e li affidano ai portatori che con delle gerle di bambù, cominciano
a salire velocemente. Anche il gruppo inizia a salire, la salita si mostra subito ripida, in poco
tempo la compattezza del gruppo si sfila. Mentre saliamo, incrociamo dei camion che salgono
o scendono trasportando pellegrini locali, per motivi di sicurezza, vista la strada, il servizio è
riservato solo ai birmani; in effetti i camion sono stracarichi e trasportano molte più persone
delle 30 previste. Salendo, lungo la strada s’incontrano delle edicole con statue di Buddha,
posti di ristoro, venditori. Ad ogni passo si è costantemente assaliti dai portatori che
chiedono di contrattare il prezzo e di accettare un passaggio in portantina; la strada
cementata, sale ed a tratti è molto ripida.
Dopo qualche tornante s’intravede la meta; la Roccia d’oro appare sempre più chiaramente.
Il tramonto è iniziato e la Roccia d’oro si colora dei raggi del sole. Si continua a salire,
l’insistenza dei portatori permane e man mano che si sale il prezzo scende. Ad un tornante
che gira verso destra, si apre sulla sinistra una strada sterrata che è meno ripida della
precedente, e transitando tra capanne adibite sia a negozi che ad abitazioni, in poco tempo si
giunge presso una scalinata di cemento con al termine un arco di ferro con delle scritte in
birmano, siamo alla fine della salita. Si prosegue lungo la strada che pianeggiante porta
verso l’albergo, siamo sempre circondati da portatori che stavolta cercano di contrattare il
prezzo per il ritorno. In poche decine di metri giungiamo all’albergo dove veniamo accolti
con dell’ottimo e caldo the verde, la bevanda è davvero un toccasana dopo la salita effettuata
col grande caldo e l’umidità presente. Lasciamo gli zaini nella hall dell’albergo e
proseguiamo in direzione della Roccia d’oro, ormai è sera. Avvicinandoci alla sommità della
collina, che è un luogo sacro, dobbiamo toglierci le scarpe e proseguire a piedi nudi, si
procede su un pavimento di marmo lucido ed in un breve tratto giungiamo alla Roccia d’oro
che imponente guarda la vallata.
La leggenda racconta che la roccia è tenuta ferma da un capello di Buddha, in effetti la
roccia appare proprio in bilico sulla vallata sottostante. Questo è uno dei massimi luoghi di
pellegrinaggio per i buddisti; avvicinandoci alla Roccia d’oro tentiamo di fare qualche foto
notturna e vista l’ora, decidiamo di rientrare in albergo, stanno arrivando delle nuvole basse
che avvolgono tutto e fanno aumentare la già notevole umidità. Prima di rientrare in albergo,
facciamo un breve giro tra le bancarelle del mercatino ed alcuni alberghi destinati ai
pellegrini.
By RB
Pag. 18
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Rientriamo in albergo, ci vengono assegnate le camere, sono molto modeste ed umide. Alle
20: 30 la cena è servita nella sala da pranzo che guarda verso la Roccia d’oro, la cena è
birmano/cinese, zuppa di lenticchie, pollo, pesce, verdure, spaghetti di riso e l’immancabile
riso bollito. La cena trascorre tra chiacchiere, si ridacchia per le condizioni delle camere, chi
ha trovato dei funghi, chi una rana, che delle libellule, chi dei gechi ....
Rientriamo nelle camere e cerchiamo di dormire, il ventilatore in funzione dovrebbe portare
un pò di sollievo, ed io penso: “chissà se la mia valigia arriverà? Qui l’umidità è elevata ed
il cambio ormai è sporco, devo trovare il modo per lavarlo ...”
13 ottobre 2006
Notte infernale, umidità elevata, il ventilatore fa rumore e muove solo aria umida, quando lo
spengo ci pensano le cicale all’esterno a tenerci svegli e quando terminano le cicale iniziano
le persone sulla strada di ritorno dalla Roccia d’oro a far rumore. Sono pellegrini che hanno
stazionato dalla sera precedente nel luogo sacro e pian piano s’avviano verso la discesa.
Alle 5,30, con un bussare alla porta della camera, arriva la sveglia che c’invita ad alzarci
per andare a vedere il sole che sorgendo illumina la Roccia d’oro. Ci vestiamo ed andiamo,
sempre a piedi nudi sulla cima della collina, a quest’ora il marmo del pavimento che ricopre
la collina è freddo e scivoloso, bisogna stare attenti a camminare. Il sole nascente è nascosto
dalle nuvole, ma pian piano ha il sopravvento ed illumina tutto, il suo calore inizia a togliere
la fredda umidità notturna dai vestiti e dalle ossa.
Su un altare posizionato nelle immediate vicinanze della Roccia d’oro, numerosi pellegrini
offrono cibo, alcuni di loro lasciano la cima della montagna ed altri ne arrivano, è un
continuo via vai di gente.
Rientriamo in albergo, preparo lo zaino per la discesa, colazione e poi si parte; nella discesa
incontriamo molti pellegrini che salgono, vicino alle abitazioni/negozi, incuriosito da decine
di vasetti, mi soffermo a veder cosa vendono, oltre ai classici souvenir, vi sono molti prodotti
della medicina e/o tradizione popolare, ossa di vari animali, oli vari, pozioni, bevande,
radici, ogni cosa adatta a curare e/o lenire dei malanni e/o migliorare alcune prestazioni
prettamente maschili.
La salita che la sera prima pareva ripida si conferma nella sua realtà, anche la discesa è
impegnativa; dopo circa un’ora dalla partenza il gruppo è nella piana di Yatetaung Bus
Terminal dove si pagano i portatori delle gerle e delle portantine. Qui la contrattazione non
ha mai fine, chiedono sempre di più adducendo mille e mille scuse; il peso della persona, il
caldo, la sete, l’umidità ecc, ecc, ma sono solo modi per estorcere più soldi. Questi portatori
sono delle insaziabili sanguisughe che si fanno tacere solo mantenendo fermo il prezzo
concordato il giorno precedente.
Il gruppo si ricompone, prendiamo un camion e velocemente percorriamo gli 11 km che ci
riportano al fondovalle dove ritroviamo il pullman che è stato riparato e partiamo per la città
di Bago. Lungo la strada ci fermiamo nel villaggio di Woo, un villaggio di pescatori, posto
lungo un fiume, dove possiamo osservare i vari tipi di pesce pescato e le varie fasi della
lavorazione e dell’essiccazione.
Si arriva nella città di Bago e ci fermiamo a visitare la Shwemawdow Paya (L145 - M109),
anche questa grande pagoda ha 4 entrate, lo stupa centrale interamente dorato con i suoi 114
mt. è il più alto della Birmania; più volte innalzato nel corso dei secoli e più volte distrutto da
vari terremoti, oggi appare imponente e mastodontico. Nei pressi dello stupa c’è un museo
dove sono custodite delle foto degli anni passati, oltre che preziose reliquie di altri templi
distrutti nei secoli.
Fuori dal museo ci sediamo su delle panche posizionate sotto un enorme albero, Sosò ci
spiega che i frutti di quell’albero vengono utilizzati dai monaci per tingere di marrone i loro
abiti. Infatti gli abiti dei religiosi sono realizzati con pezzi di altri tessuti cuciti tra loro, e per
By RB
Pag. 19
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
evitare possibili policromie, il tutto viene colorato con la tinta vegetale marrone estratta dai
frutti dell’albero, la tinta è talmente forte che copre qualsiasi altro colore.
Proseguiamo il giro della pagoda vedendo cappelle e templi con statue e raffigurazioni della
vita di Buddha. Alla base dello stupa è visibile un pezzo della parte terminale, rovinosamente
crollata nel terremoto del 1937. Nei templi e vicino allo stupa vediamo delle teche che
servono come raccolta delle offerte fatte per effettuare la festa della luna piena, festa dove i
monaci pregano ininterrottamente giorno e notte per i donatori delle offerte.
Lasciamo la Shwemawdow Paya e velocemente ci dirigiamo verso la Hintha Gon Paya (L146
– M109)), una pagoda, di origine animista, dove viene celebrata la festa degli spiriti; la
tradizione birmana enuncia 37 spiriti, e durante le cerimonie ed i vari rituali, effeminati e
donne fungono da medium. La struttura è posta su una collina e sempre a piedi nudi, saliamo
verso il tempio, dove una musica assordante e ripetitiva ci accoglie, sono uomini e donne che
danzano al suono di quella musica. Proseguiamo e visitiamo la parte superiore del tempio,
dove al centro è posto un altare con delle sculture di bronzo dorato che rappresentano 2
uccelli, che sono il simbolo della città di Bago, circondate da una serie di statue di Buddha.
Qualche foto all’altare ed al panorama di tutta la città e all’imponente stupa dorato della
Shwemawdow Paya; per uscire ripercorriamo la scalinata d’accesso e col pullman ci
dirigiamo verso il ristorante per la sosta pranzo; involtino primavera, zuppa con uova di
quaglia, pollo, anatra, gamberoni, verdura, frutta.
Ripartiamo per proseguire il giro; alla periferia della città ci fermiamo presso Kyiak Pun
Paya (L146 – M108), un tempio con 4 statue di Buddha sedute di schiena, 3 statue sono
decorate e la quarta è in rifacimento. All’entrata del tempio alcuni ragazzi travestiti da orso,
chiedono delle offerte.
Lasciamo la città e ci dirigiamo verso Yangon, Sosò comunica che la valigia mancante è
arrivata presso l’albergo, la notizia mi rende felice, infatti stavo programmando l’acquisto di
abbigliamento per proseguire il tour.
Nel viaggio di ritorno a Yangon osservo le abitazioni, alcune sono palafitte fatte con bambù,
altre sono palafitte di legno e vi sono pochissime case di mattoni. Ci fermiamo in una
fabbrica di vasi in terracotta, un prodotto artigianale caratteristico del luogo, all’interno di
un capanno vediamo tutto il processo di fabbricazione dei vasi. Col tornio a mano l’argilla
viene modellata ed il vaso assume una forma iniziale, poi viene rifinito a mano; vediamo la
lavorazione per arrotondare e per abbellire il vaso. Successivamente per sette giorni, è fatto
asciugare sotto una tettoia, infine è posto nel forno per la cottura che dura tre giorni. Nel
negozio sono in vendita molti vasi di ogni forma e dimensione, in terracotta semplice o
rivestiti con ceramica colorata.
I vasi sono molto utilizzati nelle abitazioni birmane, quelli rotondi sono usati come
contenitori dell’acqua dove rimane sempre fresca; i vasi bucati sono utilizzati per i fiori, altri
vasi con diverse forme hanno un uso più o meno nobile.
Ripartiamo ed arrivando a Yangon, rientriamo in albergo dove trovo la valigia, un bel bagno,
mi rado e mi cambio: indossare vestiti puliti è proprio una bella sensazione. Cena a buffet in
albergo, dove con sorpresa troviamo dell’ottima piadina e dei buoni dolci. Dopo cena
restiamo un poco nella hall dell’albergo a ripercorrere le esperienze vissute in queste prime
giornate, poi andiamo a riposare.
14 ottobre 2006
Sveglia e preparazione delle valigie, si parte per l’interno del paese, chi del gruppo può ne
lascia alcune con indumenti che non gli servono per il proseguo del tour, riprenderemo le
valigie fra qualche giorno al nostro rientro a Yangon prima di partire per la Cambogia. Nel
pomeriggio abbiamo il volo diretto alla città di Heho nel nord della Birmania, la mattinata la
dedichiamo a visitare ulteriormente la capitale.
By RB
Pag. 20
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
La prima sosta che facciamo è in una piazza dove sorge una Pagoda ottagonale, unica nel
suo genere, che è stata “risparmiata” durante la costruzione di un lungo viale dagli inglesi,
che hanno dominato per decenni la Birmania. Era usanza degli anglosassoni, per realizzare
strade, abbattere tutto quanto c’era sul percorso; ma la pagoda era un importante luogo
sacro, ed allora una delegazione si è recata a Londra dalla Regina Vittoria per illustrarle la
motivazione del rispetto del luogo, la Regina ordinò che la pagoda venisse lasciata. Oggi la
pagoda è adiacente ad una piazza ed un parco dove sorge il monumento all’Indipendenza.
Nella stessa piazza è presente il palazzo del municipio. Lasciamo il pullman e proseguiamo a
piedi per le vie della città: essendo sabato mattina non c’è molto traffico e si cammina bene.
Transitiamo in un quartiere caratterizzato da edifici coloniali, vediamo il tribunale, alcune
banche e poi una visita allo Strand Hotel (L107 – M97), un hotel extra lusso di origine
coloniale, recentemente restaurato, che offre 23 camere riccamente arredate il cui costo
varia dai 475 ai 1.000 $ per pernottamento.
Risaliamo sul pullman e ci dirigiamo al porto fluviale di Sin Ho Oan dove vediamo ogni sorta
di battelli, dalle chiatte per il trasporto di merci, ai battelli passeggeri, alle semplici e leggere
barche di legno per l’attraversamento del fiume. L’acqua è marrone, ma questo non evita che
sia usata per la pulizia personale: fare il bagno nel fiume è una cosa naturale per molte
persone. Sulla darsena sono posteggiati furgoni e camion di ogni tipo adibiti al trasporto di
merce, inoltre sono presenti molti magazzini, simbolo dell’importanza commerciale di questo
porto che dista solo 45 km dal mare. Nel porto, sulle panchine, vediamo la parte più povera
della Birmania, alcune persone malvestite e malpulite dormono o stanno sistemano le poche
cose che posseggono.
Lasciamo il porto a bordo del pullman e ci dirigiamo a visitare un monastero di monache
buddiste. Anche le monache come i monaci, vivono di offerte, ma mentre per i monaci la
questua è giornaliera, per le monache è permessa solo 2 volte alla settimana, per questo
motivo ricevono aiuti da familiari e da donatori; se non arrivano aiuti, si nutrono di riso
bollito e di pesce secco. Arrivando al monastero, possiamo osservare che oggi è un giorno
particolare, è il compleanno di una signora e la sua donazione, permette alle monache di
pranzare. All’interno del monastero, nella sala da pranzo, il cibo è servito su tavoli rotondi
molto bassi e le monache per pranzare devono sedersi per terra; il cibo è predisposto in piatti
comuni da cui le commensali, 6 per tavola, attingono. Salsa di pomodoro, gamberi con
arachidi, verdura sono già serviti in tavola, il riso viene deposto nei singoli piatti: tutto
diventa freddo; nella sala volano alcune mosche e solo sui tavoli dei donatori vi sono le
protezioni per le stesse. Alle undici, in fila indiana, arrivano le monache, tutte indossano il
loro mantello color rosa, i capelli sono rasati, l’età è indistinguibile. Entrando nel refettorio,
si accomodano ai tavoli, i posti sono preassegnati ed ognuna ha il suo piatto contrassegnato
con un nome o con un simbolo. Il pranzo inizia con la preghiera comunitaria di
ringraziamento per i donatori. L’unico piatto caldo che è servito è una zuppa di verdure, che
presa da un’enorme pentola con un mescolo, viene riversata nelle ciotole delle commensali.
Lascio le monache al loro pranzo e faccio un giro per il monastero, transito per la dispensa
dove sono impilati alcuni sacchi di riso che serviranno nei giorni senza donazioni, proseguo
per i corridoi esterni che danno alle camere e salendo al primo piano arrivo al tempio di
Buddha; la sala è rettangolare posta sopra il refettorio, il pavimento è in legno di teak, ai lati
delle portefinestre fanno entrare molta luce, un balcone gira intorno alla struttura. Opposto
all’entrata sorge l’altare con sopra la statua di Buddha, alle pareti dei quadri rettangolari
raffigurano episodi della vita di Buddha. Ai lati della sala, posti fra le portefinestre dei
tavolini su cui studiare: in un armadio collocato sulla parete di sinistra vi è una piccola
biblioteca con delle copie dei tre testi sacri del buddismo: la storia, i comandamenti, la
meditazione.
By RB
Pag. 21
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Ritornando verso l’entrata del monastero, lasciamo le monache al loro pranzo in compagnia
della benefattrice e ci dirigiamo al ristorante per il pranzo, sono appena le 11,30 ma,
dovendo prendere l’aereo, dobbiamo pranzare presto.
Nel ristorante birmano degustiamo, zuppa di lenticchie, maiale, gamberetti piccanti,
crescione, melanzane con cipolle, riso e frutta fresca (papaja, anguria e melone bianco). Una
curiosità legata alla tavola birmana, ho notato che sono presenti solo forchetta e cucchiaio, il
coltello non viene mai predisposto sulla tavola. E’ anche vero che io mangio con bastoncini,
ma vedendo Sosò mangiare solo con forchetta e cucchiaio chiedo come mai la mancanza di
coltelli; mi spiega che i birmani, avendo una cucina simile alla cinese, dove il cibo viene
spezzettato in cucina, usano forchetta e cucchiaio, oppure i bastoncini cinesi. Alla fine del
pranzo vengono servite delle caramelle al tamarindo, una è digestiva, ma tre diventano ....
lassative. Poi una notizia che appare avere dell’incredibile: esiste il caffè espresso!!! Non il
solito caffè solubile, ma un caffè espresso e da buoni italiani ne approfittiamo: il gusto è
discreto.
Terminato il pranzo partiamo in direzione dell’aeroporto e poco prima, in una zona militare,
ci fermiamo per veder due elefanti albini; ll colore della pelle è rosa, simile a quella dei
maiali, ma paragonata al nero della pelle degli altri pachidermi in effetti appaiono bianchi.
Gli elefanti sono legati con delle catene alle zampe posteriori per evitarne il movimento
(usanza utilizzata da altri popoli per addomesticare gli elefanti) e vengono liberati solo alla
sera.
Arriviamo all’aeroporto per prendere il volo che ci porterà ad Heho, la struttura
dell’aeroporto è sempre un cantiere aperto, stanno lavorando per terminare la nuova parte
che sarà destinata ai voli internazionali, noi ci dirigiamo nella parte vecchia dove voli
internazionali e voli nazionali hanno lo stesso ingresso. La struttura seppur datata presenta
una serie di controlli efficienti, li superiamo ed entriamo nella sala d’attesa vicino all’uscita
“Gate 1”, la sala è caldissima, non essendo areata il sudore cola abbondantemente, è una
sauna vera e propria. Arriva il nostro aereo, è un ATR 2 dell’Air Mandalay (di proprietà del
genero del presidente birmano); dopo qualche decina di minuti c’imbarchiamo, l’aereo è
vuoto interamente a disposizione del nostro gruppo, stiamo per apprestarci al decollo quando
il velivolo ritorna in aeroporto, due tecnici con espressione preoccupata salgono a bordo e si
dirigono velocemente in cabina di pilotaggio, dopo un pò escono sorridendo, finalmente si
decolla. Dall’alto appaiono villaggi ed abitazioni circondate da palme, tutt’intorno a perdita
d’occhio le verdi risaie dove, visto il periodo il riso è quasi pronto per il raccolto. Ogni tanto
nei villaggi e nella campagna appare luccicante qualche pagoda dorata. Fiumi e canali
solcano e segnano il terreno, l’acqua che scorre è sempre marrone, colore dovuto
all’erosione del terreno. Dopo qualche minuto di volo appare un lago azzurro, sembra
incredibile dopo tanta acqua marrone. Dall’alto appare un estesa pianura, qualche collina
solcata da strade sterrate il cui marrone risalta nelle tonalità del verde, chilometri di foresta
si susseguono evidenziando una miriade di laghi azzurri e di fiumi marroni. L’occhio si perde
in questa sequenza ripetitiva e poetica; un fiume da cui parte un canale di derivazione, le
risaie e poi ai margini inizia la foresta, poi un altro fiume, altri canali, altre risaie ed infine
foresta ......
Durante il volo l’aero a nostra completa disposizione, permette al gruppo di sbizzarrirsi in
chiacchiere varie, gli italiani hanno sempre la grande capacità d’essere allegri.
Sorvoliamo una diga fluviale a gravità, il lago artificiale si disperde nelle circostanti colline
in mille rigagnoli nelle frastagliate rive, sembra avere le forme di un drago cinese. In
prossimità di una catena montuosa completamente ricoperta di foresta, iniziamo la discesa,
appaiono dei terrazzamenti coltivati a riso; poi la terra cambia tonalità, anche il marrone
della terra appare diverso, le risaie lasciano spazio a campi coltivati, con il loro colore giallo
fanno bella scena i campi si sesamo fiorito; altri campi arati infondono al paesaggio delle
tonalità varie e piacevoli da vedere. Atterriamo all’aeroporto di Heho dove ha appena
By RB
Pag. 22
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
terminato di piovere, alla nostra destra le nuvole sono nere, mentre alla sinistra il cielo
appare chiaro, l’asfalto è completamente bagnato; speriamo d’andare in direzione del bel
tempo.
Siamo nello stato di Shan, Sosò ci dice che in Birmania esistono 37 etnie e nel nostro tour ne
incontreremo 6. Lasciando l’aeroporto percorriamo una strada tra campi che a causa
dell’alluvione sembrano delle risaie, quest’anno il monsone ha portato tanta pioggia e le
zone allagate sono veramente estese.
Mentre viaggiamo, la guida ci dice che gli unici monumenti dell’antichità oggi arrivati a noi
sono le pagode, le uniche strutture costruite utilizzando i mattoni, mentre tutte le altre
costruzioni qualunque fossero, abitazioni, monasteri e perfino il palazzo reale erano costruite
in legno; nel tempo il deterioramento, i terremoti e gli incendi hanno fatto si che solo
pochissime strutture arrivassero ai nostri giorni.
Facciamo una sosta presso il monastero di Shwe Yaunghwe Kyaung (L191 – M169), una
struttura del XVIII sec. interamente costruita in legno di teak. Alle finestre ovali appaiono dei
fanciulli monaci; ricomincia a piovere e dobbiamo lasciare le scarpe all’esterno per acceder
al monastero, comincio a comprendere l’utilità delle ciabatte infradito utilizzate dai birmani.
Saliamo una scala di cemento resa scivolosa dalla pioggia ed accediamo nel monastero,
vediamo una statua di Buddha di legno dorato contornata da specchi colorati. Alla parete
una lavagna indica le offerte ricevute ed i nomi dei donatori, si leggono anche degli italiani.
Usciamo dal tempio che continua a piovere; dobbiamo indossare le giacche a vento per
evitare di bagnarci. Nelle immediate vicinanze del monastero vi è un edificio in muratura: è il
tempio di Shwe Yan Pye (L191 – M169) con interni policromi, contiene 999 statue d Buddha.
In origine le statue erano in marmo ed alabastro, ma a seguito di depredazioni oggi restano
solo le nicchie originali al cui interno sono state poste delle moderne statue, ed alla base
delle nicchie compare il nome del donatore. L’edificio è composto da molte stanze, una
cappella è rivestita con vetri policromi mentre le decorazioni laterali sono parzialmente
originali. Le pareti interne, ricche di nicchie contenenti le statue di Buddha, sono colorate di
rosso con decorazioni in oro, mentre sulla parte alta della parete sono presenti figure a
mosaico con vetri colorati.
Lasciamo l’edificio e mentre saliamo in pullman pare che la pioggia stia terminando, nel
cielo grigio e cupo stanno comparendo degli squarci di azzurro.
Ci dirigiamo verso il Lago Inle, arriviamo nella cittadina di Nyaungshwe (L189 – M169)
dove, presso un ponte, la strada asfaltata termina: la cittadina è completamente allagata. Le
persone camminano nell’acqua alta fin oltre alla vita, le abitazioni sono sommerse, delle
barche solcano le strade al posto delle automobili, sembra d’essere a Venezia, ma qui siamo
in piena tragedia. Dal pullman la visione appare quasi irreale, qualcuno ride per quanto
vede, seppur turisti e protetti dal pullman siamo testimoni di un’alluvione che ha sommerso
gran parte del paese.
Il pullman si ferma, gira a fatica verso sinistra, procediamo lungo una strada sterrata
costeggiata a destra da capanne ed a sinistra da un canale. Ad un crocevia l’automezzo si
ferma, scendiamo e vediamo uno specchio d’acqua con delle barche azzurre, penso siano i
nostri nuovi mezzi di trasporto, invece le nostre barche sono ormeggiate poco distanti, sono
di colore rosso. I natanti presentano una chiglia molto affusolata e dal poco pescaggio,
ognuna porta 5 persone più il conducente, le barche sono mosse da un motore diesel
fabbricato in Birmania. Saliamo su di esse e pian piano ci allontaniamo dalla sponda verso le
quiete acque del Lago Inle, quello che sembrava un semplice specchio d’acqua era la parte
nord del lago, lungo 22 km e largo 11. Iniziamo la navigazione pochi minuti prima del
tramonto, partiamo ondeggiando un poco, ma man mano che la barca acquista velocità, la
stabilità aumenta. L’aria è fresca, il paesaggio indimenticabile, al fianco del lago s’innalzano
a cerchio le montagne, le acque dapprima marroni, man mano che percorriamo il lago
diventano verdi, rispecchiano il colore delle montagne circostanti; attraversiamo un villaggio
By RB
Pag. 23
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
di palafitte circondato da erbe acquatiche e percorriamo una serie di canali percorsi da
barche di legno. A me turista, sembra di perdere l’orientamento ma la gente del posto dei
vari canali ne conosce i segreti più reconditi. Navigando passiamo nelle vicinanze di
palafitte, poco dopo incrociamo delle barche di pescatori, il silenzio del lago è interrotto solo
dal rombo del motore diesel che spinge la barca, viaggiando verso la notte che s’avvicina,
l’aria pungente, la luce che pian piano scompare, sembra d’essere in una poesia vivente ed
incrociando altre barche, si sobbalza sulle onde che solcano le calme acque del lago. Con la
barca passo accanto ad erbe acquatiche che sembrano delle aiuole dove fanno la comparsa
delle campanule rosa e dei giacinti d’acqua azzurri. Arriva il tramonto, il lago sembra
volerci dare uno splendido benvenuto per le cose meravigliose che vedremo nei giorni
successivi, su una piroga incontriamo il primo rematore locale che rema unicamente con la
gamba destra, una caratteristica del popolo Intha i “figli del lago” (M167) unica al mondo,
per condurre una barca; questo è possibili perché il Lago Inle ha acque calme e placide.
La navigazione verso l’albergo dura oltre 30 minuti, nella memoria restano il verde delle
montagne, il grigio del cielo, i colori dell’acqua, il rosa dello splendido tramonto, in
lontananza un lampo rischiara il lago, forse pioverà. Delle luci poste vicino a riva indicano
un passaggio ed il timoniere dirige la barca verso l’attracco dell’albergo, ci fermiamo sul
molo e scendiamo dalle imbarcazioni, siamo in hotel e veniamo accolti con un cocktail di
benvenuto ed anche le zanzare ci danno il benvenuto; ma una spruzzata di repellente risolve
il problema. Prendiamo la chiave delle camere, siamo alloggiati in cottage posti sul lago, le
stanze sono delle casette di legno e bambù, molto carine, spaziose e con un balcone che da
direttamente sullo specchio lacustre; i letti sono predisposti con zanzariere onde evitare che
durante il sonno gli insetti pungano. L’aria nelle camere è calda ed umida, apro le finestre
protette da zanzariere, lasciando circolare un pò d’aria fresca.
Ho 1,30 ore di pausa prima della cena, ne approfitto per sistemare il diario annotando le
osservazioni e le sensazioni vissute nella navigazione. Poi una bella e rigenerante doccia e mi
dedico alla lettura dei siti visti durante la giornata, oltre ad uno sguardo al programma di
domani.
Alle 20: 30 andiamo al ristorante dell’albergo, posto sulla collina adiacente al lago, il
servizio da tavola è fatto con piatti di lacca, la cena è caratteristica della zona;. Antipasto di
sfoglie fritte, riso, soia con semi di sesamo, pollo con mandorle, arachidi, verdura, porri
piccoli e piccanti, dolci.
Usciamo dal ristorante e ci dirigiamo sul lago verso i cottage, il cielo è stellato e vista la
latitudine è difficile individuare le costellazioni conosciute, mi soffermo a contemplare la
bellezza della notte nel silenzio totale che regna sul lago.
Entro in camera e lascio le finestre aperte per far circolare l’aria, il letto coperto dalle
zanzariere promette un sonno restauratore, dal lago giungono i rumori della notte, si sentono
le rane gracchiare, qualche insetto che volando urta contro le zanzariere; dei tuffi di animali
nelle acque del lago fanno da sfondo al sonno che sta arrivando.
15 ottobre 2006
Alle 6,00 siamo svegliati da una musica proveniente dal villaggio posto nelle prossimità
dell’albergo, scoprirò poi che si tratta di una festa locale; il risveglio permette di vedere le
prime luci sul lago. Il cielo si presenta nuvoloso e grigio, le nuvole sono molto basse e
coprono le cime delle montagne circostanti, non so che tempo ci aspetta durante la giornata,
ma se il buongiorno si vede dal mattino, potrebbe anche piovere.
E’ domenica, Santa Messa, colazione e partenza con le barche per un tour sul lago che
durerà tutta la giornata; il sole spunta dietro le montagne e cerca di farsi largo tra le nuvole,
l’acqua del lago si colora secondo la luce che riceve, a tratti è grigia, a tratti è verde, in altri
punti è azzurra. Navighiamo per quasi un’ora sulle calme acque e mentre viaggiamo vediamo
By RB
Pag. 24
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
gli orti galleggianti, notiamo dei pescatori e dei contadini che raccolgono alghe dal fondo del
lago che utilizzeranno come base fertile per gli orti. Attraversiamo villaggi in cui parte delle
palafitte, seppur alte, sono allagate, la profondità del lago solitamente è 4,5 mt, ma a seguito
delle abbondanti piogge l’acqua in questi giorni supera i 7 mt. Lasciamo il lago e ci
addentriamo in un affluente la cui acqua è marrone, percorrendo il tortuoso fiume arriviamo
ad un attracco per le barche, siamo a Indien (L197 – M173), un villaggio posto sulla riva
destra del fiume che stiamo risalendo; lasciamo le barche ed a piedi attraversiamo il
villaggio transitando per il mercatino locale, passiamo nelle adiacenze di una scuola
elementare ed arriviamo all’imbocco di un porticato ligneo sostenuto da 403 colonne di
muratura bianca per lato. Sotto il porticato sono disseminate decine di bancarelle con esposti
souvenir e prodotti locali; tutt’intorno centinaia di piccole pagode. Percorrendo il colonnato,
all’esterno vediamo delle tombe, appartengono a dei semplici monaci, in passato solo loro
erano seppelliti mentre i capi monaci venivano cremati. Il complesso delle pagode risale al
XVIII sec., sono in totale 1.045. C’è un tempio principale, stupa e tempietti sono disposti
lateralmente, disseminate sulla collina, ed insieme al verde creano una fitta rete di guglie
alcune marroni (quelle da restaurare), alcune bianche ed alcune dorate, lo spettacolo è unico
e la vista si perde in mezzo a tanta incantevole bellezza. Le pagode, originariamente, avevano
tutte un rivestimento decorativo giallo chiaro fatto con pozzolana (una sabbia naturale),
attualmente il tempo, i terremoti ed i tombaroli ne hanno distrutto gran parte, che comunque
è visibile a “macchia di leopardo”. Le pagode esistenti, la cui maggior parte sono dei piccoli
templi, sono state oggetto di predazione da parte dei tombaroli e di saccheggiatori, i quali
cercando tesori o reliquie hanno asportato o rovinato le statue presenti all’interno delle
strutture, ma tutto questo non diminuisce l’incontrastato fascino del luogo. Alle pareti dei
templi e sopra le porte sono presenti delle statue, che rappresentano angeli guardiani a
protezione; le statue con diverse figure, rappresentano simbologie varie, risalenti ad epoche e
culture differenti. Salendo sulla collina arriviamo al tempio principale, edificato nel XII sec.
in puro stile birmano, tutt’intorno sono presenti decine di stupa dorati recentemente
restaurati, ed alla base di ogni stupa vi è il nome del donatore. Il tempio è fatto a T
rovesciata, l’entrata è frontale all’altare dove è collocata una statua di Buddha, a sinistra,
rispetto all’entrata, si trova un altare decorato con vetri colorati e specchi, con altre statue di
Buddha, a destra un’uscita permette l’accesso alle altri stupa laterali. Le pareti del tempio
sono decorate con vetri policromi e specchi, nella parte alta delle pareti sono presenti dipinti
raffiguranti storie della vita di Buddha; il soffitto è colore rosso con decorazioni in oro, il
pavimento è di piastrelle in ceramica su cui sono stese delle stuoie di bambù. Sosò spiega che
gli specchi posti dietro le statue di Buddha servono come riflesso di se stesso e delle proprie
azioni, di conseguenza per potersi riflettere nello specchio senza vergognarsi, bisogna avere
e mantenere un comportamento corretto.
Usciamo dal tempio e ci dirigiamo alla base della collina percorrendo il lungo colonnato
coperto; noto che le bancarelle sono aumentate, essendo arrivati di buon ora i commercianti
non le avevano ancora allestite al nostro arrivo. Sulle bancarelle si trovano caratteristici
prodotti artigianali locali quali dei contenitori in lacca con bassorilievi, mentre coltelli,
riproduzione di perle, argenterie ed oggetti di lacca decorata, provengono da altre zone del
paese.
Riattraversiamo il villaggio e transitando nei pressi della scuola, vediamo i bambini che
fruiscono dell’intervallo e come in tutto il mondo la loro voglia di giocare e di ridere è
inconfondibile. Arriviamo in prossimità delle barche ed aspettando il gruppo ci fermiamo in
un chiosco a bere del latte di cocco; fresco, gustoso e dissetante. Qualcuno nelle bancarelle
ha fatto acquisti, do un’occhiata pure io, vedo delle magliette carine che acquisto da portare
a casa.
Saliamo sulle barche e percorrendo il fiume rientriamo nel lago, dopo mezz’ora di
navigazione arriviamo nei pressi di un villaggio dove imponente appare il Phaung Daw Oo
By RB
Pag. 25
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Paya (L197 – M172), un tempio di forma quadrata col tetto di colore rosso decorato con
ferro dorato, degradante su sette livelli e con in cima un altissimo hti dorato che sembra
perdersi nel cielo.
All’interno del tempio il soffitto è completamente laccato in rosso e decorato con oro, sulle
pareti sono presenti dei dipinti che raffigurano avvenimenti della vita di Buddha, posto al
centro un altare con 5 piccole statue, tre Buddha e due Monaci. Le statue ricoperte di milioni
di foglioline d’oro nel corso degli anni, oggi appaiono completamente deformate, sono un
ammasso disomogeneo d’oro. Vicino al tempio, sotto un capannone è ormeggiato un battello
nero con decorazioni dorate, è il battello che è utilizzato per la festa del lago, che è appena
terminata. La festa ha origini molto lontane, inizialmente le cinque statue erano trasportate
tutte sulla prua del battello dove girando per tutti i villaggi del lago sostava una notte intera;
usanza tutt’ora presente, ed essendoci 20 villaggi, la festa dura 20 giorni.
Nel 1956 durante la festa, una tempesta ha fatto affondare il battello che trasportava le
statue, immediatamente sono iniziate le ricerche delle statue affondate, ma nonostante gli
sforzi profusi, dal fondale furono ripescate solo quattro delle cinque statue, mancava la più
piccola. Al calar della notte, quando riportarono le quattro statue al tempio, sull’altare
trovarono la quinta, bagnata e sporca dei detriti del lago; come fosse arrivata lì a tutt’oggi è
un fatto inspiegabile.
Nel 1957 in occasione delle festa del lago, appena la statua lasciò il tempio, improvvisamente
scoppiò un temporale e la gente, memore di quanto successo l’anno precedente, decise di
riportare la statua nel tempio, appena la statua venne depositata sull’altare, il temporale
cessò; da quell’anno durante la festa vengono portate in pellegrinaggio solo le altre quattro
statue.
Sotto il tempio è presente un mercatino di prodotti artigianali locali, si trovano attrezzi
agricoli, coltelli, stoffe, borse e camicette.
Uscendo dal complesso, l’acqua del lago rispecchia l’azzurro del cielo, ai lati del lago le
verdi montagne fanno da cornice, nel cielo qualche nuvoletta bianca, il sole è veramente
caldo; il clima è ideale per la navigazione.
Abbandoniamo la ressa del tempio e dopo pochi minuti di navigazione, arriviamo in una zona
tranquilla fatta di palafitte di legno e di bambù, è il ristorante; una bella ed accogliente
struttura che ci permette d’osservare bene alcuni aspetti del lago.
Approfitto della sosta per chiedere a Sosò delle delucidazioni sulla costruzione delle palafitte,
già dalla mattinata ho notato abitazioni in bambù con tetti di paglia ed abitazioni di legno
con tetto di lamiera. La guida mi dice che le abitazioni viste rappresentano i due diversi stili
delle case; le prime sono costruite interamente in bambù, dai pali di sostegno alle pareti
esterne, i pali hanno una durata di 6 anni e le pareti una durata di 3 anni; le finestre, nella
maggior parte dei casi, sono anch’esse fatte con stuoie di bambù.
Le case di legno sono realizzate con dei pali in teak e le pareti in un altro legno locale, la
durata di queste case è di circa 50 anni, ed evita una manutenzione continua, inoltre permette
di avere delle finestre in legno e vetro.
Il bambù ha una funzione termoregolatrice, permette alle pareti di mantenere un microclima
più fresco durante il periodo estivo e trattiene una minore umidità durante il periodo delle
piogge.
Approfittando della competenza e della pazienza di Sosò, chiedo come fanno a realizzare gli
orti galleggianti che ho visto precedentemente; mi spiega che per realizzarli i contadini,
infilano nel fondo del lago delle lunghe canne di bambù che devono fuoriuscire dalla
superficie del lago formando dei pali fermi su cui appoggiano le alghe pescate dal fondo, che
costituiranno la base “terrena” creando uno strato molto fertile. Una volta che lo strato
assume la consistenza dovuta, nello stesso, vengono infissi altre canne di bambù che servono
come sostegno per far crescere verdura o fiori. Essendo l’orto galleggiante sul lago, i
“contadini” si muovono solo ed esclusivamente su barche per tutti i lavori della coltivazione.
By RB
Pag. 26
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
La spiegazione viene interrotta dal pranzo che sta per essere servito; pollo con arachidi,
maiale, zucchine, pesce, spaghetti di riso, riso bianco, the.
Terminato il pranzo riprendiamo la navigazione e noto delle barche cariche di persone; sono
alluvionati che avendo la casa inagibile stanno traslocando presso dei monasteri oppure
presso parenti.
Proseguendo il nostro giro sul lago, arriviamo presso alcune palafitte collegate tra loro con
dei pontili di legno, siamo in un centro di tessitura dove degli artigiani producono tessuti in
cotone ed in seta; la seta proviene da Mandalay, qui viene colorata e tessuta. Tutte le fasi
della tintura, della tessitura e della creazione dei disegni sono prettamente artigianali; per la
colorazione sono usati dei colori naturali ottenuti da corteccia e radici. Giriamo per gli
edifici osservando donne che con telai di legno, creano tessuti dai disegni variegati e
colorati. In un edificio vediamo una lavorazione unica nel suo genere: la creazione di un filo
utilizzando degli steli di fiori di loto; vengono fatti dei mazzetti di steli e vengono tagliati in
pezzi lunghi circa 10 cm, da qui estraggono una resina filamentosa che unita crea un sottile
filo, questo filo viene fatto essiccare e poi viene lavorato. Per creare un tessuto di 200 x 30
cm. occorrono 22.000 steli. Questo prezioso tessuto, un tempo era usato per i vestiti delle
statue di Buddha, oggi i tessuti sono prodotti per il mercato giapponese, cui la richiesta è
molto forte. Il tessuto finale si presenta ruvido, di colore nocciola chiaro, ha una funzione
termoregolatrice veramente elevata ed il costo è quasi il doppio di un raffinato tessuto di
seta.
Usciamo dall’edificio e camminando sui pontili di legno che collegano gli edifici, facciamo
un giretto tra le palafitte, ad un certo punto troviamo una scritta “espresso”, ma sarà vero o
è un’allucinazione? Presi dal dubbio e dalla curiosità, mentre qualche donna è nel negozio
per vedere i tessuti prodotti, altri del gruppo vanno alla ricerca della preziosa bevanda nera,
e come tutte le favole, il lieto fine arriva; un bar è dotato di macchina per il caffè e la
bevanda servita è buona.
Dopo aver degustato il caffè, riprendiamo la barca, attraversando villaggi e costeggiando
orti galleggianti ci dirigiamo verso Nga Hpe Chaung (L196 – M170), il “Monastero del gatto
che salta”.
Attracchiamo e scendendo dalla barca ci apprestiamo a visitare la struttura, all’interno del
tempio, sono custoditi altari di legno provenienti da altri templi, il raggruppamento di tanti
altari, sembra farne un unico ed impareggiabile museo d’arte sacra dell’etnia Shang. Gli
altari sono in legno dorato, finemente lavorato, abbelliti con specchi colorati. Oltre agli
altari, sono presenti delle antiche statue di Buddha, le statue sono lignee, ve ne sono alcune
dorate ed altre colorate, tutte tipiche dell’arte Shang (riconoscibili dagli orecchini e dai
gioielli presenti). Vicino alle statue c’è un trono dove siede un monaco durante i
festeggiamenti del tempio.
Poco distante, sul pavimento una serie di stuoie indicano il luogo dove un monaco fa saltare i
gatti (da qui l’origine del nome del monastero), un’attrazione inventata più per i turisti che
per i fedeli; i felini vengono “invitati” a saltare in un cerchio tenuto a circa 80 cm dal suolo,
se il gatto salta viene ricompensato con del cibo. Viste le dimensioni dei gatti, gli stessi
devono essere bravi a saltare nel cerchio ed il cibo non manca.
Il monastero edificato nel 1843 è interamente realizzato in legno misura 60 per 40 mt, il
pavimento è completamente in teak lamellare, il tetto è sostenuto da oltre 200 colonne di teak
lavorato. Il tetto degradante è a tre strati, originariamente erano cinque livelli, ma questo
non riduce la bellezza del luogo, tutto il tetto è decorato con tavole lignee disegnate con
episodi della vita di Buddha.
Riprendiamo le barche e rientriamo verso l’albergo transitando per il villaggio di Kye Za
Gong, completamente circondato da orti galleggianti. Gli orti disposti su lunghe file, sono
circondati da acqua calma, tutt’intorno dei “muri” fatti con erbe acquatiche creano una
barriera impenetrabile alle barche e alle onde che s’infrangono sui muri a protezione degli
By RB
Pag. 27
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
orti. All’interno del perimetro l’acqua è calma, ciò permette ai contadini di lavorare
tranquillamente sulle proprie imbarcazioni di legno per coltivare ortaggi e fiori. E’
veramente inusuale vedere sull’acqua delle righe verdi con dei tralicci di bambù sui quali
crescono pomodori, zucchine e fiori.
Un particolare attira la mia attenzione, i pomodori non sono portati a completa maturazione,
vengono raccolti ancora acerbi, depositati in casse di legno chiuse e così portate al mercato.
Avremo modo, qualche giorno dopo, di degustare questi frutti completamente maturi.
Navigando tra i villaggi mi colpisce il fatto che siamo turisti e stiamo viaggiando nel centro
di un imponente alluvione, un evento naturale che vede centinaia di sfollati: mi colpisce la
calma, la compostezza e la voglia di proseguire del popolo birmano, veramente un
bell’esempio per noi occidentali che facciamo fatica a convivere con manifestazioni naturali
di questa dimensione.
Rientro nel tardo pomeriggio, ne approfitto per sistemare gli appunti e poi, dopo una bella
doccia, alle 20,00, cena birmana; patate fritte, maiale, manzo, pollo, verdura, l’immancabile
riso bollito e … sorpresa … compare una macchina per il caffè espresso. Dopo cena
qualcuno del gruppo trascorre la serata giocando a carte.
Prima di coricarmi scrivo sul blocco degli appunti le caratteristiche delle barche che solcano
le acque del lago Inle. Le barche sono di due tipi, le prime sono quelle usate dai pescatori,
sono lunghe circa 4 metri, dal fondo piatto, hanno le estremità piatte, questo permette di
poter lavorare comodamente sulla barca e di poter remare in prua utilizzando la gamba
destra per manovrare il remo; questa barca è utilizzata dai pescatori, per il lavoro negli orti
galleggianti, oltre che come mezzo di trasporto per le famiglie. La seconda barca serve per il
trasporto di merci e di più persone, lunga dagli 8 ai 10 metri, ha poco pescaggio, è mossa da
un motore diesel che viene avviato da un volano manuale e successivamente il numero dei
giri regolato tramite una manopola posta sul motore. I motori estremamente semplici ma
funzionali sono fabbricati in Birmania, l’elica è collegata al motore da una lunga asta di
almeno tre metri che serve anche come variatore di velocità della barca immergendola più o
meno profondamente nell’acqua. Quando queste barche trasportano turisti, sono predisposte
con 5 poltroncine allineate sul fondo della barca; si sale una persona per volta e ci si siede
subito, onde evitare di rovesciare la barca: in effetti avendo la barca poca chiglia, la
possibilità non è molto remota.
16 ottobre 2006
La sveglia è alle 5,15, alle 5,45 le valigie sono fuori dalle camere, facciamo colazione mentre
le prime luci del sole illuminano il lago, la visione è veramente suggestiva, delle rosse ninfee
sono fiorite nello specchio d’acqua lacustre antistante il cottage; il cielo è parzialmente
nuvoloso e le nuvole sembrano che si stiano abbassando. Spero che non si metta a piovere
perchè dobbiamo prendere la barca per ritornare al pullman. Attraversiamo il lago verso
nord, man mano che procediamo l’acqua da azzurra diventa marrone; lungo il percorso noto
dei pescatori e dei fiori di loto. Vicino alla riva, tra i canneti compare la nebbia, strana
sensazione approdare con la nebbia. Attracchiamo e sulla terraferma percorriamo una strada
sterrata che porta alla cittadina di Nyaungshwe, dove nei pressi del mercato ci aspetta il
pullman; mentre percorro il sentiero vedo ormeggiate delle barche di pescatori, gli stessi
scaricano e trasbordano su dei di furgoncini posteggiati nelle vicinanze, sacche contenenti
pesce che sarà venduto ai mercati delle città vicine.
Saliamo sul pullman e attraversiamo la città che due giorni fa era completamente allagata,
transitiamo per vie che erano sommerse, il segno dell’acqua è visibile sui muri degli edifici.
Percorriamo l’unica strada asfaltata che porta all’aeroporto, lo superiamo e proseguiamo in
direzione di Pindaya, la distanza è di 80 km, il tempo di percorrenza stimato è 3 ore. Sembra
un tempo inverosimile, ma passato l’aeroporto, dopo pochi km il nastro d’asfalto si restringe
By RB
Pag. 28
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
e diventa percorribile da un solo automezzo, la strada è piena di buche ed in caso d’incrocio,
bisogna usare lo sterrato posto al lato della strada dove transitano carri agricoli e trattori.
Il paesaggio è collinare, le risaie hanno lasciato lo spazio a coltivazioni varie, la terra
rossastra infonde un colore particolare al panorama; il viaggio è piacevole, lo sguardo
spazia continuamente tra le colline in un susseguirsi unico di colori dei campi arati e dei
campi coltivati, il rosso della terra si mischia al verde delle coltivazioni ed al giallo dei
campi di sesamo fioriti, è un susseguirsi di piante, di colline coltivate e di fiumi. Proseguiamo
il viaggio e dopo due ore arriviamo alla cittadina di Taunggyi (L201 – M173) con case di
cemento e mattoni, le capanne sembrano sparite, è una zona di agricoltori e commercianti;
pare d’essere in un altro paese, le abitazioni sono ordinate, circondate da terreno recintato,
l’aspetto sembra più occidentale che orientale. Ci fermiamo e facciamo un giro al mercato;
frutta, pesce, abbigliamento tradizionale e moderno (di fattura cinese), attrezzi vari. Qualche
acquisto da parte del gruppo e poi si riparte per Pindaya. Sulle verdi colline compaiono le
piante di pino, siamo a circa 1.400 s.l.m.; la strada continua ad avere le caratteristiche
descritte prima, ed il traffico è intenso a causa dei contadini e della popolazione che si
recano al mercato, incrociamo trattori stracarichi di persone, vediamo gente in attesa
dell’autobus che li porti in città. A ogni mezzo che incrociamo, l’autista del pullman deve
rallentare e mettendo 2 ruote sulla terra battuta (dove non troviamo pozzanghere d’acqua),
incrocia l’altro veicolo; le difficoltà aumentano quando incrociamo camion o pullman.
Lungo la strada, nei campi vi sono dei contadini che stanno lavorando Sosò ci spiega che qui,
nell’etnia Paho, i maschi arano il campo con l’aratro trainato dai buoi, le donne curano tutti
gli altri lavori dei campi, la semina, la coltivazione, mentre gli uomini danno una mano solo
per il raccolto e la disinfestazione delle piante; è una suddivisione di compiti
tradizionalmente rigida. Lungo la strada, incrociamo molti carri, qualcuno è trainato da due
buoi, altri più leggeri da un cavallo, lungo la strada vediamo un pozzo artesiano, è l’unico
pozzo dove la gente può attingere acqua, anche se di colore marrone.
Dopo 4 ore dalla partenza arriviamo a Pindaya (L184 – M163), città famosa in Birmania per
tre caratteristiche; lo stupendo lago, le onnipresenti secolari ed imponenti piante di ficus e le
grotte.
Avvicinandoci alla città deviamo a sinistra e cominciamo a salire sulla montagna, con ripidi
tornanti ci dirigiamo verso le Pindaya Caves (L185 – M164), le Grotte di Pindaya. Il pullman
ci accompagna fino all’ingresso dove una tettoia conduce all’ascensore che porta all’entrata
della grotta maggiore.
All’ingresso della tettoia una statua di un enorme ragno, simbolo della leggenda locale che
vede sette principesse sorprese nella grotta dal ragno, che poi fu ucciso dal principe che
liberò le principesse.
In prossimità dell’ascensore abbandoniamo le nostre calzature e saliamo verso l’entrata
della grotta calcarea, lunga 150 mt con stalattiti e stalagmiti, articolata in più stanze di
dimensioni diverse, ospita oltre 10.000 statue di Buddha, le statue più grandi sono 8.094.
All’interno statue di ogni dimensione, gran parte sono di muratura stuccata e dorata, altre
sono di legno, di alabastro, di lacca, di marmo, alcune sono annerite dal fumo delle candele,
quasi tutte le statue sono ricoperte da foglioline d’oro. In una sala, vicino al pavimento, si
apre una cavità, un breve e stretto corridoio porta ad un ulteriore stanza con delle statue di
Buddha, è un luogo di meditazione per i monaci. Proseguendo per le stanze vediamo una
statua lignea di Buddha in piedi, altre statue di lacca che sottoposte allo stillicidio dell’acqua
della grotta, non possono essere ricoperte d’oro; fa un pò impressione vedere due statue nere
in mezzo a migliaia di statue dorate. Proseguendo nella grotta vediamo un’enorme stalattite,
concava all’interno, un tempo usata come gong (oggi non è più usata per questa funzione), in
un anfratto vi è un tempio che è stato offerto dal governo attuale, e sinceramente è un poco
pacchiano e stona nell’armonia delle statue presenti di epoche più antiche. In una grotta è
stata realizzata una piccola pagoda, vediamo un altare dedicato ad un monaco eremita che
By RB
Pag. 29
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
vive su un fiume e che durante il periodo delle piogge, è chiamato nei villaggi per far cessare
la pioggia ed evitare gli allagamenti (e pare che ogni tanto la sua intercessione funzioni).
Nelle grotte lo stillicidio dell’acqua è continuo, il pavimento è scivoloso, e dovendo
proseguire a piedi scalzi dobbiamo porre molta attenzione.
Usciamo dalla grotta che piove, per fortuna la tettoia ci protegge, tutt’intorno sulla
montagna vediamo un susseguirsi di tettoie che conducono a varie grotte minori, ogni grotta
contiene circa 200 statue di Buddha.
Riprendiamo l’ascensore che ci porta alla base, rimettiamo le scarpe e scendiamo lungo la
scalinata d’accesso dove, nel vicino piazzale ci aspetta il pullman, sta piovendo ed
utilizziamo degli ombrelli per arrivare all’automezzo. Poco dopo smette di piovere e
comprendo la comodità della ciabatte infradito utilizzate dai birmani: anche se bagnano i
piedi, in pochi minuti si asciugano.
Il pullman lascia la montagna e si avvicina alla città, alla periferia di Pindaya ci fermiamo
per visitare una fabbrica di ombrelli tradizionali realizzati con la struttura portante di
bambù, i raggi sono fatti con gelso ed il tessuto è di cotone. Qui fabbricano anche dei
ventagli realizzati con gelso e tessuto di carta di bambù, tutti i prodotti sono decorati a mano
con l’uso di tinte naturali. Il laboratorio è pervaso da un odore acre, è la colla che è
utilizzata nelle varie fasi della lavorazione. Vediamo un artigiano lavorare con un tornio a
pedali, dei pezzi di bambù destinati agli ombrelli.
Pindaya è nota, oltre che per le caratteristiche predette, anche per la coltivazione del the e
del caffè, è l’unica zona del paese dove la pianta del caffè trova l’habitat ideale per la
crescita. Ci fermiamo a pranzo in un ristorante dal nome latino “Memento”, ci vengono
servite delle sfoglie fritte, zuppa di fagioli, pesce, manzo, erba cipollina, carote con
mozzarella di bufala, l’immancabile riso bianco; come frutta una banana rossa (molto dolce
e delicata), i dolci sono degli squisiti biscotti con sesamo e burro. Infine, vista la pubblicità
della Lavazza, presente sui tavoli, degustiamo un buon caffè espresso.
Al ristorante troviamo altri italiani, è una coppia toscana in viaggio di nozze, qualche parola
con i nostri connazionali e poi ripartiamo; il tempo si fa minaccioso, ho l’impressione che al
ritorno troveremo pioggia. Siamo leggermente in ritardo e dobbiamo arrivare all’aeroporto
di Heho per prendere il volo diretto a Mandalay; dopo due ore di viaggio, arriviamo
all’aeroporto. Scendiamo dal pullman e sulle magliette ci appongono un adesivo della Air
Mandalay, il check-in è molto veloce, Sosò distribuisce i biglietti e dopo i controlli accediamo
alla sala d’attesa, dove gli ingressi sono separati per uomini e donne. Nella sala altri
passeggeri attendono il loro volo, un uomo sente parlare italiano e si avvicina, è un padre
missionario del Pime, nativo di Bormio, e vive da 32 anni in Thailandia. E’ a Heho per
insegnare ai seminaristi teologia e filosofia; ora sta rientrando per un breve periodo in
Tahilandia per poi ritornare e concludere l’anno d’insegnamento, qui i permessi di soggiorno
non sono molto lunghi e deve continuamente uscire e rientrare nel paese. Scopriamo che in
Birmania i cattolici sono oltre 700.000 divisi in 13 diocesi, un dato veramente sorprendente
in un paese a così forte fede buddista.
L’aeroporto è molto frequentato, tre ATR 42 sono fermi sulla pista, due decollano e due
arrivano, veramente inusuale per gli aeroporti finora visti e completamente diverso dalla
desolazione di due giorni fa quando atterrando il nostro era l’unico aereo presente nell’area.
Decolliamo e vedo, poco distanti, le colline che delimitano il lago Inle, un’ultima occhiata al
lago e poi l’aereo vira a destra, altri paesaggi appaiono, si vedono colline coltivate solcate
da canyon, anche profondi, scavati dall’acqua, la terra rossa erosa dall’acqua appare come
ferite vistose tra il verde dei campi e della foresta; il volo è breve, appena superata una
catena montuosa inizia la discesa. Sosò durante il rientro da Pindaya, ci aveva comunicato
che la strada per Mandalay è impraticabile a causa dell’alluvione che ha distrutto dei ponti,
ed anche la città è parzialmente sommersa dall’acqua; fino a pochi giorni fa camion militari
erano adibiti al trasportare dei turisti all’aeroporto della città.
By RB
Pag. 30
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Atterriamo e prendiamo il pullman, partiamo e ci dirigiamo verso la città, il percorso
previsto richiederà almeno 1 ora. Mandalay è una città dove il contrasto con i poveri è
evidente, la città è stata “invasa” dai cinesi dediti al commercio delle pietre preziose, essi
hanno ottenuto dal governo l’affitto per 60 anni dei terreni sulle montagne dove cercare
smeraldi, rubini ed altre pietre preziose, e nel tempo hanno trasformato Mandalay nel loro
centro commerciale; gli stessi commercianti hanno creato delle catene di negozi dove
vendono abiti e prodotti cinesi da loro importati e, fino a poco tempo fa anche l’oppio non
era escluso dai loro traffici. Attualmente il divario sociale tra povertà e ricchezza è visibile in
modo molto evidente.
Lasciato l’aeroporto viaggiamo su una strada bella ed asfaltata, quando vediamo ai lati
baracche e tende: sono le abitazioni di fortuna della popolazione alluvionata. In prossimità di
un ponte la strada è sbarrata dall’acqua, giriamo a sinistra ed imbocchiamo una strada
secondaria che transita alla periferia della città; la parte più povera dell’abitato. Lungo il
percorso, ininterrottamente vi sono tende e baracche di fortuna; centinaia o forse migliaia di
persone ammassate senza soluzione di continuità. La gente cucina sul fuoco acceso a bordo
strada e poco dietro hanno delle stuoie dove sdraiarsi per riposare, tutt’intorno pentole e
suppellettili recuperate dalle loro abitazioni sommerse da oltre un metro d’acqua. La vita è
veramente desolante in quelle condizioni; affiancate alle persone ogni sorta di animali,
bovini, equini, suini, caprini, anatre. Poco prima delle 19, arrivando nella città, costeggiamo
un fossato immenso, lungo oltre due km: è il fossato del Palazzo Reale di Mandalay (L244 –
M139). La cinta muraria è lunga oltre 1,6 km per lato, ha quattro entrate e tre porte per lato.
Originariamente ogni lato aveva una funzione specifica; il Sud era l’entrata per i Re ed i
Regnati, a Nord l’entrata per i monaci, ad Est l’entrata era destinata al popolo ed ai
visitatori, infine il lato Ovest era riservato all’uscita per i defunti all’interno del palazzo
reale. Il palazzo era interamente ligneo e fu distrutto durante un bombardamento nel corso
della seconda guerra mondiale.
Dopo oltre due ore dalla partenza dall’aeroporto, arriviamo in albergo, una struttura
moderna ed ospitale che appare quasi irreale rispetto agli accampamenti che abbiamo
appena visto.
Cena a buffet e poi ritiro in camera, la mia camera ha la vista una collina da cui scorgo,
sulla sua cima, una pagoda dorata ed illuminata. Mi addormento pensando alle persone a me
care che non possono condividere con me questa visione.
17 ottobre 2006
Il risveglio è accolto dal sole che illumina la collina dove c’è la pagoda, il contrasto tra l’oro
scintillante della pagoda ed il verde della foresta che ricopre la collina è veramente forte.
Scendiamo per la colazione a buffet, tutto è veramente cucinato bene, le marmellate, i dolci, i
cibi salati, la frutta, il caffè seppur “all’americana” permette d’iniziare bene la giornata.
Poco dopo saliamo sul pullman e si parte per un’altra giornata da turisti. Durante lo
spostamento Sosò ci spiega che le regole del buddismo sono scritte in 40 libri che i monaci
dovrebbero conoscere a memoria, siccome la conoscenza totale è ardua, esista una “scala
della conoscenza” con relativi privilegi. Chi conosce un libro a memoria può girare sugli
autobus gratis, che ne conosce due può viaggiare in nave in modo gratuito chi invece,
conosce tutti e 40 i libri, gira il mondo spesato dallo stato birmano. I migliori monaci, spesso
sono invitati da persone facoltose, a soggiornare negli alberghi più lussuosi, ed, in effetti, la
sera precedente un monaco s’aggirava nell’albergo dove eravamo alloggiati con al seguito
un nugolo di persone.
Col pullman ci stiamo recando presso il porto di Mandalay e durante il tragitto, vediamo il
festeggiamento di un matrimonio, qualcuno del gruppo scende dal pullman per vedere la
By RB
Pag. 31
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
cerimonia; l’usanza locale vuole che in cambio di un dono, che è generalmente in denaro, gli
sposi regalino un ventaglio su cui sono riportati i loro nomi.
Riprendiamo il viaggio e dopo pochi minuti arriviamo al porto fluviale dove c’imbarchiamo
su un battello diretti a Mingun (L269 – M150), una località a circa 11 km da Mandalay.
Durante la navigazione il battello, improvvisamente si trasforma in un mercatino, i
componenti dell’equipaggio ed alcuni loro familiari mostrano mercanzie varie, le donne del
gruppo, attratte da collane, arazzi, cartoline, dipinti, borsette, ventagli si danno alla
contrattazione. Più i mercanti vendono e più merce arriva sulla terrazza del battello, sembra
d’essere in un pozzo senza fondo; l’ultimo articolo a comparire, ma non trova assolutamente
successo, sono delle marionette con i costumi tradizionali birmani. Per la cronaca è giusto
dire che precedentemente alla vendita dei prodotti, una parte del gruppo si era dedicato alla
ginnastica, una serie di esercizi effettuati sulla poppa del battello “allietati” da una
temperatura calda ed umida, per cui un pensiero ai “nostri ginnastici eroi” è più che dovuto.
Durante la navigazione siamo sulla terrazza superiore del battello che è coperta per
proteggere dal sole e dall’acqua, la temperatura è calda ed umida e, nonostante il battello
navighi in mezzo al fiume, la ventilazione è limitata, si suda copiosamente. Durante la
navigazione vedo degli isolotti con la coltivazione di saggina, destinata alla produzione di
scope, lungo il fiume barche e chiatte per la raccolta della sabbia ed il trasporto di
mercanzia varia. Il terreno della zona non adatto per le risaie è stato destinato alla
coltivazione delle arachidi, sulla terraferma poco dopo vedremo dei terrazzi con le arachidi
poste ad essiccare.
Pian piano, ma inarrestabilmente il battello solca le marroni acque del fiume, ci avviciniamo
a Mingun (L269 – M150), lungo la riva molto fangosa del fiume il battello tenta più volte
l’attracco e dopo qualche tentativo riesce, scendiamo lungo una passerella di legno ed in
breve raggiungiamo la riva, dove immancabilmente ci attendono dei venditori di prodotti
artigianali. Ci avviamo velocemente verso i monumenti da visitare, il primo che vediamo è la
Pondaw Paya (L 270), un modellino bianco alto “solo” 5 mt della pagoda incompiuta, la cui
costruzione si è fermata solo alla prima terrazza e la cui imponente mole domina la zona.
Poco distante una pagoda con l’accesso dal fiume, dove due bianchi leogrifi, angeli con la
forma tra il leone ed il grifone, sono posti all’ingresso come guardiani: è la Settawaya Paya
(L270).
Tutta completamente bianca, con solo l’hti dorato, la pagoda si staglia nell’azzurro del cielo
creando un bel contrasto, una vista incantevole (il colore bianco è ritenuto molto bello dai
birmani, e lo utilizzano per dipingere pagode e stupa).
La struttura è alta oltre 30 mt, all’ingresso vi sono tre scale d’accesso con funzioni precise,
quella per ministri o persone importanti, quella per i monaci e quella per la gente. Questa
divisione mi ricorda i monasteri europei medievali, dove su più piani erano simboleggiati i
ruoli dell’epoca, religiosi, imperatori ed infine il popolo.
All’interno del tempio vi sono 4 statue di Buddha, le originali sono state distrutte o
danneggiate nel corso dei secoli, e sono state sostituite con delle statue di recente
costruzione; vicino alle statue l’impronta di Buddha scolpita su marmo e, tradizionalmente
l’acqua contenuta nell’impronta è considerata sacra. L’impronta è scolpita con tutti i 31
piani della reincarnazione, i 26 piani del paradiso, il piano attuale ed i 4 inferni.
Il re che voleva edificare nella zona, intendeva realizzare 4 grandi opere; la pagoda alta 150
mt (incompiuta), una campana (terminata), delle statue di leoni che servivano come angeli
protettori (terminati) ed una diga di protezione per evitare che il fiume inondasse la zona
(incompiuta).
Poco distante dalla Settawaya Paya con i suoi 150 mt la Mingun Paya (L270 – M150),
avrebbe dovuto esser la più alta pagoda del paese, ma un presagio di distruzione della città
fece sospendere i lavori nel 1816. Tre anni dopo il re suo edificatore morì. La struttura
attuale è quadrata ed è larga 72 mt, alta 50 mt, interamente realizzata con mattoni pieni.
By RB
Pag. 32
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Negli anni i terremoti hanno creato delle vistose crepe nella struttura e parte dei mattoni
sono crollati al suolo, i fedeli hanno realizzato una scala esterna di 174 gradini e prelevando
i mattoni da terra, li portano in cima, la credenza dice che serve per la realizzazione dei
desideri.
Di fronte alla pagoda incompiuta vi sono i resti di due imponenti leoni, posti a protezione del
luogo sacro, le statue erano alte 30 mt e rappresentavamo gli animali nell’atto di saltare, ma
a seguito di terremoti le statue sono crollate ed ora ne rimane solo la parte posteriore.
Proseguendo tra capanne, bancarelle per turisti e devoti, arriviamo alla Mingun Bell (L270 –
M151), un’enorme campana di 90 tonnellate; costruita sulla sponda opposta del fiume e
trasportata in loco creando una zattera di legno di teak. E’ la più grande campana suonabile
esistente al mondo, e come tutte le campane buddiste non è provvista di batacchio. Realizzata
in più pezzi utilizzando bronzo e ferro; i pezzi sono poi stati uniti tra loro ma sono visibili le
saldature e gli spessori differenti delle fusioni.
Proseguiamo per Mingun ed arriviamo all’entrata di Hsinbyume Paya (L271 – M151), una
pagoda completamente bianca, rotonda, dalla simbologia complessa ed affascinante. E’
realizzata su 8 piani, rappresenta i sette mari ed i sette monti che bisogna superare per
raggiungere il Monte Merù; l’architettura è unica, dall’alto la vista si perde fra ondeggianti
strutture che rappresentano i sette mari, la struttura è dedicata alla principessa Hsinbyume
(da cui prende il nome la pagoda). La pagoda originariamente, conteneva una statua di
Buddha in smeraldo; attualmente all’interno del tempio sono presenti due statue, la prima
che si vede è recente, mentre quella posta dietro è antica.
Giriamo per la pagoda assediati da un gruppo di ragazzini che vogliono vendere di tutto;
cercano di capire da che paese proveniamo, poi quando scoprono che siamo italiani, qualche
parola la formulano, anche in modo corretto. L’atteggiamento di questi ragazzi e la loro
insistenza non sono assolutamente tipici del popolo birmano; un effetto negativo che il
turismo di massa provoca in alcune località.
Usciti dalla pagoda, la visita di Mingun è terminata, bisogna ritornate al battello. Qualcuno
del gruppo decide di utilizzare i “taxi“ locali: dei carri trainati da buoi. Io rientro a piedi e
ne approfitto per rivedere i luoghi ed osservare particolari che prima non avevo notato; sul
mio immancabile blocco, prendo appunti e faccio qualche disegno per rammentare quanto ho
visto.
Il gruppo si ritrova vicino al fiume, ci imbarchiamo sul battello e ci dirigiamo verso
Mandalay, ricompare il mercatino sulla barca, ma subito ci si accorge che i prezzi sono più
alti delle bancarelle, nessuno acquista nulla. La navigazione è tranquilla, il gruppo di italiani
vivacizza la monotonia della navigazione.
Arriviamo a Mandalay, prendiamo il pullman e ci accorgiamo che l’aria condizionata non
funziona, il caldo comincia a farsi sentire.
Pranzo al ristorante cinese; involtini con gamberi, zuppa di verdura con uova di quaglia,
zucca (ripiena di pollo, granchio, e verdure), pollo con mandorle, anatra laccata, manzo,
verdure, riso pesce e frutta (anguria, melone bianco e papaja). Il ristorante posto di fronte
alle imponenti mura del lato ovest del palazzo reale, permette una bella e suggestiva visione.
Terminato il pranzo, riprendiamo il pullman e constatiamo che l’aria condizionata proprio
non funziona. Costeggiamo in senso orario le imponenti mura del palazzo reale e terminato il
lato nord giriamo a sinistra, entriamo nella cinta della Shwenandaw Kyaung (L244 – M142),
il “monastero del Palazzo d’oro“. Questo monastero è realizzato con legno di teak intarsiato
e dorato, sono 2 stanze provenienti dalle 114 del palazzo reale, andato distrutto da un
incendio durante la seconda guerra mondiale. Le due stanze sopravvissute erano state
staccate dal palazzo nel 1880 per un dono del re fatto ad un monaco molto erudito.
L’architettura dell’edificio è affascinante, la struttura completamente in teak finemente
lavorato, all’esterno compaiono degli angeli a protezione dell’edificio, dei fiori di loto e dei
pavoni (tra l’altro il pavone è il simbolo della Birmania, rappresenta il sole ed il giorno,
By RB
Pag. 33
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
mentre il coniglio rappresenta la notte ed il buio). Originariamente l’edificio era interamente
dorato, oggi le parti dorate visibili sono solo quelle interne che protette dalle intemperie
hanno mantenuto la doratura. La cinta del monastero è inusuale, la sua forma ricorda un
diamante.
Sosò ci spiega che i monasteri venivano edificati proporzionalmente alle capacità dei monaci
che ci vivevano, più un monaco era bravo, più poteva avere un monastero bello; ecco perché
il re staccò due stanze del palazzo reale per realizzare questo monastero.
Entriamo nelle stanze dorate del monastero e resto abbagliato da tanta bellezza, vi sono delle
colonne cilindriche interamente dorate, il soffitto è un unico bassorilievo; nelle pareti
laterali, anch’esse lavorate, si aprono delle finestre che permettono alla luce di passare e
riflettersi sull’oro presente creando un continuo gioco di luci ed ombre. Ad una parete della
stanza è appoggiato l’altare di Buddha, con specchi e vetri originali, la parete dietro l’altare
è interamente ricoperta di formelle rettangolari con angeli. La struttura interna del tempio si
sviluppa partendo da una parte verticale esterna, poi una parte obliqua, successivamente un
primo livello orizzontale, poi ancora una parete verticale, altro pezzo obliquo ed infine il
plafone terminale, tutto interamente intarsiato e dorato. Ai lati dell’altare due porte, una per
lato, comunicano con la seconda stanza, noi transitiamo da quella destra ed accediamo alla
sala dove, vicino alla parete che divide le due stanze sono collocati quattro altari ed un
armadio coloniale. Gli altari, originariamente erano collocati altrove, hanno una forma
particolare, come due parallelepipedi sovrapposti, il parallelepipedo più grande è in basso e
quello piccolo è sopra, entrambi con funzioni ben precise, quello sotto provvisto di ante
conteneva i 40 libri del buddismo e sopra, veniva posizionata la statua di Buddha.
Scatto qualche foto della struttura lignea veramente incantevole, esco mi rimetto i sandali,
pochi passi ed arriviamo presso Kuthodaw Paya (L243 – M141) ”il libro più grande del
mondo”, la pagoda contiene 729 tavole di marmo, ognuna delle quali custodite in una
singola cappella, sulle tavole sono incisi i tre libri fondamentali del buddismo. Per scrivere
una tavola occorrono tre giorni di lavoro; originariamente le parole erano scritte in argento,
poi furono scritte in oro ed attualmente i nobili metalli sono stati sostituiti con delle scritte in
colore nero, per evitare il deterioramento dovuto alle intemperie. Le cappelle contenenti le
tavole, in origine avevano degli hti di bronzo intarsiati con pietre preziose ed una campanella
terminale in oro ed argento. Questi hti sono stati sottratti dai dominatori della Birmania nel
corso dei secoli, attualmente sono presenti hti in ferro dorato.
All’interno della pagoda, uno stupa dorato con posti ai quattro punti cardinali sei orchi a
protezione, la fisionomia di queste statue ha un’influenza cinese. All’interno della pagoda
sono presenti 1771 tavole di marmo, anche queste, protette da piccole cappelle, riportano i
tre libri fondamentali del buddismo.
All’interno della pagoda, in un tempio vediamo una statua di Buddha a grandezza naturale
realizzata da un pezzo unico di legno con apposte sulla fronte delle pietre preziose, il soffitto
a cassettoni è ricoperto d’oro lamellare, l’altare è anch’esso d’oro.
Usciamo dalla pagoda di Kuthodaw Paya e prendendo il pullman ci dirigiamo alle pendici
della Mandalay Hill (L239 – M140), la collina di Mandalay, lasciamo il pullman e salendo su
dei pick-up iniziamo la salita lungo tortuose strade. Ci fermiamo per vedere Shweyattaw
Buddha (L241 – M141), la Statua di Buddha in piedi che con la mano tesa indica il luogo
dove 2.400 anni dopo il passaggio di Buddha, sarebbe nata una città, Mandalay, fondata nel
1857. Vicino alla statua di Buddha alta 9,5 mt di legno dorato, una statua poco più piccola
raffigura una donna, che la credenza dice si sia tagliata i seni in segno di rispetto per
Buddha.
Risaliamo a bordo dei pick-up e proseguiamo la salita fino alla cima della collina. Tutta la
cima è una zona sacra con templi ed alberi. Anche qui per fotografare, come in tutti i luoghi
sacri, occorre pagare. L’edificio centrale della collina è interamente rivestito di specchi e di
vetri colorati. Il luogo è pieno di libellule, Sosò dice che questo fenomeno indica pioggia, in
By RB
Pag. 34
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
effetti delle nuvole sono presenti nel cielo. Troviamo un gruppo di turisti francesi e la loro
guida è la sorella di Sosò; ci fermiamo a salutarla e proseguiamo nel giro.
Il tramonto sulla città e sulla pianura sottostante è suggestivo, i raggi dorati del sole calante
illuminano la pianura, si riflettono sulle risaie e sulla zona allagata creando un unico, grande
immenso specchio a perdita d’occhio.
Lasciando la collina ed a bordo dei pick-up scendiamo percorrendo una strada diversa da
quella fatta in salita.
Rientriamo in albergo, mi reco presso il business center munito di collegamento internet, con
un pò a fatica riesco ad inviare una e.mail ad amici per far avere mie notizie, poi si parte per
la cena.
Ci rechiamo in un ristorante tailandese per la cena e, mentre entriamo, per puro caso
incrociamo delle persone che stanno uscendo dal locale, Fernanda riconosce un sacerdote
che è stato in Italia, ci fermiamo a parlare un poco e ci diamo appuntamento per la sera
successiva, dove poi gli daremo degli indumenti, un piccolo aiuto per proseguire la sua
opera, oltre a dei farmaci portati dall’Italia che non avevamo usato.
La cena trascorre tranquillamente; involtini primavera, wanton fritti, zuppa di cavoli con
formaggio, gamberoni fritti, pollo con verdure, verdure, pesce con verdure, spiedini di carne,
l’insostituibile riso bianco. Per dolce arriva una ciotola con un impasto bianco e delle palline
verdi, è grano ammorbidito nel latte di cocco. Ha un gusto strano, ma è buono. Anche in
questo ristorante con grande gioia per gli italiani, troviamo il caffè espresso.
Nel locale c’è un gruppo di francesi che soggiorna nel nostro albergo, 2 ragazze parlano
correttamente italiano, sono comasche, una è di Como e l’altra di Lomazzo, da tempo
risiedono in Francia; una di loro parlando con Fausto scoprono che è la sorella di un’amica
di Fausto: il mondo si rivela veramente piccolo.
Dopo la cena, rientriamo in albergo, mi addormento osservando la pagoda illuminata sulla
collina e le stelle che brillano nel cielo.
18 ottobre 2006
Sveglia alle 6,15, siamo avvolti dalle nuvole basse e durante la notte ha piovuto, guardando
dalla finestra la giornata appare grigia, ma dopo pochi minuti dalla comparsa del sole, le
nubi si diradano lasciando il cielo sereno, s’annuncia un’altra giornata di caldo afoso.
Scendiamo per la colazione e noto che in tutto l’albergo sono posizionati dei fiori freschi e
profumati, oltre ad abbellire fungono da deodorante. Alle 7,30 partiamo col pullman per
vedere la statua di Buddha più famosa della Birmania, un luogo sacro e meta di molti
pellegrinaggi. Dopo pochi minuti arriviamo presso la Mahamuni Paya (L245 – M142); un
colonnato ammette al tempio dov’è custodita la statua di bronzo, realizzata in sei pezzi dal
peso originale di 12 tonnellate con la testa tempestata di pietre preziose. Oggi dopo la
continua apposizione, da parte dei fedeli, di foglie d’oro la statua pesa 13 tonnellate,
praticamente una tonnellata d’oro è stata applicata in modo disomogeneo deformandola,
sembra un corpo pieno di bubboni. Un’antica tradizione tutti i giorni si ripete; alle 4,00 di
ogni mattina il tempio viene aperto ai fedeli ed alle 4,15 il viso della statua viene
accuratamente lavato.
Il tempio originale era in legno di teak, nel 1880 è stato rifatto in muratura e a tutt’oggi non è
stato modificato; gli archi sono in stile coloniale, la copertura è interamente dorata e sulla
sommità è presente una griglia per proteggere l’hti d’oro da eventuali ladri.
Alle donne non è consentito l’accesso al centro del tempio dov’è la stanza di Buddha e
devono restare ai lati, oltre alle transenne; delle guardie, rigorosamente controllano
l’accesso alla stanza, bisogna essere vestiti con pantaloni lunghi ed indossare magliette, i
copricapo non sono ammessi. Chi indossa un abbigliamento non consono, viene bloccato ed
“invitato” ad indossare delle tuniche che i guardiani gentilmente pongono. Di conseguenza
By RB
Pag. 35
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
l’apposizione di foglie d’oro sulla statua è riservata solo gli uomini che salendo scale laterali
arrivano alla base della statua potendo così applicare l’oro.
Lasciamo il tempio e poco distante, in un edificio vediamo delle statue bronzee, sono
d’origine tailandese, del VIII sec., frutto di un bottino della guerra del 1784. Le statue erano
state prese per essere fuse per realizzare delle armi, ma il re, appassionato d’arte decise di
tenerle per collezione. Nel tempo, la credenza popolare attribuì alle statue dei poteri
guaritivi, tutt’oggi toccando le statue nella parte dove si sente dolore si pensa che aiutino
nella guarigione. Il risultato è che le statue sono più lucide e levigate in alcuni punti rispetto
ad altri.
Originariamente le statue erano tempestate di pietre preziose, ma oggi sono visibili solo gli
incavi contenenti le pietre.
Adiacente, un altro edificio dove è custodito un gong di bronzo dal peso di cinque tonnellate,
sul cui dorso sono incisi un pavone ed un coniglio; la tradizione vuole che il gong serva per
la distribuzione di particolari meriti. Collocate vicino all’enorme gong, con funzione solo di
abbellimento, sono presenti due statue di bronzo che rappresentano degli angeli, ognuna dal
peso di due tonnellate.
Uscendo dal tempio, percorriamo la galleria iniziale che ospita un mercatino di bancarelle
dove si possono trovare statue di Buddha di varie dimensioni, braccialetti, collane, oggetti in
lacca e mercanzie varie. Visto che i miei sandali, il giorno prima si sono scollati, decido di
acquistare delle ciabatte infradito, chissà mai che riuscirò a vestirmi anche parzialmente alla
birmana? Sosò ci richiama alla puntualità in quanto siamo in ritardo sul programma, ma
d’altronde transitare per un mercatino con delle donne, equivale ad un ritardo “indefinito”.
Lasciamo Mahamuni Paya ed uscendo dalla città di Mandalay ci fermiamo per vedere la
scultura di statue di Buddha di marmo, la pietra proviene da cave poste sulle montagne
adiacenti alla città. La lavorazione avviene partendo da un unico blocco di marmo, gli
artigiani, che sono tutti cottimisti, secondo la propria capacità lavorano varie parti del
blocco, dando forma alla statua. Il viso è la parte più delicata e viene lavorata
esclusivamente da artigiani esperti. La lavorazione del marmo avviene con martelli, scalpelli
e flessibili, uomini, donne, ragazzi e ragazze lavorano dando forma alle statue senza nessuna
protezione per gli occhi, per la bocca e per il naso. La polvere di marmo, frutto
dell’abrasione dei dischi flessibili, avvolge tutto e tutti, creando una nuvola bianca visibile da
lontano e rendendo l’aria irrespirabile. La vita media degli artigiani è molto bassa a causa
dell’asbestosi prodotta dall’inalazione della polvere.
Queste statue di marmo sono destinate alle pagode, la maggior parte è destinata
all’esportazione; i birmani che sono molto superstiziosi, nelle abitazioni usano statue di
bronzo o di legno, in quanto credono che statue di marmo in casa portino sfortuna.
Lasciamo Mandalay percorrendo le vie centrali che al nostro arrivo erano alluvionate, nel
centro città gli edifici sono moderni, mentre man mano che ci avviciniamo alla periferia vedo
delle abitazioni di bambù, alternate ad edifici coloniali un accostamento che ha un suo
particolare fascino.
Percorriamo una strada attorniata da capanne e da risaie, e dopo pochi km arriviamo a
Amarapura (L262 – M146), dove ci dirigiamo presso il Maha Ganayon Kyang (L263 –
M148), un importante monastero dove risiedono migliaia di monaci; sono appena trascorse
le 10 e possiamo girare per il monastero scoprendo la vita interna; vediamo molti edifici,
qualcuno destinato a stanze dove i monaci dormono in comunità; solo agli insegnanti è
permesso di dormire soli. Altri edifici sono luoghi di studio, altri sono scuole di ogni ordine e
grado. Posti fra edifici dei muretti nascondono il luogo in cui i monaci fanno toelette; si
lavano vestiti ed utilizzando delle scodelle si versano addosso dell’acqua che è sempre
presente in diverse vasche dislocate nel monastero, veniamo avvertiti che è vietato
fotografare i religiosi mentre si lavano.
By RB
Pag. 36
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Girando arriviamo alla cucina dove vi sono enormi pentoloni con gamberetti, carne, riso, the
verde. Sul fuoco stanno cucinando della carne, poco lontano delle pentole di alluminio
contengono il riso bollito che sarà servito per pranzo ai monaci. All’interno della cucina vi è
una dispensa con dei sacchi, gamberetti essiccati, sacchi di cipolla e casse di legno
contenenti dei pomodori (provenienti dal lago Inle). Molti alimenti sono frutto di offerte; i
cuochi del monastero sono stipendiati da una persona benestante di Yangon, che in questo
modo fa la sua offerta.
Nella vicina sala da pranzo possiamo vedere i posti riservati ai monaci e quelli riservati ai
donatori.
Proseguendo nel giro del monastero vedo alcune abitazioni con delle donne anziane: è un
ospizio inserito nel monastero, in cambio dell’ospitalità che ricevono, queste donne
giornalmente si dedicano alla pulizia del riso per il pranzo dei monaci.
Siamo venuti al monastero per assistere alla processione che precede il pasto dei monaci,
Sosò ci avverte di evitare di fotografare i monaci mentre pranzano.
Arriviamo presso l’entrata principale del refettorio, all’esterno vi sono dei tavoli con le
offerte fatte dai donatori odierni, oltre alla carne vista in cucina, sui tavoli vi sono dolci e
frutta.
Alle 11 precise un primo suono della campana, improvvisamente il viale centrale si popola di
monaci, ognuno vestito col suo mantello marrone porta la ciotola nera che serve da piatto. I
religiosi si pongono in due file indiane e lentamente s’avviano verso la sala da pranzo;
l’ordine nelle file non è casuale, risponde ad un preciso rito e codice che non riesco a
decifrare. Un secondo suono della campana, annuncia che è possibile accedere alla sala da
pranzo; i monaci entrando nel cortile antistante alla sala da pranzo, porgono la loro ciotola
ai donatori che la riempiono di riso, prendono la loro razione di carne, il dolce, la frutta e
vanno a sedersi nella sala da pranzo, il tavolo è basso e devono sedersi per terra per poter
consumare il pranzo. Oggi il pasto è ricco ed abbondante, nelle giornate senza donazioni, i
monaci pranzano con un piatto fatto con riso, gamberi secchi, cipolle e peperoncino; ovvero
gli ingredienti che abbiamo visti accumulati nella dispensa. I monaci entrando nella sala da
pranzo si siedono senza un ordine ben preciso, pranzano in assoluto silenzio; solo ai monaci
ammalati il pasto viene servito in camera. Quando il pranzo sarà servito a tutti i monaci,
quello che avanzerà sarà distribuito ai poveri.
Lasciamo il monastero di Maha Ganayon Kyang e col pullman ci dirigiamo poco lontano,
sulla riva del lago Taungthaman, l’automezzo si ferma e noi scendiamo per vedere il ponte U
Bein (L263 – M148), il ponte in Teak più lungo al mondo; ben 1.200 metri. Il luogo è
prettamente turistico, pieno di venditori e di bancarelle, con ogni scusa un nugolo continuo
ed interminabile di bambini tentano di vendere di tutto. Presso il ponte delle barche a remi
assomigliano vagamente alle gondole veneziane.
Il ponte ha una struttura molto semplice, due file di pali di legno infilati nel fondo del lago ad
una distanza di circa 2,5 mt uno dall’altro, sono collegati da travi di legno, e sopra le stesse,
delle assi inchiodate creano la passerella su cui camminare, la struttura è sprovvista di
parapetti laterali, ma la gente cammina tranquillamente. Circa ogni trecento metri, è
presente una casetta di legno che serve come sosta e come punto d’osservazione, a metà
ponte, dove è presente una curva, la casetta è dotata di una scala che scende nel lago, qui è
un crocevia di barche che raccolgono i turisti e li trasportano a riva; qualche persona del
gruppo decide di rientrare verso riva con la barca, ma il tempo del rientro in barca si rivela
molto più lungo del previsto e dobbiamo aspettare i ritardatari.
I ragazzini che vendono prodotti artigianali, si dimostrano poliglotti, hanno una notevole
capacità d’apprendimento ed assimilano le parole straniere molto velocemente. Sulle
bancarelle si trova di tutto, leggii di legno, sculture, decorazioni, collane e borse realizzate
con semi d’anguria, disegni in bianco e nero ed acquarelli, collane e braccialetti di pietre
By RB
Pag. 37
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
varie, cappelli a ventaglio (dalla struttura in bambù e colorato), cappelli in paglia a falde
larghe tipici dell’Asia.
Lasciamo il ponte di teak e nel tragitto verso il ristorante ci fermiamo presso un laboratorio
artigianale dove lavorano l’argento. Vediamo le varie fasi della lavorazione del metallo, la
fusione, la cesellatura, la lucidatura che è effettuata utilizzando frutti ed una pietra locale dal
nome intraducibile. L’argento è fuso in un crogiolo alimentato da un maglio a mano, colato
in lastre di fine spessore e poi cesellato. Questo artigiano produce braccialetti, orecchini,
collane, vasi, scatole, suppellettili di ogni forma, gusto e prezzo; nel negozio sono presenti
anche collane, orecchini ed anelli con pietre preziose.
Lasciamo l’artigiano e proseguiamo la nostra strada costeggiando un fiume, ad un certo
punto un ponte di ferro lo attraversa, la struttura del ponte vede al centro una sede
ferroviaria ed a entrambi i lati delle strade su cui transitano i mezzi motorizzati, ciclisti,
pedoni e carretti. Il ponte realizzato dagli inglesi, fu distrutto dai giapponesi nel secondo
conflitto mondiale, ricostruito nel 1952, attualmente è una struttura considerata instabile e
per questo il governo birmano sta realizzando un ponte adiacente a quello vecchio.
Proseguiamo il trasferimento e ci fermiamo per il pranzo presso un ristorante cinese, nei
bagni dei rotoli di carta igienica sostituiscono gli asciugamani, ma almeno sono monouso. Si
pranza con nuvole di drago, zuppa, pollo, gamberi, maiale, riso e frutta.
Usciti dal ristorante, saliamo su dei furgoni e iniziamo la salita verso la collina di Sagaing
(L268 – M152), durante la salita ci fermiamo presso il tempio di Umin Thounzeh (L268 –
M153), il tempio delle trenta grotte; il tempio fatto a mezzaluna contenente 45 statue di
Buddha, realizzato in onore dei 45 anni in cui Buddha ha girato predicando. La struttura è
interamente piastrellata con ceramica, anche il pavimento della terrazza adiacente al tempio
è di ceramica bianca.
Sulla terrazza Sosò ci spiega che i monaci buddisti fanno due pasti al giorno, il primo quando
si svegliano, solitamente all’alba, ed il secondo, dopo aver chiesto la questua, comunque
sempre prima delle 12, e fino al giorno seguente non assumono più cibo. Questa usanza fu
introdotta nel tempo, in quanto i monaci facevano poca meditazione: il lungo digiuno
dovrebbe servire anche per aiutarli nella meditazione. Mentre prendo gli appunti sul mio
blocco, dei monaci incuriositi, vengono a vedere come scrivo e sorridono.
All’uscita del tempio, vicino a delle bancarelle alcuni artigiani stanno fabbricando,
utilizzando i semi di anguria, collane, borsette e porta chiavi; un nugolo di bambini ci segue:
vogliono vendere gli oggetti prodotti dagli artigiani.
Riprendiamo i camioncini e proseguiamo verso la cima della collina dove troviamo un tempio
con all’interno una statua di Buddha che indica la costruzione della città, sulla collina è
presente anche un monastero ed un cimitero, chiaramente non buddista. Giriamo per la
collina e possiamo osservare il bello stupa interamente dorato che si staglia nell’azzurro del
cielo. Percorriamo un corridoio colonnato interamente piastrellato e protetto da una tettoia
dove sui lati sono presenti dei disegni rettangolari raffiguranti i 15 incubi avuti dal re ed i
relativi interventi di Buddha; in cui l’Illuminato ne spiega il significato e predice cosa
avverrà in futuro.
Poco distante, un tempio contiene una pietra, è la “pietra del giudizio” che è usata dagli
studenti per sapere se un esame andrà male o bene; sollevano una prima volta la pietra,
fanno un’offerta e poi risollevano la pietra, se la pietra sembra di minor peso significa che
l’esame sarà superato, se la pietra sembra di maggior peso, difficilmente l’esame sarà
superato.
Lasciamo la collina di Sagaing e sempre a bordo di pulmini, scendiamo verso la pianura
percorrendo una strada diversa da quella utilizzata per la salita.
Ripartiamo per il rientro a Mandalay e lungo la strada ci fermiamo a visitare una fabbrica di
arazzi. Gli arazzi si distinguono secondo il disegno e le finiture; se l’arazzo contiene poca
superficie lavorata è da ritenersi poco prezioso, invece se presenta una superficie molto
By RB
Pag. 38
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
ricamata è da ritenersi prezioso. All’intero della fabbrica, sedute ad ogni tavolo, quattro
ragazze lavorano a cottimo alla produzione di arazzi, l’età è indefinita, alcune potrebbero
essere veramente giovani.
Proseguiamo il tour e poco dopo ci fermiamo in un laboratorio dove realizzano le foglie
d’oro da apporre sulle statue di Buddha e nei luoghi sacri. Da 26 grammi d’oro escono ben
4.000 foglie d’oro, ognuna di pochi cm di superficie. Gli artigiani lavorano nell’area a piedi
nudi, in quanto ritenuta sacra e benedetta. Per assottigliare l’oro utilizzano uno strumento
fatto con dei fogli di carta bambù, larghi circa 15 per 15 cm, trattenuti da due pezzi di legno
ai lati, legati a croce con della pelle di cervo. L’oro posizionato tra i fogli di bambù,
trattenuti e legati dalla pelle di cervo, viene picchiato con una mazza, così facendo lo strato
d’oro si assottiglia. Successivamente, i fogli di bambù vengono aperti e la foglia d’oro divisa
in due parti, i fogli vengono richiusi e proseguono nella battitura. Questo procedimento è
ripetuto per cinque passaggi, alla fine ottengono una foglia d’oro sottilissima che
confezionata in bustine è venduta fuori dalle pagode e dei templi.
I fogli di bambù che servono per questa lavorazione, sono fatti stagionare nell’acqua per due
anni, mentre la pelle di cervo che tiene uniti i bastoni di legno ed i fogli di bambù, è l’unica
pelle resistente ai colpi di mazza inflitti dagli artigiani.
Le foglie assottigliate, vengono rifinite dalle donne che le predispongono in forma quadrata e
le imbustano. I pacchetti di 10 bustine hanno un valore, in negozio di 1.500 khat, ovvero 1,5
€. Adiacente al laboratorio c’è un negozio, dove si trovano vari oggetti d’oro da quelli
religiosi a quelli di bellezza.
Rientrando verso l’albergo in prossimità del fossato delle mura del palazzo Reale, ci
fermiamo a fare delle fotografie.
Rientro in albergo, doccia e poi mi metto a sistemare gli appunti presi durante la giornata.
La cena la consumiamo in un ristorante birmano; zuppa di lenticchie e cipolle, pesce, pollo,
manzo, verdure, riso e di dolce, delle banane fritte. Il ristorante all’aperto fa “assaporare”
appieno la temperatura calda ed afosa; terminata la cena, si torna in albergo, vado a letto
con lo sguardo sulla pagoda illuminata, posta in cima alla collina.
19 ottobre 2006
Sveglia e sistemazione delle valigie, colazione e caricati i bagagli sul pullman, partiamo per
Monywa. Uscendo dalla città, noto come sia invasa da biciclette e da motorini; essendo
mattina la gente dalla campagna si reca in città per lavorare, ognuno porta la sua “gavetta”
col pranzo della giornata.
Lasciando Mandalay, ripercorriamo la strada verso Sagaing, riattraversiamo il ponte di
ferro e stavolta, proseguiamo diritti senza fermarci sulla collina. Percorriamo la strada
asfaltata contornata dalle capanne delle famiglie alluvionate, ci fermiamo a fotografare la
Kaunghwmudaw Paya (L269 – M153), una pagoda eretta nel 1636 dalla bianchissima
cupola, la leggenda vuole che essa rappresenti il perfetto seno di una regina birmana.
L’altezza della cupola è di 46 mt. Scatto delle foto e controllandole salgo sul pullman ma ...
hanno cambiato l’autista? No, sono io che camminando senza guardare, ho sbagliato
pullman e sono salito su quello di turisti francesi, scendo immediatamente e salgo sul
pullman giusto posteggiato dietro a quello dei francesi.
Approfittando del viaggio, Sosò racconta curiosità, usanze e tradizioni della Birmania; la
superstizione è molto forte e coinvolge completamente tutta la vita; se le case hanno l’entrata
a sud o ad est, l’abitazione viene ricercata ed assume un buon valore economico, se invece
l’entrata è a ovest o nord, il valore economico scende di molto. Nei negozi e nelle bancarelle,
i commercianti sono convinti che il primo cliente che entra nel negozio o si ferma alla
bancarella, se acquista, la giornata è positiva, se non acquista, la giornata avrà un risvolto
By RB
Pag. 39
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
negativo per gli affari, per questo i commercianti al primo cliente sono disposti ad applicare
sconti molto forti pur di vendere ed avere così una giornata positiva.
In Birmania la patente del motorino si può conseguire a 18 anni, dopo sei mesi, si può
conseguire quella dell’auto, dopo due anni quella dei pullman e dopo cinque anni quella dei
camion.
I telefoni cellulari hanno una storia tutta particolare, girando per la capitale ho notato delle
pubblicità di telefonini dell’ultima generazione, ma le schede funziono solo localmente. Il
costo degli apparecchi è equivalente a quello italiano, invece la scheda d’attivazione costa
5.000 $ (tutte tasse governative). Esiste una lotteria nazionale in cui il vincitore ottiene un
premio che consiste in una scheda telefonica d’attivazione per “soli” 1.500 $ e, vista la
situazione economica dei birmani, molte volte il premio viene venduto in cambio di soldi.
Sempre in fatto di telecomunicazioni anche il telefono fisso ha costi d’attivazione notevoli, la
linea costa 1.500 $.
Lungo la strada ci fermiamo per una “sosta idraulica” presso un ristorante posto sulla
strada, pur essendo mattina sulla tavola ci sono dei piatti pronti, quali passeri fritti e
formaggio fresco; riprendiamo il viaggio e Sosò continua nell’illustrazione della vita del suo
paese.
Le abitazioni sono costituite da una sala principale dove in molti casi è collocato un altare
dedicato a Buddha, nelle abitazioni si entra sempre scalzi, le stanze, oltre a quelle dei
genitori, sono divise tra maschi e femmine; anche i figli sposati, quando vanno a trovare i
genitori, dormono in stanze separate.
Ogni birmano per essere una persona corretta dovrebbe rispettare cinque doveri;
l’insegnamento di Buddha, il rispetto per i genitori, per i figli, per gli insegnanti e per gli
studenti.
Lungo il percorso attraversiamo una zona agricola coltivata a cotone, anche qui è arrivata
l’alluvione e sono presenti baracche di fortuna che costeggiano la strada.
La strada che collega le città birmane ha le caratteristiche delle precedenti percorse, un
nastro d’asfalto largo circa 4 mt, affiancato da due piste sterrate dove transitano trattori e
carri agricoli; i pedoni e chi viaggia in moto non hanno delle regole ben precise, ma
tendenzialmente viaggiano sull’asfalto. In caso d’incrocio di pullman e camion, gli automezzi
vanno con le ruote esterne sullo sterrato, di conseguenza la velocità varia a seconda del
traffico che si trova.
Avvicinandoci alla città di Monywa, Sosò ci fa notare imponenti edifici con adiacente estesi
prati ben tenuti; sono le facoltà universitarie, costruite dal governo tutt’intorno alle città.
Essendo luoghi decentrati, agli studenti è garantito un regolare trasporto pubblico.
Proseguo ad ascoltare altre caratteristiche della vita della Birmania odierna, dove i servizi
sociali sono assenti, la pensione non esiste, gli anziani devono sperare nell’aiuto dei figli,
altrimenti devono andare negli ospizi. Gli stipendi sono esenti da tasse per operai, impiegati
statali e militari, solo gli scaricatori del porto e le guide turistiche devono pagare il 10% di
tasse.
Mentre viaggiamo si rompe l’aria condizionata del pullman, è proprio un tormento in questo
tour, proseguiamo con i finestrini aperti. Durante il tragitto troviamo un passaggio a livello
chiuso, un addetto della ferrovia con una bandiera verde annuncia la chiusura manuale delle
sbarre e l’arrivo del treno; la ferrovia è ancora quella costruita dagli inglesi, il treno
passeggeri ha un locomotore diesel ed è formato da quattro carrozze.
Transitato il treno, riprendiamo il viaggio costeggiando campi coltivati e, lungo la strada
vediamo delle bancarelle con angurie.
Continua la descrizione della vita in Birmania: la distribuzione della benzina è regolata dallo
Stato, al cittadino spettano 4 galloni la settimana, il rimanente fabbisogno viene acquistato
al mercato nero con un costo tre volte superiore, circa 4.500 kyat al gallone (3 €).
By RB
Pag. 40
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
I birmani usano masticare foglie di the mischiate tra betal e calce, masticando questo
intruglio hanno le gengive e la lingua corrose dallo sfregamento della calce. La calce viene
preparata ponendola in una pentola con acqua e viene fatta cuocere, poi l’acqua viene
gettata e resta solo la calce; il procedimento viene ripetuto cinque o sei volte. Così preparata
la calce avvolta da foglie di the, viene masticata; toglie la fame ed il sonno. La saliva diventa
rossa, i birmani che masticano foglie di the sputano continuamente e, camminando sulle
strade è possibile intravedere molte macchie rosse, frutto degli sputi effettuati. L’uso della
masticazione delle foglie di the è di origine indiana.
Le donne, fin dalla tenera età amano apporre sul viso della “tanaka”, un prodotto che serve
per proteggere ed abbellire la pelle. La corteccia del legno di tanaka è grattugiata e
macinata finemente, poi viene applicata sul viso. Terminata la corteccia, i pezzi di legno
vengono macinati ed utilizzati per realizzare creme per la cura delle mani.
Arriviamo a Thanhoddhay Paya (L274 – M155), un tempio dai colori pastello, contenente
600.000 statue di Buddha, di ogni grandezza. Scendiamo dal pullman e prima di accedere al
tempio, chiaramente rigorosamente scalzi, vediamo degli scoiattoli correre per terra e su un
albero. Il tempio costruito da un monaco di nome Leonardo è davvero inusuale, il colore
pastello del rosa, azzurro, verde, bianco e giallo, si perdono, si mischiano continuamente con
le bianche statuine di Buddha poste all’esterno del tempio sui pinnacoli, sulle steli, come
decorazione. Vicino al tempio, una vasca contenente dei pesci è circondata da una cornice
abbellita con pannelli descriventi la vita di Buddha. I buddisti acquistano pesci ed uccelli (tra
l’altro visti in vendita sul ponte di teak il giorno precedente) per poi liberarli. Adiacente alla
vasca due donne vendono del cibo per i pesci; il cibo acquistato dai pellegrini e dai turisti è
dato direttamente ai pesci che sono nella vasca.
Lasciamo la vasca ed entriamo nel tempio, è pieno di gladioli, i fiori della fede, il loro
profumo si diffonde e mischiato all’incenso che brucia sugli altari, rende l’aria veramente
gradevole. All’interno del tempio vi sono statue di Buddha con varie posizioni delle dita della
mano, in segno d’insegnamento. Scatto alcune foto di questo particolare e cromatico tempio e
poi ci dirigiamo tra campi coltivati presso un’altra zona sacra, sulle colline di Po Khaung
(L274 – M154) dove c’è un’imponente statua di Buddha disteso, la lunghezza della statua è
90 mt.; accediamo in quest’area tramite una zona in cui sono presenti 10.000 piante di Ficus
Religiosa, saliamo su una torre che è il miglior punto d’osservazione per la pagoda e la
statua di Buddha sdraiato. Dietro a questa statua un’enorme impalcatura fa intravedere
un’ulteriore statua di Buddha in piedi in costruzione, l’altezza è imponente, a lavori terminati
la statua sarà alta 167 mt.
Lasciamo la zona e ci dirigiamo verso la città di Monywa dove giungiamo per l’ora di
pranzo, ci fermiamo ad un casello per pagare il pedaggio che permette l’accesso alla città.
Sosò ci spiega che per la costruzione delle strade le persone “volontariamente”, dietro
imposizione statale, lavoravano un giorno la settimana. Lo stato per ricompensare questo
contributo, divide a metà la riscossione del pedaggio, 50 % va allo Stato e 50 % resta alla
città e viene utilizzato per la manutenzione delle strade e per altre opere pubbliche.
Arriviamo al ristorante; patate fritte (sempre gradite dagli italiani), zuppa di ceci, manzo,
maiale (dall’ottima cottura), verdure, ananas. L’albergo è carino, le camere sono delle
palafitte di legno, molto pulite e gradevoli.
Dopo pranzo col pullman andiamo al porto cittadino, luogo in cui prendiamo delle barche
per traghettare sull’altra sponda del fiume dove, adiacente ad un mercato caotico, ci
attendono dei fuoristrada che ci porteranno a visitare le Hpo Win Daug Caves (L275 –
M155), le Grotte degli sciamani. Saliamo sui mezzi e partiamo verso le grotte percorrendo la
pianura caratterizzata da campagna; poco dopo transitiamo vicino ad estese aree cintate e
delle montagne di pietrisco indicano che siamo nella zona mineraria di proprietà statale,
dove estraggono rame. La guida racconta che di notte, la gente del villaggio, prende la terra
per estrarre il prezioso minerale e poterlo vendere.
By RB
Pag. 41
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Lasciamo la pianura e cominciamo a salire sulle colline, la strada è sterrata ed i ponti sono
di legno, l’autista procede a velocità abbastanza sostenuta continuando a suonare il clacson
ogni volta che incontra qualcuno.
Dopo circa 45 minuti di viaggio ci fermiamo su un piccolo piazzale, siamo arrivati alle
Grotte degli sciamani. Le prime grotte furono scavate nell’arenaria nel 900, nel 1400 sono
state affrescate e gli affreschi, seppur parzialmente rovinati, sono ancora ad oggi visibili; nel
1780 vengono apposte le prime statue di Buddha in bronzo, nel 1900 cominciano i restauri e
vengono apposte numerose statue ancora visibili.
L’origine del nome delle grotte si perde nella notte dei tempi, sembra che derivi dal fatto che
il luogo era frequentato da sciamani che si riunivano per la preparazione di pozioni varie.
Accediamo alla prima grotta, è preceduta da un tempio di muratura, originariamente il
tempio era di legno, oggi rimangono solo le porte di legno di teak intarsiato, visibili ai lati.
La grotta è scavata nell’arenaria, all’interno una statua di Buddha e degli affreschi
raffiguranti la sua vita. Proseguiamo lungo le pendici della collina, è un susseguirsi di grotte,
alcune visibili, altre seminascoste dalla foresta tropicale, appaiono delle scimmie che, anche
a distanza ravvicinata ci chiedono del cibo e, putacaso, dei ragazzini vendono dei sacchetti di
arachidi da dare alle scimmie. Proseguiamo il giro sulle colline, vedendo grotte di ogni
forma e dimensione, alcune sono abbastanza ben tenute, altre mostrano i segni del tempo e
dell’umidità. In alcune possiamo osservare degli affreschi raffiguranti l’impronta del piede di
Buddha o dei fiori di loto; una credenza locale vuole che transitare sotto questi affreschi,
porti fortuna, allora visto che sono li perché non approfittarne?
In cima ad una collina, una grotta contiene una statua di Buddha morente, la caratteristica
sono le gambe completamente distese e non flesse, come nelle statue precedentemente viste,
questa fu la prima grotta scavata tra quelle presenti.
Scendiamo un poco dalla collina e troviamo un piazzale circondato da templi, sul piazzale si
sono radunati gli abitanti del villaggio e sono comparse decine di urlanti scimmie. Visitiamo
una grotta contenenti quattro grandi statue di Buddha ed una più piccola; questa grotta fu
restaurata nel 1901. Nonostante il restauro complessivo del sito, iniziato nei primi del 1900,
solo ultimamente sono stati effettuati degli interventi conservativi e se non proseguiranno
celermente, potrò dire di aver visitato le grotte pochi decenni prima della loro distruzione a
causa dell’umidità, delle infiltrazioni d’acqua e della foresta che avvolge tutto.
Sulla facciata della montagna, vediamo una grotta con la rappresentazione del Monte Merù,
di fianco all’entrata una forma piramidale scolpita nella roccia rappresenta i sette monti ed i
sette mari da superare per raggiungere il monte sacro ai buddisti. Nella scultura la parte
rappresentante le montagne è in altorilievo, mentre la parte rappresentate il mare è in
bassorilievo, in cui sono scolpiti dei pesci. Sopra la forma piramidale, sono rappresentati i 26
piani del paradiso.
Poco distante, una grotta contiene la statua più grande del complesso, rappresenta Buddha
sdraiato ed è lunga 27 mt.
Seguendo un percorso ai limiti della foresta, scendiamo dalla collina e saliti suoi fuoristrada,
ripercorrendo la strada percorsa nell’andata ritornando al fiume. Nel viaggio transitiamo
vicino a terreni recintati, dove la pastorizia è diffusa, al posto delle classiche palafitte noto
delle abitazioni, significa che qui la piovosità è minore che in altre zone del paese.
Arriviamo al fiume e m’accorgo d’essere ricoperto della terra sollevata dai fuoristrada che ci
precedevano, ho proprio il viso ricoperto e questo si nota bene, quando tolgo gli occhiali da
sole, per fortuna che in albergo ci attende una bella doccia.
Prendiamo la barca per attraversare il fiume, mentre il tramonto lascia spazio a nuvole
minacciose, lontano, sul fiume si vedono dei lampi. Rientriamo in albergo che il buio è già
calato sulla città, una doccia e poi, visto che l’internet point è accessibile, il collegamento
internet funziona ed i costi sono accettabili, ne approfitto per inviare mie notizie tramite la
solita catena di amici.
By RB
Pag. 42
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
La cena la consumiamo in albergo, verdura fritta (un piatto chiamato tampura, fatto con
farina di riso e verdure), zuppa con uova di quaglia, spaghetti di grano, riso saltato, agnello,
pesce, cavolfiori. Servono un dolce fatto con pasta di riso farcita con cocco, poi delle banane.
Durante la cena comincia a piovere copiosamente, attendiamo che il temporale diminuisca
d’intensità e ci rechiamo presso la hall dell’albergo per giocare a carte e chiacchierare un
poco. Poi mi ritiro in camera per la sistemazione del diario e m’addormento con negli occhi
la visione delle grotte scavate nell’arenaria viste nel pomeriggio.
20 ottobre 2006
Alla mattina, il pullman che il giorno precedente aveva l’aria condizionata rotta è stato
sostituito con un altro perché dovendo fare molta strada avremmo dovuto viaggiare con i
finestrini aperti. In effetti troviamo un altro pullman, ma ........ è quello che abbiamo cambiato
due giorni prima ed anche questo aveva l’aria condizionata non funzionante!!!! Diciamo un
“ritorno al passato”.
Colazione e partiamo per Pakkoku, uscendo dalla città di Monywa noto delle palafitte di
bambù ed altre di teak, lungo la strada vi sono delle segherie, dove, su concessione
governativa, lavorano il legno di teak. La strada è contornata da piante di acacia con fiori
rossi e gialli: l’accostamento è molto gradevole.
La strada che unisce le due città è stata costruita nel 1992, presenta innumerevoli buche e
per lunghi tratti risulta non asfaltata. Per la manutenzione la strada viene suddivisa in tratti e
l’esecuzione lavori viene appaltata a dei gruppi familiari. In quest’attività tutto il nucleo
familiare lavora, gli uomini prendono i sassi dalle cave e a mano, li rompono fino a ridurli
piccoli granelli che vengono messi nelle buche. Le donne, i ragazzi ed a volte si vedono anche
dei bambini, sono parte attiva del lavoro; trasportano sassi dalle cave verso la strada oppure
depositano i sassolini all’interno delle buche che poi ricoperte d’asfalto viene battuto con dei
pesi. Il lavoro non è eseguito a “regola d’arte” in modo che la manutenzione sia continua e
di conseguenza l’appalto del lavoro sia “garantito” nel tempo.
Dopo due ore di viaggio, ci fermiamo nel villaggio di Mau, costruito interamente con bambù
e palme nel 1997, dopo che un incendio lo aveva completamente distrutto. Appena scesi dal
pullman, vediamo delle donne impegnate nella fabbricazione artigianale delle stecche per gli
incensi che realizzano con l’ausilio di una macchina impastatrice; pongono una stecca di
bambù e chiudendo la macchinetta, permettono a queste stecche di passare in un impasto
grigio che li avvolge. La lavorazione avviene singolarmente per ogni stecca e le stesse,
successivamente, sono adagiate per terra sostenute da un legno per l’essiccazione
dell’impasto. Le bacchette d’incenso prevedono un secondo rivestimento che è fatto altrove,
varie essenze conferiranno il profumo voluto dalla combustione della bacchetta. Mentre le
donne sono intente nella lavorazione delle stecche per l’incenso, degli artigiani lavorano le
foglie di palma creando suppellettili ed oggetti per la casa.
Vicino al villaggio vediamo delle pagode del XII sec. e sparse nella foresta, i resti di altre
pagode, la guida “c’invita” a non addentrarci nell’alta erba presente onde evitare l’incontro,
poco piacevole, con qualche strisciante rettile. Proseguiamo per le pagode, qualcuna è
bianca, qualcuna è in stato d’abbandono, dopo un breve percorso arriviamo in una radura
dove sorgono delle scuole. Sosò regala ai bambini della prima elementare dei quaderni e
delle matite; i bambini, contentissimi, ringraziano per la donazione.
Poco distante in un’altra scuola vedo dei ragazzi/e impegnati nell’ora di educazione fisica,
gli esercizi fisici appaiono come una ginnastica “di regime” e ricordano i vecchi filmati
dell’istituto Luce, del periodo antecedente la seconda guerra mondiale.
Ritornando verso il pullman, mentre attraversiamo il villaggio vediamo prima dei campi
coltivati a sesamo, con le piante dai fiori gialli; poi un gruppo di donne recarsi presso il
tempio, è il settimo giorno dopo la luna piena e per il calendario buddista è un giorno sacro.
By RB
Pag. 43
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Mentre riprendiamo la strada parzialmente asfaltata dirigendoci verso Pakkoku, Sosò
continua la descrizione delle tradizioni birmane; i regali offerti dagli stranieri ai ragazzi
sono tenuti come souvenir. Anche le penne e la cancelleria varia, non è utilizzata. In
Birmania penne e cancelleria, reperibile a basso prezzo arriva dalla vicina Cina, ma la
qualità non è elevata.
Transitando vicino a piantagioni di palma, ce ne descrive l’uso delle sue parti. Alla palma
servono 15 anni per produrre le noci di cocco; le piante sono maschi e femmine, le femmine
producono le noci di cocco ed i maschi producono dei baccelli, i contadini utilizzando delle
scale fatte di bambù legate al tronco, salgono in cima alla pianta ed incidendo i baccelli,
appongono dei recipienti per la raccolta del liquido in essi contenuto. Questo liquido viene
fatto fermentare e produce una bevanda chiamata Toddy (L72), simile ad una birra leggera.
Della palma si utilizza tutto, le foglie servono per la realizzazione dei tetti delle abitazioni,
delle pareti laterali e delle stuoie; il tronco viene usato per fare i pali dove edificare le
abitazioni; le radici, raccolte, vengono pulite ed una volta bollite sono commestibili.
Sosò racconta che la tradizione individua l’esistenza di cinque nemici della popolazione:
l’alluvione, l’incendio, il rifiuto di una persona che non mi vuole, il Governatore o il Re, ed
infine il ladro.
Arriviamo a Pakkoku (L298 – M134), rispetto al programma iniziale saltiamo la visita alle
rovine del Monastero di Pakhangyi, e ci fermiamo al mercato cittadino che è parzialmente
chiuso perché oggi è un giorno di festa per i buddisti. Visto che vi sono delle bancarelle e dei
negozi aperti, facciamo un giro in cerca dei tessuti caratteristici del luogo in quanto questa è
la zona di produzione dei tessuti birmani.
Girando per il mercato troviamo un bel negozio di tessuti ed entriamo a veder quello che c’è,
all’interno vedo anche delle ciotole nere, sono quelle che i monaci usano per chiedere
l’elemosina. M’informo e comprendo che le ciotole posso essere realizzate con tre materiali
differenti, le tradizionali sono in terracotta smaltata o in bambù laccato, quelle più moderne e
meno belle sono fatte di ferro smaltato.
Pakkoku è una città famosa per le piantagioni di tabacco e per la sua lavorazione; di
proprietà dello stato sono le fabbriche di sigarette, mentre i sigari sono prodotti da artigiani
locali. Anche le tessiture di cotone sono note e diffuse in città, qui sono presenti le fabbriche
di abiti per tutti i vari ministeri della Birmania; ognuno con un proprio stile.
Ci fermiamo in città per la sosta per il pranzo; gamberi fritti, zuppa di verdura e pesce, pollo,
patatine fritte (abbondanti dietro precise indicazioni di Sosò che ha notato come nei giorni
precedenti le mangiavamo di gusto), banane.
Ripartiamo col pullman e ci dirigiamo presso un villaggio di capanne che sorge in riva al
fiume, siamo circondati da bambini e di venditrici di tessuti; trasbordano le nostre valigie su
barche, saliamo e partiamo verso Bagan.
Durante la navigazione sulle calme acque del fiume Ayeyarwady, vedo delle chiatte e delle
barche cariche di mercanzia, qualcuna carica di sacchetti di riso e qualcuna carica di fusti
metallici voti (comprendo che sono vuoti in quanto la linea di galleggiamento della barca è
alta). Questo fiume ha la caratteristica di non avere la corrente due volte al giorno, ed in
effetti navigare sulle ferme acque di un fiume è molto inusuale. La navigazione procede con
calma, solo il rumore del motore diesel rompe il silenzio del fiume; ad un certo punto,
improvvisamente compaiono delle onde, la corrente ha ripreso a muovere le ferme acque.
Lungo il fiume le sponde sabbiose sono molto alte, segno dell’erosione prodotta dal fiume,
solo in prossimità d’affluenti, le alte sponde degradano per poi risalire. Sopra le sponde,
oltre all’erba che si affaccia sul fiume, delle capanne sparse indicano che vi sono delle zone
coltivate. Ad un certo punto inizia la foresta, si procede costeggiandola, quando ad un tratto
dal verde delle piante spuntano improvvisamente delle pagode marroni ed una, molto
imponente, dorata. La navigazione prosegue in un susseguirsi di pinnacoli che stagliandosi
verso il cielo, si perdono a vista d’occhio. La vista spazia dal marrone del fiume, e si perde
By RB
Pag. 44
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
nell’azzurro cielo illuminato da un sole caldo, sulla sponda il verde della foresta è
frammentato dai colori e dalle forme di centinaia di pagode, una visione che lascia
meravigliati da tanta bellezza.
Attracchiamo a Bagan (L282 – M125) dopo aver navigato per parecchi km sul fiume, attorno
a noi vi sono dei battelli da crociera, il verde della foresta e le pagode. Essendo la
composizione del terreno sabbiosa non ha mai permesso di coltivare riso, quindi
storicamente quest’area è stata dedicata all’edificazione di pagode. Oggi, intorno all’area
archeologica di 42 km quadrati, si estendono campi coltivati ad arachidi, mais e fagioli.
A Bagan, originariamente c’erano 4.400 pagode, poi con l’abbandono, i terremoti e l’azione
del tempo molte sono crollate. Attualmente sono presenti 2.230 pagode tra originali e
restaurate. Nel 1975 un terremoto ha fatto cadere le guglie sommitali di tutte le pagode
esistenti ed è iniziata un’imponente opera di restauro finanziata dall’Unesco, opera che
attualmente è sospesa per alcune tensioni tra l’organizzazione internazionale ed il governo
birmano. Nell’area vi sono tre tipologie di pagode, le originali, quelle restaurate e quelle
rifatte. Lungo la strada verso la città di Bagan noto la costruzione di una pagoda.
Il sole sta per tramontare e lo spettacolo è unico; dalla foresta emergono decine di pagode, il
sole illumina le loro punte marroni, bianche o dorate che si stagliano verso il cielo azzurro, è
un bel preludio per la giornata di domani.
Arriviamo all’albergo, entriamo nella hall e restiamo incantati, è tutta rivestita di lacca,
colonne, pareti, soffitto, tutto rivestito con lacca finemente decorata. Sembra voler dire
“benvenuto nel regno della lavorazione della lacca”.
Nel tempo libero prima di cena, qualche componente del gruppo esce dall’albergo per fare
un giretto chi con dei calessi, chi a piedi. Io mi posiziono vicino alla piscina e mi dedico a
leggere la storia del posto ed i luoghi che domani visiterò; sono proprio nel cuore del regno
delle pagode, l’aria che si respira è magica.
La cena è una vera sorpresa, è all’occidentale, insalata fresca, zuppa di patate, pollo alla
griglia con verdure e patate, per dolce uno squisito creme caramel, il tutto servito in piatti e
fondine. Dopo tanti pasti birmani e cinesi, una cena con i nostri sapori. Terminata la cena
improvvisamente le luci si spengono, che succede? ...... compare un torta illuminata dalle
candeline, è il compleanno di Mariarosa! Sosò, sei un grande!! Ha fatto una sorpresa a tutti
preparando autonomamente il festeggiamento del compleanno, anche in quest’occasione si è
dimostrato veramente una stupenda ed attenta persona.
La sera trascorre seduto ai bordi della piscina chiacchierando con i componenti del gruppo.
21 ottobre 2006
Sveglia e quando usciamo dalla stanza refrigerata, la giornata si presenta calda ed afosa,
colazione e poi partiamo per la visita delle pagode.
Percorriamo parte della piana di Bagan ed arriviamo alla Shwezigon Paya (L331 – M131),
adiacente allo stupa dorato, prototipo degli stupa di tutta la Birmania, troviamo delle
costruzioni in legno del XVII sec. La pagoda risale al 1058, sui muri interni, sono presenti
delle formelle con la storia della vita di Buddha. Il rivestimento originale della pagoda era di
pozzolana, attualmente è disgregato rendendo visibili i mattoni della struttura. Davanti alla
pagoda sono presenti delle ciotole bianche che servono per la raccolta delle offerte; questo è
il secondo tempio più importante della Birmania. Vicino allo stupa un edificio rettangolare, è
il tempio di transizione dal periodo animista al periodo buddista; all’interno dell’edificio
sono presenti le 37 statue legate alla tradizione animista, come già visto nella pagoda di
Hintha Gon Paya a Bago. Le statue di legno decorato avevano la funzione di realizzare i
desideri. Adiacente al tempio c’è un padiglione ligneo intarsiato, risalente al 1880 contiene
delle tavole che descrivono 10 storie di Buddha, le colonne sono decorate con vetri colorati.
Poco distante un edificio contiene statue animiste e la pietra da sollevare per esaudire i
By RB
Pag. 45
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
desideri, simile a quella vista a Mandalay; due statue rappresentano il periodo di transizione
delle religioni, il padre è animista, il figlio buddista. Proseguendo il giro della pagoda
vediamo un padiglione ligneo contenente una statua di Buddha in piedi con un fiore di
sicomoro, il plafone del padiglione è intagliato e decorato.
Poco distante, dal terreno affiora una tavola in arenaria dove vi è incisa la storia della
pagoda, era tradizione che tutte le pagode avevano tavole simili, ma in molti casi sono state
rotte o depredate. Vediamo un pozzetto posto per terra dal diametro di circa 10 cm.,
contenente acqua che crea il riflesso su cui è possibile osservare la punta della pagoda; la
tradizione vuole che il re non potesse alzare la testa per vedere la punta della pagoda,
altrimenti gli sarebbe caduta la corona e questo avrebbe portato sfortuna e disgrazie,
compresa la caduta del regno. Ma il re utilizzando questo pozzetto poteva osservare la cima
dello stupa, mantenendo saldamente in testa la corona.
Lasciamo la Shwezigon Paya e velocemente ci dirigiamo verso Kyan Si Tha Umin (L332), un
tempio con all’interno degli affreschi che in origine era un centro di meditazione. La
struttura presenta una serie di corridoi con soffitti a botte e nelle camere interne sono
presenti porte in legno intarsiato; i corridoi sono affrescati con delle storie di Buddha; le
camere hanno soffitti a volta incrociata. Sulle pareti vediamo affreschi raffiguranti danzatrici
e mongoli (invasori del XIII sec.), la struttura è del XI sec. gli affreschi sono del XIII sec.
Attraversiamo la strada e vediamo un altro tempio, quello di Wet Kyi Inn, saliamo su una
scala ed accediamo al tempio contenente affreschi raffiguranti storie di Buddha, ma a causa
dei terremoti e delle infiltrazioni d’acqua, gli affreschi sono in parte irrimediabilmente
rovinati; la porta affrescata è stata interamente coperta di calce.
Proseguiamo il giro dei templi e ci fermiamo a veder il tempio di Wet Kyi In Gubyaukggyi
(L323 – M133), realizzato in stile indiano, con soffitti ad arco acuto. Le pareti sono divise in
tre fasce di decorazioni, nella parte bassa vi sono delle formelle geometriche con disegni di
Buddha posizionati all’interno ed all’esterno delle singole formelle in modo da dare
continuità. La fascia centrale è costituita da una greca con disegni a forma di goccia
capovolta, la fascia verso il soffitto presenta su un affresco, forme geometriche raffiguranti la
vita di Buddha. Questi pannelli sono stati parzialmente asportati da un europeo e sono
visibili in un museo del vecchio continente. La parte posteriore del tempio è fatta a forma di
croce, il tempio è completamente affrescato e gli artisti utilizzavano fino a sei strati di calce
per poter lisciare completamente la superficie e poterli decorare.
Lasciamo il tempio di Wet Kyi In Gubyaukggyi e ci rechiamo a visitare il tempio di A Loto
Pye, è un tempio del primo periodo.
Ma che significa primo periodo? I templi presenti nell’area di Bagan sono stati edificati in
tre periodi storici ben precisi; il primo periodo dura dal 849 al 1113, il secondo periodo dal
1114 al 1174 ed infine il terzo periodo dal 1175 al 1287. Ogni periodo ha delle proprie
caratteristiche architettoniche, gli edifici del primo periodo presentano delle finestre
traforate da dove penetra poca luce, i mattoni utilizzati per la realizzazione di questi templi
sono di grande formato; i templi del secondo periodo sono più alti, hanno finestre grandi e
sono abbelliti con disegni di fiori; il terzo periodo è caratterizzato dalla costruzione di grandi
templi realizzati in stile moderno, molto più luminosi dei precedenti e decorati all’esterno con
pozzolana. Questo periodo che vede la fioritura di templi edificati da regine e dai ministri.
Ritorniamo alla descrizione del tempio di A Loto Pye, chiamato “Realizzare i desideri”,
edificato nel 1090, secondo la tradizione birmana questo è il primo tempio da visitare; è un
tempio solitamente tralasciato dai turisti e frequentato principalmente dai birmani.
All’entrata troviamo un edificio di legno, all’interno vi sono quattro statue di Buddha,
custodite in nicchie, alle pareti affreschi policromi, la volta è a volte incrociate. Le statue di
Buddha sono ricoperte di pietre preziose, diamanti, rubini, zaffiri, perle e smeraldi.
Adiacente al tempio, uno stupa chiamato “pagoda verde”, è l’unica pagoda in tutta la
Birmania ad essere ricoperta di piastrelle di vetro smaltato di colore verde. Essendo uno
By RB
Pag. 46
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
stupa, la salita alla terrazza è concessa solo agli uomini; salgo e dalla terrazza si domina la
pianura che, seppur coperta dalla foresta tropicale, appare costellata di pagode di varie
forme, dimensioni e colori; uno spettacolo veramente unico, scatto qualche foto e ridiscendo.
Raggiungo il gruppo che, poco distante sta salendo sulla terrazza di un tempio, dove l’acceso
è permesso anche alle donne, il gruppo incantato da tanta bellezza si ferma ad ammirare e
fotografare. Scendiamo dalla terrazza del tempio, usciamo dal recinto delle pagode ed in
pullman ci dirigiamo presso il tempio di Htilommlo Phato (L322), il “tempio del re e
dell’ombrello”. Il nome deriva da una leggenda legata al sovrano che fece edificare il
tempio; avendo quattro maschi e volendo far costruire un tempio per il figlio minore, suo
prediletto, decise che il tempio fosse dedicato a chi era sorteggiato da un ombrello che
cadeva, portati i figli sul luogo, l’ombrello che aveva in mano “cadde miracolosamente” sul
figlio minore, allora fece costruire il tempio col nome del figlio, che successivamente divenne
anche re.
Anche questo tempio era rivestito di pozzolana decorata, sulla facciata del tempio, nella
parte dove la pozzolana è caduta, è possibile osservare il posizionamento dei mattoni che
compongono la struttura. Posti su strati orizzontali, sono intervallati da uno strato verticale,
questo oltre che creare un abbellimento della facciata, rafforza notevolmente la struttura,
infatti, questa disposizione, ha permesso all’edificio di resistere ai vari terremoti nel corso
dei secoli. Sulle pareti sono visibili dei pezzi del rivestimento originale di pozzolana con
motivi a greca, a fiore, tutti finemente lavorati si alternano ricoprendo parte della parete,
rendendo una vaga idea di quale fosse stata la bellezza originale.
L’edificio è costruito su due piani, le finestre ad arco acuto, permettono il passaggio di molta
luce. All’interno vi sono affreschi, i cui disegni sono stati realizzati con tempera su sabbia.
Sulla parete di destra, appena entrati troviamo un affresco che rappresenta un oroscopo; il
tempio edificato nel 1218 conserva l’originale statua di Buddha di bronzo dorato. Il soffitto è
interamente ricoperto d’affreschi con disegni floreali, le porte ed i soffitti sono ad arco acuto
e manifestano una bell’armonia. Nella struttura del tempio sono presenti quattro ingressi tutti
con il soffitto decorato a fiori.
Proseguiamo nel giro ed arriviamo al settimo edificio della mattinata, è il tempio di Ke Min
Ga, una costruzione del XII sec.; all’interno il soffitto è ad arco acuto incrociato, le pareti
sono interamente affrescate, è presente una statua di Buddha in arenaria, al piano superiore
per sostenere la struttura vi sono due architrave in arenaria incrociate, ai bordi laterali delle
stesse sono state costruite delle statue di Buddha, dove la testa poggia sulle travi e, sotto
nello spazio tra la trave ed il pavimento, è stato realizzato il corpo della statua. Salendo sul
terrazzo per vedere le statue, posso godere di un panorama a perdita d’occhio sulle pagode.
Vicino al tempio di Ke Min Ga, un tempio più piccolo contiene affreschi unici di colore verde,
colore ricavato dalle foglie di the.
Saliamo sul pullman e ci dirigiamo al ristorante per il pranzo, durante il percorso
transitiamo vicino ad un muraglione; è la cinta dell’antico palazzo reale, di cui vediamo
l’imponente fossato ed una zona dove, gli archeologi hanno calcolato sorgesse il palazzo
reale, essendo stato realizzato in legno, non rimane nessuna traccia. Dalla parte opposta
della strada, lo stato birmano ha ricostruito un modello in dimensioni reali dell’antico
palazzo reale utilizzando mattoni rossi, il tetto è in lamiera verde con decorazioni di ferro
dorato; la struttura, seppur imponente, rispecchia molto lontanamente la bellezza
dell’originale palazzo.
Pausa in un ristorante posto lungo il fiume, pranziamo all’aperto coperti da un’enorme
tettoia, sotto di noi scorre placidamente il fiume Ayeyarwady. Verdure fritte, zuppa di
verdura, maiale, manzo, gamberi alla griglia, verdure, melograno e papaia; terminato il
pranzo rientriamo in albergo per evitare la calura delle prime ore pomeridiane di questa
calda ed afosa giornata.
By RB
Pag. 47
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
A metà pomeriggio riprendiamo il pullman e proseguiamo il tour dei templi. Facciamo sosta
per visitare il Builthy Siem Nyet, edificato nel XII sec., il complesso realizzato in onore di due
sorelle, è composto da tempio e stupa, i due edifici, seppur completamente diversi tra loro,
sono stati edificati con lo stesso numero di mattoni; anche qui l’esterno era decorato con
pozzolana.
Usciamo dal complesso e proseguiamo verso il Manuha Paya (L326 – M133), sul piazzale
della pagoda è presente un’enorme ciotola in arenaria dorata; una volta l’anno la ciotola
viene riempita di riso, che poi viene distribuito ai poveri: l’offerta serve per ricordare che la
morte può sempre, improvvisamente, arrivare.
Il complesso contiene un edificio, dove sono presenti due statue, che ricordano un re e la
moglie catturati durante una guerra, volutamente non uccisi, furono fatti prigionieri e
segregati in questo luogo. Il re per manifestare la sofferenza che provava ad essere
prigioniero, anche se era in una prigione dorata, ma pur sempre di prigione si trattava,
decise di far edificare un tempio contenete delle enormi statue di Buddha, proprio per
manifestare la sofferenza da lui provata durante la prigionia. Il tempio dall’altezza massima
interna che non supera i 25 metri, contiene delle statue; la maggiore è alta 16 mt, ai lati altre
due statue alte 11 mt.: opposta all’entrata, un’altra statua di Buddha sdraiato, lunga 27 mt.
A pochi metri di distanza visitiamo il Man Paya (L327), una costruzione realizzata
interamente in arenaria, si dice che questa sia stata la prigione del re di cui sopra. L’edificio
è uno dei quattro templi fondamentali di Bagan; realizzato dall’etnia Mon nel primo periodo
quando l’induismo era ancora molto presente. Il tempio presenta delle finestre traforate che
permettono il passaggio di poca aria e luce; all’interno le pareti sono di arenaria scolpita,
nelle pareti sono presenti delle nicchie e dei ganci che fungevano da sostegno per le lampade
dell’illuminazione.
Lasciamo questo complesso e ci dirigiamo verso Shwe Gugyi (L 319), è un tempio con una
posizione particolare, da ogni finestra dell’edificio, si vede un pagoda; è unico nel suo
genere. All’interno presenta il soffitto a botte, sull’altare è presente una statua dorata di
Buddha, le finestre sono ad arco acuto.
Poco dopo visitiamo il tempio di Than Dan Gya, “sbadiglio del re”, edificato nel 1284,
all’interno vediamo una statua di Buddha realizzata con mattoni di origine lavica, la statua è
incompiuta. Anche qui il rivestimento era di pozzolana decorata. Usciamo dal tempio ed
incontriamo un serpentello di colore verde, chiaramente ci allontaniamo lasciando il rettile a
riposare.
Proseguiamo il giro ed arriviamo al Lokahteik, un tempio del XII sec. l’interno è
completamente affrescato, il soffitto è a volte incrociate, è presente un altare con sopra una
statua dorata di Buddha.
Usciamo che è pomeriggio inoltrato, ci apprestiamo a raggiungere il 14° ed ultimo tempio
della giornata, la stanchezza comincia a farsi sentire, arriviamo presso la Shwesandaw Paya
(L324 – M131), quando il tramonto sta per iniziare, saliamo i ripidi gradini che portano alle
terrazze e mentre saliamo guardiamo il panorama. Qualcuno del gruppo si ferma, io
proseguo e salgo tutte e cinque le terrazze, girando sulla terrazza più alta osservo le
centinaia di pagode che si vedono ovunque a perdita d’occhio. Il sole sta tramontando dietro
le nuvole, le pagode si perdono tra le palme, il bianco, l’oro, il marrone delle pagode pian
piano sbiadisce lasciando spazio alla notte che sta calando. Scendiamo dalle terrazze del
tempio, saliamo sul pullman e rientriamo in albergo, sistemo gli appunti presi durante la
giornata, i riferimenti da cercare sono proprio numerosi, doccia e poi si riparte per la cena
con spettacolo di marionette in un ristorante birmano.
Lungo la strada per il ristorante attraversiamo la piana con i templi che abbiamo visto nella
giornata, qualche stupa dorato è illuminato e l’oro luccica nel buio della sera, lo spettacolo è
veramente affascinate e sublime.
By RB
Pag. 48
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Arriviamo al ristorante, ceniamo all’aperto in un cortile, su un lato dello stesso c’è uno
spazio dedicato all’orchestra ed il palco per lo spettacolo delle marionette. Inizia lo
spettacolo, articolato in più scene monografiche; raccontando varie storie, scorrono 28
soggetti, oltre un giullare. Tutto lo spettacolo è accompagnato da musica e canti. La
piacevole rappresentazione perdura quasi tutta la cena. E’ uno spettacolo fatto più per i
turisti che per i birmani che “trascurano” qualsiasi forma di spettacolo tradizionale. Durante
la cena ci servono sfoglie di riso fritte, zuppa di lenticchie, verza con limone, gamberi secchi
conditi con peperoncino (un piatto tradizionale birmano, molto piccante), verdure cotte,
pesce, maiale; la cucina è veramente gustosa. Verso la fine della cena arriva un piatto ...
Grana Padano !!! Mariella, lo ha portato dall’Italia, lo condivide con tutti, è una sorpresa
per tutto il gruppo. Per terminare la cena arrivano delle banane flambé ed un buon caffè.
Tutta la cena è accompagnata da riso bianco condito con succo di cocco, è un ottimo
abbinamento per tutti i piatti.
Alla fine della cena rientriamo in albergo, il cielo appare sereno e stellato ma in lontananza
si vedono dei lampi che rischiarano la notte; chissà come sarà la giornata domani?
22 ottobre 2006
E’ domenica, santifichiamo la festività, colazione e poi partiamo per la piana di Bagan, la
prima tappa della giornata è il mercato locale nel quartiere di Gnaö, la felicità delle donne è
incontenibile, dopo la precedente giornata dedicata interamente alla visita dei templi, un pò
di shopping ci voleva proprio. Sulla strada verso il mercato transitiamo nella zona dei templi,
seppur sono sul pullman in movimento, in alcuni templi attraverso le finestre si scorgono le
statue di Buddha. Arriviamo al mercato cittadino dove, girandolo, si trova di tutto, tessuti,
oggetti di lacca, artigianato locale, statue, gioielli, riso, pesce, carne e ... la possibilità di
acquistare carne cotta alla griglia, una specialità locale: roditori provenienti dalla
campagna. Esatto !! Topi alla griglia; paese che vai, usanza che trovi!
Lasciamo il mercato e riprendiamo il tour dei templi, arriviamo nella “zona dei monaci”,
vediamo alcuni edifici quadrati e bassi, erano le abitazioni dei monaci, oggi abbandonate in
quanto la zona è divenuta prettamente archeologica.
Il primo tempio che visitiamo è il Payathonzu (L330), “i tre templi”, l’edificio appare
all’esterno di forma rettangolare e come dice il termine, racchiude tre templi ben distinti con
entrate indipendenti ma collegati tra loro da un passaggio interno. Il tempio edificato nel XIII
sec. non fu terminato per l’invasione dei mongoli. Gli affreschi presenti sono originali, delle
tre statue di Buddha presenti, una sola è originale. I tre templi hanno il soffitto a volte
incrociate, le porte e le finestre sono ad arco acuto. Dall’entrata, il tempio di sinistra
presenta le pareti completamente ricoperte di affreschi policromi, il tempio centrale ha gli
affreschi quasi terminati, ed il tempio di destra è interamente affrescato e conserva la statua
originale. Le statue erano apposte solo quando gli affreschi erano completamente terminati;
l’incompiutezza dovuta all’invasione mongola ci permette di vedere le varie fasi della
lavorazione.
Proseguiamo la visita vedendo Tham Bula Paya (L330), il tempio prende il nome dalla regina
che lo fece edificare, l’intonaco esterno è in pozzolana decorata, quello interno è in
pozzolana affrescata con episodi della vita di Buddha e dei monaci.
Il terzo tempio che visitiamo è Tayoke Pye Paya (L330), edificato nel 1287, è una costruzione
spettacolare per le innumerevoli guglie presenti che creano un composto armonico. Un dato
curioso va riportato, terminata la costruzione del tempio la cupola crollò.
Durante il trasferimento per il tempio successivo, ci fermiamo a visitare il villaggio di A Nout
Pwa Saw. Scendiamo dal pullman e facciamo un giro in questo villaggio abitato dall’etnia
Mon, dedicata alla pastorizia ed all’agricoltura; nel villaggio fatto di capanne di bambù tutte
recintate, vediamo un frantoio che mosso da mucche girando in circolo azionano la macina
By RB
Pag. 49
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
per la produzione dell’olio di sesamo. Successivamente in una capanna, possiamo osservare
la lavorazione artigianale del bambù per produrre oggetti di lacca. Il bambù viene diviso in
sottili strisce che vengono utilizzate per dare forma agli oggetti. Del bambù si utilizza la parte
centrale del fusto, viene scartato l’esterno e viene utilizzata solo l’anima. Questi artigiani
producono oggetti fatti con quattro strati di lacca.
Riprendiamo il nostro itinerario per i templi e visitiamo il Gubyaukgyi Myin Ka Bar (L326), il
tempio a pianta quadrata presenta delle finestre traforate, ed anche in questo caso, l’aria che
circola e la luce che entra sono limitate. Al centro del tempio una cappella, anch’essa
quadrata custodisce una statua di Buddha in arenaria colorata; il corridoio che esiste tra la
struttura perimetrale esterna e la cappella interna, ha pareti completamente affrescate. Sono
gli affreschi più belli di tutta la piana di Bagan; realizzati su uno strato di pozzolana sono
policromi, raffigurano storie di Buddha. Sulle pareti, oltre agli affreschi, sono presenti delle
scritte di etnia Mon. Nelle pareti esterne della cappella centrale, sono presenti delle nicchie
contenenti delle piccole statue di Buddha.
Usciamo dal tempio e poco vicino visitiamo una pagoda contenente una stele scritta in
quattro lingue; è il primo documento scritto in birmano e risale al 1113. La prima forma di
scrittura birmana utilizzava caratteri quadrati, mentre la scrittura attuale utilizza
esclusivamente caratteri di forma rotonda.
Proseguiamo il tour arrivando al quinto tempio della mattinata è Ananda Pahto (L321 –
M129), il tempio per eccellenza, il tempio delle 10.000 guglie. Imponente, bianco, circondato
da una cinta da cui si accede da quattro portali che immettono in colonnati; la struttura del
tempio, all’esterno, manifesta la storia di Buddha in tre modi:
• tramite 1.447 piastrelle smaltate poste sull’edificio;
• tramite gli affreschi;
• tramite le statue.
E’ l’unico tempio di tutta la piana di Bagan realizzato a forma di croce greca, la struttura si
sviluppa su più piani. Il tempio presenta finestre a sesto acuto, all’interno la luce entra ed
illumina i corridoi, è veramente uno stile unico per la bellezza e l’armonia espressa. Alle
quattro entrate sono poste delle statue di Buddha, due sono originali, realizzate in un unico
pezzo di legno di teak dorato. Le statue hanno una struttura il cui viso sembra modificarsi
con la prospettiva, infatti osservandola da lontano, la statua sembra abbia un aspetto molto
severo, avvicinandosi, l’espressione seria si trasforma in un dolce sorriso. Le porte d’entrata
sono alte 10 mt dal peso di una tonnellata ad anta.
All’interno il tempio presenta un interno quadrato, circondato da due corridoi che
percorrono l’intero perimetro, uno più esterno e l’altro più interno; alle pareti degli stessi
sono presenti delle nicchie contenenti statue dorate di Buddha in legno ed in arenaria.
Lasciamo Ananda Pahto e ci apprestiamo a visitare l’ultimo tempio della mattinata e,
durante il viaggio ci fermiamo a fotografare uno stupa interamente rivestito in oro, la pagoda
di Da Ma Ra Zika, il rivestimento e l’illuminazione notturna è stata voluta e pagata dal primo
ministro del governo birmano. Proseguiamo il tragitto ed arriviamo al tempio di
Dhammayangyi (L324 – M131), realizzato da un sovrano che per acceder al trono ha
ammazzato il padre ed il fratello: per dimostrare il suo pentimento fece edificare questo
tempio. La costruzione della struttura procedette volutamente a rilento, questo per creare una
solida e ben assestata struttura, resistente nei secoli ai terremoti. Attualmente, l’interno è
abitato da pipistrelli e noi ci soffermiamo ad osservare l’imponente tempio dell’esterno,
scattiamo qualche foto e poi ripartiamo
La mattinata è trascorsa velocemente e si avvicina l’ora di pranzo, ci rechiamo presso un
ristorante posto sulla riva del fiume dove ci servono: verdura fritta, zuppa di lenticchie,
manzo, pollo, gamberi alla griglia, verdure con aglio, banane fritte, Nescaffè.
By RB
Pag. 50
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Alla fine del pranzo, visto che è l’ultimo giorno prima della partenza per la Cambogia, diamo
a Sosò un piccolo pensiero per la sua disponibilità, la professionalità e la puntigliosità
dimostrata; un pò di commozione serpeggia tra il gruppo.
Lasciamo il ristorante ed andiamo a visitare un laboratorio artigianale dove creano oggetti
di lacca; la lacca è una vernice ottenuta dal lattice estratto dalla corteccia dell’albero della
lacca (Rhus Vernicifera) e fatta essiccare in apposite condizioni di temperatura ed umidità.
La lacca proviene dallo stato di Shan. Come avevamo già visto nel villaggio di A Nout Pwa
Saw, nella mattinata, il bambù viene tagliato in sottili listarelle che vengono usate per dar
forma ad oggetti vari; per realizzare oggetti particolarmente flessibili (tipo bicchieri), le
listarelle vengono intrecciate con crini di cavallo. Una volta che l’oggetto ha assunto la
forma voluta, l’artigiano applica un primo strato di lacca di colore nero; poi l’oggetto viene
posto in una cantina per la giusta asciugatura, questa permanenza dura una settimana; così
gli artigiani procedono per i vari strati di lacca. Gli oggetti prodotti qui hanno, 12 strati di
lacca, quindi servono ben 84 giorni solo per la corretta asciugatura. Terminati gli strati di
lacca nera vengono applicati degli strati colorati; lo strato colorato viene apposto e viene
fissato con una resina di acacia, successivamente viene apposto un altro colore ed anch’esso
fissato con la resina, così procedono con tutti gli strati di colore che l’artista decide di
apporre.
Terminata questa lavorazione, passano alla decorazione, la prima fase è eseguita con una
penna di ferro, che serve per le incisioni sulla lacca; gli uomini lavorano le figure grandi, le
donne rifiniscono i dettagli ed i particolari. La lavorazione è un lavoro di squadra, dove
ognuno con la propria sapienza ed arte, crea il presupposto affinché il prodotto finito sia di
elevata bellezza.
Essendo nel regno della produzione della lacca birmana, quale migliore occasione per non
procedere agli acquisti?
Con le ultime compere termina il tour a Bagan, rientriamo in albergo per controllare le
nostre valige e rinfrescarci velocemente prima di partire per l’aeroporto diretti a Yangon.
All’aeroporto di Bagan c’imbarchiamo sul volo diretto alla capitale, purtroppo il soggiorno
in Birmania si sta concludendo. Durante il volo ne approfitto per controllare le foto fatte e
veder quante ne ho ancora a disposizione sulla scheda, sono 470, sicuramente basteranno per
il soggiorno in Cambogia.
La sensazione che ho avuto girando per la Birmania, è quella di passare in luoghi conosciuti,
davvero è una strana percezione, sarò un caso di reincarnazione? Se si spero d’essere in uno
dei 26 paradisi della religione buddista.
Non so cosa mi aspetterà in Cambogia, ma la Birmania è davvero bella, Sosò afferma che in
questo tour abbiamo visto i posti più belli del suo paese. Personalmente mi sarebbe piaciuto
restare qualche giorno in più e poter liberamente girare per le città e per i paesi osservando
meglio la vita delle persone, poter visitare altri luoghi meno battuti dai turisti e più
frequentati dalla popolazione.
Arriviamo a Yangon e ci dirigiamo all’hotel, riprendiamo le valigie lasciate qualche giorno
fa. Durante la cena buffet nell’albergo, ritroviamo qualche sapore europeo, sempre gradito
dopo qualche giorno di cucina birmana e cinese. Il dopo cena è dedicato alla preparazione
della valigia per la partenza ed alla sistemazione degli appunti del viaggio in Birmania.
By RB
Pag. 51
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
23 ottobre 2006
Sveglia, colazione e prima di uscire dall’albergo lascio a Sosò i pochi khat rimastimi oltre a
delle magliette e pantaloni da dare ai lebbrosi; Sosò ringrazia anche a nome della sua gente.
Con tutte le nostre valigie saliamo sul pullman ed attraversando per l’ultima volta Yangon ci
dirigiamo verso l’aeroporto. Ci fermiamo a scattare le ultime foto della città, transitiamo
vicino alla Shwedagon Paya, che è stata la prima pagoda visitata, il sole è dalla parte
opposta, quasi a voler nascondere la bellezza dello stupa dorato, il cielo è azzurro turchino,
interpreto questa visione come un bel saluto ed un invito a tornare in questa meravigliosa
terra costellata di migliaia di pagode dorate.
Velocemente arriviamo all’aeroporto e Sosò, con un suo collega dell’agenzia, si dedicano a
sbrigare tutte le pratiche per la partenza; veramente un ottimo e completo servizio fornito
dall’agenzia birmana. Imbarcate le valige, salutiamo Sosò e tutto il gruppo transitando dal
check-in, si ferma nella sala d’attesa aspettando l’aereo per Bangkok. Guardo l’aeroporto
che è in fase di costruzione, sulla pista sono fermi degli aerei, ogni tanto decolla qualche
aereo militare con varie tonalità di colore, verde, marrone, azzurro e bianco. Siamo in una
sala della vecchia struttura dell’aeroporto, si nota che è datata. Decolliamo con un aereo
della Thai, il servizio a bordo è sempre ottimo, il viaggio è allietato da uno spuntino di pesce
e riso. Nello zaino deposito la guida della Birmania ed estraggo quella della Cambogia,
approfitto del volo per leggere la storia e qualche informazione sul paese dove ci stiamo
recando. Passare da uno stato all’altro, seppur vicini è sempre un notevole salto mentale;
cultura, storia, tradizioni usanze differenti creano sempre qualche problema nell’immediato
adattamento. La tecnica della “conoscenza zero” funziona sempre, mai dare qualcosa per
conosciuto o per assodato, ma adattarsi sempre al paese dove vai.
Atterriamo a Bangkok, finalmente posso accendere il cellulare e leggere gli sms che nel
frattempo erano arrivati, qui è mezza mattina ed in Italia è ancora notte, è “poco delicato”
telefonare a quell’ora. Invio degli sms dicendo dove sono e che sto bene e, durante la
permanenza in aeroporto, qualche telefonata e qualche sms dall’Italia arrivano ”bentornato
nella civiltà ....” recita uno degli sms, in effetti è vero, abituati ai servizi offerti dalla
tecnologia, il non poter comunicare liberamente era un poco limitativo.
Dopo qualche ora d’attesa c’imbarchiamo su un ART 72 della Bangkok Airways,
l’aeromobile è completa, decolliamo in ritardo. Durante il volo sorvoliamo sterminate
pianure coltivate, i rilievi montuosi sembrano assenti, dall’alto si vede solo qualche piccola
collina sparsa qua e là. Parrebbe di vedere enormi estensioni coltivate a riso; noto delle
macchie verdi poste in prossimità dei villaggi e lungo i percorsi dei fiumi, sono piante di
palme e tratti di foresta. Per diversi minuti sorvoliamo terreni allagati, non comprendo che
sia, alla fine noto che l’acqua lambisce la pista dell’aeroporto. Scoprirò poi che si tratta del
lago Tonlé Sap, che in seguito all’abbondante pioggia delle giornate precedenti è al suo
massimo livello.
Atterriamo all’aeroporto di Siem Reap (L114 – M92), una città posta nel nord della
Cambogia. Alla dogana aeroportuale dobbiamo presentare i passaporti, i visti, le foto e tutto
quanto richiesto dalla burocrazia cambogiana. Ad aspettarci c’è un inviato dell’agenzia
locale, che raccoglie tutti i nostri documenti e s’interessa lui per il nostro ingresso; usciamo
dall’aeroporto e saliamo su un pullman da 30 posti, mentre le valigie vengono caricate su
furgoncini ci saranno recapitate direttamente in albergo.
Facciamo conoscenza con la guida che ci accompagnerà in questo breve soggiorno, si
chiama Sarath, parla un italiano non fluente, ma con attenzione è comprensibile. A causa del
volo aereo siamo in ritardo, avremmo dovuto vedere il tramonto sul lago da una collina, ma
vista l’ora si cambia programma.
Col pulmino, avvicinandoci alla città vediamo molta gente che a bordo di biciclette lascia il
centro città dirigendosi verso la campagna. Sarath ci spiega che sono lavoratori edili che si
By RB
Pag. 52
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
alzano alle 5 del mattino, arrivano in città dove lavorano fino alle 17; per recarsi al lavoro
percorrono anche 20 km.
Siem Reap dista 310 km dalla capitale della Cambogia; uno stato che dopo la dittatura dei
khmer rossi, terminata nel 1979, non si è ancora ripreso.
Durante il tragitto noto che le abitazioni sono di bambù, di teak e di mattoni, tutte a palafitta
ed i pilastri portanti sono di teak o di cemento.
Attraversata la città, velocemente arriviamo al Tonlé Sap (L51 – M91), il lago a seguito delle
piogge ha un livello molto alto, c’imbarchiamo su un battello e navigando vediamo un
villaggio galleggiante, le abitazioni sono realizzate su zattere o su barconi; durante la
navigazione il sole che tramonta dietro le montagne crea un effetto suggestivo.
Ci fermiamo presso un battello che funge da negozio e da bar, adiacente al battello, un
recinto posto nell’acqua contiene dei coccodrilli allevati per la pelletteria.
Rientriamo verso la terraferma che è buio, il timoniere si fa guidare dalle stelle e dal riflesso
dell’acqua, verso riva un ragazzo con una torcia elettrica lo aiuta ad illuminare lo specchio
lacustre ed evitare di travolgere qualche piroga presente. Dalle case galleggianti si vedono le
scene di vita quotidiana, le barche sono destinate ad abitazioni, a negozi, a bar, perfino un
ospedale ed una chiesa. Tutto il villaggio galleggiante segue l’andamento dell’acqua del
lago. Dopo le piogge la superficie del lago diventa di 10.000 km quadrati, mentre alla fine
della stagione secca la superficie è ridotta a 3.000 km quadrati.
Nelle abitazioni, noto uomini e donne sdraiati sulle amache, bimbi che giocano, famiglie a
cena, TV che funzionano, insomma uno spaccato della normale vita quotidiana di queste
persone. Qui vivono numerosi vietnamiti immigrati, i cui figli, sulla terraferma, chiedono in
modo insistente la carità.
La calma navigazione è disturbata da nugoli di zanzare che s’abbattono si di noi;
attracchiamo, abbandoniamo il battello e saliti sul pulmino, ci dirigiamo verso Siem Reap; il
traffico è sensibilmente diminuito, lungo la strada si vedono dei mercatini.
Un particolare attira la mia attenzione, i semafori sono dotati di un cronometro che indica il
tempo mancante prima che cambi colore, si ferma 30 secondi sul rosso e 30 secondi sul
verde.
L’impatto è d’essere in un paese molto diverso dalla Birmania, qui i telefonini funzionano,
molte automobili girano, vi sono distributori di benzina, alberghi e negozi appaiono ordinati
e puliti; i tratti somatici della gente sono diversi da quelli birmani.
Arriviamo in albergo; è ampio e lussuoso, veramente un altro confort rispetto alla Birmania.
La cena a buffet, con una cucina orientale che tenta d’avvicinarsi al gusto occidentale, o
forse è solo un’impressione in quanto abbiamo cambiato nazione? Alla fine della cena tento
d’uscire dall’albergo, ma il caldo umido è insopportabile, rientro e con l’aria condizionate si
sta decisamente meglio.
24 ottobre 2006
Sveglia alle 7,00, l’albergo è pieno di giapponesi, a colazione sembrano delle cavallette
affamate, divorano di tutto, e come tradizione vuole, sono armati di ogni prodotto per
tecnologico; con le macchine fotografiche fotografano di tutto, compresa la hall dell’albergo
e le sale adiacenti. Partiamo per le escursioni della giornata a bordo del pulmino, questo è lo
standard dei bus che qui viaggiano, 30 posti calcolati sulle dimensioni degli asiatici,
facciamo fatica a restare seduti a lungo, le nostre gambe sono praticamente incastrate tra i
sedili. Partiamo ed attraversiamo Siem Reap, Sarath sforzandosi di parlare correttamente
italiano, ci spiega alcune cose della Cambogia.
La nazione vede una prevalenza buddista del 90%, l’analfabetismo è al 25%, il 70% sono
contadini. Attualmente la nazione punta sul turismo come fonte primaria di valuta pregiata,
per questo molti alberghi sono in costruzione, in parte vedono la partecipazione di capitali
By RB
Pag. 53
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
stranieri. La costruzione degli edifici che posso notare lungo le strade è curiosa, una volta
terminato il tetto, vengono subito fatte le rifiniture esterne e successivamente proseguono i
lavori interni, come per voler dimostrare la bellezza della costruzione. Sarath, a volte si
confonde con i termini italiani, occorre molta attenzione nell’ascoltarlo e prendere appunti in
queste condizioni si rivela un poco complesso.
Attraversando la città arriviamo nella zona archeologica di Angkor Thom (L159 – M112), ci
fermiamo ad un chek-point, ci vengono consegnati dei pass personali con nome e foto, validi
per accedere alla zona archeologica. Dal punto di vista organizzativo veramente una bella
idea per poter girare tutti i templi senza fare ulteriori code per pagare il biglietto, questo
potrebbe essere un modello da importare nelle nostre città d’arte italiane.
Angkor (L137 – M101) era la capitale della Cambogia antica, i templi edificati nell’area
sono stati realizzati dal 802 al 1434, nei due periodi della “Cambogia classica”, vedremo
opere risalenti dal periodo induista fino al periodo buddista, queste due religioni sono una
costante presenza. L’ingresso alla zona avviene da un’enorme portale posto nella cinta
muraria periferica. La pietra usata per la realizzazione della maggior parte dei templi è
arenaria, il colore grigio della pietra si mescola col verde e marrone dei licheni cresciuti
sulla pietra stessa. Il colore, le forme ricordano molto i templi maya presenti in Messico,
d’altronde qui a dividere le due culture c’era “solo” l’oceano pacifico.
Prima d’accedere al portale d’ingresso percorriamo un ponte al cui lato sono collocati delle
statue che sostengono un enorme serpente, il naga, il serpente mitico della tradizione
buddista, spesso raffigurato con più teste, fino a sette, è un simbolo molto usato
nell’architettura angkoriana. Queste figure, posizionate all’ingresso, sono a protezione
dell’intera struttura.
Sulla cinta e sulla porta, incise nell’arenaria, vediamo delle decorazioni raffiguranti fiori di
loto, danzatrici, elefanti ed un cavallo a 5 teste. L’enorme portale d’ingresso è decorato con
ai lati un elefante a tre teste.
Il ponte, le statue ed il portale sono parzialmente danneggiati a causa sia della foresta che
fino a qualche anno fa ricopriva tutto, sia causa delle guerre e della dominazione dei khmer
rossi, durante la quale molti monumenti sono stati oggetto di tiro al bersaglio.
Attraversiamo il portale ed entriamo in quella che una volta era la zona religiosa e sede del
palazzo reale. Saliamo su due piccoli pulmini che ci accompagnano a vedere i monumenti
presenti in quest’area. Le pietre utilizzate per la costruzione di questi templi provengono da
cave distanti 50 km, trasportate qui su zattere; l’edificazione di queste strutture richiese
l’impiego di migliaia di operai.
Entrati nell’area archeologica il primo tempio che vediamo è il Bayon (L160 – M113), il
nome del tempio fu modificato sotto il dominio francese, parte della struttura è crollata a
causa del tempo e dell’avanzare della foresta; la Cambogia, avendo un terreno alluvionale,
non è soggetta a terremoti. Partendo dalla cinta esterna si vedono dei resti di naga sostenuti
da angeli, oltre che da leoni; il muro esterno del tempio è completamente coperto da
bassorilievi raffiguranti 15 storie, l’estensione di questi bassorilievi è di 1.200 mt. Il tempio
costruito su tre piani aveva 54 guglie goticheggianti contenenti 216 giganteschi volti del re,
praticamente l’impressione girando all’interno del tempio è quella d’essere costantemente
osservati e controllati dal re. Accedendo al secondo piano del tempio, vediamo delle storie di
Buddha, con colorazione policrome del XII sec. Qui sono in corso dei lavori di restauro da
parte di archeologi giapponesi. Dalla base, il complesso con le sue guglie appare un
ammasso disomogeneo di pietre, solo salendo al terzo piano in cui, a differenza degli altri
due piani quadrati esiste una piattaforma circolare, appaiono chiaramente i visi del re e,
come voleva il costruttore, lo sguardo del re ti osserva sempre. Il tempio è stato iniziato nel
1181 e terminato nel 1190. La simbologia identifica il regnante con la divinità e questa
caratteristica la troveremo ovunque in questi templi.
By RB
Pag. 54
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Lasciamo il tempio di Bayon e poche centinaia di metri dopo troviamo il Baphuon (L163 –
M114), un monumento che è la rappresentazione del Monte Merù, un edificio costruito prima
del Bayon, anche questo edificio ha tre piani, con 12 torri laterali più una centrale.
Attualmente è in fase di restauro da parte di equipe francese. Le pietre del tempio erano
alloggiate su un letto sabbioso, nel tempo le radici delle piante sono penetrate fra i massi
spostandoli, permettendo così all’acqua piovana di penetrare ed asportare il letto sabbioso
sottostante che ha fatto rovinosamente crollare il tempio. Nel 1960 iniziarono i primi lavori
di restauro da parte dei francesi, interrotti a causa della guerra civile; attualmente il
restauro prosegue, e grazie alla documentazione fotografica del secolo scorso i blocchi di
arenaria vengono riposti nella loro posizione originale e qualora fossero troppo rovinati,
vengono sostituiti con dei blocchi nuovi fedelmente riprodotti con l’ausilio della
documentazione in archivio; oggi si possono vedere due delle 12 torri, fedelmente restaurate.
L’ingresso del tempio era ad est, preceduto da una piattaforma di arenaria lunga 200 mt.
Proseguiamo il giro nell’immensa area e superata una cinta, dal perimetro di 600 per 350
mt, accediamo passando da un portale, restaurato nel 1990 da archeologi indocinesi, verso
quella che era la Corte Reale (L164 – M115). Il primo tempio che vediamo è Phimeanakas
(L164 – M115), “Palazzo nel cielo”, risale al 944, anch’esso è una raffigurazione del Monte
Merù, serviva esclusivamente per l’incoronazione dei regnanti; sono visibili due vasche che
venivano usate per le abluzioni reali. Il palazzo reale in legno dorato distava 50 mt dal
tempio, ma è stato distrutto nella guerra contro i siamesi.
Uscendo dal perimetro murario accediamo direttamente (da sud) alla “Terrazza degli
elefanti” (L165 – M115), una gigantesca tribuna lunga 350 mt, che era dedicata alle
cerimonie pubbliche ed agli spettacoli del circo, qui si organizzavano combattimenti di bufali,
lotte tra galli o tra cinghiali. Nella stessa area, quando un sovrano era incoronato, si
svolgeva una festa che durava 5 giorni. Frontali e poste al limite opposto dell’area, si ergono
delle torri; fra di esse venivano tirate delle funi dove si esibivano degli equilibristi. La
terrazza, per la gente cambogiana, prende il nome dalle sculture di elefanti che sono scolpite
sulla facciata. Alla fine della terrazza sorge un muro con due elefanti a tre teste, simbolo che
rappresenta le tre divinità induiste.
Poco distante una terrazza più piccola ha alla sua sommità una statua; originariamente era
la statua del “Dio della morte” ed era posizionata nel luogo dove i re venivano cremati, la
gente l’ha denominata “la statua del re lebbroso” (L165 – M115); l’origine del nome
popolare deriva dal fatto che la statua in arenaria si presenta con le dita mutilate e
guardandola così asetticamente, assomiglia veramente ad un lebbroso.
Lasciamo il luogo archeologico e rientriamo in albergo, pranzo a buffet, una breve sosta e
poi ripartiamo. Ritorniamo nella zona dei templi, chek-point dove si devono mostrare i
permessi che vengono controllati scrupolosamente dalla guardia e poco dopo arriviamo ad
Angkor Wat (L154 – M108), quest’edificio è il secondo complesso tutelato dall’Unesco: il
tempio per eccellenza di Angkor, iniziato nel 1113 e terminato nel 1150. Entriamo
dall’ingresso ovest, quello destinato al transito dei regnanti. Il sole illumina l’edificio
infondendo una luce particolare, è veramente una delle meraviglie del mondo. La costruzione
di origine induista è maestosa ed imponente, realizzata anch’essa in arenaria; rappresenta il
Monte Merù; è circondata da un fossato simboleggiante i sette monti ed i sette mari che
bisogna superare per raggiungere la montagna sacra. Vicino al fossato nelle acque calme,
ricoperte di ninfee, il tempio si riflette creando un’atmosfera ed una visione degna delle più
belle foto. Troviamo un gruppo di italiani provenienti da Milano, scambiare qualche parola
con connazionali è sempre bello. Giriamo intorno al fossato, ci avviciniamo all’imponente
palazzo, tutto il muro esterno è circondato da un colonnato, sul muro è scolpito un
bassorilievo con storie induiste, nel sec. XVI il bassorilievo è stato dipinto, alcune tracce di
colore sono ancora visibili. Al piano rialzato il palazzo presenta quattro cortili circondati da
colonnati interamente coperti, al centro dei cortili accessibile da una gradinata e circondati
By RB
Pag. 55
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
da un bordo, sono presenti delle piscine che servivano per il recupero dell’acqua piovana.
L’arenaria è stata deteriorata dal tempo e dalla foresta, anche questo tempio poggia su un
letto sabbioso, quindi nelle vasche è bene che l’acqua piovana resti il meno possibile onde
evitare di rovinare ulteriormente la struttura (solo il fossato esterno, che abbiamo visto in
precedenza ha una base non sabbiosa che permette la permanenza dell’acqua).
Nei porticati sono presenti 1.000 statue di Buddha risalenti al XVI sec.; le cornici del tetto del
porticato sono decorate con la testa di naga, il serpente sacro. Il porticato è costituito da una
struttura formata da quattro colonne sormontate da un soffitto con una forma particolare; le
colonne sono disposte in modo da creare un passaggio centrale più ampio e due passaggi
laterali più stretti; nei due transiti laterali il soffitto è un quarto di cerchio, dove la parte
bassa è all’esterno e la parte alta all’interno. Nella parte centrale il soffitto è costituito da
due pareti di arenaria che salgono verticalmente e poi da dei blocchi, sempre d’arenaria, che
degradando con forma triangolare verso l’alto vanno a chiudere la volta.
Procedendo nella visita del palazzo, transitando per una stretta e ripida scala accediamo al
secondo piano, dove in un cortile è collocata la piramide terminale. Il gruppo si ferma nel
cortile e, solo in pochi saliamo sulla piramide, l’acceso alla stessa è dato da una ripida scala
che si restringe man mano che si sale, dall’alto la vista spazia sui templi circostanti e sui
particolari della sottostante struttura. La discesa è facilitata da una fune, i gradini della
piramide sono veramente alti e stretti, mi chiedo come facevano i khmer a salire e scendere,
visto che la loro altezza non è elevata.
Usciamo dal tempio quando il tramonto si sta avvicinando, illuminando di arancione ogni
particolare della pietra, la vista è davvero suggestiva, è davvero una delle meraviglie del
mondo.
Proseguiamo il giro e poco distante il pullman si ferma perché siamo alla base della collina
dove sorge il tempio di Phnom Bakheng (L168 – M111). E’ possibile acceder alla cima della
collina utilizzando un sevizio di trasporto a dorso di elefanti. Qualcuno del gruppo approfitta
di questo servizio, ma non essendoci più disponibilità salgo a piedi lungo una strada forestale
che dolcemente gira intorno alla collina alta 60 mt. Alla sommità della stessa sorge il tempio,
meta di molti turisti più per vedere il tramonto sulla sottostante pianura, che per visitare
questa struttura realizzata su 5 terrazze con scale abbellite da leoni. Dall’alto si vede il sole
che tramontando illumina dorando l’acqua del lago e la pianura alla base della collina; il
contrasto con la foresta è sempre forte, luci ed ombre lottano perennemente e la luce lascia
spazio al buio della notte che scende.
Ridiscendiamo la collina, quando ormai la notte prevale, gli ultimi metri sono fatti al buio,
per fortuna che qualcuno aveva delle torce elettriche. Rientriamo in albergo, doccia, cena a
buffet e poi .... il gruppo si ritrova nel bar dell’albergo, è il compleanno di Luigia, che
festeggiamo con una buona torta. Auguri!! Questo tour è caratterizzato da compleanni;
veramente carino.
Alla fine del festeggiamento un pò di conversazione con qualcuno del gruppo ed infine un
sonno restauratore.
25 ottobre 2006
Colazione e poi, partenza per il giro degli ultimi templi, Sarath ci saluta sempre con
“buongiorno signore e signori, come state, tutto bene?“; è’ un saluto che è divenuto un
piacevole rituale. Come tutte le guide cambogiane Sarath indossa la sua divisa; scarpe nere,
pantaloni blu, camicia cachi con apposti sulle maniche dei distintivi di guida turistica.
Girando per i templi, le guide sono sempre ben individuabili.
Rientriamo nella zona archeologica ed il primo tempio che vediamo è Banteay Srei (L178 –
M123), “Il tempio delle donne“, edificato nel 967, è realizzato in arenaria rosa-giallo che gli
infonde un aspetto molto piacevole, i colori sono delicati e tutta la struttura è interamente
By RB
Pag. 56
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
decorata. Nel portale i bassorilievi illustrano storie indusiste della dea Vishnu, dentro la
cinta, a fianco del tempio principale, sorge un edificio finemente decorato, è la biblioteca.
Alcuni bassorilievi “prelevati“ da un francese (e tutt’ora presenti nei musei parigini) sono
stati sostituiti con delle copie fedelmente riprodotte. I bassorilievi scolpiti nell’arenaria
colorata infondono la sensazione che la struttura sia di legno scolpito e non di pietra, i colori
sono caldi, armonici ed avvolgenti.
Fuori dal tempio dei venditori insistenti, a tratti esasperanti cercano di vendere souvenir.
Lungo la strada un mercatino: confrontando i prezzi con la Birmania, in Cambogia risultano
molto più elevati, potrebbe essere l’effetto di un turismo molto più diffuso qui che nell’altro
stato.
Ripartiamo verso altri templi e lungo la strada ci fermiamo in un villaggio dove i contadini
preparano lo zucchero utilizzando i frutti delle palme. Con scale spartane, praticamente un
semplice fusto di bambù con le propaggini delle foglie che è legato al tronco; i contadini
salgono sulle piante raccogliendo i prodotti delle piante femmine (le noci di cocco ancora in
fase embrionale) ed i baccelli delle piante maschio: le portano a terra e tramite un
rudimentale strumento, le schiacciano per far uscire il liquido in esse contenute. Questo
liquido viene fatto bollire in pentole ovalizzate poste su un fuoco a legna e dopo due ore di
cottura il prodotto viene fatto raffreddare; è pronto uno zucchero marrone e molto dolce.
Lasciamo il villaggio e proseguiamo per il tempio di Banteay Samré (L174), anche questo
tempio è stato realizzato dagli induisti per la dea Vishnu; in origine era il tempio dei
contadini, ma è stato utilizzato dai khmer rossi come prigione. L’ingresso al tempio, rialzato
rispetto al terreno circostante, è collocato alla fine di un viale posto su una terrazza con ai
fianchi statue di leoni e di naga., la struttura interna del tempio è realizzata in arenaria
grigia, mentre le mura di cinta sono costruite con laterite marrone, il gioco dei colori crea un
bel contrasto cromatico; all’interno del tempio vi sono altre cinte murarie ed una serie di
cortili, oltre che una serie di colonnati e di bassorilievi.
Dirigendoci verso l’albergo sul percorso vediamo il tempio di Pre Rup (L174 – M119),
struttura unica con quattro torri poste verso i punti cardinali ed una centrale, l’imponenza
delle cinque torri si nota anche da lontano.
Rientriamo in albergo per il pranzo a buffet, breve sosta per evitare la calura e poi
ripartiamo per visitare il tempio di Preah Khan (L171 – M119), il tempio è stato avvolto
completamente dalla foresta che lo ha fatto crollare, parzialmente restaurato dagli
americani, presenta molti blocchi d’arenaria sparsi disordinatamente per terra. Il tempio di
origine induista-buddista, ha alle pareti dei bassorilievi e sulle architravi supportate da
colonnati, sono presenti una serie di bassorilievi raffiguranti danzatrici. Il centro del tempio
è caratterizzato da una stanza da dove, sui quattro lati cardinali, si aprono dei corridoi
costellati da colonne sormontate da travi. L’effetto ottico è veramente bello, da ogni parte si
guarda, la prospettiva è la medesima (tolte le parti crollate e non restaurate).
Proseguiamo nella visita e vediamo il quarto tempio della giornata il Preah Neak Pean (L172
– M120). Il tempio è costruito su un terrapieno dove, tutt’intorno è stata realizzata una diga
di contenimento dell’acqua per l’irrigazione delle risaie, si accede al tempio transitando su
una strada sterrata circondata da acqua. Il complesso è formato da una parte centrale e da
quattro vasche laterali. La parte centrale quadrata è circondata anch’essa da una vasca, al
centro della stessa un edificio rotondo costituisce il tempio; alla base sono presenti due naga
aventi le code incrociate, le teste sono rivolte a est e le code rivolte a ovest. Un tempo era
luogo di venerazione e cura dei malati, i quali attingevano l’acqua dalla vasca centrale e la
usavano per guarire dai malanni. Ai lati, adiacenti alle quattro vasche laterali quattro
cappelle, ognuna contenente una statua/simbolo: a est la statua dell’uomo che significa
saggezza; a nord la statua dell’elefante che significa felicità; a ovest la statua del cavallo che
significa velocità; a sud la statua del leone che significa potenza.
By RB
Pag. 57
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Proseguiamo il giro visitando l’ultimo tempio della giornata il Ta Prohm (L166 – M117),
forse è il tempio più famoso dell’area, completamente avvolto dalla giungla è fotografato ed è
presente su tutte le guide turistiche. Le piante avendo posto radici fra i massi d’arenaria sono
cresciute ed hanno divelto gran parte del complesso; enormi piante, con le loro grandi radici
avvinghiano gli enormi massi di arenaria. Attualmente sono in corso delle opere di restauro.
All’interno del tempio è presente una statua di Buddha con dell’incenso acceso.
Originariamente la statua era abbellita da pietre preziose, che nel tempo sono state
asportate. Rientriamo in città e ci fermiamo in un negozio per turisti; anche qui bisogna
contrattare il prezzo ma la merce, anche se artigianale e tradizionale è molto per turisti.
Durante il rientro Sarath, ci illustra la situazione della Cambogia e di Siem Reap; la città ha
80 alberghi; in Cambogia esistono solo sette guide turistiche che parlano italiano, in quanto
gli italiani sono presenti in modo organizzato da soli due anni.
Transitiamo presso delle scuole elementari che sono presenti in tutto il paese, le scuole medie
invece sono dislocate solo nelle grandi città e per i contadini risulta impossibile mandare ai
figli a scuola per i costi da sostenere.
Gli agricoltori coltivano riso di cui fanno un solo raccolto l’anno e poi seminano angurie;
per incrementare il guadagno, tagliano legname nella foresta e lavorano lo zucchero dalle
palme. Le risaie sono ben tenute, l’allagamento naturale annuale viene ben sfruttano, i
terreni sono circondati da palme per le noci di cocco e per la produzione dello zucchero. In
Cambogia è presente qualche bacino artificiale che serve per trattenere l’acqua piovana per
alimentare le risaie.
Gli impiegati statali percepiscono uno stipendio di circa 50 $ al mese, la corruzione, anche
qui, è molto diffusa.
Le case cambogiane sono palafitte con i pilastri in legno o in cemento, l’altezza delle
abitazioni serve per evitare le alluvioni o come deposito di riso e prodotti vari; per accedere
ai piani superiori sono presenti sempre della ampie e decorate scale di legno.
Transitiamo vicino ad una struttura in costruzione, è la fiera di Siem Reap, il 25 novembre ci
sarà una fiera internazionale con la presenza di 121 paesi stranieri; intorno alla fiera sono in
costruzione delle strade d’accesso, vediamo un camion che trasportava sabbia ribaltato in un
fosso per il cedimento del terreno.
L’economia cambogiana si basa sulla produzione di riso che alla fine è sufficiente per il
fabbisogno nazionale, la frutta viene importata dalla vicina Thailandia e dal Vietnam. Come
export vi è abbigliamento e seta, i manufatti sono esportati in Cina, Malesia e Stati Uniti.
Rientriamo in albergo che è sera, doccia e poi cena all’aperto rallegrata da uno spettacolo
con danze e musiche cambogiane. Dopo la cena, qualche parola con il gruppo e poi a nanna.
26 ottobre 2006
Sveglia alle 6,15, predisponiamo le valigie per il rientro a casa, gli indumenti pesanti
vengono messi a portata di mano per essere recuperati questa sera prima dell’imbarco per
l’Italia dove la temperatura è decisamente meno calda che qui in Cambogia; indossiamo per
l’ultimo giorno pantaloni leggeri e maglietta. Colazione e poi prima di partire, diamo a
Sarath degli indumenti da distribuire a contadini ed operai locali. Lasciando l’albergo ci
rechiamo all’aeroporto della città per prendere il volo diretto alla capitale, per poterci
imbarcare occorre pagare una tassa aeroportuale di 6 $. Pagata la tassa possiamo accedere
alla sala d’attesa e con un ART 72 voliamo su Phnom Penh. In Italia sono le 3, qui sono le 8.
Noto che gli aeroporti della Cambogia e precedentemente della Birmania, espongono
ovunque la scritta ISO 9001, quasi per dimostrare che tutto va bene, che sono rispettosi delle
normative e del sistema di qualità internazionale.
By RB
Pag. 58
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Decolliamo e sorvoliamo le ordinate risaie circondate da palme, vedo l’estensione del Tonlé
Sap, poi altre risaie, un fiume solca la pianura e con sinuose curve si perde all’orizzonte; una
catena montuosa ricoperta da foresta interrompe le risaie che sono a perdita d’occhio.
Atterriamo a Phnom Penh, troviamo la guida che ci accompagnerà per l’intera giornata, si
chiama Ra è cambogiano ed è stato in Italia sette anni, lavorava come metalmeccanico in
provincia di Brescia, parla un italiano corretto con accento bresciano.
Girando per le strade della capitale notiamo che la circolazione è un pò “libera”, in effetti, le
biciclette ed i motorini sembrano muoversi senza nessuna regola e pare vale la regola del
“chi passa per primo, passa”. Ra ci racconta che in Cambogia l’assicurazione è facoltativa
per i cambogiani ma è obbligatoria per gli stranieri, in caso d’incidente le questioni vengono
risolte fra i due contendenti, ed in caso d’incidente mortale esiste la prigione.
Osserviamo che le donne cambogiane tendono a coprirsi il viso, Ra ci spiega che questo
serve per evitare di prendere il sole; è molto diffusa la convinzione che le persone abbronzate
siano contadini e di conseguenza le donne poco abbronzate hanno più possibilità di trovare
marito.
La prima sosta nella capitale è presso il Museo Nazionale (L80 – M73), il museo è strutturato
seguendo i quattro periodi storici della Cambogia e le sale sono organizzate per oggetti
costruiti con materiali similari, quasi per mostrare l’evoluzione. S’inizia il giro del museo
con la sala contenente statue di bronzo dal XI al XVIII sec.; alcune di elevata fattura. Nella
sala successiva sono presenti delle statue di arenaria. delle statue di scisto e di marmo; molte
di esse provengono da templi, in quanto prima del XIV sec. nei templi non erano presenti
monaci ma solo statue. Proseguiamo per il museo e vediamo delle sedie per monaci e delle
selle per l’elefante reale; notoriamente un elefante albino. Sono esposte delle portantine reali
realizzate con bambù ed impreziosite con tessuti dorati. In altre sale si vedono tessuti,
ceramiche, vasi di terracotta, infine una sala contenente statue di Buddha provenienti da
varie pagode.
Usciamo dal museo nazionale e ci dirigiamo verso il Mercato Russo (L104 – M75), dove in
una struttura coperta si trova di tutto, abbigliamento, prodotti artigianali, ferramenta, gioielli
prodotti musicali; i prezzi a volte sono trattabili, a volte molto meno, del gruppo c’è chi
acquista e chi solo gira tra le bancarelle.
Attraversiamo la città per recarci al ristorante posto in riva al fiume, lungo la strada vediamo
l’edificio in costruzione del parlamento, ed in una piazza il colossale e moderno Mausoleo
dell’indipendenza (L83 – M77).
Arriviamo al ristorante, finalmente la possibilità d’assaggiare la vera cucina cambogiana e
non solo il buffet internazionale proposto dall’albergo di Siem Reap; noccioline, involtini di
riso, pasta di riso con gamberi, carpaccio cambogiano (manzo, cipolla, peperoni, tutto
condito con succhi di frutta locali), verdure saltate, un piatto locale (pesce, funghi e
citronella), dolci (ananas in pasta di riso e fritto, polpa di cocco in foglia di banana ed altri
dolci locali), alla fine del pranzo la frutta: ananas, banana e anguria.
Lasciamo il ristorante per dirigersi verso il Palazzo Reale (L78 – M69), nel cortile su un
pennone sventola la bandiera cambogiana; questo significa che il re è nel paese, altrimenti la
bandiera sarebbe posizionata più bassa. Vicino al palazzo un edificio molto decorato attira
l’attenzione, è il luogo dove i regnanti vengono cremati. Entriamo nel palazzo, nella parte
accessibile al pubblico. Il palazzo edificato nel 1913, nel rigoroso rispetto della tradizione
era solo in legno, oggi ricostruito, è una solida struttura in muratura abbellita da decorazioni
dorate. Il palazzo ha in totale cinque ingressi, ognuno dedicato ad un transito ben preciso
tipo; l’entrata del re, quella per il popolo, quella per i monaci, quella per l’uscita dei
regnanti deceduti; la parte visitabile del palazzo è solo di tre settori.
Tutti gli edifici sono decorati e colorati con quattro colori; verde cha rappresenta la
vegetazione, blu che rappresenta il colore reale, giallo che rappresenta i buddismo ed il
bianco che utilizzato per le colonne rappresenta l’induismo.
By RB
Pag. 59
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Entriamo in un cortile e ci appaiono una serie di edifici tutti finemente decorati, l’armonia è
notevole, i giardini sono perfettamente curati, l’atmosfera che si respira è profondamente
regale.
Un imponente edificio con una larga scalinata, indica la sala del trono; per accedervi
occorre togliere le scarpe in segno di rispetto, si transita solo sulla parte laterale destra della
sala; la sala è imponente, il soffitto è affrescato con storie di divinità. Il trono in oro è usato
solo per l’incoronazione del re, le pareti laterali sono affrescate con motivi geometrici e
floreali di colore bianco e giallo che danno un tocco di preziosità unica. Dietro il trono usato
per l’incoronazione del re, s’intravede il trono della regina.
Usciamo dalla sala del trono e sulla sinistra (guardando l’entrata della sala) visitiamo un
museo dove sono custoditi abiti del re, della regina, dei soldati del palazzo reale; tutti sono
dorati e finemente lavorati. In fondo alla sala dei manichini indossano i vestiti usati dalle
ancelle del re, sono sette modelli, con sette colori differenti che rappresentano i sette giorni
della settimana e sette pianeti. In vetrine adiacenti ad una parete si vedono oggetti in argento
ed abiti sacerdotali usati nelle cerimonie reali.
Poco distante un edificio in ferro decorato, è il padiglione donato da Napoleone III alla
Cambogia.
Percorriamo il cortile, oltrepassiamo una cinta ed accediamo ad un altro settore del palazzo,
circondato da porticati interamente affrescati, in un cortile vediamo molte aiuole
perfettamente tenute con piante e fiori, i cui colori ravvivano l’intero settore. Al centro la
Pagoda d’argento (L79 – M72); dopo aver tolto le scarpe possiamo accedere a questo tempio
il cui nome deriva dalle mattonelle d’argento che compongono il pavimento, al centro del
tempio una statua di Buddha attira l’attenzione, è ad altezza naturale realizzata con 90 kg
d’oro. Dietro un altare che nel suo sviluppo verticale raggiunge il soffitto, vediamo una
statua di Buddha interamente in smeraldo. Lungo le pareti sono presenti statue di Buddha;
d’oro, dorate, di giada, di marmo. In una teca si vedono le maschere funerarie e la portantina
reale. Sono presenti numerosi oggetti votivi (statue d’oro, vasellame in oro ed argento). Il
servizio di sorveglianza è discreto e costantemente presente, nella struttura non vi sono
grandi sistemi di sorveglianza elettronica, ma basta che qualcuno solo tenti di sottrarre un
qualsiasi oggetto che le guardi danno l’allarme ed il “malcapitato” viene sottoposto a
“giudizio sommario” della gente sulla pubblica piazza. Un metodo, semplice ed efficace per
scoraggiare qualunque malintenzionato.
Lasciamo il palazzo reale con i suoi colori, i suoi giardini i suoi edifici che manifestano
raffinata bellezza, ed attraversando la città arriviamo alla base di una collina artificiale; la
Wat Phnom (L82 – M77). Voluta dalla principessa Penh, la collina è stata costruita nel 1372
il nome della capitale deriva da quest'unione “la città di Phnom e la collina di Penh”. Sulla
cima della collina, un tempio, tutt’oggi meta di molti pellegrinaggi, all’interno un altare con
quattro statue di Buddha lignee dorate, al centro del tempio un'altra statua di Buddha. Le
pareti sono costellate di dipinti, olio su tavola di legno, raffiguranti la vita di Buddha.
Usciamo dal tempio e scendiamo dalla collina circondati da ragazzini che vogliono vendere
di tutto, lungo la discesa troviamo dei mendicanti e dal parco circostante compaiono delle
scimmie.
Proseguiamo il percorso verso l’aeroporto e ci fermiamo a vedere Wat Ounalom (L82 –
M77), il monastero centrale, all’interno vi è uno stupa con un tempio interno che racchiude
un ciglio di Buddha, lo stupa dorato del XIV sec., è stato recentemente restaurato, la struttura
interna del tempio è in arenaria. All’esterno sono presenti delle statue bronzee del XIII sec.,
provengono da vari templi e, come abbiamo già visto al museo nazionale, erano le statue
presenti nei templi prima dell’arrivo dei monaci. Ai lati destro e sinistro dello stupa centrale
sono presenti una serie di sei stupa più piccoli di colore bianco.
Riprendiamo il nostro viaggio e ci fermiamo a vedere la confluenza dei quattro fiumi che si
fondono in tutt’uno, qui alcune bancarelle vendono delle ghiottonerie per i cambogiani.
By RB
Pag. 60
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Guardo bene, e non posso credere ai miei occhi! M’avvicino e mi accorgo che la vista non
m’inganna, sulle bancarelle disposti in pile ben ordinate e divise vi sono; ragni neri,
scarafaggi, bachi da seta, gamberetti, cavallette tutto fritto, oltre che quaglie e granchi
arrostiti. Il venditore, tutto contento di quanto espone invita qualcuno del gruppo ad
assaggiare queste “prelibatezze”, un gentile rifiuto appare la scelta migliore, risaliamo sul
pullman restando colpiti per il gusto particolare dei cambogiani. Proseguiamo il giro della
città e ci fermiamo a fotografare il moderno Mausoleo dell’indipendenza che avevamo
intravisto nella mattinata.
Riprendiamo il viaggio verso l’aeroporto in mezzo ad un traffico caotico e disordinato dove
sembra veramente che il primo che passa abbia la precedenza ovunque voglia andare. Ra ci
racconta che in Cambogia la sanità pubblica è per tutti, ma la sanità funzionante è quella
privata, la pensione esiste solo per gli impiegati statali.
Lasciamo di Phnom Penh che il cielo si sta annuvolando e minaccia pioggia; abbiamo
proprio vissuto giorni i post monsone, qualche scroscio, ma tutto sommato non ci siamo
bagnati molto.
Arriviamo all’aeroporto e prima d’imbarcare le valigie dirette a Milano, prendiamo i vestiti
pesanti che avevamo preparato. Le 31 valigie vengono imbarcate, muoversi in gruppo
aumenta un poco i tempi d’attesa, ma quando c’è organizzazione va tutto bene. I controlli in
uscita sono rigorosi e “rigorosa” è anche l’inaspettata tassa aeroportuale per uscire dal
paese 25 $, un vero e proprio furto. Ma è un modo “elegante” per chiedere un contributo per
la costruzione dell’aeroporto e di un nuovo ponte; se lo stato Italiano adottasse questo
sistema, noi eviteremmo parte delle tasse.
Voliamo verso Bangkok, il volo procede tranquillo, dopo circa un’ora sotto di noi appare una
miriade di luci, siamo in Thailandia, atterriamo a Bangkok, appena l’aereo vira vedo quattro
aerei dietro di noi che si stanno apprestando all’atterraggio. Per l’ennesima volta
transitiamo per l’aeroporto, qualche ora d’attesa per il volo per l’Italia, ci cambiamo,
abbandoniamo i pantaloni e magliette leggere ed indossiamo le felpe. Approfitto della sosta
per sistemare gli appunti e scrivere le prime riflessioni del viaggio.
C’imbarchiamo accolti dall’ospitalità della Thaj, il volo per Milano Malpensa è tranquillo,
alle 7,40 italiane atterriamo, in Birmania sono le 12,40. Negli occhi le mille pagode dorate,
le centinaia di statue di Buddha, le imponenti costruzioni di Ankor …. Scrivendo questo
diario la mente ripercorre come in un lungo film tutto il viaggio e mi auguro che anche il
lettore possa farsi trascinare da queste sensazioni.
E ….. da buon curioso viaggiatore, anche se la Birmania mi ha particolarmente colpito con
la sua bellezza, la mente sta già pensando dove andare nel prossimo viaggio ….
By RB
Pag. 61
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Tre motivi per andare in:
Birmania
•
•
•
Andare oggi in Birmania significa viaggiare a ritroso di qualche decennio rispetto
all’Italia, ma questo non deve essere un deterrente ma uno stimolo a visitare questo
meraviglioso paese dove la gente è educata, ospitale e rispettosa di chi si avvicina a
loro con semplicità.
Poter girare in un paese dove colori, profumi, sapori sono caratteristiche della vita
quotidiana; dove storia, arte, cultura e religiosità si mescolano in un tutt’uno creando
una realtà unica di irripetibile bellezza.
Recarsi in questo paese significa anche aiutare la popolazione a crescere per
raggiungere un’autonomia ed un’economia sostenibile; sviluppare un cambiamento
verso un futuro migliore che non dovrà più vedere i bambini lavorare nei campi, nei
laboratori artigianali, nella manutenzione delle strade. Una presenza costante
darebbe la possibilità di testimoniare direttamente avvenimenti drammatici, come la
decisione delle autorità di inondare enormi aree aprendo una diga fluviale, con
enormi danni umani, materiali e culturali alla popolazione.
Cambogia
•
•
•
By RB
Recarsi in Cambogia equivale ad entrare in contatto con una nazione da poco uscita
dalla repressione dei khmer rossi. Significa poter osservare una civiltà che è in piena
evoluzione, dove le città che si stanno ampliando urbanisticamente e dove la vita
rurale è ancora la caratteristica predominante.
Visitare oggi la Cambogia permette di vedere, nella zona archeologica, molti templi
ancora avvolti dalla foresta e poter così essere testimoni della riscoperta dei segni di
una antica civiltà.
Viaggiare in questa nazione significa usufruire di un turismo già perfettamente
organizzato, dove gli italiani sono ben visti e sono attesi dal popolo cambogiano.
Pag. 62
Diario del tour Birmania e Cambogia
Ottobre 2006
Ringraziamenti
Alla fine di questo lavoro, sento di esprimere il mio personale ringraziamento a tutti coloro
che hanno permesso la realizzazione di questo viaggio si bello ed affascinate; ricco di luoghi
religiosi, storici, culturali ma anche impregnato dell’umanità, della dignità dei popoli e delle
persone che ho avuto modo d’incontrare. Riconoscenza anche a chi mi ha esortato e a chi mi
ha assistito alla realizzazione di questo diario.
Un particolare grazie a:
•
Don Maurizio Corbetta, Parroco di Rovello Porro (CO), ideatore del viaggio.
•
L’agenzia di viaggio Alohatour di Pavia (www.alohatour.it - tel. 0382.5395.65) per
l’organizzazione complessiva.
•
Il tour operator Antichi Splendori di Torino (www.antichisplendori.it - tel.
011.8126.715) per il programma ben articolato e per notizie utili fornite.
•
Sosò, la guida Birmania, per l’alta professionalità dimostrata; per averci fatto
avvicinare con competenza, preparazione ed assoluto rispetto alla cultura e alla
tradizione birmana.
•
Sarath e Ra, le guide Cambogiane, per lo sforzo dimostrato nel parlare italiano e per
la loro preparazione.
•
Le agenzie corrispondenti in Birmania (Interconnection Travels Myanmar) ed in
Cambogia (Monsoon Tour Phnom Penh), per l’ottima competenza dimostrata
nell’organizzare i soggiorni e tutti gli spostamenti terresti, fluviali ed aerei.
•
La società Micro-e di Saronno (www.micro-e.it - tel. 02.9602.887) per il materiale
tecnologico, informatico e per l’assistenza fornitami alla realizzazione del diario nella
versione multimediale.
•
A chi (Francesca, Natalia, Francesco, Laura e Pietro) in varia natura hanno
contribuito alla progettazione, alla presentazione, alla correzione del diario e
all’ideazione degli ipertesti.
Il ricavato dalle offerte derivanti dalla diffusione del presente diario sarà devoluto a:
Padre John Aye Kway e parrocchia di Chaung Yoe Village, Myanmar
By RB
Pag. 63